Scheda sul fenomeno della corruzione in Italia dell Ufficio Sicurezza e legalità della Cgil Nazionale

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1 Scheda sul fenomeno della corruzione in Italia dell Ufficio Sicurezza e legalità della Cgil Nazionale La scontro frontale fra lo Stato e la criminalità organizzata consumatosi all inizio degli anni novanta, segnato dalla cosiddetta stagione delle stragi, ha lasciato dietro di se un eredita significativa il cui carattere principale consiste nella trasformazione ed aggiornamento del potere mafioso per mezzo della crescente diversificazione delle sua attività come di una sua rinnovata attitudine all invisibilità. Le quattro grandi organizzazioni mafiose operanti nell Italia meridionale Cosa nostra, Ndrangheta, camorra e la criminalità organizzata pugliese hanno conosciuto negli ultimi anni ulteriori processi evolutivi che ne hanno favorito la proiezione al di la dei confini tradizionali sul piano nazionale ed internazionale (Ministero degli Interni). I mercati di punta di questo nuovo protagonismo globale della criminalità organizzata sono rappresentati dal traffico di sostanze stupefacenti, il cui ruolo nell economia mafiosa era già progressivamente emerso nel corso dei decenni precedenti, il riciclaggio ed all utilizzo di beni, denaro o utilità di provenienza illecita. Sul piano nazionale, la tradizionale pressione sul sistema degli appalti, che qualificheremo meglio in seguito anche dal punto di vista quantitativo, si è affiancata all estendersi della criminalità economica e finanziaria come al permanere di una vastissima rete di condizionamento e ricatto della libera attività di impresa per mezzo dei fenomeni dell usura e dell estorsione. Da questo punto di vista il comportamento della Mafia risulta paradigmatico: dominata dalla cosiddetta frangia corleonese guidata dal superlatitante Bernardo Provenzano, Cosa nostra, privilegia, dopo l epoca dello scontro frontale, segnato in particolare dalle stragi degli anni , la tecnica dell inabissamento, ritenuta altresì una condizione favorevole per la realizzazione dei propri programmi di infiltrazione nel tessuto economico e finanziario, evitando situazioni di aperta conflittualità con lo Stato (Ministero degli Interni). La criminalità ambientale rappresenta un settore fondamentale di dispiegamento dell attività mafiosa che ha nel controllo del ciclo illegale dei rifiuti una fonte importante di remunerazione dei propri investimenti criminosi. Il ciclo illegale dei rifiuti rappresenta in modo efficace sia la capacità da parte delle mafie di estendere le proprie attività al di fuori dei suoi confini storici di insediamento, occupando mercati ricchi come quelli settentrionali, sia il suo utilizzo predatorio dei territori meridionali da esse controllati, attraverso la loro trasformazione in discariche che attentano gravemente alla qualità ambientale e della vita delle comunità meridionali. Infatti, l intero ciclo criminale inizia al nord dove pezzi dell economia legale, insofferenti nei confronti dei costi delle regole ambientali, affida alla criminalità organizzata lo smaltimento dei rifiuti, avvalendosi della complicità di settori corrotti delle amministrazioni pubbliche. Alla fine del processo, la criminalità utilizzerà i territori da essa controllati per compiere definitivamente il ciclo. Come abbiamo detto, la crescita del ciclo illegale nasce dall esigenza di un risparmio di costi ritenuti esosi e illegittimi per i bilanci delle imprese, e quindi da evadere con l utilizzo della criminalità organizzata. Ne è un esempio chiarissimo la conclusione dell operazione Cassiopea (1999) su iniziativa della procura di S.Maria Capua Vetere, che ha colpito un traffico illecito di un milione di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e di carattere industriale, provenienti da imprese di

2 Piemonte, Lombardia Emilia Romagna, Veneto e Toscana, e scaricati a Caserta, in Campania ed in altre regioni meridionali. L operazione portò a 97 rinvii a giudizio; 182 denunce per reati vari: associazioni per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento delle acque, creazione di discariche abusive; 18 sequestri di cave, aziende agricole, e impianti di recupero adibiti a discarica abusiva. Settore fondamentale dell impegno della criminalità organizzata, l usura ed il racket si concentrano principalmente nelle regioni a rischio agendo come fattori potenti di pressione su sistemi e economici e sociali già fragili impedendone lo sviluppo. A dimostrazione della prevalente coincidenza fra racket e tradizionali forme di pizzo, nel triennio luglio 2001-giugno 2004 le regioni meridionali hanno assorbito il 50,8% dei reati commessi, dato ancora più rilevante se messo in relazione alla presumibile minore propensione alla denuncia del reato nelle regioni del Mezzogiorno. I proventi di usura ed estorsioni vengono successivamente riciclati grazie alle infiltrazioni malavitose nel sistema degli appalti pubblici e nei settori produttivi. Da questo punto di vista le forme e le dimensioni del sistema di riciclaggio del denaro sporco rappresentano in modo efficace la tattica dell inabissamento della presenza mafiosa perseguita dopo la fase delle stragi. Secondo il Ministero degli interni, l analisi degli episodi delittuosi e delle dinamiche evolutive delle organizzazioni mafiose tradizionali conferma infatti la tendenza, già evidenziata negli anni scorsi, all ampliamento della sfera di interessi perseguiti in campo economico imprenditoriale e al conseguente consolidamento di moduli operativi prevalentemente improntati all occupazione ed allo sfruttamento dei sistemi produttivi. Il mezzo principale dell invasione mafiosa dell economia legale consisterebbe nell affidamento a personalità emergenti, ma soprattutto pulite sotto l aspetto giudiziario, la gestione dei pezzi visibili del ciclo mafioso soprattutto in relazione al sistema degli appalti pubblici. In questo modo settori importanti dell economia legale divengono vittime di una rinnovata capacità attrattiva dell economia criminale che contribuisce, anche in questo modo, al riprodursi di situazioni di sottosviluppo economico e sociale. L importanza del fenomeno e la rilevanza assoluta delle sue capacità inquinanti sono ben rappresentate dalle cifre fornite dalla Guardia di Finanza relativamente al periodo luglio giugno 2004 nel corso del quale sono stati accertati importi o valori oggetto del reato di riciclaggio per di euro ( +64,1% rispetto al triennio luglio 1998-giugno 2001). Queste cifre rappresenterebbero in ogni caso semplicemente la parte emersa di un fenomeno immenso. Recentemente, nel corso di un iniziativa sindacale, il Procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna ha affermato: Secondo analisi che io ritengo sufficientemente esatte il fatturato annuo lordo della criminalità mafiosa in Italia, seppure in diminuzione, è di 100 miliardi di euro. Arriviamo a questo dato prendendo in considerazione solamente alcuni settori, cioè quelli degli stupefacenti e dell impresa: però ci sono anche gli appalti pubblici. la prostituzione, l estorsione e le armi. Questa enorme massa di denaro, che non tiene conto del fatturato delle nuove mafie, e che ormai si combina con il fatturato a livello globale della criminalità mondiale che raggiunge cifre moltiplicate di parecchio rispetto alla nostra, fa si che le organizzazioni criminali penetrino nel mercato. Infatti, non tutto il fatturato viene reinvestito in attività illecite, ma anche in attività apparentemente lecite che hanno alla base il capitale sporco.

3 Simmetricamente, il peso delle attività mafiose nel mancato sviluppo dell economia meridionale è enorme. Da un recente studio del Censis emerge un quadro sconfortante: 1)la mancata crescita del valore aggiunto delle imprese meridionali causata dalla presenza pervasiva della criminalità organizzata si può valutare in 5,7 miliardi di euro l anno; 2) il volume di ricchezza non prodotta, relativamente al Pil meridionale, ne rappresenta il 2,5%; 3) se il tasso di zavorramento mafioso annuo non avesse inciso negativamente sull andamento della produzione, dal 1981 ad oggi, il Pil procapite del Mezzogiorno avrebbe raggiunto quello settentrionale;4) la pressione mafiosa significa soldi investiti forzatamente nei sistemi di sicurezza che invece gli imprenditori avrebbero potuto investire in modo più produttivo; 5) il mancato valore aggiunto avrebbe potuto creare almeno posti di lavoro regolari all anno, vale a dire il 5,6% dei posti delle imprese sino a 200 addetti nel Mezzogiorno. L infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici rappresenta quindi un settore fondamentale dell economia criminale. Un esempio eclatante è quello di Favara, un comune dell agrigentino. In tutta Italia sono 223 gli appalti pubblici (per cifre che vanno da ad oltre 5 milioni di euro ciascuno) che vedono coinvolte imprese originarie del comune siciliano che, utilizzando un timido eufemismo, risulterebbero in odore di mafia. Tutte queste ditte, spesso individuali e regolarmente registrate, lavorano anche nel centronord e si spartiscono una torta da oltre 200 milioni di euro. Il dato emerge da uno studio della Commissione parlamentare Antimafia, recentemente citato dal settimanale Panorama, che riporta altri dati che inquadrano efficacemente la situazione parossistica del comune siciliano che vanta l originale primato del rapporto più alto fra numero di imprese edili e numero di abitanti: una azienda ogni 54 residenti nel comune! Ovviamente il tema dell infiltrazione mafiosa nel sistema degli appalti richiama con forza quello più ampio e grave delle relazioni fra criminalità organizzata, politica ed amministrazione della cosa pubblica in tutte le sue articolazioni territoriali e funzionali. Come efficacemente descritto da Luca Tescaroli, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio sistema degli appalti parallelo a quello legale: Si è andato perfezionando un vero e proprio sistema illegale di regolamentazione degli appalti ( ) dotato di ben maggiore forza cogente, che consente di annientare la concorrenza fra le imprese. E ciò aiuta a comprendere come la mafia non sia compatibile con lo sviluppo di un economia san. I detentori di capitali mafiosi espandono il loro potere economico, conquistando nuove posizioni e scacciando gli imprenditori onesti. ( ) Le ultime indagini dimostrano il perpetrarsi del sistema pur in un quadro nel quale, nella fase della vera e propria turbativa della gara, sempre più pregnante appare il protagonismo di imprenditori, mafiosi e non, che, attraverso la costituzione di vere e proprie cordate, gestiscono a loro piacimento il complesso iter amministrativo che precede l aggiudicazione della gara. In moltissimi appalti Cosa nostra giocherebbe un ruolo di vera e propria garanzia di funzionamento, anche quando l organizzazione non ha in prima persona gestito e determinato l individuazione dell impresa aggiudicataria. ( ) Non è allora frutto del caso il dato statistico, riferito all anno 2001, per il quale, rispetto ad una media nazionale del 16%, in Sicilia, i ribassi utili all aggiudicazione degli appalti regolamentati dalla legge 21/98, oscillano tra lo 0,8 e l 1%. Il tema delle infiltrazioni criminali nel sistema degli appalti appare di ancor maggiore rilevanza di fronte alla massa ingente di finanziamenti pubblici, ordinari e straordinari, stanziati per la realizzazione di importanti opere pubbliche nelle regioni del Mezzogiorno. Da questo punto di vista,

4 in una recente comunicazione del Cnel si afferma: L Italia ed il suo Mezzogiorno hanno bisogno di questi investimenti da subito e ciò deve avvenire nella trasparenza. Il paese non sopporterebbe un blocco della spesa nel timore che questo possa essere intercettato dalle organizzazione criminali. Non verrebbe capito, non aiuterebbe a per di più sarebbe dimostrazione della forza immobilizzante dei poteri criminali: una vittoria della programmazione mafiosa della spesa a danno della programmazione democratica al servizio dello sviluppo del paese rappresenterebbe un danno di grande significato. Per questo, occorre intensificare la pressione legale e democratica sul sistema degli appalti, impedendo lo sviluppo e la permanenza di gruppi di interesse mafioso nel dispiegarsi dell opera di infrastrutturazione del territorio e riconducendo le responsabilità pubbliche alla loro essenziale legittimazione democratica contro l abuso della pratica del commissariamento. Questa pratica appare in troppe situazioni come un indebita concentrazione del potere nelle mani di un solo uomo a danno delle normali procedure democratiche, configurandosi per questo motivo come una possibile fonte di corruzione e sovrapposizione di interessi diversi. Allo stesso tempo, l affermarsi negli appalti delle grandi opere pubbliche del principio del general contractor, con tutto quelle che ne consegue nei termini di sviluppo della catena del subappalto e di accentramento nelle mani dei privati di tutte quelle funzioni di controllo e garanzia della legalità che normalmente risulterebbe oggetto dell azione dei poteri pubblici, rappresenta un altra possibile fonte di allargamento e sviluppo della corruzione. A fronte di diagnosi di questo tipo appare particolarmente grave la complessiva caduta d attenzione da parte delle istituzioni e dell opinione pubblica nei confronti del fenomeno mafioso. I comportamenti della classe politica variano da una relativa sottovalutazione del problema, con la quasi scomparsa o messa in sordina del tema nell agenda delle forze storicamente più apertamente schierate sul fronte dell Antimafia, alla teorizzazione dell autonomia fra mafia e politica ed a un interessata disponibilità ad interagire con il sistema mafioso. Ricorrendo ancora alle parole di Tescaroli, a dover essere messa in discussione è l attitudine di settori importanti della società italiana nei confronti del già citato inabissamento del fenomeno mafioso: La strategia di Cosa nostra e delle altra strutture mafiose che ripudia lo stragismo ed i cosiddetti delitti eccellenti (da un decennio non vi fa ricorso) legittima i portatori di vocazioni al compromesso a esaltare (ancorché talvolta in prospettiva provocatoria) la funzione di sviluppo economico della mafia e la sua attitudine a svolgere una funzione di traino delle attività produttive in sofferenza. A ritenere che i soldi ed i voti non puzzino. Si tratta di tangibili segnali di quel retroterra culturale che impregna la coscienza di un paese incapace di fare i conti con il proprio torbido passato e di rilanciare un azione seria, duratura ed organica di contrasto al crimine organizzato di tipo mafioso. La caduta d attenzione e mobilitazione da parte dell opinione pubblica sul fronte dell emergenza mafiosa rischia di alimentare, ed in qualche modo di legittimare, la sovrapposizione e compenetrazione fra interessi mafiosi ed attività politico-amministrativa, segnatamente nelle regioni del mezzogiorno. Una tale sovrapposizione, già prodottasi anche nel recente passato in forme particolarmente gravi, configura il rischio di una vera e propria confisca della democrazia e dei poteri pubblici da parte di gruppi di interesse politico-mafiosi che, mossi dall obbiettivo di controllare ed imbrigliare tutte le attività civili ed economiche proprie di un determinato territorio, ne determinano il perdurare di condizioni di sotto-sviluppo sia sul piano produttivo che su quello sociale. In questo senso è da leggersi il carattere politico del fenomeno mafioso, non solo nella dimensione della sua evidente attività di corruzione dell amministrazione in tutti i suoi livelli al fine

5 di garantire e sviluppare i propri interessi, ma nel senso più ampio del suo configurarsi, dal punto di vista sostanziale, come potere alternativo a quello rappresentato dai poteri pubblici legittimati democraticamente. In ultima istanza, solo il suo carattere politico può garantire alla criminalità organizzata l espandersi della propria attività predatoria sia delle risorse pubbliche (per esempio attraverso il controllo degli appalti) sia di quelle private (per esempio attraverso il circuito del racket e dell usura), costituendo un sistema di regolazione della vita e economica e civile parallelo a quello legale e tendente sostanzialmente a sostituirlo. Il Sindacato ed il contrasto alla criminalità organizzata In questo quadro il sindacato risulta particolarmente esposto di fronte ad un fenomeno mafioso capace di pervadere i campi della vita politica, sociale ed economica del Mezzogiorno, appesantendone le difficoltà di sviluppo e crescita civile. La mafia rappresenta, come abbiamo visto, un problema gravissimo dell economia meridionale e nazionale ed a questo occorre rispondere con un patto fra tutte le forze produttive per combatterla in ogni singolo territorio. E infatti interesse sia dell impresa che del mondo del lavoro liberare la società meridionale da una criminalità organizzata che inquina e condiziona l economia legale, agendo pesantemente sulle condizioni della concorrenza come sulle garanzie ed i diritti dei lavoratori. L esperienza dei protocolli di legalità (di cui alleghiamo il testo di un indagine del Cnel), pur con tutti i suoi limiti relativi al loro assai scarso livello di attuazione concreta, risponde ad un ispirazione di questo genere. Questo dispositivo rappresenta lo strumento mediante il quale i soggetti locali formalizzano un impegno ad attivare un azione di contrasto alla criminalità organizzata, individuando una serie di interventi prioritari volti a creare condizioni più favorevoli per l affermazione della legalità nei territori interessati da esperienze di programmazione negoziata. Ovviamente, le azioni previste da questi protocollo non sono in alcun modo alternativa all azione di contrasto della criminalità organizzata portata avanti dagli organi dello Stato. Quindi, il carattere fondamentale di queste esperienze risiede nella mobilitazione di una nuova azione concertativa coordinata dai prefetti e dagli enti locali, in grado di coinvolgere gli attori locali, ognuno dei quali con il proprio bagaglio di esperienze, professionalità ed interessi differenti, uniti dal voler far parte di un azione comune di contrasto alla criminalità per affermare le condizioni del rilancio economico di un dato territorio sulla base del rispetto e dello sviluppo della legalità. Un altra tappa importante della mobilitazione degli attori sociali nella lotta alla criminalità organizzata è rappresentata dal Protocollo d intesa, firmato il 22 marzo del 2004, in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell impegno in ricordo delle vittime delle mafie, da Cgil, Cisl e Uil e Libera Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie. Il Protocollo di Gela (in allegato)ha come oggetto le illegalità nel mondo del lavoro ed il ruolo della criminalità organizzata, ed affronta questioni fondamentali per la creazione (utilizzando una bella espressione formulata nel Protocollo) di una comunità alternativa alle mafie, quali la costruzione di una strategia articolata di lotta al lavoro nero, il contrasto al fenomeno degli incidenti sul lavoro come del caporalato, la mobilitazione per una revisione della normativa sugli appalti con l obbiettivo di renderla più efficace nella prevenzione delle infiltrazioni mafiose, l implementazione della lotta all usura ed al racket. Ancora più recentemente, il testo del Progetto Mezzogiorno (in allegato), l accordo fra le parti sociali per lo sviluppo del Meridione firmato il 2 novembre del 2004,

6 dedica alla lotta alla criminalità organizzata ed all economia ed al lavoro sommersi due capitoli nei quali si ribadisce come la legalità rappresenti un vero e proprio fattore dello sviluppo.

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