Anatomia patologica e classificazione delle rotture di cuffia
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- Rachele Mura
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1 LO SCALPELLO (2008) 22:26-31 DOI /s Anatomia patologica e classificazione delle rotture di cuffia R. Russo, V. Visconti, M. Ciccarelli Ortopedia e Traumatologia, ASL 1 Napoli ABSTRACT A classification system for a specific disease should be as simple as possible, comprehensive and reproducible in order to understand the natural history and to formulate a correct diagnosis and suggest appropriate therapy. As for rotator cuff diseases this was not always possible for the great anatomical complexity and also for the lack of adequacy of imaging in the past. Arthroscopic technique has improved the correct identification and classification of rotator cuff lesions and associated lesions. Introduzione Per comprendere la storia naturale delle lesioni della cuffia dei rotatori, sistematizzare le indicazioni terapeutiche e interpretare in maniera corretta e omogenea i risultati, è indispensabile un sistema classificativo che sia semplice, che tenga conto di tutto lo spettro di lesioni possibili e soprattutto che sia riproducibile. Allo stesso modo, lo studio delle modificazioni anatomo-patologiche che si instaurano nei tendini allorché questi si infiammano o si rompono è di fondamentale importanza per comprendere l etiopatogenesi delle lesioni, la loro evoluzione, i fattori di rischio e quelli predittivi per una eventuale guarigione. Il primo a ipotizzare come causa di dolore alla spalla una sofferenza del tendine del sovraspinoso fu Codman nel 1934 [1]. Egli, su una casistica di 400 casi, classificò le lesioni in 4 tipi: del versante bursale, del versante articolare, interstiziali, massive. Osservò inoltre che le fibre profonde del tendine del SSP, ossia quelle della superficie articolare, iniziavano a strapparsi dalla loro inserzione sul trochite; progressivamente, tali lesioni parziali evolvevano fino a trasformarsi in lesioni complete. Negli stessi anni, Meyer [2] indicava come verosimile causa di dolore alla spalla la rottura del capo lungo del bicipite. Entrambi gli Autori, quindi, si riferivano a strutture tendinee isolate. Successivamente, nel 1951, Moseley [3] intuì che la patologia poteva interessare tutti i tendini al loro attacco sull omero, oppure la lesione poteva interessare singolarmente un tendine piuttosto che un altro. Sessant anni dopo, nel 1994, Fukuda [4], studiando le lesioni intratendinee su preparati istologici, confermò le intuizioni di Codman, dimostrando che esse hanno una evolutività intrinseca, cioè non tendono alla guarigione, nonostante il fatto che la sintomatologia clinica possa regredire. Una prima ipotesi patogenetica sulle lesioni della cuffia dei rotatori fu avanzata da De Palma [5] nel 1950, ripresa da Dautry [6] nel 1968 e infine sistematizzata da Neer [7,8] nel Questi mise in relazione il conflitto subacromiale con la patologia degenerativa della cuffia, indicandolo come prima causa di dolore alla spalla. Neer osservò che nella flessione anteriore del braccio, l inserzione del tendine del SSP sul trochite era costretta a passare sotto l arco coracoacromiale, determinando nel tempo una vera e propria lesione da usura. La teoria conflittuale di Neer è stata successivamente confermata per 26
2 alcuni tipi di lesione della cuffia dei rotatori e messa in relazione al tipo morfologico di acromion. Infatti, nel 1991, Bigliani [9] ha classificato 3 tipi di acromion: piatto (tipo I), curvo (tipo II) e uncinato o en crochet (tipo III) e ha specificato che l acromion di tipo III è maggiormente correlato al conflitto antero-superiore. Allo stesso modo possono agire gli osteofiti inferiori della porzione antero-laterale dell acromion e quelli inferiori dell articolazione acromion-claveare. Il conflitto subacromiale tuttavia non spiega le lesioni intratendinee e quelle del versante articolare. Negli ultimi anni, l introduzione della tecnica artroscopica ha aperto la strada a numerose altre classificazioni che prendono in esame la forma o la grandezza della lesione, oppure il numero di tendini coinvolti [10]. Classificazione Attualmente sono 5 le classificazioni che trovano applicazione nella pratica clinica: Wolfgang [11], DeOrio [12], Ellman [13], Harryman [14] e Patte [15]. Wolfgang nel 1974 divise le lesioni di cuffia in parziali e complete. Le lesioni parziali potevano essere interstiziali, ossia trovarsi nel contesto del tendine, oppure comunicanti, quando c era comunicazione tra l articolazione e la lesione. Le lesioni complete erano invece suddivise in trasversali e triangolari o a semiluna: quelle trasversali si trovavano generalmente a livello dell area critica ed erano perpendicolari alle fibre del tendine; se c era retrazione, esse potevano ampliarsi e assumere una forma a semiluna ( crescent ) oppure triangolare. Le lesioni massive potevano derivare da un progressivo peggioramento di una lesione parziale o completa, oppure da un trauma acuto che causava l avulsione di una grossa porzione della cuffia dall omero. DeOrio, nel 1984, in base a misurazioni intraoperatorie ha classificato le lesioni di cuffia riferendosi alla grandezza del diametro massimo in 4 gruppi: 1-piccole: <1 cm; 2-medie: 1-3 cm; 3-ampie: 3-5 cm; 4-massive: >5 cm. Nel 1990, Patte, partendo dall osservazione di esami TC, ha proposto una classificazione chiara e dettagliata delle lesioni di cuffia, che tiene conto di 5 parametri: estensione della lesione; topografia della lesione nel piano sagittale; topografia nel piano frontale; trofismo del muscolo il cui tendine è coinvolto; stato del CLBB. Riguardo alla grandezza, le lesioni possono essere di 3 tipi: gruppo I, piccole: sono le lesioni parziali del lato articolare e le lesioni totali ma con un diametro sagittale <1 cm sul trochite; le lesioni bursali; e le lesioni complete del sovraspinoso; gruppo II, intermedie: sono le lesioni complete di tutto il sovraspinoso; gruppo III, massive: sono le lesioni che coinvolgono più di un tendine. A questi si aggiunge un gruppo IV, comprendente le lesioni massive che hanno determinato l insorgenza di una osteoartrosi secondaria. Nel piano sagittale, le lesioni possono coinvolgere 6 segmenti anatomici e sono classificate in: antero-superiori: sono coinvolti il sottoscapolare, il legamento coraco-omerale e il sopraspinato; superiori: è coinvolto solo il tendine del sopraspinato oppure associato il legamento coraco-omerale; postero-superiori: sono coinvolti il sopraspinato e la porzione superiore dell infraspinato; totali: sono coinvolti tutti i tendini, dal sottoscapolare all infraspinato. Le lesioni antero-superiori e superiori sono più spesso causa di dolore, mentre quelle posteriori causano principalmente una riduzione della funzione e della forza in modo progressivo e spesso senza sintomi dolorosi. A parte vanno considerate le lesioni isolate del sottoscapolare, più spesso causate da traumi e/o microtraumi, raramente di natura degenerativa, se non quando associate alla lesione di altre strutture tendinee. La progressione della lesione, secondo lo schema dell Autore, va dal segmento 2 al 4, in senso antero-posteriore. Nel piano frontale, si misura la distanza tra il moncone retratto del tendine e la sua inserzione ossea; le lesioni sono quindi classificate in 3 stadi: 27
3 stadio 1: il tendine è distaccato ma rimane prossimo all inserzione omerale; stadio 2: il tendine si retrae fino all articolazione acromion-claveare; stadio 3: il tendine si retrae fino alla glenoide. Anche sul piano frontale c è una progressione della lesione, che è orizzontale e va dallo stadio 1 allo stadio 3. Riguardo lo stato del ventre muscolare, Patte prese in considerazione la quantità di degenerazione grassa presente nel muscolo, concetto già elaborato con Goutallier nel 1989 [16]. Patte classificò 5 stadi: stadio 0: muscolo normale; stadio 1: sono presenti poche aree di degenerazione grassa in un muscolo normale; stadio 2: è presente una maggiore quantità di muscolo degenerato, ma comunque inferiore alla porzione di muscolo sano; stadio 3: la quantità di muscolo sano è equivalente a quella di muscolo degenerato; stadio 4: la degenerazione grassa coinvolge la maggior parte del tessuto muscolare. Nel 1991, per identificare le lesioni della cuffia si è cominciato a parlare di numero di tendini coinvolti. Il primo è stato Harryman, il quale ha distinto 5 tipi di lesioni: tipo 0: assenza di lesione; tipo 1A: lesione parziale del sopraspinato; tipo 1B: lesione completa del sopraspinato; tipo 2: lesione completa del sopra- e del sottospinato; tipo 3: lesione completa del sopraspinato, del sottospinato e del sottoscapolare. Fig. 1 - Lesione articolare del sovraspinoso Fig. 2 - Lesione massiva Kuhn e coll., nel 2007 [17], hanno condotto uno studio sulla concordanza interobserver dei vari sistemi classificativi proposti, concludendo che la concordanza è molto elevata nella distinzione tra lesioni parziali e complete, ma non nella profondità delle lesioni parziali, mentre per ciò che riguarda le lesioni complete nessuna classificazione risulta essere effettivamente riproducibile, anche in mani esperte, specie nella misurazione della grandezza assoluta della lesione. La concordanza più elevata è stata riscontrata solo nella descrizione della lesione sul piano frontale secondo Patte. I progressi della tecnica artroscopica hanno consentito di identificare e classificare l intero spettro di lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori [13]: a seconda della profondità: lesioni parziali (Fig. 1): del versante bursale del versante articolare lesioni a tutto spessore: isolate del sottoscapolare antero-superiori isolate del sovraspinato del sovraspinato e dell infraspinato massive (Fig. 2): in letteratura non esiste una definizione univoca delle rotture massive; alcuni Autori le definiscono in base alla grandezza (>5 cm) a al numero di tendini coinvolti (>2); altri in base al grado di retrazione; altri ancora in base al grado di riparabilità; 28
4 a seconda della forma: lesioni a semiluna o tipo crescent (Fig. 3) lesioni a U o V-shaped (Fig. 4) lesioni a L e a L invertita (Fig. 5). Nella classificazione delle lesioni di cuffia, un ruolo importante svolge il capo lungo del bicipite brachiale, struttura anatomica molto spesso coinvolta nella patologia della cuffia dei rotatori. Storicamente le patologie a carico del CLBB sono divise in tendiniti, primarie e secondarie, e instabilità. Le tendiniti primarie, ossia le tenosinoviti, sono causate da anomalie della doccia, mentre quelle secondarie sono in genere causate da artrite reumatoide, artrosi, sindrome da impingement subacromiale. L instabilità del CLBB è la perdita di contatto parziale (sublussazione) o totale (lussazione) del tendine con la sua doccia; quest ultima inoltre può essere extra-articolare, se il tendine del sottoscapolare resta intatto e il CL si lussa al di sopra del trochite, oppure intra-articolare, se coesiste una lesione del sottoscapolare e il CL si insinua nelle sue fibre [18]. Nel 1993 Curtis e Snyder [19] hanno classificato le lesioni del CLBB in base all aspetto macroscopico della degenerazione, osservato artroscopicamente, in 4 gradi (Fig. 6): grado I: sfilacciamento <25%; grado II: sfilacciamento <50%; grado III: sfilacciamento >50%; grado IV: rottura. Nel 1996 Habermeyer e Walch [20] hanno classificato le lesioni del CLBB in maniera differente, in base alla localizzazione del processo patologico: a livello dell inserzione: coinvolgono sia il CL sia il cercine superiore e corrispondono alle SLAP lesion di Snyder; a livello dell intervallo: tali lesioni sono ulteriormente suddivise in tendinite, rottura isolata e sublussazione di tipo I o superiore, quando esiste una lesione del legamento coraco-omerale e/o del legamento gleno-omerale superiore; di tipo II, per la lacerazione delle fibre superficiali del sottoscapolare; di tipo III, dovuta a malunione di fratture della piccola tuberosità (Fig. 7); in associazione a lesioni di cuffia: lesioni del tendine del sottoscapolare possono causare la lussazione del CL che può risultare extra-ar- Fig. 3 - Lesione tipo crescent Fig. 4 - Lesione V-shaped Fig. 5 - Lesione L-shaped 29
5 nel 16%, posteriore nel 19% e antero-posteriore nel 10%. Le conclusioni dello studio sono state che l instabilità anteriore è associata maggiormente a lesioni del sottoscapolare, mentre quella posteriore a lesioni del sovraspinoso; e che il grado di lesione del capo lungo è direttamente proporzionale all estensione della lesione di cuffia associata. Anatomia patologica Fig. 6 - Lesione del capo lungo del bicipite brachiale Fig. 7 - Lesione del sottoscapolare ticolare, se il tendine del sottoscapolare è parzialmente lesionato e causa lo scivolamento del CL al di sopra della piccola tuberosità (lussazione tipo IA) o integro (lussazione tipo IB), oppure intra-articolare, se il sottoscapolare è totalmente rotto (lussazione tipo II). Recentemente (2007) Lafosse e coll. [21] hanno descritto una nuova classificazione artroscopica delle instabilità del bicipite brachiale che tiene conto di tre parametri: la direzione e l estensione dell instabilità (anteriore, posteriore e antero-posteriore); il grado di lesione del capo lungo; il tipo di lesione di cuffia associata. Essi hanno osservato, in una serie di 200 artroscopie eseguite per patologia della cuffia dei rotatori, che nel 45% dei casi era associata una instabilità del capo lungo, anteriore Il primo a descrivere le alterazioni anatomopatologiche che si verificano a carico dei tendini della cuffia dei rotatori è stato Neer nel 1972 [7,8]. Egli ipotizzò che esistessero 3 stadi: stadio I: tendinopatia emorragica accompagnata da edema intratendineo; stadio II: caratterizzato dall ispessimento della borsa subacromiale e del legamento coraco-acromiale; stadio III: corrispondente alla rottura prima parziale poi a tutto spessore. Da allora in poi, molti Autori hanno condotto studi sia su cadavere sia su pezzi istologici, allo scopo di chiarire la patogenesi delle rotture della cuffia dei rotatori partendo dalle alterazioni anatomo-patologiche e istologiche ritrovate. Tutti concordano sul fatto che la struttura intrinseca dei tendini, nella porzione immediatamente prossima all inserzione ossea, si altera in relazione all età e che questo fattore, associato alla ipovascolarizzazione, sia la causa maggiore della rottura. Ishii e coll. [22] hanno confermato che le alterazioni maggiormente ritrovate sono la scomparsa della cosiddetta blue zone, le alterazioni a carico dei fascicoli con aumento del collagene di tipo III, i depositi calcifici e le necrosi focali; hanno dimostrato, inoltre, che tali alterazioni sono più evidenti a carico della porzione articolare del tendine piuttosto che di quella bursale. Nel 2003 Hashimoto e coll. [23] hanno descritto in dettaglio quali siano le alterazioni che si verificano a carico dei tendini; quelle di più frequente riscontro sono state la degenerazione mixoide, caratterizzata dalla presenza di fibre di collagene sottili e fragili, larghi vacuoli e accumulo di materiale denso formato per lo più da glicosamminoglicani tra le fibre collagene; la degenerazione ialina, caratterizzata da una riduzione del rapporto cellule-matrice; la metapla- 30
6 sia fibrocartilaginea, descritta per la prima volta a carico di colture di cellule mesenchimali in condizioni di stress compressivi e bassa tensione di ossigeno da Bassett e Herrmann nel 1961 [24], e successivamente confermata da Uhthoff e Sarkar nel 1976 [25] e da Jozsa e Kannus nel 1997 [26] e, soprattutto, le alterazioni a carico delle fibre collagene, quali splitting longitudinali, disintegrazioni, angolazioni e variazioni del diametro. Alterazioni tipo neoangiogenesi e proliferazione di fibroblasti sono state osservate da Hashimoto, così come da Refior nel 1987 [27] e Nirschl nel 1994 [28], ma attribuite anche da questo Autore a tentativi di riparazione. Nel 2004, Gigante [29] ha per la prima volta descritto la presenza di cartilagine fibrosa in pazienti adulti con lesione cronica o acuta della cuffia dei rotatori, specificando che essa è stata ritrovata nelle immediate vicinanze della lesione, non nel tessuto muscolare o nella borsa. Secondo l Autore, la ripetizione degli stress in compressione e la riduzione della tensione di ossigeno attiva una cascata enzimatica mediata dalla tenascina-c che porta alla formazione di fibrocartilagine. Questa rende il tendine più resistente ai carichi in compressione, ma meno alle forze tensili, favorendo la rottura o la progressione di una lesione. La presenza di questo tessuto ai margini della lesione impedisce, inoltre, la neoangiogenesi e di conseguenza un eventuale processo di guarigione del tendine. Nelle lesioni del versante bursale, le alterazioni più frequentemente osservate sono l iperplasia sinoviale, l aumento delle cellule e della vascolarizzazione, le necrosi focali e l aumento del collagene di tipo III [30]. Secondo Uhthoff queste alterazioni sono ritrovate specie in caso di lesione del tendine, piuttosto che in caso di impingement, e avrebbero quindi un significato riparativo; di conseguenza, la bursectomia subacromiale dovrebbe essere riservata ai soli casi in cui il tessuto fibrotico ostacoli il normale movimento di scorrimento della cuffia al di sotto dell arco coraco-acromiale. Bibliografia 1. Codman EA (1934) The shoulder. Rupture of the supraspinatus tendon and other lesions in or about the subacromial bursa. Thomas Todd, Boston 2. Meyer AW (1937) Chronic functional lesions of the shoulder. Arch Surg 35: Moseley HF (1951) Ruptures of the rotator cuff. Br J Surg 38: Fukuda H, Hamada K, Nakajima T, Tomonaga A (1994) Pathology and pathogenesis of the intratendinous tearing of the rotator cuff viewed from en bloc histologic sections. Clin Orthop Relat Res 304: De Palma AF (1950) Surgery of the shoulder. JB Lippincott, Philadelphia 6. 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