STATUS ED ECOLOGIA DEL LUPO IN LIGURIA DICEMBRE 2013 DAL MONITORAGGIO ALLA GESTIONE DEI CONFLITTI

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1 DICEMBRE 2013 STATUS ED ECOLOGIA DEL LUPO IN LIGURIA DAL MONITORAGGIO ALLA GESTIONE DEI CONFLITTI Regione Liguria Parco Naturale Regionale dell Antola Dipartimento di Scienze dell Ambiente e della Terra (D.S.T.A.) Università di Pavia Laboratorio di Genetica Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale(I.S.P.R.A.) Co-Finanziato con Fondi POR nell ambito del progetto Il Lupo in Liguria 1

2 2 DICEMBRE 2013

3 Regione Liguria Parco Naturale Regionale dell Antola Dipartimento di Scienze della Terra e dell Ambiente Università degli Studi di Pavia Laboratorio di Genetica - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale Status ed ecologia del lupo in Liguria Dal monitoraggio alla gestione dei conflitti Olio su tela di Emilia Salvini DICEMBRE

4 A CURA DI ALBERTO MERIGGI* 1 PIETRO MILANESI 2 MATTEO SERAFINI 2 ELISA TORRETTA 1 CAMILLE IMBERT 4 ROMOLO CANIGLIA 3 ELENA FABBRI 3 ETTORE RANDI 3 LAURA SCHENONE 2 DÉSIRÉE SIGNORELLI 2 FELICE PUOPOLO 1 MAGDA ZANZOTTERA 1 MICHELA MAGLIANO 1 * SUPERVISIONE SCIENTIFICA 1 DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA E DELL AMBIENTE (DI.S.T.A.) UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA 2 PARCO NATURALE REGIONALE DELL ANTOLA 3 LABORATORIO DI GENETICA ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE (I.S.P.R.A.) 4 UNIVERISTÀ DI MONTPELLIER (FRANCIA) 4

5 INDICE PREMESSA 4 PARTE I DISTRIBUZIONE STORICA DEL LUPO IN LIGURIA 5 PARTE II DISTRIBUZIONE ATTUALE E CONSISTENZA DELLA POPOLAZIONE 11 PARTE III VALIDAZIONE DEI MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA 47 PARTE IV ECOLOGIA TROFICA 55 PARTE V LUPO E ZOOTECNIA 71 PARTE VI SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI 101 PARTE VII INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE 125 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 132 OPERE CITATE 144 5

6 PREMESSA Il presente report riguarda i risultati della sesta fase del monitoraggio del progetto regionale Il Lupo in Liguria. I dati recenti, raccolti nel periodo giugno luglio 2013 nell intero territorio regionale, hanno permesso di ottenere nuove informazioni sull ecologia del lupo. Il comportamento estremamente schivo del predatore, la bassa densità della sua popolazione e la capacità dei singoli animali di compiere lunghi spostamenti in tempi anche molto brevi, rendono la sua osservazione diretta ed il suo studio in natura estremamente complesso. Al fine di ottenere risultati attendibili e confrontabili con quelli raccolti durante le precedenti fasi del progetto e per individuare eventuali zone di recente o recentissima espansione dell areale, lo schema di monitoraggio non è stato modificato. Conformemente agli anni precedenti, è stata data particolare attenzione al reperimento di campioni biologici freschi, utili per le analisi genetiche; queste hanno permesso di discriminare i campioni appartenenti a lupi e cani, di determinare i singoli individui, i loro spostamenti, la consistenza numerica della popolazione. In sintesi, questo rapporto contiene le seguenti informazioni sulla popolazione di lupo presente in Liguria: 1) Ricostruzione della distribuzione storica; 2) Distribuzione attuale e consistenza della popolazione; 3) Verifica dell efficacia di modelli predittivi della presenza della specie; 4) Ecologia trofica e fattori influenzanti il consumo del bestiame; 5) Rapporto lupo-zootecnia e verifica del rischio di predazione a carico del bestiame; 6) Sperimentazione di metodi preventivi anti-predatori; 7) Attività di divulgazione. 6

7 PARTE I DISTRIBUZIONE STORICA DEL LUPO IN LIGURIA foto di P. Milanesi (Museo G. Doria, GE) 7

8 METODI Il lupo era ampiamente diffuso sul territorio regionale in tempi storici. Infatti, diversi documenti ufficiali ne testimoniano la presenza sulle Alpi liguri fino alla fine dell 800 e agli inizi del 900, e sull Appennino ligure fino al 1946, quando fu abbattuto, in Val d Aveto (GE), l ultimo lupo ligure. La presenza storica della specie è avvalorata anche da molti toponimi presenti sul territorio regionale che fanno riferimento al lupo, come testimoniano i nomi di alcune località quali Passo del lupo, Cantalupo, Rocca del lupo, Casa del lupo, Salto del lupo e molti altri. Al fine di ricostruire la distribuzione storica della specie, sono stati ricercati i toponimi riguardanti il lupo sulla cartografia IGM (1:25.000) e CTR (1:10.000). I toponimi hanno diversa validità ed efficacia per definire la distribuzione storica di specie importanti per la conservazione. Infatti, mentre nei documenti storici riferiti a eventi particolari, come predazioni sul bestiame, aggressioni a persone, uccisioni da parte di cacciatori e avvistamenti, è sempre riportato almeno l anno in cui l evento è stato registrato, oltre al luogo, i toponimi permangono nel tempo. Quindi, i toponimi possono essere molto utili per un confronto tra distribuzione storica, sebbene non definibile come periodo, e distribuzione attuale. Inoltre, la validità dei toponimi è stata verificata in diversi studi scientifici. In particolare, uno studio condotto in Inghilterra sui toponimi, riguardante il lupo e il castoro (Castor fiber), ha evidenziato una stretta associazione tra toponimi ed eventi storici riguardanti le due specie (Aybes, 1995). In campo storico-geografico la toponomastica può, quindi, risultare di rilevante utilità per la ricostruzione di areali storici e come integrazione delle informazioni ricavabili dai documenti scritti. Utilizzando la distribuzione dei toponimi è stato effettuato un confronto tra presenza storica e attuale del lupo a livello comunale (comuni di presenza e di assenza); inoltre, mediante Kernel Analysis al 95% (vedi PARTE II) è stato delineato l areale storico del lupo ed è stato confrontato con quello attuale, per valutarne il grado di sovrapposizione. RISULTATI Sull intero territorio regionale sono stati identificati 136 toponimi relativi al lupo (Fig. 1.1). 8

9 Fig. 1.1 Distribuzione dei toponimi di lupo (triangoli neri) nelle province e nei comuni liguri Il maggior numero di toponimi è stato registrato in provincia di Genova (N=55) e Savona (N=53), mentre in provincia di Imperia e La Spezia ne sono stati registrati rispettivamente 16 e 12 (Fig. 1.2). 9

10 Fig. 1.2 Percentuali di toponimi relativi al lupo nelle province liguri I 136 toponimi di lupo sono risultati distribuiti in 63 comuni; il maggior numero è stato registrato nel territorio che ricade nel comune di Sassello (N=10), in provincia di Savona, seguito da Montoggio (N=8), in provincia di Genova, e da Varese Ligure (N=8), in provincia di La Spezia (Fig. 1.3). 10

11 Fig. 1.3 Numero di toponimi relativi al lupo nei comuni liguri 11

12 Mediante Kernel Analysis è stato possibile ricostruire l areale storico del predatore. La distribuzione del lupo interessava l intero Appennino Ligure fino alle Alpi Sud-Occidentali al confine con la Francia e con la regione Piemonte (Fig. 1.4). Complessivamente, la superficie di territorio regionale interessata dalla presenza storica del grande carnivoro equivale a km 2, con una sovrapposizione pari all % di quella attuale. Fig Areale storico del lupo (in rosso) nelle province liguri (in giallo), stimato mediante Kernel Analysis dei toponimi 12

13 PARTE II DISTRIBUZIONE ATTUALE E CONSISTENZA DELLA POPOLAZIONE foto di A. Biondo (fiume Tanarello, IM) 13

14 METODI DISEGNO DI CAMPIONAMENTO Anche nel 2013 è stato utilizzato lo stesso schema di monitoraggio usato negli anni precedenti; il disegno di campionamento ha seguito il metodo Tessellation Stratified Sampling (TSS; Barabesi e Franceschi, 2011). Questo metodo permette una migliore distribuzione dei campioni casuali e, di conseguenza, una loro maggiore rappresentatività anche con numerosità ridotte (Barabesi e Fattorini, 2013). La regione è stata suddivisa in 60 celle di 100 km 2 (unità di campionamento, UC), con una griglia a maglie spaziate di 10 km di lato. In ogni cella della griglia è stato selezionato casualmente almeno un transetto, coincidente con uno dei sentieri presenti; è stata così individuata una rete di 64 percorsi rappresentativa delle principali esposizioni, fasce altitudinali, classi di pendenza e dei differenti ambienti presenti nel territorio della regione. I transetti selezionati hanno avuto una lunghezza variabile compresa tra 2 e 10 km, per una lunghezza totale di 289 km (Fig. 2.1). Fig. 2.1 Mappa della regione Liguria cui è stata sovrapposta la griglia a maglie spaziate di 10 km e lo schema dei transetti previsti dal monitoraggio 14

15 Il numero massimo di transetti è stato individuato per la provincia di Genova (N=20) e quello minimo per la provincia di La Spezia (N=10); in provincia di Genova i transetti hanno avuto la lunghezza media maggiore, mentre quella minima è risultata per la provincia di La Spezia (Tab. 2.1). Tab. 2.1 Statistiche descrittive della lunghezza dei transetti selezionati in ogni provincia della Liguria Provincia N transetti Min. Max. Media DS Totale Genova , , , , ,30 Imperia , , , , ,01 La Spezia , , ,05 369, ,51 Savona , , , , ,68 Regione , , , , ,49 L altitudine dei transetti selezionati è risultata compresa tra un minimo di 150 m s.l.m. a Savona e un massimo di 2050 m s.l.m. a Imperia. L escursione altimetrica maggiore è stata registrata per la provincia di Imperia e quella minore per la provincia di La Spezia (Tab. 2.2). Tab. 2.2 Altitudine minima e massima (m s.l.m.) ed escursione altimetrica dei transetti selezionati in ogni provincia della Liguria Provincia Altitudine min. (m s.l.m.) Altitudine Max.(m s.l.m.) Escursione (m) Genova Imperia La Spezia Savona Regione

16 Nel periodo compreso tra giugno 2012 e giugno 2013, ciascun transetto è stato percorso quattro volte, una per stagione (primavera: marzo-maggio; estate: giugno-agosto; autunno: settembrenovembre; inverno: dicembre-febbraio). Per ogni transetto sono stati riportati su apposite schede tutti i segni di presenza del lupo, degli altri carnivori e delle specie preda, specialmente degli ungulati selvatici. In particolare, per il lupo sono stati presi in considerazione avvistamenti diretti, impronte, resti di predazioni e feci (raccolte per le successive analisi del DNA e della dieta), mentre per le specie preda e per i competitori sono stati considerati avvistamenti diretti, vocalizzazioni, impronte, segni di alimentazione, siti di marcatura e feci. Per ogni segno di presenza sono stati rilevati posizione, altitudine e ambiente di ritrovamento. Per il lupo, oltre ai segni di presenza rinvenuti lungo i transetti, sono state raccolte e registrate anche le segnalazioni di terzi, verificate e ritenute attendibili. In aggiunta a questo schema di monitoraggio estensivo, nelle aree di presenza stabile del lupo sono state eseguite sessioni di foto- e video-trappolaggio (vedi oltre), di snow-tracking e di wolf-howling. Oltre ai transetti, sono stati individuati 30 punti di marcatura per la raccolta di escrementi freschi da destinare alle analisi genetiche. Analogamente ai transetti, è Genova la provincia con il maggior numero di punti di marcatura (N=13), seguita da Imperia, Savona (entrambe con N=7) e La Spezia (N=3). ANALISI GENETICHE La raccolta delle feci di lupo è molto utile per lo svolgimento delle analisi genetiche non invasive. L utilizzo delle tecniche non invasive viene, infatti, applicato allo studio di specie elusive, come i grandi carnivori (lupo, lince, orso), perché consente di studiare le specie senza catturarle e quindi senza creare danno o stress agli animali. Il materiale genetico può essere estratto anche da peli, urina, sangue e campioni di tessuto ricavati dalle carcasse degli animali. Ogni genotipo può essere campionato più di una volta, il che equivale all osservazione ripetuta dei singoli individui. Da questi dati è possibile ottenere una stima numerica della popolazione e informazioni di dinamica di popolazione, come l identificazione e localizzazione dei nuclei familiari, stime di turnover e di dispersione degli individui, nonché verificare fenomeni d ibridazione con cani. I campioni raccolti devono essere mantenuti in etanolo al 95%, al fine di garantire una corretta disidratazione del materiale organico e interrompere i processi degradativi del materiale genetico; 16

17 inoltre la conservazione richiede temperature inferiori a 20 C. Utilizzando metodi di genetica molecolare è possibile estrarre e analizzare il DNA delle cellule di sfaldamento dell epitelio intestinale che sono contenute nelle feci. Attraverso l uso di appropriati marcatori molecolari, le analisi consentono di ricostruire il profilo genetico di ogni individuo. Durante la fase di laboratorio il DNA, dopo essere stato isolato dal campione biologico, viene sottoposto a ripetute PCR (Polymerase Chain Reaction) allo scopo di ampliare regioni prescelte, che permettono quindi l identificazione della specie, del sesso dell animale e dei singoli individui (Fig. 2.2). In particolare, per identificare i genotipi di lupo sono stati utilizzati 6 loci microsatellite: CPH2, CPH8, FH2004, FH2088, FH2096, FH2137, mentre per identificare eventuali ibridi cane x lupo sono stati utilizzati altri sei loci microsatellite: FH2079, CPH4, CPH5, CPH12, C09.250, C La determinazione dei genotipi avviene tramite un protocollo di controllo degli errori di tipizzazione che prevede da 4 ad 8 repliche di ogni analisi in ogni campione. Dalla combinazione degli alleli osservati a ogni locus per ogni campione si ottiene un genotipo multilocus. Se due o più campioni hanno lo stesso genotipo multilocus si assume che appartengano allo stesso individuo, con una probabilità di identità PIO (probabilità che due individui diversi abbiano per caso lo stesso genotipo multilocus), che può essere stimata mediante opportuni software. I loci utilizzati hanno un alto livello di polimorfismo e consentono di identificare i genotipi con una probabilità d identità minore di 0,001. Pertanto ogni individuo è caratterizzato in maniera univoca. Per determinare il sesso si utilizzano sequenze di DNA che sono presenti solo sui cromosomi sessuali. Nel caso del lupo, viene analizzato il gene ZFX/ZFY che ha sequenze diverse sui due cromosomi; utilizzando opportuni enzimi di restrizione è possibile distinguere i due sessi. Dal genotipo multilocus è possibile distinguere se un campione appartiene a un lupo italiano (Canis lupus italicus) o a un cane (Canis lupus familiaris), poiché le frequenze alleliche dei loci studiati hanno una distribuzione differente e diagnostica in lupi e cani. Dal genotipo multilocus è possibile evidenziare anche l'eventuale presenza d ibridi lupo x cane. L'affidabilità dei genotipi ottenuti viene controllata utilizzando il programma RELIOTYPE che, sulla base delle frequenze alleliche e del numero di repliche effettuate, stima la probabilità che un genotipo sia correttamente determinato, eventualmente suggerisce il numero di repliche che sono ancora necessarie e in quali loci, per ottenere un grado di affidabilità superiore al 95%. La stima delle probabilità d identità tra individui con il set di loci microsatelliti utilizzato è stata ottenuta mediante il programma GIMLET. Le localizzazioni spazio-temporali dei ricampionamenti consentono di identificare gli individui stabili e quelli in fase di dispersione, cioè quei giovani lupi che lasciano le aree in cui sono nati per 17

18 andare alla ricerca di nuovi territori dove riprodursi. I genotipi dei lupi stabili, di cui è stato riconosciuto il sesso, sono i più probabili candidati per l identificazione delle coppie dominanti e territoriali che si riproducono (individui α), e che, assieme ai cuccioli dell anno, costituiscono i branchi. E stato utilizzato il software PARENTE per identificare le coppie di genitori e i figli. Tutte le analisi genetiche sono state effettuate presso il Laboratorio di Genetica dell I.S.P.R.A. di Ozzano dell Emilia (BO). Nel presente documento sono stati stimati i territori dei branchi basandosi sulle relazioni parentali descritte nella precedente relazione tecnico-scientifica (Meriggi et al., 2012). Le relazioni parentali tra gli individui campionati verranno nuovamente ricostruite al termine del prossimo anno. Fig. 2.2 Sintesi del processo di analisi genetica 18

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20 FOTO-TRAPPOLAGGIO Ai sistemi di monitoraggio precedentemente elencati, dallo scorso anno è stato aggiunto l utilizzo di foto-trappole, strumenti di piccole dimensioni, alimentati a batteria, che associano a un dispositivo di ripresa video-fotografico un sensore piroelettrico che attiva lo strumento al passaggio di un corpo a temperatura diversa da quella dello sfondo (Guerri et al., 2011). Le immagini e i video effettuati, a colori nelle ore diurne, in bianco e nero in quelle notturne, mediante led infrarossi invisibili all occhio umano, vengono archiviati in formato digitale in una scheda SD posta all interno degli strumenti. I dati ottenuti tramite la tecnica del foto-trappolaggio, nella precedente relazione scientifica (Meriggi et al., 2012) e in un recente studio pilota (Zanzottera, 2012), hanno consentito di ricavare numerose informazioni riguardanti la specie, quale il numero minimo d individui presenti in una determinata area, il successo riproduttivo, i ritmi di attività e indicazioni sulle condizioni di salute dei lupi filmati. I risultati di questa tecnica dipendendo dalla strategia e dallo sforzo di campionamento (Petrizzelli et al., 2011). Nella precendente fase di questo progetto, è stato evidenziato che le sessioni spot, sessioni di durata temporale compresa tra 10 e 30 giorni, hanno avuto generalmente un successo maggiore rispetto a quelle continue, sessioni di durata superiore ai 60 giorni. Di conseguenza, sono state predisposte sessioni di durata pari a 15/20 giorni con più foto-trappole attivate simultaneamente nelle zone di alta frequentazione del lupo. In questo modo è stato possibile ridurre al minimo il disturbo causato dagli operatori che si recano periodicamente sul sito della fototrappola e allo stesso tempo aumentare la possibilità di riprendere il lupo in diversi ambienti. Ogni foto-trappola è stata impostata per eseguire video di 40 secondi con un periodo tra uno scatto e l altro (trigger time) di 45 secondi, per ridurre la probabilità di cattura dello stesso soggetto in tempi molto ravvicinati. Inoltre, gli eventi che riprendono uno o più individui della stessa specie nello spazio temporale di 15 minuti sono stati accorpati nello stesso evento. La sensibilità del sensore PIR è stata impostata specificatamente sui siti, sulla base delle condizioni climatiche (temperatura) e della copertura vegetale per ridurre la possibilità di scatti a vuoto. Oltre ai lupi, sono state registrate altre specie (prede e competitori) nonchè il passaggio di esseri umani, al fine di individuare potenziali relazioni tra la frequenza di contatto del lupo con quella delle altre specie e degli esseri umani. 20

21 La scelta dei siti di foto- e video-trappolaggio è stata effettuata in base alle conoscenze pregresse riguardo i punti di passaggio e di maggior frequentazione della specie (Meriggi et al., 2012), per ottenere una maggiore probabilità di contatto. In particolare, le foto-trappole sono state poste all interno delle celle di griglie a maglie spaziate di 5 km di lato sovrapposte ai territori dei branchi individuati nella relazione tecnico-scientifica precedente (Meriggi et al., 2012) (Fig. 2.3). Fig. 2.3 Celle scelte per il monitoraggio con foto-trappole (in nero) sovrapposte ai territori occupati dai branchi di lupo (in verde) 21

22 Il numero totale di celle che intersecano le superfici utilizzate dai branchi sono risultate 64 : 14 per il branco di Imperia, 13 per il branco di Savona, 8 per il branco del Parco Naturale Regionale del Beigua, 13 per il branco del Parco Naturale Regionale dell Antola, 9 per il branco del Parco Naturale Regionale dell Aveto, 9 per il branco di La Spezia. In ogni zona occupata da un branco è stata eseguita almeno una sessione di campionamento durante l anno. Per indagare in modo continuo tutta l area interessata, è stato necessario incrementare il numero di foto-trappole (modello Multipir MHC-600A - 12MP) (Fig. 2.4), da N=5 (2012) a N=9 (2013). Oltre ai video registrati dalle foto-trappole del progetto Regionale, sono stati utilizzati anche foto e video effettuati da altre apparecchiature simili di volontari e appassionati. Fig Foto-trappola modello Multipir 12 22

23 Per calcolare la superficie totale campionata è stato applicato un buffer di 6 km di raggio attorno a ogni sito di foto-trappolaggio. Tale buffer è stato calcolato usando la metà della media della massima distanza percorsa da un lupo (⅟ 2 MMDM) sul territorio regionale, in accordo con Karanth e Nichols (1998, 2002) e Maffei et al. (2004, 2005) (Fig. 2.5). La superficie totale indagata è stata di 2904,7 km 2 ; considerando i territori dei branchi presenti in Liguria: 552 km 2 per il territorio del branco di Imperia ; 561 km 2 per il territorio del branco di Savona ; 400 km 2 per il territorio del branco del Parco Regionale del Beigua ; 429 km 2 per il territorio del branco del Parco Regionale dell Antola ; 455 km 2 per il territorio del branco del Parco Regionale dell Aveto ; 506 km 2 per il territorio del branco di La Spezia. Fig. 2.5 Stazioni di monitoraggio, superficie campionata e aree protette 23

24 ANALISI DEI DATI E TRATTAMENTO STATISTICO Una prima stima della distribuzione può essere eseguita considerando le celle (UC) che sono risultate positive durante l anno di monitoraggio, cioè quelle in cui sono stati trovati segni di presenza del lupo in almeno una stagione. Un secondo approccio, molto utilizzato, è la stima della densità di probabilità, ossia l areale di un animale è descritto in termini di modello probabilistico. La Kernel Analysis (KA), letteralmente analisi del nocciolo, consente la conversione di una distribuzione discontinua di punti (segni di presenza della specie) in una distribuzione continua, individuando dei contorni (isoplete) che definiscono aree a valori di densità differente (Fig. 2.6). Nella KA fissa, caso bivariato, supponendo che X I = [X (1) 1, X (2) 1 ]'; X 2 = [X (1) 2, X (2 2 ]';..., X n = [X (1) n, X (2) n ]' sia un campione casuale di n punti indipendenti di una distribuzione sconosciuta con funzione di densità di probabilità f (x), che vogliamo stimare, lo stimatore kernel bivariato di f (x) può essere definito come: 1 dove la kernel K è una funzione di densità di probabilità unimodale simmetrica bivariata, e h è il parametro di smussamento, che può essere variato dall'utente (Silverman, 1986). La stima kernel è una funzione densità di probabilità ridotta, cioè viene posta sopra ogni punto del campione e lo stimatore viene costruito sommando gli n punti. Quindi, dove c'è maggior concentrazione di punti viene stimata una probabilità più elevata di trovare l'animale in ogni punto rispetto a dove vi è una minor concentrazione. Poiché ogni kernel è una densità, la stima che ne risulta è anch essa una funzione di probabilità di densità. Il parametro di smussamento h (ampiezza di banda) controlla la quantità di variazione di ciascun componente della stima. Utilizzando un valore basso di h, si osserva un maggior adattamento ai punti, mentre un valore più grande di h li nasconde mantenendo comunque le caratteristiche più importanti. Gli stimatori kernel fin qui considerati sono detti stimatori fissi perché i parametri di smussamento hanno un valore fisso per tutta la superficie. Quindi è necessario trovare il "miglior" valore di h. Il criterio per la scelta di un buon valore di h è spesso espresso in termini di misura globale dell errore, ovvero l'errore quadratico medio integrato (MISE) definito come : MISE (h) = f ) 2 24

25 dove E indica il valore atteso delle osservazioni. Nel caso bivariato, l'integrazione è su tutta la superficie. Il miglior valore di h è considerato quello che minimizza l'errore quadratico medio integrato. Purtroppo, nella scelta di h alcuni calcoli teorici mostrano che per ottenere il parametro di smussamento ottimale, utilizzando questo criterio, abbiamo bisogno di conoscere la f (x) di densità di distribuzione. Dunque, h non può essere ottenuto in questo modo. Un metodo per la scelta di h è utilizzare il valore ottimale h ottenuto per un certo tipo di distribuzione, come la distribuzione normale. Una kernel fissa normale, mostra che per la distribuzione bivariata normale con matrice di varianza-covarianza il valore ottimale di h per un campione n di grandi dimensioni è: h opt = Così una stima ovvia di h opt è: opt = dove = e e sono le varianze stimate di X (1) e X (2). Se queste varianze sono molto diverse può essere utile una chiusura dei dati in modo che le varianze siano uguali prima di applicare il metodo. Bowman (1985) ha dimostrato che questo metodo di stima spesso produce risultati migliori di metodi più sofisticati di stima univariata. Un metodo oggettivo per la stima di h, descritto da Silverman (1986), è quello della cross-validation dei minimi quadrati. Se viene utilizzata una kernel K fissa di densità normale bivariata, il valore di h è scelto per minimizzare: M (h) = K +2 K (0) dove K* = K (2) - 2K, e K (2) è la densità bivariata normale con matrice di varianza-covarianza. Essendo: E [M (h) ] + 2 f ) 2 25

26 questo metodo fornisce una buona stima dell errore quadratico medio integrato. Così, riducendo al minimo M (h) riduciamo anche MISE (h). Questo tipo di analisi permette di definire delle fasce concentriche, con densità d osservazioni decrescente dal centro all esterno; sono stati considerati in particolare il contorno più esterno racchiudente il 95% delle osservazioni (KA95), rappresentante l areale complessivo del lupo e quello racchiudente il 50% delle osservazioni (KA50), definibile come core area, ovvero quella porzione d areale più intensamente frequentata. Fig. 2.6 Distribuzione di densità stimata con la Kernel Analysis 26

27 I dati raccolti con il campionamento effettuato mediante foto-trappolaggio sono stati digitalizzati e georeferenziati. Tutti i filmati e le fotografie effettuate sono stati osservati singolarmente per determinare il numero, il sesso e la classe d età di ogni individuo ripreso. Al fine di valutare se lo sforzo di campionamento (n giorni di attivazione delle foto-trappole) fosse sufficiente per registrare un campione rappresentativo delle comunità presenti nelle diverse aree occupate dai branchi di lupo è stato usato l indice di diversità specifica di Shannon-Wiener (Shannon 1948): dove p è il numero di specie, è il numero di individui che appartengono alla i-ma specie ed N è il numero totale di individui di tutte le specie presenti nel campione. Il massimo valore di H si ottiene quando tutte le specie hanno la medesima proporzione, mentre il minimo quando una sola specie è presente. Per stimare la potenziale variazione dell indice sono stati usati i valori di e. L indice è stato calcolato per ogni giorno di campionamento sommando le frequenze delle specie appartenenti all area indagata. Inoltre, a ogni giorno successivo al primo sono state sommate le frequenze cumulate dei giorni precedenti. Il valore dell indice tende ad aumentare nei primi giorni fino al raggiungimento di un valore oltre al quale la proporzione di individui catturati per specie tende a raggiungere un asintoto oppure a diminuire per uno sbilanciamento nei rapporti di abbondanza. Pertanto, se alla fine di una sessione l indice tende ancora all aumento significa che lo sforzo di campionamento non è stato sufficiente a rappresentare la complessità delle comunità animali presenti nell area indagata. Per verificare differenze significative nell abbondanza del lupo tra le aree indagate e tra i principali fattori ambientali è stato calcolato l indice di abbondanza relativa (IAR; Kelly e Holub 2003). Tale indice è il rapporto tra il numero di contatti indipendenti del lupo e numero di giorni di campionamento per 100 giorni, calcolato per ogni stazione di foto-trappolaggio. I confronti tra le aree indagate sono stati eseguiti tramite analisi della varianza non parametrica (Test di Kruskal- Wallis) con confronti a coppie, correggendo la probabilità col metodo non parametrico di Dunn (Dunn 1964). Mediante il test di Mann-Whitney sono state analizzate eventuali differenze 27

28 significative del successo di foto-trappolaggio tra stazioni di monitoraggio in funzione del loro grado di protezione (aree soggette a prelievo venatorio e aree protette). Inoltre, considerando un buffer di 1000 m intorno a ogni stazione di monitoraggio, per evitare possibili errori di stima dovuti ad autocorrelazione spaziale tra le stazioni, sono state effettuate analisi di correlazione non parametrica per ranghi (Rho di Spearman, Tau di Kendall) tra le percentuali delle variabili spaziali e l IAR del lupo. Le frequenze degli eventi sono state poi confrontate tra le specie registrate per le stagioni, i mesi, i giorni della settimana, le fasce orarie e le fasi lunari, mediante il Rapporto di Verosimiglianza (Likelihood Ratio, LR) per tabelle di contingenza (test esatto con permutazione) e il test Z, con correzione di Bonferroni, per verificare l esistenza di differenze significative tra le proporzioni per quanto riguarda la specie lupo. Dopo aver classificato ogni individuo registrato per sesso (maschio, femmina e indeterminato) e per classe di età (giovane, sub-adulto e adulto), sono stati analazzati il rapporto sessi (sex-ratio), espresso come il numero di femmine sul numero di maschi, e le proporzioni delle classe di età per ogni specie in ogni area di studio confrontando le distribuzioni ottenute con una distribuzione teorica di parità tra le classi (Test del Chi-quadrato). RISULTATI Durante l anno di monitoraggio sono stati raccolti complessivamente 472 segni di presenza del predatore. La maggior parte è stata rappresentata dalle feci (56,8%), seguita da eventi di fototrappolaggio (26,7%), da eventi di predazione (8,5%) e da impronte (4,9%); gli avvistamenti diretti, il ritrovamento di lupi morti e le vocalizzazioni hanno rappresentato la proporzione minore delle osservazioni (3,2%) (Fig. 2.7). 28

29 Fig. 2.7 Percentuali delle diverse categorie di segni di presenza del lupo in Liguria nell anno di monitoraggio In tutte le stagioni, tra i diversi segni di presenza del lupo, le feci hanno rappresentato la percentuale più elevata. Per quanto riguarda gli altri tipi di segni, gli eventi di predazione hanno raggiunto percentuali considerevoli in primavera e autunno e gli eventi di foto-trappolaggio in estate e autunno (Fig. 2.8). In tutte le province liguri, la percentuale maggiore di segni di presenza del lupo è stata rappresentata da feci con l eccezione di Imperia, in cui sono stati maggiori gli eventi di foto-trappolaggio. Questi ultimi sono stati rilevati secondariamente nelle atre province, seguiti dai casi di predazione sul bestiame nelle province di Imperia e Savona e dal rilevamento di piste di impronte a Genova e La Spezia (Fig. 2.9). 29

30 Fig. 2.8 Variazioni stagionali delle percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria 30

31 Fig. 2.9 Percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria suddivisi per provincia 31

32 Considerando le stagioni cumulate, i segni di presenza del lupo sono risultati distribuiti in modo disomogeneo nelle celle del reticolo di campionamento (UC); in particolare le densità maggiori di segni di presenza sono state registrate in provincia di Imperia, al confine con la provincia di Cuneo (Piemonte) e con la Francia, tra le province di Genova e Savona, al confine tra provincia di Genova, La Spezia e Parma (Emilia-Romagna) e nelle porzioni settentrionale della provincia di La Spezia, al confine con Parma e Massa-Carrara in Toscana (Fig ). Fig Distribuzione dei segni di presenza del lupo in Liguria; per ogni UC è indicato il numero di segni rinvenuti nel corso dell anno di monitoraggio 32

33 L areale complessivo del lupo in Liguria nell anno di monitoraggio è risultato pari a km 2, mentre le aree di maggior frequentazione (core areas) hanno interessato una superficie di km 2. Rispetto agli anni precedenti l areale non è risultato diviso in sub-areali ma continuo, a partire dalla parte nord-occidentale della provincia di La Spezia fino alle Alpi imperiesi. L areale interessa anche le province di Parma e Piacenza (Emilia-Romagna) a est e le province di Alessandria e Cuneo (Piemonte) fino alle Alpi francesi (Fig. 2.10). Le aree di maggior frequentazione sono risultate tre: una, che si estende anche in provincia di Parma e Piacenza, di 966 km 2 situata tra le province di Genova e di La Spezia, una tra le province di Savona e Genova (93 km 2 ) e infine un altra core area di 733 km 2, che si estende fino alla provincia di Cuneo e alla Francia, tra la provincia di Imperia e, marginalmente, quella di Savona (Fig. 2.10). Fig Areale complessivo e core areas del lupo in Liguria 33

34 I campioni biologici utili alle analisi genetiche hanno rappresentato una buona percentuale dei segni di presenza di lupo. Grazie a essi, è stato possibile ottenere informazioni riguardanti la composizione e la localizzazione dei branchi. Dal 2007 al 2013 sono stati raccolti 403 campioni biologici utili alle analisi genetiche. Di questi campioni, 165 (40,9%) sono risultati appartenenti a 66 lupi distinti (27 femmine e 39 maschi; sex-ratio FF/MM = 0,7). Le analisi genetiche hanno permesso d individuare sull intero territorio regionale la presenza di 5 branchi stabili, in cui la riproduzione è stata verificata mediante analisi delle parentele tra gli individui (Meriggi et al., 2012); è stato individuato un sesto branco, ma senza rapporti di parentela tra gli individui campionati. Un branco si trova in provincia di Imperia (KA95 = 533 km 2 ; KA50 =137 km 2 ) al confine con la Francia, il Piemonte e con il branco che occupa la porzione meridionale della provincia di Savona (KA95 = 777 km 2 ; KA50 = 211 km 2 ). Un terzo branco occupa un territorio (KA95 = 92 km 2 ; KA50 = 22 km 2 ), che ricade parzialmente nel Parco Regionale del Beigua (tra Genova e Savona), mentre un altro branco si trova nel Parco Regionale dell Antola (KA95 = 144 km 2 ; KA50 = 34 km 2 ). Il quinto branco si trova in provincia di La Spezia (KA95 = 106 km 2 ; KA50 = 29 km 2 ) e il sesto, nel quale non sono risultati rapporti di parentela tra gli individui, occupa un territorio che ricade nel Parco Regionale dell Aveto (KA95 = 101 km 2 ; KA50 = 24 km 2 ) (Fig. 2.11) Fig Localizzazione dei branchi presenti in Liguria (in blu gli areali dei branchi, in rosso le core-area) 34

35 Da dicembre 2012 a ottobre 2013 sono state eseguite 12 sessioni di foto-trappolaggio in 93 stazioni di monitoraggio, per un totale di 276 giorni di campionamento (1660 considerando i giorni cumulati delle singole foto-trappole) (media=276.6, ES=38.32), registrando complessivamente 1910 eventi distinti (Tab. 2.3). Tab. 2.3 Sforzo di campionamento suddiviso per aree occupate dai branchi BRANCO SESSIONI STAZIONI GIORNI EVENTI IMPERIA BEIGUA ANTOLA LA SPEZIA AVETO SAVONA TOT Considerando le diverse stagioni, lo sforzo di campionamento è stato così distribuito: 4 sessioni nella stagione primaverile in 33 stazioni, 3 sessioni nella stagione estiva in 21 stazioni, 2 sessioni nella stagione autunnale in 15 stazioni e 3 sessioni nella stagione invernale in 24 stazioni (Tab. 2.4) La media dei giorni di attivazione delle foto-trappole per stagione è stata di 415 (ES=92.89). 35

36 Tab. 2.4 Sforzo di campionamento e n di contatti suddivisi per aree indagate e per stagione STAGIONE PAREMETRI BRANCO IMPERIA SAVONA BEIGUA ANTOLA AVETO LA SPEZIA TOT PRIMAVERA SESSIONI STAZIONI Giorni CAMP CONTATTI SESSIONI ESTATE AUTUNNO STAZIONI Giorni CAMP CONTATTI SESSIONI STAZIONI Giorni CAMP CONTATTI SESSIONI INVERNO STAZIONI Giorni CAMP CONTATTI

37 Il 63% dei siti (N=59) scelti per effettuare le sessioni di foto-trappolaggio, è ricaduto in ambienti boschivi, il 22% (N=21) in zone di prato-pascolo, il 12% (N=11) in zone ecotonali, l 1% in aree coltivate e il rimanente 1% in ambiente roccioso. Nel 14% delle stazioni di monitoraggio (N=13) l altitudine media è risultata inferiore a 1000 m s.l.m, il 76% (N=71) è stato localizzato tra 1000 e 1400 m s.l.m. e il 10% (N=9) delle stazioni è stato selezionato al di sopra dei 1400 m s.l.m. Le esposizioni più illuminate e calde nel corso della giornata sono state preferite (69%; N=64) rispetto a quelle più fredde e meno soleggiate (31%; N=26) (Fig. 2.12). Il 76% (N=67) delle stazioni di monitoraggio è ricaduto all interno di aree protette della Rete Natura 2000 (Parchi Naturali Regionali, SIC e ZPS), tuttavia di questi siti solo il 31% (N=21) era in zone interdette alla caccia. Fig Numero di siti di foto-trappolaggio divisi per ambiente, altitudine ed esposizione 37

38 Durante l attività di foto-trappolaggio sono state contattate 17 specie di mammiferi presenti sul territorio. Nelle diverse aree occupate dai branchi liguri, l indice di diversità specifica di Shannon- Weiner (H ) è stato compreso tra 1,34 e 1,73 ad eccezione dell area del Beigua, dove l indice è risultato più basso rispetto alle altre aree (H = 0.6). Dei 1910 distinti contatti, il 60% (N=1137) ha riguardato il passaggio di esseri umani (a piedi o su di un veicolo), il 7% (N=137) di animali domestici, quali cani (Canis lupus familiaris, 2%), equini (Equus caballus, 2%), bovini (Bos taurus, 3%), caprini (Capra hircus, 0.05%) e gatti domestici (Felis catus, 0,05%), mentre il restante 33% (N=636) dei contatti è ha riguardato specie di fauna selvatica, con una leggera predominanza della classe degli ungulati (16%), soprattutto cinghiali (Sus scrofa, 7%), caprioli (Capreolus capreolus, 4%) e daini (Dama dama, 4%), rispetto ai mesocarnivori, che invece hanno rappresentato il 13% delle osservazioni, in particolare la volpe (Vulpes vulpes, 8%). Il lupo invece è comparso solo nel 2% (n=43) degli eventi (Fig. 2.13). Fig Distribuzione dei contatti per specie 38

39 In ogni area lo sforzo di campionamento è stato adeguato per raccogliere un campione rappresentativo delle comunità presenti, infatti la curva di diversità ha raggiunto l asintoto prima della fine del campionamento. Nell area del branco dell Antola e dell Aveto è stato raggiunto l asintoto dopo sei giorni di foto-trappolaggio, nell area del branco del Beigua e di La Spezia dopo solo due giorni, mentre nell area di Imperia e Savona verso la fine del campionamento (Fig. 2.14). Fig Relazione tra l'indice di diversità di Shannon-Wiener e giorni di campionamento Dall Analisi della Varianza non parametrica (Test di Kruskal-Wallis) è risultata una differenza significativa nell indice di abbondanza relativa del lupo (IAR; n di contatti lupo/giorni di 39

40 campionamento*100) tra le aree di branco (H=21,00 g.l.=5; P<0,0001). Il test per confronti a coppie ha evidenziato un maggiore e significativo successo di foto-trappolaggio nell area del Beigua rispetto a tutte le altre aree (Fig. 2.15); nel dettaglio Beigua-La Spezia (P=0,045), Beigua-Imperia (P=0,019), Beigua-Antola (P=0,011) e Beigua-Savona (P=0,025). Fig Indice Relativo Abbondanza medio lupo per aree branco Anche considerando i tipi di ambiente dove sono state posizionate le foto-trappole l indice relativo di abbondanza è risultato significativamente differente (Test di Kruskal-Wallis: H=15,28; g.l.=4; P=0,004, Fig. 2.16). In particolare i confronti a coppie hanno evidenziato un maggiore successo di foto-trappolaggio nel bosco di latifoglie rispetto al bosco misto (P=0,005). 40

41 Fig Indice Abbondanza Relativa medio del lupo per tipo di habitat L Analisi della Varianza non parametrica (Test di Kruskal-Wallis) ha mostrato variazioni significative anche dell IAR del lupo in relazione all altitudine (H=11,33; g.l.=4; P=0,023), ma dai confronti a coppie in nessuna classe l indice è risultato significativamente maggiore rispetto alle altre (Fig. 2.17). Il Test di Mann-Whitney non ha evidenziato differenze significative tra stazioni di monitoraggio in funzione del loro grado di protezione (aree soggette a prelievo venatorio e aree protette; U=331,5; n=57; P=0,098). L IAR è risultato significativamente e positivamente correlato con il bosco di latifoglie (Rho di Spearman=0,560; n=37; P<0,001) e, negativamente, con il piano montano inferiore (Rho di Spearman= - 0,335; n=37; P=0,043). 41

42 Fig Indice Relativo Abbondanza medio lupo per piano altitudinale Considerando la frequenza di cattura delle specie raggruppate in categorie (lupo, prede selvatiche, animali domestici, competitori) nelle diverse stagioni sono emerse globalmente differenze significative (LR= 67,15; g.l.=9; P<0,001; Fig. 2.18); inoltre, per il lupo la frequenza nella stagione autunnale è risultata significativamente minore rispetto alle altre stagioni (Test Z; P<0,05). Anche considerando la frequenza degli eventi delle categorie di specie in relazione ai mesi dell anno sono risultate differenze significative (LR=176,02; g.l.=33; P<0,0001; Fig. 2.19). Nei confronti a coppie, considerando solo la specie lupo, è emersa una frequenza significativamente minore nei mesi di marzo e novembre rispetto a tutti gli altri mesi (Test Z; P<0,05). 42

43 Fig Variazioni stagionali della percentuale di contatti per specie 100% FREQUENZA EVENTI 0PERCENTUALE EVENTI % 60% 40% 20% 0% MESOCARNIVORI DOMESTICI SELVATICI LUPO UOMO Fig Frequenza mensile di contatti per specie UOMO DOMESTICI MESOCARNIVORI SELVATICI LUPO 43

44 Confrontando, invece, le categorie di specie in funzione della fascia oraria sono risultate differenze significative (LR=181,43; g.l.=3; P<0,0001; Fig. 2.20).. Per quanto riguarda il lupo, le frequenze nella fascia oraria serale e notturna sono state più elevate rispetto to a quelle diurne (Test Z; P=0,05). Fig Frequenza oraria di contatti per specie In ultimo, per le analisi temporali, è stata confrontata la frequenza di comparsa delle sole specie selvatiche (lupo, prede e competitori) con classi d intensità di luce notturna in funzione della percentuale di luna visibile (0-25%, 25%-50%, 50%-75%, 75%-100%). Il confronto generale ha rilevato differenze tra le categorie di specie (LR=40,08; g.l.=3; P<0,001; 001; Fig. 2.21). Per quanto riguarda il lupo è risultata maggiore la proporzione di eventi nelle classi 0%-25% e 75%-100% (Test Z; P<0,05). 44

45 Fig Frequenza di contatti per specie in relazione al grado di illuminazione notturna FREQUENZA EVENTI SELVATICI MESOCARNIVORI LUPO PERCENTUALE ILLUMINAZIONE Il numero di lupi complessivamente ripresi è risultato pari a 97; 85 sono stati i caprioli, 98 i daini, 18 i camosci e 228 i cinghiali. Ogni soggetto è stato classificato in base a tre fasce d età (adulti, sub-adulti e giovani), inoltre per il 73% (n=386) degli individui è stato possibile anche identificare il sesso. Complessivamente, il rapporto sessi (RS=FF/MM) per il lupo è stato di 1,1, non significativamente diverso dalla parità (Χ 2 =0,18; g.l.=1; P=0,775), per il capriolo è stato rilevato un RS=0,91, anch esso non significativamente differente dal rapporto paritario (Χ 2 =0,20; g.l.=1; P=0,738) e per il daino il rapporto sessi è stato uguale a 1,1 (Χ 2 =0,05; g.l.=1; P=0,914). Per il camoscio il rapporto sessi totale è risultato sbilanciato a favore delle femmine (RS=2,2) ma anche in questo caso la differenza dal rapporto teorico di 1 non è stata significativa (Χ 2 =2,25; g.l.=1; P=0,210). Il cinghiale è stata l unica specie con un rapporto porto sessi significativamente a favore delle femmine (RS=1,5; Χ 2 =7,03; g.l.=1; P=0,010). Nell area di studio dell Antola il rapporto sessi per il lupo e il capriolo è risultato pari a 1, mentre per il daino è stato sbilanciato verso le femmine (RS=2,25). Nel cinghiale sono stati invece ripresi 45

46 più maschi (RS=0,37). Nell area di studio dell Aveto non sono stati riconosciuti maschi di lupo e quindi non è stato possibile calcolare il rapporto sessi. Per quanto riguarda il capriolo e il cinghiale è stata osservata una preponderanza di maschi (capriolo: RS=0,31; cinghiale: RS=0,48). Nell area di studio del Beigua per le uniche due specie rilevate, il lupo e il capriolo, il rapporto tra maschi e femmine è risultato paritario (RS=1). Nella zona di Imperia il rapporto sessi nel lupo è stato sbilanciato verso le femmine (RS=1,80); nel capriolo è stato leggermente a favore dei maschi (RS=0,71); nel camoscio, invece, il numero delle femmine è stato quasi il doppio (RS=1,80), mentre nel cinghiale il rapporto sessi è risultato quasi bilanciato (RS=0,83). Nell area di studio di La Spezia il numero di maschi di lupo contattati ha superato del doppio quello delle femmine (RS=0,5); anche nel capriolo sono stati rilevati molti più maschi che femmine (RS=0,17). Al contrario, nel cinghiale, il numero di femmine è stato decisamente più alto rispetto ai maschi (RS=5,8). Infine, nell ultima area di indagine, Savona, sono stati registrati più lupi maschi che femmine (RS=0,29); il rapporto sessi nel capriolo è risultato notevolmente a favore delle femmine (RS=17); per il daino invece il rapporto è risultato paritario (RS=0,91). Durante il periodo di campionamento in questa zona non sono stati ripresi maschi di camoscio mentre per il cinghiale la proporzione di maschi e femmine è risultata pressoché in equilibrio (RS=1,2; Fig. 2.22). Le proporzioni delle classi di età del lupo sono risultate molto diverse tra i diversi territori occupati dai branchi; nelle aree dell Antola, dell Aveto e di Imperia è stata confermata la riproduzione e in particolare nell area dell Antola la maggior percentuale di individui registrati sono stati giovani, mentre nelle altre aree i branchi sono risultati composti principalmente da individui adulti (Fig. 2.23). La popolazione di capriolo è risultata composta principalmente da individui di età uguale e superiore ai 2 anni, a eccezione dell area del Beigua e di Imperia dove è stata registrata anche una piccola proporzione di individui giovani. Una situazione analoga è emersa anche per la popolazione di daino (contattato solo nelle aree dell Antola e Savona), con una più alta percentuale di individui tra i 12 e 24 mesi nella zona di Savona. La popolazione di camoscio, presente principalmente nella zona di Imperia, è risultata composta dal 55% di individui adulti, 35% di sub-adulti e 10% di giovani. Il camoscio è risultato anche marginalmente presente a Savona dove sono stati registrati solo individui adulti. Per il cinghiale sono state osservate basse percentuali di adulti e elevate proporzioni di giovani, ad eccezione delle aree dell Aveto e del Beigua, dove non è stato ripreso (Fig. 2.24). 46

47 Fig Rapporto sessi per specie nelle aree occupate dai branchi 47

48 Fig Variazioni della struttura della popolazione di lupo nelle diverse aree occupate dai branchi 48

49 Fig Percentuali delle classi di età degli ungulati selvatici nelle aree occupate dai branchi di lupo 49

50 PARTE III VALIDAZIONE DEI MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL LUPO foto di E. Torretta (Parco Naturale Regionale dell Antola, GE) 50

51 METODI L utilizzo di modelli predittivi è auspicabile ai fini della conservazione per identificare i fattori che influenzano la presenza della specie e prevedere espansioni o contrazioni degli areali; inoltre i modelli predittivi permettono di individuare le aree più idonee e quelle più critiche per la conservazione della specie (Massolo e Meriggi, 1998, 2007; Corsi et al., 1999). Nella precedente relazione tecnico-scientifica (Meriggi et al., 2012) sono stati formulati diversi modelli predittivi della presenza del lupo (modelli d idoneità ambientale) utilizzando le unità di campionamento (UC) di 100 km 2 usate nel monitoraggio. Le celle percorse dai transetti sono state classificate come UC di presenza (codice 1) se sono risultate positive in almeno una stagione di monitoraggio, e come UC di assenza (codice 0) se non sono mai stati trovati segni di presenza del lupo; le celle non attraversate da transetti non sono state classificate e sono state considerate come UC di controllo. All interno di ogni UC sono state misurate le proporzioni di 9 variabili dell uso del suolo (corsi d acqua e bacini idrici, boschi di conifere, boschi di latifoglie, boschi misti, aree coltivate, aree incolte e cespuglieti, prati e pascoli, formazioni rocciose e aree urbanizzate), 6 variabili altimetriche, corrispondenti ad altrettante fasce altitudinali di 400 m ciascuna, 5 variabili di esposizione, corrispondenti alle 4 esposizioni principali e all esposizione nulla, e 4 variabili di pendenza, corrispondenti alle classi di pendenza 0-10%, 10-30%, 30-50% e pendenza maggiore al 50%. Le UC di presenza sono state confrontate con altrettante UC di controllo, scelte in modo casuale tra tutte le UC della griglia. In questo modo è stato evitato il problema delle false assenze, vale a dire considerare il lupo assente da una porzione di territorio dove in realtà la specie è presente, ma non è stata trovata per problemi di contattabilità e di sforzo di campionamento (Moilanen, 2002; Tyre et al., 2003; Gu e Swihart, 2004; MacKenzie, 2005). I modelli predittivi della distribuzione potenziale del lupo nel territorio della regione Liguria sono stati ottenuti mediante tre diversi metodi: 1) Analisi di Regressione Logistica Binaria, 2) Analisi Fattoriale di Nicchia Ecologica, 3) Algoritmo della Massima Entropia. L Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB) costituisce uno dei metodi più usati per formulare una Funzione di Probabilità di Selezione delle Risorse, cioè un espressione matematica in grado di sintetizzare il processo di selezione dell habitat di una specie per prevederne la distribuzione (Boyce e McDonald, 1999; Manly, 2003). 51

52 Tramite l ARLB è possibile stimare la probabilità di utilizzo delle UC disponibili da parte del lupo. Per selezionare le variabili che contribuiscono all equazione del modello logistico, è stata utilizzata la procedura forward stepwise, che comporta, dato un insieme di n variabili indipendenti (variabili ambientali), l aggiunta successiva e sequenziale di ciascuna variabile al modello, in una serie di passaggi iterativi. L Analisi Fattoriale di Nicchia Ecologica (ENFA) necessita di soli dati di presenza per calcolare la funzione di idoneità ambientale, confrontando la distribuzione della specie nello spazio ecogeografico con quella dell intero insieme di celle che costituiscono l area di studio. L analisi si basa sul concetto di nicchia ecologica di Hutchinson (1957), definita come una porzione di spazio multidimensionale o ipervolume all interno del quale l ambiente permette a una specie di sopravvivere e riprodursi mantenendo una popolazione vitale (Begon et al., 1996). Analogamente, nell ENFA la nicchia ecologica è intesa come un sottoinsieme di celle nello spazio ecogeografico in cui la specie in esame ha una ragionevole probabilità di essere osservata. Presupposto di quest analisi è che le specie siano distribuite in modo non casuale in relazione alle variabili ambientali; quindi, se una specie è caratterizzata da un dato optimum, ci si aspetta che occupi preferenzialmente quelle celle in cui si è rilevato l intervallo ottimale dei valori delle variabili ecogeografiche. Questa assunzione può essere verificata confrontando la distribuzione della variabile nelle celle in cui è stata registrata la presenza della specie con quella dell intero insieme di celle che costituiscono l area di studio. L Algoritmo della Massima Entropia (MaxEnt Maximum Entropy algorithm) è una tecnica basata sul principio di massima entropia (Jaynes, 1957). Data una distribuzione di probabilità sconosciuta, MaxEnt cerca l approssimazione che soddisfa una serie di vincoli di tale distribuzione e che massimizza l'entropia della distribuzione risultante (Phillips et al., 2006). Con l analisi effettuata da MaxEnt si realizzano mappe di presenza potenziale della specie; viene assegnato un valore di probabilità per ogni pixel dell area di studio compreso tra 0 e 100 e ciò fornisce una mappa che indica il gradiente di probabilità per la distribuzione potenziale (Phillips et al., 2006). Valori prossimi a 100 sono quelli dove è massima la probabilità, mentre valori prossimi allo 0 sono quelli a minor probabilità. La validazione dei modelli è stata effettuata tramite l uso di curve ROC (Receiver Operating Characteristics) e con il metodo k-fold cross validation. Questo metodo prevede il confronto delle 52

53 classificazioni previste dai modelli con quelle reali, seguendo un metodo proposto da Boyce et al. (2002). La curva ROC permette di valutare lo scostamento del modello ottenuto da uno che classifica i casi casualmente (Massolo e Meriggi, 2007), mettendo in relazione la sensibilità del modello (proporzione di casi positivi classificati correttamente) con il complementare della sua specificità (proporzione di casi negativi classificati correttamente). I valori variano tra 0 (classificazione peggiore di un modello casuale) e 1 (classificazione perfetta), mentre valori prossimi a 0,5 indicano una classificazione simile a quella di un modello casuale. Il metodo di Boyce, particolarmente efficace in modelli sviluppati con dati di presenza, consiste in un analisi di correlazione non parametrica tra la frequenza dei casi positivi reali (numero di UC di presenza) e le probabilità previste dai modelli, suddivise in 10 classi di probabilità di 0,1 ciascuna; il numero di UC in cui è presente il lupo dovrebbe aumentare all aumentare del rango della classe previsto dal modello (Boyce et al., 2002). Il coefficiente di correlazione varia tra -1 (classificazione peggiore di un modello casuale) e 1 (classificazione perfetta), mentre valori prossimi a 0 indicano una classificazione simile a quella di un modello casuale. Basandosi sui dati originali ( ) con cui sono stati sviluppati i modelli, l ARLB ha mostrato il più alto valore della curva ROC (0,952), mentre MAXENT ha raggiunto il valore più elevato dell indice di Boyce (0,949). Sebbene la validazione abbia complessivamente confermato l efficacia predittiva dei modelli, un ulteriore validazione con nuovi dati (raccolti dopo la formulazione dei modelli) può fornire maggiori informazioni utili alla definizione della distribuzione potenziale del carnivoro. A tal fine i dati raccolti nell ultimo anno di campionamento ( ) sono stati utilizzati per validare, mediante curva ROC e indice di Boyce, i 3 modelli precedentemente sviluppati. 53

54 RISULTATI L Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB), aveva classificato il 51,7% delle UC della regione Liguria idonee alla presenza del lupo (Fig. 3.1). Fig. 3.1 Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello dell ARLB e localizzazioni di lupo raccolte nell ultimo anno di campionamento (in verde) 54

55 L analisi effettuata tramite modellizzazione della Massima Entropia (MAXENT), aveva classificato il 3,3% del territorio regionale idoneo alla presenza del lupo (Fig. 3.2). Fig. 3.2 Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello della Massima Entropia e localizzazioni di lupo raccolte nell ultimo anno di campionamento (in verde) 55

56 L Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica (ENFA) aveva classificato il 49,02% del territorio della Liguria idoneo o alla presenza del lupo (Fig. 3.3). Fig. 3.3 Aree di potenziale presenza del lupo secondo l Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica e localizzazioni di lupo raccolte nell ultimo anno di campionamento (in verde) 56

57 Considerando le localizzazioni dei segni di presenza del lupo raccolte durante l ultimo anno di campionamento è stato possibile verificare l efficacia predittiva dei 3 modelli. Il modello ENFA ha avuto i valori più alti di entrambe le statistiche di validazione e quindi sembra essere il miglior modello nel predire la distribuzione della specie (Tab. 3.1). Tab. 3.1 Risultati della cross validation effettuata sui 3 modelli predittivi migliori Modello Dati Dati ROC Rho ROC Rho ARLB 0,952 0,912 0,899 0,901 ENFA 0,853 0,914 0,901 0,905 MAXENT 0,947 0,949 0,872 0,901 57

58 PARTE IV ECOLOGIA TROFICA DEL LUPO foto di A. Repossi (sezione longitudinale di pelo di capriolo) 58

59 METODI Le feci rinvenute da settembre 2007 a giugno 2013 nell intera regione Liguria costituiscono il campione analizzato. Sia gli escrementi raccolti lungo la rete di transetti sia quelli rinvenuti durante i sopraluoghi nei punti di marcatura sono stati registrati su apposite schede di campo. I campioni, raccolti con le dovute cautele legate alla potenziale presenza di parassiti pericolosi per l uomo, sono stati chiusi in sacchetti di PVC e conservati, per un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni, in un congelatore a una temperatura di -20 C, scongiurando la possibilità che alcuni patogeni, come Echinococcus granulosus, possano sopravvivere. In laboratorio gli escrementi, sono stati risciacquati con acqua, attraverso setacci a maglie progressivamente decrescenti (1,5 mm - 0,1 mm), per facilitare la separazione delle diverse componenti e la rimozione della materia amorfa non riconoscibile a causa dei processi digestivi. I residui non digeriti, separati in base alla loro natura (peli, frammenti ossei e unghie, semi e frutti), sono stati utilizzati per le successive identificazioni. Il confronto con una collezione di riferimento di peli delle specie di ungulati selvatici e di ungulati domestici presenti nell area di studio e con atlanti d identificazione (Brunner e Coman, 1974; Debrot et al., 1982; Teerink, 1991; De Marinis e Asprea, 2006) ha permesso un accurata attribuzione dei campioni rinvenuti nelle feci. La pelle dei mammiferi è ricoperta da diversi tipi di peli, quelli lunghi e rigidi, peli di giarra, sono facilmente distinguibili dal sottopelo, costituito dai peli di borra, più sottili e molto meno rigidi. Il riconoscimento di molti gruppi di mammiferi può essere condotto dall analisi dei soli peli di giarra che possono essere distinti in tre categorie GH0, GH1 e GH2 (Teerink, 1991), sulla base dello spessore e della lunghezza relativa delle diverse porzioni in cui possono essere suddivisi. I peli sono stati inizialmente lavati e sgrassati in alcol etilico e successivamente sono stati osservati al microscopio ottico a 10X e 40X ingrandimenti. La determinazione delle prede è avvenuta attraverso la ricerca degli elementi diagnostici nella cuticola o cortex, strato più esterno formato da sottili scaglie di cheratina, e nella medulla, strato più interno e formato da cellule morte densamente addossate le une alle altre. In alcuni casi, per attribuire con certezza il contenuto delle feci a livello specifico, è stata osservata al microscopio la sezione trasversale del pelo, per valutare la forma e le variazioni di spessore della cortex e della medulla lungo il pelo. L analisi qualitativa delle componenti della dieta del lupo è stata integrata da un analisi quantitativa. 59

60 Le diverse specie rinvenute nelle feci sono state così raggruppate in 8 categorie alimentari: ungulati domestici, ungulati selvatici, micro-mammiferi, altri mammiferi, invertebrati, frutta, altri vegetali e rifiuti. Per la stima della biomassa ingerita è stato stimato il volume medio percentuale delle categorie alimentari, presenti in uno stesso campione, basandosi sulle dimensioni relative possedute dalle prede intere secondo il metodo proposto da Kruuk e Parish (1981). Per il calcolo del volume medio percentuale è stata adottata la seguente formula: Vi% Σ volume % della categoria i esima N totale di feci Per valutare l esistenza di eventuali differenze significative nei volumi percentuali delle categorie alimentari e delle specie preda tra anni, stagioni (calda: aprile-ottobre; fredda: novembre-marzo), province, sono state effettuate Analisi Multivariate non Parametriche della Varianza (PERMANOVA) e Analisi della Varianza non Parametriche univariate (Test di Kruskal-Wallis) con confronti a coppie (Test di Dunn; Dunn, 1962). Le variazioni della dieta sono state anche analizzate tra i diversi branchi identificati sul territorio ligure e tra individui in branco e individui in dispersione. A questo scopo i campioni fecali raccolti all interno dei territori dei branchi, individuati dalle Kernel al 95%, sono stati considerati come appartenenti ai rispettivi branchi, mentre quelli raccolti al di fuori dei limiti delle Kernel al 95% sono stati attribuiti a individui in dispersione. Infine, è stato formulato un modello del consumo di bestiame da parte del lupo in relazione ai fattori ambientali e alla disponibilità di prede domestiche e selvatiche. A questo scopo intorno ai transetti è stato disegnato un buffer corrispondente all area potenziale di caccia del lupo, usando una distanza di 13 km, corrispondente alla distanza media che un lupo percorre ogni notte dal sito di riposo diurno all area di caccia (Ciucci et al., 1997). Per ogni transetto, all interno del buffer di 13 km sono state misurate le variabili dell uso del suolo, l estensione dei pascoli utilizzati, il numero di capi di bestiame presenti e l abbondanza degli ungulati selvatici. Inoltre è stato calcolato un indice di diversità della comunità di ungulati selvatici (Massolo e Meriggi, 1998): 60

61 dove: A i è la classe d abbondanza della specie i-esima, A imax la classe di massima abbondanza della specie i-esima, N il numero di specie presenti nel transetto e K il massimo numero di specie potenzialmente presenti. Successivamente, è stato modellizzato il consumo di bestiame (VM% degli ungulate domestici cumulati) in relazione al tipo di lupi presenti (branco o individui in dispersione), caratteristiche ambientali (topografia e uso del suolo), abbondanza di ungulati selvatici (IKA di ogni specie e ID), metodi di allevamento (numero di capi, specie, prevenzione, tipo di produzione, numero di pascoli). Come unità di campionamento sono stati usati i singoli transetti, cumulando gli anni e dividendo i dati per stagione. Mediante il calcolo di una matrice di correlazione sono stati poi individuati i sottogruppi di variabili non correlate e sono stati formulati modelli di regressione multipla per ogni sottogruppo; i modelli sono stati, quindi, ordinati per le differenze col valore minimo di AIC c ( AIC c, Akaike Information Criterion; Akaike 1973; Anderson et al., 2000, 2001; Anderson e Burnham 2002), selezionando solo quelli con AIC<2. Per verificare la normalità dei residui è stato usato il test di Shapiro-Wilk e quello di Durbin-Watson per la loro autocorrelazione. Infine è stato calcolato il Fattore d Inflazione della Varianza (VIF) come controllo della collinearità delle variabili. 61

62 RISULTATI Sono stati analizzati in totale 1500 campioni fecali, dei quali 26 nel 2007, 128 nel 2008, 275 nel 2009, 240 nel 2010, 341 nel 2011, 316 nel 2012 e 143 nel 2013). Di questi 872 sono stati attribuiti alla stagione calda e 628 a quella fredda. I campioni, dall analisi condotta con l indice di Brillouin sono risultati sufficienti in ogni anno e stagione. Nei campioni fecali analizzati sono state rinvenute 8 categorie di prede: Bestiame, Ungulati selvatici, Mammiferi di media mole, Micromammiferi, Invertebrati, Frutti, Altri vegetali e Rifiuti. Tra il bestiame sono risultati gli ovini (Ovis aries), i caprini (Capra hyrcus), i bovini (Bos taurus) e gli equini (Equus caballus); mentre tra gli ungulati selvatici sono stati rinvenuti il cinghiale (Sus scrofa), il capriolo (Capreolus capreolus), il daino (Dama dama), il cervo (Cervus elaphus), il muflone (Ovis musimon) e il camoscio (Rupicapra rupicapra). Considerando gli anni, le stagioni e le province cumulate, gli ungulati selvatici sono stati l alimento principale dei lupi con un volume medio percentuale del 64,4%, seguiti dal bestiame con il 26,3%. Le altre categorie sono risultate scarsamente rappresentate nella dieta con meno del 3% per micro e medi mammiferi, meno del 2% per i vegetali e meno dell 1% per invertebrati, frutti e rifiuti. Tra gli ungulati selvatici il più utilizzato è stato il cinghiale (VM%=35,4) seguito dal capriolo (VM%=21,6); le altre specie sono state meno utilizzate (daino: 3,8%, cervo: 2,8% e camoscio: 0,7%). Tra il bestiame i caprini sono stati i più consumati (VM%=15,6), seguiti dai bovini (VM%=7,2) e dagli ovini (VM%=3,3); l utilizzo degli equini è stato trascurabile (VM%=0,2). VARIAZIONI TEMPORALI DELLA DIETA DEL LUPO L analisi multivariata della varianza non parametrica ha messo in evidenza variazioni significative della composizione della dieta tra gli anni di studio (F=13,87; P<0,0001); dai confronti a coppie sono risultate differenze significative tra il 2009 e il 2011, 2012 e 2013 (P=0,021), tra il 2008 e il 2010 e il 2011 e tra il 2009 e il 2010 (P=0,0021) (Fig. 4.1). L utilizzo del bestiame è aumentato significativamente fino al 2010 e poi è diminuito (H=63,82; g.l.=6; P<0,0001), mentre il consumo di ungulati selvatici è aumentato nei primi due anni per poi diminuire fino al 2010 e aumentare ancora in seguito (H=108,82; g.l.=6; P<0,0001) (Fig. 4.2). Il consumo di ungulati selvatici e domestici sono risultati correlati negativamente (r=-0,818; n=7; P=0,025). 62

63 63

64 Fig. 4.1 Variazioni annuali della composizione della dieta del lupo in Liguria Fig. 4.2 Variazioni annuali del volume medio percentuale degli ungulati selvatici e domestici nella dieta del lupo in Liguria 64

65 L analisi multivariata della varianza non parametrica condotta sulle specie di ungulati domestici ha evidenziato variazioni annuali significative nel loro utilizzo (F=6,38; P<0,0001). In particolare dai confronti a coppie sono risultate differenze tra il 2013 e il 2010 (P=0,019) e tra il 2012 e gli anni 2008, 2009, 2010 e 2011 (P<0,05). Le variazioni più importanti sono state a carico degli ovini che hanno avuto una diminuzione complessiva dall inizio alla fine del periodo (H=13,77; g.l.=6; P=0,032), dei caprini che sono aumentati nella dieta dal 2009 al 2011 e poi sono diminuiti (H=55,62; g.l.=6; P<0,0001) e dei bovini, i quali, dopo una diminuzione iniziale, sono progressivamente aumentati (H=12,67; g.l.=6; P=0,049) (Fig. 4.3). Fig. 4.3 Variazioni annuali del volume medio percentuale degli ungulati domestici nella dieta del lupo in Liguria 65

66 Anche per gli ungulati selvatici sono state trovate variazioni annuali significative (F=10,65; P<0,0001); in particolare il cinghiale ha avuto un incremento dal 2010 al 2012 e poi un decremento (H=50,20; g.l.=6; P<0,0001), il capriolo è aumentato nella dieta nel periodo considerato (H=91,24; g.l.=6; P<0,0001), il daino ha avuto un aumento soprattutto tra il 2012 e il 2013 (H=21,76; g.l.=6; P=0,001) e il cervo è comparso nella dieta dal 2008 al 2011(H=26,00; g.l.=6; P<0,0001). Per il camoscio e il muflone, invece, non sono state trovate variazioni annuali significative (P>0,05 in entrambi casi) (Fig. 4.4) Fig. 4.4 Variazioni annuali del volume medio percentuale degli ungulati domestici nella dieta del lupo in Liguria 66

67 Considerando le due stagioni, fredda e calda, la dieta del lupo, complessivamente, non ha avuto variazioni significative (F=0,43, P=0,4); tuttavia l utilizzo del bestiame è stato significativamente più elevato in primavera-estate che in autunno-inverno (H=9,02; g.l.=1; P=0,011), mentre il volume medio percentuale degli ungulati selvatici non ha avuto variazioni stagionali significative (H=4,96; g.l.=1; P=0,084) (Fig. 4.5). 67

68 Fig. 4.5 Variazioni stagionali del volume medio percentuale delle categorie alimentari nella dieta del lupo in Liguria Considerando le specie di bestiame, complessivamente non sono emerse differenze significative tra stagioni (F=0.85; g.l.=1 P=0.139) (Fig. 4.6). L uso degli ungulati selvatici, invece, ha avuto variazioni stagionali significative (F=18,84; g.l.=1; P<0,0001); in particolare il cinghiale è stato più utilizzato nella stagione fredda (H=35,95; g.l.=1; P<0,0001), mentre il capriolo in quella calda (H=23,26; g.l.=1; P<0,0001) (Fig. 4.7). 68

69 Fig. 4.6 Variazioni stagionali del volume medio percentuale degli ungulati domestici nella dieta del lupo in Liguria Fig. 4.7 Variazioni stagionali del volume medio percentuale degli ungulati selvatici nella dieta del lupo in Liguria 69

70 VARIAZIONI DELLA DIETA DEL LUPO TRA PROVINCE La dieta del lupo in Liguria è risultata significativamente differente tra le quattro province (F=15,08; g.l.=3; P<0,0001), dai confronti a coppie differenze significative sono emerse in tutti i casi (P<0,02) tranne che per il confronto tra Imperia e Genova (P=0,309). In particolare l uso del bestiame è stato minore a Savona che nelle altre province (H==37,13; g.l.=3; P<0,0001) e gli ungulati selvatici sono stati più utilizzati in provincia di Savona e meno in quella di La Spezia che nelle altre province (H=63,82; g.l.=3; P<0,0001) (Fig. 4.8) Fig. 4.8 Variazioni tra le province liguri del volume medio percentuale delle categorie alimentari nella dieta del lupo 70

71 Considerando gli ungulati domestici, è risultato complessivamente un utilizzo significativamente diverso tra le province (F=8,69; g.l.=3; P<0,0001); i confronti a coppie hanno evidenziato differenze significative tra tutte le province (P<0,01) tranne che tra Imperia e Genova (P=1). Tra le specie di bestiame, i caprini sono risultati più consumati a La Spezia (H=29,76; g.l.=3; P<0,0001) e i bovini a Imperia e Genova (H=23,89; g.l.=3; P<0,0001) con differenze significative, però, solo tra Savona e Genova e tra Savona e Imperia (P<0,0001 in entrambi i casi) (Fig. 4.9). Anche l utilizzo degli ungulati selvatici è risultato diverso tra le province eccetto che tra Imperia e La Spezia (F=12,5; g.l.=3; P<0,0001). Il cinghiale è stato più utilizzato a Imperia che a Savona e Genova (H=17,30; g.l.=3; P=0,001), il capriolo più a Savona che nelle altre province (H=70,42; g.l.=3; P<0,0001), il daino quasi esclusivamente a Savona e Genova (H=38,45; g.l.=3; P<0,0001), il cervo a Imperia, Savona e Genova (H=17,17; g.l.=3; P<0,001) con differenze però solo tra Savona e Imperia e Savona e La Spezia (P 0,005 in entrambi i casi) e il camoscio solo a Imperia (H=13,31; 71

72 g.l.=3; P<0,004) con differenze tra Imperia e Savona e Imperia e Genova (P<0,05) in entrambi i casi (Fig. 4.10). 72

73 Fig. 4.9 Variazioni del volume medio percentuale di ungulati domestici nella dieta del lupo nelle province liguri Fig Variazioni del volume medio percentuale degli ungulati selvatici nella dieta del lupo nelle province liguri 73

74 VARIAZIONI DELLA DIETA TRA BRANCHI E INDIVIDUI IN DISPERSIONE Il confronto tra la dieta degli individui appartenenti ai branchi e quella dei lupi in dispersione ha evidenziato differenze globalmente significative (F=18,51; g.l.=1; P<0.0001). In particolare è risultato un uso più elevato di bestiame (H=24,14; g.l.=1; P<0,0001) e di mammiferi di media mole (H=10,06; g.l.=1; P=0,002) per gli individui in dispersione (Tab. 4.1). Per quanto riguarda il bestiame e gli ungulati selvatici, sono risultate differenze significative per entrambe le categorie (F=5,89; g.l.=1; P=0,0002 e F=3,84; g.l.=1; P=0,027 rispettivamente); in particolare i lupi in dispersione hanno utilizzato maggiormente i caprini (H=7,24; g.l.=1; P=0,007), mentre i branchi hanno avuto un consumo più elevato di caprioli (H=12,80; g.l.=1; P=0,0004) (Tab. 4.1). Considerando separatamente i cinque branchi individuati, sono emerse differenze globalmente significative nell uso delle diverse categorie alimentari (F=18,51; g.l.=5; P<0,0001); in particolare la dieta del branco di La Spezia è risultata diversa da quella di tutti gli altri branchi (P=0,0015), ma non da quella dei lupi in dispersione (P=0,275). In contrasto, per tutti gli altri branchi sono state trovate differenze con gli individui in dispersione (P<0,05 in tutti i casi); altre differenze sono risultate tra i branchi del Beigua e dell Antola (P=0,006) e tra quelli del Beigua e di Imperia (P=0,008). Il branco di La Spezia ha utilizzato più ungulati domestici di quelli del Beigua, Antola e Savona (H=56,61; g.l.=5; P<0,0001) e meno ungulati selvatici dei branchi di Imperia, Savona e Beigua (H=75,02; g.l.=5; P<0,0001) (Tab. 4.1). Tra branchi sono risultate anche differenze nell uso delle specie di bestiame (F=12,5; g.l.=5; P<0,0001); in particolare il branco di La Spezia ha usato le diverse specie diversamente dai branchi dell Antola, Beigua, Imperia (P=0,0015) e Savona (P=0,0045) e dagli individui in dispersione (P=0,0015). Soprattutto il consumo di caprini è stato maggiore per il branco di La Spezia che per quelli del Beigua e di Imperia (H=41,36; g.l.=5; P<0.0001) (Tab. 4.1). L utilizzo delle specie di ungulati selvatici è risultato anch esso significativamente differente tra branchi (P=0,00015). Il branco del Beigua ha usato il capriolo più dei branchi di Imperia, La Spezia e degli individui in dispersione e il cinghiale è risultato più rappresentato nella dieta dei branchi di Imperia e Beigua che in quella del branco di Savona (H=28.87; P<0.0001) (Tab. 4.1). 74

75 Tab. 4.1 Composizione della dieta dei branchi individuati in Liguria e degli individui in dispersione Categorie e specie Branchi Totale branchi Individui in dispers. Imperia Savona Beigua Antola La Spezia Bestiame Ovis aries Capra hyrcus Bos taurus Equus caballus Ungulati selvatici Ovis musimons Sus scrofa Capreolus capreolus Dama dama Cervus elaphus Rupicapra rupicapra Micromammiferi Medi mammiferi Invertebrati Frutti Altri vegetali Rifiuti FATTORI INFLUENZANTI IL CONSUMO DEL BESTIAME Il consumo di bestiame è risultato correlato positivamente con il numero di capi presenti nelle aree attraversate dai transetti (r=0,508; n=33; P=0,003) e con la percentuale di coltivi (r=0,537; n=33; P=0,001), mentre correlazioni negative sono risultate con la presenza di branchi strutturati (r=- 0,483; n=33; P=0,004) e con la percentuale di allevamenti che adottano metodi di prevenzione (r=- 0,351; n=32; P=0,049). Tra i modelli di regressione multipla formulati sui sottoinsiemi di variabili non correlate, è stato ottenuto un solo modello poiché i rimanenti avevano un AIC c >2. Nel modello sono entrate sei variabili con coefficienti di regressione significativi che hanno spiegato l 80,7% della varianza del volume medio percentuale di bestiame nella dieta. La presenza di branchi strutturati, i metodi di prevenzione, la percentuale di boschi di latifoglie e l abbondanza di caprioli hanno avuto un effetto negativo, mentre il numero di pascoli nell area coperta dai transetti e la diversità del popolamento di ungulati selvatici hanno avuto un effetto positivo (Tab. 4.2). 75

76 Il fattore d inflazione della varianza (VIF) ha mostrato l assenza di collinearità tra le variabili predittive e i residui del modello sono risultati distribuiti normalmente (Shapiro-Wilk test: 0,98, P= 0.736) e non autocorrelati (Statistica di Durbin-Watson = 2.30). Tab. 4.2 Risultati dell analisi di regressione multipla tra il volume medio percentuale del bestiame nella dieta del lupo e le variabili dei transetti Variabili dei transetti Coefficienti di regressione (ES) Coefficienti standardizzati t P VIF Costante 57.2 (6.16) 9.29 < Presenza branchi (3.28) < N di pascoli 0.9 (0.15) < Preventione (%) Abbondanza capriolo(ika) Boschi di latifoglie (%) ID ungulati selvatici (7.08) < (3.92) (0.12) (4.27) R 2 = SEE = 7.68 F= g.l =6, 25 P<

77 PARTE V LUPO E ZOOTECNIA foto di L. Schenone 77

78 METODI Per una corretta elaborazione dei dati sull interazione lupo-zootecnia è stata posta maggiore attenzione sugli allevamenti che effettuano stagioni di alpeggio o utilizzano il pascolo brado o semibrado regolarmente. Dai dati del censimento degli allevamenti in Liguria, realizzato dalle associazioni provinciali degli allevatori, è stata effettuata un indagine più approfondita mediante sopralluoghi diretti. Sono state, quindi, individuate le aree di pascolo e di alpeggio della regione. Le aree di pascolo e le relative aziende sono state classificate anche secondo altri importanti fattori, quali: periodo di alpeggio; specie allevate; presenza di vitelli al pascolo sotto i 60 giorni di età; grado di sorveglianza (assenza di ricovero notturno o non sorvegliato, ricovero notturno e presenza di cani da guardia, recinto antintrusione e/o dissuasori sonori). Per valutare l impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati i dati relativi alle predazioni ufficialmente denunciate dal 2002 al 2012 e forniti dalle rispettive Amministrazioni provinciali. In questo modo è stato possibile registrare per ogni anno: il numero di allevamenti che hanno subito predazioni; il numero di eventi di predazione o attacchi; il numero di capi predati in totale e per ogni evento di predazione; l entità dei rimborsi in euro erogati dalle amministrazioni provinciali. Tutti i dati raccolti durante il campionamento e i sopralluoghi alle predazioni sono stati in seguito digitalizzati e georeferenziati, cioè identificati da una coppia di coordinate cartesiane X, Y nel sistema di riferimento U.T.M., tramite il software ARCGIS 10.0, che ha permesso la realizzazione di un database utilizzato per le successive analisi, condotte grazie ai software open-source: R ( MaxEnt 3.3.3k ( Per valutare l impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati, come base di partenza, i dati della Banca Dati Nazionale (bovini e ovi-caprini). Gli allevamenti sono stati classificati per: Provincia; 78

79 Specie allevata (bovini e ovi-caprini); Orientamento produttivo per gli ovi-caprini (carne, latte, lana, misto, autoconsumo); Orientamento produttivo e tipologia produttiva per i bovini (carne: ingrasso, linea vacca-vitello, non definito; latte; misto); Modalità (all aperto, stabulato, sconosciuta). Inoltre, per ogni allevamento è stato fornito il numero di capi allevati. Per valutare l esistenza di eventuali differenze significative nella dimensione media degli allevamenti e delle aree di pascolo tra le province è stata utilizzata l Analisi Multifattoriale della Varianza (MANOVA). Per verificare differenze tra le province nella frequenza dei diversi tipi di allevamento è stato utilizzato il G test (analisi per tavole di contingenza mediante il Rapporto di Verosimiglianza, con test esatto di permutazione). I dati delle predazioni sono stati forniti principalmente dagli assessorati competenti delle quattro province liguri. Sono stati considerati il numero di eventi per zona, anno e specie, il numero di capi predati per evento, il numero di capi predati per zona, anno e specie e l importo dei rimborsi. Il test G utilizzato in precedenza è stato applicato per verificare le differenze nella frequenza degli eventi di predazione e dei capi predati tra province, specie allevate e anni. E stata effettuata un analisi di regressione con stima di curve, per verificare eventuali andamenti significativi negli anni, del numero di eventi e del numero di capi predati per evento, per zona e l importo dei rimborsi erogati. Questa analisi di regressione ha permesso d identificare il modello al quale meglio si adattavano i dati considerati. Nella precedente relazione tecnico-scientifica (Meriggi et al., 2012) sono stati formulati diversi modelli predittivi del rischio di predazione sul bestiame da parte di lupo. Per analizzare i fattori ambientali (e non) che influiscono sulla probabilità di predazione, erano state misurate 21 variabili riguardanti le aree di pascolo utilizzate dagli allevamenti. È stato attribuito un codice binario (0/1) a ciascun pascolo: con 1 sono stati indicati i pascoli all interno dei quali si era verificato almeno un caso di predazione, con 0 tutti gli altri. In questo modo sono stati rilevati 69 pascoli con predazioni, i quali sono stati confrontati con altrettanti pascoli, scelti in modo casuale tra quelli dove non era stata accertata la presenza di predazione. Sono stati poi formulati modelli predittivi della probabilità di predazione da parte del lupo nell area di studio attraverso Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB; vedi Parte II) con multi-model inference e i modelli ottenuti sono stati confrontati con il criterio di Akaike corretto (AICc). Come nella Parte II del presente documento, i modelli ottenuti sono stati validati mediante curva ROC e indice di Boyce. Tali validazioni hanno mostrato 79

80 che tra i 3 modelli ARLB, il secondo modello ha mostrato il più alto valore della curva ROC (0,818), mentre il terzo modello quello più elevato dell inidice di Boyce (0,887). Nonostante la validazione abbia complessivamente confermato l efficacia predittiva dei modelli, un ulteriore validazione con i nuovi casi di predazione (avvenuti dopo la formulazione dei modelli) può fornire utili informazioni alla definizione del rischio di predazione da parte del carnivoro. A tal fine i casi di predazione sul bestiame registrati nell ultimo anno di campionamento ( ) sono stati utilizzati per validare, mediante curva ROC e indice di Boyce, i 3 modelli precedentemente sviluppati. 80

81 RISULTATI Analizzando i report della Banca Dati Nazionale, gli allevamenti di bovini e ovi-caprini in Liguria non sono risultati distribuiti in modo omogeneo nelle quattro province. Il dato generale mostra che gli allevamenti di ovi-caprini sono molto più numerosi rispetto a quelli di bovini (N=3044 e N=1371, rispettivamente). Osservando le singole province risulta che gli allevamenti di bovini sono molto più numerosi in provincia di Genova e La Spezia. In quelle di Genova e Savona è invece presente il maggior numero di allevamenti di ovi-caprini. A Imperia è presente una minore concentrazione di entrambi i tipi di allevamento (Fig. 5.1). Fig. 5.1 Numero di allevamenti di bestiame nelle province liguri 81

82 È stata riscontrata, per gli allevamenti bovini, una maggiore concentrazione in pochi comuni soprattutto in provincia di Genova e nel settore occidentale della provincia di La Spezia (Fig. 5.2). Gli allevamenti di ovi-caprini sono risultati distribuiti maggiormente nella porzione orientale della provincia di Savona, in pochi comuni della provincia di Genova e nella fascia appenninica della provincia di La Spezia (Fig. 5.3) Fig. 5.2 Distribuzione per comune degli allevamenti bovini in Liguria Fig. 5.3 Distribuzione per comune degli allevamenti ovi-caprini in Liguria 82

83 Il numero medio di capi bovini presenti negli allevamenti è risultato 5,8 (min=1, max=763) senza variazioni significative tra le province (F=1,52; gl=3; P=0,208). Per gli allevamenti di ovicaprini il numero medio è stato di 10,6 (min=1, max=1169) con differenze significative tra le province (F=17,24; gl=3; P<0,0001). Il test di Bonferroni ha messo in evidenza differenze significative per gli ovi-caprini tra la provincia di Imperia e tutte le altre (P<0,0001) e tra la provincia di Genova e quella di Savona (P=0,045). Analizzando entrambe le tipologie complessivamente sono risultate differenze significative tra province (F=6,61; P<0,0001) e tra specie allevate (F=28,09; P<0,0001) per le dimensioni degli allevamenti; anche l interazione tra i due fattori è risultata statisticamente significativa (F=7,51; P<0,0001). La provincia con gli allevamenti di maggiori dimensioni di ovi-caprini è risultata Imperia, mentre per i bovini La Spezia (Fig. 5.4). Fig. 5.4 Variazione della dimensione degli allevamenti nelle province liguri 83

84 L orientamento produttivo maggiormente utilizzato dagli allevatori di bovini (N=1371) in tutte le province è risultato quello da carne. A Genova sono stati adottati con percentuali rilevanti anche l orientamento misto (39%) e da latte (14%). Tra gli allevamenti da carne, quelli in cui viene adottata la tipologia produttiva linea vacca-vitello, risultano distribuiti maggiormente nella provincia di La Spezia (42%) e Savona (29%). In provincia di Genova e in quella di Imperia la linea vacca-vitello viene adottata in misura minore(16% e 13% rispettivamente) (Fig. 5.5). Fig. 5.5 Orientamento produttivo e tipologia produttiva di allevamenti bovini nelle province liguri 84

85 Analizzando i dati relativi alle modalità di conduzione degli allevamenti bovini, si evidenzia che è per oltre il 50% sconosciuta in tutte le province. Per i restanti allevamenti, di cui si hanno i dati, a Imperia il 97% sono risultati condotti all aperto, mentre a Savona risultano tutti stabulati (14%). Nella provincia di Genova la maggior parte degli allevamenti risulta stabulata (26%) e in misura minore all aperto (6%). Analogamente anche in provincia di La Spezia per il 29% risulta stabulata e per il 16% all aperto (Fig. 5.6). Fig. 5.6 Modalità di conduzione degli allevamenti bovini nelle province liguri 85

86 Negli allevamenti di ovi-caprini è stata adottata più frequentemente la tipologia produttiva mista nelle province di Genova (75%) e Savona (47%), a La Spezia si equivalgono gli allevamenti da autoconsumo e misto (circa 40%), mentre a Imperia prevalgono gli allevamenti da autoconsumo (56%). Per gli altri orientamenti produttivi, in provincia di Genova, Savona e La Spezia quelli da carne rappresentano circa il 20%; gli allevamenti da latte sono circa il 3% a Imperia e Savona mentre sono scarsamente rappresentati in tutte le province quelli da lana (Fig. 5.7). Fig. 5.7 Orientamento produttivo degli allevamenti ovi-caprini nelle province liguri 86

87 La modalità di conduzione preponderante, negli allevamenti di ovi-caprini, è risultata quella all aperto, con percentuali superiori al 50%, in tutte le province. La percentuale più alta è risultata in provincia di La Spezia con il 94% seguita da Imperia con l 85%. Gli allevamenti stabulati hanno percentuali minori e sono risultati presenti solo in provincia di Genova e Savona, dove hanno raggiunto il 40% e il 30% rispettivamente (Fig. 5.8). Fig. 5.8 Modalità di conduzione degli allevamenti ovi-caprini nelle province liguri 87

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