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2 - I - PRESENTAZIONE Queste pagine presentano i dati definitivi della Rilevazione delle opere sanitarie e sociali ecclesiali in Italia, denominata anche Programma S.In.O.S.S.I. (acronimo per Sistema di Indagini sulle Opere ecclesiali Sanitarie e Sociali in Italia), promosso dalla Consulta ecclesiale nazionale degli organismi socio-assistenziali, da Caritas Italiana e dall Ufficio nazionale per la pastorale della sanità della CEI, in collaborazione con l Osservatorio socio-religioso e con il o informatico della CEI (SICEI). Il progetto è nato dall esigenza, manifestata dalla Conferenza Episcopale Italiana, di avviare una riflessione approfondita sul ruolo che le istituzioni ecclesiali sanitarie e sociali operanti nel nostro Paese possono ricoprire nel promuovere una rete di assistenza più prossima ai bisogni delle persone e, nel contempo, maggiormente orientata al bene comune, al contrasto delle disuguaglianze, al riconoscimento della salute come diritto senza esclusione. Con il Programma S.In.O.S.S.I. prende vita in modo concreto e organico un sistema di indagini conoscitive sulle Opere ecclesiali sia in parallelo, ossia integrando attività diverse di rilevazione, monitoraggio e approfondimento, che in serie, attraverso la ripetizione delle indagini nel tempo. La stessa scelta dell acronimo S.In.O.S.S.I. ha voluto sottolineare lo sforzo di ricondurre, all interno di un quadro unitario e coerente, la molteplicità e la ricchezza degli sforzi e delle iniziative in tal senso, e la visione comune che deve sostenerli. Gli obiettivi sono molteplici: 1. cogliere il processo di evoluzione dei servizi ecclesiali attivi nelle Chiese che sono in Italia; 2. rilevare la presenza di risposte particolarmente significative e innovative; 3. verificare eventuali carenze dei servizi in rapporto ai bisogni e alle esigenze della società, e dei poveri soprattutto; 4. promuovere e favorire all interno di ogni diocesi italiana un efficace lavoro di rete, in modo da concretizzare una risposta sinergica e integrale coerente con la visione antropologica cristiana; 5. porre le basi per un dialogo nei diversi livelli con il servizio pubblico e con le pubbliche autorità, nell ottica della solidarietà e della sussidiarietà; 6. avviare in alcune regioni il processo di regionalizzazione della Consulta ecclesiale degli organismi socio-assistenziali; 7. elaborare una fotografia il più possibile fedele dei servizi sul territorio e di ciò che essi rappresentano per le comunità di riferimento. Le finalità del progetto sono collocate in particolare all interno di una triplice attenzione pastorale condivisa con le diocesi, ossia conoscere non solo le povertà, ma anche le risorse buone presenti nel proprio territorio; avere cura di queste risorse, sostenerle là dove ce n è bisogno, o cambiarle se non più adeguate, infine tesserle in rete, a partire dagli ambiti comuni di impegno (minori, anziani, ecc.). Conoscere le opere ecclesiali significa per le diocesi creare una relazione con esse, costruendo una anagrafe continuamente aggiornata e verificata, alla luce della scelta di investire tempo e risorse in un incontro ravvicinato e personale che consenta di capire come siano le opere stesse. ~ 3 ~

3 Questa comprensione permetterà di valutare un appartenenza ecclesiale che non è data una volta per sempre in virtù dell iniziale ispirazione ai valori cristiani o nel riferimento al vescovo previsto all interno dello statuto ma va costantemente nutrita nella cura di un inserimento vitale nella comunità cristiana, in termini di orientamento, progettualità e verifica. Avere cura di queste risorse è la seconda finalità, perché il lavoro di censimento ha permesso di evidenziare alcune questioni di fondo da affrontare, come la formazione degli operatori e le relazioni con il volontariato, gli aspetti gestionali e il sostegno economico ai servizi, in questo momento di grave crisi economica e di riduzione del finanziamento al sistema di welfare che rende attuale il rapporto tra carità e giustizia richiamato dal Magistero. Riguardo a quest ultimo aspetto, nella gestione dei rapporti con la comunità e il territorio in particolare, non è trascurabile il rischio di assumere deleghe improprie, di perpetuare e rafforzare condizioni che generano povertà e sofferenza. Come ci ha ricordato il Santo Padre nell Enciclica Deus caritas est, «la Chiesa ha il dovere di offrire ( ) il suo contributo specifico, affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili» (n. 28). Infine tessere in rete i servizi, che rappresenta una precisa scelta pastorale e antropologica che non riconosce soluzioni di continuità nella risposta ai bisogno dell uomo. Non a caso, promuovere e favorire all interno di ogni diocesi un efficace lavoro di rete tra le varie realtà oggetto di indagine, è stata fin dall inizio una prospettiva chiara del censimento. Si tratta ora, a partire dal lavoro svolto, di assumere uno sguardo complessivo sulle opere per ricondurle all unità e alla comunione ecclesiale, salvaguardando e anzi valorizzando per il bene della Chiesa le diverse specificità. Su questo fronte sarebbe necessario rilanciare, in termini di coordinamento e di dialogo con le realtà non ecclesiali, il ruolo della Consulta ecclesiale degli organismi socioassistenziali, a livello diocesano e regionale. Bisognerà pensare a tavoli tematici che siano luoghi di confronto per facilitare l espressione e l integrazione delle opere ecclesiali impegnate a rispondere, in modo spesso multidisciplinare, a bisogni complessi. A questo proposito, un coordinamento certamente da realizzare è un tavolo regionale che raccordi le istituzioni sanitarie e socio-sanitarie di ispirazione cristiana, sulla base dell esperienza del Tavolo nazionale delle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana. È essenziale, anche sulla base dei risultati di questa rilevazione, che le realtà attive sul versante sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale dialoghino e collaborino tra di loro nel realizzare percorsi di presa in carico globale. Infine, in un ottica di comunione e di riferimento ai vescovi, è necessario maturare modalità comuni e unitarie di servizio e di interlocuzione con gli altri soggetti del territorio, specie a livello regionale. ~ 4 ~

4 - II - LA METODOLOGIA DI LAVORO Il lavoro di rilevazione del censimento è stato progettato, diretto e coordinato da una cabina di regia composta da operatori designati dalla Consulta ecclesiale nazionale degli organismi socio-assistenziali, da Caritas Italiana e dall Ufficio nazionale per la pastorale della sanità. Essa ha predisposto la metodologia e gli strumenti di lavoro, con il supporto dell Osservatorio socio-religioso della CEI, nonché del o Informatico della CEI, il quale ha realizzato il sistema di gestione dei dati on line S.In.O.S.S.I. (acronimo per Sistema di Indagini sulle Opere ecclesiali Sanitarie e Sociali in Italia). Per questo progetto è stata anche attivata una specifica collaborazione con esperti dell ISTAT, per giungere a un sistema di classificazione dei servizi univoco su scala nazionale e condiviso anche in ambito civile, così da rendere comparabili i dati del censimento con quelli relativi a realtà diverse dall ambito ecclesiale (Tabella dei codici ISTAT ATECO 2007 ambito Sanità e Assistenza sociale 1 in allegato). LA FASE DI RILEVAZIONE La rilevazione ha avuto come oggetto tutte le strutture o servizi attivi al 31 dicembre 2009 operanti in ambito ecclesiale (nell accezione più ampia e inclusiva del termine), indipendentemente dalla natura giuridica secondo il diritto civile o canonico, che offrono assistenza alla persona, di tipo sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale. Con il termine struttura non si è inteso l edificio o il luogo fisico in cui le attività si compiono, quanto piuttosto il complesso strutturato delle attività, il cui svolgimento può avvenire anche al di fuori di specifiche sedi fisiche (es. unità di strada). Per ciascuna struttura o servizio individuato, è stata compilata a livello diocesano l apposita scheda di rilevazione, dove andavano indicati alcuni aspetti essenziali delle strutture censite, quali: l ubicazione, il soggetto promotore, l ente gestore, il tipo e il volume di attività, il numero di operatori coinvolti, i rapporti di accreditamento o convenzionamento con l ente pubblico (cfr. Scheda di rilevazione in allegato). L unità territoriale di censimento è stata la diocesi; nella rilevazione si è comunque considerato imprescindibile il riferimento alle ripartizioni territoriali civili, per esigenze di confrontabilità e integrazione con altre indagini e statistiche correnti. Perché una struttura (o servizio) fosse considerata eleggibile ai fini dell indagine, è stato necessario che fossero soddisfatti tutti i criteri di seguito indicati. a) appartenenza alla Chiesa o collegamento ad essa La ricognizione ha riguardato strutture/servizi appartenenti a istituzioni che svolgono la propria attività in ambito ecclesiale. L appartenenza ecclesiale è stata definita sia in termini di dipendenza che di collegamento con la Chiesa. Dipendenza: i servizi che dipendono da un autorità ecclesiastica e il cui soggetto promotore e/o gestore risultasse da un elenco preindicato, tra i quali: diocesi, Caritas diocesana, parrocchia, istituto di vita consacrata o società di vita apostolica, associazione di fedeli, fondazione di religione o di culto, o altra realtà ecclesiale (a dipendenza diretta o attraverso la presenza di assistenti o rappresentanti appositamente nominati). Collegamento: sono stati compresi i servizi attivati da persone o gruppi di persone, associazioni o movimenti che per identità personale (sacerdote, religioso) o per scelta valoriale e finalità si collocano all interno della comunità ecclesiale. In caso di dubbio si è chiesto di riferirsi ad un autodichiarazione resa dal responsabile del servizio considerato e in ultima istanza alla valutazione del vescovo. 1 La classificazione ATECO 2007 costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea NACE rev. 2, pubblicata sull Official Journal il 20 dicembre 2006 (Regolamento CE n.1893/2006 del PE e del Consiglio del 20/12/2006). Vedi website: ~ 5 ~

5 b) stabilità temporale Continuità dell azione assistenziale, anche se l attività è periodica (almeno un giorno a settimana). Data di costituzione precedente al 31 dicembre c) stabilità strutturale Si è intesa la stabilità strutturale in presenza di uno o più dei seguenti requisiti: presenza di attività organizzate, con statuto o regolamento; esistenza di una sede propria; personale dedicato (anche volontario). d) effettiva operatività in ambito sanitario, sociosanitario o socio-assistenziale I servizi oggetto della rilevazione sono stati quelli che erogano assistenza di tipo sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale. Nel caso in cui la struttura erogasse più di un attività assistenziale, è stato chiesto di individuare l attività prevalente (ossia quella che caratterizza la struttura stessa e/o assorbe il maggior quantitativo di risorse) e le attività secondarie. Dalla rilevazione sono stati esclusi servizi che rientravano in altre categorie non oggetto del censimento, come quelli strettamente educativi (scuole materne, asili infantili ecc.), sportivi o operanti all estero. I tipi di attività considerati sono quelli inclusi nella Tabella dei codici ISTAT ATECO 2007 ambito Sanità e Assistenza sociale 2 (in allegato). IL LAVORO A LIVELLO DIOCESANO Il direttore della Caritas diocesana, in qualità di responsabile diocesano del censimento, ha avuto il compito di coordinare la rete di rilevatori incaricati della compilazione delle schede e di provvedere all invio dei dati alla cabina di regia nazionale, tramite l inserimento nel sistema di gestione on line. L individuazione per ogni diocesi dei servizi sanitari e sociali da censire e la loro rilevazione è stata realizzata in stretto contatto con il responsabile diocesano della pastorale della sanità e con gli altri referenti incaricati dal vescovo, coinvolgendo i rappresentanti degli organismi interessati (USMI, CISM, FIRAS, ARIS, UNEBA, ecc.). A questo proposito, è significativo evidenziare che sui 574 operatori complessivamente coinvolti a livello diocesano, risulta la partecipazione attiva delle realtà presenti nella Consulta, in particolare i Gruppi di volontariato Vincenziano, l Associazione Papa Giovanni XXIII, la CISM, l USMI e la Confederazione nazionale delle Misericordie d Italia. Il lavoro ha visto il coinvolgimento di tutte le diocesi italiane. A tal fine, sono state inviate lettere ufficiali ai vescovi, ai direttori degli Uffici diocesani (Caritas e Pastorale della sanità) e ai responsabili delle organizzazioni della Consulta degli organismi socioassistenziali, contenenti informazioni dettagliate sulle finalità e gli obiettivi dell indagine e sulle modalità di svolgimento della ricognizione. Analoga comunicazione è stata inviata da Caritas Italiana e dall Ufficio nazionale per la pastorale della sanità ai rispettivi direttori diocesani, per indicare le linee operative e invitarli ai corsi di formazione, che si sono svolti a Roma nei mesi di marzo (23 e 25) e aprile (8, 9 e 23) Tali corsi hanno visto la partecipazione diretta dei rappresentanti di 85 diocesi. Quelle mancanti sono state tutte ugualmente raggiunte e aggiornate attraverso una capillare azione di contatto e di supporto telefonico ed elettronico. Tutti gli strumenti e le procedure previsti per il censimento sono stati sperimentati e validati nel corso di uno studio pilota condotto tra settembre e ottobre 2009 nelle diocesi di Mantova, Firenze e Reggio Calabria, diverse per grandezza e collocazione geografica. 2 Vedi nota 1. ~ 6 ~

6 - III - PRINCIPALI RISULTATI Le informazioni rilevate riguardano i seguenti aspetti: l ubicazione territoriale (con riferimento sia alla ripartizione civile che ecclesiastica); il soggetto promotore e l ente gestore; il tipo di attività (con riferimento alla classificazione ISTAT 3 ), distinguendo tra quella principale, che caratterizza il servizio, ed eventuali attività secondarie ; l anno di inizio del servizio l eventuale cambio di attività rispetto al precedente censimento; il volume di attività, considerando sia gli accessi (ricoveri o contatti) che per i soli servizi residenziali i posti letto; il numero di operatori coinvolti; i rapporti di accreditamento o convenzionamento. Secondo la rilevazione effettuata, i servizi risultano , di cui 916 operanti nell ambito dell assistenza sanitaria e in quello dell assistenza socio-sanitaria o sociale 4 ; vi sono inoltre 32 servizi che non hanno indicato il tipo di assistenza svolta, né è stato possibile recuperare tale informazione. Dal censimento precedente (1999) risultarono servizi, ma va ricordato che in tale occasione la rilevazione era riferita solo all ambito socioassistenziale DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEI SERVIZI I dati relativi alla distribuzione territoriale, considerando la ripartizione civile ISTAT, mostrano che quasi la metà dei servizi (47,9%) si trova nel Nord (in particolare, il 26,1% nel Nord-Ovest e il 21,8% nel Nord-Est), quasi un quarto nel Centro (23,6%) e una quota di poco superiore (28,6%) nel Mezzogiorno (18,0% nel Sud e 10,6% nelle Isole). La regione civile con il maggior numero di servizi è la Lombardia (1.862), seguita dall Emilia-Romagna (1.512), dalla Toscana (1.492), dal Veneto (1.227) e dal Piemonte (1.231). Superano il migliaio di servizi anche il Lazio (1.082), la Sicilia (1.037) e la Puglia (1.036). Complessivamente, in queste regioni si trovano quasi i tre quarti del totale dei servizi rilevati (73,6%). Confrontando il numero dei servizi con la popolazione residente alla stessa data di rilevazione emerge che in Toscana e in Emilia-Romagna la percentuale di servizi rispetto al totale risulta sensibilmente superiore alla proporzione di residenti sul totale (rispettivamente +4,3 e +3,3); differenze inferiori risultano per Liguria (+1,5) e Piemonte (+1,2). Gli scarti sono invece di segno negativo soprattutto in Campania (-4,3) e in Lombardia (-3,2), ma anche nel Lazio (-1,8), in Sicilia (-1,1) e in Abruzzo (-1,0). Lo stesso confronto per ripartizione geografica mostra che nel Mezzogiorno, soprattutto nelle regioni peninsulari, la percentuale di servizi (28,6%) è di 6 punti inferiore a quella della popolazione residente (34,6%), mentre nelle altre zone è superiore (+3,9 nel Centro e +2,2 nel Nord) La classificazione dettagliata è illustrata nell allegato. Ai fini del censimento, l ambito sociale è da considerarsi sinonimo di socio-assistenziale. La classificazione ISTAT non consente di distinguere sempre nettamente i servizi di tipo socio-sanitario e quelli di tipo sociale. Ma tale difficoltà è legata in larga misura alla crescente integrazione tra i diversi tipi di assistenza. In realtà, come già accennato nella nota precedente, tra l ambito socio-assistenziale e quello socio-sanitario c è una parziale sovrapposizione, perché alcuni tipi di servizi non sono chiaramente attribuibili all uno o all altro. ~ 7 ~

7 La distribuzione per regione ecclesiastica 6 mostra dopo la Lombardia (1.861 servizi) il Triveneto (1.590), che precede l Emilia-Romagna (1.523), la Toscana (stesso numero di servizi rispetto alla regione civile) e la regione Piemonte-Valle d Aosta (1.222). Tabella 1 - e popolazione residente per regione civile, servizi per regione ecclesiastica (valori assoluti e percentuali) Popolazione Regione civile residente 7 Regione ecclesiastica v.a. % v.a. % v.a. % Piemonte , ,4 Piemonte-Valle Valle d Aosta 31 0, ,2 d Aosta ,6 Lombardia , ,3 Lombardia ,1 Trentino-Alto Adige 133 0, ,7 Veneto , ,1 Triveneto ,2 Friuli-Venezia Giulia 230 1, ,0 Liguria 592 4, ,7 Liguria 632 4,4 Emilia-Romagna , ,3 Emilia-Romagna ,7 Toscana , ,2 Toscana ,5 Umbria 261 1, ,5 Umbria 261 1,8 Marche 522 3, ,6 Marche 512 3,6 Lazio , ,4 Lazio ,6 Abruzzo 177 1, ,2 Abruzzo-Molise Molise 88 0, , ,8 Campania 773 5, ,7 Campania 773 5,4 Puglia , ,8 Puglia ,3 Basilicata 103 0, ,0 Basilicata 103 0,7 Calabria 383 2, ,3 Calabria 383 2,7 Sicilia , ,4 Sicilia ,3 Sardegna 474 3, ,8 Sardegna 474 3,3 Italia , ,0 Ialia ,0 Nord , ,7 Nord ,9 Nord-Ovest , ,5 Nord-Ovest ,1 Nord-Est , ,2 Nord-Est ,9 Centro , ,7 Centro ,5 Mezzogiorno , ,6 Mezzogiorno ,5 Sud , ,5 Sud ,9 Isole , ,1 Isole ,6 6 7 La distribuzione dei dati per regione ecclesiastica differisce leggermente rispetto a quella per regione civile, a causa delle diversa suddivisione territoriale tra i due ambiti. In particolare, 40 servizi ubicati nel territorio di diocesi della regione ecclesiastica Liguria appartengono alla regione civile Piemonte, 10 servizi della regione civile Marche e 1 della Lombardia sono ubicati nel territorio della regione ecclesiastica Emilia-Romagna, 4 servizi della regione ecclesiastica Lazio appartengono alla regione civile Abruzzo. Dati Istat al ~ 8 ~

8 2. TIPO DI ASSISTENZA E DI ATTIVITÀ La classificazione ISTAT - adottata per l occasione e parzialmente aggiornata in collaborazione con esperti di tale ente - raggruppa i servizi secondo tre tipi di assistenza 8 : 1) sanitaria; 2) socio-sanitaria e sociale residenziale; 3) socio-sanitaria e sociale non residenziale. Durante la fase di elaborazione dei dati è stata valutata anche l ipotesi di riclassificare i servizi secondo una nuova tipologia di assistenza (sanitaria, socio-sanitaria, socioassistenziale) ma, come già riferito in precedenza 9, non sempre è possibile separare nettamente l ambito socio-sanitario da quello socio-assistenziale, poiché si tratta di attività e servizi strettamente collegati e integrati. Di conseguenza, le elaborazioni sono state effettuate secondo la classificazione del tipo di assistenza originaria. La maggior parte dei servizi è risultata operante nell ambito dell assistenza sociosanitaria e sociale non residenziale (8.858, pari al 62,3% del totale 10 ), poco meno di un terzo in attività di assistenza socio-sanitaria e sociale residenziale (4.440, pari al 31,2%) e 916 servizi nel campo dell assistenza sanitaria (6,4%). Grafico 1 - per tipo di assistenza (valori percentuali) Tipo di assistenza Socio-sanitaria e sociale residenziale 31,2% Socio-sanitaria e sociale non residenziale 62,3% Sanitaria 6,4% La distribuzione dei tre principali tipi di assistenza è sensibilmente diversa per zona geografica: spicca in particolare la percentuale di servizi di assistenza sanitaria nel Centro (11,5%), quasi doppia rispetto al valore nazionale, mentre nel Nord è poco oltre la metà (3,5%) e nel Sud sostanzialmente in linea con il dato medio nazionale. Inoltre, la quota di servizi di assistenza socio-sanitaria e sociale residenziale è sensibilmente superiore al valore nazionale nel Nord (35,8%), mentre è decisamente inferiore nel Centro (26,5%) e nel Mezzogiorno (27,5%); più contenuti sono invece gli scostamenti rispetto al valore nazionale della percentuale dei servizi di assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale (65,3% nel Mezzogiorno, a fronte del 61,9% nel Centro e del 60,7% nel Nord). La quota di servizi sanitari è particolarmente alta in Toscana (18,4% del totale), dove peraltro si concentra il 30,0% del totale nazionale di tale tipo di servizi, in grandissima parte promossi da Confraternite delle Misericordie (78,0%) e Gruppi donatori Fratres (12,9%); ma è molto significativa anche in Puglia (12,2% dei servizi della regione, di cui quasi la metà costituiti da Gruppi donatori Fratres), dove si trova il 13,8% del totale dei servizi sanitari. Va sottolineato il fatto che complessivamente in queste due regioni è stato rilevato circa il 44% dei 8 Cfr. Allegato. 9 Cfr. nota D ora poi tutte le percentuali si riferiscono ai servizi che hanno indicato il tipo di attività svolta. ~ 9 ~

9 servizi ecclesiali di assistenza sanitaria di tutta Italia. Al contrario, in diverse regioni la percentuale di servizi sanitari è sensibilmente inferiore al valore nazionale, in particolare in E- milia-romagna (2,4%), Marche (2,9%), Piemonte (2,9%), Liguria (3,0%), oltre alla Valle d Aosta, dove non è stato rilevato alcun servizio di tale tipo. Differenze sensibili rispetto al valore nazionale si riscontrano anche nelle percentuali regionali degli altri due tipi di assistenza. Per ciò che riguarda i servizi socio-sanitari e sociali residenziali, valori particolarmente alti sono quelli di Basilicata (43,1%) e Piemonte (42,7%), oltre al 50,0% della Valle d Aosta, calcolato però su valori assoluti piuttosto esigui. Viceversa, valori particolarmente bassi sono quelli di Puglia (20,8%) e Trentino-Alto Adige (20,3%). In quest ultima regione spicca invece la quota particolarmente alta di servizi socio-sanitari e sociali non residenziali (75,2%) e valori prossimi al 70% si registrano anche in Molise (69,0%), Lazio (68,2%), Marche (67,6%), Campania (67,3%) e Sicilia (67,1%). Tabella 2 - per regione civile e tipo di assistenza (valori percentuali) Regione civile Sanitaria Tipo di assistenza Socio-sanitaria e sociale residenziale Socio-sanitaria e sociale non residenziale (n. servizi) Piemonte 2,9 42,7 54,4 100,0 (1.227) Valle d Aosta 0,0 50,0 50,0 100,0 (30) Lombardia 4,5 34,8 60,8 100,0 (1.860) Trentino-Alto Adige 4,5 20,3 75,2 100,0 (133) Veneto 4,2 33,5 62,3 100,0 (1.227) Friuli-Venezia Giulia 3,9 33,5 62,6 100,0 (230) Liguria 3,0 29,4 67,6 100,0 (592) Emilia-Romagna 2,4 37,2 60,4 100,0 (1.511) Toscana 18,4 26,6 55,0 100,0 (1.492) Umbria 6,0 29,4 64,5 100,0 (248) Marche 2,9 29,5 67,6 100,0 (522) Lazio 7,3 24,4 68,2 100,0 (1.080) Abruzzo 9,0 30,5 60,5 100,0 (177) Molise 6,9 24,1 69,0 100,0 (87) Campania 6,5 26,2 67,3 100,0 (771) Puglia 12,2 20,8 67,1 100,0 (1.036) Basilicata 3,9 43,1 52,9 100,0 (102) Calabria 5,5 37,1 57,4 100,0 (383) Sicilia 4,4 28,5 67,1 100,0 (1.035) Sardegna 5,1 30,1 64,8 100,0 (471) Italia 6,4 31,2 62,3 100,0 (14.214) Nord 3,5 35,8 60,7 100,0 (6.810) Nord-Ovest 3,7 36,7 59,6 100,0 (3.709) Nord-Est 3,3 34,7 62,0 100,0 (3.101) Centro 11,5 26,6 61,9 100,0 (3.342) Mezzogiorno 7,2 27,4 65,3 100,0 (4.062) Sud 8,7 26,5 64,7 100,0 (2.556) Isole 4,6 29,0 66,3 100,0 (1.506) Mancate risposte: 32 Per ciascun tipo di assistenza si possono evidenziare i tipi di servizi più numerosi: per l assistenza sanitaria, i servizi di autoambulanza (288, pari al 31,4% del totale di questo ambito), i servizi ospedalieri (122), le banche del sangue (121), i servizi di riabilitazione (109); per l assistenza socio-sanitaria e sociale residenziale, le case di riposo per anziani (950, pari al 21,4% dei servizi di tale tipo e al 6,7% del totale complessivo), i servizi per persone affette da disturbi mentali o che abusano di sostanze stupefacenti (394) ~ 10 ~

10 e le residenze sanitarie assistenziali (RSA) per anziani (380), le comunità educative per minori (274) e le comunità per mamme e bambini (246); per l assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale, spiccano in particolare i centri di ascolto e segretariati sociali per utenza eterogenea (2.118, pari al 23,9% di questi servizi e al 14,9% del totale) - ai quali vanno aggiunti 165 centri di ascolto per immigrati - e i centri di erogazione di beni primari (1.936, pari al 13,6% del totale). Ma vanno evidenziati anche i consultori familiari e i centri di aiuto alla vita (371), le mense (320), i centri diurni per disabili (276) e i servizi di sostegno socio-educativo scolastico per minori (271). È importante sottolineare che questi dati si riferiscono all attività principale dei servizi; ma attraverso il censimento sono state rilevate anche le altre attività rilevanti svolte al loro interno (considerate come secondarie ) 11, i cui dati sono riportati nell Appendice statistica 12. I servizi che hanno dichiarato di svolgere più di un attività sono (31,7% del totale) e le combinazioni di attività diverse sono numerosissime (1.775). È però interessante notare come alcuni tipi di attività tendano a coesistere. In particolare, risalta l associazione tra centri di ascolto e centri di erogazione di beni primari: quella che vede come attività principale il centro di ascolto o segretariato sociale e come secondaria l erogazione di beni primari è di gran lunga la più frequente (742 servizi), mentre al secondo posto c è quella con le due attività in ordine invertito (180 servizi). Le prime nove combinazioni in ordine di frequenza registrano la presenza di almeno una di queste due attività come principale o secondaria (cfr. tab. 3) e complessivamente considerando il totale delle combinazioni sono ben (il 10,7% del totale) i servizi in cui vengono svolte entrambe, eventualmente anche insieme ad attività di altro tipo (cfr. tab. 4). L elaborazione dei dati relativi alle combinazioni di attività mostrano inoltre che i servizi che svolgono attività di centro di ascolto (principale o secondaria, da sola o in combinazione con altre) sono complessivamente e i centri di erogazione beni primari ben (cfr. tab. 5) Tabella 3 - Combinazioni di attività più frequenti (valori assoluti) Combinazioni di attività più frequenti n. servizi centro di ascolto + centro erogazione beni primari 742 centro erogazione beni primari + centro di ascolto 180 centro di ascolto + centro erogazione beni primari + altri servizi non residenziali 68 centro erogazione beni primari + altri servizi non residenziali 66 mense + centro erogazione beni primari 40 centro erogazione beni primari + altri servizi non residenziali per famiglie 37 centro di ascolto + altri servizi non residenziali 31 consultori familiari + centro erogazione beni primari 28 altri servizi non residenziali + centro erogazione beni primari 25 altri servizi non residenziali per anziani/disabili + altri servizi non residenziali 24 seguono altri tipi di combinazioni diverse con frequenza inferiore N.B.: i centri di ascolto sono considerati complessivamente e quindi comprendono anche quelli destinati solo agli immigrati 11 È stata considerata prevalente l attività che caratterizza la struttura stessa e/o assorbe il maggior quantitativo di risorse rispetto ad altre eventuali attività, individuate come secondarie (es: un attività ambulatoriale svolta all interno di un ospedale è secondaria rispetto all attività di ricovero, ecc.). 12 Cfr. Tabella 18a Appendice statistica. 13 Dalla cifra di risultante dalla somma dei servizi che hanno dichiarato di svolgere, come principale o aggiuntiva, attività di centro di ascolto o segretariato sociale e attività di centro di ascolto per immigrati è stato sottratto il numero dei servizi che hanno dichiarato di svolgere contemporaneamente entrambe le attività (197 in totale). ~ 11 ~

11 Tabella 4 - corrispondenti alla combinazioni di attività relative ai centri di ascolto e ai centri di erogazione beni primari (valori assoluti) Attività principale nessuna cda beni Attività secondarie cda + beni cda + altri beni + altri cda + beni + altri altri centri di ascolto centri erogazione beni primari altri servizi Mancate risposte: 32 N.B.: per i servizi che hanno indicato di svolgere sia attività di centro di ascolto o segretariato sociale che attività di centro di ascolto per gli immigrati è stata considerata un unica attività di centro di ascolto. Tabella 5 - con attività di centro di ascolto e/o centro di erogazione beni primari (valori assoluti) Tipo di attività n. servizi centri di ascolto centri di ascolto + centri erogazione beni primari centri erogazione beni primari centri di ascolto e/o centri erogazione beni primari n. centri di ascolto n. centri erogazione beni DESTINATARI Nel complesso, considerando i destinatari, oltre un terzo dei servizi (37,6%) è aperto a un utenza non specificamente definita (servizi multiutenza) 14, mentre il 12,9% è rivolto a persone anziane, il 10,7% a minori e il 10,2% a famiglie. Va però precisato che la percentuale di servizi a persone anziane è sicuramente più alta, perché andrebbero considerati nel computo anche svariati servizi definiti senza distinzione per anziani/disabili nella classificazione ISTAT adottata 15. Abbastanza esigua è invece la quota di servizi destinati esclusivamente a persone immigrate (2,5%) Si tratta di tutti i servizi di assistenza sanitaria ad eccezione degli ambulatori per immigrati STP (891), dei servizi residenziali multiutenza (78), dei centri di ascolto e segretariati sociali (2.118), dei centri di erogazione beni primari (1.936) e delle mense (320). 15 Si tratta dei servizi classificati sotto le voci altri servizi residenziali per anziani/disabili (181), assistenza domiciliare per anziani/disabili (210), altri servizi non residenziali per anziani/disabili (508), trasporto anziani/disabili (11), pari complessivamente al 6,4% del totale. 16 Si tratta degli ambulatori per immigrati STP (25), di tutti i servizi residenziali per immigrati (162) e dei centri di ascolto per immigrati (165). ~ 12 ~

12 Tabella 6 - per tipo di destinatari (valori assoluti e percentuali) Tipo di destinatari v.a. % Multiutenza ,6 Anziani ,9 Minori ,7 Famiglie ,2 Anziani/disabili * 910 6,4 Persone affette da disturbi mentali o che abusano di sostanze stupefacenti* 394 2,8 Persone senza fissa dimora 367 2,6 Immigrati 352 2,5 Disabili 277 1,9 Detenuti/ex-detenuti 121 0,9 Malati di AIDS 55 0,4 Altri destinatari , ,0 Mancate risposte: 32 * per alcuni servizi la classificazione adottata non ha consentito di distinguere i destinatari 4. SOGGETTO PROMOTORE ED ENTE GESTORE I dati relativi al soggetto promotore evidenziano che oltre un quarto dei servizi è stato promosso da parrocchie (27,5%), il 19,0% da realtà riconducibili alla diocesi (in particolare l 11,5% dalla Caritas diocesana), il 18,1% da associazioni di fedeli, il 13,1% da istituti di vita consacrata o società di vita apostolica e il 5,5% da altre realtà ecclesiali. Ma va segnalato che nel 16,9% dei casi è stata indicata come soggetto promotore una realtà civile. Tabella 7 - per soggetto promotore (valori assoluti e percentuali) Soggetto promotore v.a. % Parrocchia ,5 Associazione di fedeli ,1 Realtà civile ,9 Istituto vita consacrata/società di vita apostolica ,1 Caritas diocesana ,5 Diocesi ,5 Altra realtà ecclesiale 769 5, ,0 Mancate risposte: 169 Nella grande maggioranza dei casi (83,8%), le parrocchie risultano promotrici di servizi socio-sanitari o sociali non residenziali, di cui costituiscono complessivamente il soggetto promotore per oltre un terzo (36,8%). Anche le realtà di tipo diocesano risultano nella maggior parte dei casi promotrici di servizi dello stesso tipo, seppure in misura inferiore (Caritas diocesana 78,7%, diocesi 67,6%). Gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica hanno invece promosso servizi socio-sanitari e sociali residenziali in ben oltre la metà dei casi (61,5%). Nel complesso, la metà dei servizi di questo tipo (51,0%) è stata promossa dai soggetti suddetti e da realtà civili, mentre tra i servizi sanitari spiccano come soggetto promotore le associazioni di fedeli (42,6%). ~ 13 ~

13 Tabella 8 - per soggetto promotore e tipo di assistenza (valori percentuali di riga) Soggetto promotore Sanitaria Tipo di assistenza Socio-sanitaria e sociale residenziale Socio-sanitaria e sociale non residenziale (n. servizi) Parrocchia 2,2 13,9 83,8 100,0 (3.873) Associazione di fedeli 15,1 23,9 61,0 100,0 (2.543) Realtà civile 6,6 46,0 47,4 100,0 (2.379) Istituto vita consacrata/ 9,3 61,5 29,3 100,0 (1.837) Società di vita apostolica Caritas diocesana 2,0 19,3 78,7 100,0 (1.613) Diocesi 3,3 29,1 67,6 100,0 (1.052) Altra realtà ecclesiale 4,6 47,3 48,1 100,0 (769) 6,4 30,9 62,7 100,0 (14.066) Mancate risposte: 180 Tabella 9 - per soggetto promotore e tipo di assistenza (valori percentuali di colonna) Soggetto promotore Sanitaria Tipo di assistenza Socio-sanitaria e sociale residenziale Socio-sanitaria e sociale non residenziale Parrocchia 9,7 12,4 36,8 27,5 Associazione di fedeli 42,6 14,0 17,6 18,1 Realtà civile 17,4 25,1 12,8 16,9 Istituto vita consacrata/ 18,9 25,9 6,1 13,1 Società di vita apostolica Caritas diocesana 3,7 7,1 14,4 11,5 Diocesi 3,9 7,0 8,1 7,5 Altra realtà ecclesiale 3,9 8,4 4,2 5,5 100,0 100,0 100,0 100,0 (n. servizi) (901) (4.352) (8.813) (14.066) Mancate risposte: 180 La parrocchia è anche l ente gestore più frequente (25,9%), ma una quota molto significativa è costituita anche da associazioni di volontariato (21,1%). Molto basse sono invece le percentuali di servizi gestiti da realtà di tipo diocesano (Caritas diocesana 5,0%, diocesi appena 1,3%). Tabella 10 - per ente gestore (valori assoluti e percentuali) Ente gestore v.a. % Parrocchia ,9 Associazione di volontariato ,1 Istituto di vita consacrata/società di vita apostolica ,1 Cooperativa o cooperativa sociale ,3 Associazione di fedeli ,4 Associazione civile riconosciuta o non riconosciuta 757 5,4 Caritas diocesana 706 5,0 Fondazione civile 541 3,9 Fondazione di religione o di culto 296 2,1 Diocesi 189 1,3 IPAB 137 1,0 Società di capitale 54 0,4 Altro 713 5, Mancate risposte: 221 ~ 14 ~

14 Esaminando i dati rispetto al tipo di assistenza, va messo in risalto che una quota molto significativa di servizi di assistenza sanitaria è gestita da associazioni di volontariato (44,5%) e che oltre il 60% dei servizi socio-sanitari o sociali non residenziali è gestita da parrocchie (37,7%) o associazioni di volontariato (23,5%). Per ciò che riguarda invece i servizi socio-sanitari o sociali residenziali, le quote relative ai diversi tipi di enti gestori sono relativamente più equilibrate tra loro, anche se va evidenziata una prevalenza degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica (23,3%) e delle cooperative di vario tipo (15,7%). Confrontando i dati relativi al soggetto promotore e quelli riferiti all ente gestore, emerge in particolare che la grande maggioranza dei servizi promossi da parrocchie e da istituti di vita consacrata o società di vita apostolica rimangono gestiti da soggetti dello stesso tipo (rispettivamente nel 72,6% e nel 78,1% dei casi). Per i servizi promossi da altri soggetti la situazione è più articolata: Ente gestore solo il 14,9% di quelli promossi da diocesi risultano gestiti dallo stesso ente, mentre il 27,1% è gestito da parrocchie e il 13,4% da associazioni di volontariato; più alta è la quota di servizi che hanno dichiarato di essere stati promossi e poi gestiti dalla Caritas diocesana (34,7%), mentre il 29,1% risulta gestito da parrocchie e il 13,3% da associazioni di volontariato; i servizi promossi da associazioni di fedeli sono gestiti da enti dello stesso tipo nel 36,0% dei casi, mentre il 43,1% è affidato in gestione ad associazioni di volontariato; il 32,5% di servizi promossi da altre realtà ecclesiali risultano gestiti da associazioni di volontariato; il 31,6% dei servizi promossi da realtà civili è gestito da cooperative di vario tipo e il 28,1% da associazioni di volontariato. Tabella 11 - per soggetto promotore ed ente gestore (valori percentuali di colonna) parrocchia Associaz. di fedeli Realtà civile Soggetto promotore Ist. vita consacr./ Soc. vita apostolica Caritas diocesana diocesi Altra realtà ecclesiale Parrocchia 72,6 1,1 1,0 0,7 29,1 27,1 0,9 26,0 Associazione di volontariato 13,0 43,1 28,1 4,8 13,3 13,4 32,5 21,1 Istituto di vita consacrata/società di vita apostolica 0,7 1,1 0,8 78,1 1,1 2,3 4,2 11,1 Cooperativa o cooperativa sociale 3,6 4,0 31,6 3,0 7,6 5,5 10,5 9,3 Associazione di fedeli 2,6 36,0 1,9 0,8 1,2 3,4 5,9 8,4 Associazione civile riconosciuta o non riconosciuta 1,7 7,8 11,6 2,6 2,9 2,9 12,0 5,4 0,2 0,6 1,2 3,7 2,9 6,1 8,6 2,1 Caritas diocesana 0,9 0,2 0,6 0,2 34,7 8,4 0,3 5,0 Fondazione civile 2,1 1,5 10,8 0,4 2,4 7,8 5,2 3,9 Fondazione di religione o di culto Diocesi 0,0 0,0 0,0 0,2 1,3 14,9 0,7 1,4 IPAB 0,2 0,1 3,4 0,4 0,2 1,1 2,5 0,9 Società di capitale 0,3 0,0 1,0 0,4 0,1 0,1 0,8 0,4 Altro 2,1 4,4 7,9 4,7 3,2 6,9 15,9 5,1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 (n. servizi) (3.867) (2.541) (2.359) (1.795) (1.612) (1.051) (765) (13.990) Mancate risposte: 256 ~ 15 ~

15 5. PERIODO DI AVVIAMENTO DELL ATTIVITÀ Oltre un terzo dei servizi (37,2%) che hanno fornito il dato relativo all anno di inizio della propria attività è stato avviato dopo il 1999 (cioè dopo il precedente censimento) 17 ; sono in gran parte i servizi di assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale (70,2%) a essere stati avviati dopo tale data in misura superiore rispetto al totale dei servizi (41,6%). Va sottolineato che nel corso del tempo è progressivamente aumentata la quota dei nuovi servizi di assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale (da 36,3% prima del 1900 a 70,2% negli anni 2000), a discapito degli altri tipi di assistenza; in particolare, l 84,0% è stato avviato a partire dagli anni 80. Per i servizi di assistenza sanitaria si passa invece da 15,4% a 3,5% (con l eccezione degli anni 70) e per i servizi di assistenza socio-sanitaria e sociale residenziale da 48,4% a 26,3%. Alcuni tipi di servizi sono stati in gran parte attivati piuttosto recentemente: in particolare, nel nuovo millennio è stato avviato il 51,5% dei servizi di assistenza residenziale per persone senza fissa dimora, il 51,0% dei servizi di assistenza non residenziale per minori, il 49,0% dei servizi di assistenza residenziale per famiglie e il 48,3% dei servizi di assistenza residenziale per immigrati. I dati raccolti mostrano invece una sostanziale continuità dei servizi rispetto all attività svolta: su avviati prima del 1 gennaio 2000, solo 205 hanno dichiarato di averla modificata dopo tale data (2,5%). Tabella 12 - per anno di inizio dell attività (valori assoluti e percentuali) Anno di inizio v.a. % Prima del , , , , , , , ,0 Mancate risposte: Tabella 13 - per anno di inizio attività e tipo di assistenza (valori percentuali di colonna) Anno di inizio Sanitaria Tipo di assistenza Socio-sanitaria e sociale residenziale Socio-sanitaria e sociale non residenziale Prima del ,6 3,3 1,2 2, ,4 6,9 4,3 5, ,0 9,8 5,8 7, ,1 6,7 4,8 5, ,3 16,9 14,4 15, ,1 25,3 28,0 26, ,4 31,2 41,6 37,2 100,0 100,0 100,0 100,0 (n. servizi) (750) (4.023) (8.081) (12.854) Mancate risposte: Si ricorda che il precedente censimento non considerava i servizi sanitari. ~ 16 ~

16 Tabella 14 - per anno di inizio dell attività (valori percentuali di riga) Anno di inizio Sanitaria Tipo di assistenza Socio-sanitaria e sociale residenziale Socio-sanitaria e sociale non residenziale (n. servizi) Prima del ,4 48,4 36,3 100,0 (273) ,2 40,2 50,7 100,0 (687) ,0 42,2 49,8 100,0 (936) ,4 36,8 52,7 100,0 (728) ,7 33,6 57,7 100,0 (2.018) ,4 29,7 65,9 100,0 (3.429) ,5 26,3 70,2 100,0 (4.783) 5,8 31,3 62,9 100,0 (12.854) Mancate risposte: VOLUME DI ATTIVITÀ Per ciò che riguarda il volume di attività dei servizi rilevati, purtroppo i dati disponibili non consentono di elaborare risultati sufficientemente attendibili rispetto alle persone che complessivamente vi si sono rivolte nel corso del Molti servizi infatti non sono stati in grado di fornire l informazione relativa al numero di accessi 18 o di contatti nel corso dell anno o hanno fornito dati diversi rispetto a quelli richiesti (es.: il numero di nuclei familiari invece delle persone, il numero delle ore di servizio, ecc.), nonostante le indicazioni fornite sia nei momenti di formazione per i referenti diocesani che attraverso il materiale di supporto per i rilevatori appositamente predisposto. In molti casi, soprattutto per i servizi non residenziali, ciò dipende dalla mancanza di abitudine a raccogliere dati utili alla produzione di statistiche sulla propria attività o carenze organizzative in tal senso. Tali informazioni potranno essere rilevate con maggiore accuratezza attraverso approfondimenti successivi, previsti dal progetto originario. Sono invece disponibili i dati sui posti-letto dei servizi residenziali (sia sanitari, che socio-sanitari e socio-assistenziali) 19. Le informazioni raccolte consentono di affermare che nella grande maggioranza dei casi si tratta di servizi di dimensioni piccole o medio-piccole: il 32,1% dispone al massimo di 10 posti-letto e il 43,9% da 11 a 40. Questa situazione è piuttosto generalizzata per tutti i tipi di servizi, ad eccezione dei servizi ospedalieri (56,3% complessivamente oltre i 100 posti-letto e 35,6% addirittura sopra i 200), delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) per anziani (67,6% oltre i 40 posti-letto), delle RSA con nuclei Alzheimer (89,5% oltre i 40 posti-letto) e, in una certa misura, anche delle case di riposo per anziani (35,8% tra 41 e 100 posti-letto) 20. Le grandi strutture (>200 posti letto) sono complessivamente 79 e sono costituite soprattutto da servizi ospedalieri (31) e residenze sanitarie assistenziali (26, di cui 22 per anziani); sono state rilevate inoltre 6 case di riposo per anziani, mentre altri tipi di servizi registrano frequenze inferiori. Tali strutture si concentrano particolarmente in Lombardia (33) e nel Lazio (15): nel primo caso sono soprattutto residenze sanitarie assistenziali (21, di cui 17 per anziani) e servizi ospedalieri (5), mentre nel secondo sono quasi esclusivamente servizi ospedalieri (13); da sottolineare anche la presenza di 4 servizi di quest ultimo tipo in Puglia. 18 Con tale termine si intendono anche i ricoveri. 19 Hanno fornito questa informazione servizi su (oltre il 90% di quelli residenziali). 20 Cfr. Tabella 22 Appendice statistica. ~ 17 ~

17 7. PERSONALE UTILIZZATO Tabella 15 - residenziali per numero di posti letto (valori assoluti e percentuali) Numero di posti letto v.a. % Fino a , , , ,4 Oltre , ,0 Mancate risposte: 434 Infine, i dati relativi al personale impiegato indicano che durante il 2009 hanno operato complessivamente presso i servizi rilevati oltre 420 mila persone, di cui il 96,1% laici e i due terzi a titolo di volontariato (66,5%). Va inoltre sottolineata la presenza di operatori in servizio civile, significativa anche se numericamente costituisce meno dell 1% del totale. La presenza di laici volontari è particolarmente importante nei servizi di assistenza socio-sanitaria e sociale non residenziale, costituendo l 86,7% degli operatori in tale ambito. I laici retribuiti assumono invece maggiore rilevanza negli altri tipi di servizi (44,0% degli operatori nell ambito sanitario e 58,0% di quelli nell ambito socio-sanitario e sociale residenziale). Tabella 16 - Personale per modalità di collaborazione e status (valori assoluti)* Modalità di collaborazione Status Laici Religiosi Retribuita Volontaria o civile * I dati relativi al personale sono stati forniti da servizi Tabella 17 - Personale per tipo di personale e tipo di assistenza (valori percentuali di colonna) 21 Tipo di personale Tipo di assistenza Socio-sanitaria Socio-sanitaria Sanitaria e sociale e sociale non residenziale residenziale Retribuiti laici 44,0 58,0 9,3 32,1 Retribuiti religiosi 0,4 1,6 0,2 0,7 Volontari laici 54,0 34,0 86,7 63,2 Volontari religiosi 0,9 5,5 3,1 3,2 Operatori in servizio civile 0,6 0,9 0,7 0,7 100,0 100,0 100,0 100,0 (n. operatori) ( ) ( ) ( ) ( ) 21 Dai calcoli di questa tabella sono esclusi i 32 servizi che non hanno indicato il tipo di attività svolta. ~ 18 ~

18 Nel questionario di rilevazione era stata inserita anche una domanda relativa ai rapporti di accreditamento o convenzionamento con gli enti pubblici. Ma anche in questo caso le informazioni fornite dai servizi non si sono dimostrate sufficientemente attendibili o complete e verranno recuperate attraverso successivi approfondimenti. 8. ALCUNI PRIMI APPROFONDIMENTI L esame dei dati fornisce alcuni spunti interessanti per un primo, seppure sommario, approfondimento di alcuni aspetti meritevoli di attenzione specifica per ciò che concerne il rapporto tra evoluzione dei servizi ecclesiali e dinamiche sociali, con riferimento a quanto avvenuto nel periodo trascorso dal precedente censimento; in particolare, sembra importante evidenziare le seguenti questioni: dal residenziale al domiciliare; i servizi per le famiglie; i servizi per gli immigrati; il contrasto della povertà economica Dal residenziale al domiciliare Secondo i dati rilevati, un terzo dei servizi socio-sanitari e sociali è costituito da servizi residenziali (4.440, pari al 33,4%) 22. Nel 1999, in occasione del precedente censimento, era stata rilevata la presenza di servizi residenziali 23 ; nel corso di un decennio, la presenza di servizi residenziali è quindi diminuita del 4,8%. A fronte di una sostanziale stabilità in termini assoluti, appare invece rilevante la diminuzione del peso percentuale dei servizi residenziali sul totale dei servizi, dato che nel 1999 questo tipo di servizi corrispondeva al 42,3% di tutti quelli rilevati. In termini generali, la diffusione di servizi non residenziali va letta come indicatore di modernizzazione dell approccio assistenziale, in linea con le più avanzate tendenze di deistituzionalizzazione già rilevate nel precedente censimento (senza tuttavia dimenticare che la risposta residenziale rimane per molti versi insostituibile). Uno dei settori nel quale si registra la diminuzione più consistente di servizi residenziali è quello dell assistenza ai minori. Proprio da tale ambito è partita negli anni Settanta del precedente secolo la campagna culturale di superamento della formula del grande istituto, successivamente estesa ad altri settori assistenziali, e culminata con l emanazione della legge 149 del 2001, che impose la tassativa chiusura di tutti gli istituti per i minori entro il 31 dicembre Nel 1999 erano stati rilevati 234 istituti residenziali per minori, che rappresentavano il 13,6% di tutti i servizi residenziali per minori (702 in termini assoluti). L attuale censimento non ha rilevato la presenza di istituti residenziali per minori, sostituiti da 615 strutture di dimensioni ridotte, più vicine alle esigenze affettive e psico-sociali dei minori. Nello specifico, le soluzioni più diffuse sono costituite dalle comunità educative (274 presenze) e dalle comunità familiari (125). Ulteriori approfondimenti saranno in grado di approfondire le tendenze regionali e quantificare il processo di de-istituzionalizzazione in riferimento ad altri settori socioassistenziali. 22 Cfr. Tabella 18a Appendice statistica. 23 Si ricorda che il precedente censimento non considerava i servizi sanitari. 24 Secondo alcuni autori, la nascita del movimento anti-istituzionale si avvia con la pubblicazione del volume di Franco Basaglia L istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico (1968). ~ 19 ~

19 Tabella 18 - residenziali per minori. Confronto (valori assoluti e percentuali) Censimento 1999 Censimento 2009 Tipo di servizi Tipo di attività v.a. % v.a. % Comunità alloggio per minori ,5 Comunità educative ,6 Istituti residenziali per minori ,3 Comunità familiari ,3 Case famiglia per minori ,2 Comunità di pronta accoglienza 83 13, ,0 Alloggi per l autonomia 24 3,9 Altri servizi residenziali per minori , ,0 Rispetto al nodo della residenzialità, uno degli ambiti di servizio più innovativi è quello dell assistenza domiciliare. Il carattere innovativo di questo tipo di approccio risiede nella capacità di andare incontro all utenza, superando i vari ostacoli che spesso impediscono ai portatori del bisogno di poter fruire di un servizio di assistenza ubicato nel territorio. Un ulteriore aspetto è rappresentato dall integrazione dell ambito sanitario con quello più strettamente sociale, che si realizza pienamente proprio nelle attività domiciliari e che pone questo tipo di servizi al centro di una fitta rete di rapporti con gli Enti locali (titolari dell assistenza sociale), le ASL e segnatamente i Distretti (titolari dell assistenza sanitaria). I dati disponibili, riferiti ai soli destinatari anziani e disabili, evidenziano la presenza di 210 servizi domiciliari, che corrispondono all 1,6% del totale dei servizi censiti. Tale dato non è immediatamente confrontabile con i risultati del precedente censimento, in quanto i dati del 1999 sui servizi domiciliari includevano anche altri tipi di potenziali beneficiari (malati, minori, persone in situazione di isolamento o di povertà economica, ecc.), non considerati in modo esplicito dall attuale sistema di classificazione. A titolo informativo, si ricorda che nel 1999 i servizi di assistenza alla persona a domicilio erano risultati 898, pari all 8,2% di tutti i servizi censiti. Va comunque sottolineato che la grande maggioranza dei beneficiari di prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali domiciliari è costituita da soggetti anziani e disabili, anche se è ravvisabile una crescente attenzione alla dimensione domiciliare in altri settori di intervento, tra cui quello della povertà economica e del sostegno allo studio di bambini e adolescenti in difficoltà I servizi per le famiglie Un altra dimensione innovativa che è possibile cogliere nell universo dei servizi censiti si riferisce al crescente numero di realtà che svolgono attività socio-assistenziali e sociosanitarie rivolte all intero nucleo familiare. Il passaggio dalla dimensione individuale a quella familiare rappresenta un evidente salto di qualità, in grado di superare quegli approcci assistenziali individualistici che rischiano di lasciare in secondo piano le evidenti interconnessioni dei problemi sociali e sanitari all interno della stessa famiglia. I servizi rivolti alle famiglie riguardano una quota consistente dell universo censito (1.451, pari al 10,2% del totale) 25. I servizi rivolti alle famiglie sono di natura molto varia e includono attività di accoglienza residenziale (comunità per mamme e bambini, comunità alloggio, gruppi appartamento, accoglienza parenti di ricoverati, altri servizi residenziali per famiglie) e attività di tipo non residenziale, che si esplicano all interno di spazi strutturati o presso i luoghi naturali di vita e di incontro delle famiglie (consultori familiari e centri aiuto vita, sostegno socio-educativo territoriale, servizi di assistenza alle famiglie di detenuti, ecc.). 25 Cfr. Tabella 6 a pag. 13. ~ 20 ~

20 Tabella 19 - per le famiglie per tipo di attività (valori assoluti e percentuali) Tipo di attività n. % Comunità per mamme e bambini ,0 Comunità alloggio 60 4,1 Gruppi appartamento 48 3,3 Accoglienza parenti di ricoverati ,5 Altri servizi residenziali per famiglie 97 6,7 servizi residenziali per famiglie ,6 Consultori familiari e centri aiuto vita ,6 Sostegno socio-educativo territoriale ,2 di assistenza alle famiglie di detenuti 7 0,5 Altri servizi non residenziali per famiglie ,1 servizi non residenziali per famiglie ,4 servizi per famiglie ,0 Ai servizi elencati nella tabella andrebbero aggiunte una serie di realtà di servizio, non comprese nel precedente elenco, che hanno comunque come obiettivo (diretto o indiretto) il sostegno della famiglia in difficoltà: è il caso dei centri di ascolto, notoriamente sensibili alla dimensione familiare; di vari luoghi e centri di erogazione di beni primari, rivolti a soddisfare le esigenze della famiglia; di alcuni servizi residenziali e non residenziali orientati all accoglienza della prima infanzia, ecc. Il censimento del 1999 non prevedeva la categoria servizi per famiglie e quindi non è possibile effettuare un confronto rigoroso con il passato. Limitando l analisi retrospettiva all unica categoria di servizi per famiglie sostanzialmente coincidente tra i due censimenti, si verifica che i consultori familiari/centri aiuto per la vita sono passati dai 168 censiti nel 1999 ai 371 del 2009 (+121%) I servizi per gli immigrati Una ulteriore dimensione di interesse si riferisce ai servizi che svolgono attività principale a favore di immigrati. Si tratta di un aspetto ambivalente, su cui sono disponibili varie chiavi di lettura. Da un lato, le tendenze più innovative nel campo socio-assistenziale vedono con favore il superamento dei tradizionali approcci categoriali dei servizi, a favore di un approccio trasversale nei confronti di fasce di utenza differenziate (tra cui gli stessi immigrati). Allo stesso tempo, l oggettiva unicità di alcuni problemi che riguardano cittadini stranieri spinge inevitabilmente verso la specializzazione di determinate prestazioni. Nel complesso, i servizi rivolti a favore di immigrati sono 352, pari al 2,5% del totale 27. Nel 1999 i servizi destinati ad essi, in quanto utenti prevalenti, erano risultati 925, pari all 8,9% del totale di quelli rilevati. Nel corso di dieci anni si assiste quindi ad una diminuzione dei servizi specialistici per gli immigrati, sia in termini assoluti che percentuali. Tale diminuzione è stata probabilmente compensata da un progressivo allargamento dei servizi ordinari ad un utenza anche straniera. Specificatamente dal punto di vista sanitario, dal 1998 gli immigrati sono stati inseriti a pieno titolo nel sistema pubblico di tutela della salute, anche se, in particolare per coloro senza permesso di soggiorno, si è assistito negli anni ad una diversificazione regionale nell accessibilità ai servizi sanitari. Ciò ha prodotto, pur nel ridimensionamento dei servizi per gli immigrati, un consolidamento di quelle strutture assistenziali che storicamente avevano fatto emergere la necessità di un diritto all assistenza sanitaria senza esclusioni e una progressiva nuova specializzazione assistenziale (ambulato- 26 Si tratta di un tipo di attività aggiunta rispetto alla classificazione adottata sulla base delle informazioni integrative fornite dai rilevatori e della loro rilevanza 27 Cfr. Tabella 6 a pag. 13. ~ 21 ~

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