Circuiti elettronici per la elaborazione analogica delle informazioni

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1 Circuiti elettronici per la elaborazione analogica delle informazioni La maggior parte dei segnali applicati agli ingressi di un sistema elettronico provengono da dispositivi chiamati sensori i quali, sulla base della loro caratteristica ingresso-uscita, convertono grandezze non elettriche (ad esempio una temperatura) in corrispondenti grandezze elettriche in forma analogica (ad esempio una tensione). Inoltre, la maggior parte dei segnali presenti alle uscite di un sistema elettronico sono utilizzati per pilotare dispositivi chiamati attuatori (ad esempio un altoparlante) i quali convertono grandezze elettriche in forma analogica (ad esempio una tensione) in grandezze non elettriche (ad esempio onde acustiche). Per tale ragione, sebbene la elaborazione delle informazioni avvenga tipicamente sotto forma digitale, tutti i sistemi elettronici richiedono la presenza di circuiti per elaborare segnali analogici, se non altro per convertire tali segnali analogici in segnali digitali (conversione analogica/digitale o A/D) e viceversa (conversione D/A). Le principali operazioni che possono essere effettuate su segnali analogici sono l amplificazione (il che equivale a moltiplicare il segnale per una costante), la somma pesata di segnali diversi, le operazioni di derivazione ed integrazione nel tempo e il filtraggio nel dominio della frequenza, come sintetizzato nella Tab.1. La più importante tra le operazioni analogiche è l amplificazione, dato che essa rappresenta la funzione base per l esecuzione della maggior parte delle altre funzioni analogiche e, come sarà illustrato in seguito, perché indispensabile per condizionare i segnali prima dell operazione di conversione A/D. Sulla base di queste considerazioni, nel seguito saranno illustrati i circuiti elettronici che consentono di eseguire l operazione di amplificazione (ossia gli amplificatori) insieme con le loro limitazioni pratiche. Funzione Descrizione y(t) = Ax(t) Amplificazione y(t) = Ax(t) + C Amplificazione con offset C y(t) = A 1 x 1 (t)+a 2 x 2 (t)+... Somma pesata y(t) = kx 1 (t)x 2 (t) Prodotto tra segnali y(t) = kx 1 (t)/x 2 (t) Rapporto tra segnali y(t) = k 1 log [k 2 x(t)], y(t) = k 1 exp [k 2 x(t)],... Altre funzioni non lineari y(t) = k dx(t) dt Derivata y(t) = k t 0 x(t )dt Integrale definito Filtraggio nel dominio della frequenza Y (f) = H(f)X(f) (Passa-basso, passa-alto, passa-banda,... ) Tabella 1: Alcune tra le più importanti funzioni analogiche: x(t) segnale(i) in ingresso, y(t) segnale in uscita, A, k valori reali (dimensionati). 1

2 1 Amplificatori Gli amplificatori saranno descritti in ciò che segue dapprima considerando un comportamento ideale delle loro caratteristiche in modo da focalizzare l attenzione solo sui meccanismi di funzionamento. Dopodiché, saranno discusse le principali limitazioni dei circuiti amplificatori reali. 1.1 Classificazione Un amplificatore ideale è un circuito elettronico il quale genera un segnale di uscita y(t) dato dal prodotto del segnale in ingresso x(t) ed una costante A, cioè y(t) = Ax(t). (1) Dato che sia x(t) che y(t) in (1) sono grandezze elettriche (tensioni o correnti), un amplificatore può essere considerato un dispositivo a due porte: alla porta di ingresso viene applicato un segnale di tensione oppure di corrente (possibilmente senza perturbare il circuito che ha generato tale segnale), mentre alla porta di uscita, l amplificatore forza una tensione o una corrente proporzionali al segnale in ingresso secondo l Eqn.(1). A seconda della natura (tensione o corrente) di tali segnali gli amplificatori si classificano in quattro categorie come mostrato in Fig.1. Amplificatore di tensione sia il segnale di ingresso che quello in uscita sono tensioni. Esso è caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita v OUT = A v v IN dove la costante adimensionata A v è detta amplificazione di tensione. Amplificatore di transconduttanza il segnale di ingresso è una tensione mentre il segnale di uscita è una corrente. Esso è caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita i OUT = g m v IN dove la costante g m ha le dimensioni di una conduttanza (cioè il reciproco di una resistenza) ed è nota come transconduttanza. Amplificatore di transresistenza il segnale di ingresso è una corrente mentre il segnale di uscita è una tensione. Esso è caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita v OUT = R m i IN dove la costante R m ha le dimensioni di una resistenza ed è nota come transresistenza. Amplificatore di corrente sia il segnale di ingresso che quello in uscita sono correnti. Esso è caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita i OUT = A i i IN dove la costante adimensionata A i è detta amplificazione di corrente. Nel caso in cui la grandezza alla porta di uscita di un amplificatore sia un tensione (cioè un amplificatore di tensione o di transresistenza, come indicato nella prima colonna in Fig.1), tale porta di uscita è equivalente ad un generatore ideale di tensione, il quale forza la tensione ai propri 2

3 Grandezza d uscita: Tensione Amplificatore di tensione Corrente Amplificatore di transconduttanza Tensione v IN + A v v IN v OUT v IN i OUT g m v IN Grandezza d ingresso: Corrente Amplificatore di transresistenza i IN v OUT =A v v IN i OUT m + R m i IN v OUT Amplificatore di corrente i IN =g v IN i OUT A i i IN v OUT =R m i IN i OUT i =A i IN Figura 1: Amplificatori ideali: classificazione. terminali indipendentemente dalla corrente che vi circola. La tensione forzata da tale generatore equivalente, tuttavia, non è indipendente ma dipende dalla tensione (esso è cioè un generatore di tensione pilotato in tensione) o dalla corrente (generatore di tensione pilotato in corrente) presente alla porta di ingresso. La porta di uscita di un amplificatore il quale, invece, generi una corrente (cioè un amplificatore di transconduttanza o di corrente, come indicato nella seconda colonna in Fig.1) è equivalente ad un generatore ideale di corrente, il quale forza una data corrente indipendentemente dalla tensione ai propri terminali. La corrente forzata da tale generatore equivalente, tuttavia, non è indipendente ma dipende dalla tensione (esso è cioè un generatore di corrente pilotato in tensione) o dalla corrente (generatore di corrente pilotato in corrente) presente alla porta di ingresso. La porta di ingresso di un amplificatore il quale amplifichi una tensione (cioè un amplificatore di tensione o di transconduttanza, come indicato nella prima riga in Fig.1) è equivalente ad un circuito aperto, il quale può essere collegato in parallelo alla porta di uscita del circuito che genera la tensione da amplificare senza dare luogo ad alcuna perturbazione (vale a dire che la tensione all uscita del circuito che genera la tensione da amplificare è identica sia che vi sia collegata la porta di ingresso dell amplificatore sia che non sia collegata, come mostrato in Fig.2a). La porta di ingresso di un amplificatore il quale amplifichi una corrente (cioè un amplificatore di transresistenza o di corrente, come indicato nella seconda riga in Fig.1) è equivalente ad un corto circuito, il quale può essere collegato in serie al ramo nel quale scorre la corrente da amplificare senza dare luogo ad alcuna perturbazione (vale a dire che tale corrente è identica sia che vi sia collegata la porta di ingresso dell amplificatore sia che non sia collegata, come mostrato in Fig.2b). 3

4 Porta di ingresso di un amplificatore di tensione o di transconduttanza v x,0 v x,a CIRCUITO APERTO v x,a =v x,0 Porta di ingresso di un amplificatore di corrente o di transresistenza i x,0 i x,a CORTO CIRCUITO i x,a =i x,0 Figura 2: Collegamento di un amplificatore ideale di tensione o di transconduttanza tra due nodi in un circuito (a) e collegamento di un amplificatore ideale di transresistenza o di corrente in serie ad un ramo (b). 1.2 Resistenze di ingresso ed uscita ed effetto di carico Contrariamente agli amplificatori ideali, i circuiti reali hanno resistenze di ingresso e di uscita finite. Ciò significa che la porta di ingresso degli amplificatori reali di tensione e di transconduttanza non è modellizzabile come un circuito aperto e che la porta di ingresso degli amplificatori di transresistenza e di corrente non è un corto circuito. Negli amplificatori reali la porta di ingresso è modellizzabile, invece, con una resistenza di valore finito detta resistenza di ingresso. Inoltre, la porta di uscita degli amplificatori reali di tensione e di transresistenza non è equivalente ad un generatore ideale di tensione, ma è rappresentata da un circuito equivalente di Thévénin 1 il quale include un generatore ideale di tensione ed una resistenza serie. In modo analogo, la porta di uscita degli amplificatori reali di transconduttanza e di corrente non sono generatori ideali di corrente, ma sono rappresentabili con un circuito equivalente di Norton 2 il quale include un generatore ideale di corrente in parallelo 1 Anche se, come insegna la teoria dei circuiti, la porta di uscita degli amplificatori reali di tensione e di transresistenza è altresí rappresentabile con un equivalente Norton, tuttavia si preferisce la rappresentazione Thévénin in quanto essa sottolinea maggiormente il fatto che tale porta di uscita è da considerarsi una sorgente di tensione piuttosto che di corrente. 2 La porta di uscita degli amplificatori reali di transconduttanza e di corrente è anche rappresentabile con un equivalente Thévénin, tuttavia si preferisce la rappresentazione Norton per mettere in evidenza il fatto che tale porta di uscita è da considerarsi una sorgente di corrente piuttosto che di tensione. 4

5 ad una resistenza. Grandezza d uscita: Tensione Amplificatore di tensione Corrente Amplificatore di transconduttanza Grandezza d ingresso: Tensione Corrente v IN i IN R in + + A v v IN R m i IN v OUT v OUT i OUT v IN R in R out g m v IN v OUT =A v v IN i OUT m R in R out Amplificatore di transresistenza R out i IN Rin =g v IN Amplificatore di corrente A i i IN i OUT R out v OUT =R m i IN i OUT i =A i IN Figura 3: Amplificatori reali con resistenze di ingresso ed uscita finite. Sulla base di quanto detto, i circuiti equivalenti degli amplificatori con resistenze di ingresso ed uscita entrambe di valore finito sono riportati in Fig.3. Di seguito sarà analizzato l impatto di tali resistenze di ingresso ed uscita sul funzionamento di un amplificatore. A tale scopo, si consideri per primo un amplificatore di tensione. Tale amplificatore, come mostrato in Fig.4a, dovrebbe amplificare la tensione v S, presente tra due nodi di un circuito, generando una tensione pari a A v v S alla propria uscita alla quale è collegato un carico R L. Supponendo che il circuito collegato all ingresso dell amplificatore sia di tipo resistivo (e dunque lineare), lo si può rappresentare da un equivalente Thévénin costituito da una resistenza finita R S come mostrato in Fig.4b e 4c. Nell ipotesi in cui l amplificatore fosse ideale (Fig.4b), si ha che come conseguenza v IN = v S and v OUT = A v v IN, v OUT = A v v S (2) come ci si aspetta. Nel caso in cui, invece, l amplificatore fosse reale con resistenze di ingresso ed uscita finite, come in Fig.4c, si ha che v IN = R in R in + R s v S and v OUT = R L R L + R out A v v IN, 5

6 Figura 4: Effetto di carico in un amplificatore di tensione: a) sorgente in ingresso all amplificatore e carico, b) amplificatore di tensione ideale, c) amplificatore di tensione con resistenze di ingresso ed uscita finite. come conseguenza v OUT = R in R L A v v S. (3) R in + R s R L + R out Si può osservare che la tensione di uscita non è più quella ideale, ma è affetta da un errore, noto come errore dovuto all effetto di carico in ingresso ed uscita, dovuto alla presenza dei partitori di tensione all ingresso e all uscita dell amplificatore. Tale errore dipende dalla presenza della resistenza di sorgente R s e da quella di carico R L. Tuttavia, si può notare come il partitore di tensione in ingresso tenda ad 1 per R in o, comunque se R in R s. In modo analogo, R in R in +R s R L R L +R out il partitore di tensione in uscita tende ad 1 per R out 0 o se R out R L. In modo da rendere il funzionamento dell amplificatore indipendente dalle resistenze di sorgente e di carico la resistenza di ingresso R in di un amplificatore di tensione dovrebbe essere la più alta possibile e la sua resistenza di uscita R out dovrebbe essere la più bassa possibile. Oltre che negli amplificatori di tensione, l effetto di carico si può osservare anche nelle altre configurazioni amplificatrici. Si consideri, ad esempio, un amplificatore di corrente il quale amplifica la corrente i S che circola in un ramo di un circuito in modo da generare una corrente pari a 6

7 A i i S, la quale circola nel carico R L, come mostrato in Fig.5a. Se il circuito collegato all ingresso dell amplificatore è di tipo resistivo (e dunque lineare), lo si può rappresentare da un equivalente Norton costituito da una resistenza R S di valore finito in parallelo come mostrato in Fig.5b e 5c. Nell ipotesi di amplificatore ideale, si ha che e di conseguenza i IN = i S and i OUT = A i i IN, i OUT = A i i S (4) come ci si aspetta. Nel caso in cui, invece, l amplificatore fosse reale con resistenze di ingresso ed uscita finite, tuttavia, si ha che per cui i IN = R s R in + R s i S and i OUT = R out R L + R out A i i IN, R s R out i OUT = A i i S. (5) R in + R s R L + R out In quest ultima espressione, la corrente d uscita non è più data dalla precendente espressione ideale ma è affetta da un effetto di carico in ingresso ed uscita il quale dipende dalla resistenza della sorgente R s e da quella del carico R L. Tuttavia si può osservare che il partitore di corrente R in ingresso s tende ad 1 se R in 0 o se R in R s e, analogamente, il partitore di corrente R in +R s R out R L +R out in uscita tende ad 1 se R out oppure se R out R L. Conseguentemente, affinché l amplificatore di corrente reale sia indipendente dalla sorgente e dal carico e il suo comportamento si avvicini il più possibile a quello ideale è necessario che la sua resistenza di ingresso R in sia la più bassa possibile e la sua resistenza di uscita R out sia la più alta possibile. L effetto di carico in un amplificatore di transresistenza è considerato in Fig.6a. Si può osservare che la tensione di uscita di un amplificatore di transresistenza il quale abbia resistenze di ingresso ed uscita finite, invece di essere v OUT = R m i S, è data da R s R L v OUT = R m i S. (6) R in + R s R L + R out Procedendo come visto in precedenza per gli amplificatori di corrente e tensione, è possibile affermare che affinché l amplificatore operi in modo indipendente dalla sorgente e dal carico e si comporti come un amplificatore ideale entrambe le resistenze di ingresso ed uscita di un amplificatore di transresistenza dovrebbero essere le più basse possibili. Infine, l effetto di carico in un amplificatore di transconduttanza è considerato in Fig.6b. In questo caso, la corrente di uscita di un amplificatore di transresistenza il quale abbia resistenze di ingresso ed uscita finite, invece di essere vale i OUT = g m v S, i OUT = R in R out g m v S. (7) R in + R s R L + R out Ora affinché l amplificatore operi in modo indipendente dalla sorgente e dal carico e si comporti come un amplificatore ideale entrambe le resistenze di ingresso ed uscita dovrebbero essere le più alte possibili. 7

8 Figura 5: Effetto di carico in un amplificatore di corrente: a) sorgente in ingresso all amplificatore e carico, b) amplificatore di corrente ideale, b) amplificatore di corrente con resistenza di ingresso ed uscita finite. 1.3 Non idealità degli amplificatori Oltre alle resistenze di ingresso ed uscita finite, gli amplificatori hanno le seguenti ulteriori limitazioni: dinamica di ingresso Mentre il funzionamento di un amplificatore ideale dovrebbe essere indipendente dal valore assunto dal segnale applicato al suo ingresso, gli amplificatori reali funzionano correttamente solo per segnali di ingresso (tensioni o correnti) i cui valori sono compresi in un intervallo specifico noto come dinamica di ingresso. Ogniqualvolta tale segnale di ingresso oltrepassa i limiti della dinamica di ingresso, la grandezza all uscita dell amplificatore satura al massimo (o al minimo) valore consentito, cioè la dinamica di ingresso di un amplificatore è (X MIN, X MAX ) tale che y = AX MIN per x < X MIN y = Ax for X MIN < x < X MAX y = AX MAX per x > X MAX. (8) 8

9 Figura 6: Effetto di carico in un amplificatore di transresistenza reale (a) e in un amplificatore di transconduttanza reale (b). Inoltre, l amplificatore potrebbe subire danni nel caso in cui il segnale applicato all ingresso abbia un ampiezza molto maggiore o molto minore dei limiti imposti dalla dinamica di ingresso. Dinamica di uscita gli amplificatori reali funzionano correttamente solo se il segnale generato in uscita (tensione o corrente) assume un valore compreso all interno di uno specifico intervallo noto come dinamica di uscita dell amplificatore. Si osserva, inoltre, che anche nel caso in cui il segnale applicato all ingresso dell amplificatore sia compreso all interno della sua dinamica di ingresso, il segnale generato alla porta di uscita di un amplificatore reale potrebbe non essere in grado di pilotare correttamente il carico collegato dando origine ad una ulteriore limitazione della dinamica di uscita. Tale limitazione non dipende soltanto dal segnale desiderato in uscita, ma principalmente dal valore del carico. Ad esempio, un amplificatore di tensione potrebbe avere una dinamica di uscita compresa tra -5V e +5V se la corrente richiesta dal carico collegato in uscita è inferiore a 10mA, mentre potrebbe generare una tensione di uscita compresa tra -2.5V e +2.5V se tale corrente fosse superiore a 10mA. Offset Secondo l Eqn.(1), se ad un amplificatore ideale si applica un segnale di ingresso nullo ci si aspetta una uscita nulla. In pratica, l uscita di un amplificatore reale con ingresso nullo è spesso una costante (tensione o corrente) C. In generale, l uscita di un amplificatore non è data dalla (1) ma si può esprimere come y(t) = Ax(t) + C. (9) La costante C è nota come offset (di tensione o corrente) dell amplificatore. Essa è spesso legata alle caratteristiche di fabbricazione dell amplificatore ed il suo valore varia come una variabile casuale da un amplificatore all altro. 9

10 Grandezza d uscita: Tensione Amplificatore di tensione Corrente Amplificatore di transammettenza Grandezza d ingresso: Tensione Corrente V in I in Z in + + Z out A v V in Z m I in V out v OUT V in Y m V in V out =A v V in I out =Y m V in Amplificatore di transimpedenza Z out I in Z in Amplificatore di corrente R in A i i IN I out Z out I out Zout V out =Z m I in I out =A I i in Figura 7: Amplificatori reali nel dominio della frequenza con impedenze di ingresso ed uscita finite. Tale offset non voluto non si deve confondere con il termine costante che spesso si aggiunge intenzionalmente all uscita di un amplificatore allo scopo di traslare la forma d onda (si veda la Tab.1, seconda riga) e che è chiamato offset anch esso. Larghezza di banda Il funzionamento di un amplificatore ideale non dipende dalla frequenza dei segnali applicati in ingresso, per cui un amplificatore ideale mostra lo stesso comportamento sia che tali segnali siano caratterizzati da variazioni lente oppure molto veloci. In pratica, a causa dei tempi di risposta finiti dei loro circuiti interni, gli amplificatori reali non possono tuttavia elaborare segnali i quali variano troppo velocemente mentre essi riescono ad elaborare correttamente i segnali il cui spettro non include significative componenti al di sopra di una frequenza B detta larghezza di banda (o semplicemente banda) dell amplificatore. Per descrivere il comportamento in frequenza di un amplificatore lineare, l amplificazione di tensione e corrente, i parametri di transresistenza e transconduttanza possono essere generalizzati in una amplificazione di tensione e corrente dipendente dalla frequenza, cioè A v (f) and A i (f), in una transimpedenza Z m (f) e in una transammettenza Y m (f) i quali assumono il significato di funzioni di trasferimento nel dominio della frequenza. Analogamente, le resistenze di ingresso ed uscita possono essere rimpiazzate da impedenze di ingresso ed uscita Z in (f) and Z out (f) nel dominio della frequenza, come mostrato in Fig.7. Slew Rate Oltre alla limitazione di banda appena descritta, la quale è indipendente dall ampiezza del segnale, gli amplificatori reali sono affetti da una limitazione che riguarda il massimo slew 10

11 rate, vale a dire il massimo valore della derivata temporale della tensione in uscita. Ciò significa che, per funzionare correttamente, deve essere dv OUT dt < SR t (10) dove SR è noto come limitazione di slew rate dell amplificatore. In altre parole, si può dire che la limitazione di slew rate si manifesta quando l uscita di un amplificatore non è più in grado di inseguire la corretta tensione di uscita perché essa varia troppo velocemente. Nonlinearità Mentre la relazione ideale ingresso-uscita di un amplificatore ideale, riportata nella Eqn.(1), è una funzione lineare, un amplificatore reale potrebbe mostrare una caratteristica ingresso-uscita y = f(x) non (o non esattamente) lineare. Ciò potrebbe corrompere la qualità dei segnali da elaborare. 11

12 2 Retroazione negativa e amplificatori operazionali Gli amplificatori elettronici basati sui dispositivi a semiconduttore (transistori) introdotti in precedenza sono pesantemente affetti da non-idealità e i loro parametri sono scarsamente controllabili a causa delle tolleranze di fabbricazione. Per ottenere amplificatori il cui comportamento si avvicini all idealità utilizzando blocchi costitutivi lontani dalla idealità, si sfrutta il principio della retroazione negativa. In ciò che segue verrà descritto tale principio, fondamentale non solo in elettronica. 2.1 Il principio della retroazione negativa La retroazione negativa è un principio generale che si può applicare a svariati sistemi di natura meccanica, biologica, sociale, economica, etc..., inclusi gli amplificatori elettronici. Per introdurre questo concetto così importante, si consideri un esempio tratto dalla vita quotidiana. Si supponga di voler guidare un automobile da Torino a Milano. La traiettoria descritta dal veicolo dipende in modo deterministico dalle azioni che l autista esegue sui pedali, sul volante, sulla trasmissione, etc... Per cui, noto il percorso da Torino a Milano, si può stabilire una corrispondenza tra la traiettoria desiderata e una sequenza specifica di operazioni da effettuare sui pedali, sul volante, etc... Sulla base di tale ragionamento, se si applica una specifica sequenza di operazioni (cioè l ingresso) ai comandi dell automobile (cioè il sistema) essa seguirà la traiettoria desiderata e giungerà a destinazione (cioè l obiettivo, l uscita). Di conseguenza, in teoria, l autista potrebbe chiudere gli occhi e raggiungere la destinazione solo riproducendo la sequenza di operazioni precedentemente determinata. Questo approccio, chiamato controllo ad anello aperto, è concettualmente simile a quanto succede nel funzionamento delle configurazioni amplificatrici di base, in cui si applica un ingresso all amplificatore, le cui caratteristiche si suppone di conoscerle accuratamente, in modo da ottenere l uscita necessaria. In realtà, tutti sappiamo che se si prova a guidare chiudendo i propri occhi, anche supponendo di conoscere perfettamente il percorso, si urterà un ostacolo dopo pochi metri. La ragione di ciò è dovuta al fatto che, anche se la traiettoria del veicolo è completamente determinata dalle azioni dell autista, la conoscenza della relazione esistente tra le azioni sui comandi ed il comportamento effettivo del veicolo non è sufficientemente accurata per cui anche piccoli errori nei comandi producono inaccettabili errori nell uscita (cioè un incidente). Inoltre, tale relazione non tiene conto della presenza dei fattori esterni presenti nell ambiente nel quale l automobile viaggia (cioè la presenza di altri veicoli). Se si vuole viaggiare in sicurezza, è necessario osservare la traiettoria (cioè l uscita) in tempo reale in maniera tale da poter individuare qualunque errore tra la traiettoria desiderata e quella effettiva del veicolo ed agire di conseguenza sui comandi. In pratica, quello che si fa mentre si guida è agire sui comandi in modo da correggere la differenza esistente tra la traiettoria voluta e quella effettiva. Facendo così, è possibile seguire la traiettoria corretta anche nel caso in cui la nostra conoscenza del comportamento del veicolo è limitata (ad esempio, è sufficiente sapere che il veicolo gira a destra se si ruota a destra il volante e gira a sinistra se lo si ruota a sinistra). Tale approccio in cui l uscita del sistema (ad esempio, la traiettoria dell automobile istante per istante) è riportata all ingresso del sistema, viene chiamato controllo ad anello chiuso oppure in retroazione. Più precisamente, esso è detto approccio in retroazione negativa perché l informazione riportata all ingresso è utilizzata per correggere la differenza tra l uscita effettiva e quella desiderata in modo da generare un comando di segno opposto, cioè negativo, in modo tale da ridurre questa differenza (ad esempio, se si nota che l autoveicolo sta girando verso destra mentre si vuole che prosegua in modo rettilineo, sarà necessario ruotare il volante verso sinistra cosicché la differenza 12

13 Figura 8: Schema a blocchi di un sistema retroazionato negativamente. tra la traiettoria attuale e quella desiderata si riduca). Lo stesso principio si sfrutta per ottenere amplificatori elettronici molto accurati costruiti con componenti (ad esempio, transistori MOS e bipolari) la cui caratteristiche non sono note in modo preciso. Il principio della retroazione negativa, illustrato in modo così intuitivo, può essere descritto in maniera più formale facendo riferimento allo schema a blocchi di Fig.8. In tale schema, un amplificatore (caratterizzato da un guadagno elevato ma non accurato) viene utilizzato per amplificare la differenza, cioè l errore tra il segnale desiderato e (una funzione del) segnale di uscita, riportato indietro all ingresso dal blocco β (un blocco passivo, ad esempio un partitore di tensione). Dato che si desidera una retroazione negativa, la correzione dovrebbe variare l uscita in modo tale da ridurre l errore. A tale scopo, è importante che il segno del termine proporzionale all uscita che viene riportato indietro all ingresso sia negativo. Facendo riferimento allo schema a blocchi di Fig.8, il segnale di uscita y può essere espresso come y = A (x βy) (11) quindi, y = A 1 + Aβ x = 1 Aβ x. (12) β 1 + Aβ Dalla Eqn.(12) si può osservare che se Aβ 1, l uscita y tende a x β, che è indipendente dalla amplificazione A (tipicamente non accurata). Siccome β è un termine passivo (vale a dire β < 1), il suo reciproco 1 β è una termine attivo (cioè 1 β > 1) e fornisce un fattore di amplificazione (non una attenuazione), il cui valore è determinato dal termine passivo β. La quantità T = Aβ, sul valore della quale si fonda l efficacia della retroazione negativa secondo la Eqn.(12), è chiamato guadagno d anello del sistema retroazionato. Dall Eqn.(12) si può anche osservare che il segnale d errore ε, posto all ingresso del blocco A, è dato da 1 ε = x βy = 1 + Aβ x (13) ed è mantenuto a zero dalla retroazione negativa se il guadagno d anello T = Aβ è sufficientemente ampio. 13

14 Figura 9: Amplificatori operazionali: simbolo (a) e schema funzionale di base (b). 2.2 Amplificatori operazioanli Il principio operativo della retroazione negativa può essere sfruttato in modo vantaggioso per progettare amplificatori molto accurati prossimi all idealità a partire da componenti poco ideali. Per poter ricostruire lo schema a blocchi di Fig.8, prima di tutto, si ha bisogno di un amplificatore differenziale, cioè di un amplificatore che amplifichi la differenza tra due grandezze in ingresso (tipicamente tensioni) in modo da realizzare il blocco differenza di Fig.8. Inoltre, secondo quanto discusso precedentemente, si richiede un amplificatore con una alta (non è necessario, invece, che sia accurata) amplificazione differenziale A, in modo tale che il guadagno d anello Aβ in Eqn.(12) sia molto maggiore di 1. Tale amplificatore differenziale ad elevata amplificazione è uno dei più importanti circuiti analogici ed è noto come amplificatore operazionale o, più semplicemente, come opamp. Un opamp, il cui simbolo è riportato in Fig.9a possiede due terminali di ingresso, il terminale non-invertente, + e quello invertente, -, un terminale di uscita e due di alimentazione. Il circuito è progettato per amplificare la differenza tra le tensioni presenti ai terminali di ingresso non-invertente ed invertente, cioè la tensione differenziale di ingresso v D = v + v (14) indipendentemente dal valore assunto dalle due tensioni di ingresso v + and v valutate ciascuna rispetto al riferimento di tensione, cioè indipendentemente dalla cosiddetta tensione di modo comune. v CM = v+ + v. (15) 2 La tensione tra il terminale di uscita e il riferimento di tensione è la tensione di uscita, imposta da un generatore di tensione controllato in tensione v OUT = Av D, come evidenziato in Fig.9b. Inoltre, tutti gli opamp comprendono due terminali di alimentazione i quali devono essere collegati ad una tensione costante. Alcune volte uno dei due terminali di alimentazione (ma non necessariamente) coincide con la tensione di riferimento del circuito. I terminali di alimentazione spesso non sono inclusi nel simbolo di un opamp per non complicare troppo il disegno, ciononostante è fondamentale comprendere che tali terminali sono sempre presenti in quanto essenziali per il funzionamento del circuito. 14

15 2.2.1 Un circuito amplificatore retroazionato: l amplificatore di tensione con opamp In questo paragrafo si studierà come realizzare un amplificatore di tensione pressochè ideale utilizzando un amplificatore operazionale e la retroazione negativa. Si supponga di voler realizzare un amplificatore di tensione con una valore di amplificazione A v = 5 molto accurato. A tale scopo, si può utilizzare la retroazione negativa e realizzare lo schema di Fig.8 usando un amplificatore operazionale. Se si fanno corrispondere gli ingressi più e meno del nodo di somma, rispettivamente, con i terminali di ingresso non-invertente (+) e con quello invertente (-) di un opamp, bisogna poi collegare l ingresso non-invertente dell opamp alla tensione di ingresso v IN e quello invertente ad una funzione (il blocco β in Fig.8) della tensione di uscita v OUT in modo tale che, se l uscita v OUT assume il valore desiderato (in questo caso specifico v OUT = 5v IN ), la tensione all ingresso invertente sia uguale a quella presente al terminale non-invertente. Dato che v + = v IN, il terminale invertente sarà v = v OUT 5 cosicché v = v + v OUT 5 = v IN v OUT = 5v IN. (16) Per ottenere v = v OUT 5, si introduce il partitore di tensione R 1 -R 2 come mostrato in Fig.10, con R 2 = 4R 1 in modo tale che v = R 1 R 1 + R 2 v OUT = R 1 R 1 + 4R 1 v OUT = 1 5 v OUT = βv OUT. (17) Ipotizzando che l amplificazione differenziale A dell amplificatore operazionale sia grande a sufficienza, la differenza v + v, che corrisponde al segnale d errore ε in Fig.8, è mantenuto ad un valore molto piccolo dalla retroazione negativa e la tensione d uscita è prossima al valore ideale v OUT = 1 β v IN = 5v IN. Utilizzando circuiti con amplificatori operazionali retroazionati negativamente è possibile ottenere altre configurazioni amplificatrici (amplificatore di corrente, di transconduttanza e di transresistenza) e altri circuiti analogici molto utili (sommatori e sottrattori, filtri, amplificatori non lineari) alcuni dei quali saranno descritti in dettaglio in quanto segue. Prima di introdurre tali circuiti specifici, però, si discuterà di come analizzare in generale circuiti contenenti amplificatori operazionali. 2.3 Analisi di circuiti contenenti amplificatori operazionali In questa sezione verrà affrontata l analisi dei circuiti contenenti amplificatori operazionali. A tale scopo, si prenderà in considerazione il circuito equivalente di un opamp che includa le resistenze di ingresso ed uscita mostrato in Fig.11, e lo si utilizzerà nella configurazione amplificatrice introdotta nella sezione precedente. Inoltre, si supponga che il segnale in ingresso sia fornito da una sorgente di tensione con resistenza interna finita R S e che l uscita dell amplificatore di tensione piloti in carico R L. Il circuito in Fig.11, il quale comprende un generatore di tensione pilotato in tensione, può essere analizzato utilizzando il metodo convenzionale di analisi dei circuiti contenenti generatori dipendenti descritto in precedenza. Secondo tale metodo, bisogna per prima cosa calcolare la grandezza pilota v D in funzione dei generatori indipendenti e dipendenti. In particolare, il generatore dipendente di tensione in Fig.11 è considerato, per il calcolo del pilota, alla stregua di un generatore indipendente di valore ê. Dopo avere eseguito i calcoli si ottiene R in v D = v IN βê. (18) R in + R S + R 1 (R 2 + R out R L ) 15

16 Figura 10: Amplificatore di tensione con amplificatore operazionale. dove quindi, β = R L [R 2 + R 1 (R S + R in )] R 1 (R S + R in ) R in. (19) R L [R 2 + R 1 (R S + R in )] + R out R 1 (R S + R in ) + R 2 R S + R in Dato che ê = Av d, l Eqn.(18) può essere riscritta come ed infine R in v D = v IN R in + R S + R 1 (R 2 + R out R L ) Aβv D (20) (1 + Aβ) v D = v IN R in R in + R S + R 1 (R 2 + R out R L ) v D = v IN R in 1 + Aβ R in + R S + R 1 (R 2 + R out R L ) Dall Eqn.(22) si può osservare che, se A (o meglio, se il guadagno d anello Aβ tende ad infinito), la grandezza pilota v D tende a zero. Questa proprietà, valida in generale per qualunque circuito che comprenda un opamp connesso in retroazione negativa, determina alcune importanti conseguenze e permette di analizzare i circuiti con opamp in retroazione negativa in modo più semplice. Con l ipotesi, infatti, che il guadagno di tensione A tenda ad infinito, assunzione questa detta di amplificatore operazionale ideale, il circuito di Fig.11 si può analizzare considerando che (21) (22) v D = 0 (23) o, equivalentemente, v + = v. (24) 16

17 Figura 11: Analisi di un circuito amplificatore di tensione con amplificatore operazionale ideale. Si può osservare che, siccome A, l Eqn.(24) non implica che la tensione del generatore pilotato di tensione ê sia nulla. Infatti, v D = ê A e, per A che tende ad infinito, v D può essere zero anche se ê non è nulla. Inoltre, finché rimane valida l Eqn.(24), la caduta di tensione ai capi del resistore di ingresso R in dell amplificatore operazionale è zero e, di conseguenza, la corrente che la attraversa, che equivale alla corrente che fluisce nei terminali invertente e non-invertente dell opamp, è anch essa nulla, cioè i + = i = 0. (25) Le Eqn.(24) e Eqn.(25), valide per qualunque circuito comprendente amplificatori operazionali in retroazione negativa, possono essere utilizzate per calcolare la tensione di uscita del circuito in Fig.11. A tale scopo, l Eqn.(24) stabilisce che la caduta di tensione ai capi di R 1 (cioè v ) è uguale a v IN (cioè v + ). Di conseguenza, la corrente che attraversa R 1 è data da i R1 = v IN R 1. Siccome poi l Eqn.(25) è valida, nessuna corrente entra nell ingresso invertente dell opamp e, per la legge di Kirchoff delle correnti, si ottiene che i R2 = i R1. Di conseguenza, la tensione di uscita v OUT, che può essere espressa tramite la legge di Kirchoff delle tensioni come v OUT = v + v R2, (26) 17

18 Figura 12: Amplificatore di tensione con amplificatore operazionale. si può calcolare come v OUT = v + v R2 = v IN + i R2 R 2, = v IN + v IN R 2, R ( 1 = v IN 1 + R ) 2. (27) R 1 In particolare, si può osservare che, se si considera R 2 = 4R 1 come è stato fatto nell Eqn.(17), allora l Eqn.(27) fornisce come valore dell amplificazione di tensione del circuito in Fig.11 il valore di cinque, in accordo con quanto ottenuto in precedenza. Si può, inoltre, osservare che tale amplificazione è indipendente dalla resistenza di sorgente R S, dalla resistenza di carico R L e dalle resistenze di ingresso ed uscita dell opamp R in and R out, come ci si aspetta da un amplificatore di tensione ideale. In conclusione, grazie alla retroazione negativa, è stato possibile ottenere un circuito amplificatore di tensione ideale 3, a partire da un opamp con resistenze di ingresso ed uscita finite. In ciò che segue sarà mostrato come poter sfruttare tale approccio per ottenere circuiti amplificatori con caratteristiche (quasi) ideali. 3 Circuiti amplificatori realizzati utilizzando amplificatori operazionali Il principio della retroazione negativa, sfruttato nell amplificatore di tensione in Fig.12, può essere utilizzato per sviluppare altre configurazioni amplificatrici basate su amplificatori operazionali. A tale scopo, nel seguito, si discuterà di come realizzare i circuiti amplificatori di base mostrati in Fig.1 attraverso l uso degli amplificatori operazionali e della retroazione negativa. 18

19 Figura 13: Amplificatore di transconduttanza con amplificatore operazionale. 3.1 Amplificatore di tensione Sulla base della precedente analisi, si può osservare che le tensioni di ingresso ed uscita del circuito in Fig.12 sono legate tra loro come descritto di seguito ( v OUT = 1 + R ) 2 v IN. (28) R 1 Inoltre, l amplificazione di tensione calcolata in Eqn.(28) non è influenzata dalle resistenze di ingresso ed uscita R in and R out dell amplificatore operazionale né dalle resistenze di sorgente e di carico R S and R L. Se si considera la Fig.12, infatti, si può notare che, dall Eqn.(25), la corrente che attraversa la resistenza di sorgente R S è zero indipendentemente dalla tensione v S applicata all ingresso, per cui la resistenza equivalente di ingresso dell amplificatore di tensione complessivo è infinita, come ci si aspetta da un amplificatore di tensione ideale. Infine, la tensione di uscita espressa dall Eqn.(27) è indipendente dalla corrente assorbita dal carico R L e, di conseguenza, la porta d uscita dell amplificatore di tensione è simile ad un generatore ideale di tensione con una resistenza equivalente di uscita nulla, come ci si aspetta da un amplificatore ideale di tensione. In conclusione, si può affermare che a patto che il guadagno d anello sia sufficientemente elevato, l amplificatore di tensione costruito utilizzando un amplificatore operazionale, riportato in Fig.12, funziona come un amplificatore di tensione ideale. 3.2 Amplificatore di transconduttanza Con riferimento al circuito in Fig. 13, si osserva che, data l Eqn.(24), la tensione ai capi di R è v IN. Di conseguenza, la corrente che scorre attraverso R vale i R = v R R = v IN R. (29) Inoltre, dato che secondo Eqn.(25) la corrente che fluisce attraverso il morsetto invertente dell opamp è nulla e che, dalla legge di Kirchoff per le correnti i OUT = i R, si ottiene che i OUT = v IN R, (30) 3 Come sarà discusso nel seguito, in realtà, esistono deviazioni dalla idealità causate dal valore finito di amplificazione A e da altre limitazioni 19

20 Figura 14: Amplificatore di transresistenza con amplificatore operazionale. cioè il circuito in Fig.13 funziona come un amplificatore di transconduttanza con transconduttanza pari a g m = 1 R. Analogamente a quanto detto per l amplificatore di tensione, purché il guadagno d anello sia sufficientemente elevato, la corrente assorbita dalla sorgente in ingresso v IN è zero, per cui l impedenza di ingresso di questo circuito è idealmente infinita, come deve essere per un amplificatore ideale di transconduttanza. Inoltre, l Eqn.(30) è valida indipendentemente dal carico (rappresentato da una scatola in Fig.13) e dalla tensione ai suoi capi. Di conseguenza, la resistenza di uscita di questo circuito è (idealmente) infinita, come ci si aspetta in un amplificatore ideale di transconduttanza. In conclusione, si può affermare che purché il guadagno d anello sia sufficientemente elevato, il circuito in Fig.13, funziona come un amplificatore di transconduttanza ideale. 3.3 Amplificatore di transresistenza Con riferimento al circuito in Fig. 14, si osserva che, siccome la corrente che fluisce attraverso l ingresso invertente dell opamp è nulla in accordo a quanto stabilito dall Eqn.(25) and i R = i IN v R = Ri R = Ri IN. Inoltre, per la legge di Kirchoff delle tensioni si ottiene che, v R + v v OUT = 0 di conseguenza, dato che v = v + = 0 dall Eqn.(24), si ha v OUT = Ri IN, (31) cioè il circuito in Fig.14 si comporta da amplificatore di transresistenza con transresistenza pari a R m = R. Dall Eqn.(24) si ha che la tensione ai capi della sorgente di corrente in ingresso è idealmente nulla indipendentemente dalla corrente impressa da tale sorgente. Ciò significa che l impedenza del circuito è (idealmente) zero, come deve essere per un amplificatore di transresistenza ideale. Inoltre, dato che l Eqn.(31) è valida indipendentemente dal carico e dalla corrente che esso assorbe, l impedenza di uscita di questo circuito è (idealmente) zero, come ci si aspetta da un amplificatore di transresistenza ideale. In conclusione, si può affermare che purché il guadagno d anello sia sufficientemente elevato, il circuito in Fig.14 funziona come un amplificatore di transresistenza ideale. 20

21 Figura 15: Amplificatore di corrente con amplificatore operazionale. 3.4 Amplificatore di corrente Con riferimento al circuito in Fig.15, si può osservare che, siccome la corrente che fluisce attraverso il morsetto invertente dell opamp è zero in accordo all Eqn.(25) and i R2 = i IN. v R2 = R 2 i IN. Inoltre, per la legge di Kirchoff delle tensioni, si ha che v R2 + v v R1 = 0 di conseguenza, dato che v = v + = 0 dall Eqn.(24), si ottiene v R1 = v R2 (32) da cui la corrente che attraversa R 1 è i R1 = v R2. (33) R 1 Dato che i R2 = i IN, applicando la legge di Kirchoff per le correnti, si ha ( i OUT = i R1 + i R2 = 1 + R ) 2 i IN (34) R 1 cioè ( il circuito in Fig.15 è un amplificatore di corrente con un amplificazione di corrente pari a 1 + R 2 R 1 ). Dall Eqn.(24) si osserva che la caduta di tensione ai capi della sorgente di corrente applicata in ingresso è idealmente zero indipendentemente dalla corrente impressa da tale sorgente. Vale a dire che l impedenza di ingresso di tale circuito è (idealmente) zero, come deve essere in un amplificatore di corrente ideale. Inoltre, l impedenza di uscita del circuito è (idealmente) infinita, come deve essere in un amplificatore di corrente ideale. In conclusione, si può affermare che finché il guadagno d anello è sufficientemente elevato, il circuito di Fig.15, è un amplificatore di corrente ideale. Un sommario delle principali topologie amplificatrici realizzate utilizzando un amplificatore operazionale e la retroazione negativa è riportato in Fig

22 Grandezza d uscita: Tensione Corrente Amplificatore di tensione Amplificatore di transconduttanza Grandezza d ingresso: Tensione v IN + v OUT R R 2 1 v OUT = 1 + ( ) R 2 R 1 v IN Amplificatore di transresistenza v IN + R i OUT = 1 R v IN i OUT Amplificatore di corrente i OUT Corrente i IN R v OUT R 2 v OUT =Ri IN i IN R 1 i OUT = 1 + ( ) R 2 R 1 i IN Figura 16: Topologie amplificatrici di base ottenute utilizzando un amplificatore operazionale in retroazione negativa. 22

23 Figura 17: Inseguitore di tensione. 3.5 Circuiti contenenti amplificatori operazionali Oltre che negli amplificatori di base descritti in precedenza, gli opamp possono essere impiegati per realizzare circuiti che svolgono altre importanti funzioni. Alcune di queste applicazioni sono l oggetto di quanto segue Inseguitore di tensione Un circuito semplice ed importante basato sull uso degli operazionali è mostrato in Fig.17. Tale circuito è noto come inseguitore di tensione, buffer di tensione o voltage follower. Considerando l Eqn.(24) si ottiene immediatamente che v OUT = v IN, (35) cioè l inseguitore di tensione è un amplificatore di tensione ideale con amplificazione uguale ad uno. L importanza dell inseguitore di tensione è legata al concetto di carico. Se si desidera generare una tensione specifica ai capi di un carico collegato ad una porta di un circuito 4, allora collegare il carico come mostrato nella parte superiore della Fig.18 non è tipicamente possibile, perché il carico introduce un effetto di carico che modifica la tensione che si desidera ai suoi capi come discusso in precedenza a proposito agli amplificatori. Tuttavia, collegando un inseguitore di tensione con operazionale tra la sorgente ed il carico come mostrato nella parte inferiore della Fig.18, la sorgente di tensione non è perturbata in quanto la corrente assorbita dall ingresso non invertente dell opamp è nulla e all uscita si ha la tensione desiderata v OUT = v IN come fosse prodotta da un generatore di tensione pressoché ideale. 4 in un circuito lineare, tale porta può essere rappresentata dal suo equivalente Thévénin 23

24 Figura 18: Disaccoppiamento di impedenza tramite un circuito inseguitore di tensione. 24

25 Figura 19: Amplificatore di transresistenza con amplificatore operazionale impiegato come Amplificatore di tensione invertente. Figura 20: Circuito integratore con amplificatore operazionale Amplificatore di tensione invertente Un amplificatore spesso utilizzato nella pratica si ottiene a partire dall amplificatore di transresistenza ed è riportato in Fig.19. In tale circuito, secondo quanto stabilito dall Eqn.(24), la tensione v R1 ai capi di R 1 è v IN, per cui la corrente i R1 che attraversa R 1 è v IN R 1. La corrente che attraversa R 1 gioca lo stesso ruolo della corrente di ingresso nell amplificatore di transresistenza, così in accordo con l Eqn.(31), si ha v OUT = R 2 i R1 = R 2 R 1 v IN, (36) Si può osservare come la tensione di uscita sia proporzionale alla tensione di ingresso tramite un fattore di amplificazione negativo. Per tale ragione, tale circuito è universalmente noto come amplificatore di tensione invertente. Tuttavia, il circuito di Fig.19 non è un amplificatore di tensione. A differenza del circuito amplificatore di tensione non invertente in Fig.12, infatti, l impedenza di ingresso del circuito in Fig.19 è data da R 1 e non è infinita. Di conseguenza, se la sorgente di tensione applicata all ingresso dell amplificatore fosse reale, tale resistenza di ingresso introdurrebbe un fattore di partizione di tale tensione Integratore Lo stesso principio sfruttato nell amplificatore invertente, vale a dire la traslazione di un tensione in una corrente la quale pilota un amplificatore di transresistenza, può essere sfruttato per ottenere 25

26 Figura 21: Circuito derivatore con amplificatore operazionale. altri circuiti molto utili. Ad esempio, se il resistore R 2 in Fig.19 fosse sostituito da un condensatore, come mostrato in Fig.20, si ottiene che la corrente circolante in tale condensatore è data da Inoltre, siccome i C = v IN R. i C = C dv C dt, segue che la caduta di tensione ai capi del condensatore C può essere espressa come v C (t) = t 0 i C (t ) C dt + v C (0) = t 0 v IN (t ) RC dt + v C (0) (37) dove v C (0) è la tensione iniziale del condensatore all istante t = 0 e la tensione d uscita v OUT = v C può essere espressa come v OUT (t) = 1 t v IN (t )dt v C (0) (38) RC 0 che è proporzionale all integrale nel tempo della tensione in ingresso. Per tale ragione, il circuito di Fig.20 è detto circuito integratore Derivatore Rimpiazzando il resistore R 1 in Fig.19 con un condensatore, come nel circuito in Fig.21, si ha che la caduta di tensione ai capi di tale condensatore, a causa della retroazione negativa, è uguale alla tensione v IN applicata in ingresso in accordo con l Eqn.(24). Dato che i C = C dv C = C dv IN dt dt e che nessuna corrente fluisce attraverso l ingresso invertente dell opamp, si ottiene che la medesima corrente i C scorre anche attraverso la resistenza posta in retroazione R. Per cui, v R = RC dv C dt e la tensione d uscita v OUT = v R può essere espressa come: v OUT (t) = RC dv IN(t) (40) dt ed è perció proporzionale alla derivata nel tempo della tensione d ingresso. A causa di ciò, il circuito in Fig.21 è detto circuito derivatore. 26 (39)

27 Figura 22: Amplificatore sommatore Amplificatore sommatore Tale circuito, realizzato utilizzando un amplificatore operazionale, permette di eseguire la somma pesata di due o più segnali. A tale scopo si osservi che un circuito contenente un amplificatore operazionale (ideale) è un sistema lineare e, come tale, può essere analizzato utilizzando lo strumento della sovrapposizione degli effetti. In tal modo, il circuito sommatore si riduce ad uno dei circuiti analizzati in precedenza. Se si considera il circuito di Fig.22, ad esempio, la tensione d uscita v OUT è esprimibile tramite la sovrapposizione degli effetti come la somma dei contributi v (1) OUT, v(2) OUT, v (3) OUT e v(4) OUT ciascuno relativo ad una tensione di ingresso v 1, v 2, v 3 and v 4. Si nota, inoltre, che la tensione all ingresso non invertente dell opamp non è influenzata dalla presenza dell amplificatore operazionale dato che i + = 0. Di conseguenza tale tensione può essere calcolata attraverso la sovrapposizione degli effetti come v + = v 3 R 4 R 3 + R 4 + v 4 R 3 R 3 + R 4 (41) e la si può considerare come una singola sorgente equivalente di tensione. Questo approccio ha validità generale e lo si può applicare alle sorgenti collegate all ingresso non invertente. Il contributo dovuto a v + alla tensione di uscita può essere valutato spegnendo v 1 e v 2. In tal modo i resistori R 1, R 2 e R 5 sono collegati in parallelo e possono essere sostituiti dalla loro resistenza equivalente R eq = R 1 R 2 R 5. Il circuito che scaturisce da tali modifiche è analogo all amplificatore di tensione di Fig.12, per cui il contributo dovuto a v + alla v OUT, che corrisponde al contributo di 27

28 v (3) OUT e v(4) OUT, può essere espresso come v (+) OUT = v(3) OUT + v(4) OUT = = = ( 1 + R ) F v + R eq ( ) R F 1 + R 1 R 2 R 5 ( R F 1 + R 1 R 2 R 5 v + ) ( R4 R 3 + R 4 v 3 + R 3 R 3 + R 4 v 4 ) (42) Dopodiché, il contributo di v 1 può essere calcolato spegnendo v 3 e v 4 (cioè considerando v + = 0) e v 2. Così facendo la tensione v all ingresso non invertente dell opamp, che è uguale a v + per l Eqn.(24), è zero. Di conseguenza, la caduta di tensione su R 2 e R 5 è zero, nessuna corrente li attraversa e possono essere rimossi dal circuito per il calcolo di v (1) OUT. Sulla base di questa considerazione, si ricava che, per il calcolo del contributo di v 1, il circuito in Fig.22 è equivalente all amplificatore invertente 5 di Fig.19. Di conseguenza, v (1) OUT = R F R 1 v 1. (43) Per ciò che concerne la sorgente di ingresso v 2, in modo simile si ottiene che In conclusione, la tensione d uscita v OUT si può esprimere come v (2) OUT = R F R 2 v 2 (44) v (+) OUT = v(1) OUT + v(2) OUT + v(3) OUT + v(4) OUT = v (1) OUT + v(2) OUT + v(+) OUT = R F R 1 v 1 R F R 2 v 2 + ( 1 + R F R 1 R 2 R 5 ) ( R4 v 3 + R ) 3 v 4 R 3 + R 4 R 3 + R 4 (45) Dall Eqn.(45) si nota che la tensione d uscita è data dalla somma pesata delle tensioni in ingresso v 1, v 2, v 3 e v 4. Inoltre, le sorgenti collegate (indirettamente) all ingresso non invertente hanno un peso positivo nell Eqn.(45), mentre le sorgenti collegate all ingresso invertente hanno peso negativo. Scegliendo opportunamente i resistori tali pesi possono essere progettati in modo specifico per ottenere una determinata somma. Se uno degli ingressi in Fig.45 fosse sostituito da una tensione costante, il circuito sommatore di Fig.22 può essere impiegato per sommare o sottrarre una quantità costante (un termine di offset) ad un segnale, ad esempio per traslare verticalmente tale segnale sull asse delle ampiezze e renderlo compatibile con la dinamica di ingresso di un altro circuito elettronico Filtri attivi I circuiti contenenti amplificatori operazionali possono essere utilizzati per realizzare operazioni di filtraggio nel dominio della frequenza. A tale scopo, nei circuiti con opamp considerati in 5 Si ricordi che l amplificatore invertente non è un amplificatore di tensione, per cui l impedenza vista dai generatori di tensione v 1 e v 2 non è infinita. Inoltre, anche l impedenza vista dai generatori di tensione v 3 e v 4 in Fig.22 non è infinita a causa della presenza della rete resistiva di somma. 28

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