Unità 2 DANTE E MARCO LOMBARDO Dove si spiega il significato di «dilatazione dei tempi» e «contrazione delle lunghezze»

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1 IL TRENO DI EINSTEIN Lo sopo di questo Modulo di 10-1 ore è quello di iniziare gli studenti he hanno ompletato lo studio della Fisia Classia e dell'elettromagnetismo ai misteri della Fisia Moderna, a partire dal suo primo grande suesso in ordine ronologio: la Teoria della Relatività Ristretta di Einstein Prerequisiti Conosenze Il seondo prinipio della Dinamia I fondamenti della Relatività galileiana Il onetto di energia inetia La propagazione della lue Esperienze per la misura della veloità della lue Le equazioni di Maxwell Competenze Saper risolvere problemi di Fisia riguardanti i prinipi della Dinamia Saper appliare orrettamente le trasformazioni di Galileo Per gli approfondimenti, saper appliare il alolo differenziale alla risoluzione di problemi di Fisia Introduzione: le trasformazioni galileiane Albert Einstein: un esempio di quanto può il pensiero umano (Tempo: 1 ora inluso il rihiamo dei Prerequisiti) Unità 1 A CACCIA DELL'ETERE Dove si spiega ome e perhé, a partire da un esperimento apparentemente fallito, sorse la neessità di mandare in pensione le trasformazioni di Galileo 1.1 Una repa nel palazzo di ristallo 1. Il "vento d'etere" non esiste! Approfondimento: Analisi quantitativa dell'esperienza di Mihelson Lettura: Sull'elettrodinamia dei orpi in movimento (A.Einstein) Test di verifia (Tempo: 1 ora + 0,5 ore per approfondimento) Unità DANTE E MARCO LOMBARDO Dove si spiega il signifiato di «dilatazione dei tempi» e «ontrazione delle lunghezze».1 I postulati di Einstein. L'orologio a lue.3 I paradossi della Relatività.3 È più orto il treno o la pensilina? Lettura: Critia del onetto di simultaneità (A.Einstein) Eserizi e test di verifia (Tempo: ore) Unità 3 LA CORSA DELLA REGINA ROSSA Dove si spiega ome nasono e ome si appliano le nuove trasformazioni di Lorentz 3.1 Le trasformazioni di Lorentz 3. La omposizione delle veloità 3.3 La sirena osmia 3.4 La bambola russa

2 Lettura: L'espansione dell'universo (S.Weinberg) Eserizi e test di verifia (Tempo: ore) Unità 4 UN CHILO DI ENERGIA Dove si spiega finalmente perhé non si può superare la veloità della lue, on buona pae di Star Trek e dei suoi miti, e osa signifia la eleberrima equazione E = m 4.1 Come ingrassare senza mangiare 4. La massa è energia 4.3 Materializzazione ed annihilazione 4.4 Partielle senza massa Approfondimento: Analisi quantitativa della Dinamia Relativistia Lettura: L'antimateria va a ritroso nel tempo (P.Davies) Eserizi e test di verifia (Tempo: ore + 0,5 ore per approfondimento) Unità 5 IL CONO DI LUCE Dove si spiega (on rammario) perhé la mahina del tempo resterà per sempre un sogno della fantasienza 5.1 La mahina del tempo 5. Un ono a... quattro dimensioni Lettura: La freia del tempo (S.Hawking) test di verifia (Tempo: 1 ora) FAQ Verifia finale (1 ora) Eventuale reupero (1 ora) Bibliografia, Sitografia, Credits Supporto online Il modulo è progettato per una lasse quinta Lieo Sientifio o per una lasse terza Lieo Classio PNI. Sono possibili sinergie on il programma di Geografia Astronomia. I testi di riferimento sono quelli itati nell'ampia bibliografia, e si invitano gli alunni a far uso della sitografia o a erare essi stessi siti orrelati mediante i motori di riera.

3 0.1 Le trasformazioni galileiane Galileo Galilei ( ) aveva intuito he non é possibile, solo on esperimenti di meania, rivelare se un sistema é fisso, o si muove di moto rettilineo uniforme: osì infatti egli stesso srisse nella Giornata Seonda del suo «Dialogo sui Massimi Sistemi del Mondo», (163): «Riserratevi on qualhe amio nella maggiore stanza he sia sotto overta di alun gran navilio, e quivi fate d'aver moshe, farfalle e simili animaletti volanti; siavi ano un gran vaso d'aqua, e dentrovi de' pesetti; sospendasi ano in alto qualhe sehiello, he a goia a goia vadia versando dell'aqua in un altro vaso di angusta boa, he sia posto a basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente ome quelli animaletti volanti on pari veloità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesi si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille adenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all'amio aluna osa, non piú gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte he verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando voi, ome si die, a piè giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate he avrete diligentemente tutte queste ose, benhé niun dubbio i sia he mentre il vassello sta fermo non debbano sueder osí, fate muover la nave on quanta si voglia veloità; hé (pur he il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non rionoserete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da aluno di quelli potrete omprender se la nave ammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii he prima né, perhé la nave si muova veloissimamente, farete maggior salti verso la poppa he verso la prua, benhé, nel tempo he voi state in aria, il tavolato sottopostovi sorra verso la parte ontraria al vostro salto; e gettando aluna osa al ompagno, non on piú forza bisognerà tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso poppa, he se voi fuste situati per l'opposito; le goiole adranno ome prima nel vaso inferiore, senza aderne pur una verso poppa, benhé, mentre la goiola è per aria, la nave sorra molti palmi; i pesi nella lor aqua non on piú fatia noteranno verso la preedente he verso la sussequente parte del vaso, ma on pari agevolezza verranno al ibo posto su qualsivoglia luogo dell'orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le moshe ontinueranno i lor voli indifferentemente verso tutte le parti, né mai aaderà he si riduhino verso la parete he riguarda la poppa, quasi he fussero strahe in tener dietro al veloe orso della nave, dalla quale per lungo tempo, trattenendosi per aria, saranno state separate...» Ciò vuol dire he le diiture "orpo in quiete" e "orpo in moto rettilineo uniforme" avevano un signifiato meramente onvenzionale. Due sistemi in moto relativo l'uno rispetto all'altro si diono INERZIALI se in essi valgono le stesse leggi della meania; i sistemi he si muovono l'uno rispetto all'altro di moto rettilineo uniforme sono dunque inerziali. Il prinipio di relatività galileiana afferma quindi l'assoluta equivalenza fisia di tutti i sistemi di riferimento inerziali: nessun esperimento eseguito all'interno di un dato sistema di riferimento può evidenziare il moto rettilineo ed uniforme dello stesso sistema, o, in altre parole, le leggi fisihe soperte da sperimentatori he lavorino in laboratori in moto relativo rettilineo ed uniforme devono avere la stessa forma. Si tratta ora di riavare le formule he legano le oordinate spazio temporali di uno stesso evento visto da due diversi riferimenti e di provare he le leggi della fisia sono invarianti, nella forma, al passaggio da un riferimento all'altro; si tratta ioè di tradurre in formule il ontenuto di questo prinipio. Consideriamo allo sopo un sistema di assi artesiani ortogonali, ed un altro he si sposta rispetto ad esso on veloita' ostante V in modo due riferimenti, O ed O', di ui O' mobile rispetto ad O di moto rettilineo uniforme, on veloità. Si supponga he gli osservatori solidali ad O ed O' siano dotati di due orologi per la misura dei tempi sinronizzati tra loro in modo he, per esempio, quando O oinide on O' entrambi gli orologi segnino zero. Non è restrittivo supporre he gli assi x e x' siano sovrapposti e sivolino l'uno sull'altro, in modo he v sia parallela ad essi, mentre gli altri (y e y', z e z') restano paralleli fra di loro. Si onsideri un erto evento fisio he avviene in un punto P on oordinate ( x, y, z ) e ( x', y', z' ) rispetto a O ed O' ri-

4 spettivamente, e negli istanti t e t' misurati dai due osservatori. Tenendo onto he OO' = v 0 t e he sembra ovvio supporre t' = t, dalla figura sopra segue subito he valgono le osiddette trasformazioni galileiane: x = x' + OO' = x' + v 0 t' y = y' z = z' t = t' (0.1) Bisogna hiarire fin d'ora he questi sistemi di riferimento sono SISTEMI A QUATTRO COOR- DINATE: ogni punto di essi è definito da tre oordinate nello spazio e da una nel tempo, misurate le prime tre rispetto a un'origine spaziale, la quarta rispetto a un istante iniziale t = 0. Osserviamo in partiolare he la quarta di queste formule è sempre stata ritenuta evidente, e lo è anora oggi nella vita pratia. La negazione dell'ipotesi (perhè si tratta di un'ipotesi e non di una proprietà dimostrata sperimentalmente!) he gli orologi dei due osservatori debbano segnare lo stesso tempo ostituise, ome vedremo, uno degli aspetti innovativi della relatività einsteniana. Adesso passiamo alle veloità. Se un orpo si muove on veloità ostante v rispetto a K, quale veloità v' avrà rispetto a K', sapendo he il sistema O' si muove rispetto ad O on veloità v 0, detta veloità di trasinamento? Lo riaviamo immediatamente dividendo membro a membro la prima e la quarta delle trasformazioni di Galileo, e tenendo onto he: x / t = v (in K ) x' / t' = v' (in K') si ha allora: v = v' + v 0 (0.) Queste si diono formule per la omposizione delle veloità. Vedremo he anh'esse dovranno

5 variare ompletamente, non appena saranno introdotti i postulati di Einstein. Faiamo un esempio. Si supponga di essere su un arrello in movimento a 60 Km / h, e di aliare un pallone a 40 Km / h. Se lo si alia nella direzione del moto, esso si muoverà (rispetto alla terra) a una veloità di 100 Km / h; se lo si alia invee in direzione opposta al moto, il pallone si muoverà a soli 0 Km / h. La (0.) i ondue a onludere he, detta v = v v1 la variazione di veloità nel sistema O, si ha: v' = v' v' = v v v v = v v = ( ) ( ) v E quindi, dividendo il primo e l'ultimo membro per a = a' t e riordando he a = v / t : Se teniamo onto del fatto he la massa dei orpi è un invariante, utilizzando l'equazione fondamentale della Dinamia, onluderemo he he la forma delle equazioni non dipende dal riferimento. Una modifia delle trasformazioni di Galileo deve portare neessariamente ad una modifia della Equazione fondamentale della Dinamia, se vogliamo salvare il prinipio di Relatività. Questa modifia ostituise uno dei tanti pilastri della teoria della relatività he, oorre sottolinearlo fin dal prinipio, non ha negato la validità del Prinipio di Relatività Galileiana, ma solo delle formule di passaggio da un riferimento ad un altro: ome diremo nel paragrafo 1., il Prinipio è anzi stato esteso a TUTTI i fenomeni, e non solo a quelli meanii! Quelli or ora desritti sono i fondamenti della osiddetta relatività galileiana. Ma allora, sulla sorta di essa, ha anora senso parlare di MO- TO ASSOLUTO? O piuttosto tutto é relativo al sistema di riferimento? Riflettiamoi su un momento. Uno dei (tanti) problemi he assillavano i primi filosofi era il seguente: se la terra é sferia, perhé gli abitanti degli antipodi non adono? Come fanno a stare a testa in giù? Sempliissimo: essi non stanno affatto a testa in giù. Anzi, rispetto a loro, siamo noi a stare a testa in giù. Che senso ha parlare di SU e di GIÙ? Dipende dal punto in ui i poniamo sulla superfiie terrestre: per noi sono a testa in giù gli antipodi, per loro é l'esatto vieversa. Allo stesso modo, osa vuol dire PRIMA e DOPO, senza un punto di riferimento assoluto, he ioè abbia per tutti il medesimo signifiato? Per farsene un'idea, si osservi la figura a fiano: é la famosissima sala di Shröder. Essa è diritta o é apovolta? Quale delle sue due pareti é più viina all'osservatore? La sola possibile risposta é: DIPENDE. Già, dipende dal punto di vista. Se la sala é pensata diritta, ese dal foglio la parete in basso; se il ervello di hi guarda la vede apovolta, la parete he prima i sembrava davanti arretra, ed é l'altra a venire in rilievo. In realtà, la stessa mente tende a vedere la stessa sala ora dritta, ora rovesiata, tanta he, dopo un po' he la si osserva, pare apovolgersi spontaneamente. La sala é la stessa, ma é vista in due modi diversi in due possibili sistemi di riferimento! Lo stesso può dirsi per un altro famoso dipinto "indeiso", e ioé la ariatura di donna disegnata da

6 E.Hill nel lontano 1895 ed illustrato qui sotto. La donna é vehia o é giovane? In verità, essa é sia l'una he l'altra allo stesso tempo. Infatti l'ohio, il naso, la boa della donna vehia si trasformano rispettivamente nello orehio, nel mento e nel ollier della donna giovane. Noi vediamo l'una o l'altra delle due a seonda di quello he vogliamo guardare. La vehia e la giovane i appaiono ome aspetti diversi di una stessa realtà: una realtà RELATIVA, per l'appunto, al modo di guardare. In termini fisii, relativa al sistema a ui si faia riferimento. La sala é dritta o apovolta, la donna piaente o inartapeorita a seonda di ome noi lo guardiamo, e non perhé queste qualità sono intrinsehe nell'oggetto in esame. Ogni teoria fisia he si rispetti è in attesa di un fatto sperimentale he ne neghi la validità e he ondua all'elaborazione di una nuova teoria di portata più ampia e generale e he inluda la preedente ome aso partiolare. La relatività galileiana or ora rihiamata è forse l'esempio più elatante di questa tendenza ed è ertamente una delle teorie he più d'ogni altra hanno resistito tenaemente all'usura del tempo: i sono voluti quasi treento anni di progresso sientifio e tenologio per evidenziarne i limiti e perhé si avvertisse l'esigenza di ideare una teoria più ampia he spiegasse la totalità dei fenomeni fisii aquisiti alla onosenza umana. La TEORIA DELLA RELATIVITÀ, elaborata dal grande fisio tedeso Albert Einstein ( ), la ui vita ho narrato a parte, ha il suo fondamento proprio nello smasheramento dell'assoluto nella Fisia. La Fisia Classia sosteneva l'esistenza di grandezze immutabili e aratteristihe di iasun orpo, inseparabili da esso perhé onnaturate nel suo essere: la lunghezza e la massa, in primo luogo. Einstein, on inredibili olpi di genio, smitizzò aluni tra i fondamentali postulati della fisia lassia ed aprì la strada ai più arditi sviluppi della fisia moderna. Ed é proprio iò di ui questo modulo intende ouparsi. Nell'unità 1 vedremo quali fondamenti teorii ed empirii ostrinsero i fisii ad abbandonare le ormai onsolidatissime ertezze della Fisia Classia; nell'unità vedremo quali novità Einstein dovette introdurre perhé le previsioni teorihe tornassero a ombaiare on i risultati sperimentali. Nell'unità 3 vedremo quali nuove trasformazioni hanno soppiantato quelle galileiane. Nell'unità 4 passeremo dalla Cinematia alla Dinamia risritta seondo i preetti del genio di Ulm. Chiuderemo infine, nell'unità 5, on un utile divertissement legato al ono di lue ed ai viaggi nel tempo. Al termine di ogni unità lo studente potrà affrontare un erto numero di eserizi e di test, e deidere se è pronto o meno a svolgere le attività suessive; in aso di risposta negativa, è stato approntato un perorso di reupero.

7 0. La grande sintesi di Maxwell È impossibile omprendere la rivoluzione operata da Einstein senza prima rihiamare alune importanti nozioni di elettromagnetismo. I prinipi fondamentali di questa vasta teoria furono stabiliti nel orso del seolo XIX dai fondamentali lavori di Charles-Augustin de Coulomb ( ), Hans Christian Oersted ( ), André- Marie Ampère ( ), Joseph Henry ( ) e soprattutto di Mihael Faraday ( ). I loro risultati furono poi sintetizzati da Carl Fredrih Gauss ( ) nei seguenti due teoremi, he stabilisono i primi due prinipi fondamentali dell'elettromagnetismo: 1) Un orpo ario produe nello spazio irostante delle linee di forza elettrihe, il ui flusso attraverso una superfiie hiusa è pari alla somma delle arihe poste al suo interno divisa per la ostante dielettria. ) Una orrente elettria he irola in un onduttore produe delle linee di forza magnetihe attorno al onduttore, il ui flusso attraverso una superfiie hiusa è sempre nullo. La prima affermazione è detta Teorema di Gauss del ampo elettrio, e matematiamente si può srivere osì: (0.3) mentre la seonda viene detta anhe Teorema di Gauss del ampo magnetio: (0.4) dove la lettera grea Φ india il flusso attraverso la superfiie S. Il primo teorema ha il seguente signifiato fisio: esiste il monopolo elettrio, ioè la aria elettria singola, ed essa è sorgente di ampo elettrio. Il seondo teorema i die invee he il ampo magnetio è solenoidale, ovvero he le linee di forza sono sempre hiuse, e NON esiste il monopolo magnetio. Spezzando un magnete in due, infatti, trovo sempre due magneti dotati entrambi di polo Nord e polo Sud. E' a questo punto he fa irruzione nella storia della sienza il grande fisio e matematio sozzese James Clerk Maxwell ( ). Negli anni tra il 1860 ed il 1870 egli sviluppò una teoria matematia dell'elettromagnetismo nella quale partì dai due teoremi suddetti, oggi noti ome PRIMA e SECONDA EQUAZIONE DI MAXWELL. Egli propose un modello onniomprensivo per visualizzare le relazioni esistenti tra le grandezze elettrihe e magnetihe osservate sperimentalmente da Faraday e soi. Egli lo desrisse matematiamente attraverso un sistema di equazioni, oggi note ome Equazioni di Maxwell, dalle quali si possono ottenere tutte le proprietà dei ampi elettrii e magnetii. Il lavoro di Maxwell ontiene alune idee ompletamente nuove e rihe di onseguenze: a) un ampo elettrio variabile nel tempo genera un ampo magnetio. b) non solo le orrenti nei onduttori produono dei ampi attorno ad essi, ma anhe i ampi e- lettrii variabili nel vuoto produono dei ampi magnetii. Il genio di Edimburgo ragionò ome segue. Sia un iruito ontenente un ondensatore, ome quello illustrato nella figura a fiano; in regime di orrente ontinua, il iruito risulta ovviamente aperto, ioè non passa aluna aria elettria, e la iruitazione del ampo elettrio alolata lungo il

8 perorso hiuso 1 è nulla sia prendendo in onsiderazione la superfiie piana a he quella urva b, essendo nulla la orrente onatenata on le due superfii, ioè la orrente he le "bua" entrambe. Diverso è il disorso se la orrente i è variabile nel tempo. Infatti in questo aso il iruito dotato di ondensatore non è hiuso, e la iruitazione del ampo B lungo la linea l è pari, per il teorema della iruitazione di Ampére, al prodotto della orrente i per la permeabilità magnetia del vuoto µ 0. Allora, tale iruitazione è pari a zero se si prende in onsiderazione la superfiie b passante fra le armature del ondensatore, non "buata" da aluna orrente di onduzione, ed è invee pari a µ 0 i se si prende in onsiderazione la superfiie a. Questo paradosso può essere risolto solo ammettendo l'esistenza, nello spazio vuoto tra le due armature, di una orrente he non è di onduzione, non essendoi arihe da spostare materialmente, ma he agli effetti del teorema della iruitazione di Ampére è equivalente ad una orrente di onduzione. Maxwell identifiò tale orrente on quella he egli hiamò orrente di spostamento. Siome essa dipende dalla rapidità on ui varia la posizione delle arihe, egli onluse he essa deve essere direttamente proporzionale alla rapidità on la quale varia nel tempo il flusso del ampo elettrio attraverso una superfiie he ha ome ontorno il perorso l. E osì il grande fisio-matematio attribuì ad essa la seguente espressione: Di onseguenza la legge di Ampére-Maxwell sull'induzione magnetia, fino ad ora sritta nella forma C(B) = µ 0 i, deve essere osì modifiata: (0.5) perhé alla orrente di onduzione i va aggiunta quella di spostamento i s. Questa non viene più attribuita al solo André Marie Ampére ma, giustamente, è detta equazione di Ampére-Maxwell. e ostituise la TERZA EQUAZIONE DI MAXWELL. Certamente questa ipotesi potrà apparire ome un esamotage matematio volto a salvaguardare la veridiità del teorema di Ampére; la orrente è sempre stata intesa ome un moto di arihe elettrihe, siano essi elettroni (nei onduttori), ioni positivi e negativi (nelle soluzioni e nei gas), elettroni e laune (nei semionduttori); non si apise dunque, a prima vista, ome la formula he esprime i s possa essere definita una orrente. Ad un esame più approfondito, invee, emerge il profondo signifiato fisio dell'ipotesi di Maxwell: essa i die he il ampo magnetio he ironda la orrente di spostamento può essere onsiderato una onseguenza della variazione nel tempo del ampo elettrio. Seondo la teoria elaborata da Maxwell, insomma, i due prinipi fondamentali dell'elettromagnetismo, he abbiamo già riordato poo sopra e he erano già stati stabiliti da altri sienziati, dovevano essere integrati da un terzo:

9 3) un ampo elettrio variabile nello spazio produe un ampo magnetio. Il vettore B del ampo magnetio indotto sta in un piano perpendiolare al vettore E del ampo e- lettrio variabile e l'intensità di B dipende dalla rapidità on ui varia E. Consideriamo dunque una oppia di onduttori piani ollegati a un generatore di orrente, ome nella figura a sinistra. Mentre le arihe si avviinano o si allontanano dai piatti attraverso i onduttori ollegati alla orrente, l'intensità E del ampo elettrio nello spazio tra i piatti varia nel tempo. Come si è già visto, questo ampo elettrio variabile produe un ampo magnetio nel quale l'intensità del vettore in un dato istante varia on la distanza dai piatti. Cambiando segno alla aria sulle armature, e quindi il verso del ampo elettrio da a) a b), anhe le linee di forza del ampo magnetio indotto ambiano verso. Questo è il signifiato fisio della Terza Equazione di Maxwell. Un'altra proprietà dei ampi elettrii e magnetii, già nota prima di Maxwell, aquista un nuovo signifiato alla lue del suo lavoro, poihé risulta simmetria alla formulazione, enuniata po'anzi, del terzo prinipio: 4) un ampo magnetio variabile nello spazio produe un ampo elettrio. Questo fenomeno di induzione elettromagnetia era stato soperto sperimentalmente (mano a dirlo!) dal solito Faraday, ed infatti la legge matematia he la esprime è nota ome equazione di Faraday-Neumann (o di Faraday-Henry): (0.6) Essa signifia he la iruitazione del ampo elettrio indotto dal ampo magnetio variabile nel tempo è pari alla variazione nel tempo del flusso di tale ampo magnetio induttore. Il segno meno india he la orrente indotta ha segno opposto alla variazione di flusso he la produe, ed è nota ome legge di Lenz. Essa rappresenta un aso partiolare di una legge universale assai più generale, nota ome prinipio di Le Chatêllier ed esprimibile in questi termini: quando un sistema fisio viene perturbato, esso evolve nella direzione he tende a minimizzare la perturbazione avvenuta. Infatti, quando il flusso di B varia nel tempo, viene indotta una orrente elettria he a sua volta genera un ampo magnetio, il ui flusso ( per olpa di quel segno meno) varia in direzione opposta a quella del ampo B esterno. In tal modo, se quest'ultimo sta diminuendo la orrente indotta era di sostenerlo, mentre se sta aumentarlo era di tamponarne la resita. L'equazione di Faraday- Neumann e la legge di Lenz, prese assieme, ostituisono la QUARTA EQUAZIONE DI MA- XWELL. A partire dalle quattro equazioni di Maxwell (0.3) + (0.4) + (0.5) + (0.6), è possibile riavare in ogni punto il valore del ampo elettrio e del ampo magnetio, a patto di onosere: i) la distribuzione delle arihe nello spazio; ii) la distribuzione delle orrenti nei mezzi materiali o nel vuoto. L'insieme ompleto di relazioni tra i ampi elettrii e magnetii proposto da Maxwell non fu subito direttamente verifiabile. Egli, però, aveva previsto anhe un fenomeno del tutto nuovo, he avrebbe dovuto insorgere per effetto delle reiprohe interazioni tra ampi elettrii e magnetii variabili. Per apire di osa si tratta, supponiamo he in una erta regione di spazio ad un erto istante si determini una variazione del ampo elettrio, originato, per esempio, da un moto aelerato di arihe elettrihe. Nei punti immediatamente viini si produe allora, per la terza equazione di Maxwell, un

10 ampo magnetio anh'esso variabile nel tempo. La variazione del ampo magnetio, per la quarta equazione di Maxwell, origina nei punti immediatamente viini un ampo elettrio anh'esso variabile, e osì via. Nase in tal modo una perturbazione elettromagnetia he si propaga nello spazio. Il fatto he una variazione del ampo magnetio in un punto produe un ampo elettrio variabile era noto già prima di Maxwell, in quanto era previsto dalla legge di Faraday-Neumann; si pensava però he, allorhé un ampo magnetio brusamente diminuiva da un valore massimo a zero, altrettanto doveva fare il ampo elettrio e il tutto essava dopo un piolo intervallo di tempo dall'istante in ui si era annullato il ampo magnetio. La novità prevista da Maxwell onsiste nel fatto he il ampo elettrio ed il ampo magnetio generati dalla variazione nel tempo di uno dei due sono in grado di autosostenersi, ioè di propagarsi anhe se la variazione iniziale he li ha prodotti è venuta meno! Se ne onlude he, da una brusa variazione di un ampo elettrio o magnetio nel tempo, ha origine la propagazione di un impulso elettromagnetio, ioè di un'onda, hiamata per l'appunto onda elettromagnetia. Il valore della veloità di propagazione delle onde elettromagnetihe nel vuoto dato dalla (1.3), ome vedremo nel paragrafo 1., oinide on buona approssimazione on quello della veloità della lue, già noto dalle esperienze di Fizeau e Fouault. Questo fu un risultato lamoroso he mise in evidenza lo straordinario potere unifiante delle equazioni di Maxwell. Egli, avendo notato he le onde elettromagnetihe e la lue, oltre ad essere aratterizzate entrambe da vibrazioni trasversali, si propagano on la stessa veloità, avanzò l'ipotesi della natura elettromagnetia della lue, e osì l'ottia divenne un apitolo dell'elettromagnetismo. E susate se è poo

11 Albert Einstein: un esempio di quanto può il pensiero umano ALBERT EINSTEIN forma on Marx e Freud la famosa triade di intellettuali ebraii he traghettarono il pensiero moderno dalle sue posizioni illusorie e un po' farraginose del seolo XIX fino a quelle he hanno segnato, nel bene e nel male, la storia del seolo XX. Le sue soperte diedero infatti l'avvio alla Fisia Moderna, nonhé un ontributo ineguagliabile alla iviltà d'oggi, perhé le onquiste dell'elettronia e della mirobiologia non sarebbero mai state possibili senza la formulazione della meania quantistia, di ui Einstein fu uno dei fondatori, anhe se poi si rifiutò di aettarne fino in fondo i risultati; e la omprensione del funzionamento delle stelle e della struttura delle galassie e dell'intero universo non sarebbe mai deollata, senza la sua teoria della relatività generale. Vale la pena di onosere nei dettagli la sua vita, prima di entrare nel merito delle sue rivoluzionarie teorie. Einstein naque ad Ulm (nel Württemberg), da famiglia di origine ebraia, il 14 Marzo Da bambino a suola non andava affatto bene. Preferiva stare ad asoltare lo zio, ingegnere, he gli raontava i rudimenti della Matematia e delle Sienze, ome fossero favole. Nel 1894, quando Albert aveva solo 15 anni, la sua famiglia fu ostretta dalle ristrettezze eonomihe a lasiare l'impero Tedeso per trasferirsi a Milano, dove il padre lavorava in qualità di elettrotenio, e poi a Pavia. Dopo essere rimasto per ira un anno in Italia, emigrò in Svizzera, dove si isrisse al famoso Politenio di Zurigo. Qui, nel 1905, ompì studi ormai elebri sull'effetto fotoelettrio, una delle pietre angolari nella ostruzione della Teoria dei Quanti, nonhé sulla determinazione sperimentale del numero di Avogadro eseguita tramite l'osservazione del moto browniano e della veloità di sedimentazione delle soluzioni. Eppure, nonostante tutta questa sua intensissima elaborazione teoria, non trovò lavoro he all'uffiio brevetti di Berna. Solo nel 1910 onseguì l'abilitazione all'insegnamento di Matematia e Fisia; l'anno suessivo, ottenne la ittadinanza svizzera, he onservò poi fino alla morte. Nel 191, finalmente, gli aademii svizzeri si resero onto di trovarsi di fronte ad un genio, e gli assegnarono la attedra di professore ordinario di Matematihe Superiori nello stesso ateneo in ui si era laureato. Nel novembre 1913 gli fu offerto di insegnare Fisia nella prestigiosa Aademia prussiana delle Sienze di Berlino. L'anno dopo fu hiamato a dirigere l'istituto Kaiser Wilhelm per la fisia, aria he aettò di buon grado. La moglie però rifiutò di seguirlo nella Germania preipitata nella spirale bellia, e lo abbandonò. Egli non ne soffrì più di tanto, perhé pare avesse già in orso una relazione on la ugina Elsa, he poi avrebbe sposato; inoltre, era tutto preso dallo studio delle geometrie non eulidee, he presto gli avrebbero permesso la formulazione definitiva della Relatività. Nel 1916, infatti, pubbliò finalmente i risultati di oltre diei anni di studi nella memoria «Die Grundlagen der allgemeinen Relativitätstheorie» (I fondamenti della teoria della relatività generale), frutto di oltre diei anni di studi, he ompletava un preedente lavoro del 1905 on il quale a- veva gettato le basi dell'elettrodinamia relativistia (in pratia, quella he noi hiameremo la Teoria Speiale della Relatività), lavoro del quale parleremo nell'unità. Questi artioli lo feero onosere negli ambienti sientifii, e la sua fama rebbe fino al punto di meritargli nel 1919 il Premio Nobel per la fisia, he però, ome vedremo, gli fu assegnato per l'ipotesi fotonia on ui aveva spiegato l'effetto fotoelettrio, onfermando le teorie di Plank, e non per il suo olossale studio sulla relatività, l'unio per ui oggi invee è famoso. Tra il 1915 e il 1930 si stava sviluppando la teoria quantistia, he presentava ome onetti fondamentali il dualismo onda-partiella, postulato proprio da Einstein nel 1905, nonhé il prinipio di indeterminazione di Heisenberg, he fornise un limite intrinseo alla preisione on ui si può misurare una grandezza fisia. Einstein mosse diverse e signifiative ritihe alla nuova teoria e parteipò attivamente al lungo e tuttora aperto dibattito sulla sua ompletezza; in partiolare, mosso dalle sue onvinzioni filosofihe e religiose, si rifiutò di aettare fino in fondo le onseguenze dell'impostazione intrinseamente probabilistia della Meania Quantistia, sulla base della eleberrima affermazione: "Dio non gioa a dadi on il mondo". In Germania rimase fino al 1933 quando, intuendo il periolo insito nell'asesa al potere di Adolf Hitler, deise di emigrare negli Stati Uniti, dove divenne professore all'institute for Advaned Stu-

12 dies di Prineton. Qui prese anhe la ittadinanza ameriana, nel 1940, ed insegnò fino al 1945, anno in ui si ritirò dall'attività aademia. Qui però diede anhe l'avvio al famoso progetto Manhattan, on Fermi e Oppenheimer, progetto he portò allo sganiamento di due ordigni atomii sulle ittà nipponihe di Hiroshima e Nagasaki. Convinto paifista, si rifiutò di parteipare ad esso in prima persona, ma fu proprio in seguito alla lettera di Einstein del Agosto 1933 he il presidente ameriano Franklin Delano Roosevelt si onvinse della possibilità di realizzazione della bomba termonuleare. Probabilmente è questa la ragione per ui, divorato dai rimorsi, nel dopoguerra Einstein si impegnò ol matematio inglese Bertrand Russell ( ) in una ampagna paifista, ontraria a qualunque uso bellio della sienza e a qualunque disriminazione razziale. Proprio una settimana prima della sua morte, firmò insieme ad altri sette premi Nobel un doumento ontro la proliferazione delle armi nuleari, he (ome giustamente è stato detto) ostituise il suo testamento spirituale, una sorta di messaggio postumo all'umanità. In esso, tra l'altro, si legge: «Noi rivolgiamo un appello ome esseri umani ad esseri umani: riordate la vostra umanità e dimentiate il resto. Se sarete apai di farlo è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti si spalana davanti a voi il rishio della morte universale» Giustamente uno srittore ha definito Einstein "uomo dal volto di artista e di profeta he disprezzava la violenza e la guerra"; lui, membro di una razza disprezzata e perseguitata, piolo uomo della provinia tedesa, atapultato a apofitto nei più luttuosi eventi del nostro seolo, quando avrebbe siuramente preferito rimanere nell'ombra ed insegnare Fisia per tutta la vita; proprio lui ha traiato all'umanità le due vie lungo le quali potrà perdersi o salvarsi. Nella storia del pensiero umano egli rappresenta ertamente un simbolo, tanto da olpire la fantasia della gente, he da allora, quando deve raffigurarsi uno sienziato geniale, se lo raffigura on i apelli ed i baffi inolti del genio di Ulm. Al di là però dell'ionografia popolare, eo il giudizio dato dell'opera di Einstein dal grande fisio franese Louis Vitor de Broglie ( ), uno dei padri della Meania Quantistia: «Per tutti gli uomini olti, il nome di Albert Einstein evoa lo sforzo intellettuale geniale he, apovolgendo i dati più tradizionali della fisia, è riusito a stabilire la relatività delle nozioni di SPAZIO e TEMPO... È questa un'opera ammirevole, paragonabile alle più grandi opere he s'inontrano nelle sienze (per esempio quella di Newton); di per sé stessa, basterebbe ad assiurare al suo autore una gloria imperitura!» Ma egli non fu rieratore arido e misantropo, ome a volte lo si è voluto dipingere; si sforzò anzi in tutti i modi di rendere aessibile la Sienza al grande pubblio, proprio per impedire he fossero solo pohe lobby assetate di potere a gestirla ontro gli interessi dell'umanità. Nella prefazione alla sua monografia divulgativa "Relatività: la teoria speiale e generale", egli afferma testualmente he «nessuno pensa on le formule» e he «seondo il preetto di Boltzmann, i problemi dell'eleganza vanno lasiati al sarto ed al alzolaio». Ma soprattutto egli sostenne quanto segue: «...Senza la onvinzione heon le nostre ostruzioni teorihe è possibile raggiungere la realtà, senza la onvinzione dell'intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esseri sienza.» Sul piano politio, Einstein previde la fondazione di un'«internazionale della sienza», al di là dei blohi e dei nazionalismi esasperati dei suoi tempi; anzi, riordò he Emilio Fisher dieva: «Voi non potete fari nulla, signori, la sienza è e rimane internazionale...» Combatté i pregiudizi dei benpensanti, sostenendo he «le dihiarazioni uffiiali sono ovunque peggiori dell'opinione dell'individuo» (per dirla on Cierone, "Senatores boni viri, Senatus mala bestia"). Appoggiò periò i ongressi internazionali e previde la reazione dell'europa Unita, affermando he: «Il nostro ontinente potrà raggiungere una nuova prosperità soltanto se la lotta latente fra le forme tradizionali di Stato viene a essare. L'organizzazione politia dell'europa deve essere dei-

13 samente orientata verso l'eliminazione delle inomode barriere doganali. Questo sopo superiore non potrebbe essere raggiunto eslusivamente attraverso onvenzioni tra stati; la preliminare preparazione degli spiriti è, anzitutto, indispensabile...» Uomo shivo e riservato, tuttavia, nel 1948 rifiutò l'offerta fattagli dai sionisti di assumere la presidenza del neonato Stato d'israele, affermando he «la politia dura un attimo, mentre un'equazione dura in eterno». E osì, fino all'ultimo, si dediò uniamente alla riera teoria, prevedendo tra l'altro anhe gli sviluppi futuri della Fisia, perhé la sua Teoria della Relatività (nel frattempo appliata on suesso da P.A.M. Dira alla Fisia Atomia) portava diritta al sogno dell'unifiazione delle Forze; Einstein tentò osì, negli ultimi anni della propria vita, di trovare una possibile unifiazione tra ampo elettromagnetio e ampo gravitazionale in un unia formulazione, più semplie e ompleta he mai; ma questo tentativo, purtroppo, non fu oronato da suesso, e non lo è tuttora. Il perhé va rierato nell'assenza di una Matematia in grado di desrivere adeguatamente questa «Teoria del Tutto». Lo stesso Einstein lo rionobbe, srivendo in una sua lettera: «A ausa di diffioltà matematihe, non ho anora trovato il modo pratio di ontrollare i risultati della mia teoria tramite una dimostrazione sperimentale.» È questa l'eredità da lui lasiata ai propri olleghi. Einstein si spense a Prineton subito dopo la mezzanotte del 16 Aprile del 1955, per un aneurisma. Aveva ambiato per sempre la onezione he abbiamo di spazio, tempo e struttura dell'universo, partendo da una semplie ma arrogante domanda: «Sarebbe stato possibile reare l'universo in un altro modo? E ome lo avrei fatto io, al posto di Dio?»

14 1.1 Una repa nel palazzo di ristallo Alla fine del XIX seolo, la Fisia raggiunse un traguardo straordinario, riusendo a spiegare tutti i fenomeni elettrii e magnetii attraverso una teoria unitaria e perfettamente oerente, espressa dalle quattro equazioni di Maxwell, osiddette dal loro ideatore, James Clerk Maxwell ( ), onsiderato da aluni il più grande fisio matematio di tutti i tempi. Esse permisero di dedurre, per via puramente teoria, he non esiste un ampo elettrio separato dal ampo magnetio, entrambi di natura vettoriale, ma he l'uno e l'altro sono manifestazioni di un'unia realtà fisia, hiamata il tensore elettromagnetio. Inoltre, esse predievano on esattezza straordinaria he tale ampo elettromagnetio dovesse propagarsi nello spazio sotto forma di onde, nonostante nessun esperimento avesse rivelato una simile propagazione ondosa. La soperta delle onde elettromagnetihe da parte di Heinrih Hertz ( ) rappresentò periò il più alto trionfo della ostruzione maxwelliana. A iò deve aggiungersi il fatto he Newton aveva già fornito, quasi due seoli prima, una preisissima formulazione teoria della meania, oggi nota ome meania lassia, nella quale tutto viene dedotto dall'equazione (di natura differenziale): F = m a (1.1) Seondo il modello di Newton, espresso nella fondamentale opera Philosophiae Naturalis Prinipia Mathematia, lo spazio ed il tempo sono realtà assolute (un disepolo di Newton arrivò a onsiderarle attributi di Dio!!!) ed identihe per tutti gli osservatori. In altre parole, le misure di lunghezze e di durate effettuate da due osservatori diversi risulteranno identihe; due eventi he hanno luogo nello stesso punto seondo un osservatore, avranno luogo nello stesso punto seondo qualsiasi altro osservatore; e due eventi giudiati simultanei da uno di essi, saranno simultanei per tutti. In questo ontesto, per passare da un sistema di riferimento all'altro oorre fare uso delle trasformazioni galileiane, delle quali abbiamo parlato nelle unità preedenti. In pohe parole, usando sole inque equazioni la (1.1) e le quattro di Maxwell e le quattro formule delle trasformazioni galileiane, ovviamente sulla sorta del alolo differenziale ed integrale, era possibile prevedere in modo semplie ed univoo l'evoluzione nello spazio e nel tempo di qualsivoglia sistema fisio; e non solo di una palla da baseball o di un pianeta attorno alla sua stella, perhé anhe la oesione moleolare e la lue sono fenomeni elettromagnetii, e quindi rientrano nell'ambito di ompetenza delle equazioni di Maxwell. Una visione del mondo di questo tipo, nella quale, a partire da determinate ondizioni iniziali, l'evoluzione possibile del sistema fisio in onsiderazione è una ed una sola, prende il nome di meaniismo; essa dominò tutta la Fisia dell'800, ed alimentò la filosofia allora più in voga, quella positivistia. Anhe questo splendido e ompiutissimo palazzo di ristallo presentava però una repa, ome sempre aade in tutte le opere della mano dell'uomo. Infatti, l'equazione (1.1) risulta ovariante rispetto alle trasformazioni di Galileo. Cosa signifia? Che se le applihiamo all'equazione fondamentale di Newton, essa viene ad assumere la forma: F' = m a' (1.) Forze e aelerazioni non sono ioé invarianti rispetto alle solite trasformazioni: variano numeriamente, ma variano seondo una ben preisa legge matematia. Orbene, se, assieme all'equazione di Newton, anhe le equazioni di Maxwell ompongono una teoria fisia perfettamente ompiuta e oerente (la osiddetta Fisia Classia), i si deve aspettare he anh'esse, se non invarianti, risultino almeno ovarianti rispetto alle medesime trasformazioni. Ed eo invee il olpo di sena: i si aorse subito he le equazioni di Maxwell non erano né inva-

15 rianti, né ovarianti rispetto alle trasformazioni di Galileo; omparivano altri termini, a seondo delle veloità relative del sistema di riferimento. In altri termini, ambiando il sistema di riferimento adottato, le equazioni di Maxwell non ambiavano solo nella forma; non erano assolutamente più valide! Se si ritiene valida la relatività galileiana, le equazioni di Maxwell sono sì verifiate, perhé onsentono di predire risultati sperimentali, ma ambiano ol sistema di riferimento Quest'aporia he indusse i fisii teorii alla riera di trasformazioni per ui le equazioni dell'elettromagnetismo risultassero invarianti. E hi redette di trovarle fu il fisio olandese Hendrik Lorentz, di ui parleremo ampiamente nei paragrafi seguenti, a partire dal.1. Ma questo non è tutto, perhé un semplie ostaolo di natura matematia non avrebbe giustifiato la riera di una nuova Fisia, da sostituire a quella Classia, peraltro perfettamente in grado di spiegare pressohé tutti i fenomeni meanii, elettrii e magnetii. A porre ulteriori problemi fu però la lue. Prima le osservazioni di Thomas Young ( ) riguardanti i fenomeni di interferenza della lue (1800), e poi la ostruzione teoria delle equazioni di Maxwell, feero trionfare definitivamente il modello ondulatorio della lue a disapito di quello orpusolare, risalente all'autorità di Newton. In altre parole, la lue è un'onda esattamente ome il suono o le onde sismihe. Questo fatto però, lungi dal rassiurare gli animi dei fisii dell'ottoento, poneva loro una spinosissima questione: se la lue è un'onda, deve esistere un mezzo attraverso ui essa si propaga! Ma nessuno dei mezzi materiali onosiuti, ome nel aso delle onde sonore o delle sosse di terremoto, può essere il sostegno delle onde luminose, giahé esse si propagano pure nel vuoto, ome dimostra il fatto he i raggi solari raggiungono tranquillamente la terra (inoltre, se si leva l'aria da una ampana di vetro sotto la quale è posto un ampanello, il suono da esso emesso non i raggiunge più, ma noi ontinuiamo omunque a vederlo). Fu osì introdotto un nuovo mezzo materiale, supposto impalpabile, trasparente e perfettamente elastio, he impregnerebbe ogni angolo dell'universo e trasporterebbe in ogni dove i raggi di lue, oltre he le onde radio e le radiazioni X e gamma. Per analogia on la elebre quintessenza di aristotelia memoria, a tale misteriosa realtà fu dato il nome di etere. Questo strano materiale tuttavia poneva più problemi di quanti non ne volesse risolvere. Di he tipo di materia era omposto? Perhé di materia siuramente doveva trattarsi, anhe se a quei tempi il onetto stesso di "materia" non era ben definito, e la teoria atomia era anora di là da venire. Ed in he modo permeava tutto l'universo? Doveva essere estremamente rigido, in modo da permettere la trasmissione di onde tanto veloi, ma allo steso tempo non doveva offrire aluna resistenza al moto dei pianeti... Eppure, tutti aettarono di buon grado l'introduzione di questa stranissima sostanza, perhé se non altro veniva inontro ad una delle prinipali preoupazioni della Fisia Classia: essa poteva infatti rappresentare il sistema di riferimento assoluto per tutte le trasformazioni di Galileo, sostituendo quel «entro del'universo» he, in un modello infinito del osmo, non aveva alun signifiato. La terra è in moto attorno al sole, il sole lo è intorno alla Galassia, questa lo è rispetto alle altre galassie, ma l'etere può onsiderarsi "immobile" in senso assoluto; immobile, ome si dieva ai tempi, rispetto alle stelle fisse (il primo ad avanzare questa ipotesi fu Fresnel nel 1818). Dalle leggi di Newton risultava he nessun sistema di riferimento può ritenersi privilegiato rispetto agli altri; se il orpo B è in moto on veloità pari a 3 m/s rispetto al orpo A, ritenuto fermo, nulla proibise di ritenere he sia fermo il orpo B, e he sia A a muoversi rispetto ad esso on veloità pari a 3 m/s, senza he le leggi della dinamia vengano violate. Parlare dunque di «posizione assoluta» di un orpo è privo di senso, esattamente quanto lo sarebbe erare il «entro» di un piano illimitato. La meania newtoniana onsente tutt'al più di parlare di «posizione relativa» ad un determinato osservatore. Anhe il onetto di «veloità assoluta» va sostituito periò on quello di «veloità relativa» ad un dato osservatore, potendo poi passare dalla veloità misurata da un sistema a quella misurata da un altro mediante le solite trasformazioni galileiane. L'etere veniva a olmare questa launa, permettendo di stabilire una volta per tutte un sistema di riferimento nel quale le distanze, gli intervalli di tempo e le veloità potevano venire misurati in maniera univoa per tutti gli osservatori di questo mondo. Anhe la veloità della lue, fissata univoamente dalla teoria elettromagnetia (vedi paragrafo 1.), diventava «veloità assoluta» rispetto alla fantomatia etere. Ma fu proprio questa la repa he, allargandosi, finì per spezzare tutta quanta la ostruzione!!!

16 1. Il "vento d'etere" non esiste! Il primo problema he i si pone é: 'é un punto di riferimento invariabile per tutti i sistemi? Sì, uno 'é: é la veloità della lue. La teoria lassia dei ampi elettromagnetii imperniata sulle equazioni di Maxwell fornise per essa il valore di: 1 = (1.3) ε µ 0 Doveε 0 e µ 0 rappresentano rispettivamente la ostante dieletrria e la permeabilità magnetia del vuoto. Si tratta di due ostanti universali, invarianti in tutti i sistemi, indipendentemente dal sistema di misura. In unità S.I. esse valgono infatti: 1 ε 0 = 8, Farad m 1 ( m 3 Kg A ) 7 µ 0 = 1, Henry m 1 ( m Kg s A 1 ) Introduendo questi valori nella (1.3) si ottiene: = , m s 1 Quindi i si aspetterebbe he rappresenti la tanto sospirata VELOCITÀ ASSOLUTA. Ed invee la legge di omposizione delle veloità (1A.1) ontraddie questa speranza! Immaginiamo di viaggiare sul osiddetto "treno di Einstein" (ui faremo più volte enno da qui in avanti), un ipotetio treno futuribile he si muove a Km/s; aendendo i fari, la loro lue dovrebbe viaggiare a: = Km/s in palese disaordo on l'affermazione (1.3), la quale non si vede perhé dovrebbe valere dovunque, fuorhé sul treno di Einstein. Il perhé di questa apparente inoniliabilità verrà trovato proprio da Einstein, ome vedremo nell'unità. Le prime prove a favore dell'invariabilità della veloità della lue nel vuoto furono date dall'esperienza di Mihelson e Morley (1887), he ora desriverò in suinto, lasiandone l'analisi quantitativa agli studenti interessati (vedi Approfondimento). Nel paragrafo preedente abbiamo spiegato in he modo andò in voga la teoria dell'etere: la redenza he ogni perturbazione deve trasmettersi in un mezzo materiale, e non nel vuoto, ondusse all'ipotesi dell'esistenza di una sostanza imponderabile he tutto permea. La veloità della lue risulterebbe osì ostante rispetto all'etere, salvaguardando la (1.3) e tutta la teoria elettromagnetia. Ora, la Terra nel suo ammino attorno al sole si dovrebbe muovere nel mare d'etere grande quanto tutto l'universo, se è vero he questo mare è fermo, ome si ompete ad ogni riferimento he ha la pretesa di essere assoluto; dunque, dal punto di vista degli osservatori terrestri, l'etere si dovrebbe muovere in direzione opposta al moto del nostro pianeta. Ne onsegue he, misurando la veloità della lue nella direzione del moto orbitale terrestre, si dovrebbe risontrare un risultato maggiore di quello ottenuto nel aso in ui la si misuri in direzione opposta, perhé nel primo aso la veloità orbitale pari all'inira a 33 Km/s si somma al risultato della (1.3), nel seondo aso si sottrae. Ebbene, Albert Mihelson ed Edward Morley pensarono di effettuare una doppia misurazione della veloità della lue, nella direzione del moto terrestre ed in direzione opposta, on lo sopo di onfrontare i due risultati e di provare il moto della Terra attraverso l'etere. Ma una simile misura era più faile a dirsi he a farsi, poihé la veloità orbitale del nostro pianeta poteva inidere sulla veloità della lue al massimo per una parte su dieimila. I due sienziati ebbero allora l'idea di uti- 0

17 lizzare un omplesso apparato di spehi (INTERFEROMETRO), he sfruttasse proprio il fenomeno dell'interferenza tra raggi di lue he hanno perorso ammini ottii differenti. Il loro interferometro aveva più o meno quest'aspetto: (l'immagine è riavata dall'enilopedia Multimediale Enarta 000). Vediamo ome funziona. In esso, un raggio di lue olpise uno spehio semiargentato, e quindi semirilettente (al entro della figura): in parte esso é riflesso su di uno spehio (in alto), he lo riflette nuovamente, in parte lo attraversa ed é riflesso su un altro spehio. Il primo di questi raggi attraversa lo spehio semiargentato, il seondo è da questo riflesso in direzione ortogonale, osihé i due raggi si sovrappongono prima di giungere ad uno shermo (in basso). Essendo derivati da un'unia sorgente luminosa, i due raggi sono tra loro oerenti (ioè hanno stessa intensità, stessa ampiezza e stessa lunghezza d'onda); avendo perorso ammini ottii di uguale linghezza, essi giungono sullo shermo in fase, e quindi la luminosità totale sarà raddoppiata. In effetti, Mihelson e Morley inlinarono gli spehi in modo he i raggi risultanti non fossero esattamente paralleli, ma formassero l'uno rispetto all'altro un angolo piolissimo. Questo è suffiiente perhé i ammini ottii non siano più identii, e quindi sullo shermo si formano delle frange di interferenza, ome quelle visibili in figura:

18 Se però ruoto l'interferometro di 90, anzihé al raggio orizzontale la veloità orbitale della Terra si sommerà al raggio vertiale, e dunque la differenza di ammino ottio fra i due raggi varierà; si dovrà quindi avere uno spostamento nelle frange di interferenza. Nel suo primo esperimento di questo genere, ondotto da solo nel 1881, Mihelson non notò nulla ma, siome l'apparehiatura era piola, pensò he la differenza di ammino ottio si onfondesse on gli errori sperimentali. Per questo nel 1887 egli ritentò, assieme a Morley, usando un'apparehiatura molto più grande, tale he il perorso totale dei raggi di lue misurasse almeno 11 metri; stavolta la differenza dei ammini ottii nei due asi doveva uguagliare esattamente mezza lunghezza d'onda della lue utilizzata, e quindi lo spostamento delle frange di interferenza doveva essere evidente. Ma, a sorpresa, nemmeno stavolta si notò nulla, ed alla stessa onlusione giunsero tutti oloro he, on tenihe più o meno perfezionate, ripeterono lo stesso esperimento. Ci fu hi, per salvare la Teoria Classia dei Campi, azzardò l'ipotesi he la Terra trasinasse on sè l'etere nel proprio moto, osì ome trasina on sé l'atmosfera; ma allora dove andrebbe a finire l'impalpabilità e l'infinita elastiità della quintessenza di aristotelia memoria? E he razza di sistema di riferimento assoluto esso rappresenterebbe, se si muovesse di moto relativo assieme a tutti i orpi he inontra? Conlusioni: l'esperienza di Mihelson e Morley era stata onepita per dimostrare he la lue può avere veloità diverse per diversi osservatori in moto relativo rispetto all'etere, attraverso la dimostrazione dell'esistenza di una sorta di... «vento d'etere», dovuto in realtà all'immobilità in senso assoluto della quintessenza, ed al moto relativo rispetto ad esso della Terra lungo la propria orbita, sulla sorta della presunta validità della omposizione galileiana delle veloità. Il fatto he l'esperimento sia lamorosamente fallito non poteva far altro he smentire gli assunti di partenza, mostrando una volta per tutte he la lue ha sempre la stessa veloità per tutti gli osservatori, ome suggerito dalla (1.3), e he evidentemente le trasformazioni di Galileo NON sono valide per tutti i sistemi di riferimento in moto relativo l'uno rispetto all'altro. Anzihé ementare la repa he minava la solidità del astello della Fisia, Mihelson e Morley la allargarono ulteriormente, mostrando he la meania galileo-newtoniana e la teoria elettromagnetia di Maxwell erano intimamente inoniliabili. In realtà, ome abbiamo già detto nel paragrafo preedente, i fisii sapevano già he le equazioni di Maxwell sono invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz, non rispetto a quelle di Galileo, e questo ben prima he il genio di Ulm pubbliasse le sue mirabolanti teorie. Già si sapeva insomma he, se si vuole onservare la forma delle quattro equazioni dell'elettromagnetismo, la somma delle veloità non può più onsistere nella semplie somma vettoriale (vedi paragrafo 3.), e questo, ome vedremo, implia proprio he deve giooforza esistere una veloità maggiore di tutte le altre. Nessuna teoria fisia però giustifiava quelle trasformazioni, he restavano un giohetto matematio e niente più; e osì, tutti erano impegnati alla riera del fantomatio etere, ome novelli Parsifal alla aia del Saro Graal, e Mihelson ontinuava a perfezionare i suoi interferometri, sperando di osservare l'inesistente spostamento delle frange d'interferenza... finhé non arrivò quell'apparentemente modesto sienziato ebreo he ambiò la Fisia moderna.

19 Approfondimento 1: Analisi quantitativa dell'esperimento di Mihelson-Morley. In questo approfondimento analizzeremo quantitativamente l'esperienza di Mihelson-Morley. Il dispositivo sperimentale da essi usato è mostrato shematiamente nella figura qui sotto, dove S è una sorgente di lue monoromatia, ed M 1 ed M sono due spehi posti alla medesima distanza l (misurata da un osservatore terrestre) dalla lastra di vetro P. La lue proveniente da S, quando raggiunge P, viene trasmessa parzialmente verso M 1, e riflessa parzialmente verso M. 1 raggi riflessi in M 1 ed M riperorrono i loro ammini, e possono raggiungere l'osservatore in O'. Figura 1 Osserviamo he il ammino luminoso disegnato in figura 1 è relativo al sistema O'x'y'z' in movimento on la terra, rispetto alla quale l'interferometro è in quiete. Il dispositivo sperimentale usato effettivamente da Mihelson e Morley è illustrato nella figura 3 (tratto dalla rivista Sientifi Amerian). Sia la veloità della lue misurata da un osservatore stazionario rispetto all'etere. Indihiamo on v la veloità (presunta) della terra rispetto all'etere, ed orientiamo 1'interferometro in modo tale he la linea PM 1 sia parallela al moto della terra. Se usiamo le trasformazioni galileìane troviamo he, rispetto alla terra, la veloità della lue nel passare da P a M 1 è v, nel passare da M 1 a P è + v. Pertanto, il tempo neessario perhé la lue vada da P a M 1 e ritorni in P, misurato da un osservatore terrestre O', è: l' l' l' l' t P ' = + = = (1.4) v + v v v 1

20 Più diffiile è determinare la veloità della lue nel passare da P a M o da M a P. La situazione è resa omplessa dal fatto he, se la Terra è in movimento, il ammino effettivo nell'etere supposto immobile del raggio di lue è quello he appare in figura. In essa lo spehio semiargentato è stato rappresentato due volte, all'istante 0 e all'istante t'. Dato he le diagonali PM ed M P hanno ugual lunghezza, basterà alolare il tempo impiegato dalla lue a perorrere una delle due, e raddoppiare il risultato. Indiando on t il tempo impiegato dalla lue per perorrere il tratto PM, e tenendo onto del fatto he questo tratto viene perorso a veloità, si ottiene: da ui: ovvero: ( v t) = OH + HM = l t = PM + t = v t + l t = l v Dunque il tempo impiegato dalla lue per per andare da P a M e ritornare a P, misurato da O', è pari a: l' ' t H l' = = (1.5) v v 1 (t P ' sta per tempo misurato in direzione parallela, t H ' sta per tempo misurato in direzione ortogonale al moto della Terra rispetto all'etere) Osserviamo he t P ' e t H ' sono differenti, ioè i raggi he raggiungono l'osservatore O hanno una erta differenza di ammino e dovrebbero dar luogo a delle frange di interferenza. Sorprendentemente, invee, Mihelson non osservò aluna frangia di interferenza; iò suggerise he t P ' = t H '. Per risolvere questo enigma, Lorentz e, indipendentemente, Fitzgerald, proposero he tutti gli oggetti he si muovono attraverso l'etere subisano una ontrazione «reale» nella direzione del moto e he questa ontrazione sia proprio suffiiente a far sì he t P ' = t H '. Ciò signifia he la lunghezza he ompare in t P ' non deve essere uguale alla lunghezza in t H ', poihé la prima è misurata nella direzione del moto della terra, mentre l'altra è perpendiolare ad essa. Srivendo l al posto di l' nell'espressione di t H ' si ha:

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