Analysis for Brixen. Corso Estivo A.A. 2011/12. Paolo Guiotto

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1 Analysis for Brien Corso Estivo A.A. 0/ Paolo Guiotto

2 Avvertenze Questa avvertenze sono rivolte direttamente all allievo/a, con la speranza di fornirgli/le qualche utile indicazione per un utilizzo proficuo sia della dispensa che del corso. La dispensa contiene essenzialmente esercizi relativi al corso di Analisi Matematica I per la Facoltà di Ingegneria. Per trarne beneficio, bisogna aver ripassato la teoria ed avere un minimo di familiarità con gli esercizi proposti. La teoria necessaria viene solo parzialmente richiamata (e non in modo esaustivo) prima dei problemi. Di tanto in tanto vengono segnalati con dei Pericolo! degli aspetti che sono con maggiore frequenza fonte di errori gravi: meglio farne tesoro! Gli esercizi sono di difficoltà variabile. Quelli di grado di difficoltà più elevato sono contrassegnati da ( ) o ( ). I primi presentano difficoltà computazionali che richiedono, in genere, una certa abilità. I secondi richiedono prevalentemente capacità di ingegno. Bisogna provare ad affrontare tutti gli esercizi, anche quelli più difficili con l idea che solo le banalità sono scontate o consequenziali. A parte per il calcolo delle primitive, gli esercizi non hanno la soluzione. Questo non per cattiveria o sadismo, quanto per favorire lo sviluppo dello spirito critico e delle capacità di autovalutazione, ingredienti necessari per una buona comprensione della matematica (e, più materialmente, per il superamento dell esame... ). Infine, il simbolo := significa per definizione, nel senso che se scriviamo A := B dove A e B sono due qualsiasi espressioni, significa che A è definita come B.

3 Indice Numeri 5. Introduzione Numeri reali: estremo inferiore e superiore Numeri complessi Forma algebrica Forma trigonometrica Successioni 5. Nozione di limite Regole di calcolo Limiti notevoli Serie numeriche 3. Generalità Serie fondamentali: geometrica e armonica Proprietà Serie a termini di segno costante Confronto asintotico Criteri del rapporto e della radice Serie a termini di segno variabile Serie a termini di segno alternato Caso generale Limiti di funzioni 9 4. Definizione di limite Continuità Regole di calcolo dei limiti Forme indeterminate Limiti notevoli Calcolo differenziale 4 5. Definizione di derivata Derivate delle funzioni elementari Regole di calcolo Regole di Hôpital

4 4 5.5 Sviluppi asintotici Complementi sulle serie Lo studio di funzione Calcolo Integrale Primitive Primitive elementari Primitive quasi elementari Regola di calcolo per parti Regola di calcolo per sostituzione Primitive di funzioni razionali Primitive di funzioni di tipo razionale Integrali definiti e formula fondamentale del calcolo integrale Integrali generalizzati Definizioni Criterio del confronto Equazioni Differenziali Ordinarie Introduzione Equazioni lineari del primo ordine Equazioni lineari del secondo ordine Equazioni a variabili separabili

5 Capitolo Numeri. Introduzione In questo capitolo ci occupiamo dei due principali sistemi numerici interessanti per il calcolo: i numeri reali e i numeri complessi. I numeri reali nascono dall estensione dei razionali (Q, frazioni di numeri interi relativi Z con denominatore diverso da 0) per risolvere il problema dell esistenza della radice quadrata (e, più in generale, della radice n esima) di un numero 0. Era già noto ai greci che già l equazione =, non ha soluzioni nei razionali. I numeri reali, il cui insieme viene indicato con R, contengono i razionali (cioè Q R) e hanno le stesse proprietà algebriche. Anche i numeri complessi nascono dall esigenza di estendere i numeri reali per poter garantire l esistenza di soluzioni di generali equazioni polinomiali, cioè equazioni del tipo a n n + a n n a + a 0 = 0, ammette soluzione. Come noto ciò non è sempre possibile nei reali, basta ad esempio prendere l equazione che non ammette soluzioni reali. + = 0,. Numeri reali: estremo inferiore e superiore La proprietà fondamentale dei numeri reali (che nei razionali è falsa) e la seguente: Esistenza dell estremo inferiore : per ogni insieme A R non vuoto ed inferiormente limitato esiste il miglior minorante, cioè un numero α R tale che i) α a, a A. ii) β > α, a A tale che α a < β. 5

6 6 Il numero α si dice estremo inferiore di A e si scrive α := inf A. Ricordiamo che Definizione... Un insieme A R si dice inferiormente limitato se esiste un numero b R tale che b a per ogni a A. Se l insieme non è inferiormente limitato (o inferiormente illimitato) si pone (per definizione) inf A :=. Seguendo la definizione precedente, un insieme è inferiormente illimitato se b R, a A : a < b. Talvolta conviene tenere presente che la ii) equivale a ciascuna delle seguenti: ε > 0, a A : α a < α + ε. se α > 0, λ >, a A : α a < λα. L esistenza dell estremo inferiore è equivalente all esistenza dell estremo superiore: esistenza dell estremo superiore : per ogni insieme A R non vuoto ed superiormente limitato esiste il miglior maggiorante, cioè un numero α R tale che i) α a, a A. ii) β < α, a A tale che α a > β. Il numero α si dice estremo superiore di A e si scrive α := sup A. Se A non è superiormente limitato si pone sup A := + Warning!... ± sono simboli. Per verificare che inf A = non è corretto provare le proprietà i) e ii) con α = (errore che si commette spesso) poiché tali proprietà perdono di significato in tal caso. Estremo inferiore e superiore sono generalizzazioni rispettivamente del concetto di minimo e massimo di un insieme (che non sempre esistono, nemmeno nei razionali): Definizione..3. Se A R un numero m R si dice minimo di A se i) m A; ii) m a per ogni a A. Si pone min A := m. Analoga definizione per il massimo. Osservazione..4. Facilmente si vede che qualora il minimo esista coincide con l estremo inferiore, cosí come per massimo e sup. Citiamo qui che, grazie all esistenza di inf e sup si dimostra l esistenza di un unica radice n esima di un numero 0 (tale radice viene denotata con n per 0), delle potenze ad esponente reale α, dei logaritmi, etc. Se n è dispari si dimostra che è possibile definire la radice n esima per tutti i numeri reali (anche quelli negativi). Per le proprietà di potenze (ed in particolare delle radici), esponenziali, logaritmi, si rimanda al corso.

7 7 Esempio..5. Dire se il seguente insieme ammette minimo e/o massimo e determinarne estremo inferiore e superiore: { } S := n + : n N, n. Sol. Osserviamo anzitutto che il denominatore è ben definito in quando n + 0 per ogni n. Inoltre n + = 0 se e solo se n + = ovvero se e solo se n = 0 che succede se e solo se n = 0, quindi per nessun n. In particolare n + > per ogni n come si vede facilmente. Dunque > 0 per ogni n + n > per cui < per ogni n. Dunque S è superiormente limitato per cui sup S. Vediamo n + che sup S = (dopodiché sarà chiaro che ma S poiché, altrimenti, dovrebbe coincidere con sup S = / S). Sia β < : dobbiamo provare che n : ovvero, prendendo i quadrati, n + > β, n + < β, n + > + =: α, β n + > ( + α), n > + ( + α). Dunque sup S = e poiché / S allora ma S. Osserviamo poi che la quantità n +, per cui n + e quindi n e, in definitiva,. Ma allora se prendiamo n = avremo che + n + S + < n +, n >, = 5 = min S = inf S. Osservazione..6. Nell esempio precedente, quando si è garantita l esistenza di un numero naturale n tale che n > + ( + α), si è implicitamente utilizzato il principio di Archimede: per ogni numero reale esiste un naturale n N tale che n >. Esercizio..7. { } n i) Se S = : n N, n n mostrare che min S = + e sup S =. { } n i) Se S = : n Z, n n mostrare che min S = 3 e sup S =. ii) Se S := {n n 3 : n N, n 3}, mostrare che min S = 3 e sup S = +. { } iii) Se S := 3 + n +7n : n N, n > 0 mostrare che inf S = 3 e ma S = 4. iv) Se S := { n + n : n N, n } mostrare che ma S = e inf S =. { } v) Se S := n +n : n N, n > 0 mostrare che min S = e sup S =. Esercizio..8. Dato l insieme S := { n+ } n+ : n N, n, dimostrare, con la definizione, che min S = e che sup S =. Cosa si può dire su ma S (esiste e quanto vale oppure non esiste?). Esercizio..9. Di ciascuno dei seguenti insiemi stabilire se ammette minimo, massimo e determinarne estremo inferiore e superiore.

8 8 i) { n n : n N } ; ii) (N\{0}) { n : n N, n } ; iii) iv) { n n }; n+ n : n N, n > 0 } : n N ; { n+( ) n n + v) { n n : n N, n } ; { vi) + n }. : n N Numeri complessi Come abbiamo detto in premessa, i numeri complessi nascono dall esigenza di risolvere in generale equazioni polinomiali. Già l equazione + = 0, non ha soluzioni perché ciò equivarrebbe a definire le radici quadrate dei numeri negati (in particolare ± ). Ammettendo per un momento di avere a disposizione la radice dei numeri negativi osserviamo che possiamo risolvere qualunque equazione di secondo grado a + b + c = 0. Per trovarne le soluzioni l idea è di scriverla come sviluppo di un quadrato. Supponiamo a 0 (altrimenti l equazione è di primo grado e non ci sono problemi): a +b+c = 0, + b a + c ( a = 0, + b ) b a 4a + c = 0, a ( + b ) = b 4ac a 4a. Come noto il numero := b 4ac si dice discriminante. Se 0 allora ci sono radici reali (una sola se = 0) date dalla nota formula ± = b ±. a Se < 0 non ci possono essere soluzioni reali. In questo caso scriviamo = ( ) con > 0 ed immaginiamo che sia definita la radice dei numeri negativi e che abbia le stesse proprietà della radice dei numeri positivi (qui ci servirà αβ = α β). Allora ( + b ) = a 4a, + b a = ± 4a = ± a, = b a ± a. Pertanto le radici avrebbero la forma α ± β con α, β R. I numeri complessi sono l insieme di questi oggetti, diciamo scritture del tipo α + iβ dove si pone, per convenzione i =. Tale insieme viene denotato con C. Su tale insieme vengono definite delle operazioni algebriche di somma, differenza, prodotto e quoziente che hanno proprietà del tutto analoghe a quelle dei reali. Questo verrà richiamato nella prossima sezione. I numeri reali possono essere pensati come particolari numeri complessi, quelli del tipo α + i0. Nei numeri complessi è possibile dimostrare abbastanza facilmente che non solo è definita

9 9 la radice quadrata di tutti i numeri complessi, ma anche la radice n esima, con n N, n : risulta che ogni numero complesso (purché diverso dallo zero) ha esattamente n radici distinte. Più in generale si dimostra il Teorema.3. (Teorema fondamentale dell algebra). Ogni equazione algebrica a coefficienti complessi p(z) := c n z n + c n z n c z + c 0 = 0, z C, con c n 0, c 0,..., c n C ammette soluzione. Precisamente esistono dei numeri z,..., z d C distinti con m n tali che p(z) = c n (z z ) m (z z ) m (z z d ) m d, z C, dove m i n (i =,..., d) e m m d = n. I numeri m i vengono detti molteplicità dello zero z i..3. Forma algebrica Come abbiamo anticipato, Definizione.3.. Si chiama numero complesso un numero della forma z = a + ib con a, b R. Il simbolo i viene detto unità immaginaria e (moralmente) sta per. L insieme dei numeri complessi lo si indica con il simbolo C. Sui numeri complessi sono definite due operazioni, somma e prodotto, definite operando sui numeri complessi con le regole del calcolo letterale tenendo conto che i =. In tal senso, se z = a + ib e w = c + id con a, b, c, d R allora e z + w = (a + ib) + (c + id) := (a + c) + i(b + d), zw = (a + ib)(c + id) = (ac bd) + i(ad + bc). Se z = a + ib, a viene detto parte reale di z (e si scrive a = Rez) mentre b viene detto parte immaginaria di z (e si scrive b = Imz). Definizione.3.3. Un numero complesso z si dice reale se Imz = 0, immaginario se Rez = 0. Warning!.3.4. Parte reale e parte immaginaria di un numero complesso sono sempre numeri reali. Vale la pena di osservare qui che il numero 0 C := 0 + i0 è elemento neutro per la somma (cioè z + 0 C = z) mentre il numero C := + i0 è elemento neutro per il prodotto (cioè z C = z). Inoltre vale il seguente principio di identità: z = w, Rez = Rew e Imz = Imw. Il principio di identità ha un interpretazione molto chiara se si introduce la rappresentazione geometrica dei numeri complessi. Il modo naturale di rappresentare geometricamente un numero complesso è associando al numero z = a + ib il punto (a, b) nel piano cartesiano. Il principio di identità significa allora che due numeri sono uguali se e solo se rappresentano lo stesso punto nel piano cartesiano. Il piano cartesiano prende il nome di piano di Gauss.

10 0 Attraverso la visualizzazione grafica dei numeri complessi si può estendere il concetto di modulo, già definito per i reali, anche ai complessi: il modulo di un numero z = a + ib è la distanza del punto ad esso corrispondente nel piano di Gauss dall origine del piano stesso. In altre parole, per il teorema di Pitagora z := a + b. Con radice s intende la radice quadrata del numero reale a + b 0. Warning!.3.5. Un errore tipico è quello che se z = a + ib si scrive z = (a) + (ib) = a b, quantità che potrebbe non essere nemmeno definita. È facile, ricordandosi il senso geometrico di z non commettere questo errore. Il modulo dei numeri complessi gode delle stesse proprietà di quello dei numeri reali: i) (positività) z 0 per ogni z C; ii) (annullamento) z = 0 se e solo se z = 0 C ; iii) (omogeneità) zw = z w per ogni z, w C; iv) (disuguaglianza triangolare) z + w z + w, per ogni z, w C. In particolare dall omogeneità segue che z = z, z, w C, w 0. w w Un altro concetto importante è quello di coniugato di un numero complesso. Corrisponde anch esso ad un operazione di tipo geometrico. Se z = a + ib, sichiama coniugato di z il numero z = a ib; a tale numero corrisponde il punto (a, b) che è il riflesso del punto (a, b) rispetto all asse delle ascisse. È semplice mostrare alcune relazioni importanti: z z = z, z + z = Rez, z z = iimz. Esercizio.3.6. Determinare i valori di a R tali che il numero sia immaginario. z = i a + ia Il principio di identità è utile nella risoluzione di equazioni con incognite complesse. Esempio.3.7. Risolvere, in C, l equazione Sol. Sia z = + iy. Allora L equazione diventa z + z = z. z = ( + iy) = y + iy, z = iy, z = + y. y + iy + ( iy) = + y, ( y + ) + i(y y) = + y.

11 Questa è un uguaglianza tra numeri complessi in forma algebrica (il numero a primo e quello a secondo membro). Pertanto, tale identità equivale a y + = + y, = y, y y = 0, y( ) = 0. Dalla seconda equazione segue y = 0 e quindi, dalla prima, = 0 che individuano la soluzione 0 + i0 = 0 C ; oppure =, ed allora y = per la prima equazione, cioé y = ±, da cui si hanno le soluzioni ± i. In conclusione: sono soluzioni dell equazione 0 C, ± i (tre soluzioni). Esercizio.3.8. Risolvere le seguenti equazioni in C e disegnarne le soluzioni nel piano di Gauss: i) z + iz + z = 0 C. ii) zimz z z = 0. iii) iz( z + ) z Rez = 0. iv) (Rez)(Imz ) + z + z = 0. Esercizio.3.9. Disegnare, nel piano di Gauss, i seguenti insiemi: { } i) z C : z 4 z+4 3. { } ii) z C : Im i(z 3) z < 0. iii) ( ) { C : Re z z+ z+ Im z+ }. iv) {z C : Imz z + z >, Rez > 0, Imz < }. v) { z C : z < z + }. { vi) ( ) z C : Im z+ z i }. 0, z i Esercizio.3.0. Trovare i numeri complessi z C tali che z z zz = z, Esercizio.3.. Sia α R e (z 3 + z) 3 =. S α := {z C : z z + ( + i)z + ( i) z + α < 0}. Dire per quali α R risulta che S α non è vuoto e disegnarlo nel piano di Gauss. Esercizio.3.. Determinare il valore del parametro reale α di modo tale che il sistema Re z(z i) = α, ammetta una ed una sola soluzione. Imz = Rez,

12 Esercizio.3.3 ( ). Consideriamo l equazione z z + RezImz z z = 0, z C. Osservato che z = 0 è soluzione, determinare tutte le soluzioni z 0 dell equazione (cominciare a sostituire z = + iy e discutere attentamente tutti i casi possibili... )..3. Forma trigonometrica La rappresentazione algebrica dei numeri complessi è utile per risolvere una serie di problemi ma mal si presta ad una serie di altri. Per esempio non è difficile trovare una formula per il quoziente z w quando w 0 C, ma essa è poco pratica a fini applicativi. Ancora più complessa è una formula per la potenza z n = z... z. La rappresentazione trigonometrica risolve questo problema. È inoltre semplice risolvere in maniera elegante il problema dell esistenza della radice n esima. Consideriamo z = a + ib. Il punto (a, b) è individuato anche dalla coppia (ρ, θ), dove ρ = z e θ = arg(a, b) è l argomento principale di (a, b), cioè l unico angolo θ [0, π[ individuato tra l asse delle ascisse ed il segmento congiungente l origine da (a, b). Con tale convenzione a = ρ cos θ e b = ρ sin θ, così che z = ρ(cos θ + i sin θ). Introduciamo il simbolo u(θ) = cos θ + i sin θ. Il numero u(θ) è un numero unitario, nel senso che u(θ) =. Usando la formula del prodotto e le note formule di addizione di sin e cos non è difficile mostrare che se z = ρu(θ), w = ρu( θ), = zw = ρ ρu(θ + θ). Questa semplice formula pone subito il problema sulla convenzione presa per l angolo θ. Infatti, anche se θ, θ [0, π[ si potrebbe avere che θ + θ > π. Conviene allora assumere che non vi sia una sola coppia (ρ, θ) a rappresentare un numero z attraverso la formula z = ρu(θ) ma infinite coppie (ρ, θ + kπ), k Z. Per le proprietà di periodicità di sin e cos queste coppie rappresentano lo stesso numero: infatti ρu(θ + kπ) = ρ(cos(θ + kπ) + i sin(θ + kπ)) = ρ(cos θ + i sin θ) = ρu(θ), k Z. Ciò determina un principio di identità dei numeri complessi in forma trigonometrica un po meno immediato del precedente, ma molto efficace: ρ = ρ, ρu(θ) = ρu( θ), θ = θ + kπ, k Z. Questo leggero svantaggio lo si recupera con delle comode formule per quoziente e potenze: e z = ρu(θ), = z n = ρ n u(nθ), z = ρu(θ), w = ρu( θ), = z = u(θ θ). w ρ ρ La formula delle potenze permette di ricavare quella per le radici n esime. Infatti: se z = ρu(θ) si ha che w = ru(ϕ) è tale che w n = z se e solo se r n = ρ, r = n ρ, r n u(nϕ) = ρu(θ), nϕ = θ + kπ, k Z, ϕ = θ n + k π n, k Z.

13 3 È facile mostrare che solo i valori k = 0,,..., n producono soluzioni diverse. Esercizio.3.4. Data la funzione f : C C definita da f(z) = 6i z i calcolare le radici terze del numero complesso w = f(i + ). Esercizio.3.5. Determinare λ C in modo che z 0 = i sia radice del polinomio complesso Per tale λ trovare tutte le radici di p. p(z) := z 8 + iz 7 + iz 5 + λz 4. La rappresentazione trigonometrica è utile a risolvere alcuni tipi di equazioni algebriche con incognita complessa dove siano presenti potenze di grado elevato dell incognita. Esempio.3.6. Risolvere in C l equazione 9iz 5 = 6 z. Soluzione Anzitutto z = 0 è soluzione. Scriviamo z = ρu(θ). Allora Pertanto, l equazione diventa z 5 = ρ 5 u(5θ), z = ρu( θ). 9iρ 5 u(5θ) = 6ρu( θ). Tenuto conto poi che i = u( π ), abbiamo ( π ) ( 9u ρ 5 u(5θ) = 6ρu( θ), 9ρ 5 π ) u + 5θ = 6ρu( θ). L equazione è stata riscritta come identità fra due numeri complessi in forma polare. Si avranno, quindi, le condizioni: 9ρ 5 = 6ρ, ρ(9ρ 4 6) = 0, π + 5θ = θ + kπ, k Z, θ = π + k π 3, k Z. Dalla prima equazione si legge ρ = 0 (che corrisponde alla soluzione z = 0 già determinate) e ρ 4 = 6 9, ρ = 3, (tenendo conto del fatto che ρ > 0). Gli angoli effettivamente distinti si ottengono per k = 0,,..., 5, avendo diviso l angolo giro in 6 parti. Esercizio.3.7. Risolvere, in C, le seguenti equazioni: i) z 8 = i z z. ii) z 4 z = z. iii) z z i4 z = 0. iv) 8z 3 z = z. v) z 3 z = z 4. vi) z i z 4 + i z z = 0.

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15 Capitolo Successioni. Nozione di limite Una successione (a n ) R è, formalmente, una funzione a : N R dove a n := a(n). Warning!... Anche se si usa la notazione (a n ) R una successione non è un sottoinsieme di R. Occorre non confondere la successione con l insieme dei valori da essa assunti, cioè {a n : n N}. Per esempio: se a n = ( ) n, allora {a n : n N} = {, }; se a n = n allora {a n : n N} = N. Definizione.. (Limite finito). Diciamo che lim a n = l R, ε > 0, N 0 (ε) N, : a n l ε, n N 0 (ε). n + Si scrive anche a n l. Esempio..3. Mostrare che Sol. Osserviamo che a n 0 ε, a n = n n 0, + n +. n n + ε, ε(n + ) n 0, εn n + ε 0. Questa è una disequazione di secondo grado in n. Posto = 4ε abbiamo che per 0, ovvero 4ε 0, cioè per ε la disequazione è verificata qualsiasi sia n N, dunque per tali ε basta prendere N0(ε) = 0. Per 4 0 < ε < (cioè per ε sufficientemente piccolo ), abbiamo che la disequazione è soddisfatta se 4 n 4ε, n + 4ε. In particolare, se N 0(ε) è il primo intero maggiore di + 4ε, allora a n 0 ε, n N 0(ε). Esercizio..4. Mostrare, usando la definizione, che ( lim + ) n + n + n =, lim n + n + =, lim n + n + n + 3n = 0, lim n + n n + n n =. 5

16 6 Definizione..5 (Limite infinito). Si dice che lim a n = +, ( ), K R, N 0 (K) N, : a n K, (a n K), n N 0 (K). n + Si scrive anche a n + ( ). Esercizio..6. Mostrare, usando la definizione, che ( ) n + lim n n = +, lim n + n + n + = +, lim n + n + =, lim n n + n n =. Si chiama sottosuccessione di una successione (a n ) una successione b k := a nk dove (n k ) k N N e n k+ > n k. Si scrive (a nk ) (a n ). Alcune proprietà importanti legano una successione alle sue sottosuccessioni: se a n l R {± } allora per ogni sottosuccessione (a nk ) (a n ) si ha che a nk l. (criterio di non esistenza) se esistono due sottosuccessioni (a nk ), (a mk ) (a n ) tali che a nk l, a mk l e l l allora lim n + a n. Esercizio..7. Per ciascuna delle seguenti successioni stabilire se ammettono limite:, n pari, a n := n, n dispari a n := ( ) n n, a n := sin nπ 4, a n := ( ) n ( ) n. Esercizio..8. Sapendo che n α + per ogni α > 0 ed utilizzando le sottosuccessioni mostrare che 4 lim n + n5 + = +, ( lim n 3 + n n + ) α = +, (α > 0), lim n7 + n + 3 = +. n + n +. Regole di calcolo Attraverso le regole di calcolo si può ricondurre il calcolo di limiti di espressioni composte attraverso operazioni algebriche a limiti delle singole parti costituenti. Abbiamo anzitutto le Teorema.. (regole per i limiti finiti). Siano (a n ), (b n ) R tali che Allora a n ± b n l ± l ; a n b n l l ; se l 0, an b n l l. a n l, b n l, l, l R. Tali regole funzionano solo per i limiti finiti così come sono scritte. Tuttavia spesso ci si trova a dover fronteggiare casi nei quali tali regole non si possono applicare perché ci sono limiti infiniti coinvolti (il che è naturale essendo tutto dipendente da n che tende a + ). Esistono una serie di estensioni a questi casi delle regole precedenti che possono essere facilmente ricordate e comprese con un minimo di buon senso:

17 7 (estensioni per la somma) Siano (a n ), (b n ) R, a n l, b n l. Allora se l = ±, l R, = a n + b n ±, se l = +, l = +, = a n + b n +, se l =, l =, = a n + b n. Se l = + ed l = nulla si può dire sul valore del limite (forma indeterminata (+ ) (+ )). (estensioni per il prodotto) Siano (a n ), (b n ) R, a n l, b n l. Allora se l = ±, l R\{0}, = a n b n ±sgn(l ), se l = ±, l = ±, = a n b n +, se l = ±, l =, = a n b n. Se l = ± ed l = 0 nulla si può dire sul valore del limite (forma indeterminata 0). (estensioni per il quoziente) Siano (a n ), (b n ) R, a n l, b n l. Allora se l = ±, l R\{0}, = an b n ±sgn(l ), se l = ±, l = 0+, = an b n ±, se l = ±, l = 0, = an b n, se l R, l = ±, = an b n 0. Se l = ± ed l = ± nulla si può dire sul valore del limite (forma indeterminata ) cosí come se l, = 0 (forma indeterminata 0 0 ). È da notare che con l = 0+ intendiamo b n 0 e b n > 0 per ogni n, od anche solo definitivamente, cioè per ogni n N 0. Similmente l = 0. Il minimo di buon senso di cui si diceva sopra si può riassumere nel seguente schema: (± ) + l = +, (± ) + (± ) = ± (± )l = ±sgn(l), (l 0), (± )(± ) = +, (± )( ) =, ± l = ±sgn(l), (l 0), ± 0+ = ± ± 0 = l ± = 0, Esercizio... Calcolare i seguenti limiti: lim n + ( ) 3 3n, lim 3 n + a 3 n, (a > 0), n + n + ( lim n + n n ((n + )!) ) (n)!, lim n n + ((n + ))!(n!), Esercizio..3. Discutere, al variare del parametro reale α > 0 esistenza e determinare il valore dei seguenti limiti: lim n + n α n + n, lim nα + 5 n +, + n + lim ( n + nα n + n )

18 8 Infine ricordiamo la Teorema..4 (regola limitata infinitesima = infinitesima). Siano Allora a n b n 0. (a n ) limitata, b n 0. Si ricorda che una successione si dice limitata se esiste una costante M 0 tale che a n M per ogni n N. Warning!..5. Non confondere limitata con ammette limite. Esercizio..6. Determinare i seguenti limiti n sin n lim n + n +,.3 Limiti notevoli lim n + sin n n + n cos n, lim n + n sin(n!) n +, lim n + (n + ( )n n). I limiti notevoli sono limiti di successioni particolarmente importanti perché ricorrono molto spesso nelle espressioni. +, α > 0, +, a >, n α, α = 0, a n a n +, a >, α,, a =, n 0, α < 0. 0, 0 < a <. α 0, 0 < a <, α. Ovviamente, per il terzo limite (confronto esponenziali/potenze) il caso a = si riconduce ai limiti delle potenze essendo n n = n α. Si usa scrivere α Esercizio.3.. Calcolare i seguenti limiti: lim n + a n n α, a >, α R. n (n + ) n, lim n n n + 5 n, lim n + n 5 n + 3 n n, lim n n + n 0 5 n n 7 + n 5 n n + n 5 n + 0 n, lim n + n n. Esempio.3.. Calcolare, al variare del parametro reale a > 0 il a n n a n + ( ) n n 4 lim n + a n + n 3. Sol. Analizziamo separatamente numeratore e denominatore. Per il numeratore, ricordato che 0, 0 α <, α n, α =, +, α >, distinguiamo i casi a <, a =, a > : ( ) a n + n + ( ) n n4 = a n ( + ε a n a n), a >, n N = n + ( ) n n 4 = ( ) n n ( ) 4 + ( ) n ( ) n n 4 n = ( ) n n 4 ( + ε n), a =, n a n ( an n ( ) n n a n ) = n a n ( + ε n), a < essendo in ogni caso ε n 0 perché

19 9 se a > allora a > per cui a n = (a ) n n (da cui anche ( ) n n4 a n se a = entrambe ( ) n, ( ) n n 4 n n a n 0 per la regola limitata infinitesima=infinitesima); 0) e a n n 4 (da cui n4 a n 0 per la regola limitata infinitesima=infinitesima); se 0 < a < allora a n 0 e dunque anche an ; inoltre a n = ( n a Per il denominatore abbiamo i casi D = a n ( + n3 a n ) = a n ( + δ n), a >, n 3 ( + an n 3 ) = n 3 ( + δ n), a, dove nuovamente δ n 0 (stessi motivi di cui sopra). Morale: a n (+ε n) = a n (+δ n) a n n 0, a >, N D = ( ) n n 4 (+ε n) n 3 (+δ n) = ( ) n n n non ammette limite, a =, n a n (+ε n) n 3 (+δ n) = a n n n, ( a n n ), 0 < a <. 0 e quindi ) n n per cui anche ( ) n n a n 0. Esercizio.3.3. Discutere, al variare del parametro a > 0 esistenza e valore dei seguenti limiti: n a n n n + n 3 n n a n n 3 + n cos n n i) lim n + n 8 3 n + n n + n 3. ii) lim (sin n) n n + n n 4 n n 8 + n 0. iii) a n n n + 4n n! lim sin n a n n 4 3 n + 3 n cos(n!) n + a n + n n 3 n. iv) lim n + n 4 9 n + 9 n 4 n n 9. 3 n n + a n sin n v) lim n + n 3 a n (a) n + a n. Esercizio.3.4 ( ). Sia a R. limite: Classificare l eventuale forma di indecisione e calcolare il seguente [( ) a n ] lim n + a n 5a. + Esercizio.3.5 ( ). Discutere, al variare di α, β > 0 l esistenza ed il valore dei seguenti limiti: lim n + (αn n β ), Utilizzare il risultato per discutere l esistenza del lim n + (βn + n α ). lim n + α n n β lim n + β n + n α. Altro limite notevole è quello che da luogo alla costante di Nepero: ( + n) n = e ], 3[.

20 0 Esercizio.3.6. Calcolare i seguenti limiti ( lim + 3n (, lim + n + n) ) n (n + ) n, (k N), lim n + n + k n + n n+, lim n + n ( ) n n + 3. n +

21 Capitolo 3 Serie numeriche 3. Generalità Le serie numeriche costituiscono la generalizzazione dell operazione di somma di un numero finito di numeri ad un numero infinito. In altre parole si vuole dare un senso alla somma k=0 dove (a k ) R una successione numerica. Il problema è tutt altro che banale visto che noi siamo in grado di sommare due numeri alla volta e quindi, grazie alla proprietà associativa dei numeri reali, un numero finito (anche arbitrariamente grande, ma pur sempre finito!) di numeri. Possiamo cioè calcolare (almeno in linea di principio) una somma parziale S n := a k n a k, n N. k=0 L idea, molto semplice e naturale, è allora di definire la somma infinita come limite delle somme finite al crescere del numero di addendi: Definizione 3... Sia (a k ) R ed S n := n k=0 a k, n N. S n si dice somma parziale n esima (od anche ridotta) della serie. Si dice che la serie è convergente se lim S n = n + k=0 a k lim n + Tale limite viene detto somma della serie. Inoltre: se lim n S n = ± si dice che la serie diverge; ( n ) a k R. k=0

22 se lim n S n non esiste si dice che la serie è non convergente (o indeterminata). Warning! 3... Nonostante la semplicità e chiarezza della definizione di convergenza per una serie numerica, putroppo spesso si confonde il concetto di serie con quello di successione! Tipici errori sono: la serie k a k converge se esiste il lim k + a k (ovviamente NO!); la serie converge se la somma di infiniti numeri k a k è finita (più sottile: non ci si rende conto del fatto che per definire una somma di infiniti numeri abbiamo bisogno dell operazione di limite!). 3.. Serie fondamentali: geometrica e armonica Esempio 3..3 (serie geometrica). Sia q R: si chiama serie geometrica una serie del tipo q n. n=0 Le serie geometriche convergono sse q <. Infatti: calcoliamo la somma parziale al variare di q. Ovviamente se q = 0 e assunto per convenzione che q 0 = avremo S n =. Se q 0 ricorriamo alla seguente identità algebrica ben nota: da cui, se q mentre se q = allora Morale, q n = ( q)( + q + q q n ), S n = + q + q q n = qn+, q S n = = n +. q n+, q, S n = q n +, q =. Da qui è facile concludere perché evidentemente S n + se q =. Ricordato poi che 0, q <, q n+ +, q >,, q < si ricava immediatamente che, q <, q S n +, q,, q.

23 3 Esempio 3..4 (serie armonica). Sia α ]0, + [: si chiama serie armonica la serie n= La serie armonica converge sse α >. Non è per nulla semplice mostrare questo fatto e qui non lo faremo, ma è molto importante, come vedremo, tenere presente questo risultato. n α. 3.. Proprietà Le serie godono di alcune semplici proprietà che estendono alle somme infinite (le serie appunto) alcune operazioni tipiche delle somme finite. Bisogna prestare tuttavia una certa attenzione, perché una serie è comunque un limite e quindi le sue proprietà sono condizionate all esistenza dei limiti. Citiamo qui la Proposizione 3..5 (regola della somma (o differenza)). se n a n, e n b n convergono, = n (a n ± b n ) converge. Warning! Il viceversa non è in genere vero: basti pensare al caso in cui a n = n, b n = n, n an = n n = + e n bn = ma n (an + bn) = n 0 = 0. La regola della somma può essere utilmente applicata in situazioni dove il termine generale sia somma (o differenza) di diversi termini: naturalmente la decomposizione è utile quando i singoli addendi sono termini generali di serie convergenti! Seguendo la definizione, per studiare la convergenza di una serie numerica basterebbe calcolarne le somme parziali e quindi calcolare il limite di queste. Tuttavia in genere è impossibile calcolare agevolmente le somme parziali, per cui questa strada è impraticabile e rende il problema della convergenza un problema difficile. Vi è comunque uno stretto parallelismo con gli integrali generalizzati e dei criteri simili che permettono ugualmente di risolvere molti problemi. Tali criteri si dividono in condizioni necessarie (che servono più che altro ad escludere la convergenza) e condizioni sufficienti (che servono a stabilire la convergenza ma che, se non verificate, non danno indicazioni). La condizione necessaria più generale e valida per tutti i tipi di serie è la seguente: Teorema Condizione necessaria affinché la serie n a n sia convergente è che lim n + a n = 0 (cioè che il termine generale sia infinitesimo). Warning! Qualcuno pensa che la condizione sia in realtà sufficiente, cioè che basti verificare che a n 0 per concludere che n a n è convergente. Ciò è falso, basta considerare il caso noto della serie armonica n=, divergente ma che soddisfa la condizione necessaria. n Qualcuno addirittura ritiene che, per definizione, una serie n a n converga se a n 0: anche questo è sbagliato. 3. Serie a termini di segno costante Si dice che la serie è a termini di segno costante se a n 0 n oppure a n 0 n. È immediato accorgersi che per le serie a termini di segno costante la successione delle somme parziali è crescente se i termini sono positivi (o decrescente se i termini sono negativi). Ne segue la

24 4 Proposizione 3... Una serie a termini di segno costante è convergente oppure divergente (a ± a seconda che i termini siano positivi o negativi). Per stabilire la convergenza basta allora mostrare che la successione delle somme parziali è limitata (in tal caso la serie non può divergere). A tal fine ci sono una serie di criteri che seguono dal Teorema 3.. (criterio del confronto). Siano (a n ), (b n ) [0, + [ con a n b n per ogni n N. Allora si ha che se n b n è convergente allora anche n a n lo è; se n a n è divergente allora anche n b n lo è. La serie n b n si dice serie maggiorante della n a n. Vale un opportuno adattamento al caso delle serie a termini negativi. Dal criterio del confronto seguono molti utili criteri come corollari che, sebbene particolari rispetto al teorema generale, sono più pratici da applicare. 3.. Confronto asintotico Corollario 3..3 (criterio del confronto asintotico). Siano (a n ), (b n ) di uguale segno tali che a n + b n a (ovvero t.c. lim n n + bn = ). Allora n a n converge se e solo se n b n converge. Osservazione È importante osservare che i suddetti criteri (confronto e confronto asintotico) valgono anche nel caso che le serie coinvolte siano definitivamente a segno costante. Ciò significa che la successione (a n ) è definitivamente a segno costante se a n 0 (o 0) per ogni n N 0. In altre parole: il segno di un numero finito di termini non è importante per l applicazione dei suddetti criteri. La strategia è la stessa, a questo punto, dei criteri di confronto per gli integrali generalizzati. Bisogna cioè trovare delle serie test con le quali confrontare la serie data. Le più importanti sono n= C, (serie armonica), convergente α >, nα q n, (serie geometrica), convergente q <. n= Esempio Trovare α, C tali che a n := n n( n + n n n n n) C n α. Dire, poi, se la serie n a n, converge o meno. Sol. Osserviamo anzitutto che a n 0 (basta osservare che n + n n n n n > 0. Inoltre, n ( n n = n n n ) = n. n

25 5 Quindi, n + n n n n n = ) n ( + ) n ( n n = n + n =: n c n, n dove c n. Allora abbiamo che Poiché a n = n =. ncn n n 3/ c n n c n n, si vede immediatamente che α = 3 e C =. Quindi a n converge essendo a n asintotico al termine generale di una serie convergente. Esercizio Sia a n := n n( n + n) i) Trovare α, C tali che a n C n α. ii) Stabilire se converge la serie n a n. Esercizio Determinare se le seguenti serie numeriche sono convergenti: n= (n + ) n n n+, n= n n n, n=0 ( 3 n + 3 n) Esercizio Sia a n := n α ( n 3 n 3 + ). i) Trovare α, C tali che a n C n α. ii) Stabilire se converge la serie n a n. Esercizio 3..9 ( ). Sia a R. Discutere la convergenza della serie + n= [( a a + ) n n 5a ]. Ulteriori esercizi si trovano alla fine del calcolo differenziale poiché il metodo degli sviluppi asintotici permette in maniera molto potente di trattare una serie di casi al momento non banali (ved. sez.??).

26 6 3.. Criteri del rapporto e della radice I criteri del rapporto e della radice sono anch essi conseguenza del criterio del confronto. Hanno enunciati e conclusioni molto simili: Corollario 3..0 (Criterio del rapporto). Sia (a n ) ]0, + [ tale che lim n + a n+ a n = l ( 0). Allora l <, = n a n converge. Se l = il criterio non da indicazioni. l >, = n a n diverge e lim n + a n = +. Corollario 3.. (Criterio della radice). Sia (a n ) [0, + [ tale che lim n + n an = l ( 0). Allora l <, = n a n converge. Se l = il criterio non da indicazioni. l >, = n a n diverge e lim n + a n = +. Warning! 3... Nei due criteri precedenti se l = non c è niente da fare, il criterio non fornisce indicazioni. Ciò è ben illustrato dai seguenti esempi: n= n, n= n. In entrambi i casi l = (sia col rapporto che con la radice) ma la prima diverge e la seconda converge! Non è semplice stabilire quando usare uno di questi due criteri. Sostanzialmente, poiché di fatto la dimostrazione prova che la serie a n è asintotica approssimativamente a l n significa che si possono applicare nei casi in cui il termine generale è, grossomodo, di tipo esponenziale. Esempio Per quali 0 converge la serie n! n? Sol. Per = 0 è ovvio. Sia > 0. Allora n a n+ a n per cui la serie non converge per nessun > 0. = (n + )!n+ n! n = (n + ) +,

27 7 Esempio Studiare, al variare di R la convergenza della serie Sol. Abbiamo: ( n an = n n ) n n+ n n+. = n n+ per cui si avrà convergenza se <, ovvero > > 0; divergenza se < 0. Per = 0 il criterio non è d aiuto. Tuttavia, sostituendo direttamente = 0 nella serie otteniamo: n n per cui anche in questo caso la serie diverge. n+ =0 = n 0 = n = +, Esercizio Stabilire quali tra le seguenti serie sono convergenti e quali no: 5 ( )n n, n=0 n= (n!) n (n)!, n= n k n!, n= n n n!, ( R), 3.3 Serie a termini di segno variabile n= (n!) n n, ( R), n!, ( > 0). Nel caso delle serie del tipo n a n con (a n ) R e non a segno costante le cose sono più complesse Serie a termini di segno alternato Tra le serie a termini di segno variabile particolare importanza rivestono quelle a termini di segno alternato, cioè alle serie del tipo n ( )n a n dove a n 0 per ogni n. L importanza è anche legata al seguente Teorema 3.3. (criterio di Leibniz). Se a n 0, cioè i) a n a n+, n N; ii) a n 0 per n + ; allora la serie n ( )n a n è convergente. Inoltre, detta S n la somma parziale n esima ed S la somma della serie, si ha che S S n a n+. Quest ultimo fatto è importante nelle applicazioni perchè permette il calcolo numerico approssimato della somma. Infatti: supponiamo di voler calcolare S a meno di un certo errore ε > 0. Vogliamo trovare n tale che S S n ε. Ma siccome, per Leibniz, S S n a n+, basta trovare n tale che a n+ ε, e ciò è sicuramente possibile visto che a n 0. La semplicità di questo criterio è che avvicina di molto la CN vista sopra ad essere sufficiente: l aspetto importante è che la successione (a n ) deve essere monotona decrescente, oltre che tendere a 0. Talvolta questa verifica non è immediata e si può procedere con le usuali tecniche del calcolo differenziale. Il modo è quello di definire la funzione f() := a con R (cioè pensando, se possibile, n come numero reale e non solo intero) e quindi andando a studiare la monotonia sull intervallo [, + [ per le. n=

28 8 Esercizio Per ognuna delle serie seguenti stabilire se converge o meno: ( ) n n n +, n= n= ( ) n+ ( n 3 ), n= + ( ) n n n, + 3 Esercizio Stabilire se le seguenti serie convergono o meno: e n cos(nπ), ( ) n ( ) n+ n +, ( ) n + n, n= n= 3.3. Caso generale n= n + n ( ) n n n= ( ( ) n n) n. Per le serie a termini di segno variabile, ad eccezione di quelle viste sopra a termini di segno alterno, le uniche tecniche di analisi consistono nel riportarle a confronto con serie a termini di segno costante. Il modo è indicato dal seguente Teorema Sia (a n ) R. Allora n= se n a n converge, = n a n, converge. In questo caso si dice che n a n è assolutamente convergente. Warning! Una serie assolutamente convergente è anche convergente, ma non vale il viceversa. L esempio più semplice è fornito dalla serie ( ) n n=, convergente per il criterio di Leibniz ma n non è assolutamente convergente. La strategia è allora quella di vedere se n a n converge. Qualora ciò non accadesse si prova con la CN, che se non è verificata permette di dire che la serie non sarà convergente. Se invece la condizione necessaria fosse verificata non abbiamo altri mezzi che considerazioni ad hoc per stabilire l eventuale convergenza o meno... Esercizio Si chiama funzione di Bessel la serie J 0 () := ( ) n n n (n!). Mostrare che l insieme di convergenza è tutto R e determinare J 0 () a meno di 0 3. n=0 Esercizio Determinare per quali R convergono le serie ( ) n, n=0 ( ( + ) n + n=0 4 n ) n, n=0 n n + e, Descrivere gli insiemi dove ciascuna serie converge assolutamente e dove semplicemente. Esercizio Stabilire per quali R\{±} è convergente la serie n= n ( ) n+n +. 4 n= n + n

29 Capitolo 4 Limiti di funzioni 4. Definizione di limite La nozione di limite, che abbiamo introdotto per le successioni, si estende alle funzioni. L idea di fondo è la stessa: i valori di una certa funzione f tendono ad avvicinarsi sempre più ad un certo valore (il limite appunto) pur di prendere l argomento di f sufficienemtente vicino ad un certo valore 0. In fondo, essendo una successione (a n ) formalmente una funzione a : N R, abbiamo introdotto il concetto per cui a(n) l R {± } per n +. Per una generica funzione vogliamo dare un senso a f : D R R, f() l R {± }, per 0. Nel caso delle funzioni abbiamo maggiori possibilità: 0 può essere un valore finito e non solo +, può essere, ma non solo come vedremo. Per poter parlare di limite è dobbiamo poter parlare dei valori di f() per vicino al punto 0, cioè bisogna 0 sia avvicinabile da punti in cui f è definita, cioè da punti del dominio D di f. Ciò può essere reso efficacemente dalla Definizione 4.. (punto di accumulazione). Sia D R. Un punto 0 R {± } si dice punto di accumulazione per D, e si scrive 0 AccD se ( n ) D\{ 0 }, : n 0. Osservazione 4... La richiesta che esista una successione ( n ) D tale che n 0 tale che n 0 per ogni n (cioè che non tocchi mai 0 ) è fondamentale per escludere situazioni nelle quali non sarebbe naturale parlare di punto di accumulazione. Immaginiamo, per esempio, che S sia D = [0, ] {}. Il punto 0 = AccD o no? Sicuramente esiste una successione ( n) D tale che n : basta prendere n = per ogni n. Ma non sembra naturale di poter dire che è avvicinato da punti del dominio (a parte sé 9

30 stesso). Anzi, verrebbe da dire che è un punto isolato per D (definizione che introdurremo tra poco). Ecco che se imponiamo a ( n) di essere sì in D ma diversa da, non ne troviamo più nemmeno una. Infatti, se n e ( n) D, per n grande si dovrebbe avere (definizione di limite) che n. Ma se n D questo è possibile sse n =. Dunque 0 = / AccD. Definizione Sia D R. Un punto 0 S tale che non esista ( n ) D\{ 0 } per cui n 0 si dice punto isolato per D. Osservazione Un altro errore tipico consiste nel ritenere che i punti di accumulazione di D siano in D: è falso. Per esempio: Acc]a, b[ = [a, b]. Cioè, in particolare, anche a e b sono punti di accumulazione. Per esempio: a + D per n sufficientemente n grande, a + a e a + a per ogni n: dunque a è punto di accumulazione. Lo stesso per b. n n Esempio Alcuni casi tipici: AccR = R: ovvio. AccQ = R: segue dalla densità dei razionali nei reali; se volessimo mostrarlo occorrerebbe procedere così. Partiamo da q Q e mostriamo che q AccQ. Dobbiamo trovare una successione (q n) Q\{q} tale che q n q. È semplice: basta prendere qn := q +. Evidentemente qn Q per ogni n, qn q e qn q per n ogni n. Ora sia R\Q e mostriamo ancora che AccQ: dobbiamo nuovamente trovare una successione (q n) Q\{} tale che q n. Ciò non è per nulla semplice ed è appunto garantito dalla densità dei razionali: infatti, ricordiamo che in ogni intervallo di R cade almeno un numero razionale. Consideriamo l intervallo [ n, + ] [, = q n Q : q n n n, + ]. n Evidentemente q n (perché / Q) e q n così che qn. n AccN = +. Anzitutto ovviamente + è punto di accumulazione: basta prendere la stessa successione dei naturali. Mostriamo per assurdo che non ce ne sono altri. Supponiamo che AccN. Allora esiste una successione ( n) N\{} tale che n. Ma allora, tanto per cominciare, N (com è del tutto intuitivo). Infatti, se non fosse naturale ma N < < N +, allora preso ε := min{ N, N + } avremmo che n ε definitivamente, ma questo è impossibile perché allora si avrebbe N < n < N + definitivamente, dunque n / N. Poi, siccome N necessariamente, sempre per la definizione di limite dovrebbe essere n < definitivamente, ma essendo n, N questo è possibile sse n =. Ciò violerebbe il vincolo che n per ogni n. Se ne deduce che non può essere punto di accumulazione. Acc]a, b[ = Acc[a, b[ = Acc]a, b] = Acc[a, b] = [a, b]. Lasciamo la verifica per esercizio: occorre dimostrare che ogni punto di [a, b] è di accumulazione (e quindi esibire una successione opportuna) e che ogni punto fuori [a, b] non può essere di accumulazione. Acc { : n N, n } = {0}. Intuitivamente è naturale ed è banale mostrare che 0 è punto di accumulazione. Più complesso è mostrare che è n l unico.

31 3 Siamo ora pronti per formalizzare il concetto di limite: Definizione Sia f : D R R, 0 AccD. Diciamo che esiste il lim 0 f() = l R {± } se ( n ) D\{ 0 }, n 0, = f( n ) l. f an y f a f a 0 0 an a a 0 D Warning! Nel limite non si prende MAI (salvo nel caso delle funzioni continue, ved. seguito) in considerazione il valore (eventuale, perché la funzione potrebbe anche non esservi definita) che la funzione assume nel punto in cui si calcola il limite. Nei casi importanti si calcola il limite proprio dove l espressione analitica di f perde di senso. Dalla definizione di limite segue immediatamente il Proposizione 4..8 (criterio di non esistenza del limite). Se almeno una delle seguenti condizioni è verificata: i) esiste una successione ( n ) D tale che n 0 R {± } ma non esiste lim n + f( n ); ii) esistono due successioni ( n ), (y n ) D tali che n, y n 0 R {± } e lim n f( n ) lim n f(y n ); allora non esiste il lim 0 f(). Esempio Non esistono lim sin, lim + 0 sin. Nel primo caso prendiamo ad esempio n = nπ + : allora sin n = sin(nπ) = 0 0. Se però prendiamo y n = π + nπ allora sin yn = sin ( π + nπ) =. Analogamente, nel secondo caso prendendo n = 0 abbiamo nπ mentre prendendo y n = π 0 abbiamo +nπ sin n = sin(nπ) = 0 0, sin ( π ) = sin y n + nπ =.

32 3 Possiamo inoltre definire il concetto di limite unilaterale, perché possiamo pensare che si avvicini ad 0 dalla sua destra oppure dalla sua sinistra. Definizione Sia D R. Un punto 0 R {± } si dice punto di accumulazione da destra per D (scriviamo 0 AccD + ) se 0 AccD ] 0, + [. Similmente si definisce un punto di accumulazione da sinistra. Così ad esempio 0 è punto di accumulazione da destra per [0, ] ma non da sinistra. Definizione 4.. (limite unilaterale). Sia f : D R R, 0 AccD +. Diciamo che esiste il lim 0+ f() = l R {± } se È evidente che Proposizione 4... ( n ) D ] 0, + [, n 0, = f( n ) l. lim f(), lim f(), 0 0+ Useremo spesso la notazione abbreviata f( 0 +) = lim 0 f() e coincidono. lim f(), f( 0 ) = lim f() È ovvio che 0 ± non sono punti in cui si prende il valore di f! 4. Continuità Tramite la nozione di limite possiamo definire quella di funzione continua Definizione 4.. (funzione continua). Sia f : D R R, 0 D Acc(D) (così ha senso sia calcolare il limite che il valore di f in 0 ). Diciamo che f è continua in 0 se Diciamo che f è continua da destra in 0 se Similmente da sinistra. Come per il limite è evidente che Proposizione 4... lim f() = f( 0 ). 0 lim f() = f( 0). 0+ f è continua in 0 f è continua in 0 da destra e da sinistra.

33 33 Definizione Sia f : D R R. Diciamo che f è continua su S D se è continua in ogni punto 0 S. Scriviamo f C (S). È importante stabilire ampie classi di funzioni continue. fondamentali: Si dimostrano in tal senso i seguenti fatti i polinomi p a coefficienti reali (indichiamo l insieme dei polinomi a coefficienti reali con R[]) sono funzioni continue su tutto R; le funzioni razionali p() q() R : q() 0}); con p, q R[] sono continue sul proprio dominio (cioè sull insieme { sin, cos, ep, arctan, sinh, cosh sono funzioni continue su tutto R; log e le potenze α con α R sono funzioni continue su [0, + [ se α > 0, su ]0, + [ se α < 0. Se però α = m n con n > 0 numero dispari, la potenza è continua su tutto R se m > 0, su R\{0} se m < 0; arcsin e arccos sono funzioni continue su [, ]; tan è continua su R\{ π + kπ : k Z} mentre cot è continua su R\{kπ : k Z}. Un fatto importante da tenere in considerazione è il seguente: la continuità è una proprietà locale, nel senso che se f g su [ 0 r, 0 + r] per un qualche r > 0 (cioè se f e g coincidono vicino ad 0 ), allora f è continua in 0 se e solo se lo è g. Questa proprietà vale anche: unilateralmente, nel senso che se f g su [ 0, 0 + r], allora f è continua da destra in 0 se e solo se lo è g (discorso simile per il caso f g in [ 0 r, 0 ]); per i limiti, nel senso che se f g su [ 0 r, 0 + r]\{ 0 } allora 4.3 Regole di calcolo dei limiti lim 0 f() = l, lim 0 g() = l. La definizione diventa impraticabile non appena l espressione analitica si fa complessa. A tal fine servono delle tecniche di calcolo. Vi sono anzitutto le regole di calcolo: lim 0 (f() + g()) = l + l, lim f() = l R, lim g() = l R, = lim 0 f()g() = l l, 0 0 lim 0 f() g() = l l, se l 0. Queste regole valgono sia che 0 R, sia per i limiti unilaterali 0 ± che per ±. Inoltre le regole hanno subito un applicazione alla continuità: Teorema Se f, g sono continue in 0 allora i) f ± g ed fg sono continue in 0 ;

Politecnico di Milano. Facoltà di Ingegneria Industriale. Corso di Analisi e Geometria 2. Sezione D-G. (Docente: Federico Lastaria).

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