I BENI TEMPORALI DELLA CHIESA E LE PERSONE GIURIDICHE

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1 I BENI TEMPORALI DELLA CHIESA E LE PERSONE GIURIDICHE Il Codice di Diritto Canonico dedica ai beni temporali della Chiesa un libro a sé, il quinto, comprendente una parte introduttiva (cann ) e quattro titoli: 1. L acquisto dei beni 2. L amministrazione 3. I contratti, in particolare l alienazione 4. Le pie volontà in genere e le pie fondazioni Anche se la distribuzione della materia è identica a quella del Codice precedente (CIC-1917: libro III - parte 6^: cann ), le norme adesso contengono profonde innovazioni. Ad esempio: l accentuazione del fine spirituale degli uffici ecclesiastici, la creazione dei nuovi istituti per il sostentamento e la previdenza sociale del clero, e per le varie necessità della diocesi (can. 1274), la erezione di nuovi organismi amministrativi, come il Consiglio per gli Affari Economici, diocesano e parrocchiale, e dell economo, l attribuzione di una maggiore competenza in maniera economica alle Chiese particolari, a livello diocesano e nazionale, in applicazione al principio di sussidiarietà e approvato dal sinodo dei vescovi nell ottobre del 1967; un più largo rinvio alle norme del diritto civile. La nuova legislazione, insomma, ha inteso dare una concreta attuazione agli orientamenti conciliari, collocando i beni temporali nel contesto della comunione ecclesiale e della missione religiosa, e informando l economia, pur necessaria alle attività della Chiesa, alla sua organizzazione e al suo sviluppo, a un autentico spirito di povertà e di carità evangelica. Si vuole assicurare, anche, la più valida gestione degli enti ecclesiastici, facendovi partecipare in giusta misura anche i laici (cfr. cann. 492, 537, , 1282, 1287, ecc). La legislazione canonica in materia patrimoniale non è soltanto quella contenuta nel V libro del Codice. Essa comprende anche numerose disposizioni sparse in varie altri parti. Non tratterò naturalmente in questa sede tutta quanta la materia sui beni temporali della Chiesa. Mi limito semplicemente a delineare, pur se per sommi capi, alcuni punti-chiave che ci consentono di poter conoscere il diritto nativo della Chiesa riguardo alla gestione patrimoniale e le persone giuridiche della chiesa, quali responsabili diretti nella gestione e amministratori degli stessi beni, particolarmente quelli riguardanti gli istituti religiosi. E interessante anche, oltre alla normativa del Codice del 1983, tenere in considerazione l Istruzione in materia amministrativa della Conferenza Episcopale Italiana dell Affronta, tra l altro, la problematica riguardante gli enti ecclesiastici e i suoi beni, la potestà esecutiva del vescovo diocesano nell amministrazione dei beni ecclesiastici, ma soprattutto quanto riguarda la partecipazione dei laici. 1. Il diritto nativo della Chiesa Sappiamo come la Chiesa, per diritto divino, non ha soltanto una struttura intima e spirituale, quale corpo mistico di Cristo, ma anche una struttura esterna, visibile e sociale. E in quanto tale ha bisogno di adeguati mezzi economici, oltre che spirituali, per poter svolgere la sua missione e conseguire i propri fini (L.G. 8,4). A tale bisogno risponde un diritto patrimoniale: - Nativo, ossia originario e non legato a una concessione o alla tolleranza dello Stato; - Indipendente da qualsiasi potestà civile; - Pieno, ossia comprensivo di tutti i rapporti giuridico-canonici relativi all acquisizione dei beni, al loro possesso e godimento, alla loro amministrazione e alienazione. 1

2 2. I vari soggetti dei diritti patrimoniali Sono soggetti di diritti patrimoniali, con capacità giuridica di acquistare, possedere, amministrare, alienare e disporre dei propri beni: - La Chiesa universale e la Sede Apostolica (cann 204 e 361) che sono persone morali in forza dello stesso ordinamento divino (cioè il supremo Pontificato in quanto ufficio); - Le Chiese particolari: diocesi, prelature e abbazie territoriali, amministrazioni apostoliche stabilmente erette (can. 368); - Tutte le persone giuridiche ecclesiastiche, pubbliche e private, costituite a norma del diritto (can.116 2): seminari, parrocchie, istituti religiosi, associazioni di fedeli, pie fondazioni, ecc.., poiché la capacità patrimoniale fa parte della personalità giuridica. Va detto anche che il Romano Pontefice, in forza della sua autorità suprema, esercita per potere di alto dominio (sovranità) che lo costituisce supremo amministratore e dispensatore di tutto il patrimonio ecclesiastico. Questo potere del Papa si comprende che contribuisce a dare una certa unità al detto patrimonio ripartito fra i vari enti e le varie istituzioni. 3. Concetto di beni ecclesiastici (can. 1257) E molto importante fare la distinzione tra beni ecclesiastici e quelli laicali da un punto di vista giuridico, poiché tali beni sono soggetti a una disciplina completamente diversa. - Per beni ecclesiastici intendiamo tutti quei beni appartenenti alla Chiesa universale, alla Sede Apostolica, alle Chiese particolari e alle altre persone giuridiche pubbliche esistenti nella Chiesa (cfr can.116 1). - Tutti i beni appartenenti alle persone giuridiche private vengono denominati beni non ecclesiastici, ossia laicali. I beni ecclesiastici, poi, sono retti dalle norme contenute nel Codice e dai propri statuti, legittimamente approvati. Quelli non ecclesiastici, invece, dagli statuti delle persone giuridiche a cui appartengono. 4. Concetto di persona giuridica Chiariamo il concetto di persona giuridica. Si tratta di organismi per mezzo dei quali la Chiesa agisce istituzionalmente per il conseguimento delle proprie finalità. Più propriamente sono enti ideali, a sostrato reale, che servono come forme giuridiche di unificazione e di concentrazione di diritti e obblighi distinti e diversi da quelli che le compongono per il perseguimento potenziato e prolungato di interessi umani. L istituto della persona giuridica fu recepito nell ordinamento canonico per fare fronte a livello giuridico a diverse situazioni pratiche, prevalentemente di carattere patrimoniale e processuale. Proprio perché le persone giuridiche sono costituite per il raggiungimento delle finalità della Chiesa, l erezione di tali enti spetta all autorità ecclesiastica la quale, conseguentemente, mantiene su di essa un potere di controllo, di vigilanza e di protezione. Occorre precisare però la distinzione tra persone giuridiche pubbliche e persone giuridiche private. Il criterio fondamentale di distinzione è quello indicato nel can e cioè l agere nomine Ecclesiae. Questa espressione significa, precisamente, che l Ente agisce ufficialmente in nome della Chiesa, e questo è esclusivo della persona giuridica pubblica. Quella privata, invece, è stata introdotta per dare una forma giuridica definita a situazioni soprattutto nel campo delle associazioni dei fedeli che, diversamente, sarebbero rimaste senza una adeguata configurazione e protezione giuridica. E chiaro, comunque, che anche la persona giuridica privata è eretta dalla competente autorità canonica. 2

3 Il concetto di persona giuridica pubblica è determinato dal can Il criterio di distinzione tra persone giuridiche pubbliche e provate non è il fine, che è medesimo per le une e le altre (fine apostolico, culturale, caritativo) conforme alla missione della Chiesa. Le persone giuridiche pubbliche si distinguono dalle private perché operano in nome della Chiesa, quali suoi strumenti; mentre le seconde agiscono a nome proprio e sotto la responsabilità dei membri. Le prime sorgono ad iniziativa dell autorità ecclesiastica (can ), le seconde ad iniziativa dei fedeli (cann. 215 e 299). Queste ultime stanno, però, in una posizione intermedia tra le semplici associazioni di fatto (can. 215, 219, 230, 310) e le persone giuridiche pubbliche. Ripeto: solo i beni temporali appartenenti alle persone giuridiche pubbliche esistenti nella Chiesa sono beni ecclesiastici, rette dai canoni relativi (cann ) oltre che dagli statuti; mentre per i secondi, retti dai propri statuti e non dai canoni. Esempio di persone giuridiche pubbliche: Chiese particolari, Seminari, Parrocchie, Istituti Religiosi, ecc. A noi interessa segnalare qui solamente il fatto che mentre i beni appartenenti alle persone giuridiche pubbliche esistenti nella chiesa vengono denominati beni ecclesiastici, i beni, invece delle persone giuridiche private non sono beni ecclesiastici nel senso tecnico di questo termine: ciò nonostante, essi presentato una dimensione ecclesiale. Quest ultimi, quindi, sono rette dai loro statuti, sia per quanto si riferisce alla determinazione dei loro rappresentanti (can. 118), come per il destino dei loro beni in caso di estinzione. Per le persone giuridiche pubbliche il can. 123 stabilisce che i beni, i diritti patrimoniali e gli oneri salvi sempre la volontà dei fondatori e degli offerenti, come pure i diritti acquisiti sono regolati dal diritto (es. libro V del CIC) e dagli statuti. Se questi tacciono vanno alla persona giuridica immediatamente superiore (per esempio, i beni di una parrocchia legittimamente soppressa vanno alla diocesi). Dello statuto delle persone giuridiche private è importante, invece, esplicitare bene l ente al quale si intendono devolvere i beni in caso di estinzione (es. altri enti che svolgono attività identiche o simili a quelle dell ente interessato). 5. La rappresentanza giuridica Ci addentriamo adesso al problema della rappresentanza giuridica riguardo alle persone giuridiche pubbliche, e poi in particolare per gli istituti religiosi. Gli organi di rappresentanza sono determinate dal diritto universale o particolare o dai propri statuti. Per diritto universale, la rappresentanza giuridica è determinata relativamente alle diocesi, al seminario e alla parrocchia. Rappresentante della diocesi in tutti i suoi negozi è il Vescovo (can. 393); quella del seminario è il rettore (can. 238) tranne qualche eccezione; quella della parrocchia è il parroco (can. 532) o al moderatore nel caso dell affidamento in solido (can , n.3). Qui è compresa anche la capacità processuale (cfr can ), oltre alla giuridica e di agire. Mi soffermo adesso a considerare i punti salienti riguardanti la rappresentanza giuridica delle Parrocchie e degli Istituti Religiosi. La rappresentanza giuridica della Parrocchia: - Spetta ipso iure al parroco (can. 532) Come rappresentante giuridico della parrocchia, il parroco è anche amministratore nato dei beni parrocchiali: che sono i beni ecclesiastici in senso proprio ai sensi del can , che pertanto sono soggetti alle norme stabilite nel libro V, i beni temporali, in particolare ai cann La cattiva amministrazione dei beni parrocchiali, quando creerebbe grave danno alla Chiesa, può essere causa di rimozione del parroco dal suo ufficio (can ). Di notevole importanza sta anche il richiamo all obbligo del Consiglio per gli affari economici (can. 537 e cfr anche CEI, Istruzione in materia amministrativa, 1 aprile 1992) per prestare il loro aiuto al parroco nell amministrazione dei beni della parrocchia. Nel caso, poi, di una parrocchia affidata a un istituto religioso clericale o a una società clericale di vita apostolica, il parroco non può essere la persona giuridica (can ) ma un 3

4 sacerdote dell Istituto o della società. Nella convenzione tra il vescovo e il superiore competente si devono precisare non solo gli aspetti pastorali, ma anche quelli amministrativi ed economici, distinguendo in particolare quanto, in materia di immobili, offerte, spese e tasse diocesane, è di pertinenza della casa religiosa e quanto della parrocchia, e quindi del parroco coadiuvato dal consiglio parrocchiale per gli affari economici. La personalità giuridica per gli Istituti Religiosi (cc ) Il legislatore afferma la necessità della personalità giuridica data agli Istituti Religiosi, alle province e alle singole case, erette legittimamente. E la capacità patrimoniale che diventa conseguenza logica della personalità giuridica. Questa loro personalità è di carattere pubblico, ai sensi del can In conseguenza della personalità giuridica, essi godono della capacità patrimoniale, tranne che questa capacità sia esclusa o limitata dalle costituzioni (can ), come avviene ad esempio tra i Francescani. La capacità patrimoniale è capacita: di acquisire, di possedere, di amministrare, di alienare i beni temporali, a norma del diritto (can. 1255). Il riconoscimento civile: I nuovi Accordi, stipulati dalla Santa Sede e dalla Repubblica Italiana in data 18 febbraio 1984, confermarono la possibilità del riconoscimento civile degli Istituti Religiosi, come degli altri enti ecclesiastici aventi sede in Italia e approvati secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalità di religione e di culto (art. 7). Intanto una precisazione con due annotazioni. Dei beni temporali dei religiosi e della loro amministrazione il codice li tratta nella parte terza del libro II, come un articolo del governo degli Istituti Religiosi (cann ). 1^ annotazione: Amministrare i beni è un atto di governo e la responsabilità risiede anzitutto sopra i superiori. Al can. 636 viene detto infatti che gli economi devono amministrare i beni sotto la direzione del rispettivo superiore, perché non diventino un atto di pura tecnica amministrativa. Ci sono delle conseguenze: l andamento di una comunità dipende non poco, con riflessi positivi o negativi, per tutta la vita religiosa, dall amministrazione, dall economia della casa. Senza dire anche che si è chiamati a confrontarsi continuamente con il voto di povertà. 2^ annotazione: I beni temporali degli istituti religiosi, in quanto beni ecclesiastici, sono retti dalle disposizioni del libro V del CIC: I beni temporali della Chiesa, a meno che non sia disposto espressamente altro (can ). Richiama ciò a una dimensione ecclesiale che il codice vuole sia evidenziata nel diritto proprio. Il paragrafo 2 dello stesso can. 635 afferma perciò: tuttavia ogni istituto stabilisca opportune norme circa l uso e l amministrazione dei beni, perché sia in tal modo favorita, tutelata e manifestata la povertà che gli è propria (can ). Un amministrazione dunque ecclesiale che rispetti l immagine di una chiesa che, pur essendo una comunità di ordine religioso, ha tuttavia bisogno dei mezzi di questo mondo, senza tuttavia porre in essi la sua fiducia (cfr. G. S. 76). Presento, seppur in breve adesso, la normativa generale sui beni temporali della Chiesa, integrata con quella speciale sui religiosi. Innanzitutto il richiamo a due principi a cui ci si è attenuti: a- Il riferimento al Concilio La fondamentale questione dei fini dei beni temporali della Chiesa è sottolineata in modo efficace fin dal principio (can. 1254); anche gli stessi canoni hanno chiaramente una dimensione di ordine dottrinale. Lo spirito dell amministrazione dei beni temporali non è tanto quello di 4

5 accumulare, nella linea e nella logica del profitto, quanto quello di presentare una Chiesa povera che usa dei beni per fini soprannaturali, in uno spirito che non può mai oscurare il messaggio evangelico (cfr. can. 1260; per i religiosi vale richiamo del can ). I beni inoltre devono servire alla carità e alla comunione. C è il richiamo alla Lumen Gentium, 13, che si rifà agli Atti degli apostoli che presentano la comunione dei beni come segno ed espressione di una comunione spirituale più profonda.(cfr. cann ) Il codice pertanto ha avviato la riforma del sistema beneficale (can 1277) e la fondazione di una cassa comune della retribuzione del clero (can. 1274) come pure la creazione di un istituto di previdenza e assicurazione per il clero e la massa comune di beni per le diverse esigenze della diocesi. Per i religiosi, in particolare, viene detto al can. 640: gli istituti tenendo conto dei singoli luoghi, si adoperino per dare una testimonianza in certo modo collettiva di carità e di povertà e, nella misura delle proprie disponibilità, destinino qualche cosa dei propri beni per le necessità della Chiesa e per contribuire a soccorrere ai bisognosi. b- Il principio di sussidiarietà Questo principio fa riferimento al fatto che il governo dei beni temporali viene ordinato in gran parte secondo le leggi della propria nazione. E il can. 22 che lo invoca, eccetto che quest ultime non siano contrarie al diritto divino o se il diritto canonico non dispone altrimenti. Il rimando al diritto riguarda, ad esempio, la prescrizione (can. 197), costituzione del tutore (can. 98 2), i contratti (can. 1290), il testamento (can. 668), curare che sia messa la sicuro la proprietà dei beni ecclesiastici in modi validi civilmente (can, , 2). E questo in riferimento agli amministratori. Ma la sussidiarietà risulta soprattutto a tre livelli: Conferenze Episopali, Ordinari locali, Istituti religiosi. Verso questi ultimi istituti religiosi accenniamo al can che lascia agli Istituti la possibilità di escludere o ridurre la capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare da parte delle persone giuridiche dell Istituto stesso. Lo stesso vale per il caso di stabilire opportune norme circa l uso e l amministrazione dei beni (can ). Ancora spetta all Istituto determinare quali atti superino i fini e i modi di una ordinaria amministrazione (can ). Spetta infine all istituto determinare l estensione e gli effetti del voto di povertà, a norma del can Adesso accenno ai principi che presiedono l amministrazione dei beni ecclesiastici secondo il nuovo codice. 1. Il diritto ai beni temporali per il raggiungimento dei propri fini. Ci siamo soffermati già su questo precedentemente. Ricordo solamente che i beni devono essere destinati per i fini e la missione che si prefigge la Chiesa. Il can fa solamente un elenco esemplificativo: ordinare il culto divino, provvedere ad un onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, esercitare opere di apostolato sacro e di carità, specialmente al servizio dei poveri. 2. Vanno salvaguardate le volontà dei fedeli. Perciò le offerte fatte dai fedeli per un determinato fine non possono essere impiegate che per quel fine (can ). Nella stessa linea è il can che stabilisce: Le volontà dei fedeli che donano o lasciano i propri averi per cause pie sia con atto tra vivi, sia con atto valevole in caso di morte, una volta legittimamente accettate devono essere scrupolosamente adempiute, anche circa il modo dell amministrazione e dell erogazione dei beni can L amministrazione dei beni temporali va fatta perciò in nome della Chiesa, a norma del diritto (can. 1282). Siccome si tratta di beni ecclesiastici, l amministrazione è retta dalle leggi della Chiesa (can ). L importanza è data dal fatto che nell amministrazione dei beni è coinvolta l immagine della Chiesa e il raggiungimento della finalità dei beni stessi. 5

6 Per i trasgressori, in caso di gravità è prevista anche la possibilità di una pena canonica, non esclusa la privazione dell ufficio (cann e 1392), così vanno interpretati i cann e L amministrazione va fatta sotto la sorveglianza e la responsabilità del superiore. - C è una responsabilità innanzitutto della S. Sede. Ricordiamo il can che dice che il Romano Pontefice, in forza del primato di governo è il supremo amministratore di tutti i beni ecclesiastici. - Particolari competenze sono riconosciute all Ordinario, sia locale che religioso. Il ca richiama il compito di vigilanza nell amministrare quei beni appartenenti alle persone giuridiche pubbliche a lui soggette. Per l ordinario in quanto superiore religioso c è il richiamo che non è solo a livello di vigilanza ma ad un vero potere di governo e quindi di disposizione, a norma delle costituzioni (cann e 638 2). Per il vescovo, invece, c è un dovere di vigilanza nel caso, ad esempio, di visitare e di esigere i conti e di controllare i registri nel caso di controllo delle pie volontà. C è il caso, poi, dei religiosi che amministrano beni della diocesi essi rimangono sotto la vigilanza anche dei propri superiori. 5. L obbligo del rendiconto. Appunto perché i beni sono amministrati in nome della Chiesa e sotto la vigilanza dell autorità competente in un ufficio essenzialmente di servizio, è necessario il rendiconto amministrativo periodico. Il can prescrive l obbligo da farsi ogni anno all Ordinario del luogo, il quale lo trasmette al Consiglio per gli Affari Economici. Questo vale per quanti soggetti alla giurisdizione del vescovo diocesano. Per gli istituti religiosi non esiste una norma esplicita in riferimento ad un eventuale rendiconto alla comunità dei religiosi. Dai documenti dei capitoli generali o degli statuti propri se ne può ricavare la disposizione. 6. Principio di prudenza e di sicurezza. - il can vuole garantire che i beni ecclesiastici abbiano un sicuro amministratore. - il can prevede che ogni persona giuridica abbia il proprio consiglio per gli affari economici o almeno due consiglieri, che coadiuvano l amministratore nell adempimento del suo compito, a norma degli statuti. - nella linea della prudenza va intesa la norma del can che fa obbligo agli amministratori di non introdurre o contestare una lite davanti al tribunale civile in nome di una persona giuridica pubblica, senza aver ottenuto la licenza scritta del proprio Ordinario e la norma che impone che negli statuti si stabiliscano gli atti eccedenti i limiti e le modalità dell amministrazione ordinaria (can ). - soprattutto il criterio della prudenza e della sicurezza nell amministrazione dei beni ecclesiastici impone al superiore o all amministratore la necessità di avere il parere o il consenso o la licenza di determinate persone o organismi prima di porre determinati atti amministrativi (cfr. can ; ). C è un vero coinvolgimento di responsabilità. In ultimo, alcune questioni di particolare importanza: 1. Amministrazione ordinaria e straordinaria. Il nuovo codice, rispetto al precedente, è molto semplificativo e procede in modo pragmatico. Il can dice che sono gli statuti della stessa persona giuridica a stabilire gli atti di amministrazione straordinaria. Se poi gli statuti tacciono in merito spetta al Vescovo diocesano (can ). Per lo più si fa rimando,però, alle Conferenze Episcopali. (can. 1277). - Per amministrazione straordinaria si fa riferimento, comunque, a tutto quanto è potenzialmente idoneo a modificare la consistenza patrimoniale di un Ente. Esempio: acquisto, alienazione o la permuta di beni immobili, acquisto o alienazione di beni mobili di valore rilevante, alienazione di beni mobili costituenti il patrimonio stabile, alienazione di cose preziose (can ), 6

7 rinunzia o accettazione di un eredità o di una donazione consistente, costruzione di edifici, riparazione straordinaria di immobili, locazione di beni immobili a lungo termine (superiore ai 9 anni), contrazione di mutui o debiti, le liti attive e passive (can. 1288). - Sono invece atti di amministrazione ordinaria tutti gli atti attinenti alla conservazione dei beni patrimoniali e al loro sfruttamento. Esempio: riscossione delle rendita, vendita di un raccolto di un fondo, locazione d immobile di comune valore per un periodo non superiore a 9 anni, acquisto di oggetti necessari all economia domestica o all amministrazione del patrimonio, pagamento delle imposte, assicurazioni contro danni e le calamità, riparazione normale degli immobili, ecc. Per l Italia c è la disposizione della CEI decreto generale del 1 Aprile 1992 che fa riferimento esplicito a questa materia amministrazione straordinaria sia per le diocesi e le persone giuridiche amministrate dal vescovo diocesano, sia per quelle non soggette al vescovo. L ultimo documento però è, l Istruzione in materia amministrativa della CEI, del 30 maggio 2005, riportante le relative tabelle (allegati) per i controlli canonici. E ciò che vale sia per le diocesi, per le parrocchie, per gli istituti diocesani del il clero e per gli istituti religiosi di diritto diocesano e monasteri sui juris. La tabella parte dal patrimonio stabile di valore inferiore a 250 mila euro. Il can stabilisce che chi oltrepassa i limiti e modalità dell amministrazione ordinaria senza il permesso scritto dell Ordinario pone invalidamente l atto. 2. L alienazione dei beni ecclesiastici L alienazione è trattata sotto i titoli I Contratti. Per il codice vale il principio della canonizzazione della legge civile (can. 1290), anche se ci sono delle proprie norme. Si ha l alienazione non solo quando avviene il trasferimento diretto di un bene da un soggetto all altro, ma anche in qualunque altro affare che intacchi il patrimonio della persona giuridica peggiorandone la condizione (can. 1295). Si deve trattare perciò di beni ecclesiastici che costituiscono il patrimonio stabile della persona giuridica pubblica, tali beni posso essere sia immobili che mobili. Per quanto riguarda la somma, la quantità cioè del valore dei beni, per vedere quali siano le solennità da osservare per la validità della stessa alienazione, troviamo le precisazioni nel can Come per il precedente caso, anche qui c è il richiamo alla Conferenza Episcopale a cui va la facoltà di stabilire una somma minima ed una massima, da cui risulta anche una intermedia. Si fa anche qui richiamo alla CEI Istruzione in materia amministrativa (30 maggio 2005). Concludo richiamando ancora una volta lo spirito della nuova legislazione in ordine all amministrazione dei beni ecclesiastici. I beni temporali della Chiesa vengono collocati nel contesto della comunione ecclesiale e della missione religiosa La Chiesa sa che si serve dei beni temporali nella misura richiesta dalla propria missione, facendo trasparite lo spirito di povertà e d amore che costituiscono la gloria e la testimonianza della Chiesa di Cristo. Da tali affermazioni risulta in modo chiaro che, nello spirito del Concilio a cui sono ispirati i canoni sopra esposti, la proprietà dei beni destinati a fini estranei alla missione propria della Chiesa o anche a fini non necessari o non utili, non è legittima né si giustifica in alcun modo. 7

8 Anche se la società contemporanea denunzia la ricerca e l affanno del benessere materiale, mentre apprezza lo stile di povertà, semplicità, sobrietà, nonché l impegno di carità della Chiesa in quanto tale e particolarmente delle comunità religiose. Non ha senso parlare di voto di povertà quando dal confronto fatto il tenore di vita condotta da tante nostre famiglie risulta al di sotto del livello economico di tante comunità religiose. Sono loro che ci provocano. Un ultimo richiamo va fatto riguardo alle figure degli amministratori. Essi hanno una responsabilità grande in quanto chiamati in nome della Chiesa e a norma del diritto ad adempiere questo particolare compito. Hanno l obbligo morale e giuridico di assolvere il loro incarico con la diligenza di un buon padre di famiglia. E una formula tradizionale che intende mettere in rilievo l impegno, l accuratezza, il senso di responsabilità e di prudenza, la rettitudine, la fedeltà, che deve distinguere l amministrazione ecclesiastica, da cui deve esulare ogni forma di speculazione. La povertà, insomma, nella chiesa dovrebbe essere non tanto come un fatto puramente economico o di sociologia delle risorse, ma come etica di vita. E questo a partire anche dall amministrazione. Sac. Angelo Spilla 8

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