Distribuzione, consistenza ed impatto del lupo in Liguria Strategia di convivenza e gestione dei conflitti

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1 Regione Liguria Parco Naturale Regionale dell Antola Dipartimento di Scienze dell Ambiente e della Terra (DI.S.T.A.) Università di Pavia Laboratorio di Genetica Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) Distribuzione, consistenza ed impatto del lupo in Liguria Strategia di convivenza e gestione dei conflitti Finanziato con Fondi POR nell ambito del progetto il Lupo in Liguria 20 DICEMBRE 2012

2 Regione Liguria Parco Naturale Regionale dell Antola Dipartimento di Scienze della Terra e dell Ambiente Università degli Studi di Pavia Laboratorio di Genetica - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale Distribuzione, consistenza ed impatto del lupo in Liguria Strategia di convivenza e gestione dei conflitti Olio su tela di Emilia Salvini 1 DICEMBRE 2012

3 A CURA DI ALBERTO MERIGGI 1 PIETRO MILANESI 2 LAURA SCHENONE 2 DÉSIRÉE SIGNORELLI 2 MATTEO SERAFINI 2 ELISA TORRETTA 1 FELICE PUOPOLO 1 MAGDA ZANZOTTERA 1 ETTORE RANDI 3 ROMOLO CANIGLIA 3 ELENA FABBRI 3 1 DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA E DELL AMBIENTE (DI.S.TA.) UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA 2 PARCO NATURALE REGIONALE DELL ANTOLA 3 LABORATORIO DI GENETICA ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE (I.S.P.R.A.) (EX- I.N.F.S.) 2

4 INDICE PREMESSA 4 PARTE I RACCOLTA DATI 5 PARTE II DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DEL LUPO IN LIGURIA 13 PARTE III SELEZIONE DELL HABITAT 39 PARTE IV FATTORI INFLUENZANTI LA FREQUENTAZIONE DELL HABITAT 53 PARTE V MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL LUPO 62 PARTE VI LUPO E ZOOTECNIA 94 PARTE VII SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI 132 PARTE VIII CORSO DI FORMAZIONE PER OPERATORI DEL PROGETTO 146 CONCLUSIONE 149 OPERE CITATE 160 RINGRAZIAMENTI 165 3

5 PREMESSA Il presente report tratta i risultati della quinta fase del monitoraggio del progetto regionale Il Lupo in Liguria. I dati recenti, raccolti nel periodo giugno luglio 2012 nell intero territorio regionale, hanno permesso di ottenere nuove informazioni sull ecologia del Lupo. Il comportamento estremamente schivo del lupo, la bassa densità della sua popolazione e la capacità dei singoli animali di compiere lunghi spostamenti in tempi anche molto brevi, rendono la sua osservazione diretta ed il suo studio in natura estremamente complesso. Al fine di ottenere risultati attendibili e confrontabili con quelli raccolti durante le precedenti fasi del progetto ed al fine di individuare eventuali zone di recente o recentissima espansione dell areale, lo schema di monitoraggio non è stato modificato. Conformemente agli anni precedenti, è stata data particolare attenzione al reperimento di campioni biologici freschi, utili per le analisi genetiche; queste hanno permesso di discriminare i campioni appartenenti a lupi e cani, di determinare i singoli individui, i loro spostamenti, la consistenza numerica della popolazione ed i rapporti genealogici tra gli individui che costituiscono i branchi identificati nella Regione. In sintesi, questo rapporto contiene le seguenti informazioni sulla popolazione di lupo presente in Liguria: 1) Schema di campionamento e raccolta dati; 2) Distribuzione e consistenza; 3) Analisi di selezione dell habitat; 4) Determinazione dei fattori influenzanti la frequentazione dell habitat; 5) Formulazione di modelli predittivi della presenza della specie; 6) Rapporto lupo-zootecnia; 7) Valutazione del rischio di predazione a carico del bestiame; 8) Sperimentazione di metodi preventivi anti-predatori; 9) Corso di formazione per gli operatori del Progetto Il Lupo in Liguria. 4

6 PARTE I RACCOLTA DATI 5

7 Lo schema di monitoraggio, che rispecchia quello degli anni precedenti, ha seguito il metodo del Tessellation Stratified Sampling (TSS; Barabesi & Franceschini, 2011). Questo metodo permette una migliore distribuzione dei campioni casuali e, di conseguenza, una loro maggiore rappresentatività anche con numerosità ridotte (Barabesi e Fattorini, in stampa). La regione è stata suddivisa in 60 celle di 100 km 2 (unità di campionamento, UC), con una griglia a maglie spaziate di 10 km di lato. In ogni cella della griglia è stato selezionato casualmente almeno un transetto, coincidente con uno dei sentieri presenti; è stata così individuata una rete di 64 percorsi rappresentativa delle principali esposizioni, fasce altitudinali, classi di pendenza e dei differenti ambienti presenti nel territorio della regione. I transetti selezionati hanno una lunghezza variabile compresa tra 2 km e 10 km, per una lunghezza totale di 289 km (Fig.1.1). Fig. 1.1 Mappa della regione Liguria a cui è stata sovrapposta la griglia a maglie spaziate di 10 km e lo schema dei transetti previsti dal monitoraggio 6

8 Il massimo numero di transetti è stato individuato per la provincia di Genova (N=20) e quello minimo per la provincia di La Spezia (N=10); in provincia di Genova i transetti hanno avuto la lunghezza media maggiore, mentre quella minima è risultata per la provincia di La Spezia (Tab. 1.1). Tab. 1.1 Statistiche descrittive della lunghezza dei transetti selezionati in ogni provincia della Liguria Provincia N transetti Min. Max. Media DS Totale Genova , , , , ,30 Imperia , , , , ,01 La Spezia , , ,05 369, ,51 Savona , , , , ,68 Regione , , , , ,49 L altitudine dei transetti selezionati è risultata compresa tra un minimo di 150 m s.l.m. a Savona ed un massimo di 2050 m s.l.m. ad Imperia. L escursione altimetrica maggiore è stata registrata per la provincia di Imperia e quella minore per la provincia di La Spezia (Tab. 1.2). Tab. 1.2 Altitudine minima e massima (m s.l.m.) ed escursione altimetrica dei transetti selezionati in ogni provincia della Liguria Provincia Altitudine min. (m s.l.m.) Altitudine Max.(m s.l.m.) Escursione (m) Genova Imperia La Spezia Savona Regione

9 Nel periodo compreso tra giugno 2011 e giugno 2012 ciascun transetto è stato percorso 4 volte, una per stagione (primavera: marzo-maggio, estate: giugno-agosto, autunno: settembre-novembre e inverno: dicembre-febbraio). Per ogni transetto sono stati riportati su apposite schede tutti i segni di presenza del lupo, degli altri carnivori e delle specie preda, in particolare degli ungulati selvatici. In particolare, per il lupo sono stati presi in considerazione avvistamenti diretti, impronte, resti di predazioni e feci (raccolte per le successive analisi del DNA e della dieta), mentre per le specie preda e per i competitori sono stati considerati avvistamenti diretti, vocalizzazioni, impronte, segni di alimentazione, siti di marcatura e feci. Per ogni segno di presenza sono stati rilevati posizione, altitudine e ambiente di ritrovamento. Per il lupo, oltre ai segni di presenza rinvenuti lungo i transetti, sono state raccolte e registrate anche le segnalazioni di terzi, verificate e ritenute attendibili. Oltre ai transetti, sono stati individuati 30 punti di marcatura per la raccolta di escrementi freschi da destinare alle analisi genetiche. Analogamente ai transetti, è Genova la provincia con il maggior numero di punti di marcatura (N=13), seguita da Imperia, Savona (entrambe con N=7) e La Spezia (N=3). La raccolta delle feci di lupo risulta molto utile per lo svolgimento delle analisi genetiche non invasive. L utilizzo delle tecniche non invasive viene applicato allo studio di specie elusive, come i grandi carnivori, in quanto consente di studiare le specie senza catturarle e quindi senza creare danno o stress agli animali. Ogni genotipo può essere campionato più di una volta, il che equivale all osservazione ripetuta dei singoli individui. Da questi dati è possibile ottenere una stima numerica della popolazione e informazioni di dinamica di popolazione, come l identificazione e localizzazione dei nuclei familiari, stime di turnover e di dispersione degli individui, nonché verificare fenomeni di ibridazione con cani. Il materiale genetico può essere estratto anche da peli, urina, sangue e campioni di tessuto ricavati dalle carcasse degli animali. Utilizzando metodi di genetica molecolare è possibile estrarre e analizzare il DNA delle cellule di sfaldamento dell epitelio intestinale che sono contenute nelle feci. Attraverso l uso di appropriati marcatori molecolari, le analisi di laboratorio consentono di ricostruire il profilo genetico unico per ogni individuo. I campioni raccolti devono essere mantenuti in etanolo al 95%, al fine di garantire una corretta disidratazione del materiale organico e interrompere i processi degradativi del materiale genetico; inoltre la conservazione richiede temperature inferiori a 20 C. Durante la fase di laboratorio il DNA, dopo essere stato isolato dal campione biologico, viene sottoposto a ripetute PCR (Polymerase Chain Reaction) allo scopo di ampliare regioni prescelte, che permettono quindi l identificazione della specie, del sesso dell animale e dei singoli individui (Fig. 1.2). Le 8

10 localizzazioni spazio-temporali dei ri-campionamenti consentono di identificare gli individui stanziali e quelli in fase di dispersione, cioè quei giovani lupi che lasciano le aree in cui sono nati per andare alla ricerca di nuovi territori dove riprodursi. I genotipi dei lupi stanziali, di cui è stato riconosciuto il sesso, sono i più probabili candidati per l identificazione delle coppie dominanti e territoriali che si riproducono (individui α), e che, assieme ai cuccioli dell anno, costituiscono i branchi. E stato utilizzato il software PARENTE per identificare le coppie di genitori e i figli. Tutte le analisi genetiche sono state effettuate dai ricercatori del Laboratorio di Genetica dell I.S.P.R.A. di Ozzano dell Emilia (BO). Fig. 1.2 Sintesi del processo di analisi genetica 9

11 Nell ambito di questa ricerca, ai sistemi di rilevamento precedentemente elencati, è stato affiancato un ulteriore metodo che consiste nell utilizzo di foto-trappole. Per questo tipo di campionamento sono state utilizzate un totale di 11foto-trappole digitali di diversi modelli: 5 foto-trappole modello Multipir MHC-600A (12MP), impiegate nella provincia di Imperia e La Spezia dagli operatori del progetto Il Lupo in Liguria (Fig.1.3); 4 foto-trappole modello BolyGuard SG560, impiegate dalla Polizia Provinciale nella provincia di Imperia e dagli operatori del progetto Il Lupo in Liguria nella provincia di Genova; 2 foto-trappole modello Cuddeback Capture e Stealth Cam Prowler HD, la prima impiegata per l esecuzione di scatti fotografici e la seconda per quella di videoregistrazioni da un volontario nella provincia di Imperia. Fig. 1.3 Foto-trappola modello Multipir 12 Si tratta di strumenti di piccole dimensioni, alimentati a batteria, che associano un dispositivo di ripresa video-fotografico a un sensore piroelettrico che attiva lo strumento al passaggio di un corpo a temperatura diversa da quella dello sfondo (Guerri et al., 2011). Le foto-trappole hanno la possibilità di scattare foto diurne a colori, in bianco e nero nelle ore notturne grazie a led a infrarossi, che si accendono durante lo scatto delle foto. Il tempo di reazione delle foto-trappole varia tra 0,5-1 secondo tra la rilevazione del movimento e lo scatto della fotografia, mentre il tempo tra questo scatto e la registrazione video è di 4 secondi. La durata dei video è stata impostata a30 secondi. Le immagini e i video effettuati vengono archiviati in formato digitale in una scheda SD posta all interno degli strumenti. Le foto-trappole sono state installate in modo opportunistico, in siti dove la presenza del lupo era già stata osservata negli anni precedenti tramite altri metodi di 10

12 monitoraggio (transetti lineari, punti marcatura, wolf-howling e snow-tracking). Una volta posizionate nelle stazioni di rilevamento, le foto-trappole sono state visitate ogni 15 giorni circa, per scaricare fotografie e video archiviati nelle schede SD, nonché per l eventuale sostituzione delle batterie. Le foto-trappole sono state posizionate in 15 diverse località distribuite sul territorio regionale. Le riprese sono state effettuate con tre diversi metodi: sessioni spot (sessioni di durata temporale compresa tra 10 e 60 giorni), sessioni continue (sessioni di durata temporale superiore a 60 giorni) e sessioni su carnaio (sessioni di durata variabile in siti dove erano presenti carcasse di animali domestici o selvatici), dove per sessione si intende il periodo di attivazione della foto-trappola, mentre per evento si intende la cattura della specie. L attività di rilevamento è stata effettuata negli anni 2009, 2010 e 2012 con diverse sessioni durante gli anni; in provincia di Genova da giugno a dicembre 2009 e durante il mese di giugno 2010; in provincia di Imperia da febbraio ad ottobre 2012; in la provincia di Spezia da maggio ad agosto

13 Per una corretta elaborazione dei dati sull interazione lupo-zootecnia è stata posta maggiore attenzione sugli allevamenti che effettuano stagioni di alpeggio o utilizzano il pascolo regolarmente. A partire dai dati del censimento degli allevamenti in Liguria, effettuato dall associazioni provinciali degli allevatori, è stata effettuata un indagine più approfondita mediante sopralluoghi diretti. Sono state, quindi, individuate le aree di pascolo o di alpeggio della regione. Le aree di pascolo e le relative aziende, sono state classificate, anche secondo altri importanti fattori, quali: periodo di alpeggio; presenza di vitelli al pascolo sotto i 60 giorni di età; grado di sorveglianza (assenza di ricovero notturno o non sorvegliato, ricovero notturno e presenza di cani da guardiania, recinto antintrusione o dissuasori sonori). Per valutare l impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati i dati relativi alle predazioni ufficialmente denunciate dal 2002 al 2011 e forniti dalle rispettive Amministrazioni provinciali. In questo modo è stato possibile registrare per ogni anno: il numero di allevamenti che hanno subito predazioni; il numero di eventi di predazione o attacchi; il numero di capi predati, in totale, e per ogni evento di predazione; l entità dei rimborsi in euro erogati dalle amministrazioni provinciali. Tutti i dati raccolti durante il campionamento ed i sopraluoghi alle predazioni sono stati in seguito digitalizzati e georeferenziati, cioè identificati da una coppia di coordinate cartesiane X, Y nel sistema di riferimento U.T.M., tramite il software ArcGIS 10.0, che ha permesso la realizzazione di un database utilizzato per le successive analisi, condotte grazie ai software open-source: R ( MaxEnt 3.3.3e ( 12

14 PARTE II DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DEL LUPO IN LIGURIA FOTO di A. BIONDO 13

15 METODI La stima della distribuzione di utilizzo è di grande importanza per la definizione degli areali occupati da singoli individui o da popolazioni. Una prima stima della distribuzione può essere eseguita considerando le celle (UC) che sono risultate positive durante l anno di monitoraggio, cioè quelle in cui sono stati trovati segni di presenza del lupo in almeno una stagione. Un secondo approccio molto utilizzato è la stima della densità di probabilità, ossia l areale di un animale è descritto in termini di modello probabilistico. La Kernel Analysis (KA), letteralmente analisi del nocciolo, consente la conversione di una distribuzione discontinua di punti (segni di presenza della specie) in una distribuzione continua, individuando dei contorni (isoplete) che definiscono aree a valori di densità differente (Fig. 2.1). Nella KA fissa, caso bivariato, supponendo che X I = [X (1) 1, X (2) 1 ]'; X 2 = [X (1) 2, X (2 2 ]';..., X n = [X (1) n, X (2) n ]' sia un campione casuale di n punti indipendenti di una distribuzione sconosciuta con funzione di densità di probabilità f (x), che vogliamo stimare, lo stimatore kernel bivariato di f (x) può essere definito come: ( ) ( ) dove la kernel K è una funzione di densità di probabilità unimodale simmetrica bivariata, e h è il parametro di smussamento, che può essere variato dall'utente (Silverman, 1986). La stima kernel è una funzione densità di probabilità ridotta, cioè viene posta sopra ogni punto del campione e lo stimatore viene costruito sommando gli n punti. Quindi, dove c'è maggior concentrazione di punti viene stimata una probabilità più elevata di trovare l'animale in ogni punto rispetto a dove vi è una minor concentrazione. Poiché ogni kernel è una densità, la stima che ne risulta è anch essa una funzione di probabilità di densità. Il parametro di smussamento h (ampiezza di banda) controlla la quantità di variazione di ciascun componente della stima. Utilizzando un valore basso di h, si osserva un maggior adattamento ai punti, mentre un valore più grande di h li nasconde mantenendo comunque le caratteristiche più importanti. Gli stimatori kernel fin qui considerati sono detti stimatori fissi perché i parametri di smussamento hanno un valore fisso per tutta la superficie. Quindi è necessario trovare il "miglior" valore di h. Il criterio per la scelta di un buon valore di h è spesso espresso in termini di misura globale dell errore, ovvero l'errore quadratico medio integrato (MISE) definito come : MISE (h) = ( f ) 2 14

16 dove E indica il valore atteso delle osservazioni. Nel caso bivariato, l'integrazione è su tutta la superficie. Il miglior valore di h è considerato quello che minimizza l'errore quadratico medio integrato. Purtroppo, nella scelta di h alcuni calcoli teorici mostrano che per ottenere il parametro di smussamento ottimale, utilizzando questo criterio, abbiamo bisogno di conoscere la f (x) di densità di distribuzione. Dunque, h non può essere ottenuto in questo modo. Un metodo per la scelta di h è utilizzare il valore ottimale h ottenuto per un certo tipo di distribuzione, come la distribuzione normale. Una kernel fissa normale, mostra che per la distribuzione bivariata normale con matrice di varianza-covarianza il valore ottimale di h per un campione n di grandi dimensioni è: h opt = Così una stima ovvia di h opt è: opt = dove = { [ ( ) ( )]} e ( ) ( ) sono le varianze stimate di X (1) e X (2). Se queste varianze sono molto diverse può essere utile una chiusura dei dati in modo che le varianze siano uguali prima di applicare il metodo. Bowman (1985) ha dimostrato che questo metodo di stima spesso produce risultati migliori di metodi più sofisticati di stima univariata. Un metodo oggettivo per la stima di h, descritto da Silverman (1986), è quello della cross-validation dei minimi quadrati. Se viene utilizzata una kernel K fissa di densità normale bivariata, il valore di h è scelto per minimizzare: M (h) = ( ) +2 K (0) dove K* = K (2) - 2K, e K (2) è la densità bivariata normale con matrice di varianza-covarianza ( ). Essendo: E [M (h) ] + 2 f ) 2 15

17 questo metodo fornisce una buona stima dell errore quadratico medio integrato. Così, riducendo al minimo M (h) riduciamo anche MISE (h).questo tipo di analisi permette di definire delle fasce concentriche, con densità d osservazioni decrescente dal centro all esterno; sono stati considerati in particolare il contorno più esterno racchiudente il 99% delle osservazioni (KA99), rappresentante l areale complessivo del lupo e quello racchiudente il 50% delle osservazioni (KA50), definibile come core area, ovvero quella porzione d areale più intensamente frequentata. Fig. 2.1 Distribuzione di densità stimata con la Kernel Analysis 16

18 RISULTATI Durante l anno di monitoraggio sono stati raccolti complessivamente 787 segni di presenza del predatore. La maggior parte è stata rappresentata da escrementi (64,8 %), seguita da eventi di fototrappolaggio (17,5 %), da eventi di predazione (7,6 %) e da impronte (5,6 %); gli avvistamenti diretti, il ritrovamento di lupi morti e le vocalizzazioni hanno rappresentato la proporzione minore delle osservazioni (4,5 %) (Fig. 2.2). Fig. 2.2 Proporzioni delle diverse categorie di segni di presenza del lupo in Liguria nell anno di monitoraggio 17

19 In tutte le stagioni, tra le differenti categorie dei segni di presenza del lupo, gli escrementi hanno rappresentato la percentuale più elevata. Per quanto riguarda le altre categorie, gli eventi di predazione hanno raggiunto percentuali considerevoli nelle stagioni estiva e autunnale, gli eventi di foto-trappolaggio nelle stagioni estiva e primaverile (Fig. 2.3). Fig. 2.3 Variazioni stagionali delle percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria 18

20 In tutte le province liguri, la percentuale maggiore di segni di presenza del lupo è stata rappresentata da escrementi; per la provincia di La Spezia essi rappresentano il solo tipo ritrovato. Nelle altre province altri segni di presenza rinvenuti con una certa frequenza sono stati gli eventi di fototrappolaggio, le predazioni, per Genova e Savona, e il ritrovamento di impronte (Fig. 2.4). Fig. 2.4 Percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria suddivise per provincia 19

21 Considerando le stagioni cumulate, i segni di presenza del lupo sono risultati distribuiti in modo disomogeneo nelle celle del reticolo di campionamento (UC); in particolare le densità maggiori di segni di presenza sono state registrate nella zona di confine tra Genova e Savona, al confine con la Francia e nelle porzioni centrale e orientale della provincia di Genova (Fig. 2.5). Fig. 2.5 Distribuzione dei segni di presenza del lupo in Liguria; per ogni UC è indicato il numero di segni rinvenuti nel corso dell anno di monitoraggio 20

22 L areale complessivo del lupo in Liguria nell anno di monitoraggio è risultato pari a km 2, mentre le aree di maggior frequentazione (core areas) hanno interessato una superficie di km 2. L areale è risultato diviso in due sub-areali, di cui il primo collocato principalmente nelle province di Imperia e Savona, con incluse anche porzioni di territorio francese e piemontese, mentre il secondo comprende l intera provincia di Genova e parte delle province di La Spezia e Savona, con estensione nel territorio emiliano e toscano. Le aree di maggior frequentazione sono state quattro: la prima situata in provincia di Imperia (337 km 2 ), la seconda nella zona occidentale della provincia di Savona (43 km 2 ), la terza sul confine tra le province di Savona e Genova, nell area del Parco del Beigua, (509 km 2 ) e l ultima situata per la maggior parte in provincia di Genova e secondariamente nella provincia di La Spezia, nel territorio dei Parchi dell Antola e dell Aveto (1.881 km 2 ) (Fig. 2.6). Fig. 2.6 Areale complessivo e core areas del lupo in Liguria 21

23 I campioni biologici utili alle analisi genetiche hanno rappresentato una buona percentuale dei segni di presenza di lupo raccolti. Grazie ad essi, è stato possibile ottenere informazioni riguardanti la composizione e la localizzazione dei branchi e in particolare le relazioni parentali che intercorrono tra gli individui. Le analisi genetiche hanno evidenziato la presenza di sei branchi nel territorio regionale; per cinque di questi è stato anche possibile stabilire le relazioni di parentela (Fig. 2.7). Fig. 2.7 Localizzazione dei branchi presenti in Liguria di cui sono state indagate le relazioni parentali La composizione dei branchi identificata è stata la seguente: 4 individui nel branco della provincia d Imperia (anno 2010); 4 individui nel branco della provincia di Savona (anno 2011); 3 individui nel branco del parco del Beigua (anno 2012); 4 individui nel branco del parco dell Antola (anno 2009); 3 individui nel branco della provincia di La Spezia (anno 2009). Nel branco della Val d Aveto non è stato possibile rilevare parentele (Fig. 2.8). 22

24 Fig. 2.8 Relazioni parentali di sei branchi presenti in Liguria; i cerchi rappresentano gli individui di sesso femminile, i quadrati quelli di sesso maschile (WGE15M del branco Antola è un individuo melanico) 23

25 Frequenza degli eventi Tra gli anni 2009, 2010 e 2012 le foto-trappole sono state azionate per un totale di 1020 giorni di campionamento suddivisi in 19 sessioni di tre tipi: 6 continue, 12 spot e 1 su carnaio. Le sessioni continue hanno totalizzato 878 giorni di campionamento, quelle spot 218 e quelle su carnaio 20. Considerando le province interessate dallo studio, le sessioni sono risultate così distribuite: in provincia di Imperia 10 sessioni (5 continue, 4 spot e 1 su carnaio) per un totale di 707 giorni; in provincia di La Spezia 2 sessioni spot per un totale di 60 giorni; in provincia di Genova 7 sessioni (1 continua e 6 spot) per un totale di 264 giorni. Il numero di riprese ottenute è variato in relazione alla provincia, all anno e al mese di campionamento. In particolare, nel 2009 sono state ottenute riprese solo per la provincia di Genova, soprattutto da giugno a dicembre. Nel 2010 il periodo interessato è stato da maggio a giugno e la provincia ancora Genova. Infine, nel 2012 tutte le province sono state interessate dall attività di foto-trappolaggio; a Imperia eventi sono stati registrati da febbraio a ottobre, a Genova in gennaiofebbraio, a maggio e a ottobre e a La Spezia in luglio e agosto (Fig. 2.9). Fig. 2.9 Andamento mensile della frequenza degli eventi per provincia e per anno 24

26 La maggior parte degli eventi è stata registrata tra le 18:00 di sera e le 06:00 di mattina per tutti i mesi dell anno con l eccezione rappresentata dal mese di settembre, in cui il 50% degli eventi è stato registrato al mattino (Fig. 2.10). Le differenze tra fasce orarie in relazione ai mesi dell anno non sono risultate significative (LR = 34,71; g.l. = 33; P = 0,386). Fig Percentuale di eventi in relazione alla fascia oraria e al mese (n=107) Anche considerando la frequenza degli eventi nelle fasce orarie in relazione alla provincia non sono emerse differenze significative (LR = 9,30; g.l. = 6; P = 0,192) (Fig. 2.11). Fig Percentuale di eventi in relazione alla fascia oraria e alla provincia (n=107) 25

27 La frequenza degli eventi ha avuto variazioni significative tra i tipi di sessione in relazione alle province (LR = 50,89; g.l. = 4; P < 0,0001); per ogni provincia le proporzioni di eventi tra i tipi di sessione continua e spot sono risultate significativamente differenti (Test Z: P < 0,05) (Fig. 2.12). Fig Percentuale di eventi per tipo di sessione e provincia (n=107) Tra i quattro tipi d ambiente considerati, le frequenze di eventi sono state significativamente diverse per il tipo di sessione (LR = 15,33; g.l. = 4; P = 0,001). In particolare, la faggeta presenta una proporzione d eventi per le sessioni spot significativamente inferiore agli altri tipi, mentre per il prato-pascolo le sessioni spot hanno registrato una frequenza d eventi maggiore degli altri tipi (Test Z: P < 0,05) (Fig. 2.13). Fig Percentuale di eventi per tipo di sessione e ambiente (n=107) 26

28 Il successo di foto-trappolaggio per le sessioni spot (numero di riprese ottenute rapportato al numero di giorni di attivazione della foto-trappola) è stato più elevato per la provincia di Genova, seguito da quello ottenuto in provincia di Imperia e da quello relativo alla provincia di La Spezia. Il successo di foto-trappolaggio è risultato inversamente correlato al numero di giorni di attivazione delle foto-trappole (r = -0,917; n = 5; P = 0,028) (Tab. 2.1). Tab. 2.1 Successo di foto-trappolaggio durante le sessioni spot Provincia Anno N N N eventi di N giorni di Successo Sessioni Siti foto-trappolaggio campionamento Imperia ,13 La Spezia , ,28 Genova , ,47 Per quanto riguarda le sessioni continue, il successo di foto-trappolaggio è stato calcolato sui singoli mesi di campionamento, da febbraio a ottobre 2012 per la provincia di Imperia e da giugno a dicembre 2009 per la provincia di Genova (Tab. 2.2). Tab 2.2 Successo di foto-trappolaggio (n di eventi per giorno di campionamento) durante le sessioni continue Mesi Provincia Anno G F M A M G L A S O N D Imperia ,14 0,11 0,13 0,07 0,07 0,05 0,12 0,16 0, Genova , ,03 0,06 0,10 0,20 Nei mesi di luglio e agosto 2009 le foto-trappole in località Prati Montenero e Passo Cerighetto (Genova) sono state attive ma non hanno effettuato alcuna ripresa di lupo. 27

29 Le sessioni su carnaio sono state effettuate solo nel 2012 nella provincia di Imperia e hanno dato i risultati riassunti nella tabella 2.3. Tab. 2.3 Risultati delle sessioni su carnaio Provincia Anno N giorni di N eventi di fototrappolaggio Successo campionamento Imperia L Analisi della Varianza non parametrica (test di Kruskal-wallis) ha evidenziato differenze significative tra i tipi di sessione per il successo di foto-trappolaggio nei tre anni di campionamento che è stato più elevato per le sessioni spot (H = 54,87; g.l.= 2; P < 0,0001). I confronti a coppie hanno evidenziato differenze in particolare tra la sessione spot e quella continua (P < 0,0001), mentre non è risultata significativa la differenza tra la sessione spot e quella su carnaio (P = 1) e tra questa e quella continua (P = 0,515) (Fig. 2.14). Fig Successo medio di foto-trappolagio per tipo di sessione 28

30 Dall Analisi della Varianza non parametrica (test di Kruskal-Wallis) è risultata una differenza significativa nel successo di foto-trappolaggio tra le province (H = 16,37; g.l.= 2; P < 0,0001). Il test per confronti a coppie ha evidenziato differenze tra la provincia di Imperia e quelle di Genova, (P < 0,0001), mentre non è risultato significativa la differenza tra le province di Genova e La Spezia (P=0,69) e tra Imperia e La Spezia (P=1) (Fig. 2.15). Fig Successo medio di foto-trappolaggio per provincia 29

31 Il numero medio di eventi di foto-trappolaggio è stato significativamente differente tra i tipi di sessione (test di Kruskal-Wallis: H = 66,28; g.l. = 2; P < 0,0001); dal test per i confronti a coppie sono emerse differenze significative tra le sessioni spot e continua (P < 0,0001) e tra le sessioni su carnaio e continua (P=0,008), mentre non risultano differenze significative tra le sessioni su carnaio e spot (P=1) (Fig. 2.16). Fig Numero medio di eventi di foto-trappolaggio per tipo di sessione 30

32 Il numero di eventi è stato significativamente differente anche tra le province (H = 23,48; g.l. = 2; P < 0,0001). Dai confronti a coppie sono emerse differenze significative tra la provincia di Imperia e La Spezia (P=0,002) e tra Imperia e Genova (P < 0,0001), mentre non risultano significativamente differenti le province di Genova e La Spezia (P=0,298) (Fig. 2.17). Fig Numero medio di eventi di foto-trappolaggio per provincia 31

33 Nei tre anni di campionamento sono stati ripresi 156 individui così ripartiti: 53 maschi (36 adulti, 2 giovani e 15 subadulti); 33 femmine (27 adulte, 2 giovani e 4 subadulte); 71 individui di cui non è stato possibile determinare il sesso (38 adulti, 27 giovani e 5 subadulti) (Tab. 2.4). Tab. 2.4 Suddivisione per sesso ed età dei lupi foto-trappolati negli anni di campionamento Anno Sesso Classe d età N individui Maschi Adulti 5 Giovani Femmine Adulte 5 Giovani 1 Indeterminati Adulti 4 Giovani 20 Maschi Adulti 4 Femmine Adulte Adulti 1 Indeterminati Giovani 3 Maschi Adulti 27 Subadulto 15 Adulte Femmine Subadulte 4 Giovani 1 Adulti 33 Indeterminati Subadulti 5 Giovani 4 32

34 Nelle diverse province sono stati foto-trappolati (Tab. 2.5): Imperia: 85 individui (39 maschi, 21 femmine e 25 di sesso non determinato); La Spezia: 5 individui (1 maschio, 1 femmina e 3 di sesso non determinato); Genova: 66 individui (13 maschi, 11 femmine e 42 di sesso non determinato). Tab. 2.5 Suddivisione per sesso ed età dei lupi foto-trappolati per provincia Provincia Sesso Classe età N Individui Maschi Adulti 26 Subadulti 13 Adulte 17 Femmine Subadulte 3 Imperia Giovani 1 Indeterminati Adulti 20 Subadulti 4 Giovani 1 Maschi Subadulti 1 Femmine Subadulte 1 La Spezia Adulti 2 Indeterminati Subadulti 1 Adulti 10 Maschi Subadulti 1 Giovani 2 Genova Adulte 10 Femmine Giovani 1 Indeterminati Adulti 16 Giovani 26 33

35 Il numero d individui foto-trappolati è diminuito durante la stagione estiva (Fig. 2.18). Per quanto riguarda la fascia oraria, il numero d individui foto-trappolati è stato maggiore in quelle serali e notturne, ad eccezione della provincia di Genova in cui un numero elevato d individui è stato ripreso anche nelle ore pomeridiane (Fig. 2.19). Fig N d individui foto-trappolati per mese e per provincia Fig N d individui foto-trappolati per fascia oraria e per provincia 34

36 Il numero medio d individui foto-trappolati è stato significativamente differente tra i tipi di sessione (test di Kruskal-Wallis: H = 15,35; g.l.= 2; P < 0,0001); (Fig. 2.20); in particolare il test per confronti a coppie hanno evidenziato una differenza significativa tra le sessioni spot e continue (P<0,0001). Fig 2.20 N medio d individui foto-trappolati per tipo di sessione Il numero medio di individui foto-trappolati ha mostrato differenze significative anche in relazione alla provincia in cui è stato effettuato il campionamento (test di Kruskal-Wallis: H = 6,40; g.l.= 2; P = 0,041) (Fig. 2.21); in particolare il test per i confronti a coppie ha evidenziato differenze significative tra la provincia di Imperia e Genova (P=0,041). Fig 2.21 N medio d individui foto-trappolati per provincia 35

37 Differenze significative sono risultate anche in relazione al tipo di ambiente in cui è stato effettuato il campionamento (test di Kruskal-Wallis: H= 14,44; g.l.= 2; P = 0,001); in particolare il test per confronti a coppie ha evidenziato una differenza significativa tra la faggeta e il prato-pascolo (P = 0,001) (Fig. 2.22). Fig N medio d individui foto-trappolati per ambiente Il numero massimo d individui ripresi nello stesso evento è stato di 4 ed è stato registrato in diverse sessioni nel 2009, in provincia di Genova; il numero maggiore di eventi, invece, è stato registrato per le riprese d individui isolati in tutte le province (Fig. 2.23). Fig Frequenza del n di eventi per provincia in relazione al numero d individui ripresi 36

38 L analisi di regressione con stima di curve ha evidenziato una relazione di tipo polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,824; ESS = 0,390; F = 89,721; P< 0,0001), (R² = 0,847; ESS = 0.543; F = 167,600; P < 0,0001) tra il numero d individui riconosciuti e i giorni di campionamento nelle province di Genova e Imperia (Fig ). Fig Relazione tra individui riconosciuti e giorni di campionamento in provincia di Genova Fig Relazione tra individui riconosciuti e giorni di campionamento in provincia di Imperia 37

39 Nella provincia di La Spezia, invece, è risultata una relazione logaritmica (R 2 = 0.571; ESS = 1.795; F = 61,014; P< 0,0001), (R² = 0,763; ESS = 0,408; F = 13,844; P = 0,034) (Fig. 2.26). Fig Relazione tra individui riconosciuti e giorni di campionamento in provincia della La Spezia 38

40 PARTE III SELEZIONE DELL HABITAT 39

41 METODI La selezione dell habitat è stata analizzata a due livelli. Per il primo livello, sono state prese in considerazione le superfici dei vari usi del suolo, fasce altitudinali, classi di pendenza e classi di esposizione nell areale totale e nelle core areas e sono state confrontate con quelle dell intero territorio regionale. Per il secondo livello, è stata considerata la frequentazione dell habitat, calcolando le proporzioni di segni di presenza nei vari usi del suolo, fasce altitudinali, classi di pendenza e classi di esposizione e confrontandoli con le proporzioni di disponibilità nel territorio regionale, negli areali totali e nelle core areas. Per il primo livello è stato utilizzato l indice di elettività di Ivlev (1961): dove PU è la proporzione d uso e PD quella di disponibilità per ogni fascia altitudinale, esposizione, pendenza o tipo di vegetazione. L indice varia da -1 a +1; valori negativi indicano un sottoutilizzo, valori positivi un sovrautilizzo e 0 un uso pari alla disponibilità. Per il secondo livello, dalla mappatura e digitalizzazione dei segni di presenza rinvenuti è stata ricavata la distribuzione delle osservazioni per fasce altimetriche, esposizioni, pendenze e tipi di vegetazione; sono state quindi calcolate le Frequenze Osservate (FO) e le Frequenze Attese (FA), ottenute dal prodotto tra la proporzione di disponibilità (PD) e il numero totale di osservazioni. Per verificare se la distribuzione osservata si scostasse significativamente da una distribuzione casuale (ipotesi H 0 di uso proporzionale alla disponibilità), è stato utilizzato il test del Chi-quadrato, per l adattamento di una distribuzione osservata ad una attesa. Per valori significativi del Chi-quadrato (P < 0,05) è stata rigettata l ipotesi H 0 ed è stato calcolato l indice w di selezione con i relativi intervalli fiduciali (Krebs, 1999), per individuare esattamente per quali fasce altimetriche, esposizioni, pendenze o tipi di vegetazione l uso fosse stato significativamente differente dalla disponibilità: Questo indice assume valori minori di 1 in caso di sottoutilizzo, valori maggiori di 1 in caso di sovrautilizzo e valori intorno a 1 in caso di uso pari alla disponibilità; se il valore 1 cade all esterno dell intervallo fiduciale dell indice la differenza è considerata significativa. Il valore dell indice w è stato calcolato utilizzando come proporzioni di disponibilità, di volta in volta, quelle dell area di studio, degli areali occupati (annuali e stagionali) e delle core areas (annuali e stagionali). 40

42 RISULTATI Considerando le superfici delle fasce altitudinali incluse nell areale e confrontandoli con la disponibilità nell intera regione, è risultato un sottoutilizzo delle altitudini inferiori ai 400 m s.l.m., un uso proporzionale alla disponibilità di quelle comprese tra 400 e 1200 m s.l.m. e un sovrautilizzo via via più marcato delle fasce superiori. Considerando invece l uso nelle core areas, sono risultate sottoutilizzate o usate al pari della disponibilità le fasce altitudinali fino ai 1200 m s.l.m. e sovrautilizzate quelle superiori, con l eccezione della stagione estiva, quando le altitudini più elevate sono risultate fortemente sottoutilizzate (Fig. 3.1). Fig. 3.1 Variazioni stagionali dell Indice di Ivlev per le fasce altitudinali: a) nell areale complessivo (KA99); b) nelle core areas (KA50) a) b) 41

43 Per quanto riguarda l esposizione, nell areale complessivo tutte le classi sono state usate in proporzione alla disponibilità, tranne l esposizione nulla che è risultata sovrautilizzata. Al contrario, nelle core areas l esposizione nulla è stata sottoutilizzata, in particolare in autunno e inverno (Fig. 3.2). Fig. 3.2 Variazioni stagionali dell Indice di Ivlev per le classi d esposizione: a) nell areale complessivo (KA99); b) nelle core areas (KA50) a) b) 42

44 Le classi di pendenza sono risultate tutte usate al pari della disponibilità sia nell areale complessivo, sia nelle core areas, con l eccezione delle pendenze inferiori al 10% che sono state sovrautilizzate in tutte le stagioni (Fig. 3.3). Fig. 3.3 Variazioni stagionali dell Indice di Ivlev per le classi di pendenza: a) nell areale complessivo (KA99); b) nelle core areas (KA50) a) b) 43

45 Considerando le classi d uso del suolo nell areale complessivo, è risultato un sovrautilizzo dei boschi di latifoglie, un sottoutilizzo dei boschi di conifere, boschi misti, corpi idrici e aree urbanizzate e un uso pari alla disponibilità per le altre categorie. Nelle core areas, oltre ai boschi di latifoglie, sono stati selezionati gli ambienti rupicoli, i prato-pascoli e gli arbusteti, mentre tutte le altre categorie sono state sottoutilizzate (Fig. 3.4). Fig. 3.4 Variazioni stagionali dell Indice di Ivlev per le classi d uso del suolo: a) nell areale complessivo (KA99); b) nelle core areas (KA50) a) b) 44

46 Considerando la distribuzione dei segni di presenza del lupo, vale a dire la selezione dell habitat come frequentazione, le altitudini inferiori agli 800 m s.l.m. e quelle superiori ai 2000 m s.l.m. sono state sottoutilizzate ad ogni livello in cui è stata condotta l analisi: regione, areale e core areas. Le altitudini intermedie, da 800 a 2000 m s.l.m sono state generalmente sovrautilizzate ad ogni livello; fa eccezione la stagione estiva, in cui le altitudini superiori ai 1200 m sono state sottoutilizzate a livello regionale e dell areale, mentre nelle core areas risulta un sovrautilizzo marcato della fascia compresa tra i 1200 e 1600 m (Fig. 3.5). Fig. 3.5 Variazioni stagionali dell Indice w per le fasce altitudinali; disponibilità calcolata a) nel territorio regionale; b) nell areale complessivo (KA99); c) nelle core areas (KA50) a) b) 45

47 c) 46

48 Le classi d esposizione, tranne quella nulla che non è mai risultata utilizzata, sono state utilizzate in base alla loro disponibilità. Fa eccezione l esposizione nord, che è risultata sottoutilizzata a ogni livello di analisi. Per quanto riguarda il livello di analisi dell areale, l utilizzo delle esposizioni est, sud e ovest è risultato superiore al disponibile considerando l intero anno di monitoraggio (Fig. 3.6). Fig. 3.6 Variazioni stagionali dell Indice w per le classi d esposizione; disponibilità calcolata a) nel territorio regionale; b) nell areale complessivo (KA99); c) nelle core areas (KA50) a) b) 47

49 c) 48

50 Le classi di pendenza inferiori al 10% non sono mai state utilizzate durante l anno di monitoraggio. Le pendenze comprese tra il 10% e il 30% sono state utilizzate in base alla loro disponibilità ad ogni livello di analisi e in ogni stagione. Analogamente la classe di pendenza superiore, con l eccezione della stagione autunnale, in cui l utilizzo è stato maggiore della disponibilità sia a livello regionale sia a livello dell areale. Le pendenze superiori al 50% sono risultate utilizzate al pari della diponibilità, con l eccezione della stagione autunnale in cui non sono state utilizzate sia livello regionale sia a livello di areale. Per quanto riguarda le core areas, ne è risultato un sottoutilizzo considerando le stagioni cumulate (Fig. 3.7). Fig. 3.7 Variazioni stagionali dell Indice w per le classi di pendenza; disponibilità calcolata a) nel territorio regionale; b) nell areale complessivo (KA99); c) nelle core areas (KA50) a) b) 49

51 c) 50

52 Infine, considerando l uso del suolo, i prato-pascoli sono stati sovrautilizzati a ogni livello di analisi e in ogni stagione. Anche le formazioni rocciose sono risultate leggermente sovrautilizzate a livello regionale e dell areale, ma a livello delle core areas sono risultate utilizzate al pari della disponibilità. Le aree incolte, i boschi misti e i boschi di latifoglie sono risultati utilizzati in base alla loro disponibilità, mentre i boschi di conifere sono stati leggermente sovrautilizzati a livello regionale e dell areale. Le aree coltivate sono risultate sottoutilizzate a ogni livello considerato, mentre le aree urbane, i corsi d acqua e i corpi idrici non sono mai stati utilizzati (Fig. 3.8). Fig. 3.8 Variazioni stagionali dell Indice w per le classi d uso del suolo; disponibilità calcolata a) nel territorio regionale; b) nell areale complessivo (KA99); c) nelle core areas (KA50) a) b) 51

53 c) 52

54 PARTE IV FATTORI INFLUENZANTI LA FREQUENTAZIONE DELL HABITAT 53

55 METODI Dal numero dei segni di presenza del lupo rinvenuti su ogni transetto è stato calcolato l Indice Chilometrico d Abbondanza (IKA) come rapporto tra il numero di segni e la lunghezza in chilometri del transetto. Per evidenziare le relazioni tra l abbondanza del lupo rilevata sui transetti e le variabili considerate relative all altitudine, pendenza, esposizione e uso del suolo e l abbondanza delle specie preda, sono state effettuate analisi di correlazione parametrica (coefficiente di correlazione di Pearson) e non parametrica (coefficiente di correlazione di Spearman). Al fine di stimare il tipo di relazione (lineare, quadratica, logaritmica o esponenziale) esistente tra l abbondanza del lupo e le altre variabili considerate, sono state effettuate analisi di regressione con stima di curve. L adattamento del modello individuato ai dati osservati è stato misurato dal valore di R² (varianza spiegata) e di F (significatività della regressione). Infine, per individuare le variabili che avessero una maggiore influenza sull abbondanza dei segni di presenza del lupo, sono state effettuate analisi di regressione multipla, che consentono di analizzare il contributo di variabili indipendenti (altitudine, pendenza, esposizione, uso del suolo e i valori di IKA delle specie preda) su una variabile dipendente continua (valori di IKA del lupo). L analisi dapprima è stata eseguita con metodo stepwise, successivamente, utilizzando la matrice di correlazione di Pearson, sono state identificate le combinazioni di variabili, tra loro non correlate, e queste sono state utilizzate per formulare altrettanti modelli di regressione multipla con il metodo per blocchi. Per selezionare i modelli migliori è stato usato l Information-Theoretic Approach (Anderson et al., 2000, 2001) e l inferenza multi-modello. I modelli sono stati confrontati utilizzando il criterio di Akaike corretto (AIC, Akaike Information Criterion; Akaike, 1973).Il modello per il quale l AICc è risultato minimo è stato selezionato come modello migliore e, per ordinare i modelli successivi, è stata calcolata la differenza (ΔAIC) tra l AICc del modello migliore e gli AICc degli altri. Sempre al fine di ordinare i modelli in base al rango, è stato poi calcolato per ognuno il peso w i, Akaike weight, del modello i-esimo, il cui valore può essere interpretato come la probabilità di un dato modello di essere il migliore tra tutti quelli considerati (Merli & Meriggi, 2006; Jedrzejewski et al., 2008). L importanza relativa delle variabili indipendenti è stata valutata in base ai seguenti criteri: numero di modelli in cui compare ogni variabile; varianza spiegata (R 2 ) dei modelli in cui compare la variabile; valore del coefficiente parziale di regressione standardizzato in ogni modello; 54

56 somma dei pesi (w i ) dei modelli in cui entra la variabile; media pesata dei coefficienti parziali di regressione standardizzati dei modelli in cui entra la variabile. Secondo Anderson e Burnham (2002), oltre al miglior modello devono essere considerati i modelli con Δ AICc < 2. Per verificare il grado di collinearità tra le variabili è stato utilizzato il Fattore di Inflazione della Varianza (VIF); valori di VIF > 3 provano esistenza di collinearità tra le variabili indipendenti dei sottocampioni (Zuur et al., 2010). 55

57 RISULTATI Le analisi di correlazione parametriche e non parametriche hanno evidenziato correlazioni positive e significative dell IKA del lupo con le altitudini superiori agli 800 m s.l.m., le pendenze superiori al 30%, i prato-pascoli e le formazioni rocciose e negative con le altitudini inferiori agli 800 m s.l.m., le pendenze inferiori al 10%, i corpi idrici, i coltivi e le aree urbanizzate; per quanto riguarda l abbondanza degli ungulati selvatici, è stata trovata una sola relazione positiva e significativa con l IKA del muflone (Tab. 4.1). Tab. 4.1 Correlazioni significative tra IKA del lupo e variabili ambientali Variabili Coeff. di Pearson P Coeff. di Spearman P Altitudine ,199 0,001-0,283 < 0,0001 Altitudine ,275 < 0,0001-0,302 < 0,0001 Altitudine ,231 < 0,0001 0,302 < 0,0001 Altitudine ,359 < 0,0001 0,309 < 0,0001 Altitudine ,261 < 0,0001 Altitudine > ,182 0,003 0,374 < 0,0001 Pendenza 0-10% -0,139 0,026-0,158 0,011 Pendenza 30-50% 0,141 0,024 0,183 0,003 Pendenza > 50% - - 0,131 0,036 Corpi idrici -0,157 0,012-0,266 < 0,0001 Coltivi -0,172 0,006-0,291 < 0,0001 Prato pascoli 0,311 < 0,0001 0,34 < 0,0001 Formazioni rocciose 0,256 < 0,0001 0,222 < 0,0001 Aree urbanizzate IKA muflone -0,151-0, ,197 0,129 0,002 0,040 56

58 Le analisi di regressione semplice con stima di curve hanno evidenziato l esistenza di relazioni significative tra l abbondanza del lupo e le fasce altitudinali; in particolare, i modelli che meglio si adattavano ai dati sono stati i seguenti: altitudine tra 0 e 400 m s.l.m.: modello lineare (R 2 = 0,036; F = 10,49; P < 0,0001;); altitudine tra 400 e 800 m s.l.m.: modello polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,104; F = 14,62; P < 0,0001); altitudine tra 800 e 1200 m s.l.m.: modello polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,077; F = 10,51; P < 0,.0001); altitudine tra 1200 e 1600 m s.l.m.: modello polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,159; F = 23,98; P < 0,0001); altitudine tra 1600 e 2000 m s.l.m.: modello polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,151; F = 22,58; P < 0,0001); altitudine superiore a 2000 m s.l.m.: modello polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,097; F = 13,523; P < 0,0001) (Fig. 4.1). Fig. 4.1 Relazioni tra i valori dell IKA del lupo e la percentuale delle fasce altitudinali nelle UC 57

59 Per quanto riguarda le classi di pendenza, le analisi hanno mostrato relazioni significative per le pendenze inferiori al 10%, secondo il modello logaritmico (R 2 = 0,032; F = 8,47; P = 0,004), e per le pendenze comprese tra il %, secondo il modello polinomiale del secondo ordine (R 2 = 0,039; F = 5,14; P = 0,006) (Fig. 4.2). Fig. 4.2 Relazioni tra i valori dell IKA del lupo e la percentuale delle classi di pendenza nelle UC 58

60 Per le categorie d uso del suolo, sono state trovate le seguenti relazioni significative secondo modelli polinomiali del secondo ordine: corpi idrici (R 2 = 0,093; F = 13,01; P < 0,0001); coltivi (R 2 = 0,053; F = 7,14; P = 0,001) prato-pascoli (R 2 = 0,053; F = 7,143; P = 0,001); formazioni rocciose (R 2 = 0,072; F = 9,88; P < 0,0001); aree urbanizzate (R 2 = 0,035; F = 4,619; P = 0,011) (Fig. 4.3). Fig. 4.3 Relazioni tra valori dell IKA del lupo e la percentuale delle classi d uso del suolo nelle UC Le analisi di regressione con stime di curve sono state effettuate anche per trovare eventuali relazioni tra i valori di IKA del lupo e quelli delle specie preda, sia per l intero anno di studio, sia per le stagioni singole; nel primo caso non è stata rilevata alcuna relazione significativa, mentre è risultata una relazione significativa con i valori di IKA del camoscio in primavera, secondo un modello lineare (R 2 = 0,066; F = 4,35; P = 0,041). 59

61 L analisi di regressione multipla effettuata con metodo stepwise ha fornito un modello in cui sono entrate cinque variabili che hanno spiegato il 25,1% della varianza dell IKA del lupo. Di queste, le altitudini tra 1000 e 1200 m s.l.m., tra e 1800 m s.l.m. e l IKA del camoscio hanno avuto effetto positivo, mentre le pendenze maggiori del 50% e le faggete hanno avuto effetto negativo (Tab. 4.2). Tab. 4.2 Risultati dell analisi di regressione multipla eseguita tra i valori di IKA del lupo e le variabili indipendenti considerate: IKA della specie preda e variabili ambientali Coefficienti non standardizzati Coefficienti standardizzati Variabili B SE β t P VIF Altitudine ,075 0,015 0,302 5,08 < 0,0001 1,501 IKA camoscio 2,026 0,455 0,225 4,452 < 0,0001 1,085 Altitudine ,028 0,005 0,37 5,222 < 0,0001 2,127 Pendenza del 50% -0,124 0,035-0,209-3,565 < 0,0001 1,435 Faggeta -0,017 0,005-0,239-3,541 < 0,0001 1,963 Costante 0,052 0,047 1,1 0,272 R 2 = 0,251 F = 8,38 P = 0,004 60

62 Le analisi di regressione multipla sui sottoinsiemi di variabili non correlate hanno permesso di ottenere diversi modelli. L Inferenza multi-modello ha mostrato che i migliori modelli considerati, in base al valore dell AICc, presentavano valori di R 2 prossimi allo 0 (Tab. 4.3). Tab. 4.3 Risultati delle analisi di regressione multipla tra i valori dell IKA del lupo e le combinazioni di variabili non correlate; sono mostrati i modelli migliori Mod. Variabili w R 2 ΔAICc 1 IKA cinghiale, IKA daino, esposizione nulla, esposizione est, 0,102 0,01 0,000 corpi idrici 2 Boschi misti, IKA cinghiale, IKA daino, esposizione nulla, 0,098 0,018 0,095 esposizione est, pendenza > 50% 3 IKA capriolo, esposizione nulla, esposizione est, esposizione sud 0,097 0,002 0,115 4 Boschi di conifere, IKA cinghiale, IKA daino, esposizione nulla, 0,095 0,01 0,143 esposizione est 5 Esposizione nulla, esposizione est, esposizione sud, corpi idrici 0,048 0,007 1,495 6 Boschi misti, IKA capriolo, esposizione nulla, esposizione est, 0,042 0,029 1,763 esposizione sud 7 IKA daino, esposizione nulla, esposizione est, corpi idrici 0,039 0,009 1,908 61

63 PARTE V MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL LUPO 62

64 METODI Per la formulazione dei modelli predittivi della presenza del lupo, o modelli d idoneità ambientale, sono state utilizzate le unità di campionamento (UC) di 100 km 2 usate nel monitoraggio. Le celle percorse dai transetti sono state classificate come UC di presenza (codice 1) se sono risultate positive in almeno una stagione di monitoraggio, e come UC di assenza (codice 0) se non sono mai stati trovati segni di presenza del lupo; tutte le celle non attraversate da transetti non sono state classificate e sono state considerate come UC di controllo. All interno di ogni UC sono state misurate le proporzioni di 9 variabili dell uso del suolo (corsi d acqua e bacini idrici, boschi di conifere, boschi di latifoglie, boschi misti, aree coltivate, aree incolte e cespuglieti, prati e pascoli, formazioni rocciose e aree urbanizzate), 6 variabili altimetriche, corrispondenti ad altrettante fasce altitudinali di 400 m ciascuna, 5 variabili di esposizione, corrispondenti alle 4 esposizioni principali e all esposizione nulla, e 4 variabili di pendenza, corrispondenti alle classi di pendenza 0-10%, 10-30%, 30-50% e pendenza maggiore al 50%. Inoltre, per le UC attraversate dai transetti, è stato calcolato l Indice Chilometrico di Abbondanza (IKA) delle specie di ungulati selvatici. Per le prede domestiche, vale a dire le diverse specie di bestiame, sono stati utilizzati i dati del censimento degli allevamenti della Liguria effettuato dall Associazione Regionale Allevatori e per ogni UC sono stati calcolati la densità di capi presenti di ogni specie allevata e la superficie utilizzata per il pascolo. I modelli predittivi sono stati formulati seguendo due diversi approcci: il primo è stato del tipo presenza verso disponibilità, il secondo del tipo presenza verso assenza (Manly et al., 1993; Boyce et al., 2002). Per il primo approccio le UC di presenza sono state confrontate con altrettante UC di controllo, scelte in modo casuale tra tutte le UC della griglia. In questo modo è stato evitato il problema delle false assenze, vale a dire considerare il lupo assente da una porzione di territorio dove in realtà la specie è presente, ma non è stata trovata per problemi di contattabilità e di sforzo di campionamento (Moilanen, 2002; Tyre et al., 2003; Gu & Swihart, 2004; MacKenzie, 2005). Per il secondo approccio, sono state prese in considerazione solo le UC attraversate dai transetti ed è stato assunto che quelle dove non erano mai stati trovati segni di presenza fossero celle di assenza reale, il confronto quindi è stato condotto tra UC di presenza e di assenza. Questo è stato fatto per utilizzare come variabili predittive anche gli indici d abbondanza delle specie di ungulati selvatici, ovviamente disponibili solo per le celle attraversate dai transetti. Per il primo approccio i modelli predittivi della distribuzione potenziale del lupo nel territorio della regione Liguria sono stati ottenuti mediante tre diversi metodi:1) Analisi di Regressione Logistica 63

65 Binaria, 2) Analisi Fattoriale di Nicchia Ecologica, 3) Algoritmo della Massima Entropia. Per il secondo approccio è stata utilizzata solo l Analisi di Regressione Logistica Binaria, in quanto gli altri due sono specifici per un disegno di uso verso disponibilità. L Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB) costituisce uno dei metodi più usati per formulare una Funzione di Probabilità di Selezione delle Risorse, cioè un espressione matematica in grado di sintetizzare il processo di selezione dell habitat di una specie per prevederne la distribuzione (Boyce & McDonald, 1999; Manly, 2003). L equazione del modello logistico è: dove Y è la probabilità che l evento accada, z è l equazione caratteristica della regressione multipla lineare: dove è la n-esima variabile indipendente e β n è il coefficiente standardizzato delle variabili indipendenti. Tramite l ARLB è possibile stimare la probabilità di utilizzo delle UC disponibili da parte del lupo. Secondo Meriggi e Massolo (1995), se non si vuole perdere stabilità nelle classificazioni, il numero di variabili che entrano nel modello non dovrebbe superare un quinto dei casi in cui l evento accade (presenza del lupo nelle UC). Per selezionare le variabili che contribuiscono all equazione del modello logistico, è stata utilizzata la procedura forward stepwise, che comporta, dato un insieme di n variabili indipendenti (variabili ambientali), l aggiunta successiva e sequenziale di ciascuna variabile al modello, in una serie di passaggi iterativi. Il risultato ottenuto mediante ciascun passaggio viene saggiato con i test della massima verosimiglianza, del 2 Log Likelihood ( 2LL). La varianza della variabile dipendente spiegata dal modello è quantificata dal valore di R 2 corretto di Nagelkerke, che può assumere valori compresi tra 0 e 1. La stima del contributo di ciascuna variabile alla probabilità di presenza è data dal rapporto tra la probabilità che l evento accada e la probabilità complementare che l evento non accada, denominata Esp (B). Se Esp (B) è maggiore di 1, le probabilità che l evento accada aumentano, se invece è minore di 1 diminuiscono. È stata effettuata un analisi di curva ROC, che permette di valutare lo scostamento del modello ottenuto da uno che classifica i casi casualmente (Massolo & Meriggi, 2007). La curva ROC viene costruita mettendo in relazione la sensibilità del modello (proporzione di casi positivi classificati correttamente) con il complementare della sua specificità (proporzione di casi negativi classificati correttamente). 64

66 La validazione dei modelli è stata effettuata con il metodo k-fold cross validation. Questo metodo prevede il confronto delle classificazioni previste dai modelli con quelle reali, tramite l uso di curve ROC e seguendo un metodo proposto da Boyce et al. (2002). Questo metodo, particolarmente efficace nel costruire dei modelli partendo da dati di presenza, consiste in un analisi di correlazione non parametrica tra la frequenza dei casi positivi reali (numero di UC di presenza) le probabilità previste dai modelli, suddivise in 10 classi di probabilità di 0,10 ciascuna. Se il modello si adattasse bene, il numero di UC in cui è presente il lupo dovrebbe aumentare all aumentare del rango della classe (Boyce et al., 2002). L Analisi Fattoriale di Nicchia Ecologica (ENFA) necessita di soli dati di presenza per calcolare la funzione di idoneità ambientale, confrontando la distribuzione della specie nello spazio ecogeografico con quella dell intero insieme di celle che costituiscono l area di studio. L analisi si basa sul concetto di nicchia ecologica di Hutchinson (1957), definita come una porzione di spazio multidimensionale o ipervolume all interno del quale l ambiente permette a una specie di sopravvivere e riprodursi mantenendo una popolazione vitale (Begon et al., 1996). Analogamente, nell ENFA la nicchia ecologica è intesa come un sottoinsieme di celle nello spazio ecogeografico in cui la specie in esame ha una ragionevole probabilità di essere osservata. Presupposto di quest analisi è che le specie siano distribuite in modo non casuale in relazione alle variabili ambientali; quindi, se una specie è caratterizzata da un dato optimum, ci si aspetta che occupi preferenzialmente quelle celle in cui si è rilevato l intervallo ottimale dei valori delle variabili ecogeografiche. Questa assunzione può essere verificata confrontando la distribuzione della variabile nelle celle in cui è stata registrata la presenza della specie con quella dell intero insieme di celle che costituiscono l area di studio. Queste distribuzioni possono differire in termini di media o di varianza. L ENFA trasforma n variabili ambientali correlate tra loro nello stesso numero di fattori non correlati, fornendo due misure relazionate alla nicchia della specie in esame: marginalità e specializzazione. La marginalità riflette la differenza tra le condizioni medie delle aree in cui la specie è presente e quelle dell area di studio, mentre la specializzazione è una misura di quanto la variabilità delle condizioni ambientali delle aree in cui la specie è presente sia minore di quella delle condizioni ambientali dell area di studio (Hirzel et al., 2001). La specie in esame può quindi mostrare caratteristiche di marginalità, espressa dal fatto che la media delle variabili ecogeografiche delle aree di presenza differisce dalla media dell area di studio e di specializzazione, messa in evidenza dal fatto che la varianza delle aree di presenza è minore rispetto alla varianza dell area di studio. 65

67 In termini matematici, per quanto riguarda la marginalità si ha: dove M è la marginalità della specie, m G la media globale dell area, m S la media della specie in esame, σ G è la deviazione standard della distribuzione globale. Se la distribuzione globale è normale, la marginalità varia prevalentemente tra 0, quando la specie occupa tutti gli ambienti presenti nell area di studio, e 1, quando la specie vive in un habitat particolare in relazione alle caratteristiche complessive dell area. L'apporto di ogni variabile ambientale al fattore di marginalità M della specie è espresso dal valore assoluto del suo coefficiente m i : più alto è questo valore, più le necessità della specie si allontanano dalla media disponibile nell area per quella variabile. Coefficienti negativi indicano che la specie preferisce valori inferiori alla media dell area di studio, mentre coefficienti positivi indicano preferenza per valori superiori alla media dell area. La marginalità globale M può essere calcolata considerando tutte le variabili ecogeografiche V con la formula: La specializzazione è calcolata dalla formula: dove S è la specializzazione della specie, σ G è la deviazione standard della distribuzione globale e σ S è la deviazione standard della specie in esame. Presupposto dell analisi è che un insieme di celle scelte casualmente abbiano un valore di specializzazione pari a 1 e quindi che valori superiori dall unità indichino una qualche forma di specializzazione. L'apporto di ogni variabile ambientale i- esima al fattore di specializzazione S della specie è espresso dal valore assoluto del suo coefficiente S i : maggiore è questo valore, più è ristretto il range della specie in relazione a quella variabile. In questo caso i segni dei coefficienti non hanno alcun peso. L autovalore λ t associato a ogni fattore esprime l ammontare di specializzazione, dato dal rapporto tra la varianza della distribuzione globale e quella della specie: 66

68 La specializzazione può essere espressa anche in altra forma, cioè la tolleranza T, definita come il reciproco della specializzazione globale: Come per la specializzazione, il presupposto dell analisi è che un insieme di celle scelte casualmente abbiano un valore di tolleranza pari a 1, il che equivale a una specie con buona sopportazione verso lo scostamento dalle sue condizioni ottimali, mentre valori inferiori all unità indicano una minor tolleranza alle variazioni ambientali, quindi una qualche forma di specializzazione della specie. Mentre la marginalità della specie è spiegata interamente (100%) dal primo fattore, la specializzazione è ripartita tra tutti i fattori la cui importanza decresce dal secondo all ultimo, tanto che solo i primi ne spiegano una percentuale significativa. Sulla base dei fattori maggiormente significativi viene calcolata la mappa di idoneità ambientale. L Algoritmo della Massima Entropia (MaxEnt Maximum Entropy algorithm) è una tecnica di apprendimento automatico basato sul principio di massima entropia (Jaynes, 1957). Data una distribuzione di probabilità sconosciuta, MaxEnt cerca l approssimazione che soddisfa una serie di vincoli di tale distribuzione e che massimizza l'entropia della distribuzione risultante (Phillips et al., 2006). Data una variabile casuale X definita su un insieme di eventi X = {x 1, x 2,..., x n } in accordo con la distribuzione di probabilità p(x) e tale che Σ p(x i ) = 1, considerando questa variabile casuale come una sorgente d informazione, è possibile calcolare il grado d incertezza associato a ogni singolo evento. In questi casi, infatti, è disponibile solo la cosiddetta distribuzione di probabilità a priori, che se da un lato fornisce indici statistici, dall'altro non permette di stimare, in termini probabilistici, la casualità associata al fenomeno nella sua globalità. Per stimare il grado d incertezza con una data funzione H(X), quest'ultima deve soddisfare le seguenti proprietà di base: la funzione H(X) deve esistere: deve essere cioè possibile associare un legame di tipo numerico tra l'incertezza di una distribuzione di probabilità ed i numeri reali; H(X) ha una dipendenza funzionale continua su p(x): ciò significa che a piccole variazioni della p(x) corrispondono inevitabilmente altrettante piccole variazioni nella misura di incertezza associata; se p(x i ) = 1/n, i = 1,2, n, allora H(X) non può che essere una funzione monotona crescente in n. In altre parole, al crescere del numero di eventi, se questi sono equiprobabili, l'incertezza associata è maggiore; H(X) gode della proprietà additiva: se esiste più di un modo per calcolarne il suo valore questo 67

69 deve comunque essere lo stesso in ogni caso. Se per esempio un evento può essere visto come l'unione di due o più distribuzioni di probabilità il valore della funzione H(X) per così dire globale deve essere uguale alla media pesata dei valori assunti dalla H(X) nei singoli casi. L'unica funzione H(X) che soddisfa tali proprietà è: dove k è una costante positiva (solitamente posta ad 1).La funzione H(X) è detta entropia, entropia di Shannon o meglio entropia dell'informazione ed è una proprietà associata ad una qualunque distribuzione di probabilità. Il Principio della Massima Entropia (MaxEnt) venne introdotto nel 1957 da Jaynes ed è così definito: In presenza di dati e/o evidenze sperimentali riguardanti un determinato fenomeno fisicostatistico per stimarne la relativa distribuzione di probabilità è sufficiente scegliere un modello che sia consistente con i dati disponibili ma che altrove abbia la massima entropia. Tale principio è applicabile nei problemi inferenziali basati su dati non completamente noti a priori o viziati da errori di qualche tipo. Massimizzare l'entropia di una distribuzione di probabilità, significa generalizzarne il comportamento statistico su tutto ciò che non è conosciuto a priori. Si massimizza l'incertezza assunta sui parametri del sistema non noti ottenendo dei modelli basati solo su dati certi. Sia X una variabile definita su {x 1, x 2,..., x n } di cui si vuole stimare la distribuzione di probabilità ed m distinte funzioni di x (variabili ambientali) fk (X), k = 1, 2,..., m che misurano le distribuzioni marginali del modello di probabilità che si vuole esplicitare. Tali funzioni vengono utilizzate per vincolare i valori attesi che il modello assegnerebbe alle corrispondenti fk (X) : dove F k è la distribuzione empirica di X direttamente calcolata sui dati. L'obiettivo è quello di costruire un modello statistico p della variabile casuale X che sia generato a partire da una dato insieme. Applicando il principio della Massima Entropia, è sufficiente trovare la soluzione del seguente problema: utilizzando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange noto dalla teoria dell'ottimizzazione vincolata (Jaynes, 1957). Per ciascuna fi resta individuato un parametro λ i, un moltiplicatore di Lagrange, 68

70 appunto, tale che il problema è ricondotto al calcolo di un massimo libero, non più vincolato, della funzione di Lagrange corrispondente: la cui soluzione è data da: E' possibile dimostrare che il valore H MAX trovato può anche essere espresso in termini dei valori F 1, F 2, F n nella seguente maniera: E' possibile allora definire un'esplicita relazione per λ k : E fondamentale la scelta delle f i più significative, tali da riuscire a racchiudere in sé i dettagli statistici più rilevanti del modello di probabilità che si vuole stimare. Il metodo descritto fornisce due principali misure per determinare il contributo di ogni variabile al modello finale: - importanza di permutazione: i valori di una variabile vengono scambiati casualmente tra siti di presenza e background. Viene ricalcolata l AUC. La differenza in percentuale tra AUC con e senza permutazione viene usata per ordinare le variabili per importanza. - jackknife test: il modello completo viene confrontato con un modello creato solo con quella variabile e con uno che utilizza tutte le altre variabili esclusa quella in questione. Il calo del gain del modello senza la variabile fornisce una misura della quantità di informazione presente nella variabile, che non è inclusa nelle altre variabili. Il gain del modello con la sola variabile indica la quantità di informazione di cui è portatrice la singola variabile. L effetto della variabile sulla previsione del modello viene fornita dalle curve di risposta marginale, che rappresentano l effetto della variabile mantenendo i valori delle altre pari alla media dei siti di presenza, e le curve di risposta singola, che rappresentano l effetto della variabile in un modello creato utilizzando solo quella variabile. Con l analisi effettuata da MaxEnt si realizzano mappe di presenza potenziale della specie; viene assegnato un valore di probabilità per ogni pixel dell area di studio compreso tra 0 e 100 e ciò 69

71 fornisce una mappa che indica il gradiente di probabilità per la distribuzione potenziale della presenza (Phillips et al., 2006). Valori prossimi a 100 sono quelli dove è massima la probabilità, mentre valori prossimi allo 0 sono quelli a minor probabilità. L utilizzo di modelli predittivi è auspicabile ai fini della conservazione; l identificazione dei fattori ambientali, responsabili delle variazioni della presenza delle specie (in questo caso il lupo), permette infatti di individuare le aree più idonee e quelle più critiche per il loro mantenimento e la loro salvaguardia (Corsi et al., 1999; Massolo & Meriggi, 2007); questi modelli dovrebbero costituire uno dei punti chiave nella localizzazione delle aree protette, in modo che queste possano realmente svolgere il loro compito di tutela della biodiversità. I modelli ottenuti sono stati confrontati con le aree protette della regione Liguria per valutarne l efficacia. 70

72 RISULTATI Il primo approccio utilizzato per prevedere la presenza del lupo in Liguria è stato del tipo presenza verso disponibilità. L Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB, forward stepwise),ha permesso di formulare un modello che ha spiegato il 76,7% della varianza della variabile dipendente. Nell equazione del modello sono entrate sei variabili ambientali, delle quali l altitudine m s.l.m., l esposizione nulla, l esposizione nord con effetto positivo sulla probabilità di presenza, mentre i boschi di latifoglie, i coltivi, i prato-pascoli hanno avuto effetto negativo (Tab. 5.1) Tab. 5.1 Risultati dell Analisi di Regressione Logistica Binaria per la presenza del lupo in Liguria Variabili ambientali B (ES) P Exp(B) Altitudine ,212 ± 0,082 0,01 1,236 Esposizione nulla 2,271 ± 0,901 0,012 9,685 Esposizione nord 0,391 ± 0,181 0,031 1,478 Boschi di latifoglie -0,119 ± 0,049 0,015 0,888 Coltivi -0,293 ± 0,117 0,013 0,746 Prato-pascoli -0,150 ± 0,081 0,064 0,861 Costante -6,252 ± 4,263 0,143 0,002-2 Log Verosomiglianza 28,588 R² di Nagelkerke 0,767 Chi-quadrato g.l. P Miglioramento 4,75 1 0,029 Modello 46,27 6 < 0,

73 L analisi di curva ROC ha evidenziato un elevata capacità predittiva del modello (AUC = 0,952; ES = 0,025; P < 0,0001) (Fig. 5.1). Fig. 5.1 Curva ROC del modello dell ARLB formulato per la presenza del lupo in Liguria (in blu); in verde la curva di un modello che classifica casualmente 72

74 Il modello ha classificato il 51,7% delle UC della regione Liguria idonee alla presenza del lupo (Fig. 5.2 a e b). Fig. 5.2 a) Classi di probabilità di presenza del lupo secondo il modello dell ARLB b) Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello dell ARLB 73

75 La validazione del modello è stata eseguita con il metodo k-fold cross validation (Fig. 5.3);il coefficiente di correlazione di Spearman è risultato statisticamente significativo per entrambi i sottocampioni, ottenuti con ricampionamento casuale delle celle di presenza (per il primo sottocampione: Rho = 0,937; P < 0,0001; per il secondo sottocampione: Rho = 0,888; P = 0,001). Fig. 5.3 Frequenza di casi positivi reali (celle di presenza del lupo) in relazione alle classi di probabilità previste dal modello 74

76 L analisi effettuata tramite modellizzazione della Massima Entropia, ha permesso di ordinare le variabili ambientali in base alla loro importanza predittiva; per ogni variabile ambientale è stata valutata l influenza sulla probabilità di presenza del lupo, tendendo costanti tutte le altre variabili presenti (Tab. 5.2 e Fig. 5.4). Tab. 5.2 Importanza di permutazione delle variabili ambientali al modello della Massima Entropia per la probabilità di presenza del lupo Variabili Importanza di permutazione Effetto Altitudine ,4 negativo Altitudine ,2 irregolare Corsi d'acqua e bacini idrici 9,4 positivo (tra 0-10 %) Pendenza % 9,1 positivo Altitudine positivo Prati - pascoli 6,7 positivo Coltivi 6,6 negativo Urbano 5,4 negativo Esposizione nord 4,7 positivo Altitudine ,2 negativo 75

77 Fig. 5.4 Test Jackknife test sulle variabili ambientali nel modello della Massima Entropia per la probabilità di presenza del lupo in Liguria; in blu la singola variabile, in rosso tutte le variabili cumulate 76

78 La variabile più importante è risultata l altitudine compresa tra 400 e 800 m s.l.m., il cui aumento percentuale all interno di una UC determina una diminuzione nella probabilità di presenza del lupo (Fig. 5.5a); l altitudine compresa tra 1600 e 2000 m s.l.m. ha un effetto irregolare sulla probabilità di presenza del lupo, tuttavia sembra che basse percentuali di questa variabile determinino alte probabilità di presenza del lupo (Fig. 5.5b); l aumento della percentuale della presenza di corpi idrici inizialmente fa aumentare la probabilità di presenza del lupo, oltre il 10% l effetto sembra essere nullo, per poi diventare negativo a percentuali più elevate (Fig. 5.5c). Per quanto riguarda la pendenza compresa tra 30 e 50 %, essa sembra avere un effetto positivo, per cui al suo aumentare, aumenta anche la probabilità di presenza del lupo (Fig. 5.5d). La fascia altitudinale compresa tra 1200 e 1600 m s.l.m. ha un effetto positivo sulla probabilità di presenza del lupo, particolarmente importante quando la variabile supera il 60% (Fig. 5.5e). Anche la percentuale di prato-pascoli sembra influenzare positivamente la probabilità di presenza del lupo (Fig. 5.5f), mentre i coltivi hanno complessivamente un effetto negativo, in particolare basse percentuali di questa variabile determinano medie probabilità di presenza del lupo e all aumentare della percentuale di coltivi diminuisce le probabilità di presenza (Fig. 5.5g). Le aree urbanizzate diminuiscono la probabilità di presenza del lupo, che comunque non risulta mai alta per questa variabile (Fig. 5.5h). L effetto dell esposizione nord sembra essere moderatamente positivo (Fig. 5.5i); infine, basse percentuali di altitudini compresa tra 0 e 400 m s.l.m. sembrano determinare alte probabilità di presenza del lupo, mentre l aumento della variabile ne determina la diminuzione (Fig. 5.5l). Fig. 5.5 Curve di risposta delle variabili ambientali più importanti nel determinare la presenza del lupo in Liguria a) b) 77

79 c) d) e) f) g) h) i) l) 78

80 La curva ROC ha evidenziato un elevata capacità predittiva del modello (AUC = 0,91) (Fig. 5.6) Fig. 5.6 Curva ROC del modello della Massima Entropia formulato per la presenza del lupo (in rosso); in nero la curva di un modello che classifica casualmente 79

81 Il modello ha classificato il 3,3% del territorio regionale idoneo alla presenza del lupo (Fig. 5.7a e b). Fig. 5.7 a) Classi di probabilità di presenza del lupo secondo il modello della Massima Entropia b) Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello della Massima Entropia 80

82 Anche in questo caso, il modello è stato validato con il metodo k-fold cross validation (Fig. 5.8).Il coefficiente di correlazione di Spearman è risultato statisticamente significativo per entrambi i sottocampioni, ottenuti con ricampionamento casuale delle celle di presenza (per il primo sottocampione: Rho = 0,914; P < 0,0001; per il secondo sottocampione: Rho = 0,985; P < 0,0001). Fig. 5.8 Frequenza di casi positivi reali (celle di presenza del lupo) in relazione alle classi di probabilità previste dal modello della Massima Entropia 81

83 La validazione del modello tramite curve ROC è risultata significativa: per il primo sottocampione la curva sottende un area pari a 0,933, mentre per il secondo sottocampione un area pari a 0,961 (Fig. 5.9 a e b rispettivamente). Fig. 5.9 Curve ROC per la validazione del modello ottenuto dall Analisi della Massima Entropia formulato per la presenza del lupo (in blu); in verde la curva di un modello che classifica casualmente a) b) 82

84 L Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica eseguita per la presenza del lupo ha mostrato un valore di marginalità globale pari a 0,51, evidenziando un moderato scostamento tra la media delle caratteristiche ambientali nei punti di presenza della specie e la media delle caratteristiche ambientali dell area. Il valore di tolleranza globale è risultato pari a 0,60, mostrando una buona capacità di adattamento della specie agli scostamenti dalle condizioni ottimali. Le variabili ambientali che influiscono maggiormente in modo positivo sul valore di marginalità globale sono risultate le altitudini comprese tra 1200 e 2000 m s.l.m., le pendenze comprese tra il %, i prato-pascoli e i boschi di latifoglie. Quelle invece che influiscono maggiormente in modo negativo sono le altitudini comprese tra 0 e 800 m s.l.m. e i coltivi (Tab. 5.3). Tab. 5.3 Risultati dell ENFA. Per il valore di marginalità il segno positivo indica che la specie preferisce habitat con valori più elevati rispetto alla media della regione, mentre il segno negativo viceversa. Il segno dei fattori di specializzazione non ha valore Variabile Marginalità Specializzazione 1 Specializzazione 2 Altitudine ,371 0,022 0,057 Prato- pascoli 0,370 0,012 0,026 Pendenze % 0,263-0,008-0,054 Altitudine ,255-0,008-0,008 Boschi di latifoglie 0,246-0,005 0,003 Esposizione nord 0,193-0,001 0,044 Incolti e arbusteti 0,119 0,001-0,016 Esposizione est 0,095 0,003 0,036 Formazioni rocciose 0,078 0,034 0,016 Boschi di conifere 0,077-0,005 0,027 Esposizione ovest -0,030 0,022 0,040 Corpi idrici -0,039 0,016 0,056 Altitudine ,040-0,032 0,011 Pendenza % -0,056-0,002 0,005 Esposizione sud -0,070-0,007 0,022 Pendenza 0-10 % -0,158-0,006-0,019 Boschi misti -0,166 0,008 0,026 Altitudine > ,179-0,696-0,696 Pendenza > 50 % -0,181 0,710 0,692 Aree urbanizzate -0,184 0,037-0,051 Esposizione nulla -0,196-0,008-0,037 Altitudine ,244 0,064-0,028 Coltivi -0,271-0,003 0,012 83

85 Altitudine ,352-0,041 0,117 L analisi di curva ROC è risultata significativa (AUC = 0,862) (Fig. 5.10). Fig Curva ROC del modello dell Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica formulato per la presenza del lupo (in blu); in rosso la curva di un modello che classifica casualmente 84

86 Il modello ha classificato il 49,02% del territorio della Liguria idoneo alla presenza del lupo (Fig a e b). Fig a) Classi di probabilità di presenza del lupo secondo l Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica b) Aree di potenziale presenza del lupo secondo l Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica 85

87 La validazione del modello è stata effettuata con il metodo k-fold cross validation (Fig. 5.12). Il coefficiente di correlazione di Spearman è risultato statisticamente significativo per entrambi i sottocampioni, ottenuti con ricampionamento casuale delle celle di presenza (per il primo sottocampione: Rho = 0,945; P < 0,0001; per il secondo sottocampione: Rho = 0,884; P = 0,001). Fig Frequenza di casi positivi reali (celle di presenza del lupo) in relazione alle classi di probabilità previste dal modello ENFA 86

88 La validazione del modello tramite curve ROC è risultata significativa: per il primo sottocampione la curva sottende un area pari a 0,860, mentre per il secondo sottocampione un area pari a 0,844 (Fig a e b rispettivamente). Fig Grafico delle curve ROC per la validazione del modello ottenuto dall Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica formulato per la presenza del lupo (in blu); in verde la curva di un modello che classifica casualmente a) b) 87

89 Il secondo approccio utilizzato per predire la presenza del lupo in Liguria prevede l indagine della presenza verso l assenza. L Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB) è stata condotta considerando sia le variabili ambientali sia gli indici di abbondanza delle prede selvatiche, ricavati dai segni di presenza rinvenuti durante il monitoraggio, sia le densità di animali di allevamento presenti in ogni UC; nell equazione del modello sono entrate le seguenti variabili con un effetto positivo: la densità totale di bestiame, l abbondanza del daino, la classe altitudinale compresa tra 800 e 1200 m s.l.m.; mentre la densità degli ovi-caprini e la classe altitudinale compresa tra 1600 e 2000 m s.l.m. sono entrate nel modello con effetto negativo. Di queste variabili, l IKA del daino e l altitudine compresa tra 1600 e 2000 m s.l.m. non sono risultate significative. Il modello ha spiegato il 57,1% della varianza della variabile dipendente (Tab. 5.4). Tab. 5.4 Risultati dell Analisi di Regressione Logistica Binaria per la presenza del lupo in Liguria (presenza verso assenza) Variabili ambientali B (ES) P Exp(B) Densità bestiame Densità ovi - caprini IKA daino 0,147 ± 0, ,405 ± 167,053 3,547 ± 1,971 0,019 0,043 0,072 1,158 0, ,707 Altitudine ,06 ± 0,022 0,006 1,062 Altitudine ,243 ± 0,193 0,208 1,275 Costante -4,115 ± 1,362 0,003 0,016-2 Log Verosomiglianza 47,785 R² di Nagelkerke 0,571 Chi-quadrato g.l. P Miglioramento 5, ,015 Modello 32,344 5 < 0,

90 L analisi effettuata mediante curva ROC ha evidenziato una buona capacità predittiva del modello (AUC = 0,878; ES =0,047; P < 0,001) (Fig. 5.14). Fig Grafico della curva ROC del modello dell ARLB formulato per la presenza/assenza del lupo (in blu); in verde la curva di un modello che classifica casualmente 89

91 Il modello ha classificato il 43,1% delle UC della regione Liguria come idonee alla presenza del lupo (Fig. 5.15a e b). Fig a) Classi di probabilità di presenza del lupo secondo il modello dell ARLB (presenza vs. assenza) b) Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello dell ARLB (presenza vs. assenza) 90

92 Al fine di verificare l efficacia del sistema di Aree Protette presente in Liguria sulla conservazione del lupo, le mappe d idoneità ottenute dai modelli sono state sovrapposte a quelle delle Aree Protette. Lo scopo è stato di ottenere la percentuale di territorio, valutata idonea per la presenza del lupo dai modelli, che rientra nelle Aree Protette. Il modello della Massima Entropia ha previsto un area di potenziale presenza del lupo che rientra nelle Aree Protette per l 8,5% (Fig. 5.16). Fig Aree di potenziale presenza del lupo in Liguria previste dal modello della Massima Entropia e Aree Protette 91

93 La proporzione di territorio valutato come idoneo alla presenza del lupo dall Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica che rientra nelle Aree Protette è pari al 62,4% (Fig. 5.17). Fig Aree di potenziale presenza del lupo in Liguria previste dall Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica e Aree Protette 92

94 Per quanto riguarda l Analisi di Regressione Logistica, sovrapponendo la griglia delle celle classificate come idonee alla presenza del predatore, la proporzione che ricade nelle Aree Protette è risultata pari al 47,3% (Fig. 5.18). Fig Aree di potenziale presenza del lupo in Liguria previste dall Analisi di Regressione Logistica e Aree Protette 93

95 PARTE VI LUPO E ZOOTECNIA 94

96 METODI Per valutare l impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati, come base di partenza, i dati della Banca Dati Nazionale (bovini e ovi-caprini). Gli allevamenti sono stati classificati per: Provincia; Specie allevata (bovini e ovi-caprini); Orientamento produttivo per gli ovi-caprini (carne, latte, lana, misto, autoconsumo); Orientamento produttivo e tipologia produttiva per i bovini (carne: ingrasso, linea vacca-vitello, non definito; latte; misto); Modalità (all aperto, stabulato, sconosciuta); Inoltre, per ogni allevamento è stato fornito il numero di capi allevati. Per valutare l esistenza di eventuali differenze significative nella dimensione media degli allevamenti tra le province è stata utilizzata l Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM). L analisi univariata della varianza (one-way ANOVA) può essere estesa all analisi di un numero maggiore di fattori. La variabile analizzata è sempre una sola, ma il numero di fattori (o criteri di classificazione, o vie) che distinguono i diversi campioni è maggiore di 1. Si parla quindi di ANOVA univariata multifattoriale, detta anche MANOVA. L'ipotesi alla base dell'analisi della varianza è che dati n gruppi, sia possibile scomporre la varianza in due componenti: varianza interna ai gruppi o entro-gruppi (Within) e varianza tra-gruppi (Between). Se la variabilità interna ai gruppi è relativamente elevata rispetto alla variabilità tra i gruppi, allora probabilmente la differenza tra questi gruppi è soltanto il risultato della variabilità interna. La relazione tra varianza totale, σ 2, riferita agli n gruppi e varianze calcolate sui singoli 2 gruppi g (g = 1,2,...,G) risulta essere : quindi : 2 G g 1 n 2 g g n 2 G g W B n 2 g M g M n dove il primo addendo rappresenta la varianza entro-gruppi, il secondo la varianza tra-gruppi, M la media totale degli n gruppi ed è uguale alle medie parziali di ciascun gruppo Mg con pesi uguali 95

97 n g alle rispettive frequenze relative di gruppo. A loro volta, le medie parziali M g dei valori n del g-esimo gruppo sono date da : M g n g i 1 i g n g i g Inoltre si ha che: ng i 2 1 i g g n g M g 2 La varianza entro-gruppi è uguale alla media ponderata delle varianze parziali, calcolate in ogni gruppo. La varianza tra-gruppi è uguale alla varianza ponderata delle medie parziali. I pesi sono uguali alle loro frequenze relative. Per verificare differenze tra le province nella frequenza dei diversi tipi di allevamento è stato utilizzato il G test (analisi per tavole di contingenza mediante il Rapporto di Verosimiglianza, con test esatto di permutazione). Quest analisi permette di verificare eventuali differenze significative tra il numero di casi attesi e quelli osservati, utilizzando la seguente formula: dove O i ed E i sono le frequenze delle categorie i osservate e attese. Per una corretta elaborazione dei dati sull interazione lupo-zootecnia è stata posta maggiore attenzione agli allevamenti che effettuano stagioni di alpeggio o utilizzano il pascolo regolarmente. A partire dai dati del censimento degli allevamenti in Liguria, effettuato dall associazione provinciale degli allevatori di Genova, sono state individuate e georeferenziate le aree di pascolo o di alpeggio della regione. Le aree di pascolo e le relative aziende, sono state classificate, oltre che secondo i criteri descritti in precedenza, anche secondo altri importanti fattori, quali: Periodo di alpeggio; G 2 Presenza di vitelli al pascolo sotto i 60 giorni di età; Grado di sorveglianza (assenza di ricovero notturno o non sorvegliato, ricovero notturno e presenza di cani da guardiania, recinto antintrusione o dissuasori sonori). Anche per le aree di pascolo è stata utilizzata la MANOVA per verificare le eventuali differenze significative nella superficie media tra le diverse province. Oi O i ln Ei 96

98 I dati delle predazioni sono stati forniti principalmente dagli assessorati competenti delle quattro province liguri. Sono stati considerati il numero di eventi per zona, anno e specie, il numero di capi predati per evento, il numero di capi predati per zona, anno e specie e l importo dei rimborsi. Il test G utilizzato in precedenza è stato applicato per verificare le differenze nella frequenza degli eventi di predazione e dei capi predati tra province, specie allevate e anni. E stata effettuata un analisi di regressione con stima di curve, per verificare eventuali andamenti significativi negli anni, del numero di eventi e del numero di capi predati per evento, per zona e l importo dei rimborsi erogati. Questa analisi di regressione permette di identificare il modello non- lineare al quale meglio si adattano i dati considerati. Per analizzare i fattori ambientali e non che influiscono sulla probabilità di predazione, sono state misurate 21 variabili riguardanti le aree di pascolo utilizzate dagli allevamenti: Superficie; Perimetro; Indice di forma (rapporto tra circonferenza di un cerchio di pari superficie e perimetro del pascolo); Altitudine (media); Esposizione; Pendenza; Distanza dal pascolo più vicino; Distanza dal bosco più vicino; Distanza dal corso d acqua più vicino; Distanza dal centro abitato più vicino; Distanza dall osservazione di lupo più vicina; Distanza dal prato-pascolo (categoria vegetazionale) più vicino Percentuali dei tipi di vegetazione in un buffer di 1 km intorno al pascolo. Successivamente, le variabili sono state confrontate tra i pascoli dove sono avvenute predazioni e quelli dove non sono mai state registrate perdite, mediante il test U di Mann-Whitney, per campioni indipendenti, al fine di individuare le variabili più importanti nella distinzione tra pascoli soggetti a predazione e pascoli sicuri. Il test, che può essere applicato quando i campioni hanno dimensioni 97

99 diverse, permette di verificare la significatività della differenza tra le mediane, basandosi sul calcolo di due valori statistici (U 1 ed U 2 ), riordinando i dati per ranghi. La formula per il calcolo delle U è la seguente: U 1 n n 1 2 n1 n1 1 2 R 1 U 2 n n 1 2 n2 n2 1 2 n 1 = numero di allevamenti in cui si è verificato l evento di predazione; n 2 = numero di allevamenti in cui non si è verificato l evento di predazione; R 1 = sommatoria ranghi degli allevamenti in cui si è verificato l evento di predazione; R 2 = sommatoria ranghi degli allevamenti in cui non si è verificato l evento di predazione; R 2 Il valore più piccolo tra U 1 e U 2 (U min ) viene confrontato con il valore tabulato per corrispondenti valori di n 1 ed n 2. Se il valore di U min è più piccolo di quello tabulato possiamo asserire che vi è differenza significativa. Considerato però che la probabilità che avvengano eventi di predazione dipende spesso da fattori concomitanti, sono state condotte anche analisi di tipo multivariato, indirizzate alla formulazione di modelli di rischio di predazione da parte di lupo. Con il termine modello si indica una semplificazione di un sistema complesso. In ambito ecologico il modello è principalmente di tipo matematico. Quando si basa su ipotesi formulate a priori, a partire da informazioni bibliografiche o derivanti dall esperienza personale, si parla di modello teorico oppure, nel caso di dati ricavati dal mondo reale, si parla di modello empirico. É stato attribuito un codice binario (0/1) a ciascun pascolo: con 1 sono stati indicati i pascoli all interno dei quali si è verificato almeno un caso di predazione, con 0 tutti gli altri. In questo modo sono stati rilevati 69 pascoli, confrontati con altrettanti pascoli, scelti in modo casuale tra quelli dove non è stata accertata la presenza di predazione. Attraverso l Analisi della Varianza (oneway ANOVA) è stato effettuato il confronto tra i pascoli. L analisi ha permesso di verificare l esistenza di differenze significative tra i valori delle variabili nei pascoli di presenza di predazione ed in quelli di assenza. Inoltre è stato formulato un modello predittivo della probabilità di presenza di predazione da parte di lupo nell area di studio, attraverso un Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB). 98

100 E stato inoltre utilizzata la multi-model inference (come nella Parte V) ed i modelli ottenuti sono stati confrontati con il criterio di Akaike corretto (AICc). Inoltre i modelli sono stati validati tramite l uso di curve ROC e seguendo il metodo proposto da Boyce. Infine i modelli sono stati utilizzati (singolarmente e cumulativamente) per classificare i pascoli dell area di studio. La classificazione complessiva è stata ottenuta calcolando per ogni pascolo la probabilità media (ricavata dalle probabilità previste dai modelli) di predazione da parte di lupo. 99

101 RISULTATI Il censimento degli allevamenti di bovini e ovi-caprini in Liguria, ha messo in evidenza come il numero di allevamenti di ovi-caprini sia stato nettamente prevalente su quello dei bovini (n=3047 e n=1559, rispettivamente). Sono risultate differenze nel numero di allevamenti presenti nelle quattro province. In particolare, per i bovini, le province con il maggior numero di allevamenti sono risultate Genova e La Spezia, mentre per gli ovi-caprini gli allevamenti sono risultati concentrati a Genova e Savona. Imperia è risultata la provincia con il minor numero di allevamenti sia di bovini sia di ovi-caprini (Fig. 6.1) Fig. 6.1 Numero di allevamenti di bestiame nelle province liguri BOVINI OVI-CAPRINI GE IM SP SV 100

102 È stata osservata, sia per gli allevamenti bovini che ovi-caprini, una marcata concentrazione in pochi comuni, situati, in particolare, nella porzione centro-orientale del territorio regionale (Figg. 6.2 e 6.3). Fig. 6.2 Distribuzione per comune degli allevamenti bovini in Liguria Fig. 6.3 Distribuzione per comune degli allevamenti ovi-caprini in Liguria 101

103 Per gli allevamenti di bovini è stata registrata una dimensione media di 9,10 capi (min.=1, max=755) con variazioni significative tra le province (F=17,191; gl=3; P<0,0001). La dimensione degli allevamenti di ovi-caprini è stata di 10,59 capi (min=1, max=1169) con variazioni significative tra le province (F=17,244; gl=3; P<0,0001). Complessivamente sono risultate differenze significative tra province (F=27,634; P<0,0001) ma non tra specie allevate (F=0,156; P=0,693); anche l interazione tra i due fattori non è risultata statisticamente significativa (F=0,035; P=0,991). Il test di Bonferroni per confronti multipli ha evidenziato differenze tra le dimensioni medie dei pascoli, per i bovini, tra la provincia di Genova e Savona (P=0,021) e tra Savona e La Spezia (P=0,024); la provincia di Imperia risulta significativamente differente da tutte le altre province (P<0,0001); per gli ovi-caprini invece differenze, al limite della significatività, sono riscontrate tra la provincia di Genova e quella di Savona (P=0,045) e significative tra Imperia e tutte le altre (P<0,0001). La provincia con gli allevamenti di maggiori dimensioni sia di bovini, sia di ovi-caprini è risultata Imperia, seguita da Savona (Fig. 6.4). Fig. 6.4 Variazione della dimensione degli allevamenti nelle province liguri 102

104 Dai dati a disposizione sull orientamento e la tipologia produttiva degli allevamenti di bovini (n=1559), è risultato prevalente l orientamento produttivo da carne in tutte le province, Imperia (86%), Savona (93%), La Spezia (95%), anche se a Genova è stata registrata una maggiore diversificazione ovvero: carne (47%), misto (41%) e latte (12%). In particolare se si analizza la tipologia produttiva con orientamento da carne si nota come gli allevamenti che utilizzano la linea vacca-vitello siano distribuiti maggiormente nella provincia di La Spezia (33% del totale) e Savona (28%). In misura minore la linea vacca-vitello viene adottata anche in provincia di Genova (15%) e di Imperia (7%) (Fig. 6.5). Fig. 6.5 Orientamento produttivo e tipologia produttiva di allevamenti bovini nelle province 100% MISTO 80% LATTE 60% 40% 20% CARNE (NON DEFINITO) CARNE (INGRASSO) CARNE (LINEA VACCA- VITELLO) 0% GE IM SP SV 103

105 La modalità di conduzione degli allevamenti di bovini è in tutte le province per la maggior parte sconosciuta. La restante parte è rappresentata ad Imperia, quasi totalmente, da allevamenti all aperto e solo il 2% da quelli stabulati, mentre a Savona risultano tutti stabulati (16%). Nella provincia di Genova la maggior parte risultano stabulati (26%) e in misura minore all aperto (6%). Analogamente anche in provincia di La Spezia per il 21% risultano stabulati e per il 12% all aperto (Fig. 6.6). Fig. 6.6 Modalità di conduzione di allevamenti bovini negli allevamenti liguri 100% SCONOSCIUTO STABULATO 80% APERTO 60% 40% 20% 0% GE IM SP SV 104

106 L orientamento produttivo principale degli allevamenti di ovi-caprini è stato quello misto nelle province di Genova (76%) e Savona (50%), a La Spezia si equivalgono gli allevamenti da autoconsumo e misto (circa 40%) mentre ad Imperia prevalgono gli allevamenti da autoconsumo (55%). Per gli altri orientamenti produttivi, gli allevamenti da carne rappresentano, nelle province di Genova, Savona e La Spezia circa il 20%, mentre allevamenti da lana e latte sono scarsamente rappresentati e con percentuali simili per le 4 province (Fig.6.7). Fig. 6.7 Orientamento produttivo allevamenti ovi-caprini nelle province liguri 100% CARNE LANA 80% 60% LATTE MISTO AUTOCONSUMO 40% 20% 0% GE IM SP SV 105

107 Per quanto riguarda le modalità di conduzione, la maggior parte degli allevamenti di ovi-caprini sono risultati all aperto, con percentuali oltre l 80%, nelle province di Imperia e La Spezia. A Genova e Savona sono presenti, anche se in misura ridotta (rispettivamente 40% e 30%), allevamenti stabulati (Fig. 6.8). Fig. 6.8 Modalità di conduzione allevamenti ovi-caprini nelle province liguri 100% SCONOSCIUTO STABULATO 80% APERTO 60% 40% 20% 0% GE IM SP SV 106

108 In tutto il territorio regionale sono state individuate in totale 302 aree di pascolo, di cui 115 utilizzate da bovini, 93 da ovi-caprini, 70 da entrambe le specie e di 24 non abbiamo informazioni. Le province col maggior numero di aree di pascolo sono risultate Genova, La Spezia e Imperia mentre a Savona sono stati censiti meno pascoli (Figg. 6.9 e 6.10). Fig. 6.9 Distribuzione aree di pascolo in Liguria Fig Ripartizione delle aree di pascolo nelle province liguri SP = 89 SV = 46 GE = 82 IM =

109 L Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM) ha rilevato differenze significative nella dimensione media dei pascoli tra province (F=8,232; gl=3; P<0,0001); in particolare il test di Bonferroni per confronti multipli ha mostrato come la dimensione media dei pascoli in provincia di La Spezia sia significativamente differente da Imperia (P=0,016) e da Genova (P<0,0001); non risultano invece differenze significative nell ampiezza dei pascoli considerando le sole specie allevate; l effetto dell interazione tra i due fattori risulta invece significativa (F=2,754; gl=6; P=0,013) (Fig. 6.11). Fig Variazioni della superficie media (ha) dei pascoli in relazione alla provincia ed alla specie allevata 108

110 Per quanto riguarda l impatto predatorio sugli ungulati domestici, ai 236 eventi di predazione nell intero territorio regionale, verificatisi dal 2002 al 2010 attribuiti al lupo e ufficialmente denunciati, sono stati aggiunti 56 nuovi eventi avvenuti nel corso del Le predazioni sono avvenute in 3 zone di cui la prima è identificabile con il territorio circostante il Monte Antola e l omonimo parco regionale, la seconda con la Val d Aveto e la terza con le Alpi Liguri, in provincia 2 di Imperia. Nelle tre zone l andamento delle predazioni è stato significativamente differente ( =119,779; gl=18; P<0,0001). In particolare, nella zona dell Antola, è stato osservato un progressivo aumento degli eventi di predazione dal 2004 al 2007 ed una tendenza alla diminuzione dal 2008 in poi, a parte un leggero aumento nel 2010; nella zona dell Aveto si è assistito ad una tendenza non definita dal 2002 al 2006 ma piuttosto a marcate oscillazioni da un anno all altro e invece dal 2007 in poi un progressivo aumento; nella provincia di Imperia, si è registrato un aumento dal 2008 al 2009, un calo nel 2010 e una ripresa nel 2011 (Fig. 6.12). Fig Andamento degli eventi di predazione n Eventi Antola n Eventi Aveto n Eventi Imperia

111 Analogamente agli eventi di predazione, sono stati aggiunti 116 capi abbattuti nel 2011 ai 504 capi predati dal 2002 al 2010, attribuiti al lupo nell intero territorio regionale e ufficialmente denunciati. 2 Nelle tre zone l andamento dei capi predati è stato significativamente differente ( =256,257; gl=18; P<0,0001). In particolare, nella zona dell Antola è stato osservato un progressivo aumento dei capi predati dal 2004 al 2007 ed un calo dal 2008 in poi, a parte un leggero aumento nel 2010; nella zona dell Aveto dal 2002 al 2006 non è risultata una tendenza definita ma marcate oscillazioni da un anno all altro e dal 2007 in poi un aumento progressivo; nella provincia di Imperia si è assistito invece ad un aumento progressivo dei capi predati, in modo particolare dal 2007 in poi (Fig. 6.13). Fig Andamento dei capi di bestiame predati n Capi Antola n Capi Aveto n Capi Imperia

112 Le predazioni sono state soprattutto a carico di vitelli nella zona dell Antola mentre nella zona dell Aveto e nella provincia di Imperia a carico di pecore e capre, con differenze significative negli 2 2 eventi di predazione ( =114,080; gl=8; P<0,0001) e nel numero di capi predati ( =207,073; gl=8; P<0,0001) (Fig. 6.14). Fig Numero di eventi di predazione e capi predati per le diverse specie di bestiame (anni cumulati) 111

113 Considerando l andamento mensile degli eventi di predazione è emerso che nella zona dell Aveto e dell Antola tutti i mesi dell anno sono interessati da eventi mentre in provincia di Imperia sono stati registrati casi di predazione solo da maggio a novembre. Inoltre, in tutte le zone l andamento è risultato bimodale con un aumento consistente a partire dal mese di maggio. Il primo picco massimo viene raggiunto nel mese di luglio in tutte le zone ed un secondo picco nel mese di settembre, per la zona dell Aveto e di Imperia, e nel mese di ottobre per la zona dell Antola. Per quanto riguarda il numero dei capi predati si registra un andamento bimodale simile a quello degli eventi di predazione. Il primo picco si registra nel mese di maggio nella zona dell Aveto e nel mese di luglio in provincia di Imperia e nella zona dell Antola. Il secondo picco massimo si ha nel mese di settembre ad Imperia e nell Aveto e ad ottobre nell Antola (Fig. 6.15). Fig Andamento mensile degli eventi di predazione e del numero dei capi predati per zona (anni cumulati) 112

114 Esaminando l andamento mensile degli eventi di predazione e dei capi predati per specie è risultato evidente come le predazioni sui vitelli, il cui picco massimo è nel mese di maggio, siano avvenute in anticipo nella stagione di pascolo rispetto a quelle sulle pecore. Queste ultime registrano un andamento bimodale con il primo picco di eventi di predazione e numero di capi predati nel mese di luglio e un secondo nel mese di settembre. Le capre risultano predate durante tutto l anno con un picco massimo di eventi e numero di capi predati a settembre. Per gli equini si registrano invece casi sporadici durante l anno (Fig. 6.16). Fig Andamento mensile degli eventi di predazione e numero di capi predati per zona (anni cumulati) 113

115 L Analisi Multifattoriale della Varianza (con equini raggruppati) ha messo in evidenza alcune differenze significative tra gli anni (F=3,317; g.l.=9; P=0,001), le specie predate (F=10,417; g.l.=3; P<0,0001) e l interazione tra le zone e gli anni (F=12,296; g.l.=12; P<0,0001) e l interazione tra le zone e le specie predate (F=9,962; g.l.=4; P<0,0001) (Tab. 6.1). Tabella 6.1 Differenze significative delle predazioni tra anni, zone e specie predate Fattori Confronti P Zone Antola - Aveto < 0,0001 Zone Antola - Imperia < 0,0001 Zone Aveto- Imperia < 0,0001 Specie Bovini - Ovini < 0,0001 Specie Bovini - Caprini < 0,0001 Specie Ovini - Equini = 0,033 Considerando gli anni cumulati, sono emerse differenze significative tra le zone (F=6,893; g.l.=2; P<0,0001), tra le specie (F=5,886; g.l.=3; P=0,001) e dall interazione tra specie e zona (F=5,415; g.l.=5; P<0,0001) (Tab. 6.2). Tabella 6.2 Differenze significative delle predazioni tra zone e specie predate Fattori Confronti P Specie Vacca Pecora < 0,0001 Specie Vacca Capra < 0,0001 Zone Antola - Imperia < 0,0001 Zone Antola - Aveto < 0,0001 Zone Aveto Imperia < 0,

116 L analisi di regressione con stima di curve, ha mostrato un andamento lineare diretto degli eventi di predazione complessivi negli anni (F=101,762; g.l.=1; P<0,0001; R 2 =0,927; y=5,061 x 0,733) (Fig. 6.17). Fig Andamento degli eventi totali di predazione 115

117 Anche considerando il numero di capi predati complessivamente si osserva un andamento lineare diretto, che mostra un fenomeno in aumento (F=45,519; g.l.=1 ; P<0,0001 ; R 2 =0,851 ; y=10,594 x -0,667) (Fig. 6.18). Fig Andamento dei capi predati totali 116

118 Osservando in particolare il territorio limitrofo al Monte Antola, si è osservato un andamento degli eventi di predazione di tipo quadratico, con una tendenza alla diminuzione (F=14,180; g.l=2; P=0,003; R 2 =0,802; y=9,030x 2-0,549x -14,417) (Fig. 6.19). Fig Andamento eventi di predazione nella zona del Monte Antola 117

119 Tuttavia considerando il numero di capi predati si osserva un andamento di tipo logaritmico, che mostra un fenomeno in lieve aumento (F =10,511; g.l.=1; P=0,012; R 2 =0,568; y=20,710 log(x) 8,382) (Fig. 6.20). Fig Andamento capi predati nell area del Monte Antola 118

120 Per quanto riguarda il territorio della Val d Aveto non è stato possibile stimare un andamento significativo né per gli eventi di predazione (F=0,606; g.l.=1; P=0,459) né per i capi predati (F=0,468; g.l.=1; P=0,513). Nella provincia di Imperia si è osservato un andamento degli eventi di predazione di tipo lineare, con una marcata tendenza all aumento (F=13,854; g.l.=1; P=0,006; R 2 =0,634; y=1,503 x -4,267) (Fig. 6.21). Fig Andamento eventi di predazione nella provincia di Imperia 119

121 Per quanto riguarda il numero di capi predati si registra una tendenza analoga a quella degli eventi di predazione (F=28,102 ; g.l.=1; P=0,001; R 2 =0,778; y=4,236 x 12,600) (Fig. 6.22). Fig Andamento numero capi predati in provincia di Imperia 120

122 Considerando i rimborsi erogati dalle province liguri per danni al bestiame da predazione, è risultato come solamente in provincia di Genova i danni siano stati rimborsati con continuità dal 2002 al 2008, mentre a Imperia le predazioni sono state compensate solo nel 2004, e dal 2008 in poi. In provincia di Savona e di Spezia non risultano né denunce ufficiali di danni, né rimborsi per tutto il periodo considerato. Per quanto riguarda i rimborsi complessivi erogati negli anni, l analisi di regressione con stima di curve, ha mostrato un andamento di tipo quadratico, con una marcata tendenza alla diminuzione (F=10,666; g.l.=2; P=0,007; R 2 =0,753; y=7965,413x 2-563,997x ,842) (Fig. 6.23). Fig Andamento dei rimborsi erogati in totale 121

123 Il confronto, condotto tramite l analisi della varianza a un fattore di classificazione (one way ANOVA), tra i pascoli dove è avvenuto l evento predazione (presenza) e un numero pari di pascoli scelti casualmente tra gli altri campionati per lo studio (controllo), ha individuato differenze statisticamente significative tra i valori medi percentuali di alcune variabili ambientali: distanza dal segno di presenza di lupo più vicino e percentuale di prato-pascoli. La variabile relativa al punto lupo più vicino è rappresentata maggiormente nei pascoli di controllo mentre la variabile pratopascoli risulta più rappresentativa nei pascoli di presenza (Tab. 6.3). Tab. 6.3 Valori medi (ES) delle variabili ambientali con differenze significative tra Pascoli di presenza e Pascoli di controllo (one way ANOVA) Variabile Controllo (n=69) Presenza (n=69) F P Distanza lupo 2033,11 (2257,78) 681,89 (1324,03) 6,396 0,015 Prato pascoli 5,58 (6,41) 13,83 (16,52) 5,195 0,

124 L Analisi di Regressione Logistica (ARL), condotta con tutte le variabili ambientali con il metodo forward stepwise, ha permesso di formulare un modello predittivo del rischio di predazione del lupo. Nel modello sono entrate le variabili relative all esposizione, pendenza, distanza dal punto lupo più vicino e rocce, influendo negativamente sul rischio di predazione; l indice di forma, l area, la distanza dal corso d acqua più vicino, la distanza dal pascolo più vicino, la percentuale di bosco misto, di bosco di latifoglie e i prato pascoli influiscono positivamente. Il modello ha classificato correttamente l 85,05% dei casi totali originari: l 84,3% di quelli di presenza e l 85,8% di quelli di controllo (Tab. 6.4). Tab. 6.4 Risultati dell Analisi di Regressione Logistica per la presenza/assenza del lupo Variabili Ambientali B (ES) P Exp (B) Indice di forma 13,981 (6,938) 0, ,124 Area 0,001 (0,001) 0,044 1,000 Esposizione -0,951 (0,529) 0,045 0,386 Pendenza -0,681 (0,297) 0,072 0,506 Distanza da corsi d acqua 0,001 (0,001) 0,022 1,001 Distanza dai pascoli 0,001 (0,001) 0,036 1,003 Distanza lupo -0,002 (0,001) 0,093 0,998 Bosco misto 0,164 (0,0743) 0,029 1,179 Bosco latifoglie 0,129 (0,059) 0,027 1,138 Rocce -0,901 (0,461) 0,030 0,406 Prato-pascoli 0,407 (0,175) 0,051 1,503 Costante -0,1463 (3,715) -2 Log Verosimiglianza 66,542 R2 di Nagelkerke 0,655 Chi quadrato g.l. P Miglioramento 7,717 1 < 0,0001 Modello 34, <0,

125 Dall analisi effettuata mediante la curva ROC è risultata un elevata capacità predittiva del modello; infatti, la curva della sensibilità verso il reciproco della specificità sottende un area di 0,944, con un errore standard di 0,029, significativamente diversa (P < 0,0001) da quella riferibile a un modello che classifica casualmente (Fig. 6.24). Fig Grafico della curva ROC del modello di regressione logistica formulato per la presenza del lupo (in blu la curva di un modello di riferimento che classifica casualmente) 124

126 Le analisi effettuate mediante il calcolo dell AICc e l inferenza multi-modello hanno fornito modelli di regressione logistica. Il calcolo dell AICc ha permesso di individuare i 3 modelli migliori, con Δ AICc < 2. Nei tre modelli è risultata significativa la variabile relativa alla percentuale di bosco misto (Tab. 6.5). Tab. 6.5 Caratteristiche dei 3 modelli predittivi migliori del rischio di predazione sul pascolo da parte del lupo in Liguria (secondo il criterio di informazione di Akaike AICc e secondo il fattore wi) Mod. Variabili Significative R 2 2 Log likelihood AICc Δ AICc wi % di Classificazioni corrette Area sottesa dalla curva ROC 0 1 tot. (SE) I Bosco latifoglie; Bosco misto*; Prato-pascoli 0,217 66,54 61,00 0 0,23 80,8 74,6 82,7 0,790 (0,021) Bosco latifoglie; II Bosco misto*; 0,253 66,54 61,10 0,10 0,22 80,8 73,1 76,9 0,818 (0,012) Distanza lupo; Prato-pascoli III Bosco latifoglie; Bosco misto*; Distanza acque; Prato-pascoli 0,249 66,54 61,40 0,40 0,19 73,1 80,8 76,9 0,806 (0,019) * Variabili significative 125

127 La somma dei wi (Akaike weights) ha permesso di evidenziare l importanza delle variabili riguardanti la percentuale di bosco di latifoglie, bosco misto, prato-pascoli, distanza dal punto lupo più vicino e corso d acqua più vicino. Il valore di β è risultato positivo (anche se poco consistente) nella percentuale di bosco di latifoglie, bosco misto e prato pascoli. È, invece, risultato negativo l apporto della variabile relativa alla distanza dal punto lupo più vicino (Tab. 6.6). Tab. 6.6 Inferenza multi-modello e importanza relativa delle variabili ambientali per il rischio di predazione Variabili w β β SE Lim. Sup. Int. Conf. 95% β Lim. Sup. Int. Conf. 95% β Bosco latifoglie 0,74 0,041 0,001 0,040 0,042 Bosco misto 0,74 0,041 0,001 0,040 0,042 Prato pascoli 0,74 0,111 0,001 0,108 0,112 Distanza lupo 0,22-0,001 0,001-0,002 0 Distanza corsi d acqua 0,19 0,001 0, ,

128 La cross validation ha verificato l efficacia dei modelli nel predire la probabilità di rischio di predazione da parte del lupo: il confronto tra le probabilità previste dai modelli ed i casi di presenza reali, svolto utilizzando le correlazioni per ranghi di Spearman, effettuate tra i ranghi previsti dai modelli e i casi di presenza reale, sono risultate statisticamente significative (Tab. 6.7). Tab. 6.7 Risultati della cross validation effettuata sui 3 modelli predittivi migliori Modello e sottogruppo Rho di Spearman P Mod I_1 0,742 0,02 Mod I_2 0,881 < 0,0001 Mod II_1 0,823 < 0,0001 Mod II_2 0,901 < 0,0001 Mod III_1 0,876 < 0,0001 Mod III_2 0,899 < 0,0001 La relazione tra probabilità di predazione in classi e la frequenza media di casi positivi calcolata sui tre modelli migliori ha evidenziato un aumento dei casi positivi all aumentare della classe di probabilità (Fig. 6.25). Fig Relazione tra frequenza di casi di predazione osservati e rischio di predazione prevista (medie dei tre modelli migliori) 127

129 I tre modelli migliori sono stati utilizzati per classificare i pascoli campionati in Liguria. Il primo modello ha individuato 180 pascoli su 302 totali, predisposti alla predazione da parte del lupo (59,60%). I pascoli con maggiore rischio, in Liguria, si trovano in provincia di Genova, Imperia e La Spezia (Fig e 6.27). Fig Classi di rischio di predazione sui pascoli in Liguria secondo il modello 1 Fig Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 1 128

130 Il secondo modello ha individuato 171 pascoli predisposti alla predazione da parte del lupo (56,62%). Anche in questo modello le provincie più a idonee alla predazione sono Genova, Imperia e La Spezia (Fig e 6.29). Fig Classi di rischio di predazione sui pascoli in Liguria secondo il modello 2 Fig Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 2 129

131 L ultimo modello considerato ha individuato 179 pascoli predisposti alla predazione da parte del lupo (59,03%). La probabilità di predazione nell ultimo modello considerato è simile a quella presente negli altri modelli (Fig e 6.31). Fig Classi di rischio di predazione sui pascoli in Liguria secondo il modello 3 Fig Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 3 130

132 Infine è stato calcolato il rischio medio tra i tre modelli migliori, il modello di sintesi così ottenuto ha individuato 181 pascoli predisposti alla predazione da parte del lupo pari al 59,93% del totale. Le province in cui è maggiore la concentrazione di pascoli a rischio di predazione sono risultate Genova, La Spezia e Imperia (Fig e 6.33). Fig Classi di rischio di predazione sui pascoli in Liguria cumulando i 3 modelli Fig Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo cumulando i 3 modelli 131

133 PARTE VII SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI 132

134 METODI Sono stati individuati 11 pascoli sull intero territorio regionale dove sperimentare diversi sistemi per ridurre il rischio di predazione. Negli allevamenti selezionati, 5 in provincia di Genova, 2 ad Imperia, La Spezia e Savona, si stà verificando l efficacia di dissuasori audio-visivi e recinti elettrificati. Di seguito sono riportate schede tecniche relative ad ogni allevamento coinvolto nella sperimentazione. 133

135 SCHEDA: 1 PROVINCIA: IMPERIA; COMUNE: REZZO; LOCALITÀ: ALPE GRANDE; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: DONATI MAURA; SUPERFICIE: 142 ha; SPECIE ALLEVATA: BOVINI & OVICAPRINI; NUMERO DI CAPI: 180 BOVINI & 60 CAPRINI; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 5 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E RECINZIONE ELETTRIFICATA. 134

136 SCHEDA: 2 PROVINCIA: IMPERIA; COMUNE: MENDATICA ; LOCALITÀ: FRONTE ; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: RAVIOLO ; SUPERFICIE: 400 ha; SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI, EQUINI; NUMERO DI CAPI: 200 BOVINI, 150 OVINI, 25 EQUINI ; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 5 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E RECINZIONE ELETTRIFICATA. 135

137 SCHEDA: 3 PROVINCIA:LA SPEZIA; COMUNE: ROCCHETTA DI VARA; LOCALITÀ: CASONI; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: MENINI; SUPERFICIE: 5 ha; SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI E CAPRINI; NUMERO DI CAPI: 30 BOVINI E 2 OVINI E 6 CAPRINI; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. 136

138 SCHEDA: 4 PROVINCIA: LA SPEZIA; COMUNE: VARESE LIGURE; LOCALITÀ: CANAVIGGIOLO; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: PEZZI; SUPERFICIE: 4 e 70 ha; SPECIE ALLEVATA: OVINI E BOVINI; NUMERO DI CAPI: 20 OVINI E 9 BOVINI; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 9 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E RECINZIONE ELETTRIFICATA. 137

139 SCHEDA: 5 PROVINCIA: GENOVA; COMUNE: CASELLA; LOCALITÀ: SALVEGA; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: OTTONELLO; SUPERFICIE: 4 ha; SPECIE ALLEVATA: OVINI; NUMERO DI CAPI: 20 ; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. 138

140 SCHEDA: 6 PROVINCIA: GENOVA; COMUNE: SANTO STEFANO D AVETO; LOCALITÀ: AMBORZASCO; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: FOCACCI; SUPERFICIE: 7 ha; SPECIE ALLEVATA: BOVINI & EQUINI; NUMERO DI CAPI: 22; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. 139

141 SCHEDA: 7 PROVINCIA: GENOVA; COMUNE: TORRIGLIA; LOCALITÀ: PENSA; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: CRINITI; SUPERFICIE: 5 ha; SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI ED EQUINI; NUMERO DI CAPI: 11; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. 140

142 SCHEDA: 8 PROVINCIA: GENOVA; COMUNE: FASCIA; LOCALITÀ: CASSINGHENO; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: SPALLAROSSA; SUPERFICIE: 10 ha; SPECIE ALLEVATA: BOVINI E OVINI; NUMERO DI CAPI: 53; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. 141

143 SCHEDA: 9 PROVINCIA: GENOVA; COMUNE: BORZONASCA; LOCALITÀ: BELPIANO; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: SBARBORO; SUPERFICIE: 7 ha; SPECIE ALLEVATA: OVINI E BOVINI; NUMERO DI CAPI: 124; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. 142

144 SCHEDA: 10 PROVNCIA: SAVONA; COMUNE: STELLA VARAZZE; LOCALITÀ: MONTE BEIGUA; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: USAI; SUPERFICIE: 200 ha; SPECIE ALLEVATA: OVINI; NUMERO DI CAPI: 800; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: 2 RECINZIONI ELETTRIFICATE. 143

145 SCHEDA: 11 PROVINCIA: SAVONA; COMUNE: STELLA; LOCALITÀ: SANTA GIUSTINA; AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: MANZONE; SUPERFICIE: 2 ha; SPECIE ALLEVATA: OVINI; NUMERO DI CAPI: 30; TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA (NON ADOPERATA). 144

146 RISULTATI Non essendo ancora disponibili dati ufficiali relativi ai casi di predazione ed ai relativi rimborsi dell anno 2012 (anno di inizio sperimentazione preventiva), non è possibile eseguire una stima statistica del confronto con i dati pregressi e quindi stabilire se l esito sia stato positivo ed in quale misura. Si attendono tali dati per un confronto tra predazioni pre-post sperimentazione. Al momento possiamo sottolineare l apprezzamento dell iniziativa da parte degli allevatori che hanno partecipato alla sperimentazione, i quali hanno rilevato una diminuzione dei casi di predazione nell anno Quindi, un primo risultato positivo è già stato raggiunto. Il rapporto tra gli allevatori e le amministrazioni competenti non è più considerato dai primi come un limitazione, un controllo per proteggere solo il lupo, ma visti i benefici ottenuti, cominciano, seppur faticosamente, a considerare possibile la convivenza pacifica con il predatore, non più visto come un avversario da eliminare, ma come un elemento dell ambiente. Pertanto riteniamo importante e necessario che anche nelle fasi successive del Progetto, la sperimentazione prosegua e possa disporre di mezzi adeguati per aumentare il numero degli allevamenti coinvolti e per fornire stime statisticamente robuste dell efficacia dei diversi metodi preventivi applicati. 145

147 PARTE VIII CORSO DI FORMAZIONE PER OPERATORI DEL PROGETTO 146

148 Nell ambito del Progetto Il Lupo in Liguria è stato effettuato un corso di formazione teoricopratico, svoltosi in data 03/05/2012 presso l Ente Parco dell Antola (sede di Torriglia). Al corso hanno partecipato oltre 60 operatori appartenenti al personale di vigilanza delle Province (Polizie Provinciali di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), Corpo Forestale dello Stato, Guardie Ecologiche Volontarie (GEV), Veterinari delle ASL, personale dei Parchi, Associazioni di categoria come allevatori (APA, ARA) e cacciatori. Durante il corso sono stati trattati i seguenti argomenti: BIOLOGIA DELLA SPECIE (MILANESI P.): - Inquadramento tassonomico; - Caratteristiche morfologiche; - Habitat e Distribuzione; - Comportamento sociale e riproduttivo; - Comunicazione; - Ecologia Alimentare; - Importanza per la conservazione. METODOLOGIA - TECNICHE DI MONITORAGGIO (MILANESI P.): - Raccolta informazioni (attuali e storiche); - Rete transetti standardizzati; - Punti di marcatura; - Monitoraggio Genetico; - Foto trappole; - Verifica e registrazione predazioni; - Georeferenziazione dati; RISULTATI OTTENUTI NELL AMBITO DEL PROGETTO IL LUPO IN LIGURIA (MILANESI P.): - Stima distribuzione; - Uso e selezione Habitat; - Distribuzione Potenziale; - Impatto sulla zootecnia - Rischio Potenziale; - Analisi di Sopravvivenza Kaplan-Maier. 147

149 VERIFICA E REGISTRAZIONE PREDAZIONI (MINETTI E.): - La figura giuridica dell accertatore; - La posizione di alcune regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano; - La gestione del sopralluogo ; - Lo stress decisionale ; - L esame dell ambiente; - La raccolta degli elementi anatomo-patologici sulla carcassa; - Attrezzature e materiali utili e necessari per effettuare il rilievo; - Dinamica della predazione; - Come effettuare il rilievo, quali elementi raccogliere e con quale tempistica; - I predatori ed i commensali; - Ricostruzione del teatro della predazione; - Ferite intra-vitam e morsi post-mortem; - Valutazione intorno alle condizioni cliniche della preda; - I predatori presenti sul territorio la loro distribuzione le loro Abitudini; - La conduzione zootecnica e la predazione, comportamento delle mandrie e degli armenti sotto stress da predazione; - Esame della carcassa differenti ferite, differenti predatori? ; - Caratteristiche delle predazione effettuata da canidi: come evidenziare le differenze tra lupo e cane se possibile; - Le tracce, le impronte, i reperti rilevabili intorno ad una predazione; - Caratteristiche delle principali tipologie di predazione e varie casistiche. Per approfondire le tematiche trattate nel corso di formazione sono state successivamente condotte, da parte dei ricercatori del progetto Il Lupo in Liguria, escursioni didattiche rivolte al personale degli Enti interessati, durante le quali sono state applicate procedure standard relative a: - Registrazione dei segni di presenza di lupo e prede lungo transetti; - Verifica e registrazione degli eventi di predazione; - Compilazione delle schede di rilevamento. 148

150 CONCLUSIONE Per il monitoraggio dei grandi carnivori, e del lupo in particolare, è necessario uno schema di campionamento che permetta di ottenere dati rappresentativi della popolazione (inferenziali); con tali dati si definiscono i territori occupati, le loro caratteristiche e le zone di nuova colonizzazione, al fine di individuare le aree critiche per la conservazione della specie. Lo schema di monitoraggio utilizzato in questo studio (Tessellation Stratified Sampling) consiste in un metodo di campionamento misto stratificato e casuale, che permette di disporre di un sistema di transetti, per la localizzazione dei segni di presenza indiretti del lupo in modo ottimale, poiché copre nella migliore maniera possibile l area di studio. Ovviamente, la dimensione e il numero di celle e di transetti devono essere calibrati, da una parte, sui movimenti e le aree vitali individuali e dei branchi e, dall altra, sulla disponibilità di personale esperto da destinare all attività di monitoraggio. La dimensione delle celle scelta (100 km 2 ) può essere considerata un buon compromesso tra queste due necessità, per arrivare a una copertura completa di un territorio regionale delle dimensioni di quello ligure. Infatti, l area vitale del lupo in Italia è stimata tra 75 e 300 km 2 (Boitani & Ciucci, 1998) e si può considerare che con un percorso di lunghezza minima di 2 km ogni 100 km 2 vi siano elevate probabilità di contattare il lupo, se presente nell area. Inoltre, questo disegno di campionamento, ripetuto nelle stagioni e negli anni, permette di individuare le nuove aree di presenza della specie e di verificare le previsioni dei modelli predittivi. Ovviamente tale validazione non sarebbe possibile con un campionamento di tipo intensivo - opportunistico incentrato sulle aree dove è massima la probabilità di rinvenire segni di presenza del lupo. Il monitoraggio del lupo si basa sulla raccolta di segni di presenza indiretti in ragione della scarsa contattabilità della specie, dovuta alle abitudini notturne, alla spiccata tendenza ad evitare l uomo e alle basse densità di popolazione, tutti fattori che rendono molto difficile e improbabile un osservazione diretta. Il monitoraggio basato sulla raccolta dei segni di presenza presenta alcuni limiti: ad esempio, non è possibile mettere in relazione l uso dell habitat con i tipi di attività come avviene negli studi che utilizzano il radio-tracking (Weber & Meia, 1996). Inoltre, i risultati possono risentire della contattabilità dei segni di presenza nei diversi habitat. Ad ogni modo, il metodo presenta anche indubbi vantaggi: primo fra tutti, questa tecnica di raccolta dati non implica la manipolazione o il disturbo della specie, inoltre permette di indagare aree molto vaste e di localizzare i segni trovati in maniera molto precisa, infine, se il campionamento è predisposto correttamente, il metodo permette di raccogliere dati rappresentativi di tutta la popolazione indagata 149

151 e non risente della variabilità individuale come gli studi di radio-tracking condotti su un campione insufficiente d individui (Cagnacci et al., 2004). I dati raccolti durante il campionamento e le analisi effettuate indicano che la presenza del lupo in Liguria è stabile e non ha carattere transitorio. Le caratteristiche ambientali (ampia disponibilità di prede, basso disturbo antropico ed estesa copertura forestale) hanno favorito la presenza stabile del lupo in questi territori. Le analisi spaziali hanno fornito indicazioni sulla composizione della popolazione della regione per branchi e sulla loro distribuzione. Date le informazioni disponibili per l Italia, il territorio occupato da un branco di lupi può oscillare tra i 75 e i 300 km 2, con valori per l Appennino compresi tra i 120 e i 200 km 2 (Boitani & Ciucci, 1998; Gilio et al., 2004). Questi dati bibliografici e le conoscenze acquisite durante gli anni di monitoraggio del progetto regionale (Meriggi & Milanesi, 2008; 2009), supportano l ipotesi della presenza di diversi branchi sul territorio ligure. Le Kernel Analysis condotte hanno mostrato la presenza di quattro core areas: la prima situata in provincia di Imperia, la seconda nella zona occidentale della provincia di Savona, la terza nell area del Parco del Beigua e l ultima situata per la maggior parte nella provincia di Genova e in misura minore nella provincia di La Spezia, nel territorio dei Parchi dell Antola e dell Aveto. Queste aree corrispondono probabilmente alle aree di maggior frequentazione dei branchi presenti. Per quanto riguarda il branco savonese, è probabile che esso frequenti un area ben più ampia di quella individuata che comprende il territorio piemontese della provincia di Cuneo. Tutti gli areali, comunque, sembrano interessare porzioni di territorio oltre i confini della Liguria, in particolare a ovest in Francia e Piemonte, nella parte centrale in Piemonte ed Emilia e ad est in Toscana. Le analisi di campioni biologici freschi hanno consentito di individuare e confermare la presenza di branchi stabili sul territorio regionale. Il maggior numero di genotipi di lupo è stato identificato in 6 aree, in 5 delle quali sono stati rilevati rapporti di parentela tra gli individui che compongono i branchi. Questi risultati rappresentano la prima stima, su base genetica, del numero di branchi presenti sul territorio ligure. Inoltre, questi esiti mettono in evidenza come il monitoraggio sistematico condotto con uno schema di campionamento robusto unito alle tecniche di genetica molecolare (analisi del DNA) possa fornire informazioni fondamentali allo studio di specie elusive, altrimenti non verificabili. Nonostante l areale di distribuzione della specie riguardi l intero territorio regionale da est ad ovest la distribuzione dei branchi è risultata discontinua. Tale situazione è probabilmente il risultato di una diversa disponibilità di prede, della frammentazione degli habitat e della persecuzione da parte del uomo, ben documentata proprio nell unica area in cui non si sono riscontrate parentele tra gli individui che compongo un branco, ovvero la val d Aveto (Caniglia et al., 2010). Queste considerazioni necessitano di approfondimenti e di monitorare 150

152 l evoluzione dei branchi, intesa sia come numero che come superficie da loro occupata. Inoltre, la genotipizzazione dei singoli, come finora effettuato, fornirà ulteriori dati per quanto riguarda la dinamica di popolazione ed il relativo turn-over sul territorio ligure. La tecnica del foto-trappolaggio è uno strumento di recente impiego nelle indagini faunistiche, che ha ottenuto un buon riscontro positivo, soprattutto nello studio di specie elusive. Il metodo ha fornito una notevole mole di dati con un relativo impegno di risorse e ha permesso di ottimizzare e ampliare notevolmente la quantità e la qualità di informazioni ricavabili tramite le altre tecniche di monitoraggio utilizzate usualmente per la specie. Tale metodo ha, infatti, reso possibile ottenere, con un elevato grado di attendibilità, informazioni come il numero dei componenti dei branchi, discriminando anche i singoli individui, oltre che osservare il comportamento in aree e contesti particolari, come i siti di marcatura o in quelli di predazione e alimentazione, altrimenti difficilmente documentabili con altre tecniche di monitoraggio (Caniglia et al., 2009). Dai dati ottenuti risulta che il successo di foto-trappolaggio è strettamente legato alla stagionalità e alle fasce orarie. Si è registrata, infatti, una minor frequenza di eventi durante i mesi estivi rispetto a quelli primaverili, autunnali e soprattutto invernali e una maggiore frequenza durante le ore serali e notturne. Questa distribuzione oraria di eventi è in accordo con gli studi di Petrizzelli et al (2011) che hanno riscontrato il 65% delle riprese nella fascia notturna, il 30% nella fascia crepuscolare e solo il 5% delle riprese durante il giorno. Questa tendenza può essere spiegata con il maggiore disturbo antropico nelle zone frequentate dal lupo durante la bella stagione, che spinge il predatore a ridurre gli spostamenti sui sentieri abitualmente utilizzati dall uomo (dove sono posizionate le fototrappole) e a concentrarli maggiormente nelle ore notturne. Il più elevato numero di riprese durante la fascia oraria (sera) e (notte) è riscontrabile in tutti i periodi dell anno e ascrivibile alle abitudini prettamente notturne del lupo. Il successo maggiore è stato rilevato nelle sessioni su carnaio e in quelle spot, mentre le sessioni continue hanno raccolto il numero maggiore di eventi. Questi risultati permettono di costatare come sia più efficace effettuare sessioni brevi e distribuite in diverse zone dell area di studio, piuttosto che sessioni più durature con foto-trappole fisse in un unico sito. Le differenze nel successo di foto-trappolaggio e nel numero di individui fotografati tra le diverse province sono anch esse ascrivibili al diverso tipo di sessione adottato, e non sono quindi indice di una diversa distribuzione della specie tra le stesse. Allo stesso modo, le differenze nel successo tra i vari ambienti non sono dovute alla maggiore presenza del lupo in un determinato ambiente rispetto a un altro, bensì al posizionamento di più foto-trappole in ambiente di faggeta e di prato-pascolo rispetto al bosco misto e ai coltivi. Nella provincia di Genova è stato raggiunto il numero minimo di giorni di campionamento per avere una stima del numero d individui che 151

153 compongono il branco. Infatti, dalle curve di regressione si deduce che il numero d individui riconosciuti non aumenta dopo circa 200 giorni. L attività di foto-trappolaggio ha inoltre permesso di accertare l attività riproduttiva di alcuni nuclei di lupi. Ad esempio in provincia di Genova, nel Parco dell Antola, una femmina si è riprodotta negli anni 2009 e 2010 e le immagini la mostrano assieme a 3 giovani nel 2009 e a 2 giovani nell anno successivo. È da notare che la stessa femmina appariva zoppicante in entrambi gli anni. Sono state registrate immagini anche di un altra femmina nella provincia di Imperia in evidente stato di gravidanza. È anche stato possibile valutare la consistenza delle popolazioni di lupo presenti nel territorio interessato dallo studio, oltre che la loro struttura, sebbene la stima abbia avuto un margine d errore piuttosto ampio, derivante dal numero ridotto di branchi per i quali è stato possibile accertare il numero di componenti (precisione statistica). I valori di densità e di distribuzione ottenuti dal monitoraggio e dai dati delle fototrappole, oltre alla stima del numero di branchi presenti nell area di studio, sono direttamente confrontabili con quelli ottenuti dalle analisi genetiche di campioni fecali freschi. L integrazione del metodo del foto-trappolaggio con altre tecniche di monitoraggio non invasive risulta fondamentale per ottenere dati che permettano una buona conoscenza della specie in esame e la messa a punto di programmi per un efficace gestione della fauna selvatica. In questo studio il campionamento è stato di tipo opportunistico, cioè la scelta dei siti di campionamento è stata fatta considerando le aree dove la presenza del lupo era stata accertata con altri metodi di monitoraggio. Nel caso delle sessioni su carnaio le carcasse non sono state posizionate appositamente di fronte alla foto-trappola, ma sono stati sfruttati animali morti naturalmente e predati proprio dal lupo, così che il successo di foto-trappolaggio risultasse più elevato e fossero ripresi più individui, anche contemporaneamente. Questo ha consentito di ottenere risultati sulla struttura delle popolazioni, sul numero degli individui presenti e sulla loro distribuzione per classi di sesso e di età, in modo più efficace rispetto al campionamento casuale, che può fornire indicazioni riguardanti la presenza o l assenza della specie in esame, e i suoi rapporti con l ambiente. Nella prossima fase del progetto si intende standardizzare anche il monitoraggio mediante foto-trappole, per ottenere più informazioni possibili nell intero territorio regionale. Le analisi della selezione dell habitat hanno mostrato come il lupo utilizzi principalmente le altitudini intermedie, comprese tra gli 800 e i 2000 m s.l.m.; questi risultati sono in accordo con altri studi svolti in Europa (Glenz et al., 2001; Jedrzejewski et al., 2005) e in Italia (Ciucci et al., 1997). Questa preferenza altitudinale è legata probabilmente alla presenza di boschi montani misti e di latifoglie, che rappresentano gli ambienti più idonei per la collocazione delle tane e dei siti di rendez-vouse che rappresentano anche gli habitat d elezione delle principali prede selvatiche, in 152

154 particolare del cinghiale e del capriolo (Massolo & Meriggi, 1998; Theuerkauf et al., 2003; Meriggi et al., 2011; Milanesi et al., 2012). Oltre ai boschi montani, un altra categoria di uso del suolo selezionata positivamente è costituita dai prato-pascoli, anch essi largamente disponibili sia ad altitudini intermedie, sia nelle zone di crinale, usati, dalla primavera all autunno per il pascolo del bestiame brado. Le altitudini inferiori agli 800 m s.l.m. sono state generalmente sottoutilizzate dal lupo e ciò è dovuto alla forte pressione antropica presente; le aree urbanizzate e quelle coltivate sono, infatti, le categorie di uso del suolo evitate e tendenzialmente ricadono proprio nelle fasce altitudinali inferiori. Questi risultati concordano con quelli di altri studi condotti in America Settentrionale (Mech, 1970; Mladenoff et al., 1999) e in Europa (Cayuela, 2004; Jedrzejewski et al., 2008). Per quanto riguarda le esposizioni, quella nulla risulta quasi ad ogni livello di analisi sottoutilizzata rispetto alla sua disponibilità. Le pendenze superiori al 50% sono generalmente sottoutilizzate, non costituiscono infatti ambienti adatti alle abitudini del lupo, che utilizza pendenze più dolci frequentate abitualmente dalle specie preda di ungulati. La distribuzione del lupo può essere influenzata dalle variabili ambientali in modo localmente specifico. Dalle analisi di correlazione sono risultate relazioni dirette tra la distribuzione del predatore e le fasce altitudinali, la pendenza e alcune categorie di uso del suolo. In particolare, l abbondanza del lupo è influenzata negativamente dalle altitudini inferiori agli 800 m s.l.m., dalle pendenze inferiori al 10%, dai corsi d acqua e bacini idrici, da aree coltivate e da quelle urbanizzate. Al contrario, l abbondanza del predatore sembra essere influenzata positivamente dalle classi altitudinali intermedie e maggiori, dalle pendenze intermedie, comprese tra il 30-50%, dai prato-pascoli e dalle formazioni rocciose. Tra le classi altitudinali, quelle comprese tra 800 e 1600 m s.l.m. sembrano influenzare maggiormente l abbondanza del lupo. In genere, le caratteristiche ambientali che possono influenzarne la presenza sono le stesse che influenzano la presenza delle principali specie preda (Mattioli et al., 1995). Le analisi di correlazione non hanno evidenziato relazioni significative tra l abbondanza del predatore e quella delle prede, probabilmente perché queste ultime sono uniformemente distribuite negli habitat frequentati dal lupo, in particolare cinghiale e capriolo. Le uniche specie preda la cui abbondanza sembra aver influito occasionalmente su quella del lupo sono state il muflone ed il camoscio. Il primo è presente limitatamente in un area ristretta della provincia di Savona al confine con la provincia di Cuneo, il secondo, seppur con densità maggiori, è presente nella sola provincia di Imperia; in entrambi i casi, la correlazione è risultata per la stagione primaverile, periodo dell anno in cui è più probabile che individui singoli entrino nella fase di dispersione e che si allontanino dalle aree di maggior frequentazione dei branchi. L identificazione 153

155 dei fattori ambientali responsabili della distribuzione del lupo permette di individuare le aree più idonee e quelle più critiche per la sua conservazione. I modelli predittivi formulati per la specie con i dati raccolti durante l anno di monitoraggio hanno mostrato complessivamente una buona efficacia, che deve comunque essere confermata con nuovi dati distributivi. Il mantenimento di una comunità diversificata di ungulati selvatici è un fattore fondamentale per la riduzione del conflitto con le attività zootecniche, che sono largamente distribuite sul territorio dell entroterra ligure. L ambiente appenninico e alpino della Liguria è caratterizzato dalla presenza di comunità di ungulati selvatici in espansione, grazie ad immissioni per scopi venatori, non sempre legali e controllate, a reintroduzioni effettuate da vari enti ed alla naturale espansione e ricolonizzazione degli areali storici e degli habitat idonei cui tendono queste specie. La notevole copertura forestale della regione e il basso disturbo antropico presente nell entroterra ligure hanno favorito questa espansione e lo stanziamento di queste specie. Pertanto la Liguria rappresenta un territorio idoneo per l espansione delle popolazioni di lupo, anche se la possibilità per gli individui giovani in dispersione di stabilizzarsi e di riprodursi formando branchi stabili potrebbe essere limitata dalla conformazione geomorfologica del territorio stesso. Tuttavia, questa conformazione è anche la caratteristica fondamentale che lo rende un vero e proprio corridoio ecologico e che permette alla specie di muoversi verso le catene montuose piemontesi favorendo la ricolonizzazione dell arco alpino. Da questo punto di vista l Appennino ligure rappresenta un area chiave per la conservazione del lupo in Italia, permettendo alla popolazione appenninica di uscire dall attuale condizione d isolamento, ricolonizzare l arco alpino e congiungersi con la popolazione balcanica. Di fatto questo processo è già in atto come dimostrano le analisi genetiche, che hanno individuato diversi individui che dall Appennino tosco-emiliano si sono spostati in Liguria. I modelli formulati seguendo un disegno di presenza - uso disponibilità sono basati sull assunto di certezza della presenza, poiché l assenza data dal monitoraggio non è sempre sicura; quindi la presenza viene confrontata con la disponibilità del territorio. Il modello logistico, formulato considerando le sole variabili ambientali, spiega buona parte della presenza del lupo nelle UC della Liguria (76,7%) e classifica più della metà delle UC come idonee alla sua presenza (51,7%). Il modello formulato tramite l Analisi della Massima Entropia classifica come idonea alla presenza del lupo una porzione del territorio ligure molto bassa (3,3%). In questo modello le variabili ambientali con un peso positivo maggiore sono risultate essere le altitudini intermedie, le pendenze intermedie, l esposizione nord e la presenza di prato-pascoli; quelle individuate dal modello con influenza negativa sono risultate essere le altitudini più basse, le aree urbanizzate e quelle coltivate. Questo modello, pur risultando statisticamente significativo, risulta 154

156 molto limitato: la proporzione di territorio idoneo prevista è molto inferiore rispetto a quella attualmente frequentata dal lupo stimata dalle Kernel Analysis. Il modello dell Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica ha classificato una buona porzione del territorio come idoneo (49,02%). Le variabili ambientali previste da questo modello che influiscono maggiormente in modo positivo sul valore di marginalità globale sono le altitudini comprese tra 800 e 1600 m s.l.m., le pendenze intermedie, i prato-pascoli e i boschi di latifoglie. Quelle invece che influiscono maggiormente in modo negativo sono le altitudini comprese tra 0 e 800 m s.l.m., le aree urbanizzate e quelle coltivate. Il modello logistico, formulato seguendo un disegno di presenzaassenza e considerando l abbondanza di ungulati selvatici e domestici, ha evidenziato una leggera dipendenza della presenza del lupo dalla densità del bestiame e dall altitudine intermedia. Questo modello ha spiegato una discreta porzione del dato di presenza del lupo (57,1%) e ha classificato come idonee alla presenza buona parte delle UC (43,1%). I modelli predittivi forniscono indicazioni sulle aree potenziali di presenza, che corrispondono a quelle aree in cui sarebbe auspicabile un buon livello di tutela della specie. Questa potrebbe essere aumentata notevolmente se, ad esempio, venisse vietata l attività venatoria in queste aree; è importante sottolineare che nell Appennino la principale causa di morte dei lupi è rappresentata dalla caccia al cinghiale. A livello mondiale ed europeo i grandi carnivori sono protetti da leggi nazionali e convenzioni internazionali, come la Convenzione di Berna (19 settembre 1979), sulla conservazione della flora e della fauna selvatica europea e dei suoi habitat naturali, e la Direttiva Habitat (92/43/EEC, 22 luglio 1992) che si propone di assicurare la biodiversità proteggendo le specie e i loro habitat. Le aree protette della Rete Natura 2000 presenti in Liguria non mostrano un buon livello di protezione, poiché SIC e ZPS, che rappresentano la maggior parte delle Aree Protette, presentano vincoli per le attività venatorie molto blandi. Per garantire il mantenimento di popolazioni vitali di lupo sarebbero quindi necessarie Aree Protette soggette a severa regolamentazione del prelievo venatorio, ben distribuite sul territorio, soprattutto in aree strategiche, come le zone di crinale, al fine di evitare l alto livello di disturbo causato dalla caccia. Oltre ai rischi rappresentati dalle attività venatorie, un fattore di rischio importante è rappresentato dalla predazione sugli ungulati domestici, che provocano un atteggiamento ostile dell uomo nei confronti della specie e che può provocarne uccisioni illegali. Poiché un ecosistema con un elevata produttività offre la possibilità di una convivenza pacifica tra la presenza di predatori, l attività venatoria e l attività zootecnica, sarebbe auspicabile una tutela rigorosa delle Aree Protette, in modo da salvaguardare la biodiversità presente sul territorio ligure. La presenza del carnivoro può causare un aumento del conflitto con l uomo ed i suoi interessi economici e la relazione tra predazione sul 155

157 bestiame, variabili ambientali ed il comportamento dei predatori può rendere difficile individuare i principali fattori che favoriscono l attacco alle greggi. In Liguria, i dati rilevati durante il censimento degli allevamenti, raccolti dai ricercatori di campo, quelli forniti dagli enti pubblici (ASL) e dalle associazioni di categoria(apa, ARA), rivelano che la provincia con il maggior numero di allevamenti di bovini è quella di Genova seguita da La Spezia, Savona, ed infine Imperia dove il numero di allevamenti è notevolmente inferiore; una situazione simile si rileva per gli ovicaprini, dove la provincia di Genova è seguita da Savona, La Spezia ed infine Imperia. Tra le specie allevate gli allevamenti di ovi-caprini risultano notevolmente maggiori rispetto a quelli bovini in tutte le provincie. L orientamento produttivo prevalente degli allevamenti di bovini è stato quello da carne a Imperia, Savona e La Spezia, mentre a Genova è stata registrata una maggiore diversificazione degli orientamenti produttivi ovvero misto, per riproduzione, ingrasso e latte. In tutte le province, gli allevamenti che adottano la linea vacca-vitello sono stati un esigua minoranza, ad eccezione di La Spezia; mentre l orientamento produttivo principale degli allevamenti di ovi-caprini è stato quello misto, ad eccezione di Imperia, gli altri tipi (carne, lana, latte, autoconsumo) sono risultati scarsamente rappresentati e approssimativamente equivalenti nelle quattro province. Per quanto riguarda le modalità di conduzione, la maggior parte degli allevamenti di ovi-caprini a sono risultati allo stato brado con conseguenze sul rischio di predazione. L Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM) ha rilevato differenze significative nella dimensione media dei pascoli e nelle specie allevate tra province. I dati forniti dalle ASL delle quattro provincie in merito ai casi di predazione, avvenuti dal 2002 al 2011,interessano tre principali aree del territorio regionale, ovvero quella del Parco Regionale del Monte Antola, quella del Parco Regionale dell Aveto e quella coincidente con la provincia di Imperia. In queste zone l andamento degli eventi di predazione è stato significativamente differente con tendenze all aumento negli ultimi due anni ( ) per la zona dell Aveto e di Imperia mentre per la zona dell Antola si segnala un calo rispetto al Analogamente, andamenti simili sono stati registrati per il numero di capi predati. Le predazioni sono state soprattutto a carico di vitelli nella zona del Parco dell Antola, mentre, nella zona del Parco dell Aveto e nella provincia di Imperia, il fenomeno ha interessato principalmente pecore e capre, con differenze significative negli eventi di predazione e nel numero di capi predati. L Analisi Multifattoriale della Varianza ha messo in evidenza alcune differenze significative tra gli anni, le specie predate, l interazione tra le zone e gli anni. Considerando l andamento mensile delle predazioni, è emerso che tutti i mesi dell anno sono stati interessati da eventi nella zona dell Aveto 156

158 e dell Antola, mentre in quella di Imperia le predazioni anno interessato il periodo tra maggio e aprile. Esaminando l andamento mensile degli eventi e dei capi predati per specie, è risultato evidente come le predazioni sui vitelli siano avvenute in anticipo nella stagione di pascolo rispetto a quelle sulle pecore, mentre per le capre si può notare come ci siano eventi e capi predati durante tutto l anno, con un picco in settembre. Considerando i rimborsi erogati dalle province liguri per danni da predazione al bestiame, l analisi di regressione con stima di curve, ha mostrato una marcata tendenza alla diminuzione dei rimborsi complessivi erogati negli anni; questo risultato conferma le previsioni formulate dall analisi simulata nel 2009, tenendo conto dei dati dei rimborsi dal 2002 al 2009 (Meriggi e Milanesi, 2009). La differenza tra risultato predetto e risultato osservato per il 2010 è stato di circa 2 euro, a significare quanto sia efficace la capacità predittiva dell analisi. Il confronto, condotto tramite l analisi della varianza ad un fattore di classificazione, tra i pascoli dove si è verificato almeno un evento di predazione ed un numero pari di pascoli scelti casualmente, ha individuato differenze statisticamente significative tra i valori medi percentuali di alcune variabili: la distanza dal segno di presenza di lupo più vicino e la percentuale di prato-pascoli. Dal punto di vista delle preferenze ambientali il lupo è scarsamente influenzato da caratteristiche specifiche che non siano la disponibilità di prede. L uso dell habitat dipende quindi in larga parte dal tipo di preda o risorsa alimentare di cui si nutre in prevalenza; se si fa eccezione per i siti di riproduzione e di ritrovo, il lupo frequenta gli stessi ambienti frequentati dalle sue prede. La selezione verso una determinata preda è influenzata da diversi fattori, tra i quali la sovrapposizione dell habitat della preda e del predatore, il grado di accessibilità della preda, il rischio del predatore di essere ferito, il tasso d incontro e la probabilità di successo. In generale la selezione dovrebbe indirizzarsi verso quelle specie che vivono in gruppi ed in spazi relativamente aperti rispetto alle specie solitarie e che vivono in luoghi chiusi. Il modello formulato con l Analisi di Regressione Logistica Binaria, utilizzando la procedura forward stepwise, possiede una buona capacità predittiva della presenza del lupo, dimostrata dalla percentuale di casi classificati correttamente e dalla curva ROC; tuttavia la formulazione dei modelli con i set di variabili non correlate ed il rispettivo calcolo dell AICc e del wi hanno evidenziato la presenza di altri modelli con maggior potere predittivo. In Liguria, in base al modello complessivo, sono risultati potenzialmente esposti a predazione, da parte del lupo, il 59,93% dei pascoli, totali. I dati disponibili sull alimentazione del lupo (Meriggi e Lovari, 1996; Meriggi e Milanesi, 2009), indicano che, laddove sono presenti cospicue popolazioni di ungulati selvatici, l alimentazione è poco dipendente dal bestiame, proprio in quanto questo 157

159 animale tende ad assumere il ruolo di predatore specializzato nella cattura di grandi erbivori selvatici. La predazione sul bestiame allevato allo stato brado ha costituito e costituisce ancora oggi uno dei principali problemi di conservazione dei grandi carnivori. Secondo Meriggi e Milanesi (2009), il territorio ligure fino ai primi anni Ottanta non era frequentato da grandi predatori, di conseguenza i pastori non esercitavano alcun controllo sul bestiame ed hanno perso l abitudine alla secolare convivenza con il predatore, tralasciando così anche tutte le forme di prevenzione nei confronti dei loro animali. In Liguria spesso viene utilizzato spesso il pascolo allo stato brado, che ovviamente è più rischioso per il bestiame che risulta più vulnerabile agli attacchi di lupo (Meriggi e Milanesi, 2009). Questo predatore vede negli ungulati domestici una valida alternativa agli animali selvatici, in quanto più facili da catturare, disponibili spesso in gran numero ed ad alta densità. Esistono diversi metodi di gestione del bestiame e diverse tecniche di prevenzione, tuttavia non esiste un sistema infallibile ed assoluto che elimini del tutto l eventuale rischio di predazione (Meriggi e Milanesi, 2009). Benché il bestiame sia poco importante nella dieta del lupo in Liguria (Meriggi et al., 2009), un miglioramento della gestione delle mandrie (ricovero degli animali di notte e nelle giornate di nebbia e sorveglianza ad opera dei pastori o cani da guardia), anche in quest area, potrebbe ridurre ancor più i danni e ridurre i conflitti tra presenza del lupo e attività zootecniche. Per queste ragioni, la sperimentazione di strumenti preventivi anti-predatori, iniziata quest anno nell ambito del Progetto, è un primo passo verso la riduzione del conflitto lupo-zootecnia, che permetterà di stabilire l efficacia dei diversi metodi adottati nelle diverse situazioni. Per tale verifica è opportuno ribadire che la standardizzazione del sistema denuncia controllo rimborso da parte delle province e degli organismi competenti (A.S.L., Polizia Provinciale, Corpo Forestale dello Stato, ecc.), in termini di velocità ed efficienza, è in grado di evitare il protrarsi di ostilità con gli allevatori, evitando così fenomeni di persecuzione nei confronti della specie. Quindi è necessario che ogni caso di possibile predazione sia tempestivamente denunciato e controllato da esperti che siano in grado, dalle modalità di attacco, uccisione e consumazione delle prede, di attribuire la predazione. Perché questo avvenga è opportuno che i servizi veterinari ai quali solitamente si rivolge l allevatore, siano sensibilizzati in modo che inoltrino la segnalazione del danno all amministrazione competente e si possa organizzare un sopralluogo congiunto da parte di veterinario, personale di vigilanza dell amministrazione provinciale territorialmente competente e un ricercatore del Progetto Il Lupo in Liguria esperto in materia. 158

160 La procedura dovrebbe essere attivata seguendo il seguente passaggio d informazioni: A tale scopo è stato tenuto nel maggio 2012, a Torriglia presso la sede dell Ente Parco dell Antola, un incontro atto a coinvolgere, informare e formare il personale di vigilanza delle Province (Polizie Provinciali di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), Corpo Forestale dello Stato, Guardie Ecologiche Volontarie (GEV), Veterinari delle ASL, personale dei Parchi, Associazioni di categoria come allevatori (APA, ARA) e cacciatori. Tale corso ha permesso di stringere e migliorare i rapporti lavorativi con il personale delle varie Amministrazioni presenti sul territorio regionale. Conseguenza positiva dell incontro è stato il miglioramento della procedura e della tempistica di sopralluogo congiunto in casi di predazione. Per migliorare sempre più le conoscenze dei vari operatori e favorire ulteriormente lo scambio di informazioni in merito alle diverse tematiche affrontate, è opportuno proseguire, nelle fasi successive, con i corsi di formazione e le uscite didattiche, ricordando che lo scopo del progetto è quello di favorire la coesistenza tra le popolazioni di grandi carnivori e le attività antropiche, obiettivo raggiungibile solo con la collaborazione di tutti gli Enti interessati dalla presenza del predatore, presenti sul territorio regionale. 159

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