Cremlino: contro la crisi una politica finanziaria moderata

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1 N.86 A cura de Il Sole 24 ORE S.p.A. in collaborazione con Intesa Sanpaolo N dicembre 2008 QUINDICINALE D INFORMAZIONE PER INVESTIRE IN RUSSIA E NELLE REPUBBLICHE DELLA CSI Sommario EDITORIALE 1. Il Cremlino: contro la crisi una politica finanziaria moderata APPROFONDIMENTI 4. A San Pietroburgo scendono gli affitti dei locali nei business center TREND E MERCATI 6. I computer portatili dominano il mercato russo GUIDA PRATICA 8. La regione di Cheljabinsk: il regno metallurgico nel centro della Russia MERCATI FINANZIARI 11. Una nuova riduzione del rating della Russia non spaventa il Cremlino LEGGI E NORME 12. Esportazione o riesportazione? DA IL SOLE 24 ORE 14. Una selezione di articoli, pubblicati sulle pagine de Il Sole 24 ORE BUSINESS CENTER 23. Investimenti e collaborazioni industriali 27. Proposte commerciali CALENDARIO FIERE 30. Fiere settoriali in Russia nel 2009 Cremlino: contro la crisi una politica finanziaria moderata Il Governo russo deve fare tutto il necessario per non permettere una precipitosa svalutazione del rublo - Nella peggiore delle ipotesi il prezzo del petrolio potrebbe scendere nel 2009 a 25 dollari al barile mentre la moneta nazionale corre il rischio di perdere il 40% del proprio valore nei confronti del tandem dollaro-euro a colpa dell attuale crisi finanziaria L è degli Stati Uniti, dell azzardata politica finanziaria condotta dall amministrazione uscente. Durante una sua recente linea diretta con la nazione, il primo ministro e già presidente della Russia, Vladimir Putin ha accusato Washington di aver contagiato tutte le maggiori economie del mondo, compresa quella russa. Secondo le stime del Cremlino anche quest anno, nonostante i problemi economici la crescita dovrebbe raggiungere il 7%, mentre nel inizio 2010 la situazione dovrebbe cominciare a migliorare gradualmente. Molti analisti indipendenti hanno dichiarato di condividere la previsione secondo cui i Paesi industrialmente sviluppati potrebbero uscire dalla crisi nel C è chi però preferisce puntare l indice non tanto contro gli Stati Uniti, ma contro i Paesi emergenti. Secondo l economista e politologo, Mikhail Dmitriev, presidente del Centro studi di progetti strategici, i problemi sono legati in gran parte alla crescita economica esageratamente accelerata delle cosiddette nuove economie, tra cui quella dei Paesi del gruppo Bric (Brasile, Russia, India, Cina). Questi Paesi sono entrati nel 21 secolo con sistemi finanziarie arcaici e obsoleti. Mentre i settori reali delle loro economie si sviluppavano in maniera molto veloce, i sistemi finanziari non riuscivano a rispettare gli stessi ritmi e alla fine si sono trovati molti indietro rispetto al La linea diretta con Vladimir Putin fabbisogno reale. In Russia le banche straniere, tra cui la Zao Banca Intesa, affiancata dalla Kmb Bank, istituto leader nel settore dei crediti alle imprese piccole e medie, hanno fatto da traino, importando nel Paese nuove tecniche finanziarie e offrendo ai propri clienti prodotti finanziari moderni e sofisticati. Ma si sono trovate in netta minoranza nei confronti del gran numero di istituti di credito microscopici, che non di rado si sono fatti coinvolgere in operazioni di carattere puramente

2 speculativo. Nel momento in cui l economia russa è basata su progetti legati in primo luogo alla produzione di materie prime (petrolio, gas, metalli), che richiedono un investimento medio di 5-10 miliardi di dollari, le banche russe non sono state in grado di erogare tutte queste risorse, costringendo gli investitori a rivolgersi al mercato internazionale del debito. Una situazione più o meno simile è stata registrata anche in India, in Brasile e in Cina, e anche in molti altri Paesi in via di sviluppo, che hanno trasferito le proprie riserve internazionali in dollari e in euro, rivolgendosi all Occidente per gli investimenti. Negli ultimi anni il debito estero corporate delle società russe è aumentato di cinque volte, mentre quello delle società del Kazakhstan è cresciuto di ben 30 volte. Nel frattempo gli Stati Uniti hanno assorbito i risparmi accumulati dagli altri Paesi, trasformandoli negli investimenti di cui avevano bisogno le economie emergenti. In ogni caso, bisogna sottolineare che nessuno ha forzato le società russe a fare debiti di queste dimensioni, che ora devono essere rimborsati. Per come si sta sviluppando la crisi attuale, sarà molto difficile, impossibile quasi, che i mercati del capitale si possano di nuovo aprire a potenziali clienti russi già nel Esiste il rischio che l anno prossimo il prezzo del petrolio scenda ulteriormente rispetto ai livelli attuali. Stando alle previsioni elaborate dal Centro Studi di Mikhail Dmitriev, lo scenario più probabile per prodotti petroliferi prevede un prezzo compreso tra 25 dollari e 40 dollari al barile. Inoltre, dall inizio della crisi il Cremlino non sembra aver capito di possedere riserve finanziarie insufficienti per stabilizzare la situazione pompando miliardi di dollari nell economia nazionale e nel settore bancario. A questo punto il Governo Putin dovrebbe ridurre il più possibile i ritmi del ricorso alle riserve valutarie, smettendo di aiutare le imprese, in primo luogo quelle controllate dallo Stato, che si sono trovate in difficoltà finanziarie. L analisi delle tendenze internazionali degli ultimi mesi indicano chiaramente che i ritmi di crescita economica dei Paesi 2 Mikhail Dmitriev, presidente del Centro studi di progetti strategici sviluppati rallentano indipendentemente dagli aiuti finanziari erogati dallo Stato. Anche gli esperti del Cremlino sembrano cominciare a capire che i prezzi del petrolio in caduta libera, più la chiusura dei mercati finanziari alle società russe, superano di parecchie volte tutte le risorse finanziarie accumulate dalla Russia. Vale a dire che il compito principale per il Governo russo è di conservare gli avanzi delle riserve internazionali per non rischiare trovarsi scoperto di fronte ad attacchi al rublo. In caso contrario, il recupero economico dopo la crisi promette di diventare molto più difficile. Parallelamente, il Governo deve cercare di smorzare le situazioni più acute, in primo luogo evitando una svalutazione del rublo troppo brusca. Dal punto di vista degli analisti finanziari indipendenti, il Governo si deve porre come obiettivo una svalutazione del rublo del 40-50% rispetto al paniere bivalutario della Banca centrale, composto attualmente al 55% del dollaro e al 45% dell euro. Attualmente il paniere bivalutario è quotato 31,6 rubli, mentre nella seconda metà del 2009 potrebbe scendere a 45 rubli per la combinazione delle due maggiori valute del mondo. Non si esclude però una svalutazione ancora più profonda della moneta nazionale russa. Di conseguenza, indipendentemente dalle oscillazioni reciproche tra dollaro, euro e Editoriale

3 yen, il rublo continuerà a perdere il proprio peso. Inoltre, una svalutazione del rublo rischia di accelerare la corsa dei prezzi. Negli ultimi mesi l inflazione formale sta rallentando, stanno scendendo i prezzi dei comodities, e diminuisce la massa monetaria in circolazione. Nello stesso tempo, negli ultimi sei mesi il rublo ha perso rispetto al dollaro più del 15 per cento. Questo significa che ogni punto percentuale di svalutazione del rublo provoca un aumento dei prezzi in media dello 0,3 per cento. Se l anno prossimo in Russia si dovesse essere registrare una svalutazione del rublo rispetto al paniere bivalutario del 40-50%, il Paese potrebbe rischiare come minimo un inflazione del 20%. Invece, non ci dovrebbe essere un disavanzo del bilancio pubblico se, ovviamente, il Fondo di riserva sarà usato esclusivamente per equilibrare il budget federale, e quelli regionali. Anche nel caso si presentasse lo scenario più negativo possibile, con un prezzo del petrolio precipitato a 25 dollari al barile, il disavanzo delle finanze pubbliche non dovrebbero superare il 2-3% del Pil. Le riserve attualmente ammontano a più del 10% del Prodotto interno lordo previsto in Russia nel Il Centro studi di progetti strategici è stato costituito nel 1999 e da subito è diventato una specie di think tank dell allora presidente Vladimir Putin. Nel Duemila il Centro ha elaborato il programma di sviluppo economico della Russia per il periodo fino al 2010, approvato in seguito dal Governo. Attualmente il Centro - presso il quale hanno lavorato Arkadij Dvorkovich (consigliere economico di Putin) e Aleksej Uljukaev (vice Governatore della Banca centrale) - è coinvolto nell elaborazione di progetti fondamentali per l economia nazionale. Notiziario dai mercati Csi Editoriale NUOVA EDIZIONE DEL NOTIZIARIO! Cari Lettori! Il Notiziario dai mercati Csi comincia a lavorare su una nuova edizione in russo che sarà diffusa tra circa società di questo Paese. Le società italiane in cerca di collaborazioni industriali o quelle interessate a vendere i propri prodotti in Russia possono cominciare a trasmettere in italiano le proprie proposte che costituiranno una banca dati da utilizzare per il nuovo progetto editoriale. notiziariocsi@mail.ru 3

4 A San Pietroburgo scendono gli affitti dei locali negli office center Diminuisce la domanda di nuovi uffici - I developer devono congelare decine di progetti - In forte flessione la consegna dei nuovi business center: nel 2008 appena il 25% del numero previsto - I proprietari offrono forti sconti e ribassi per attirare nuovi inquilini l Cremlino vuole trasformate San I Pietroburgo, l ex capitale dell impero zarista russo, in un importante centro politico, economico e finanziario, togliendo una parte delle funzioni a Mosca. In molti Paesi esiste una netta divisione tra la capitale politica e il centro finanziario: come negli Stati Uniti Washington e New York, in Italia Roma e Milano, ecc. Un simile passaggio l ha voluto, ancora ai tempi della sua presidenza, l attuale primo ministro della Russia, Vladimir Putin, che ha ottenuto il trasferimento nella capitale del nord (come tradizionalmente chiamano San Pietroburgo in Russia) della Corte costituzionale, e di alcune altre strutture governative. A San Pietroburgo è stata aperta la Borsa russa di idrocarburi, mentre la città è diventata centro per i forum economici internazionali (su questi temi per il livello di partecipazioni vorrebbe rubare il primato a Davos). Di conseguenza, negli ultimi anni a San Pietroburgo è stato registrato un vero e proprio boom nel settore della costruzione di edifici per uffici (office center). Molte società europee, comprese quelle italiane che volevano aprire un ufficio proprio a San Pietroburgo, sono state bloccate dai prezzi proibitivi. Ma la crisi finanziaria ha aperto delle nuove possibilità, tagliando i prezzi e aumentando l offerta rispetto alla domanda. Stando alle previsioni degli analisti internazionali, nel 2009 la domanda di uffici nella città natale di Putin rischia di diminuire del 20-30%, mentre gli affitti - in base a uno scenario pessimistico - potrebbero calare del per cento. Secondo i dati resi pubblici dall agenzia Knight Frank di San Pietroburgo, alla fine del terzo trimestre del 2008 l offerta di spazi per uffici di classe A internazionale è aumentata del 14,5%, ovvero 252mila metri quadrati. L aumento dell offerta degli uffici di classe B è stata leggermente inferiore (+8%), mentre la superficie totale di questi spazi meno costosi ha raggiunto i 754mila metri quadrati. Intanto, secondo le stime dell agenzia internazionale GVA Saywer, la superficie complessiva di spazi disponibili per uffici a San Pietroburgo è arrivata a 1,6 milioni di metri quadrati. Un primo campanello d allarme è suonato per i proprietari dei business center di San Pietroburgo lo scorso agosto, il primo mese in cui non è stato registrato nessun nuovo deal per l affitto di uffici nei centri di classe A e B. Da allora il mercato si è congelato: nuovi inquilini non si trovano, mentre i proprietari sono disposti a offrire uno sconto del 25% qualora i potenziali clienti siano d accordo a versare in anticipo il canone per l intero anno. A novembre sono stati offerti uffici nei 10 nuovissimi business center, per la maggior parte ubicati nei quartieri Petrogradskij e Vasileostrovskij. Tra le più esposte c è la società di costruzione svedese Ruric che, per rimborsare i crediti ha messo - senza La cartina di San Pietroburgo con le indicazioni dei nuovi business center che dovranno essere costruiti nei prossimi anni Approfondimenti 4

5 successo - in vendita per 400 milioni di dollari alcuni dei suoi centri per uffici, tra cui quello in fase di partenza, chiamato Teatralnij : 204mila di metri quadrati di uffici e di appartamenti. Parallelamente, sta rallentando la messa in funzione dei nuovi centri. Secondo i dati della Knight Frank, dei 20 progetti, la cui consegna in un primo momento era stata programmata per il terzo trimestre del 2008, sono diventati veramente operativi solo nove (cinque centri dovranno essere messi in funzione nel periodo ottobredicembre del 2009, mentre la consegna di altri sei business center è stata rinviata). Secondo gli analisti del mercato immobiliare, a cominciare dal terzo trimestre del 2009 è stata registrata una stabile tendenza al rinvio della messa in funzione delle nuove superfici ad uso ufficio. Mentre per il 2008 i developer avevano previsto di consegnare agli inquilini fino a 700mila metri quadrati di uffici delle classi A e B, in realtà per la crisi finanziaria diventerà operativo non più del 25-30% dei volumi previsti. Molti progetti sono stati congelati alle fasi iniziali: l offerta supera la domanda e molte società di costruzione sostengono che in questo periodo non ha senso investire negli immobili commerciali: è stato messo in stand by fino alla normalizzazione della situazione sui mercati finanziari il progetto di un intero quartiere di uffici di 340mila metri quadrati, chiamato Electric City (Quartiere Petrogradskij di San Pietroburgo). Gli esperti non escludono la possibilità della trasformazione dei business center in case da abitazioni. Molti altri progetti sono stati congelati a causa di prezzi troppo alti: i tassi d interesse del 17-18% rendono i progetti di business center irrealizzabili. Nello stesso tempo i prezzi dei terreni periferici da utilizzare per la costruzione dei centri per uffici sono diminuiti di circa due volte. Per quelli più centrali il calo è stato del 20-30%: un appezzamento di terreno per un business center in centro attualmente costa in media 5mila dollari al metro quadrato, mentre nei quartieri periferici il prezzo può variare da 800 a mille dollari al mq. Molte società rivedono al ribasso i propri piani di espansione e, di conseguenza, riducono la domanda di spazi per uffici: alla fine della prima metà del 2009 la domanda di uffici rischia di diminuire del 20-30%. La caduta della domanda non si fermerà ma proseguirà fino al 40% nella seconda metà del La domanda potrebbe rimanere bassa per tutto il Ciononostante, gli uffici di qualità nei luoghi storici e strategici della città saranno utilizzati al %, mentre l indice di affitto per i progetti meno validi scenderà dall attuale 95-98% all per cento. Per rendere più interessanti le offerte bisognerà far abbassare gli affitti del per cento. Secondo molti analisti per non distruggere il mercato i proprietari accetteranno di far scendere i costi soltanto del 5-10%, accettando un certo calo della domanda. Secondo i dati della Knight Frank, lo scorso novembre l affitto di un metro quadrato di uffici negli edifici di classe A è costato agli inquilini tra 561 e dollari l anno. Gli uffici di classe B sono costati tra 401 e 812 dollari al metro quadrato l anno. Sul mese precedente i costi degli affitti sono diminuiti del 5-6%. Stanno riducendo i prezzi le società che danno gli uffici in subaffitto: i costi in questo settore sono già diminuiti del per cento. Per attirare nuovi inquilini i proprietari ricorrono al marketing, offrendo ai potenziali clienti il rimborso delle spese di trasloco e uno sconto del 50% a condizione che il contratto venga firmato entro le feste di Capodanno. Notiziario dai mercati Csi su dati Knight Frank e GVA Saywer Langenzipen, un business center di San Pietroburgo Approfondimenti 5

6 I personal computer portatili dominano il mercato russo Per la prima volta nel 2008 le forniture di notebook in Russia hanno superato quelle dei desktop - Le fabbriche che assemblano Pc in Russia fanno molta fatica a reggere la concorrenza da parte dei produttori stranieri - Aumentano le vendite dei netbook el terzo trimestre del 2008 le N forniture di computer in Russia sono aumentate del 43,9%, salendo a 3,27 milioni di pezzi. Come nel 2007 il leader incontestato di questo mercato, con il 20,6%, è il gruppo Acer. Nel Acer è riuscito ad aumentare le proprie vendite in Russia del 59 per cento. Ma non è stata la crescita maggiore: la coreana Samsung Electronics, che attualmente controlla il 3,7% del mercato russo di computer, ha incrementato le vendite del 161 per cento. Tra il 2007 e il 2008 gli affari in terra russa sono andati bene anche per la Toshiba (il 7% di mercato), che ha aumentato le vendite del 128,5%, e anche per Asus che con il 14,1% di mercato ha aumentato le vendite del 128 per cento. Invece, è andato piuttosto male il business della russa Depo Computers: rispetto ai risultati al 2007 è arretrata dal terzo al nono posto, con il 2,2% di mercato. Nel giro di un anno le vendite trimestrali dei computer portatili sono aumentate in media del 3,1% salendo a 1,92 milioni di pezzi, mentre la quota dei notebook nella massa dei computer forniti è salita al 58,7%, superando per la prima volta la fornitura dei desktop. Anche la Russia segue il generale trend mondiale: i notebook diventano sempre più potenti, i prezzi diminuiscono. Nell Europa Occidentale il sorpasso delle vendite dei computer portatili aveva superato quelle dei normali computer già nel Si prevede che nel 2010 le forniture dei computer portatili rispetto a quelle dei desktop crescano ancora di più: a causa della crisi finanziaria molti utenti decideranno di posticipare la sostituzione dei propri computer da tavolo, la cui vita è tradizionalmente più lunga rispetto a quella dei notebook. La riduzione dei prezzi dei computer portatili e, di conseguenza l aumento della loro competitività rispetto ai desktop, è diventata possibile in primo luogo grazie allo snellimento della catena commerciale, all eliminazione dei numerosi mediatori e resaler e alla diminuzione del margine generale di profitto. Molti esperti hanno sottolineato che molti produttori intendono lanciare sul mercato computer del tipo monoblocco che si ritaglieranno parte di mercato dei notebook e dei tradizionali desktop. Inoltre, nel 2009 sarà possibile un ulteriore riduzione delle vendite dei desktop, leader delle vendite nel settore corporate. E questo perché, a causa della crisi finanziaria molte società Trend e mercati 6

7 I maggiori fornitori di computer portatili nel terzo trimestre del 2008 Sony e altri 14,50% Acer 32,60% Dell 4,20% Samsung Electronics 6,20% Hew let-packard 6,40% Fonte: Gartner Group Toshiba 12% rinunceranno a rinnovare il proprio parco computer. A differenza delle società che assemblano desktop, in Russia i produttori di computer portatili non riescono a competere alla pari con i concorrenti stranieri. Mentre nella lista delle 10 società leader per le vendite dei desktop, compilata dall agenzia di marketing Gartner, sono entrati nove produttori russi, nel segmento dei produttori di computer portatili è riuscito a penetrare soltanto una società russa: con computer portatili venduti, la Rover Computers, riesce a controllare il 2% di mercato. Nella prima metà del 2008 anche le società russe K-Systems e Depo hanno lanciato sul mercato russo dei computer portatili propri, ma le vendite sono state inferiori a notebook. I produttori russi non riescono ancora a offrire ai propri clienti un adeguato servizio tecnico e peccano di ritardi nella fornitura dei componenti. Nei prossimi anni il mercato russo dei computer, specie nel segmento dei portatili, rischia di subire notevoli cambiamenti, legati in primo luogo al previsto aumento delle vendite dei cosiddetti netbook, i piccoli e poco costosi computer portatili che dispongono di limitate - rispetto a un normale notebook - performance tecniche. Asus 24,10% E questo perché alcuni maggiori produttori di netbook hanno preannunciato una notevole riduzione dei prezzi dei propri prodotti. In particolare la taiwanese Asus vuole ridurre di 100 dollari (da 300 a 200 dollari) il prezzo di partenza dei propri netbook della serie Eee Pc. In Russia il prezzo di partenza di questo modello sarà di circa rubli. La riduzione del prezzo di partenza è legata all aumento della concorrenza tra i maggiori produttori internazionali di netbook: nel 2008 sul mercato sono stati lanciati alcuni modelli molto simili all Asus Eee Pc da parte di una decina di produttori, tra cui Mio, Hp, Toshiba, Rover Book. Alcuni di questi netbook costano anche meno rispetto al prodotto della Asus. Secondo le stime dell agenzia Idc, attualmente Asus insieme all altro produttore taiwanese Acer occupano circa l 80% del mercato internazionale di netbook: dopo aver venduto in tutto il mondo nel terzo trimestre del ,7 milioni netbook, per il quarto trimestre Asus si è posto come target la vendita di 1,7-1,9 milioni di netbook. Notiziario dai mercati Csi su dati Gartner Group, Idc Trend e mercati 7

8 La regione di Cheljabinsk: il regno metallurgico nel centro della Russia Alla base del benessere della regione si trova la produzione di metalli - L area è al quarto posto tra tutte le regioni del Paese per il volume della produzione industriale - Sul territorio ci sono anche 20 centri sciistici con adeguate piste per la discesa, molti dei quali rispondono ai più elevati standard europei a regione di L Chekjabinsk si trova nella parte centrale della Federazione Russa, al confine tra la parte europea e quella asiatica. Nella parte nord ha un confine comune con la regione di Sverdlovsk, a sud con quella di Orenburg, a est con la regione di Kurgan e a ovest con la repubblica costituente del Bashkortostan. Il territorio della regione di Cheljabinsk è di chilometri quadrati su cui abitano 3,6 milioni di persone. La regione è situata nella zona meridionale della catena montagnosa degli Urali, con il punto più alto a metri sopra il livello del mare. Il clima è tipicamente continentale, con un lungo e gelido inverno e con un estate breve ma calda. La regione di Cheljabinsk è tra i maggiori soggetti economici e industriali della Federazione Russa. Ed è al quarto posto tra tutte le regioni del Paese per il volume della produzione industriale, all 11 posto per il volume del Pil regionale, al 13 posto per gli investimenti. Le aziende metallurgiche producono il 30,8% di acciaio della Russia, il 27% dei laminati di acciaio e il 15,4% di tubi di acciaio. La regione di Cheljabinsk dispone di un notevole potenziale di sviluppo economico, industriale e scientifico. Inoltre, è ricca di materie prime e possiede Guida pratica La regione di Cheljabinsk sulla mappa della Russia R U S S I A 8

9 una rete di trasporti molto sviluppata. La p o s i z i o n e geografica della r e g i o n e è strategica. Nella regione sono stati scoperti circa 300 giacimenti di minerali di vario tipo. In particolare, Chekjabinsk ha il monopolio in Russia per la produzione di Il Governatore della regione di grafite (95%), di magnesite (95%), di dolomite metallurgico (71%) e di talco (70%). Circa 150 aziende sono coinvolte nella produzione e nella trasformazione di materie prime. Il minerale di ferro è concentrato in 24 maggiori giacimenti, con un potenziale produttivo complessivo di 832 milioni di tonnellate (l 80% di queste riserve è concentrato nei giacimenti di siderite). Nella regione ci sono giacimenti di titanio, di manganese, di cromo, che però non sono sfruttati industrialmente. Ci sono nove giacimenti contenenti del rame, di cui solo cinque per il momento vengono sfruttati industrialmente. Le riserve di questi giacimenti sono stimati in circa 104 milioni di tonnellate di metallo. Questi giacimenti contengono anche altri elementi tra cui oro, argento, cadmio, e metalli rari. La regione è particolarmente ricca di giacimenti auriferi: ce ne 42 in superficie e sei che richiedono la costruzione di adeguate miniere. Sono molto favorevoli le prospettive per la scoperta di nuovi giacimenti di oro. Una posizione geografica unica favorisce lo sviluppo nella regione dei centri per lo sci alpino. Attualmente funzionano 20 centri sciistici con adeguate piste per la discesa, che però non sono in grado di soddisfare la crescente domanda per la popolarità di questo sport invernale, al cui sviluppo ha dato la spinta un grande appassionato come l ex presidente Vladimir Putin. Alcuni centri sciistici tra cui Abzakovo, Adzhigardak, Zavjalikha rispondono ai più elevati standard europei e sono molto popolari non soltanto tra i turisti russi ma anche tra quelli stranieri. Il potenziale industriale della regione è determinato dallo sviluppo dei settori come la metallurgica, la metalmeccanica, quelli del combustibile e dell energia, le costruzioni, il complesso agroindustriale. L economia della regione è dominata Guida pratica Il commercio con l estero della regione di Cheljabinsk (milioni di dollari) , ,4 6343, ,6 2976,7 0 Gennaio-settembre 2007 Gennaio-settembre 2008 Fonte: Il Governo di Cheljabinsk Interscambio Export Import 9

10 I maggiori partner commerciali stranieri (extra Csi) sono Iran, Turchia, Paesi Bassi, Usa, Italia, Germania, Polonia. Notiziario dai mercati Csi in collaborazione con l Amministrazione della regione di Cheljabinsk dall industria metallurgica che assicura la produzione di oltre il 60% del Pil regionale. A Chekjabinsk sono dislocati i big della metallurgia russa, come Mmk (Magnitogorsk), Cheljabinskij Metkombinat. Si sviluppa rapidamente l industria metalmeccanica con il 10% dell intera produzione industriale della regione. Dalle aziende metalmeccaniche di Chekjabinska escono camion pesanti (TM Ural ), trattori, impianti e attrezzature tecnologiche per l industria mineraria. Nella parte nord-occidentale della regione si trovano due tra i maggiori centri dell industria nucleare della Russia, le città scientifiche di Snezhinsk, e di Ozersk. Sul territorio di Chekjabinsk si trovano anche centri dell industria aerospaziale. Il commercio con l estero della regione di Cheljabinsk nel periodo gennaiosettembre del 2008 ha raggiunto i 9,3 miliardi di dollari, con un aumento del 40,6% rispetto allo stesso periodo dell anno precedente. L esportazione di prodotti e di servizi è arrivata a quota 6,34 miliardi di dollari (+33,9%), mentre le importazioni nel gennaio-settembre del 2008 sono cresciute del 57,6%, salendo a 2,97 miliardi di dollari Nel periodo indicato la bilancia positiva del commercio con l estero è stata di 3,36 miliardi di dollari. Le esportazioni della regione di Cheljabinsk sono dominate da metalli ferrosi e non ferrosi (88,5%), dai prodotti dell industria metalmeccanica (5,8%). La regione importa, tra l altro, concentrati di metalli (49,5%), prodotti metalmeccanici (27,2%), generi alimentari (3,7%), prodotti dell industria petrolchimica (3,6%). Il Governatore della regione Tel: +7 (351) Fax: +7 (351) gubernator@chel.surnet.ru Internet: Il ministero dell Economia Tel: +7 (351) cecon@chel.surnet.ru Il ministero dell Industria e delle risorse naturali Tel: +7 (351) uprom@mail.chel.com.ru Il ministero delle Finanze Tel: +7 (351) gfu@finupr.chel.su L industria metallurgica Magnitogorskij metkombinat Guida pratica 10

11 Una nuova riduzione del rating non spaventa il Cremlino Era previsto, secondo il Governo russo e gli analisti indipendenti - Alla base del declassamento la riduzione i problemi delle riserve internazionali del Paese - Difficile per le aziende russe l accesso al mercato internazionale del debito - La ripresa potrebbe cominciare già alla fine del 2009, inizio del 2010 er la prima volta negli ultimi dieci anni P l agenzia di valutazione internazionale Standard & Poor s ha ridotto il rating sovrano della Russia. Ma la decisione non ha scoraggiato più di tanto il Cremlino ne neppure gli analisti: il declassamento era atteso in una fase in cui il mercato del debito è in stato di congelamento con delle prospettive poco chiare. Il ministero delle Finanze ha dichiaratori aver appreso la notizia serenamente dopo che erano state tagliate le previsioni sul rating della Russia. Il principale motivo della revisione del rating della Russia è stata la notevole riduzione delle riserve aurifere e valutarie del Paese. Infatti, le riserve della Banca centrale sono diminuite nel periodo compreso tra il 28 di novembre e il 5 di dicembre di 17,9 miliardi di dollari, scendendo da 454,9 miliardi a 437 miliardi di dollari. Secondo una dichiarazione del ministero delle Finanze, la Russia ha già investito molti miliardi di dollari nella lotta contro la crisi finanziaria. Ciononostante, in quanto a risorse internazionali la Russia si trova al terzo posto nel mondo. I rating sovrani della Russia avevano raggiunto il punto minimo nel mese di settembre del 1998: subito dopo il default l agenzia internazionale Standard & Poor s li valutò allora come CCC- (ante bancarotta). Da allora il rating sovrano russo non ha fatto che crescere. Una congiuntura favorevole dei mercati internazionali, in primo luogo del petrolio, del gas e dei metalli ha permesso alla Russia di accumulare notevoli risorse valutarie, di avviare il rimborso anticipato dei propri debiti con l estero e di cmettere insieme una maxi riserva internazionale. Tutto ciò ha permesso alla Russia di ottenere giù all inizio del 2005 un rating da investimento (BBB- secondo la valutazione dell agenzia Standard & Poor s). Nel dicembre del 2006 il rating sovrano della Russia è stato promosso ancora una volta. Un primo campanello d allarme è suonato il 23 ottobre 2008, il giorno in cui Standard & Poor s ha cambiato in negativo la previsione sul rating della Russia a causa di una riduzione delle riserve internazionali, e del calo dei prezzi dell energia, il principale capitolo dell export russo. In dicembre l ascesa al rating della classe AAA è stata clamorosamente interrotta. L 8 dicembre Standard & Poor s ha annunciato la riduzione del rating valutario a lungo termine della Russia da BBB+ a BBB, mentre quello a breve termine è stato tagliato da A-2 a A-3. Le previsioni sull andamento del rating a lungo termine è stato fissato a negativo, mentre il rating a breve termine in rubli è stato confermato A-2. Infine, è stato abbassato il rating creditizio sovrano a lungo termine per gli obblighi in rubli da A- a BBB+. È la valutazione dei rischi legati alle transazioni e alla conversione della valuta nazionale per i debitori russi non sovrani è scesa da BBB+ a BBB. Notiziario dai mercati Csi Mercati finanziari 11

12 Esportazione o riesportazione? I contribuenti che esportano merci sottoposte al regime doganale di riesportazione, applicano a queste merci il tasso l Iva dello 0% come quella di esportazione Periodicamente la legittimità di una tale riduzione dell Iva diventa oggetto di processi in tribunale Fino a poco tempo fa i verdetti erano a favore dei contribuenti In seguito alla risoluzione della Suprema Corte arbitrale questa prassi potrà cambiare. n base all articolo 165 del Codice I doganale della Russia l esportazione rappresenta il regime doganale nell ambito del quale le merci che erano in libera circolazione sul territorio doganale della Russia abbandonano il territorio senza alcun impegno di ritorno. Per quanto riguarda il regime di riesportazione, la sua applicazione prevede l esportazione dal territorio doganale della Federazione russa delle merci importati in precedenza senza il pagamento, oppure con il rimborso delle tasse sull importazione, di altre tasse e senza l applicazione alle merci delle restrizioni e delle proibizioni di carattere economico, determinate dalla legislazione russa sul commercio estero (articolo 239 del Codice doganale della Russia). L essenziale differenza tra le due operazioni è evidente: al regime doganale di esportazione possono essere sottoposte soltanto quelle merci che si trovano in libera circolazione sul territorio doganale della Russia, mentre il regime doganale di riesportazione può essere applicato soltanto ai prodotti stranieri, che vengono importati sul territorio doganale della Federazione russa. In base alla legislazione doganale, nel momento in cui un prodotto lascia il Paese sotto il regime di esportazione, viene applicata la tassazione in base all Iva dello 0% (comma 1, 8 del punto 1 dell articolo 165 del Codice doganale della Russia). Gli operatori economici coinvolti nelle operazioni import-export si domandano spesso se la legge che riguarda il versamento dell Iva durante l esportazione delle merci può essere applicata alle merci che lasciano il Paese in regime di riesportazione? Bisogna sottolineare che dalla legislazione russa sulle tasse sono assenti i concetti di 12 esportazione e di riesportazione. Questo significa ch, in base al punto 1 dell Articolo 11 del Codice fiscale della Russia, questi concetti devono essere interpretati così come vengono usati della legislazione doganale. In questa situazione le Corti arbitrali della Russia finora avevano interpretato le norme degli articoli 165 e 239 del codice doganale della Russia nel modo seguente: entrambi i regimi (esportazione e riesportazione) hanno degli indizi comuni caratteristici per il processo nell ambito del quale merci vengono portate fuori dal territorio doganale della Russia senza l impegno di riportarle. Logicamente, il capitolo 21 del Codice doganale che stabilisce l Iva dello zero per cento per le merci destinate all export, può essere applicato anche ai prodotti destinati alla riesportazione. Inoltre, alle operazioni di riesportazione possono essere applicate le normative e le regole sul rimborso dell Iva per le operazioni della realizzazione delle merci, esportate dal Paese sotto il regime doganale dell export e vengono applicate Il testo del Codice doganale della Russia Leggi e norme

13 le regole previste dagli articoli 172 (definisce le modalità di esenzioni fiscali sull Iva) e 176 (definisce la modalità di rimborso dell Iva) del Codice fiscale della Federazione russa. Invece, il 24 giugno 2008 la Suprema corte arbitrale della Russia ha varato la Risoluzione no. 2968/08 che ha cambiato completamente la prassi generale sull applicazione dell Iva alle operazioni di riesportazione. Secondo la Corte arbitrale suprema bisogna prima di tutto tenere conto delle differenze dei regimi di export e di riexport, dal momento che queste operazioni hanno contenuti economici e di diritto autonomi e si distinguono dal punto di vista degli obiettivi. Nel punto 1 dell articolo 164 del Codice fiscale il legislatore ha introdotto delle esigenze imperative, il cui rispetto rende possibile l applicazione dell aliquota Iva dello 0%. La vendita (o altro) delle merci esportate sotto il regime doganale di riesportazione non rientra nella lista delle operazioni per le quali è prevista l Iva dello 0%. Secondo la Corte arbitrale suprema non possono esserci altre interpretazioni di questa normativa. Questo significa che non si può applicare l articolo 164 del Codice doganale della Russa al regime doganale di riesportazione. Inoltre, la Corte arbitrale suprema ha sottolineato che un operazione di riesportazione non costituisce oggetto per l applicazione dell Iva. Il regime doganale di riesportazione è attribuito dal Codice doganale della Russia ai regimi doganali conclusivi. Questo significa che le operazioni con le merci non sono ancora state portate a termine, la merce è soggetta all esportazione dal territorio doganale della Federazione russa, ovvero il territorio della Russia per questa merce è una tappa intermedia lungo la via che la stessa merce segue da uno Stato all altro. Come soggetto per l applicazione dell Iva può essere riconosciuta la produzione delle merci sul territorio della Russia, che in particolare viene riconosciuto come il luogo della realizzazione (vendita) delle merce, se la stessa merce al momento dell inizio del carico o del trasporto si trovava sul territorio della Federazione Russa (articolo 147 del Codice fiscale della Russia). Con regime dichiarato di riesportazione la fuoriuscita delle merci dal territorio della Russia non può essere riconosciuta come inizio del trasporto (il processo di trasporto deve essere ancora terminato). Partendo da questo l operazione di realizzazione (vendita, consegna) delle merci che sono state trasportate attraverso il territorio della Russia in regime di riesportazione, non rappresenta un oggetto per l applicazione dell Iva. A queste merci non vengono applicate le regole sul calcolo dell Iva e non esistono basi per l applicazione delle esenzioni fiscali e per il rimborso della tassa, come previsto dagli articoli 172 e 176 del Codice fiscale della Russia. Secondo la Corte arbitrale suprema questo non entra in contraddizione con il comma 3 del punto 1 dell articolo 151 del Codice fiscale della Russia, in base al quale al momento dell importazione della merce sul territorio doganale della Federazione Russa e la messa della stessa merce sotto il regime doganale di riesportazione, l Iva non viene versata dal momento che nella normativa indicata si tratta di operazioni di import delle merci sul territorio della Federazione Russa e non di operazioni di realizzazione di queste merci sul territorio del Paese. Da notare infine che la legislazione fiscale stabilisce che nel momento in cui le merci lasciano il territorio della Russia in regime doganale di riesportazione le somme dell Iva che erano state versate al momento dell ingresso delle merci nel territorio della Russia vengono rimborsate al contribuente in base alle modalità stabilite dalla legislazione doganale (comma 2 del punto 2 dell articolo 151 del Codice doganale della Federazione russa). Notiziario dai mercati Csi Leggi e norme 13

14 Intesa in uscita dal trading online A fine 2007 la piattaforma aveva 36mila clienti e circa 37mila conti aperti su cui sono transitate operazioni per 175 miliardi di euro Simone Filippetti Intesa Sanpaolo dà il via al risiko sul mercato del trading on line, un business che vanta circa 4 milioni di conti correnti via internet (500mila quelli attivi, lo zoccolo duro dei «day-trader»). Secondo indiscrezioni di mercato, la più grande banca del Paese starebbe studiando la vendita di IntesaTrade. E ai 36mila clienti e ai 7 milioni di utile della piattaforma (controllata al 100%) guarderebbero con interesse IwBank. L'istituto guidato da Corrado Passera avrebbe dunque deciso di uscire dal business del trading on line e per l'industria degli investitori «fai-da-te» si apre il consolidamento: un'eventuale vendita di IntesaTrade avrebbe un impatto marginale sui conti della banca, ma ridisegnerebbe completamente la mappa di un settore che è oggi sostanzialmente in mano a un gruppo di principali intermediari: oltre a IwBank, Equita Sim (l'ex attività di brokeraggio di Euromobiliare), Fineco, Directa Sim, TwiceTrade e Sella On Line. Il canale internet è oggi la seconda modalità bancaria, dopo il tradizionale sportello, utilizzato dai risparmiatori in Italia (il 12% delle transazioni avvengono via web), ma acquisire nuovi clienti è diventato difficile e l'unico modo per aumentare la base clienti in modo significativo è comprare piattaforme già avviate. Chi metterà le mani su IntesaTrade potrà mettere a segno una pedina importante per consolidarsi e soprattutto provare a insidiare il leader di mercato Fineco che domina la scena con 865mila clienti (la cifra però comprende anche gli ex clienti Xelion e la divisione mutui) e oltre 70 milioni di utili. IntesaTrade potrebbe far gola agli operatori molto forti sul trading come appunto IWBank, che ieri non è stato possibile contattare per un commento. Quest'ultima vedrebbe quasi raddoppiare gli utili a 18 milioni e vedere i clienti superare quota 100mila in un sol colpo se acquisisse IntesaTrade. Rumors di mercato nel fine settimana davano come interessata anche Equita, ma la società ha smentito le indiscrezioni. L'ipotesi di una possibile cessione ha iniziato a circolare sul mercato da qualche tempo (si veda Plus-Il Sole 24 Ore di sabato 1 novembre) alimentata da rumors provenienti dal mondo sindacale. Le radici di IntesaTrade datano indietro al 2000 a luglio 2001 aveva incorporato l'operatività della vecchia Caboto Sim. L'inizio delle attività della piattaforma era stato in salita: nel primo anno la società aveva raccolto 63mila clienti, ma l'obiettivo ambizioso della banca, allora, era di arrivare a 160mila utenti. Il mercato del trading on line, in Italia ha conosciuto un boom a fine anni 90, si è rivelato meno grande del previsto e, dopo il crollo della new economy, si è ridotto a una nicchia di clienti. IntesaTrade è comunque ben radicata sul suo mercato di riferimento: a fine 2007 la piattaforma contava 36mila clienti e circa 37mila conti aperti su cui sono transitate oltre 3 milioni di operazioni per un controvalore di 175 miliardi. La società può anche vantare una redditività in linea col mercato: dal bilancio 2007 di tutto il gruppo Intesa SanPaolo si apprende che IntesaTrade ha un giro d'affari di 35 milioni, attivi per 192 milioni e un utile di 7 milioni (con una marginalità del 20%). Nei mesi scorsi, a fine estate, lo stesso ad Passera aveva annunciato varie operazioni di «capital management» (che avrebbero potuto includere dismissione di asset e quotazioni in Borsa di società controllate) che serviranno anche a rafforzare il coefficiente Core Tier 1 della banca (che nel 2009 dovrebbe salire al 7,5-8%). E la cessione di IntesaTrade rientrerebbe in questo piano. Da Il Sole 24 ORE 14

15 Cassa assistenza Sanpaolo si apre dal 2009 a CariFVG, Carisbo e Carive Nicola Borzi Nuovi, piccoli passi avanti verso l'accentramento delle strutture assistenziali del gruppo Intesa Sanpaolo (si veda «Plus24» del 22 novembre). Il 4 dicembre l'azienda e la delegazione composta da DirCredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl e Uilca del gruppo ha raggiunto l'accordo sulle modifiche allo statuto della Cassa assistenza Sanpaolo da introdurre per iscrivervi anche i dipendenti di Cassa di risparmio del Friuli Venezia Giulia, Carisbo e Carive. Lo prevedevano i contratti integrativi aziendali del Dal prossimo primo gennaio, così, dopo l'accordo sulle modifiche statutarie, i dipendenti di CariFvg, Carisbo, Carive e il personale che queste banche hanno ceduto a CariVeneto e CariRomagna sarà iscritto alla Cassa Sanpaolo. È salva la facoltà di rinuncia irrevocabile da inoltrare entro 60 giorni. Sempre dal primo gennaio i dipendenti assunti a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato in Intesa Sanpaolo potranno scegliere di iscriversi alla Cassa sanitaria di Intesa o quella di assistenza Sanpaolo, mentre per gli apprendisti assunti dal 2007 o di futura assunzione in Banca dell'adriatico, Banco di Napoli, CariFvg, Carisbo e Carive continuerà a valere la norma che prevede la loro adesione alla cassa Sanpaolo dal primo gennaio del terzo anno solare di servizio, con la possibilità però di iscrivere anche i propri familiari (l'iscrizione di familiari finora era possibile solo al momento della conferma a tempo indeterminato). Nel comunicato, i sindacati ricordano di aver «nuovamente rivendicato all'azienda l'esigenza di un processo di armonizzazione anche sulla previdenza complementare per i lavoratori con contribuzioni previdenziali inferiori, compresi i neoassunti Intesa Sanpaolo» e ribadiscono di aver chiesto all'azienda, «in premessa all'incontro», «la ripresa della trattativa per la costituzione del nuovo Fondo sanitario di gruppo, quale elemento fondante di integrazione tra tutti i lavoratori delle società del gruppo, senza pregiudiziali rispetto alla creazione di separate evidenze contabili che dovranno coesistere con il principio di parità di prestazioni e contribuzioni tra attivi e pensionati e con criteri che concretizzino il principio di solidarietà». Da Il Sole 24 ORE Intesa Sanpaolo, Modiano si dimette La guida del retail andrà a Francesco Micheli - Bazoli esclude l'abbandono della governance duale - PASSERA SULLA RECESSIONE - «Per uscire dalla crisi il sistema Italia dovrà lavorare assieme. Le banche devono fare bene il loro mestiere assicurando credito ai progetti validi» MILANO Pietro Modiano si è dimesso da Intesa Sanpaolo. A poche settimane dallo scontro con l'amministratore delegato Corrado Passera sul riassetto della divisione retail, il banchiere ex Sanpaolo ha deciso di lasciare la carica di direttore generale della holding e di capo della Banca dei Territori, rifiutando altri incarichi nel gruppo (ieri Mps ha definito infondate le voci di un suo arrivo a Siena). Per risolvere le tensioni al vertice manageriale, sarebbe stato decisivo l'intervento del presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli. Che avrebbe fatto appello al senso di responsabilità di Modiano, cui è stato chiesto di prendere atto dell'appoggio dei grandi soci al piano di riorganizzazione progettato da Passera. L'obiettivo di 15

16 Bazoli, e delle Fondazioni azioniste, era di risolvere il caso Modiano prima che il consiglio di gestione di martedì prossimo, 16 dicembre, fosse costretto a votare una sfiducia formale. Un passaggio doloroso, ma anche rischioso per i consiglieri. Anche per evitare imbarazzi tra le anime «torinesi» e «milanesi» del gruppo nato dalla fusione tra Sanpaolo-Imi e Banca Intesa. La notizia delle dimissioni di Modiano ha cominciato a circolare nel pomeriggio, dopo che Bazoli a margine del consiglio della Mittel aveva definito «positivo» il suo intervento di mediazione volto a scongiurare una resa dei conti in consiglio. In serata, l'uscita del banchiere è stata anche comunicata ufficialmente al mercato: «Si è oggi risolto consensualmente il rapporto di lavoro tra Pietro Modiano e Intesa Sanpaolo si legge in una nota del gruppo il presidente del consiglio di sorveglianza Giovanni Bazoli e il presidente del consiglio di gestione Enrico Salza esprimono il loro vivo apprezzamento per l'opera svolta dal dottor Modiano in questi primi due anni di integrazione tra Sanpaolo-Imi e Banca Intesa». La sostituzione del banchiere avverrà martedì prossimo, quando il consiglio di gestione si riunirà per esaminare tra l'altro la riorganizzazione della divisione retail. La responsabilità della nuova Banca dei Territori dovrebbe passare al direttore generale Francesco Micheli, che sarà affiancato da un manager operativo (probabilmente scelto tra gli ex Sanpaolo). «Con la risoluzione consensuale del rapporto tra Modiano e Intesa Sanpaolo, temo che la componente Sanpaolo della nuova banca rischi di subire un ulteriore indebolimento», ha commentato il Sindaco di Torino Sergio Chiamparino, che nelle scorse settimane si era molto speso per difendere il ruolo di Modiano. «Mi auguro ha aggiunto di essere smentito dai fatti, che valuteremo nel prossimo futuro». Dichiarazioni poco bellicose, in linea con la volontà generale degli azionisti e del vertice della banca di archiviare la fase delle tensioni per dedicarsi unitariamente a pilotare Intesa Sanpaolo fuori dalla crisi finanziaria ed economica destinata a durare anche nel Anche gli eventuali ripensamenti sulla governance duale sembrano essere stati accantonati («Nel modo più assoluto no», ha risposto ieri Bazoli a chi gli chiedeva di un possibile ritorno al sistema tradizionale). Sugli effetti della crisi ieri è intervenuto Passera, che ha parlato a un convegno prima che fossero note le dimissioni di Modiano. La recessione, ha osservato Passera, è stata «immediatamente globale e forte» e può «diventare una depressione perché non c'è scritto da nessuna parte che si fermerà», rilevando che le previsioni che si fanno oggi sull'impatto della crisi sono «probabilmente ottimistiche». Secondo il capoazienda di Intesa Sanpaolo, per riportare la fiducia sui mercati «ci vogliono regole, non tante ma chiare e ci vogliono controlli efficaci». E l'italia? Pur appesantita da uno dei debiti pubblici più alti del mondo che in tempi di politiche keynesiane «è un vincolo in più, ma non deve essere assoluto» e da debolezze strutturali ha anche motivi per avere meno timori di altri Paesi. L'impatto del calo dell'export si farà indubbiamente sentire, ma - ha sottolineato Passera - negli ultimi anni nonostante super-euro e caro-petrolio (ora peraltro in ritirata), le imprese italiane hanno visto crescere con forza le esportazioni. Dalla recessione, però, si uscirà «solo se il sistema Italia lavora assieme, in modo anticiclico e in fretta». Le banche devono fare bene il loro mestiere, «assicurando credito ai progetti validi, facendo una selezione a favore delle imprese, che innovano, internazionalizzano, consolidano il settore, fanno da traino». Se poi il quadro politico agirà nel senso di aumentare gli investimenti nelle infrastrutture, «se ci sarà un impegno di spesa pubblica intelligente», perché la crisi è «anche un'occasione per spendere bene», allora il Paese dopo la crisi «potrà ritrovarsi più forte». Al. G. Giovanni Bazoli Da Il Sole 24 ORE 16

17 Oligarchi nella trappola Cremlino Lo Stato salva Deripaska, il più ricco uomo russo, che rinuncerà alla scalata di Norilsk Nickel - LE ECCEZIONI - Sterligov ha conservato i capitali e si è ritirato ad allevare pecore in campagna - Prokhorov ha previsto la crisi, vende gli asset e aspetta tempi migliori - Moscow City doveva diventare come La Défense, ma le gru si sono fermate: per mancanza di finanziamenti è stata sospesa anche la torre di Norman Foster di Antonella Scott MOSCA. Dal nostro inviato Yacht City è un complesso residenziale di lusso a 15 minuti dal centro di Mosca, appena ultimato. Non è certo il momento migliore per dare il via alle vendite ma Capital Group, uno dei protagonisti del grande piano che voleva ridisegnare lo skyline della capitale russa, cerca di pubblicizzare gli aspetti positivi della situazione: «Scritta in cinese - è il suo slogan - la parola crisi è composta da due caratteri: il primo significa "pericolo", il secondo "opportunità"». Lo disse John Fitzgerald Kennedy a Indianapolis, nel 1959, e molti in seguito lo copiarono, da Nixon a Condoleezza Rice. Ma la citazione è sbagliata: «weiji» in cinese significa "pericolo" e "punto critico", non opportunità. Così, il termine riflette molto meglio lo stato in cui si trova l'industria russa delle costruzioni: «Una di quelle maggiormente a rischio, come la grande distribuzione - spiega James Beadle, chief investment strategist di Pilgrim Asset Management - perché maggiormente esposta con capitale a breve». A Moscow City, il nuovo distretto finanziario che avrebbe voluto proporsi al mondo come il Canary Wharf o La Défense della capitale russa, le gru si sono fermate, e per ora sono loro lo skyline: per mancanza di finanziamenti è stata sospesa anche la costruzione della Russia Tower di Norman Foster, che a 600 metri sarebbe diventata l'edificio più alto in Europa. Enormi fortune, costruite su una speculazione che negli ultimi dieci anni ha creato uno dei mercati immobiliari più cari al mondo, rischiano di crollare: come quella di Shalva Chigirinskij, il costruttore della Russia Tower che possiede anche il 47% di Sibir Energy. Nei giorni scorsi la compagnia petrolifera si è "offerta" di acquistare gli asset in difficoltà di Chigirinskij, per un valore di 340 milioni di dollari. «Tempi difficili richiedono decisioni spiacevoli», ha spiegato l'amministratore delegato di Sibir, Henry Cameron, ma intanto il titolo, quotato alla Borsa di Londra, ha perso il 60% del proprio valore: agli investitori non piace che un oligarca risolva i propri problemi di liquidità a spese degli azionisti di minoranza. Dimezzati i miliardari nella hit parade Con un patrimonio di 2,3 miliardi di dollari, per il 2008 Chigirinskij è al 524 posto nella classifica dei miliardari di Forbes: ma l'anno prossimo, scommette il direttore dell'edizione russa Maksim Kashulinskij, di 87 nomi russi in lista ne resteranno più o meno la metà. In cinque mesi di crisi, gli oligarchi russi hanno perso in totale 230 miliardi di dollari, secondo l'agenzia Bloomberg che sulla base dei crolli in Borsa e dei patrimoni stimati ha fatto il conto delle perdite di ciascuno: al primo posto è Vladimir Lisin, proprietario dell'85% di Novolipetsk Steel. La crisi gli sarebbe costata 22 miliardi di dollari. Il settore siderurgico paga il crollo dei prezzi dell'acciaio, scesi in Russia più del 50% dal luglio scorso. "Disastro totale" è il titolo con cui la banca Uralsib introduce in questi giorni la sua analisi del settore per i propri clienti. In difficoltà Mechel, Severstal di Aleksej Mordashov, Evraz di Roman Abramovich. I vecchi oligarchi stanno «retrocedendo nell'ombra», dice Evghenij Gontmakher, ex vice ministro, responsabile del Centro di politiche sociali dell'istituto di economia (Accademia delle scienze). In soccorso al più ricco Da miliardari che erano, resteranno milionari. Il caso più eclatante è quello di Da Il Sole 24 ORE 17

18 Oleg Deripaska. L'uomo più ricco di Russia, si diceva, ma chi può dire se è ancora così? L'impero raccolto attorno alla holding Basic Element avrebbe debiti per 20 miliardi di dollari. Deripaska li ha accumulati chiedendo prestiti alle banche straniere, e offrendo in garanzia le proprie azioni: quando il loro valore è crollato, le banche hanno richiamato il dovuto. L'oligarca - sposato a Polina, una nipote acquisita di Boris Eltsin - è stato costretto a rinunciare alle proprie partecipazioni nella tedesca Hochtief (costruzioni) e nella canadese Magna (componenti per auto). Ma il suo tesoro più grande era il 25% di Norilsk Nickel - primo produttore al mondo - acquisito dalla Rusal in aprile grazie a un prestito di 4,5 miliardi di dollari, ottenuto da un pool di banche guidate da Bnp Paribas. Con la crisi, i problemi di liquidità di Rusal avrebbero potuto mettere un quarto del gigante russo del nickel in mani straniere. È qui che entra in scena lo Stato. Deripaska è stato uno dei primi oligarchi a ottenere un prestito d'emergenza - 4,5 miliardi di dollari - dalla Vneshekonombank, l'istituto che gestisce la linea di credito di 50 miliardi messa a disposizione dal Governo per rifinanziare i prestiti contratti con banche occidentali. Il board della banca è presieduto da Vladimir Putin: quei soldi hanno un prezzo molto alto. Le mire del Cremlino oltre la crisi Il sospetto che lo Stato voglia approfittare della crisi finanziaria per riprendere il controllo di complessi strategici come Norilsk Nickel, privatizzata negli anni 90 a favore di un altro oligarca, Vladimir Potanin, si è rafforzato quando, nei giorni scorsi, Deripaska e Potanin hanno annunciato l'ingresso nel board di Norilsk Nickel di due rappresentanti del Governo: Aleksandr Voloshin - ex capo dell'amministrazione presidenziale fin dai tempi di Eltsin - e Serghej Chemezov, ex ufficiale del Kgb, amico di Putin, capo di un colosso statale, Russian Technologies, che negli ultimi mesi ha inghiottito una dopo l'altra 420 compagnie, partendo dal monopolio che esporta armamenti. Un modello di "campione nazionale" che il Cremlino sembra intenzionato a replicare, a cominciare dal settore metallurgico. «Non c'è da stupirsi - osserva Beadle - per anni gli oligarchi dei metalli non sono riusciti a mettersi d'accordo sul modo di rispondere al desiderio dello Stato di vederli unirsi in un gruppo di portata globale». Ora che sono in difficoltà, lo Stato forza una soluzione: «Assisteremo con ogni probabilità alla nascita di corporation miste Stato-privati, come Gazprom, o Rosneft». Chemezov potrebbe essere il prototipo del nuovo oligarca, nella ridistribuzione di proprietà che si sta profilando. «Ci sono forze nell'amministrazione russa - spiega Beadle - che mirano a utilizzare la crisi finanziaria per acquisire più influenza, più controllo, più holdings». Intende dire i siloviki, passati o presenti uomini dei servizi segreti, o comunque dell'apparato. «Gli oligarchi vincitori - aggiunge Gontmakher - sono persone molto vicine allo Stato, con accesso alle sue cosiddette risorse amministrative». Potranno essere manager migliori dei vecchi oligarchi? «Certamente no. Per questo è possibile che i nuovi proprietari invitino i vecchi a rimanere, ma soltanto come gestori». In questi giorni Putin ripete che lo Stato sta intervenendo solo per aiutare le imprese in difficoltà e non per acquisirne il controllo, «ma non è chiaro - dice Beadle - se avrà la volontà o il potere di impedire sviluppi meno benevoli». Il suo primo vicepremier, Igor Shuvalov, assicura che «nessuno ha intenzione di distruggere le compagnie, poiché abbiamo bisogno di un business forte». Ma in un panorama di aziende salvate dalla bancarotta, a danno delle riserve in valuta della Banca centrale accumulate con i profitti del petrolio, nel migliore dei casi lo Stato vorrà avere voce in capitolo su strategie e investimenti. Dopo aver deciso chi salvare, e a quali condizioni. Chi si è salvato Il crepuscolo dei vecchi oligarchi consente qualche eccezione. Ghennadij Sterligov, uno dei primi multimilionari russi. Non ha perso un copeco. La ragione? Ha voluto seguire l'esempio di Tolstoj, qualche anno fa ha venduto tutto e si è ritirato ad allevare pecore in campagna. Non tornerebbe mai indietro, assicura. Oppure Mikhail Prokhorov, ex socio di Potanin a Norilsk Nickel: afferma di aver sentito arrivare la crisi finanziaria, già nella primavera scorsa. Si è quindi messo a Da Il Sole 24 ORE 18

19 vendere i propri asset, tra cui quel 25% di Norilsk Nickel finito in mano a Deripaska. Ora Prokhorov siede compiaciuto su un patrimonio di 10 miliardi di dollari, e aspetta le occasioni migliori per investire: «I momenti di crisi sono una montagna di opportunità», dice. Pensando forse alle parole di John Kennedy. Emergenti, il potere aumenta di Dani Rodrik Per le nazioni in via di sviluppo, la crisi in corso presenta un aspetto positivo, e cioè la possibilità di accrescere il proprio peso nelle istituzioni che governano la globalizzazione economica. Quando il polverone si sarà posato, la Cina, l'india, il Brasile, la Corea del Sud e una manciata di altre nazioni "emergenti" saranno in grado di esercitare un'influenza molto maggiore sulla gestione delle istituzioni economiche multilaterali, e saranno in una posizione molto migliore per premere in direzione di riforme che rispecchino i loro interessi. Le ragioni, collegate tra loro, sono due. La prima è che la crisi finanziaria ha indebolito gli Stati Uniti e l'europa, che dunque non avranno la volontà o la capacità di garantire quel tipo di leadership che aveva tenuto in piedi il multilateralismo nei decenni che fecero seguito alla Seconda guerra mondiale. Le nazioni in via di sviluppo dovranno farsi avanti e riempire quel vuoto. La seconda è che il peso relativo e l'importanza delle nazioni in via di sviluppo nell'economia globale usciranno da questa crisi ancora più rafforzati. Molti dei maggiori istituti di credito occidentali - quelli che non sono stati nazionalizzati - e anche alcune importanti imprese del settore industriale rimarranno alla mercé dei capitali cinesi e arabi. Nel commercio, l'attuale tornata di negoziati globali ha dimostrato che se le nazioni ricche vogliono la collaborazione dei Paesi emergenti dovranno consentire loro di decidere le regole del gioco. Per sfruttare al meglio questo risultato, le nazioni in via di sviluppo dovranno aver chiari i propri interessi e le proprie priorità. Quali obbiettivi dovrebbero perseguire, allora? Innanzitutto, devono premere per l'adozione di nuove regole che riducano la probabilità di crisi finanziarie e ne rendano meno gravi le conseguenze. Abbandonati a loro stessi, i mercati finanziari globali garantiscono, in tempi di vacche grasse, troppo credito a costi troppo bassi, e in tempi di vacche magre troppo poco credito. L'unica risposta efficace è la gestione anticiclica dei movimenti di capitale: scoraggiare l'indebitamento con l'estero durante i periodi di boom e impedire la fuga dei capitali durante i periodi di crisi. Perciò, invece di storcere la bocca per i controlli sui capitali e premere per una maggiore apertura finanziaria, l'fmi dovrebbe dedicarsi ad aiutare attivamente gli Stati a implementare queste politiche, e dovrebbe anche estendere le sue linee di credito d'emergenza, assumendo semmai la veste di prestatore di ultima istanza per quei Paesi in via di sviluppo investiti dal colpo di frusta della crisi finanziaria. La crisi è un'opportunità per ottenere maggiore trasparenza su tutti i fronti, comprese le pratiche bancarie in voga nei Paesi ricchi che facilitano l'evasione fiscale nelle nazioni emergenti. I cittadini ricchi nei Paesi in via di sviluppo evadono ogni anno le tasse nel loro Paese per più di 100 miliardi di dollari, grazie a conti correnti a Zurigo, Miami, Londra e così via. I governi dei Paesi in via di sviluppo devono pretendere e ricevere informazioni sui conti dei loro cittadini. Le nazioni emergenti dovrebbero premere anche per l'adozione di una Tobin tax, una tassa sulle transazioni in valuta estera a livello globale. Che sia sufficientemente bassa, diciamo lo 0,25 per cento. Una tassa del genere accrescerebbe considerevolmente le entrate senza produrre grandi effetti negativi sull'economia mondiale. Nella peggiore delle ipotesi, i costi in termini di efficienza sarebbero limitati; nella migliore delle ipotesi, l'imposta scoraggerebbe un eccesso di speculazione a breve termine. Da Il Sole 24 ORE 19

20 Il denaro raccolto - centinaia di miliardi di dollari ogni anno - potrebbe essere speso in beni pubblici globali, come l'assistenza allo sviluppo, i vaccini per malattie tropicali, il trasferimento di tecnologie ecologiche ai Paesi del terzo mondo. Le difficoltà amministrative che comporta un'implementazione della Tobin tax non sono insormontabili, se tutti i principali Paesi industrializzati premeranno in tal senso. A quel punto sarebbe possibile ottenere la collaborazione dei centri finanziari offshore facendo leva sulla minaccia di isolamento. Le nazioni in via di sviluppo, inoltre, devono imporre all'interno dell'organizzazione mondiale del commercio (Wto) il concetto di "spazio politico" (policy space). Lo scopo sarebbe garantirsi di poter ricorrere a quel tipo di politiche commerciali e industriali necessarie per ristrutturare e diversificare le loro economie e preparare il terreno per la crescita economica. Tutti i Paesi che sono riusciti a integrarsi con successo nella globalizzazione hanno fatto ricorso a queste politiche, molte delle quali (sussidi, regole sul contenuto locale, reingegnerizzazione di prodotti brevettati) attualmente non sono consentite dalle regole della Wto. Più potere, però, comporta anche più responsabilità. I Paesi in via di sviluppo dovranno mostrare una maggiore comprensione e dare risposte più efficaci ai timori legittimi dei Paesi ricchi, e dovranno essere disposti a pagare di più per determinati beni pubblici mondiali. I Paesi emergenti esportatori di capitali dovrebbero essere pronti a garantire più trasparenza sull'operato dei loro fondi sovrani, e impegnarsi a non usarli a scopi politici. Le principali nazioni emergenti - la Cina, l'india e la Russia - dovranno accollarsi una parte dell'onere della riduzione delle emissioni di gas serra. Copyright: Project Syndicate, 2008 (Traduzione di Fabio Galimberti) Alleanza tra l Europa e la Russia per un nuovo sviluppo Da Il Sole 24 ORE Solo camminando insieme sarà possibile realizzare un diverso e più efficiente ordine economico mondiale Alexey Meshkov* Gli incontri dei leader dell'unione europea attirano sempre una particolare attenzione. Le decisioni del Consiglio europeo, infatti, si riflettono inevitabilmente sui rapporti della Ue con i propri partner. L'Europa deve tenere in considerazione gli interessi legittimi dei giocatori esterni, compresa naturalmente la Russia, per assicurare lo sviluppo stabile e coerente del nostro continente: solamente così potremo arrivare a una discussione amichevole e fruttuosa su tutte le questioni che ci preoccupano. Un aspetto che acquista un significato di principio: ultimamente, anche in Russia, sta crescendo la consapevolezza che il mondo contemporaneo si trova di fronte a una fase di difficile transizione. Abbandonato il vecchio sistema bipolare nei rapporti internazionali, oggi siamo consapevoli dell'arcaicità dell'esistente architettura economico-finanziaria del pianeta. Non si è però ancora fatta la cosa essenziale e cioè lavorare alla costruzione di un nuovo ordine globale in grado di superare la crisi con minime perdite. Incertezza e assenza di una visione condivisa sul futuro rappresentano ostacoli non sottovalutabili. Ostacoli che si potrà superare solo con uno sforzo comune da parte di tutti i Paesi, tenendo conto, quindi, degli interessi di tutti i membri della comunità internazionale. Sono convinto che a Mosca e a Roma ne siano perfettamente consapevoli e questo costituisce una solida base per cementare i rapporti fra i due Paesi, anche in vista di una collaborazione sulla scena mondiale. Il mio vuole essere un ragionamento 20

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