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2 LA GESTIONE DEL DIABETE NEL PAZIENTE ANZIANO LA GESTIONE DEL DIABETE NEL PAZIENTE ANZIANO Francesco Galeone Adolfo Arcangeli Maria Antonietta Pellegrini Alice V. Magiar Secondina Viti Francesco Galeone *Adolfo Arcangeli **Maria Antonietta Pellegrini Alice V. Magiar Secondina Viti Servizio Autonomo di Diabetologia e Malattie Metaboliche Ospedale di Pescia (PT) * Servizio Autonomo di Diabetologia e Malattie Metaboliche Ospedale di Prato ** U.O.C. di Diabetologia e Malattie del Ricambio Udine Cividale del Friuli 1

3 INDICE INTRODUZIONE I. EPIDEMIOLOGIA E COSTI SOCIALI II. EPIDEMIOLOGIA DELL ALTERATA TOLLERANZA AL GLUCOSIO III. PATOGENESI IV. PREVENZIONE V. OBIETTIVI TERAPEUTICI VI. TERAPIA NUTRIZIONALE VII. NUTRIZIONE ENTERALE E PARENTERALE VIII. ATTIVITÀ FISICA IX. TERAPIA FARMACOLOGICA X. EDUCAZIONE TERAPEUTICA XI. COMPLICANZE A. COMPLICANZE ACUTE 1. METABOLICHE 2. INFEZIONI 3. ALTRE COMPLICANZE B. COMPLICANZE CRONICHE 1. NEUROPATIA 2. PATOLOGIA OCULARE 3. NEFROPATIA 4. IPERTENSIONE ARTERIOSA 5. MALATTIE DELLA CUTE E DELLE ARTICOLAZIONI XII. IL DIABETICO ANZIANO IN OSPEDALE XIII. IL DIABETICO ANZIANO IN CHIRURGIA ED ANESTESIA XIV. PREVENZIONE E TRATTAMENTO DEL PIEDE DIABETICO XV. IL DIABETICO ANZIANO NELLE ISTITUZIONI XVI. ALTERAZIONI FUNZIONALI E INVALIDITÀ FISICA XVII. ALTERAZIONI COGNITIVE XVIII. DEPRESSIONE E DIABETE XIX. VALUTAZIONE FUNZIONALE XX. ORGANIZZAZIONE DELL ASSISTENZA In copertina: G. Guidi Un diabetico anziano di Pescia 2 3

4 INTRODUZIONE L incremento della popolazione anziana ed il contemporaneo aumento della prevalenza del diabete mellito rendono attuale un continuo confronto fra le diverse figure specialistiche che sono coinvolte nel complesso problema di questa patologia in questa fascia di età. Anche se ogni trattato o manuale di diabetologia si occupa del diabete nel paziente anziano, sono poche le opere che pongono una cura particolare a questi soggetti e alla loro assistenza. Perciò in questa monografia verrà dato ampio spazio più agli aspetti specifici presenti nel diabetico anziano, rimandando, per gli aspetti generali, alla vasta letteratura su ogni argomento che verrà trattato. È difficile sostenere se esista o meno un entità nosografia definibile sul piano clinico come diabete senile. Infatti, nella classificazione del diabete, non viene fatta menzione dell influsso dell età sulla patogenesi di tale malattia, né esiste in letteratura un chiaro inquadramento di questa situazione. Il problema, invece, sembra meritare una attenzione particolare non solo per l importante fenomeno dell invecchiamento della popolazione nei paesi industrializzati ed i conseguenti effetti epidemiologici in termini di incidenza e prevalenza di tale forma morbosa, ma anche per le conseguenze del diabete sulla morbilità e mortalità dei soggetti anziani 1. Per quanto riguarda i diabetici anziani, bisogna fare una distinzione tra i diabetici divenuti anziani e gli anziani divenuti diabetici. Il primo gruppo è costituito da diabetici, sia di tipo 1 che di tipo 2, divenuti anziani, abituati alla malattia, che non comportano molte difficoltà di gestione, se non quella di una adeguata e continua revisione degli obiettivi terapeutici. Il secondo gruppo, invece per le peculiarità tipiche dell età, è quello che pone più problemi dal punto di vista terapeutico e gestionale, stante la necessità di modificare inveterate abitudini di vita ed alimentari. Quindi, l approccio al soggetto diabetico anziano deve tener conto della cronicità di questa patologia e di quelle associate, al fine di assicurare un adeguata adesione al piano terapeutico. È necessario ottenere, in questi casi, più che la compliance, la concordance, concordando, appunto, l intervento terapeutico, sia dietetico che farmacologico. L invecchiamento è una fase normale della vita e non un evento patologico. Per la maggior parte delle persone invecchiare non significa un aumento di demenza e depressione, ma questa età d oro spesso viene trascorsa in modo spensierato, dedicandosi a hobby o a nipoti. Durante il periodo di transizione, rappresentato dal pensionamento, le persone si confrontano con le sfide alla loro vitalità intellettuale e sociale e al loro valore personale. I principali compiti evolutivi sono quelli di stabilire nuovi ruoli e attività, tollerare i cambiamenti fisici e cognitivi legati al processo di invecchiamento, accettare il passato e scoprire il senso della vita che resta. Alcuni momenti di crisi esistenziale sono una parte normale dell invecchiamento. La perdita è l evento più importante e difficile, mentre il lutto rappresenta l esperienza emotiva più comune, quando si perde il coniuge, i familiari e gli amici. La malattia fisica è l altro grande ostacolo che affrontano gli anziani. La costante preoccupazione per il corpo e il suo funzionamento sono una conseguenza normale dell invecchiamento, con maggiori probabilità di malattia, di ospedalizzazione, di interventi chirurgici, di dolore e di invalidità. Alla sfida prevedibile per rimanere autosufficienti e produttivi si aggiunge la possibilità di sviluppare le complicanze del diabete. Il medico deve sempre tenere in considerazione le attività che il paziente deve affrontare, le capacità disponibili per apprenderle e il tipo di aiuto necessario. Gli atteggiamenti del personale sanitario verso gli anziani influenzano la cura che questi pazienti ricevono. Spesso, anzi, hanno difficoltà a provare empatia per i pazienti anziani perché: considerano il diabete semplicemente come parte del processo di invecchiamento e, quindi, non lo ritengono molto serio credono che gli anziani non possano cambiare o che siano troppo vecchi per volerlo fare, rendendo quindi inutili i suggerimenti tendono a considerare infantili le persone anziane, perché sembrano deboli o vulnerabili permettono che le paure del paziente stimolino le sue angosce personali sulla vecchiaia, la morte o il futuro lasciano che i conflitti del paziente inneschino pensieri sui suoi conflitti personali. Per evitare questi problemi occorre prestare attenzione a sentimenti inappropriati, esagerati, ambivalenti o persistenti verso il paziente avere un sostegno personale per affrontare questi sentimenti condividere le responsabilità di cura da parte di tutto il team sanitario mantenere una appropriata distanza professionale. 4 5

5 Mentre gli anziani hanno maggiori probabilità di accettare il diabete come parte del processo di invecchiamento, hanno anche maggiori probabilità di percepirlo come una malattia meno seria e, quindi, meno bisognosa di una gestione accurata 2. Inoltre, molti anziani soffrono di altre malattie croniche che causano più sofferenza e richiedono più attenzione. Di fondo, la percezione che una persona ha del diabete è un fattore importante per determinare l aderenza al progetto terapeutico. Queste percezioni includono spesso convinzioni sulla causa, gravità, conseguenze, senso di controllo ed efficacia del trattamento. Recentemente è stato evidenziato che le convinzioni sull efficacia del trattamento e il grado di soddisfazione per la cura sono i fattori più predittivi dell introito alimentare e dell attività fisica. Queste convinzioni derivano da una mescolanza di atteggiamenti familiari, esperienze passate con l assistenza sanitaria, disturbi soggettivi dovute alle complicanze o ai risultati della glicemia e stima di sé. È importante comprendere lo stato funzionale dell anziano, cioè in quale modo il paziente si comporta nelle attività quotidiane, come abbottonarsi gli abiti o salire e scendere le scale. Infatti, le abitudini funzionali del paziente possono essere di importanza più immediata del suo stato metabolico. La valutazione funzionale è cruciale anche perché la gestione e gli obiettivi realistici del trattamento si basano sulla comprensione delle capacità del paziente anziano 3. Un anamnesi medica accurata può essere utile, ma l elemento critico è l osservazione 4. Per esempio, vista o udito ridotti possono interferire con una comunicazione efficace e con l abilità di comprendere istruzioni o raccomandazioni sanitarie. A questo proposito possono essere utili tecniche quali eliminare rumori estranei, parlare lentamente, con toni bassi, di fronte al paziente, scrivere le domande con caratteri grandi, fornire una illuminazione adeguata. È importante notare se il paziente: riesce a vedere a sufficienza per dosare l insulina che si deve iniettare, per fare l autocontrollo glicemico e per ispezionarsi i piedi riesce a udire a sufficienza per comprendere le prescrizioni del medico è fisicamente in grado di salire le scale, maneggiare una sedia a rotelle, stendersi sul lettino dell ambulatorio, alzarsi dal letto, aprire i flaconi dei medicinali, fare la spesa, cucinare, lavarsi, vestirsi, aderire alle prescrizioni di esercizio fisico camminando, nuotando o andando in bicicletta è sufficientemente attento e orientato a ricordare le prescrizioni farmacologiche, le restrizioni dietetiche e gli appuntamenti di follow-up. È anche importante porre domande specifiche sui sintomi e la gestione del diabete, perché i pazienti anziani tendono a riportare meno dettagli quando: si sentono a disagio, guidati male o non istruiti sul diabete considerano la malattia come una parte normale del processo di invecchiamento hanno paura delle malattie vogliono compiacere il medico. Per esempio, senza domande dettagliate, gli anziani potrebbero non esporre mai problemi sessuali perché si sentono imbarazzati, li ritengono una conseguenza dell età o non sono consapevoli degli effetti della neuropatia. I pazienti anziani con disturbi multipli possono rendere frustranti i tentativi del medico di individuarne le cause. Queste manifestazioni, comunque, possono essere ingannevoli. I sintomi somatici possono celare sottostanti difficoltà psicologiche che vi si aggiungono. Allo stesso modo, le manifestazioni delle malattie fisiche possono essere esagerate dalla sofferenza psicologica. Nel tentativo di dipanare queste dinamiche complesse, non c è niente di meglio che dedicare del tempo per cercare di conoscere il paziente. Spesso, però, è impensabile sperare di raccogliere tutte le informazioni necessarie nell arco di una sola, lunga visita ambulatoriale, che ha l effetto di esaurire sia il paziente che il medico. Per raccogliere informazioni, senza fare pressioni sul paziente anziano, possono dimostrarsi più efficaci, specie all inizio, appuntamenti più ravvicinati e di breve durata, con argomenti concisi, distribuiti in poche sessioni. La mancanza di risorse economiche basilari può avere un impatto notevole sull anziano. Può significare che l assistenza sanitaria e tutto quanto è necessario per la cura del diabete possono diventare secondari rispetto all esigenza di nutrirsi, vestirsi ed avere una abitazione adeguata. Così, una nutrizione adeguata può essere più importante dell autocontrollo glicemico. Il medico deve, perciò, valutare attentamente il reddito, l abitazione, la cura della casa, le risorse (per il cibo, il vestiario, i servizi, la cura personale e le attività ricreative), l assistenza sanitaria e il sostegno della famiglia del paziente. Può essere necessario che il medico protegga l anziano, non solo assumendosi le responsabilità di valutare le risorse disponibili, ma anche mettendolo concretamente in contatto con i servizi disponibili. Ad esempio, se un paziente non è in grado di farsi fare le ricette per acquisire i farmaci e non è in grado di rispettare gli appuntamenti di controllo per mancanza di mezzi o di familiari o conoscenti in grado di accompagnarlo all ambulatorio, bisogna contattare il medico di famiglia e l assistenza sociale per ovviare a questi ostacoli oggetti- 6 7

6 vi. Chiaramente queste strategie richiedono tempo e risorse, ma il ritorno in termini di aderenza alle prescrizioni terapeutiche è degno dello sforzo 5. Con molta probabilità i pazienti sono consapevoli delle variazioni imprevedibili della routine quotidiana che causano i problemi del diabete. Spesso questa consapevolezza fa provare loro vergogna e senso di colpa, ma rimproverare il paziente anziano o aspettarsi da loro una maggiore autodisciplina è inutile. Hanno già avuto tutta una vita per cambiare abitudini e adesso domandare loro di modificare un certo modo di mangiare e bere può rappresentare un compito difficile. È stato dimostrato che l aderenza alla gestione del diabete è influenzata in modo negativo dalla durata e dall entità dei cambiamenti comportamentali richiesti e dalla complessità del regime terapeutico 6. Poche variazioni possono già mettere in pericolo la motivazione e indurranno lo sconforto più rapidamente dell incapacità a raggiungere un obiettivo. Il medico deve saper apprezzare quanto i piccoli interventi possano avere un impatto rilevante sulla qualità della vita. Bisogna suggerire al paziente di fare uno o due cambiamenti alla volta. Per esempio, cambiare un alimento a colazione può essere un obiettivo più realistico che sconvolgere l intero piano alimentare e una semplice attività aerobica casalinga o camminare possono esser più semplici che frequentare una palestra. Molti anziani hanno paura di passare dalla terapia orale all insulina. Si può provare ad alleviare le loro paure introducendo il cambiamento poco alla volta. Per esempio, consigliare al paziente di mantenere la terapia orale mentre comincia ad assumere una dose di insulina ad azione intermedia prima di coricarsi. In questo modo, comincia ad abituarsi a maneggiare le siringhe o la penna da iniezione, a riscontrare che le iniezioni non assomigliano più a quelle che si ricordava, a vedere che i valori della glicemia cominciano ad essere più normali, che si sente meglio e si ritrova già con una dose frazionata, se deve cominciare il trattamento insulinico anche in altri momenti della giornata. Un altra tecnica consiste nel chiedere al paziente di provare la terapia insulinica per un mese e poi discutere con lo specialista per vedere se va meglio. Una valutazione attenta del paziente anziano richiede sempre una rassegna del supporto familiare e sociale. Sia le ricerche che l esperienza suggeriscono che il sostegno familiare ha un impatto positivo sulla gestione del diabete. Spesso, i membri della famiglia hanno un ruolo fondamentale nella gestione della cura, controllando l aderenza alle prescrizioni del medico e garantendo il trasporto all ambulatorio nel giorno in cui è previsto l appuntamento con il diabetologo. Problema Conseguenze Possibili soluzioni Disturbi della vista Dosaggio insulinico inadeguato Siringhe con insulina predosata o eccessivo Lente di ingrandimento per la si- Iper- o ipoglicemie ringa Dispositivi a penna Diminuzione delle attività quotidiane Disturbi cognitivi Depressione Politerapia Polipatologia Indigenza Insufficienza renale, epatopatie Inattività fisica Diminuito apporto alimentare Ipoglicemia Diminuzione dell osservanza Scarsa osservanza Suicidio Interazione tra farmaci Iper- o ipoglicemie Ricorso a più farmaci Anoressia Malnutrizione Scarsa osservanza Ipoglicemia Obesità Iperglicemia Sistemi di adattamento, quali distribuzione dei pasti a domicilio Ausili mnemonici Individuazione precoce e trattamento della depressione Socializzazione Controllo periodico dei farmaci Sospensione di farmaci non indispensabili Stabilire le priorità del trattamento Consulenza di assistente sociale Variazione del trattamento in base alla situazione Diminuzione del dosaggio degli ipoglicemizzanti Programma di esercizio fisico Tabella 1. Problemi particolari nel trattamento del diabete del soggetto anziano Un incontro con uno o più familiari rappresenta un opportunità per valutare le condizioni della figura di accudimento, per discutere apertamente i piani terapeutici, per esaminare le alternative realistiche e per prendere le decisioni sul trattamento che la famiglia è in grado di comprendere e sostenere. I membri della famiglia hanno spesso un punto di vista differente rispetto al paziente sull aderenza quotidiana alla cura del diabete. Un confronto tra le considerazioni personali del paziente e le osservazioni dei familiari può fornire degli importanti elementi di valutazione sul sostegno sociale e sul livello di autogestione del diabete. Pertanto, far emergere questo tipo di informazione può portare ad una discussione sul modo migliore per offrire aiuto o un diverso tipo di assistenza. 8 9

7 I. EPIDEMIOLOGIA E COSTI SOCIALI Il diabete ha un incidenza e una prevalenza che aumentano notevolmente con l età 7 e il progressivo allungamento della durata media di vita nei Paesi industrializzati sta rendendo e sempre più renderà il diabete dell anziano una patologia di ampia diffusione 8. Questo è particolarmente rilevante nelle persone anziane, definite in questo contesto come coloro che superano i 65 anni. Il diabete diagnosticato è presente nel 7-10% della popolazione anziana, che corrisponde ad una prevalenza di circa il 40% delle persone con diabete noto nella popolazione generale Anche l incidenza aumenta con l età: circa il 5-6% dei soggetti ultrasessantacinquenni presenta un diabete di nuova insorgenza, con un incidenza massima del 6.4% tra i 65 e i 74 anni e dell 8% dopo i 70 anni 13. Anche nel nostro Paese il diabete raggiunge prevalenze dell 8% al di sopra dei 60 anni e del 10-12% fra gli ultra-settantenni I diabetici con età superiore ai 65 anni finiscono, così, con il rappresentare quasi la metà dei pazienti che si rivolgono ai medici di medicina generale e alle strutture specialistiche di diabetologia, un numero che è destinato a raddoppiare nei prossimi 10 anni Questo giustifica il titolo allarmante di un editoriale pubblicato sul British Medical Journal Non-insulin dependent diabetes mellitus: the gathering storm 19. Bisogna poi considerare che queste stime fanno riferimento ai soli casi di diabete noto, cioè di diabete diagnosticato, ma numerosi studi di popolazione hanno evidenziano ripetutamente come esistano altrettanti casi di diabete di cui non è stata mai fatta diagnosi di malattia 20. Questo significa che la prevalenza del diabete nell età avanzata dovrebbe aggirarsi complessivamente intorno al 18-20%, il che vuol dire in pratica 2 pazienti diabetici per o- gni 10 soggetti anziani 21. Pensare, poi, ai casi di diabete non diagnosticato come forme più lievi di malattia, rappresenta un grossolano errore di valutazione perché l assenza di diagnosi (e quindi di terapia) aumenta la mortalità e la morbilità dei pazienti il cui diabete non è stato diagnosticato 14. Allo stesso modo è ingiustificato ritenere che l iperglicemia nell età avanzata sia una condizione quasi fisiologica, sostanzialmente benigna perché caratterizzata da rialzi glicemici che solo raramente raggiungono livelli allarmanti e che spesso risultano limitati ai periodi post-prandiali. Infatti, è ormai ampiamente dimostrato che l instabilità glicemica e l iperglicemia post-prandiale rappresentano importanti fattori di rischio vascolare, specie nei pazienti anziani Inoltre, specie nei paesi industrializzati e dove l assistenza diabetologia è abbastanza capillare, l aumentata aspettativa di vita fa sì che un cattivo compenso metabolico abbia tempo sufficiente per determinare l insorgenza di complicanze anche in pazienti anziani, tanto più che potrebbero essere già trascorsi anni tra l insorgenza del diabete ed il momento della sua diagnosi 24 e che l età avanzata accelera lo sviluppo delle complicanze croniche proprie del diabete 25. Al contrario, un controllo metabolico più stretto è in grado di annullare l eccesso di morbilità e mortalità che il diabete determina nei pazienti più anziani La riduzione della speranza di vita dovuta alla malattia si mantiene nelle classi di età più avanzata, con una differenza nei diabetici rispetto ai non diabetici di circa 8 e 4 anni, rispettivamente nei cinquantenni e nei settantenni 28. Rifacendo riferimento al diabete clinicamente manifesto, i 2/3 dei diabetici o- spedalizzati hanno un età superiore ai 65 anni e oltre il 3% dei letti dei nostri ospedali è perennemente occupato da diabetici anziani. Il diabete nell età avanzata rappresenta, perciò, una realtà sanitaria e socioeconomica estremamente importante sia considerando la prevalenza della malattia, come fatto dall American Diabetes Association in una indagine di alcuni anni fa 29, sia considerando l incidenza 30 poiché, come abbiamo già accennato, entrambi questi parametri epidemiologici aumentano con l età. Tutti questi dati giustificano come la spesa sanitaria riguardante il diabete nell anziano sia molto elevata e sia destinata a crescere ulteriormente. L impatto sociale della malattia diabetica è di tale entità ed il numero dei pazienti coinvolti così elevato che in numerosi stati del mondo la spesa sanitaria per questa malattia ha raggiunto il 10% della spesa sanitaria globale 31. Negli stati europei, dove la spesa sanitaria globale si è attestata tra il 6 e l 8% del PIL (Prodotto Interno Lordo) (7.7% per l Italia nel 1990), la spesa stimata per il diabete si aggira sul 5-7% della spesa sanitaria totale 11. Sappiamo che il costo di qualsiasi malattia è formato da tre elementi: 1. la spesa per l assistenza sanitaria diretta (costi diretti) 2. i costi derivanti da perdita di produzione permanente o temporanea dipendente dalla malattia (costi indiretti) 3. lo scadimento della qualità della vita, la perdita di tempo libero e il dolore (costi intangibili) 32. Sebbene quest ultimo aspetto sia considerato sempre più importante, risulta essere un parametro non monetizzabile secondo riferimenti precisi e quindi viene spesso trascurato nell analisi dei costi di una malattia. Considerando la possibilità della loro identificazione e della loro quantificazione, i costi vengono ripartiti tra i due capitoli principali: i costi diretti e indiretti 33. Tra i primi vanno considerati: 10 11

8 terapia d emergenza ospedalizzazioni direttamente imputabili alla patologia e per le complicanze servizi medici ed infermieristici trattamenti ambulatoriali interventi chirurgici farmaci esami di laboratorio strumentazioni e reattivi maggiore durata delle ospedalizzazioni, anche se originate da altre cause nel diabetico rispetto al non diabetico. Tuttavia, è opportuno precisare che i costi diretti sono verosimilmente sottostimati dal fatto che molti dei costi legati al trattamento delle complicanze, per esempio quelle cardiovascolari, non sono imputati direttamente al diabete ma alle malattie vascolari, dimenticando l effetto moltiplicatore svolto dal diabete sui fattori di rischio cardiovascolari. Tra i costi indiretti si possono includere: mortalità prematura sussidi di invalidità mancato guadagno per giornate lavorative perse (quest ultimo aspetto non riguarda però il diabetico anziano in età non lavorativa). Dalla somma di tali costi è stata calcolata per il 1992 una spesa annua per ogni diabetico in un paese europeo raffrontabile con il nostro, come la Germania, di 2000 $ (oltre tre milioni delle vecchie lire) 34. Infine, considerando che, come già detto in precedenza, il 50% dei diabetici ha un età maggiore ai 65 anni di età, dal 2.5 al 3.5% della spesa sanitaria totale, cioè la metà dei costi diretti imputabili alla malattia, può essere ascritta al diabete dell anziano. Questa cifra ammontava nel 1995 ad una somma tra i 2380 e i 3334 miliardi delle vecchie lire (la spesa sanitaria è stata nel 1995 di miliardi di lire 35 ). Tutto questo senza tener conto dei costi indiretti non facenti parte della spesa sanitaria e dei costi non monetizzabili. A titolo d esempio, possiamo aggiungere che solo considerando i 74 diabetici su 4485 anziani (prevalenza del 10.6%) presenti nel 1993 in una parte delle Case di Riposo del Friuli - Venezia Giulia 36 (pari al 71% della capacità ricettiva totale disponibile), il costo annuo diretto imputabile alla patologia diabetica può essere stimato in circa 1.42 miliardi delle vecchie lire. Concludendo, in base a quanto abbiamo già detto, è importante considerare sempre che il diabete comporta costi sia diretti che indiretti. I primi consistono nel totale di quanto viene speso per la diagnosi e il trattamento del diabete e per curare le complicanze sia acute che croniche. A questo proposito è stato stimato che nei pazienti diabetici il ricorso alle strutture ospedaliere o di assistenza di base è 2-3 volte maggiore rispetto alla popolazione generale La perdita di produttività dovuta a malesseri a breve termine, invalidità e mortalità prematura rappresentano, invece, i costi indiretti. I dati ottenuti in alcuni Paesi occidentali evidenziano che i costi economici presentano delle differenze per sesso e per età. Infatti, il 35% di tale spesa riguarda gli uomini con meno di 65 anni, il 30% le donne di oltre 65 anni, il 18% gli uomini con più di 65 anni e il 17% le donne con meno di 65 anni 39. Inoltre, è stato calcolato che la spesa sanitaria per le persone con diabete è di 2-3 volte superiore a quella dei non diabetici e che la perdita di produttività dovuta ad invalidità e morte prematura è anch essa rilevante

9 II. EPIDEMIOLOGIA DELL ALTERATA TOLLERANZA AL GLUCOSIO L alterata tolleranza al glucosio è un termine che comprende sia il diabete mellito che la ridotta tolleranza al glucosio (IGT). Fino a pochi anni fa, l incidenza (numero di nuovi casi in una popolazione in un determinato periodo di tempo) e la prevalenza (percentuale di persone in una popolazione che presenta la condizione in un dato momento) dell alterata tolleranza al glucosio era fonte di confusione. Le metodologie adoperate da numerosi studi epidemiologici non erano adeguate per chiarire il problema. Infatti, in alcuni studi veniva semplicemente chiesto ai partecipanti se avessero o meno il diabete, mentre altri usavano come fonte principale di indagine le cartelle cliniche dei medici di medicina generale o quelle ospedaliere. Inoltre, quando venivano eseguite indagini di laboratorio, per fare diagnosi ci si basava sul semplice esame delle urine o su determinazioni della glicemia fatte casualmente e anche le modalità del carico di glucosio variavano notevolmente. Non c era alcun consenso sui criteri diagnostici del diabete mellito e si dava poco rilievo alla condizione di IGT. Ne conseguiva che, quando venivano confrontati o messi insieme i dati di studi diversi, i risultati erano fuorvianti. Una certa chiarezza e rigore emersero alla fine degli anni settanta, quando il National Diabetes Data Group negli Stati Uniti propose una serie di linee guida chiare e inequivocabili per la classificazione e la diagnosi del diabete mellito e di altre manifestazioni dell alterata tolleranza al glucosio 40. Queste proposte vennero accettate, con alcune piccole modifiche, dal Comitato di esperti sul diabete dell Organizzazione Mondiale della Sanità nel e successivamente revisionate nel Da allora sono stati effettuati molti studi e- pidemiologici che si sono attenuti a definizioni e metodologie appropriate e standardizzate, che hanno permesso di chiarire l ampiezza e l entità del problema dell alterata tolleranza al glucosio. Uno dei fattori associati alla alterata tolleranza al glucosio è certamente l età, che è apparsa in ogni studio come la variabile singola più importante nell influenzarne la prevalenza. E così, quasi tutti gli studi epidemiologici, sia trasversali che longitudinali, hanno dimostrato che la prevalenza sia di diabete che di IGT aumenta inizialmente con l età, raggiunge una fase stazionaria per poi diminuire. Tuttavia, l inizio della fase di aumento, il ritmo di aumento, il tempo di prevalenza del picco e il ritmo della successiva diminuzione variano fra le diverse popolazioni esaminate. Si ritiene, in genere, che l aumento della prevalenza comincia all inizio dell età adulta. Ad esempio, gli indiani Pima di età compresa fra i 25 ed i 34 anni, hanno una probabilità di essere diabetici dieci volte maggiore rispetto a quelli di anni 43. Negli americani fra i 45 e i 55 anni il diabete è quattro volte più comune rispetto a quelli di anni 44. L aumento successivo dovuto all età è variabile ed è maggiore nelle società con maggiore prevalenza di intolleranza al glucosio 45. Negli indiani Pima, la prevalenza di alterata tolleranza al glucosio raggiunge un picco all età di 40 anni negli uomini e di 50 anni nelle donne, per poi diminuire negli uomini dopo i 65 anni e nelle donne dopo i 55 anni. In altre popolazioni, la prevalenza è più elevata dai 60 ai 70 anni, per poi diminuire 44. Tuttavia, uno studio su finlandesi anziani ha dimostrato che la prevalenza presentava un picco fra i 75 ed i 79 anni e diminuiva fra gli 80 e gli 84 anni 46. In alcune popolazioni la prevalenza maggiore è stata riscontrata nel gruppo di età più avanzata 47. Per quanto riguarda la comunità in cui la prevalenza di alterata tolleranza al glucosio ha maggiori probabilità di essere particolarmente elevata, questa sarà probabilmente composta da un numero elevato di anziani e di emigranti che vivono in una zona urbana di un paese industrializzato. I membri apparterranno ad una qualsiasi classe socioeconomica, ma avranno abitudini di vita sedentaria e molti saranno obesi

10 III. PATOGENESI Il riconoscimento ampiamente diffuso che l invecchiamento sia un fattore di rischio maggiore per lo sviluppo del diabete ha condotto alcuni a credere che l intolleranza glucidica sia una conseguenza inevitabile dell invecchiamento. Tuttavia, sembra vi siano ampie differenze di prevalenza di questa malattia nelle differenti comunità, visto che in alcune aree del mondo, sebbene la prevalenza aumenti con l età, il diabete non supera il 3.5% 48. Questa segnalazione indica che molti casi di diabete dell anziano possono essere prevenibili. I tre più importanti fattori di rischio nella patogenesi di questa malattia negli adulti più anziani uno stile di vita sedentario, cattive abitudini dietetiche e cambiamenti della composizione corporea sono essenzialmente fattori modificabili. Altri fattori patogenetici sono più difficili da aggirare. Questi includono malattie coesistenti, l uso di farmaci con effetti avversi sulla tolleranza ai carboidrati e i cambiamenti correlati all età nella secrezione insulinica o nella sua azione, riportati in vari modelli animali e soggetti umani I precisi meccanismi dei cambiamenti correlati all età nella riserva secretoria insulinica o nell azione insulinica nei siti bersaglio restano sconosciuti. È noto che, sebbene la maggioranza degli adulti più anziani con diabete siano affetti dal tipo 2, alcuni sono diabetici che hanno sviluppato un diabete di tipo 1 molti anni prima o sono pazienti che, nel tempo, hanno subito una variazione, passando da uno stato non insulino-dipendente ad uno stato che richiede insulina. Questo deterioramento tempo-dipendente alla tolleranza ai carboidrati, a prescindere dal trattamento utilizzato, è stato ben dimostrato nello studio UKPDS 53. Questo cambiamento sembra essere almeno parzialmente in relazione alla graduale riduzione della capacità secretoria insulinica pancreatica. Studi in modelli animali indicano che l invecchiamento è associato ad un alterata attività secretoria insulinica associata ad alterazioni nell espressione genica delle cellule pancreatiche Questi dati sono confermati da studi clinici nei soggetti anziani che evidenziano una ridotta attività insulinica Complessivamente, sembra che sebbene sia comune un incremento etàdipendente dell intolleranza ai carboidrati, la maggior parte delle condizioni di diabete nell anziano sia potenzialmente evitabile. Le alterazioni metaboliche presenti nel diabete dell età avanzata non si discostano significativamente da quelle presenti nei pazienti più giovani. Infatti, nei diabetici anziani magri prevale il difetto secretorio della!-cellula in risposta allo stimolo glucidico: l insulina viene immessa in circolo in minor quantità (deficit quantitativo) e viene rilasciata in ritardo (deficit qualitativo) 54. Al contrario, nei diabetici anziani in soprappeso l alterazione prevalente è l insulinoresistenza a livello dei tessuti periferici 11. Però, nell età avanzata, anche in assenza di un significativo eccesso ponderale, spesso è presente una significativa insulino-resistenza. È probabile che la causa sia legata alla riduzione della massa magra (circa il 30% oltre i 70 anni) e la riduzione dell attività fisica 55. Per quanto riguarda quest ultimo aspetto, nel paziente anziano, oltre ad una diminuzione della quantità dell esercizio fisico 56 è stata misurata una riduzione della capacità fisica 57. Molti anziani riducono la loro attività fisica man mano che invecchiano, a volta a causa di condizioni concomitanti quali i disturbi osteoartrosici o neurologici. L attività fisica è strettamente collegata al metabolismo dei carboidrati e all azione insulinica. Infatti, un programma di allenamento di 12 mesi in un gruppo di diabetici di età superiore ai 60 anni non ha mostrato alcuna variazione significativa della tolleranza al glucosio che, però, era già basalmente buono, ma si è accompagnato ad una considerevole diminuzione della sezione insulinica 58. Questo risultato suggerisce che l esercizio fisico genera una maggiore sensibilità all insulina. In un altro studio è stato evidenziato come gli anziani non allenati avevano glicemia ed insulinemia più elevate dei soggetti allenati. L esercizio determinava una migliore tolleranza al glucosio e ad una maggiore sensibilità all insulina 59. In uno studio effettuato al fine di valutare gli effetti dell esercizio fisico sull azione insulinica in uomini sani di età compresa tra 60 e 75 anni, sono stati messi a confronto i dati tra coloro che effettuavano regolarmente attività fisica e quelli che conducevano una vita sedentaria 60. Non è stata osservata alcuna differenza né nell indice di massa corporea (IMC) né nella percentuale di grasso corporeo tra i due gruppi. Comunque, il consumo massimale di ossigeno (VO2 max) era maggiore nei soggetti che facevano esercizio fisico regolarmente; gli stessi dati si ottenevano per quanto attiene l utilizzazione di glucosio insulino-stimolata. Era evidente una relazione diretta tra massima capacità aerobica e azione insulinica in vivo, che era indipendente sia dall IMC sia dalla percentuale di grasso corporeo. Anche se l insulinoresistenza si ritrova comunemente negli anziani, perfino in quelli con normale tolleranza al glucosio, essa può essere parzialmente contrastata con l esercizio fisico 61. Questo effetto è indipendente dalle variazioni del peso e della composizione corporea e può essere osservato anche dopo un programma di esercizio fisico moderato della durata di 12 settimane

11 Gli atleti giovani hanno lo stesso livello di utilizzazione di glucosio in risposta all insulina che hanno anche gli atleti anziani 62. Quindi, l esercizio fisico negli anziani può migliorare l insulino-resistenza a livello post-recettoriale, che è la sede generalmente colpita dall invecchiamento. Il trasporto del glucosio attraverso la membrana cellulare è mediato dalle proteine di trasporto del glucosio, delle quali la GLUT-4 sembra la più importante nel muscolo. Una indagine condotta su uomini di mezza età 63 ha evidenziato che i livelli plasmatici di insulina durante il test di tolleranza al glucosio erano più bassi negli uomini allenati, mentre non vi erano differenze nelle risposte glicemiche. Comunque, il contenuto di proteina GLUT-4 negli uomini allenati era quasi il doppio. Questo suggerisce che i livelli delle proteine di trasporto del glucosio aumentavano contestualmente alla sensibilità all insulina negli uomini di mezza età che svolgevano regolarmente esercizio fisico. Inoltre, uno studio a lungo termine svolto in Svezia su uomini di mezza età che avevano un diabete di grado lieve o ridotta tolleranza al glucosio ha dimostrato come una dieta in grado di determinare una riduzione del peso corporeo associata all esercizio fisico regolare ha dato luogo ad un considerevole miglioramento della tolleranza al glucosio ed alla remissione del diabete 64. Anche i livelli di insulina venivano ridotti e la mortalità era minore nel gruppo trattato. Simili studi non sono stati effettuati negli anziani, ma sembra probabile che almeno alcuni casi di intolleranza al glucosio e di diabete di lieve entità possano essere prevenuti prestando maggiore attenzione al peso corporeo e all esercizio fisico. Nei soggetti anziani si assiste anche ad una progressiva riduzione della funzione renale e all uso contemporaneo di diversi farmaci, tra i quali i diuretici che, specie quelli tiazidici, causano intolleranza al glucosio ed insulinoresistenza 65. In conclusione, negli anziani si verifica una alterazione metabolica costituita da intolleranza al glucosio, insulino-resistenza periferica a livello postrecettoriale, ridotta secrezione insulinica e diminuzione della sensibilità epatica all insulina. Questo stato può essere migliorato aumentando l attività fisica, mentre viene peggiorato dall aumento del peso corporeo e dall adiposità addominale. Altri fattori che sono comuni negli anziani, fra cui la ridotta funzionalità renale e l uso dei diuretici, sono in grado di peggiorare la loro tolleranza al glucosio. IV. PREVENZIONE Il fatto che la prevalenza del diabete aumenti con l età e che il diabete sia una causa importante di morbilità e mortalità nell anziano spiega il ricorso maggiore ai servizi di assistenza sanitaria da parte dei diabetici anziani. Conseguentemente, il diabete nell anziano rappresenta un significativo problema economico e di salute pubblica. Poiché il trattamento del paziente diabetico anziano presenta vari limiti, una soluzione alternativa all epidemia del diabete nell anziano potrebbe essere la prevenzione primaria. Abbiamo già accennato al fatto che molti studi epidemiologici suggeriscono che il deterioramento della tolleranza al glucosio con l avanzare dell età può essere in gran parte attribuito a numerosi fattori connessi all età che sono associati ad insulino-resistenza, quali l obesità ed una distribuzione del grasso corporeo di tipo androide, scarsa attività fisica, malattie croniche ed uso di farmaci diabetogeni. Tutti questi fattori sono suscettibili di modificazioni. Come hanno dimostrato i vari studi prospettici sulla bassa incidenza di diabete nelle persone fisicamente attive, l esercizio regolare sembra essere l approccio primario più promettente anche nel diabete nell anziano. Per ottenere il massimo effetto protettivo, probabilmente bisognerà cominciarlo quanto prima nella vita. L esercizio esplica il suo effetto positivo migliorando direttamente la sensibilità insulinica o, indirettamente, inducendo perdita di peso ed una più adeguata distribuzione del grasso corporeo. D altro canto, sebbene la restrizione calorica possa risultare efficace nel causare perdita di peso e nel diminuire l insulino-resistenza negli individui obesi, esiste un notevole rischio di malnutrizione derivante dagli interventi dietetici nelle persone anziane. Inoltre, non è stato ancora stabilito il ruolo delle variazioni della composizione della dieta nella prevenzione e nel trattamento del diabete. Sebbene sia stata suggerita l utilità della dieta, come parte integrante di un programma di modificazione comportamentale iniziato in età giovanile, sono necessari ulteriori studi per dimostrare la praticabilità e l efficacia di tale approccio nella prevenzione del diabete più avanti negli anni. Ovviamente, data la prevalenza dell uso di farmaci multipli nell anziano e la suscettibilità di questa fascia di età agli effetti secondari dei farmaci, come risultato dell alterato metabolismo dei farmaci, bisogna sempre tenere presente la possibilità di una intolleranza al glucosio farmaco-indotta. Pertanto, un modo per prevenire il diabete nelle persone anziane è quello di evitare, ove possibile, il ricorso a farmaci non strettamente necessari, nonché la somministrazione di più farmaci

12 La prevenzione secondaria e terziaria mira al miglioramento della qualità di vita del paziente diabetico anziano, principalmente prevenendo o ritardando l insorgenza delle complicanze. Poiché è stato ampiamente dimostrato che il compenso glicemico ottimale è il fattore più importante nella prevenzione delle complicanze croniche (specie quelle microvascolari), esso dovrebbe rappresentare il fine ideale della terapia. Tuttavia, vanno tenuti presenti gli effetti collaterali di una terapia aggressiva, in particolare il rischio di ipoglicemia grave nell anziano e, conseguentemente, il trattamento deve essere strettamente personalizzato in considerazione di numerosi fattori, quali le capacità mentali del paziente, le condizioni economiche, il sostegno familiare e sociale, la disponibilità di assistenza sociale e di assistenza a domicilio. Oltre al buon controllo metabolico, è importante controllare i fattori di rischio macrovascolari coesistenti. La forte associazione tra diabete e ipertensione, obesità, dislipidemia, aterosclerosi precoce è stata definita come sindrome metabolica, il cui difetto di base sarebbe l insulino-resistenza e l iperinsulininemia compensatoria. Il riconoscimento di questa sindrome sottolinea non solo l importanza del trattamento di tutti i fattori di rischio cardiovascolari nel diabetico anziano, ma anche l importanza di fare uso innanzi tutto di metodi atti a ridurre l iperinsulinemia (quali dieta ed esercizio fisico) per raggiungere un buon controllo del diabete. Attualmente ci sono molti riscontri che uno stile di vita salutare sia in grado di prevenire lo sviluppo successivo del diabete nell età avanzata. Allo stesso modo, però, l uso adeguato di micronutrienti potrebbe avere degli effetti minori sulla tolleranza al glucosio, ma ci sono scarse evidenze a sostegno di un loro uso di routine nelle persone anziane. Al contrario, è ormai ampiamente provato che un controllo aggressivo dell iperglicemia, quando il diabete conclamato si è sviluppato, è in grado di migliorare la qualità della vita e ritardare l insorgenza di complicanze microvascolari. Il controllo dell ipertensione, una cura adeguata delle complicanze degli arti inferiori e l individuazione di effetti potenzialmente deleteri di farmaci, appaiono come delle strategie con un buon rapporto costo-beneficio per la prevenzione del diabete tipo 2. La tabella 2 riassume alcun degli approcci di prevenzione secondaria e terziaria del diabete nelle persone anziane. 1. Prevenzione secondaria A. Migliore controllo dell iperglicemia Educazione sul diabete Restrizione dietetica, se necessaria Esercizio fisico regolare Evitare l uso di farmaci diabetogeni Farmaci ipoglicemizzanti o insulina Monitoraggio della glicemia da parte del paziente stesso a da chi lo assiste Dosaggio dell emoglobina glicata a intervalli prestabiliti per monitorare il controllo Sviluppo di un approccio di team (diabetologo, infermiere, dietista, etc) Migliorare l adesione al trattamento a. Individuare e trattare la depressione b. Uso di servizi assistenziali (assistente sociale o domiciliare) B. Migliore controllo dei fattori di rischio macrovascolari Cessazione del fumo di sigaretta Controllo dell ipertensione arteriosa Controllo dell iperlipidemia Riduzione del peso corporeo Evitare, se possibile, la somministrazione di più farmaci 2. Prevenzione terziaria A. Microangiopatia Retinopatia a. Esame periodico del fondo oculare b. Fotocoagulazione o vitrectomia precoce Nefropatia a. Controllo dell ipertensione arteriosa b. Individuazione precoce della proteinuria (microalbuminuria) c. Dialisi precoce o trapianto renale B. Macroangiopatia Cardiopatia ischemica a. Farmaci antianginosi b. Statine, aspirina, antiaggreganti c. Angioplastica o intervento di bypass Malattia cerebrovascolare a. Aspirina o anticoagulanti b. Angioplastica c. Fisioterapia Vasculopatia periferica a. Esercizio fisico 66 b. Pentossifillina c. Angioplastica o intervento di bypass Amputazione a. Esame regolare del piede b. Podologo C. Neuropatia Periferica a. Migliore cura podologica b. Uso di calzature speciali c. Educazione relativa al piede diabetico d. Migliore compenso metabolico Autonomica a. Cisapride o metoclopramide per la gastroparesi b. Cateterizzazione intermittente per la vescica neurogena c. Fludrocortisone per l ipotensione ortostatica d. Liquirizia e. Migliore compenso metabolico Tabella 2. Prevenzione secondaria e terziaria del diabete nell anziano V. OBIETTIVI TERAPEUTICI 20 21

13 Condividendo le basi patogenetiche con il diabete che insorge in età più giovanile rispetto a quella considerata dell anziano, è ovvio che il trattamento del diabete in questi ultimi risulti analogo a quello previsto nei pazienti più giovani e si basi essenzialmente su dieta, attività fisica, antidiabetici orali ed insulina. L unica fondamentale differenza è la necessità di valutare ancora più attentamente il grado di efficienza psicofisica di ogni singolo paziente. Infatti, le condizioni cliniche sono estremamente variabili e spesso l età biologica non correla con l età anagrafica Come abbiamo già accennato, negli anziani possono essere presenti deficit cognitivi, disturbi mnemonici, alterazioni del tono dell umore (prevalentemente di tipo depressivo), alterazioni del ritmo sonno-veglia, un ridotto stimolo della sete. Spesso gli anziani si alimentano in maniera incongrua, talora saltano i pasti o li riducono a spuntini frugali e, particolarmente nelle aree rurali, consumano assai presto il pasto serale, allungando così il digiuno notturno. Pertanto si rende necessario un approccio assolutamente personalizzato, valutando attentamente quale protocollo antidiabetico e quali obiettivi glicemici risultano opportuni nel singolo caso. Ciò spiega l assenza in letteratura, di linee guida definite e di target terapeutici netti 69. L ADA, che nel 2002 si era spinta a proporre come obiettivi ragionevoli, una glicemia a digiuno <140 mg/dl e post-prandiale < mg/dl 70, nel 2003 e nel 2004 si è limitata più genericamente a sottolineare la necessità di un approccio individualizzato specificando che obiettivi terapeutici meno stretti possono essere appropriati nei soggetti più vecchi rispetto a quelli indicati nelle linee guida È stato detto che il trattamento ipoglicemizzante dei diabetici più anziani è basato essenzialmente su esperienze aneddotiche e che ogni proposta di approccio terapeutico rappresenta essenzialmente l opinione dell autore 67. Volendo, comunque, fornire un qualche riferimento pratico, per quanto generico e meramente indicativo, è accettabile la regola dell 1/3: in pratica, un attenta valutazione del paziente anziano consente di determinare cinque variabili fondamentali: 1. le sue capacità cognitive, comportamentali e motorie 2. il suo profilo di rischio vascolare 3. la presenza, il tipo e la gravità di eventuali patologie coesistenti 4. la presenza e la gravità di eventuali disabilità dovute a complicanze del diabete 5. il suo grado di indipendenza o, al contrario, la necessità di assistenza da parte di terze persone 73. Valutazione socioeconomica Valutazione della terapia farmacologica Valutazione delle abitudini di vita Valutazione clinica Tabella 3. Valutazione multidimensionale per il diabete nell anziano Sulla base di queste variabili circa 1/3 dei pazienti diabetici anziani risulterà in buone condizioni fisiche e sarà lecito ambire a un compenso metabolico ottimale, circa 1/3 dei pazienti presenterà una certa compromissione delle condizioni cliniche generali che renderà opportuno un approccio più morbido e graduale. Il rimanente 1/3 presenterà una più marcata compromissione dello stato generale tale da sconsigliare obiettivi terapeutici ambiziosi (tabella 4) 74. Con un intento analogo la Veterans Health Administration ha proposto linee guida adattate alle peculiari condizioni e all età fisiologica del paziente anziano, giungendo a considerare accettabili livelli di HbA1c fino al 9% in pazienti con ridotta aspettativa di vita e/o condizioni cliniche compromesse (tabella 5) 75. Un simile approccio differenziato viene raccomandato anche dalle ultime linee guida dell ADA 72. Viste le particolari caratteristiche cliniche del diabete nell anziano (tabella 6) per ognuno di loro è doveroso prescrivere un adeguato regime alimentare che, però, in questi pazienti non dovrà essere necessariamente ipocalorico. Infatti, non sempre il paziente anziano presenta un sovrappeso tale da richiedere una dieta ipocalorica e non sempre una dieta ipocalorica è consigliabile nell anziano. D altra parte, come abbiamo accennato in precedenza, è improponibile avere la pretesa di sconvolgere, in soggetti ormai anziani, le abitudini alimentari di tutta una vita. Spesso è sufficiente ridurre gli zuccheri semplici nell alimentazione e l assunzione di vino, quando eccessiva Occorre, poi, tener presente che in molti anziani è latente una condizione malnutritiva a genesi multifattoriale che può essere fatta precipitare da modifiche troppo radicali dalla dieta abituale. Vi concorrono la ridotta capacità di acquistare o preparare il cibo (per disfunzioni psicocognitive e/o per disabilità fisica), le limitazioni finanziarie, la scarsa motivazione, un certo grado di anoressia (conseguenza di un generale calo psicoaffettivo o di un generico stato depressivo), la ridotta sensibilità gustativa, le limitazioni alimentari imposte da patologie coesistenti, la difficoltà alla masticazione. Tipologia del paziente anziano Obiettivi del trattamento 22 23

14 Pazienti autosufficienti Senza importanti limitazioni motorie e visive Mentalmente attivi e pronti Con il diabete come sola patologia cronica rilevante Pazienti relativamente indipendenti Con limitazioni motorie e/o visive di una certa rilevanza Con un certo grado di rallentamento delle funzioni cognitivo-comportamentali Con altre comorbilità, oltre al diabete Pazienti con alto grado di dipendenza e- sterna In precarie condizioni fisiche In case protette, ADI, RSA Con altre patologie croniche di rilevante impegno clinico 1/3 1/3 1/3 Controllo glicemico ottimizzato Controllo pressorio ottimizzato Stretto controllo dell assetto lipidico Controllo glicemico accettabile Controllo pressorio accettabile Contenere il dismetabolismo lipidico Controllo dei sintomi di scompenso metabolico (poliuria, incontinenza, dimagramento, astenia) Minimizzare il rischio di complicanze acute (ipoglicemie, disidratazione, iperosmolarità, acidosi metabolica ) Considerare la possibilità di interazioni farmacologiche con terapie concomitanti Tabella 4. Obiettivi terapeutici nei pazienti diabetici anziani: la regola dell 1/3. Comorbilità assenti e aspettativa di vita >15 anni Comorbilità assenti e aspettativa di vita 5-15 anni Comorbilità assenti e aspettativa di vita <5 anni HbA1c <7% (<1% sopra il limite di normalità) HbA1c <8% (<2% sopra il limite di normalità) HbA1c <9% (<3% sopra il limite di normalità) HbA1c <8% (<2% sopra il limite di normalità) HbA1c <8% (<2% sopra il limite di normalità) HbA1c <9% (<3% sopra il limite di normalità) HbA1c <9% (<3% sopra il limite di normalità) HbA1c <9% (<3% sopra il limite di normalità) HbA1c <9% (<3% sopra il limite di normalità) di raffreddamento e occorrerà adeguare opportunamente la dieta, aggiungendo g di carboidrati, almeno il 50% dei quali in forma di carboidrati complessi. 1. Spesso è assente la triade polidipsia poliuria polifagia. 2. I deficit cognitivi, comportamentali, depressivi e demenza sono più frequenti che negli anziani non diabetici. 3. In genere i nuovi casi sono diagnosticati casualmente, spesso in occasione di fenomeni infettivi, accidenti vascolari o altre patologie intercorrenti. 4. La glicosuria è inattendibile per aumento della soglia renale al glucosio. 5. Gli accidenti ipoglicemici da insulino-secretori o da terapia insulinica sono più frequenti, gravi e prolungati. 6. È più facile l insorgenza di acidosi lattica da biguanidi. 7. L iperosmolarità plasmatica insorge con maggior facilità e può aggravare un deficit di funzionalità renale e/o determinare un coma iperosmolare. 8. Il soprappeso è meno frequente, circa il 20% dei diabetici anziani è sottopeso e può essere presente anoressia. 9. Le patologie cardiovascolari sono 3-4 volte più frequenti che negli anziani non diabetici di pari età, hanno prognosi peggiore e più spesso sono oligo- o asintomatiche (ischemia miocardica silente). 10. Spesso è presente una neuropatia autonomica che aggrava i disturbi urinari e/o gastrointestinali tipici dell anziano. 11. Sono frequenti i fatti infettivi broncopolmonari e urinari e insorgono facilmente lesioni ulcerative infette agli arti inferiori. Tabella 5. Obiettivi terapeutici nei pazienti diabetici anziani. Le linee guida della Veterans Health Administration Tabella 6. Principali caratteristiche cliniche del diabete nel paziente anziano Anche l attività fisica, cardine di ogni trattamento antidiabetico, nella pratica clinica può essere solo raramente proposta ad un paziente anziano. Infatti, esistono spesso controindicazioni per patologie a carico del sistema cardiocircolatorio, dell apparato osteoarticolare, del sistema nervoso e dell occhio, patologie dipendenti tanto dal diabete quanto dall età Anche quando non esistono controindicazioni, l attività fisica dovrà essere aerobica (per esempio nuoto, ciclismo, passeggio veloce), moderata (non superare il 50-60% della riserva della frequenza cardiaca), continua (almeno 3 volte la settimana) e andrà interrotta ogni minuti con 4-5 minuti di recupero graduale. Particolare cura dovrà essere rivolta agli esercizi di stretching, di riscaldamento e VI. TERAPIA NUTRIZIONALE 24 25

15 La terapia dietetica è rappresentata da quattro momenti fondamentali: valutazione, obiettivo, istituzione dell intervento e valutazione e soluzione del problema 80. Un accertamento di tipo nutrizionale comprende la valutazione della diagnosi medica, la misurazione dei parametri antropometrici e degli indici biochimici e la revisione farmacologica 81. Una storia nutrizionale completa include la valutazione delle scelte nutrizionali e delle abitudini alimentari, dell uso di alcool o di supplementi di micronutrienti, della storia del peso e le necessità nutrizionali dei pazienti. Altri elementi della determinazione nutrizionale includono la valutazione della storia dell esercizio fisico, i problemi psicosociali esistenti e la conoscenza di base dei pazienti riguardo al diabete e alla nutrizione, così come la volontà e la capacità dei pazienti al cambiamento (tabella 7). A. Dati clinici: patologie mediche coesistenti, misure antropometriche, indici biochimici, farmaci B. Storia nutrizionale Scelta del pasto/abitudini alimentari Uso di alcool Integratori vitaminici/minerali Interazione farmaco-alimentare Storia del peso Assunzione calorica e fabbisogno nutritivo C. Altri componenti Storia attività/esercizio fisico Problemi psicosociali Conoscenza dell alimentazione/abitudini nella gestione del diabete Attitudini verso il cambiamento Tabella 7. Componenti della valutazione nutrizionale Gli adulti più anziani, specialmente quelli con iperglicemia non controllata, sono a rischio di carenze nutrizionali. I cambiamenti nelle varie funzioni fisiologiche legati all età, che comprendono l alterazione del gusto, dell olfatto e dell acidità gastrica, aumentano il rischio di carenze nutrizionali. I pazienti diabetici anziani sembrano a rischio più elevato per le carenze di vitamine B1, B12, C, D e di folato, come pure carenze di minerali come calcio, zinco e magnesio 82. I diabetologi devono, pertanto, considerare sempre gli indicatori clinici dello stato di carenza nutrizionale. L indicatore più importante è un cambiamento del peso corporeo basato su un intervallo di norma, ad esempio il range di peso al quale una persona sembra essersi stabilizzato durante i molti anni trascorsi. In genere, la perdita o il guadagno involontario di un peso di 4.5 Kg o più in 6 mesi sono considerati indicatori dello stato nutrizionale anomalo 83. Altri indicatori dello stato nutrizionale sono indicati nella tabella Significativo cambiamento di peso 10% del peso corporeo in 6 mesi Variazioni involontari del peso > 4.5 Kg in 6 mesi 2. Dati antropometrici Indice di massa corporea <22 o >27 Circonferenza muscolare a metà braccio <10 percentile Plica tricipitale <10 o >95 percentile 3. Dati di laboratorio Prealbuminemia <15 mg/dl Transferrinemia <200 mg/dl Albuminemia <3.5 g/dl Colesterolemia <160 mg/dl Tabella 8. Indicatori clinici dello stato di carenza nutrizionale Poiché la cosiddetta dieta dell American Diabetes Association non è più raccomandata, la terapia nutrizionale dei soggetti diabetici dovrebbe essere individualizzata. In generale, il fabbisogno calorico diminuisce del 20-30% negli adulti anziani. Oltre all età, altri elementi determinano il fabbisogno calorico. Questi comprendono il sesso, il peso corporeo, la conformazione corporea e l attività fisica. Si dovrà valutare attentamente se vi è la necessità di perdere peso. Un ridotto peso corporeo è stato associato a morbilità e mortalità più elevata negli anziani. I diabetici anziani, specialmente quelli che vivono in case di riposo, tendono ad essere in sottopeso piuttosto che sovrappeso 84. Il contenuto proteico della dieta dovrebbe costituire il 10-20% delle calorie e in nessuna circostanza deve essere <0.8 g/kg/die. L aumento del fabbisogno proteico e calorico si ha durante la guarigione di ferite, infezioni e altre situazioni di stress 85. La percentuale di carboidrati nella dieta dovrà essere individualizzata. In generale, la quantità totale di carboidrati è più importante della fonte. Zucchero o alimenti contenenti zucchero possono sostituire altri carboidrati nel piano alimentare Nel formulare una dieta, dovrà essere anche individualizzato il contenuto lipidico 88. Prima di prescrivere una dieta con basso contenuto in colesterolo e 26 27

16 grassi saturi, dovrà essere valutata la possibilità di un aggravamento del rischio di malattia cardiovascolare rispetto al rischio di malnutrizione. Se si inizia una dieta a basso contenuto di colesterolo, le restrizioni dovrebbero essere limitate alle linee guida Step One dell American Heart Association. La corrente raccomandazione di assumere g di fibre al giorno potrebbe essere troppo elevata in alcuni pazienti anziani. L assunzione di fibre deve essere incrementata gradualmente e deve essere accompagnata da un adeguata assunzione di liquidi o da attività fisica. L aumento dell assunzione di fibre in pazienti allettati e disidratati può precipitare la sindrome di riserva terminale, una condizione che può verificarsi in alcuni individui con ridotta motilità intestinale così che, aumentando il materiale fecale, questo si accumulerà nell ultimo segmento del colon. L attuale raccomandazione di limitare l assunzione di bevande alcoliche a 2 bicchieri/giorno potrebbe anche essere eccessiva per molti adulti anziani che spesso, però, hanno una ridotta tolleranza verso l alcool. Dovrà anche essere valutato attentamente il grado di restrizione sodica a 2.4 g/die per il trattamento dell ipertensione arteriosa o dell insufficienza cardiaca congestizia. La percezione gustativa diminuita, associata all invecchiamento e alla forte restrizione sodica, possono sfociare in un inadeguato introito alimentare. L integrazione con micronutrienti dovrà essere individualizzata e basata su un loro deficit sospetto o documentato. Per i pazienti con assunzione alimentare carente può essere appropriata un integrazione vitaminica giornaliera. Tutti gli adulti anziani dovrebbero essere incoraggiati ad assumere giornalmente almeno 1 g di calcio e, in generale, dovranno essere evitate elevate dosi di vitamine. Abbiamo già accennato come nelle case di riposo la malnutrizione sia un serio problema, così come è comune la disidratazione 89. Le cause di questo fenomeno includono restrizioni inappropriate, scarsa qualità del cibo, mancanza di scelta e varietà e mancanza di considerazione per preferenze etniche o culturali. Se una persona anziane è incapace di soddisfare le necessità nutrizionali attraverso un alimentazione normale con cibi solidi, allora è indicato un intervento di supporto alimentare. Questo si può ottenere modificando semplicemente la dose alimentare usuale con cambiamento del contenuto nutrizionale, della densità o della composizione alimentare o, talora, può essere necessario un regime più complesso con l uso di integrazione enterica o parenterale (vedi oltre). Abbiamo anche accennato come le vecchie linee guida sulla dieta dell ADA non abbia un effetto significativo sul controllo glicemico nei diabetici anziani, specie quando residenti in case di riposo 90. Invece, per queste strutture, è raccomandato il nuovo sistema del consistent CHO meal plan, specie per il trattamento a lungo termine 91. Il piano comprende i principi fondamentali della sana alimentazione e distribuisce i carboidrati durante il giorno. Comprende piccole porzioni di dessert regolari e carboidrati forniti dai pasti, oltre a spuntini, purché questi siano regolari da un giorno all altro. Questo piano si basa sul principio di fornire ai diabetici residenti in case di riposo per lungodegenti un alimentazione che sia piacevole e non dissimile da altri ospiti della struttura, scopo che non deve mai dimenticarne la composizione alimentare per non generare fattori avversi sul controllo glicemico. In pratica, per tutti i pazienti diabetici si consiglia di distribuire il fabbisogno nutrizionale in 5-6 pasti giornalieri, 3 principali, 2 spuntini e, in caso di somministrazione di insulina serale, anche un terzo spuntino, 90 minuti circa dopo la cena, specie se la cena viene consumata, per abitudini o cause ambientali, nel tardo pomeriggio e la colazione successiva a mattina inoltrata. Particolare cura deve essere posta a non limitare eccessivamente pane e pasta, che troppo spesso vengono ritenuti responsabili dell iperglicemia; devono, invece, costituire almeno il 50% delle calorie totali. Infine, l apporto calorico deve essere ridotto solo in presenza di obesità, ma comunque non deve mai essere inferiore a calorie giornaliere. La scelta degli alimenti per un adeguato regime dietetico nel diabetico anziano è suggerito nella tabella 9. Cereali Legumi (Carboidrati) Pasta, riso, pane, patate, orzo, ceci, lenticchie, fagioli, fave Tipo di alimento Da preferire Da assumere con moderazione Farina, pasta all uovo, fette biscottate, pizza, polenta, gnocchi, grissini, crackers Da evitare o da assumere solo occasionalmente Pane all olio, panini al latte, pizza ripiena 28 29

17 Carni Grassi Pesce Latticini Uova Ortaggi Frutta Dolci e dolcificanti Bevande Pollo, tacchino, vitello e manzo magro, maiale magro, prosciutto crudo o cotto, bresaola, speck sgrassati Sempre limitati Ogni tipo di pesce, tonno o sgombro al naturale o sott olio, ma sgocciolato Latte scremato, yogurt magro, formaggi magri, ricotta fresca di mucca Albume Ogni tipo di verdure a foglia, sia fresche che congelate Ogni tipo di frutta fresca di stagione Dolcificanti acalorici (aspartame, saccarina) Tè, caffé, bibite ipocaloriche Agnello, carne in scatola Olio d oliva, oli poliinsaturi, girasole, mais, soia, arachidi, margarine morbide Pesce fritto, frutti di mare, crostacei, gamberi Latte parzialmente scremato, caciotta fresca, mozzarella di mucca, provola, scamorza 2-3 uova intere la settimana Cavoli, broccoli, cavolfiori, pomodori, melanzane Banane, cachi, fichi, uva Sorbitolo, fruttosio, miele Vino, birra, spremuta di frutta Frattaglie, carni grasse, pancetta, cotechino, coppa, mortadella, capocollo, wurstel, salsicce, salami, patè, carne tritata o hamburger confezionati, pollo con pelle, pasticci di carne Burro, lardo, strutto, margarine dure (a panetti, ricche di grassi saturi), oli di semi vari Uova di pesce (caviale o succedanei, bottarga) Latte e yogurt interi, panna formaggi grassi e stagionati Uova fritte, omelette ripiene Verdure sott olio Tabella 9. Scelta degli alimenti per un adeguato regime dietetico nel paziente diabetico anziano Frutta sciroppata, frutta secca Zucchero, marmellate, caramelle, cioccolata, creme, gelati Bibite zuccherate, superalcolici Nel momento in cui il paziente diabetico anziano ha la necessità di effettuare un ricovero in ambiente ospedaliero per problemi medici, chirurgici e specialistici, sono numerosi quelli malnutriti e questo stato influenza sfavorevolmente l evoluzione clinico delle malattie 92. Talora questo problema si pone quando dimorano in residenze protette. In questi casi la nutrizione enterale e parenterale permettono di soddisfare le esigenze metaboliche, specie in tutte quelle situazioni ove sia impossibile l'assunzione di alimenti per via orale. Entrambe le tecniche di nutrizione assistita possono essere praticate sia in ambiente ospedaliero che a domicilio o in una residenza protetta, a seconda del tipo di patologia. La nutrizione enterale consiste nell'infusione di formule definite chimicamente, per intubazione nel tratto gastrointestinale superiore, in soggetti non in grado di alimentarsi adeguatamente ma con integrità dell'apparato gastrointestinale. La nutrizione parenterale indica l'introduzione di sostanze nutritizie attraverso il circolo sanguigno e vi si fa ricorso quando sono compromesse la digestione e l'assorbimento degli alimenti attraverso il tratto gastrointestinale. Ove possibile, la nutrizione enterale è da preferirsi a quella parenterale perché preserva meglio le difese immunologiche ed è meno costosa (tabella 10).! Mantenimento dell'integrità della mucosa intestinale e della peristalsi! Aumento del flusso ematico intestinale prevenendo l'ischemia intestinale! Aumento secrezione biliare e pancreatica! Aumentata sintesi proteica, ritenzione di N, aumento del peso corporeo! Riduzione incidenza ulcere da stress! Mantenimento e aumento di produzione degli enterormoni! Stimolazione della produzione dei macrofagi, della chemiotassi, delle IgA! Minor incidenza di infezioni (9% contro 37% della NPT)! Mortalità più bassa! Minor degenza (minor costi) Tabella 10. Vantaggi della dieta enterale VII. NUTRIZIONE ENTERALE E PARENTERALE La nutrizione assistita va impostata sul fabbisogno metabolico del soggetto trattato calcolando sia il metabolismo basale (MB) sia il consumo energetico a riposo (REE) 93. Vi è una discrepanza del 10% tra i valori del MB e del REE perché il primo è calcolato nel periodo postassorbitivo e comprende anche 30 31

18 l'effetto termico delle sostanze alimentari con l equazione di Harris-Benedict (tabella 11 ). È necessario un monitoraggio giornaliero del peso corporeo, con registrazione delle entrate e delle uscite, esami di laboratorio inizialmente tutti i giorni e successivamente due volte a settimana fino a poter stabilire un rapporto tra peso, bilancio idroelettrolitico, albumina sierica e fosfatemia. Uomini W H A Donne W H A W = peso in Kg H = altezza in cm. A = età in anni Tabella 11. Equazione di Harris-Benedict A. Nutrizione enterale (NE) I vantaggi della nutrizione enterale sono dati dal mantenimento dell'integrità della mucosa intestinale, della peristalsi e della produzione di enterormoni, dalla stimolazione immunitaria, dalla ridotta incidenza di ulcera da stress. Le indicazioni comprendono lo stato di malnutrizione proteico-energetica conseguente alla mancata assunzione di alimenti per più giorni, la grave disfagia o anoressia, le ustioni o traumi gravi, le resezioni intestinali, la radioterapia, la chemioterapia e, a volte, l' insufficienza epatica, renale o polmonare cronica. Tra le controindicazioni vi sono l'ostruzione intestinale meccanica o funzionale, la presenza di fistole con fuoriuscita notevole di materiale, la pancreatite acuta grave, l'ischemia intestinale e l'enterocolite necrotizzante 94. Le formule per la NE prodotte dall'industria possono essere sotto forma di polveri sterili da diluire in acqua o già ricostruite in flaconi o lattine e sono da preferirsi alle miscele alimentari, ottenute frullando o omogeneizzando i cibi, per la minore probabilità di contaminazione e perché la loro composizione è nota (tabella 12). Si sconsiglia l'aggiunta di farmaci alle miscele per NE per il rischio di precipitazione sia dei componenti della dieta che dei singoli farmaci, come conseguenza della variazione ionica e del ph. L osmolarità nelle diete enterali dovrebbe essere prossima alle 300 mosm/l. A parità di contenuto calorico e di acqua, le diete che contengono più glucidi semplici (es. saccarosio aggiunto per aumentare la palatabilità della dieta) o aminoacidi liberi, presentano un'osmolarità più elevata. A seconda dei casi si utilizza la via naso-gastrica, naso-duodenale o nasodigiunale, la faringostomia, l'esofagostomia, la gastrostomia o la digiunostomia. Glucidi - L apporto calorico è mediamente contenuto fra il 45 e il 60% Tali apporti sono forniti come amidi, maltodestrine, disaccaridi, lattosio, saccarosio, fruttosio. Protidi - L apporto calorico è mediamente compreso fra il 16 e il 20% delle calorie totali. Gli apporti sono forniti come lattoalbumina o caseina (proteine intere o parzialmente idrolisate) e aminoacidi liberi. Lipidi - L apporto calorico è compreso fra il 30 e il 40 %. Sono presenti come olii vegetali (semi di mais, girasole, soia, cocco, palma, colza, altri) e lecitina di soia. Vitamine - Sono in genere presenti tutte le vitamine idro e liposolubili, spesso con apporti superiori a quanto previsto dalle tabelle LARN. Sali minerali - Le concentrazioni sono variabili per ciascuna dieta ma sono spesso sottodosati rispetto ai fabbisogni delle tabelle LARN. Questa composizione è giustificata per evitare sovraccarichi salini in alcune condizioni patologiche. Fibre - Le componenti indigeribili di queste diete generalmente deriva dal tegumento di cereali o da polisaccaridi della soia. La densità della miscela è direttamente proporzionale alla loro concentrazione. Acqua - Alcune diete si presentano come polveri da ripristinare con acqua: altre sono miscele in soluzione acquosa con acqua libera variabile tra l 85% (normocaloriche) e il 60% (ipercaloriche). Il contenuto di acqua condiziona l osmolarità e la densità della miscela. Altri componenti - Quando le diete sono previste anche per una somministrazione orale, spesso contengono degli aromatizzanti per aumentare la palatabilità. Tabella 12. Composizione delle miscele per la nutrizione entrale.! Inalazione ed aspirazione nelle vie aeree con polmonite ab ingestis! Ostruzione della sonda! Contaminazione della dieta, dei devices per la somministrazione! Otiti, faringiti! Erosione della mucosa, disconfort da sondino nasogastrico! Diarrea (da 3 a 5 scariche/die)! Meteorismo! Nausea, vomito! Costipazione! Disidratazione, alterazioni metaboliche, idroelettrolitiche (K, Na, P) Tabella 13. Complicazioni della nutrizione enterale 32 33

19 Le complicanze da NE comprendono quelle metaboliche (sovraccarico di liquidi, iperglicemia, ipofosfatemia, ipokaliemia, etc.), l'aspirazione tracheale e la diarrea (tabella 13). La maggior parte delle complicazioni è prevenibile con un monitoraggio e nursing attento: la nausea, il vomito ed il ritardato svuotamento gastrico scompaiono posizionando la sonda oltre il piloro. La diarrea, spesso associata alla NE, può dipendere anche da altri fattori come, ad e- sempio, l'uso di antibiotici. Nel caso in cui si renda necessaria la NE in un soggetto anziano affetto da diabete mellito, come può accadere nel periodo perioperatorio, la composizione della formula deve tenere conto delle condizioni clinico-metaboliche e del fabbisogno nutrizionale, di liquidi e d'insulina del paziente. Se si utilizza ad es. una formula ricca in carboidrati (>45%) bisogna considerare il rischio di coma iperosmolare non chetosico 95. Nei diabetici anziani, inoltre, potendo coesistere una paresi gastrica asintomatica, ne va valutato il rischio di esacerbazione indotto dalla modificazione del tempo di transito intestinale, dovuta alle fibre od ai lipidi, o all'uso di preparazioni enterali iperosmolari o ad un'infusione intragastrica rapida 96. La gastroparesi aumenta inoltre il rischio di polmonite ab ingestis. Cisapride e metoclopramide possono facilitare lo svuotamento gastrico anche se vi può essere refrattarietà La diarrea diabetica, infine, può rientrare tra le varie cause di diarrea in corso di NE, come anche l'uso di formule improprie o l'intolleranza a queste, l'effetto collaterale da farmaci (ad esempio antibiotici) ed il dismicrobismo batterico. La diarrea profusa può portare a disidratazione e rischio di coma iperosmolare non chetosico. In corso di diarrea la riduzione della velocità e dell'intensità dell'alimentazione non hanno un effetto positivo sull'alvo ma determinano solamente uno stato di semidigiuno. Per quanto riguarda la scelta delle formule per la NE nei diabetici esistono dei dati in favore all'uso di miscele ricche in polisaccaridi di soia e di formule ricche di fibre, in grado di ridurre la risposta glicemica al pasto. Quando si utilizzano tali miscele, la risposta glicemica post-prandiale è in funzione del carico carboidratico totale piuttosto che del tipo di carboidrati utilizzati. Le miscele ricche in polisaccaridi di soia differiscono da quelle classiche anche per la sostituzione del saccarosio con fruttosio, per un più basso contenuto in carboidrati e per la sostituzione delle calorie fornite dai carboidrati con quelle provenienti dai lipidi. Le formule ricche di fibre, contenenti cereali solidi idrolizzati, vegetali e frutta, tendono a legare i micronutrienti che vanno quindi monitorati attentamente. I pazienti che ricevono un'alimentazione enterale in quattro o più pasti al giorno, in modo simile allo schema dietetico abituale, possono avere un controllo ottimale della glicemia. Tale tipo di somministrazione, però, è spesso scoraggiata in quanto può aumentare il rischio d'aspirazione, esistono delle difficoltà al mantenimento dell'accuratezza dell'infusione ed una minore tolleranza gastro-intestinale alla formula enterale rispetto all'infusione costante. Nel caso di alimentazione a flusso continuo, si può iniziare la terapia insulinica utilizzando insulina rapida sottocute ogni sei ore, in modo da ottenere dei valori glicemici intorno ai mg. Dopo un paio di giorni si può sostituire quasi tutta l'insulina rapida con una o più iniezioni sottocutanee di insulina intermedia, eventualmente accompagnata da una quota aggiuntiva d'insulina rapida. Dato che in genere le formule standard di 240 ml contengono g di carboidrati, e visto che la velocità d'infusione è di 100 ml/h (= g di carboidrati/h), alla quota di 1 U.I. di insulina basale/h vanno aggiunte 2 U.I./h con un fabbisogno giornaliero di circa 72 U.I., da somministrare per via sottocutanea 102. È possibile, inoltre, abbinare ad un'alimentazione enterale a velocità costante, la somministrazione d'insulina per via parenterale. Tale schema, però, necessita di un monitoraggio più attento per il rischio di ipoglicemia accidentale qualora la velocità di flusso enterale dovesse incepparsi. I controlli glicemici e dei corpi chetonici dovrebbero essere effettuati ogni 4-6 ore sul sangue e sulle urine e vanno registrate la quantità di liquidi introdotta ed eliminata dall'organismo. La nutrizione enterale non deve mai essere interrotta bruscamente; in tal caso è essenziale una fonte alternativa di carboidrati. B. La nutrizione parenterale (NPT) La NPT consiste nella somministrazione per via endovenosa, tramite catetere, di un'infusione contenente glucosio, aminoacidi, lipidi, elettroliti, vitamine ed oligoelementi in quantità sufficienti a soddisfare le richieste energetiche dell'organismo e ad impedire il catabolismo al fine di prevenire o correggere la malnutrizione e i suoi esiti 103. La NPT è indicata solo se la NE anche parziale non è attuabile. A seconda della via d'accesso, si parla di alimentazione parenterale periferica o centrale totale. La NPT centrale viene scelta ogni qualvolta sia necessario un trattamento superiore ai 10 giorni o l'alimentazione avvenga interamente per via endovenosa o quando le richieste nutritive siano aumentate. L'acces

20 so attraverso una vena centrale permette, infatti, la diluizione veloce di glucosio ipertonico in un sistema venoso a flusso elevato. Le indicazioni alla NPT comprendono il periodo postoperatorio nel caso sia ostacolata la digestione o l'assorbimento di quantità sufficienti di sostanze nutritive o quando preesiste uno stato di malnutrizione secondario ad un ridotto apporto orale, dispepsia o malassorbimento, in corso di morbo di Crohn o di rettocolite ulcerosa. È indicata, inoltre, in caso di ustioni gravi o fratture gravate da sepsi ed in alcuni pazienti neoplastici in corso di chemioterapia o terapia radiante. Il suo uso è controindicato nei pazienti con tratto gastrointestinale funzionante, quando si prevede che sia necessaria per un periodo inferiore ai 5 giorni e per malattie intrattabili. Tra le complicazioni si segnalano le infezioni, le trombosi, l'embolizzazione aerea del catetere ed i problemi metabolici (ipoglicemia, iperglicemia, iper o disidratazione,...). La NPT deve fornire circa Kcal/Kg di peso corporeo ed un apporto idrico basale di 1.2 ml/kcal/die. A questo deve essere aggiunto un volume di liquidi equivalente alle perdite dovute a diarrea, stomie, etc. Le soluzioni di lipidi per via parenterale sono disponibili come emulsioni di oli vegetali, generalmente polinsaturi, al 10% o al 20%. Si consiglia in genere un apporto di aminoacidi pari a 0.8 g/kg di peso corporeo, mentre il rapporto carboidrati/lipidi ottimali non è stato definito. Fornire, comunque, un 30% di calorie sotto forma di grasso riduce i problemi da eccessivo apporto di carboidrati, come ad esempio la steatosi epatica e l'eccessiva produzione di anidride carbonica. Bisogna anche considerare il fabbisogno di vitamine e di sali minerali (tabella 14). L'osmolarità nelle composizioni destinate alla NP periferica deve essere inferiore ai mosm/l. L inserimento dei farmaci in una miscela nutrizionale deve essere abitualmente evitato. Un particolare cenno va fatto all insulina, per la sua capacità di aderire alle pareti di vetro e di materiale plastico dei flaconi, delle sacche e degli apparati tubulari. Aminoacidi - Sono presenti tutti gli AA essenziali (isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e valina) in rapporti variabili, mentre gli AA non essenziali possono non essere tutti presenti. Per particolari esigenze terapeutiche sono disponibili miscele contenenti solo aminoacidi essenziali o aminoacidi a catena ramificata o, infine, arricchiti in aminoacidi ramificati e a basso contenuto in AA aromatici. Glucidi - In genere sono soluzioni di glucosio. Il sorbitolo può far parte di miscele commerciali precostituite con AA e lipidi. Il glucosio infuso per via endovenosa fornisce circa 3.7 kcal/g. Lipidi - Sono presenti sotto forma di emulsioni di olii vegetali in acqua resi isosmotici con il siero per mezzo del glicerolo. Sia i lipidi che il polialcool contribuiscono all apporto calorico (lipidi al 10% = kcal/l, lipidi al 20% = kcal/l a seconda della miscela). Gli olii vegetali sono solitamente costituiti da trigliceridi di acidi grassi a catena lunga e diverso grado di saturazione. Sono presenti inoltre i tocoferoli ( mg/l di vit. E) perché contribuiscono ad evitare l irrancidimento degli acidi grassi. Gli emulsionanti usati sono miscele naturali di fosfolipidi derivati dal tuorlo d uovo o dalla lecitina di soia. Nei preparati commerciali le goccioline oleose hanno un diametro medio di µ, e sono pertanto analoghe ai chilomicroni plasmatici. La formazione di goccioline oleose di aggregazione diventano pericolose quando superano il diametro dei capillari polmonari (>6 µ). Elettroliti - Possono essere impiegati tutti i sali minerali inorganici ed organici iniettabili, salvo i bicarbonati perché in presenza di calcio e fosfati. danno luogo al rilascio di CO 2 dalla soluzione e alla precipitazione di carbonato e/o fosfato di calcio, evento estremamente pericoloso perché può causare microemboli polmonari. Oligoelementi - La loro compatibilità nelle miscele nutrizionali è pressoché completa quando non sono presenti le vitamine. Infatti, rame e zinco risultano dei catalizzatori della degradazione di alcune vitamine. Vitamine - Possono alterarsi per il ph, per le interazioni specifiche (es. presenza di oligoelementi, bisolfito, altre vitamine) o per la natura del contenitore che può adsorbire sulla sua superficie le vitamine liposolubili. Le miscele lattescenti (lipidi) possono proteggere le vitamine dalla fotodegradazione. Avendo l accortezza di non aggiungere oligoelementi e di conservare le sacche per NP in frigorifero, una certa stabilità è garantita anche per diversi giorni per quasi tutte le vitamine. Le uniche che vanno incontro a rapida degradazione sono la vitamina C (acido ascorbico), specie in presenza di rame e zinco, e l acido folico. La somministrazione di queste ultime va pertanto prevista a parte. Nessun preparato commerciale si presta da solo a soddisfare il fabbisogno di tutte le vitamine e per tutte le fasce di età. L apporto di vitamina E può essere garantito dalle emulsioni lipidiche che ne sono particolarmente ricche. In alcune emulsioni lipidiche sono anche presenti significative quantità di vitamina K. Tabella 14. Componenti delle miscele nella Nutrizione Parenterale 36 37

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