Obesità: trattamento multidisciplinare ed educazione alimentare infantile
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- Emma Corona
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1 Obesità: trattamento multidisciplinare ed educazione alimentare infantile Corsi di formazione professionale per medici, nutrizionisti, psicologi ed insegnanti Diretto e coordinato dal prof. Luca Pecchioli Le basi neurologiche della fame e della sazietà Dott.ssa J. Faroni (Responsabile Unità Funzionale di Neurologia dell INI) Endocrinologia dell obesità Prof. G. Messina (Prof. a contratto di Istituzioni di Dietologia U.C.S.C.)
2 Il controllo neuroendocrino del peso corporeo Al pari di altri parametri biologici il peso e la composizione corporea di un qualsiasi essere vivente vengono mantenuti, dopo il raggiungimento della taglia definitiva o alla fine della sua crescita, entro limiti ben definiti con un range di oscillazione minimo. Anche nell'uomo il peso corporeo sembra essere omeostaticamente controllato. Nella persona adulta in buone condizioni di salute il peso corporeo varia in ragione di ± 0.1 kg al giorno. Esempi di quanto questo possa essere trasferito al peso corporeo sono dati dalla tendenza nelle persone che hanno perso peso, a causa di restrizioni alimentari, a riguadagnare in breve tempo al peso iniziale una volta riportate in condizioni alimentari favorevoli. La gravità della perdita di peso in un individuo dipende peraltro dalla velocità del calo ponderale e dall'ammontare del peso perduto. Si suole ritenere come clinicamente significativa una perdita di peso superiore al 10% del peso ideale nell'arco di 6 mesi. In un digiuno assoluto la velocità del calo ponderale può essere anche di 0.4 kg al dì e la sopravvivenza non può più essere garantita dopo una perdita di peso che superi il 30% del peso iniziale. In situazioni di cronica carenza nutrizionale o in corso di malattie croniche cachetizanti è stato visto che il peso minimo vitale è compreso tra il 48-55% del peso desiderabile o di un BMI tra kg/m2 allorché le riserve adipose si riducono a meno del 5% del peso corporeo e la rapida deplezione proteica conduce inesorabilmente alla morte. La regolazione del peso corporeo È quindi evidente che il mantenimento di un adeguato peso corporeo è un importante determinante della sopravvivenza degli organismi superiori inclusi i mammiferi. Inoltre, poiché le scorte energetiche rappresentate dalle proteine ed dai glucidi variano in maniera quantitativamente irrilevante nel tempo, la regolazione del peso corporeo è rappresentata in ultima analisi dalle variazioni della massa adiposa. I meccanismi che regolano la seconda fase sono profondamente diversi da quelli che accompagnano la prima fase e implicano l'intervento di sistemi integrati di controllo situati a livello del sistema nervoso centrale. La principale struttura anatomo-funzionale dell'ipotalamo: Il Nucleo Arcuato Il nucleo arcuato (ARC) è sicuramente uno dei nuclei ipotalamici principalmente coinvolti nella regolazione del bilancio energetico. I neuroni in esso contenuti possiedono recettori per una serie di ormoni coinvolti nella regolazione dell'introito alimentare, quali la leptina, i glicocorticoidi, gli estrogeni, il progesterone, l'ormone della crescita, la ghrelina e la barriera emato-encefalica in questa parte del cervello (12) è liberamente permeabile a queste molecole segnale. È stato infatti osservato che la somministrazione intra-cerebro-ventriculare (icv) di acido oleico nel topo riduce l'assunzione di cibo attraverso l'inibizione del neuroormone oressizzante neuropeptide Y (NPY). Pertanto il nucleo ARC potrebbe essere considerato un complesso sensore metabolico, poiché riceve e integra a livello centrale le informazione metaboliche ed endocrine dalla periferia circa lo stato energetico del corpo. Nella rete neuronale emergente dal nucleo ARC si possono distinguere neuroni in cui
3 vengono co-espressi due neuropeptidi ampliamente coinvolti nella regolazione dell'assunzione di cibo e nel controllo e del bilancio energetico come NPY e Agouti- Related Protein (AgRP) e neuroni in cui vengono co-espressi altri due importanti neuroormoni: la pro-opiomelanocortina (POMC) e il Cocaine and Amphetamine- Regulated Transcript (CART). Neuropeptide Y Il NPY è un peptide oressizzante di 36 aminoacidi sintetizzato perlopiù a livello del nucleo ARC, esso svolge tutta una serie di azioni endocrine e ha una profonda influenza sul comportamento. Esso appartine alla famiglia del polipeptide pancreatico (PP) ed è sicuramente il neuropeptide più rappresentato a livello cerebrale, ma è presente in molti altri organi. Il NPY viene rilasciato anche a livello del nucleo ARC dove regola l'attività degli stessi neuroni NPY/AgRP in un feed back ultra breve mediato da recettori di tipo NPY-Y2/Y4. La concezione di una ripartizione dualistica dei centri deputati al controllo della spesa energetica viene esplicitata dalla dicotomia anatomofunzionale dei neuroni NPY/AgRP del nucleo ARC stesso. Infatti in condizioni di deficit energetico un aumento dell'espressione di NPY avviene selettivamente nella porzione mediale del ARC che proietta sul DMH. Cinque diversi recettori per il NPY sono stati riconosciuti a livello encefalico (dal NPY-Y1 al Y5 receptors). I recettori NPY-Y1, -Y2, -Y4 e -Y5 sono ampiamente distribuiti a livello ipotalamico, mentre il sottotipo recettoriale Y3 è localizzato a livello del nucleo del tratto solitario (NTS). Effetto del NPY sul bilancio energetico e sullo sviluppo dell'obesità La rete neuropeptidergica NPY/AgRP presente a livello del nucleo ARC rappresenta probabilmente uno dei più raffinati e potenti sistemi di controllo in grado di analizzare e far fronte a una situazione di richiesta energetica (37). La sintesi e le secrezione di NPY dall'ipotalamo aumenta in risposta al digiuno, all'esercizio fisico, al deficit di insulina o di leptina. In accordo con il modello lipostatico del controllo del peso, la riduzione del contenuto in adipe e il conseguente riduzione dei livelli circolanti di leptina costituisce verosimilmente l'evento regolatorio principale che accende l'attività dei neuroni NPY/AgRP a livello del nucleo ARC. La somministrazione i.c.v. di NPY provoca una durevole stimolazione dell'introito alimentare che supera ogni altro sistema di controllo sulla regolazione del peso corporeo. La somministrazione i.c.v. di NPY induce un aumento dell'insulinemia, dell'attività liposintetica del fegato e del tessuto adiposo accompagnata in questo ultimo tessuto da un aumento della sensibilità all'insulina e conseguentemente della captazione di glucosio e da un aumento dell'attività della lipoprotein lipasi. La somministrazione di NPY conduce anche ad uno stato di insulino-resistenza a livello del muscolo scheletrico, ricreando pertanto, nel suo complesso, una situazione molto simile a quanto osservato nella fase dinamica dell'obesità geneticamente determinata del ratto fa/fa o della sindrome metabolica nell'uomo. L'infusione i.c.v. di NPY nel ratto normale conduce inoltre ad un aumento dell'espressione del gene ob a livello del tessuto adipose probabilmente secondario all'iperinsulinemia e all'espansione della massa adiposa.
4 A livello del sistema nervoso centrale l'insulina stimola le spesa energetica, deprime la sensazione di fame e tende a ridurre il peso corporeo attraverso l'inibizione dei neuroni NPYergici, che possiedono recettori per l'insulina, siti a livello del nucleo ARC. Diversi modelli animali di obesità genetica, caratterizzati da iperfagia, iperinsulinemia e insulino-resistenza (topi ob/ob e db/db e ratti Zucker fa/fa), mostrano elevate concentrazioni di mrna del NPY e una inappropriata e illimitata attività secretoria dei neuroni NPY del nucleo ARC e PVN, verosimilmente dovuto alla mancanza del segnale inibitorio della leptina su questi neuroni. Al contrario, nei ratti nutriti con una dieta ad alto contenuto in grassi i livelli ipotalamici di mrna del NPY risultano ridotti, suggerendo che i neuroni del sistema ARC-PVN non sono implicati nella genesi di questo modello di obesità sperimentale (Errore. Nonostante queste importanti evidenze sperimentali a favore di un ruolo di cruciale importanza del NPY nella regolazione del comportamento alimentare e del bilancio energetico, vi è da notare che il topo geneticamente privo della capacità di sintetizzare NPY (knockout) mostra un normale introito alimentare e cresce regolarmente. La mancanza di NPY nel controllo dell'omeostasi energetica nell'animale trasgenico è probabilmente compensate dal sistema neuropeptidergico AgRP coestresso nella gran parte dei neuroni NPYergici del nucleo ARC. Agouti-related protein (AgRP) AgRP è un nuovo peptide oressizzante, espresso e presente in tutte le cellule nervose che contengono NPY nel nucleo ARC, ma non in altre parti del cervello. Come per NPY, la sintesi di AgRP è aumentata in presenza di un deficit della leptina o durante il digiuno; al contrario viene inibita dal trattamento con leptina. Rispetto al NPY che rappresenta per potenza d'azione oressizzante il termine primo di paragone, l'effetto del AgRP è minore, ma più prolungato. È espresso dal nucleo ARC e diversi dei suoi effetti sul bilancio energetico sembrano essere mediate dall'a-msh, che esercita il suo effetto attraverso i recettori della melanocortina. Nell'uomo è stato più volte osservato che alterazioni geneticamente determinate del recettore MC4-R e del gene che codifica per il POMC sono associati allo sviluppo della grande obesità. Tutte queste osservazioni suggeriscono che la tonica stimolazione del recettore MC4 riduce l'assunzione di cibo e il peso corporeo. Cocaine and amphetamine-regulated transcript (CART) Il CART è un altro fattore presente principalmente a livello dei nuclei ARC, PVN, dorsomedial (DMN) capace di inibire l'assunzione di cibo una volta somministrato i.c.v. Nei ratti tenuti a digiuno, nei topi ob/ob geneticamente obesi, che sono leptino deficienti e nel ratto Zucker fa/fa, caratterizzato da un difetto del recettore della leptina i livelli di CART sono ridotti. Il CART POMC sono colocalizzati in una sottopopolazione di neuroni nel nucleo ARC che si distribuiscono al LH, PVN e nei neuroni simpatici pregangliari a livello del midollo spinale. Questi neuroni, come si è già ditto, rispondono direttamente alla leptina ed è possible pensare che essi possano mediare l'effetto inibitorio della leptina sull'ingestione di cibo. Inoltre il CART è colocalizzato con MCH nel LH, suggerendo la modulazione da parte del CART
5 sull'azione oressizzante del MCH. Vi è da considerare che la maggior parte dei neuroni NPY/AgRP e POMC/CART esprime il recettore della leptina e che recettori per l'insulina sono presenti in maniera particolare nel nucleo ARC. I neuroni NPY/AgRP vengono fortemente attivati da bassi livelli di leptina e dal deficit di insulina. Al contrario bassi livelli di leptina e di insulina inibiscono l'espressione di POMC e CART nel nucleo ARC. I centri effettori I neuroni a NPY/AgRP e POMC/CART del nucleo ARC mandono delle efferenze hypothalamic a molte altre aree ipotalamiche, incluso il PVN, la zona incerta, la regione perifornicale (PFA) e l'area LH. IL PVN che è ritenuto essere un importante centro di integrazione è collocato a livello del tetto del terzo ventricolo nella porzione anteriore dell'ipotalamo. Melanin-concentrating hormone Il Melanin-concentrating hormone stimola l'introito alimentare quando viene somministrato nel terzo ventricolo dei roditori. Similmente al NPY il legame del MCH al suo specifico recettore induce una proteina G inibitoria, inibendo pertanto la formazione di AMP ciclico e conseguentemente ad una riduzione del segnale da parte della protein chinasi A (PKA). L'iniezione i.c.v. di orexina stimola la ricerca di cibo, mentre la sua espressione genica aumenta in risposta al digiuno e al deficit di leptina. Al contrario la somministrazione i.c.v. di orexina-a non ha alcun effetto sulla regolazione del peso corporeo nel ratto; inoltre topo knokout per l'orexina induce, sia pur lentamente, un incremento ponderale nonostante un decremento dell'introito alimentare. Come è noto i livelli glicemici e la concentrazione intracerebrale del glucosio condizionano la ricerca del cibo ed è stato notato recentemente come l'ipoglicemia possa influenzare anche l'attività dei neuroni contenenti orexina. Ciò potrebbe essere importante nella regolazione dei neuroni a orexina e di altri sistemi neuronali sensibili al glucosio. È importante notare come i neuroni del LH contenenti MCH raggiungano la corteccia cerebrale, costituendo pertanto la più importante via neuronale al di fuori dell'ipotalamo. É pertanto possibile ipotizzare che segnali metabolici attraverso le vie nucleari del nucleo ARC e del LH possano influenzare le funzioni cognitive traducendo pertanto i segnali periferici dovuti al deficit energetico nella sensazione cosciente di fame. Inoltre recettori per la leptina sono stati rinvenuti a livello neuronale nei nuclei PVN e LH anche se in minor quantità rispetto al nucleo ARC suggerendo che sia il nucleo PVN che il nucleo LH intervengano nella modulazione dei segnali circolanti di adiposità. Il ruolo degli endocannabinoidi nella regolazione dell'appetito e nello sviluppo dell'obesità. Vi sono numerosi dati circa l'effetto dei cannabinoidi sull'introito alimentare dell'animale da esperimento. I livelli di endocannabinoidi nell'ipotalamo sono elevati nei nei topi e nei ratti geneticamente obesi a causa di un deficit di produzione o azione della leptina, mentre la somministrazione di leptina nel ratto normale o nel
6 topo ob/ob riduce i livelli di anandamide e di 2-arachidonoil glicerolo. Un aumento del consumo di cibo e del peso corporeo è stato visto dopo fumo di marijuana per un mese, peraltro rapidamente reversibile dopo aver cessato l'uso della marijuana. Tutti i dati sinora raccolti suggeriscono che il sistema endocannabinoide sia profondamente implicate nella regolazione del comportamento alimentare. Sebbene diversi peptidi, in situazioni sperimentali controllate, abbiano mostrato di influenzare la quantità di cibo ingerita (glucagone, bombesina, somatostatina, enterostatina, insulina), vi è una importante evidenza a favore del fatto che la colecistochinina giochi un ruolo fisiologico di primaria importanza nel controllo della quantità del cibo ingerito durante un pasto. Colecistochinina (CCK) La colecistochinina (CCK) è presente sia nel sistema nervosa centrale che nelle cellule endocrine del duodeno e del digiuno. Oltre alla sua azione sul sistema gastrointestinale (contrazione della colecisti, secrezione esocrina pancreatica, riempimento e secrezione acida dello stomaco, motilità intestinale), la somministrazione di CCK comporta una riduzione dell'introito alimentare in diversi modelli animali. Sino a ora sono stati identificati due recettori del CCK (A e B). Il recettore di tipo B è ampiamente distribuito a livello del SNC. È stato visto che il blocco dei recettori CCK di tipo A, ma non di tipo B, si oppone all'effetto saziante della somministrazione esogena di CCK portando inoltre, nel ratto, a un aumento dell'introito alimentare basale a causa di un'inibizione dell'azione della CCK endogena. Entrambi questi meccanismi richiedono l'integrità del nervo vago ed in particolare di quelle fibre vagali responsive al CCK che terminano a livello del NTS che, a sua volta, manda delle proiezioni nervose al PVN, che è l'area più importante per l'integrazione dei segnali che provengono dalla periferia con i sistemi e le aree effettrici centrali. Oltre alla sua azione di stimolo alla secrezione dell'ormone della crescita, una serie di evidenze sperimentali ha assegnato alla ghrelina un ruolo nel controllo del bilancio energetico e nella regolazione del peso corporeo. La ghrelina lega uno specifico recettore trasmembrana di 366 aminoacidi appartenente alla famiglia della rodopsina e legato ad una proteina G. Il sottotipo recettoriale biologicamente attivo della ghrelina (GHS-R1a) è espresso a livello dell'ipofisi e con un livello più basso di espressione nella tiroide, pancreas, milza, miocardio and ghiandola surrelale, mentre l'espressione del sottotipo recettoriale GHS-R1b è distribuita in moltissimi tessuti. La ghrelina circolante deriva perlopiù dallo stomaco e le sue concentrazioni plasmatiche sono influenzate dalle variazioni delle condizioni nutrizionali sia nel breve che nel lungo periodo. Una riduzione postprandiale dei livelli di ghrelina è stata evidenziata anche nell'uomo e l'infusione di ghrelina induce un breve aumento dell'appetito suggerendo perciò che l'inibizione della secrezione della ghrelina subito dopo un pasto possa essere responsabile della cessazione del pasto stesso. Nell'uomo obeso i livelli di ghrelina sono significativamente ridotti rispetto ai soggetti in normopeso, ma non vengono ulteriormente inibiti dall'alimentazione. Le prime
7 sperimentazioni nel topo hanno mostrato che la somministrazione di ghrelin sia i.c.v. che i.p. producevano un aumento dell'introito alimentare e del peso corporeo con un selettivo aumento del tessuto adiposo, indipendentemente dall'attività GH secretagoga della ghrelina. Gli effetti di stimolo della ghrelina sull'appetito sono verosimilmente mediati attraverso vie peptidergiche coinvolgenti l'agrp, con un antagonismo sui recettori MC4, e la secrezione di NPY. La ghrelina rende reversibile l'effetto anoressizzante della leptina, suggerendo che la ghrelina e la leptina possano agire su uno stesso sistema neuronale effettore. Recenti osservazioni circa le implicazioni metaboliche della ghrelina hanno messo in evidenza come l'aumento del tessuto adiposo che si ottiene in seguito al trattamento con ghrelina è associato ad un aumento del quoziente respiratorio che assume il significato di una riduzione dell'ossidazione lipidica. Queste osservazioni sollevano l'interessante possibilità che l'effetto della ghrelina sul peso corporeo sia dovuto ad un aumento dell'introito alimentare con una preferenziale indirizzo dei substrati lipidici verso la liposintesi nel tessuto adiposo piuttosto che verso l'ossidazione, ma un effetto diretto della ghrelina sul metabolismo energetico periferico non è stato ancora dimostrato. Nell'uomo un polimorfismo del gene della ghrelina può essere potenzialmente legato alle variazioni del peso corporeo nella popolazione generale. Molti anni dopo, la scoperta della leptina ha confermato la congruità della teoria adipostatica nel controllo del bilancio energetico. La leptina è sintetizzata prevalentemente, ma non esclusivamente, nell'organo adiposo ed è secreta e presente nel plasma il quantità proporzionali al contenuto di grasso corporeo. Il ruolo della leptina nel controllo del bilancio energetico è cruciale e ciò è dimostrato dal fatto che il deficit geneticamente determinato dell'ormone o del suo recettore causa una importante iperfagia, una grave obesità e numerose alterazioni neuroendocrine e metaboliche sia nei roditori che nell'uomo. I recettori per la leptina sono espressi a livello dei neuroni del SNC coinvolti nella regolazione del bilancio energetico come il nucleo ARC, VMN, DMH e altre regioni ipotalamiche. Il recettore della leptina attiva il sistema di traduzione del segnale JAK (Janus kinase) e STAT (signal transducer and activator of transcription), ciò comporta l'alterazione dell'espressione di molti peptidi ipotalamici tra cui il NPY, POMC, MSH, AgRP, CART, orexina, MCH, neurotensina e CCK. Vi è da considerare che la leptina agisce preferenzialmente modulando vie peptidergiche, infatti recenti evidenze hanno mostrato che l'ormone adipocitario non interferisce con le vie serotoninergiche nel controllo del bilancio energetico e del comportamento alimentare. Oltre al suo effetto anti-obesità, è stato proposto che la leptina possa essere coinvolta nei meccanismi adattativi alle situazioni ambientali sfavorevoli e con una ridotta disponibilità di cibo. In questo contesto la leptina svolgerebbe un'azione di risparmio energetico riducendo la sintesi e l'attività termogenetica degli ormoni tiroidei, sopprimendo la funzione gonadica e pertanto prevenendo un surplus di richiesta energetica a causa della gravidanza e del successivo periodo di allattamento; d'altra parte la leptina tenderebbe ad una maggior mobilizzazione delle scorte energetiche attraverso un aumento della secrezione dei glucocorticoidi. È stato osservato in seguito che le mutazioni del gene ob nella popolazione umana sono estremamente
8 rare e che la maggior parte dei soggetti obesi mostrano livelli di leptina elevati, suggerendo che l'obesità possa essere considerata uno stato di "leptino-resistenza" nella maggio parte dei casi. Un difetto del recettore per la leptina dovuto ad una mutazione del gene, similmente a quanto avviene nei casi di obesità genetica nell'animale, è stato ritrovato in alcuni membri affetti da grande obesità provenienti da due famiglie non legate tra di loro, ma anche questa mutazione sembra essere estremamente bassa nella popolazione generale. Sono stati proposti altri potenziali meccanismi per spiegare la genesi della resistenza all'azione della leptina e tra questi un difetto del trasporto dell'ormone all'interno della barriera ematoencefalica, un difetto del sistema recettoriale o un deficit del sistema di segnale post-recettoriale. Al momento attuale numerose sono le ipotesi che sono state formulate per spiegare la genesi della leptinoresistenza a livello del SNC, ma solo recentemente è stato visto suggerito che il sistema di segnale coinvolgente il SOCS-3 (suppressor-of-cytokine signalling-3), che può essere definito come un inibitore (indotto dalla leptyina stessa) del segnale scaturito dall'interazione tra leptina e suo recettore che previene l'attivazione della via Jak-STAT. In alcuni di questi neuroni e in particolari in quelli che proiettano verso il PVN, vi è la contemporanea presenza all'interno dello stesso neurone della noradrenalina e del NPY. Similmente a quanto abbiamo descritto per NPY, la somministrazione i.c.v. di noradrenalina aumenta l'introito alimentare e conduce ad un aumento del peso. Serotonina (5-HT) La serotonina è sintetizzata nel nei neuroni del nucleo del raphe dorsale (DRN) e si distribuisce su vie neuronali dirette al PVN, VMN ed altre regioni dell'encefalo anteriore. Gli agonisti della 5-HT riducono il peso nell'uomo attraverso l'inibizione dell'appetito ed un aumento della spesa energetica, probabilmente agendo a livello del sottotipo recettoriale 5-HT2C. Le alterazioni ormonali degli altri sistemi ghiandolari Alcune di queste alterazioni ormonali sembrerebbero secondarie all'obesità, dal momento che regrediscono dopo la riduzione del peso corporeo. D'altra parte, l'eccessiva produzione di alcuni ormoni o la soppressione di altri possono interferire sulla patogenesi della stessa obesità e sulla distribuzione del tessuto adiposo ed in particolare sulla localizzazione centrale dell'adipe. Cortisolo Secondo Bjontorp, l'obesità è una condizione caratterizzata da un'aumentata azione periferica del cortisolo. La situazione di ipercortisolismo o di aumentato effetto periferico del cortisolo è più evidente nell'obesità viscerale o centrale rispetto all'obesità periferica gluteofemorale. Nell'obesità androide sono stati infatti dimostrati un'aumentata cortisoluria e un incremento della stimolazione dell'acth sulla secrezione di cortisolo e di ormoni
9 androgeni. È verosimile perciò che nell'obesità addominale sia presente un'ipersensibilità e un'iperresponsività dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene regolato dal fine controllo dei recettori glucocorticoidi nel sistema nervoso centrale. L'ipersecrezione di cortisolo nell'obesità addominale sembra perciò dovuta a ipersensibilità dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene nei confronti di stimoli ambientali probabilmente secondaria a una down-regulation dalla funzione dei recettori glucocorticoidi. All'ipercortisolismo si associa nell'obesità addominale un aumento degli androgeni specie nel sesso femminile, espressione di un ipersurrenalismo. Non solo nell'obesità addominale ma anche nel diabete tipo 2 con insulino-resistenza è stata dimostrata un'elevata concentrazione diurna di cortisolo così come quella di ACTH e di -endorfina e una alterata capacità soppressiva del desametasone. In modelli animali è stato dimostrato il ruolo del cortisolo come fattore di stress precipitante la comparsa del diabete. Nel diabete tipo 2 dell'uomo è difficile interpretare il possibile ruolo dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene nella patogenesi delle alterazioni metaboliche proprie del diabete anche perché la stessa iperglicemia e lo scompenso metabolico del diabete possono indurre alterazioni neuroendocrine e della risposta del cortisolo agli stimoli. D'altra parte è comprovato come il cortisolo induca insulino-resistenza mediante l'inibizione del trasporto del glucosio, dell'attività della glicogeno-sintasi muscolare, di molte tappe recettoriali e postrecettoriali del segnale insulinico e infine mediante stimolazione della lipolisi del tessuto adiposo e quindi della concentrazione plasmatica di FFA. Il cortisolo favorisce inoltre l'aumento del grasso viscerale. I pazienti con sindrome di Cushing hanno un'elevata attività lipoproteinlipasica (LPL) nel tessuto adiposo addominale e non nel tessuto sottocutaneo. L'esposizione ad alti livelli di cortisolo induce, nelle cellule adipose in coltura, un aumento dell'attività lipoproteinlipasica per stimolazione della trascrizione del gene della LPL mediata da specifici recettori dei glucocorticoidi. La lipasi del tessuto adiposo addominale dopo stimolazione con catecolamine risulta ridotta nei pazienti con sindrome di Cushing. Dai risultati ottenuti in vivo e in vitro si può concludere che gli effetti del cortisolo, in presenza di insulina e di basse concentrazioni di GH, nel tessuto adiposo determinano un aumento dell'attività della LPL e una riduzione dell'attività lipolitica con conseguente aumento dell'accumulo di lipidi soprattutto a livello viscerale. Catecolamine L'escrezione urinaria di noradrenalina nelle 24 ore è correlata al grado di obesità, alla distribuzione centrale del tessuto adiposo e all'iperinsulinemia che accompagna l'obesità. Peraltro in letteratura esistono dati molto discordanti sui livelli di noradrenalina in corso di obesità, come risulta in una recente revisione della letteratura. L'escrezione urinaria di noradrenalina è correlata non solo con il grado di obesità e con la massa magra, ma in particolare con la distribuzione centrale del
10 tessuto adiposo. I più alti valori sono infatti risultati presenti nell'obesità addominale. Anche gli studi microneurografici hanno evidenziato nell'obesità un'elevata attività simpatica muscolare correlata con l'aumento del peso corporeo. Per quanto riguarda la funzione della midollare surrenalica nell'obesità, dalla letteratura scaturisce che esiste una ridotta secrezione di adrenalina. La ridotta attività della midollare nell'obesità potrebbe essere indotta da un relativo iperestrogenismo. Testosterone Nell'uomo obeso i livelli totali di testosterone risultano ridotti. Recentemente, a seconda della diversa distribuzione del tessuto adiposo, si può specificamente attribuire un relativo ipogonadismo all'obesità centrale maschile. Il relativo ipogonadismo del maschio obeso è strettamente correlato con l'insulino-resistenza. Numerosi studi epidemiologici hanno confermato una relazione negativa tra massa adiposa centrale e testosterone. D'altra parte l'utilizzazione non ossidativa del glucosio è ridotta in funzione del WHR e dei livelli ridotti di testosterone totale e libero. Una possibile azione del testosterone sulla sensibilità insulinica è stata da tempo discussa. A dosi elevate la somministrazione di testosterone o di anabolizzanti induce al contrario un peggioramento della sensibilità all'insulina e della tolleranza al glucosio. In presenza di un deficit di testosterone l'attività della glicogeno-sintasi e della sintesi di glicogeno sono inibite e si accompagnano a insulino-resistenza muscolare e sistemica con conseguente riduzione della utilizzazione non-ossidativa del glucosio. A elevate concentrazioni di glucosio ricompare la riduzione dell'attività della glicogeno-sintasi e del trasporto del glucosio. Un trattamento cronico con androgeni può indurre una specifica riduzione, anche se limitata, del grasso viscerale senza interferenze sul grasso delle altre regioni e in particolare sul grasso sottocutaneo. Dopo trattamento con testosterone si assiste ad una riduzione a livello del grasso viscerale, dell'utilizzazione dei lipidi, del turnover dei trigliceridi e dell'attività della lipoproteinlipasi, mentre la lipolisi risulta essere stimolata. Il particolare tropismo del testosterone sul grasso viscerale può essere dovuto alla più elevata densità di adipociti e quindi di recettori androgenici, alla maggiore innervazione e alla maggiore vascolarizzazione del tessuto adiposo viscerale. Nella donna obesa, al contrario dell'uomo, è presente un aumento del testosterone totale e libero mentre l'shbg risulta ridotto. Consensualmente all'aumento del testosterone l'shbg risulta ridotto contribuendo di per sé alla distribuzione centrale dell'adiposità. I ridotti livelli di SHBG, generalmente indicatori di iperandrogenismo e l'aumento del testosterone libero sono associati ad insulino-resistenza nelle donne sia in fase pre che post-menopausale. L'iperandrogenismo nella donna è dunque seguito da una condizione di insulino-resistenza. D'altra parte anche l'iperinsulinemia secondaria all'insulino-resistenza causa un'aumentata produzione di androgeni.
11 Gli effetti dell'insulina sul trasporto del glucosio, sulla sintesi di glicogeno e sulla glicogeno-sintasi sono inibiti. Il testosterone causa un accumulo di tessuto adiposo viscerale nella donna, e potrebbe costituire un fattore predisponente per l'accumulo di grasso viscerale nella donna iperandrogenica. I recettori androgeni nel tessuto adiposo femminile sembrano possedere le stesse caratteristiche di quelle riscontrate nel tessuto adiposo maschile. La riduzione degli estrogeni nella fase postmenopausale favorisce l'accumulo di grasso viscerale e costituisce il fattore decisivo nel predisporre la donna a presentare un'obesità centrale. Ormoni sessuali femminili L'obesità nella donna è seguita da irregolarità mestruali e da alterazioni della secrezione degli ormoni steroidi femminili, che originano a livello della gonadotropine e dei loro releasing-ormoni-ipotalamici. Tali disordini della secrezione degli ormoni steroidi sessuali sembrano essere presenti soprattutto nella donna con obesità addominale centrale, che presenta più frequentemente irregolarità mestruali o amenorrea. Queste alterazioni si accompagnano a una ridotta produzione di progesterone mentre gli estrogeni sembrano essere normali nelle varie fasi del ciclo mestruale. La produzione di estrogeni è stata riportata elevata in varie osservazioni della letteratura. La regolazione della sensibilità insulinica da parte degli ormoni steroidi femminili è un argomento piuttosto complesso. Gli effetti della terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa e del trattamento contraccettivo sono stati ampiamente studiati, ma non sembrano globalmente significativi ed omogenei, dipendendo dal tipo e dalla durata del trattamento e del fenotipo delle donne trattate. Peraltro, il trattamento con estrogeni (17- estradiolo) in donne diabetiche insulinoresistenti, aumentando l'shbg e, riducendo il testosterone libero e l'eventuale iperandogenismo, determina un netto miglioramento del compenso metabolico e della sensibilità insulinica. L'effetto degli estrogeni è dunque positivo sulla sensibilità insulinica a livello epatico riducendo la produzione epatica di glucosio e, a livello muscolare, aumentando il trasporto del glucosio. La distribuzione femminile del tessuto adiposo, prevalente a livello gluteofemorale, rispetto all'addome e alla regione viscerale, è condizionata dagli ormoni steroidi femminili. Nella fase menopausale la distribuzione femminile del grasso viene meno, prevalendo invece l'accumulo centrale-viscerale, che peraltro può essere prevenuto dal trattamento sostitutivo. Il trattamento ormonale sostitutivo, ma soprattutto gli estrogeni, inducono un ripristino del metabolismo premenopausale. Si può concludere che gli steroidi sessuali femminili condizionano il metabolismo del tessuto adiposo e la distribuzione regionale. Il cambiamento della distribuzione del grasso corporeo dopo la menopausa con localizzazione centrale è associata con il deficit degli ormoni steroidi sessuali femminili. L'iperandrogenismo, l'aumentata secrezione di cortisolo e i ridotti livelli di GH, frequentemente presenti nelle donne
12 con obesità viscerale, possono essere coinvolti nella centralizzazione del grasso corporeo, potenziando il difetto degli estrogeni. GH Nell'obesità i livelli dell'ormone della crescita (GH) sono bassi e la sua secrezione pulsatile è ridotta sia per frequenza che per altezza dei picchi. Il deficit di secrezione del GH sembra particolarmente pronunciato nell'obesità viscerale. Dopo riduzione del peso corporeo si assiste ad un recupero progressivo della secrezione di GH e della risposta agli stimoli in parte forse determinata da una riduzione degli FFA plasmatici. Dopo somministrazione di testosterone, nell'uomo con obesità viscerale, la secrezione di GH migliora, anche se non si normalizza, suggerendo che il testosterone possa in parte controllare la secrezione di GH. In questo senso la ridotta secrezione di GH nell'obesità viscerale potrebbe contribuire allo sviluppo dell'insulino-resistenza. Il GH è stato anche implicato nella regolazione della massa adiposa viscerale. L'acromegalia, caratterizzata da elevati livelli di GH, si associa a ridotti depositi di grasso viscerale mentre al contrario le situazioni caratterizzate da ridotti livelli di GH, come l'ipofisectomia, sono caratterizzati da un marcato aumento del grasso viscerale. In questa azione di regolazione del tessuto adiposo viscerale esiste una sinergia tra GH e ormoni steroidi. Anche gli effetti del GH sulla lipolisi sono condizionati dai glucocorticoidi e dagli ormoni tiroidei. L'aumento delle concentrazioni di FFA indotto dal GH potrebbe a sua volta inibire fisiologicamente la secrezione di GH, contribuendo nell'obesità a ridurre le concentrazioni plasmatiche di GH. La soppressione prolungata dei livelli plasmatici di FFA determina infatti nel paziente obeso un aumento della risposta del GH agli stimoli. Dal momento che esiste questa interazione con gli ormoni steroidi, l'aumentato effetto del GH sul tessuto adiposo viscerale potrebbe essere dovuto alla particolare densità dei recettori steroidei in questa sede. In conclusione si può affermare che nell'obesità esiste una refrattarietà della cellula somatotropa alla stimolazione fisiologica del releasing hormone del GH o un'insufficienza funzionale intrinseca al somatotropo stesso, forse condizionata dai livelli elevati di FFA. Questo difetto sarebbe peraltro reversibile, come dimostrato dopo riduzione del peso corporeo e dalla risposta al GHRPs. Anche gli elevati livelli di IGF-1 riscontrati in molti soggetti obesi potrebbero influenzare negativamente la funzione della cellula deputata alla secrezione di somatotropo. Infine non è trascurabile l'aumentata clearance metabolica del GH osservata nell'obesità. Tiroide La riduzione del T 3 durante diete ipocaloriche svolgerebbe una funzione protettiva nei confronti dell'esaltato catabolismo proteico che si osserva negli stati di carenza
13 alimentare. Anche la clearance e la produzione della T 4 sono normali nell'obesità sia essa sottocutanea o viscerale. Era stata infatti osservata nei pazienti obesi una diminuzione dei recettori nucleari della T 3. Gli ormoni tiroidei sono in grado di aumentare i 3-recettori adrenergici nel tessuto adiposo, mediatori dell'effetto lipolitico delle catecolamine. In conclusione nell'obesità non sembrano esistere alterazioni significative della funzione tiroidea capaci di interferire sulla patogenesi dell'obesità stessa. Bibliografia di riferimento: 1. Anand B.K., Brobeck J.R. Hypothalamic control of food intake in rats and cats. Yale J. Biol. Med. 1951, 24: Elmquist J.K., Elias C.F., Saper C.B. From lesions to leptin: hypothalamic control of food intake and body weight. Neuron 1999, 22: Schwartz M.W., Woods S.C., Porte Jr.D., Seeley R.J., Baskin D.G. Central nervous system control of food intake. Nature 2000, 404: Vettor R, Fabris R, Pagano C, Federspil G. Neuroendocrine regulation of eating behavior. J Endocrinol Invest. 2002, 25: Baskin D.G., Breininger J.F., Schwartz M.W. Leptin receptor mrna identifies a subpopulation of neuropeptide Y neurons activated by fasting in rat hypothalamus. Diabetes 1999, 48: Cheung C.C., Clifton D.K., Steiner R.A. Proopiomelanocortin neurons are direct targets for leptin in the hypothalamus. Endocrinology 1997, 138: Cintra A., Bortolotti F. Presence of strong glucocorticoid receptor immunoreactivity within hypothalamic and hypophyseal cells containing proopiomelanocortic peptides. Brain. Res. 1992, 577: Hisano S., Kagotani Y., Tsuruo Y., Daikoku S., Chihara K., Whitnall M.H. Localization of glucocorticoid receptor in neuropeptide Y-containing neurons in the arcuate nucleus of the rat hypothalamus. Neurosci. Lett. 1988, 95: Jirikowski G.F., Merchenthaler I., Rieger G.E., Stumpf W.E. Estradiol target sites immunoreactive for beta-endorphin in the arcuate nucleus of rat and mouse hypothalamus. Neurosci. Lett. 1986, 65: Fox S.R., Harlan R.E., Shivers B.D., Pfaff D.W. Chemical characterization of neuroendocrine targets for progesterone in the female rat brain and pituitary. Neuroendocrinology 1990, 51: Kamegai J., Minami S., Sugihara H., Hasegawa O., Higuchi H., Wakabayashi I. Growth hormone receptor gene is expressed in neuropeptide Y neurons in hypothalamic arcuate nucleus of rats. Endocrinology 1996, 137: Broadwell R.D., Brightman M.W. Entry of peroxidase into neurons of the central and peripheral nervous systems from extracerebral and cerebral blood. J. Comp. Neurol. 1976, 166:
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