Giuditta ALESSANDRINI - UNIVERSITÀ ROMA TRE

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1 Giuditta ALESSANDRINI - UNIVERSITÀ ROMA TRE Buongiorno a tutti. Il mio intervento potrebbe essere considerato un po una sorta di ritorno al futuro, perchè come diceva anche la Dott.ssa Alfonsi l esperienza Campus One è stata molto importante. Grazie a questo progetto furono spezzati degli stereotipi, immagini legate ad un università chiusa, arroccata nel suo specifico autoreferenziale, si aprirono le porte delle università al territorio, agli enti, alle agenzie, alle associazioni. Quindi, credo che Campus One sia stata un esperienza particolarmente significativa. L unico gap è che, in effetti, in Italia bisogna spesso ricominciare da capo; potrebbe essere importante, invece, riprendere e sviluppare i risultati raggiunti. Il popolo Campus One (così ci definivamo) amava incontrarsi, ragionare, riflettere; non soltanto l ambito del management universitario era un ambito molto importante e su cui si è lavorato, ma in realtà si è creata una professionalità nuova e si è iniziato anche a pensare e riflettere in merito a tutto il discorso sulla qualità dell offerta formativa. Penso proprio alla qualità dell offerta formativa, alla qualità dei corsi, alla qualità, per esempio, di tutto il terzo livello della formazione universitaria (il cosiddetto terzo ciclo) che non è stato assolutamente affrontato. Svilupperò, dunque, un discorso di ritorno al futuro e partirò da una riflessione dal punto di vista se volete un po simbolico. Vorrei riflettere, infatti, su come dovrebbero essere impostati i rapporti università-imprese e sulla lezione dall esperienza Campus One, che ha caratterizzato la visione di questa dualità università-impresa. Naturalmente mi accingo a raccontare aspetti ed esperienze ma anche narrare le emozioni che carpiscono i ricordi di quelle persone che hanno lavorato, sia su Campus One che su altri progetti, e direi che tutti coloro che lavorano nell ambito del tirocinio in qualche modo vivono come logiche cogenti l esigenza di aprirsi, di interagire col mondo del territorio; non sempre però questo capita per molti nostri colleghi, per molte altre realtà che hanno

2 esigenze diverse, che per tutta una serie di motivi, anche storici, sono collegate ad una visione di un sistema universitario ancora particolarmente chiuso. Un altra cosa interessante su cui riflettere riguarda il fatto che il Rettore nell ultima relazione di apertura dell anno accademico abbia sottolineato che i comitati di indirizzo, elaborati e sviluppati in passato, sono stati l elemento portante dei rapporti università-territorio. Gli stessi protocolli d intesa che hanno reso possibile lo sviluppo di opportunità di tirocinio e di stage sono nati all interno di questa apertura di relazioni fiduciarie resa possibile dal fatto di entrare a far parte di un organismo il Comitato di Indirizzo, non pletorico, ma percepito come ambiente in cui si confrontavano interagendo persone e strutture. E indubbio che l università debba considerarsi al centro della traiettoria di modernizzazione dei paesi europei. Un università che sia aperta al territorio, un università che venga percepita come motore del sistema di ricerca e di sviluppo locale, oltre che come erogatore di un offerta formativa. Non è un caso che attualmente nel linguaggio dell Unione Europea più recente (mi riferisco appunto alla programmazione che riguarda l arco di tempo ) si parli di ciclo di vita e, quindi, anche di offerte di apprendimento permanente, di formazione continua, di lauree specialistiche e anche di terzo livello: dottorati e assegni di ricerca. Oggi si è parlato poco del mondo della ricerca, ma è indubbio che anche il tirocinio e gli stage debbano correlarsi al gioco delle opportunità che devono essere individuate per favorire nuove chances di inserimento professionale a tutti i livelli anche in ambito di ricerca, che registra anche un andamento non di certo positivo, e purtroppo il fatto che molti nostri giovani talenti devono emigrare, appunto, per poter avere maggiori opportunità professionali di lavoro in questo settore ne è una conferma. L esigenza di migliorare, in sostanza, il rapporto università-impresa non è un optional per l università, bensì è un elemento molto importante che risulta facente parte nel quadro delle politiche europee.

3 Il focus del nostro discorso sugli stage e i tirocini che può sembrare prevalentemente di tipo organizzativo e logistico è fondamentale, perché è lì che va ad impattare, proprio su questo rendere possibile un processo di modernizzazione non soltanto a livello nazionale, ma anche a livello locale. E non è un caso che oggi si rifletta molto sul fatto che in un economia delle reti, la creazione del valore sia possibile attraverso queste relazioni fiduciarie che possono emergere tra il mondo produttivo e il mondo che produce il sapere e sviluppa offerta formativa come l università. Recentemente in occasione di un convegno AlmaLaurea - insieme ad una collega economista - abbiamo elaborato una relazione proprio su questo tema, ancora poco dibattuto, di come sia importante per le università attrarre il mondo sociale e produttivo delle imprese anche piccole e medie (non soltanto le grandi) e anche quelle che producono ricerca. Bisogna attrarre questo mondo non soltanto creando le condizioni per farci conoscere, ma anche fornendo le opportunità per poter stabilire una relazione fiduciaria. L università deve produrre beni fiduciari che considerino possibile, da parte delle imprese, investire anche nell università ed erogare dei flussi finanziari sui quali la nostra esigenza risulta fondamentale. Quindi, l università come nodo all interno di un sistema complesso che comprende imprese e Pubblica amministrazione, ma anche il mondo produttivo come cliente collettivo della stessa. Sembrerebbe un espressione un po anomala, ma bisogna rifletterci per comprendere che forse bisogna iniziare a cambiare prospettiva, mutare stereotipi ancora esistenti proprio rispetto a questa sfiducia, a questa difficoltà di ricezione delle rispettive esigenze, e vedere il mondo produttivo come cliente collettivo sia per la certificazione delle competenze quanto per le opportunità concrete di creare innovazione: un università che emerga come fattore propulsivo in quest ambito che ormai consideriamo effettivamente esistente, reale, che è quello della cosiddetta economia della conoscenza. Per fare un esempio, il prof. Lucisano non ama particolarmente il termine capitale umano, pur nella consapevolezza che già fosse iscritto nel linguaggio

4 europeo, pur considerando l assunto che la stessa persona o meglio le persone sono le fabbriche di questo capitale. Non ci dimentichiamo che il concetto di innovazione presenta alla radice un carattere sociale, nasce nel milieu sociale, nel circuito locale in cui è inscritta la Pubblica amministrazione, l Università della Tuscia, l Università di Cassino, l Università di Roma Tre. Occorre, pertanto, rileggere i rapporti che legano università e territorio comprendendo i molteplici elementi che caratterizzano questo aspetto, i cui tirocini costituiscono un capitolo fondante in questa nuova logica. Certo, il discorso sarebbe più lungo e più ampio, ma l intento deriva dalla necessità di sottolineare il fatto che oggi bisogna ricominciare a pensare e creare ex novo i comitati di indirizzo nella consapevolezza che non si tratta di fare qualcosa di pletorico, qualcosa di fiscale, qualcosa di formale, bensì qualcosa di previsto dalla cosiddetta riforma della riforma, in maniera cogente. A tal proposito, è doveroso ricordare che nella tanto citata Legge 509 era facoltativo il comitato di indirizzo, il famoso articolo 11 rendeva facoltativa la possibilità di creare questi organismi di consultazione. Poi cosa avvenne? Che Campus One per stimolare la sperimentazione introdusse l elemento di necessità, cioè i corsi di laurea. Gli Atenei che volevano sperimentare Campus One e, quindi, accedere ai finanziamenti dovevano applicare questo famoso articolo 11 della Legge 509, e questo fu un escamotage utile proprio perché furono gli stessi comitati ad iniziare il processo di strutturazione e di organizzazione del circuito degli Atenei. Ricordo che ci fu anche una riflessione complessiva della CRUI in merito ai comitati; il progetto Campus One riguardava 70 Atenei e circa 54 di questi avevano attivato i comitati di indirizzo per un biennio o un triennio. Fu la prima volta in realtà, anche con molte paure, con molte attese talvolta malvissute, che gli Atenei aprirono le loro porte ai comitati. Con quali conseguenze?

5 In particolare, i principali rischi erano stati riscontrati nel quadro dell offerta formativa, nelle tipologie di profili professionali stabiliti come uscita dei trienni. Indubbiamente, in quel periodo si stava iniziando a pensare, addirittura a strutturare, diciamo, la filosofia organizzativa delle nuove lauree. Oggi, invece, la situazione è molto diversa; evidentemente i dubbi, i sospetti e le paure circa l interazione università-impresa probabilmente sono ferite ormai rimarginate. Possiamo riscontrare che in qualche modo si è sedimentata un abitudine al confronto con il mondo del lavoro grazie anche ai tirocini, grazie all organizzazione di queste attività, che abbiamo visto, difficili e complesse nei diversi atenei. Se prendiamo in considerazione i dati Almalaurea del IX Rapporto, possiamo notare con facilità come la percentuale dei laureati, a partire dal 2000, sia notevolmente aumentata. Ad esempio, si è registrato un incremento di sei punti percentuali riguardo la categoria dei giovani studenti 23enni che hanno concluso con profitto il percorso triennale di studi. Occorre però aggiungere che quanto detto costituisce il motivo o meglio la difficoltà di soddisfare tutte quelle esigenze riferite alla possibilità di assicurare a giovani laureati forme di interazione precoce con il mercato del lavoro attraverso gli strumenti degli stage e dei tirocini formativi. Si registra una situazione anche diversa per quanto riguarda l ambito del lavoro perché la stessa L. 30, operativa ormai da due anni, in qualche modo ha creato pur tra luci e ombre delle premesse per migliorare il dialogo universitàimpresa. È indubbio dunque che la sperimentazione resa possibile in precedenza debba diventare una strategia di interazione costante; questo è un po quello che voglio sottolineare, ripeto, non soltanto per le lauree triennali, perché quest ultime erano un obiettivo fondamentale di Campus One, ma estese anche per gli altri cicli di studio.

6 Allora, cosa si fece in passato a Roma Tre? E quali premesse potevano essere considerate come base di partenza del lavoro di costruzione dei Comitati di Indirizzo? Come prima cosa, ci fu un decreto rettorale che sancì il comitato, la cui fase di preparazione e di organizzazione apparve molto complessa. Il comitato era composto da una parte di membri interni, che erano i presidenti dei corsi di laurea, il membro del nucleo di valutazione, un rappresentante del Senato, della Commissione Didattica e poi un gruppo di rappresentanti di associazioni ed enti tra cui Confindustria, Confabi, l ABI, il CNR, il CNEL, il MIUR. Naturalmente veniva considerato come un comitato aperto, che avrebbe poi dovuto anche consolidarsi ma, viceversa, si è verificata un interruzione con la chiusura del Progetto Campus One. L obiettivo fondamentale, dunque, era quello di garantire la validazione dell offerta formativa curriculare nel e per il territorio. Per certi versi, diciamo, che c era anche l esigenza di garantire in qualche modo la codifica, l approvazione, il consenso da parte degli stakeholders perché così venivano considerati questi membri del mondo produttivo e sociale - dell offerta curricolare. Naturalmente, possiamo ben capire la difficoltà di questo processo, anche perché si iniziava a considerare parte integrante del corso di laurea la definizione degli obiettivi, aprendo così la strada anche alla cosiddetta ECTF, citata precedentemente. Quindi, è stato un lavoro in qualche modo antesignano che ha, ripeto, creato quelle condizioni che oggi devono essere riaperte. Si è portato avanti anche un lavoro interessante di rilettura dei fabbisogni formativi, nel senso che i rappresentanti di queste associazioni venivano a farsi testimoni di quelle che erano le problematiche dell analisi dei fabbisogni formativi per le professioni. Immaginate la complessità della questione per le famiglie professionali del settore bancario o per le famiglie professionali di chi opera nella piccola e media impresa. Si è poi dato sostegno anche all attività dell allora Servizio per l orientamento, che si chiamava Roma Tre Orienta, servizio che era stato avviato anche per

7 sviluppare attività di job placement, fino allo sviluppo di una serie di accordi e di protocolli che in realtà poi hanno generato notevoli opportunità di buone pratiche di interazione. In sostanza, la gran parte dei rapporti con le aziende prima di Campus One era considerata una sorta di tesoretto sviluppatosi grazie a contatti diretti di singoli docenti, di singoli presidi o presidenti e, quindi, il fatto che a livello di ateneo si voleva attivare un processo di regolamentazione non per interesse di controllo, ma per portare a sistema tutta una serie di iniziative, divenne un attività di un certo valore simbolico. E allora, cosa bisogna fare oggi? Quali sono le lezioni dell esperienza? Qui rientra in gioco la metafora utilizzata all inizio dell intervento: un Ritorno al futuro. E indubbio che vada consolidata una cultura della condivisione, forse i comitati di indirizzo erano uno strumento troppo agile, troppo leggero, forse bisognerebbe parlare di Consulta. In Confindustria, per esempio, si parla di Consulte di Ateneo e Comitati di Indirizzo di corsi di laurea. Sta di fatto che bisogna indubbiamente consolidare questa cultura della condivisione, ma immaginare anche nuove strutture permanenti che possano essere mirate in maniera specifica alla cooperazione tra università e mondo produttivo. Quali debbano essere queste strutture è una materia in cui c è molto da inventare, molto da progettare anche pensando alle eccellenti esperienze all estero, che peraltro sono osservate sistematicamente anche da Confindustria. La dimensione locale è fondamentale, si è detto in partenza di questo seminario, il territorio è soprattutto una dimensione locale e, quindi, è importante creare anche situazioni legate ai piani zonali, ai piani di sviluppo regionale e, non per ultimo, ai flussi finanziari che sono, si spera come è stato detto prima abbastanza consistenti. Grazie.

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