I nuovi criteri per la diagnosi clinica della malattia di Alzheimer e del Mild Cognitive Impairment: quale utilità sul piano clinico?

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1 PSICOGERIATRIA 2012; II - SUPPLEMENTO I nuovi criteri per la diagnosi clinica della malattia di Alzheimer e del Mild Cognitive Impairment: quale utilità sul piano clinico? ANGELO BIANCHETTI Istituto Clinico S.Anna, Brescia e Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia Negli ultimi anni i criteri diagnostici per la malattia di Alzheimer (AD) sono stati oggetto di discussioni approfondite. I criteri fino ad ora utilizzati per la diagnosi clinica di AD erano stati elaborati dal National Institute of Neurological and Communicative Disorders and Stroke (NINCDS) e dall Alzheimer s Disease and Related Disorders Association (ADRDA) workgroup nel e si fondavano sostanzialmente su un processo clinico teso ad escludere altre possibili cause di demenza oltre alla malattia di Alzheimer e sul riconoscimento del malattia nel momento della sua manifestazione clinica conclamata, cioè la demenza. L arricchimento delle conoscenze sui meccanismi patologici che portano alla neurodegenerazione, la disponibilità di marcatori biologici in grado di determinare la presenza di alcune delle alterazioni fondamentali legate alla malattia, una maggiore conoscenza clinica e della storia naturale delle fasi che precedono la comparsa dei sintomi classici della demenza hanno permesso di affrontare in modo nuovo il problema della diagnosi clinica della malattia di Alzheimer. Ad una prima revisione dei criteri elaborata da un gruppo di ricerca Europeo 2 è seguita la proposta del National Institute on Aging e l Alzheimer s Association (NIA-AA) di nuovi criteri diagnostici sia per la fase preclinica sia per quella sintomatica dell AD 3-5. La revisione dei criteri si basa fondamentalmente sulla nozione che: a) il processo patologico che è alla base della malattia inizia molto tempo prima della comparsa dei primi sintomi; b) le alterazioni neuropatologiche sono rilevabili attraverso specifici marcatori, c) prima della fase conclamata di demenza è quasi sempre presente una fase clinica nella quale i sintomi sono lievi, spesso caratterizzati da compromissione della memoria. Purtroppo molte incertezze esistono sia sulla reale sequenza delle alterazioni neuropatologiche (il modello classico amiloidosi-danno neuronale trova modelli contrapposti) 6, sia sulla utilità dei vari biomarcatori proposti, sia sui correlati clinici delle alterazioni neuropatologiche della malattia. La durata delle fasi cliniche (preclinica, paucisintomatica-mci, demenza conclamata) è incerta e il passaggio da una fase all altra non può essere considerato inevitabile. Alterazioni dei biomarcatori sono dimostrabili anni prima della comparsa dei primi sintomi di malattia e la comparsa di un deterioramento cognitivo tipo MCI non è seguita inevitabilmente ed in modo prevedibile da una fase di demenza conclamata 7. Un recente studio longitudinale ha mostrato che a un anno di distanza solo una piccola proporzione

2 18 ANGELO BIANCHETTI di soggetti con MCI converte a demenza (3%) o peggiora (20%), mentre una quota rilevante migliora o torna normale (6-53%) oppure rimane stabile (30%) 8. I vari sottotipi di MCI hanno prognosi assai diverse, con una maggiore frequenza di progressione verso la demenza per l MCI amnestico a domini multipli, mentre la forma di MCI con compromissione non amnestica mostra una progressione più lenta. I biomarcatori sono definibili come parametri fisiologici, biochimici o anatomici misurabili in vivo in grado di riflettere specifiche caratteristiche legate al processo fisiopatologico che determina la malattia. I nuovi criteri per l AD pongono grande enfasi al ruolo dei biomarcatori, essenziali per determinare l etiologia alzheimeriana del quadro clinico. In questo senso i criteri si scostano e rappresentano una reale novità rispetto alle assunzioni tradizionali che vedevano la diagnosi di AD come una diagnosi di pura esclusione. Le linee guida dividono i biomarcatori in due categorie: quelli indicativi del processo di deposito dell amiloide e quelli correlati al danno neuronale (tab. 1). Alla base dell utilizzo dei biomarcatori in ambito clinico vi è la nozione che ad ogni stadio della malattia corrisponda una specifica alterazione fisiopatologica misurabile sul piano biochimico o neuroanatomico 5,9 (fig. 1). Questa concettualizzazione dinamica delle modificazioni dei biomarcatori in relazione alla evoluzione della patologia dell AD ha trovato conferme recenti che indicano una relazione fra il livello di anormalità dei biomarcatori e le manifestazioni cliniche della malattia e una progressione degli stessi (iniziale riduzione dei livelli liquorali di A 42, successivo aumento dei livelli di t-tau e modificazioni della volumetria ippocampale) compatibile con le ipotesi patogenetiche dell AD 10. Purtroppo, ad oggi, non è possibile definire con precisione la traiettoria con cui i vari biomarcatori si modificano nel tempo nel singolo individuo 11 e quindi, quando e come le manifestazioni cliniche della malattia diventeranno evidenti. Per questa ragione una diagnosi di AD preclinico è ad oggi non raccomandata in setting di tipo clinico 5. L utilità e l applicabilità dei biomarcatori nelle fasi cliniche dell AD, sia nell MCI che nella demenza, è invece maggiore, potendo, in questo caso, confermare con maggiore sicurezza la patogenesi dei sintomi oppure orientare verso altre cause di MCI o di demenza 12. Nel positional paper di Dubois la presenza di biomarcatori costituisce un elemento di supporto alla diagnosi etiologica di Alzheimer in presenza di una alterazione dimostrata della memoria, anche isolata, anche in assenza di una compromissione funzionale significativa 2 (tab. 2). In un successivo lavoro viene proposta da parte dello stesso gruppo di lavoro una revisione del lessico per la malattia di AD, dove viene proposta l introduzione dei termini AD tipico e atipico e AD prodromico e AD demenza 13. Con il termine di AD tipico si fa riferimento al fenotipo clinico più comune di AD, caratterizzato da un deficit precoce, significativo e progressivo della memoria episodica che rimane dominante anche negli stadi più avanzati della malattia, ed è seguito da o associato ad altre alterazioni delle prestazioni cognitive e a modificazioni comportamentali. La diagnosi è ulteriormente suppor- Tabella 1: Biomarkers in corso di studio per l AD Biomarkers indicativi di deposito di A Presenza nel liquor di A 1-42 PET con studio deposito di amiloide Biomarkers indicativi di danno neuronale Presenza nel liquor di proteina tau e tau fosforilata Misure del volume ippocampale o di atrofia del lobo temporo-mesiale (misure volumetriche o con valutazioni qualitative) Misure di atrofia cerebrale Immagini PET FDG SPECT cerebrale di perfusione Biomarkers con meno studi di validazione: studi di attivazione con fmri, MRI perfusione, MRI spettroscopia, diffusion tensor imaging, voxel based e misure multivariate Biomarkers di interesse biochimico Biomarkers infiammatori (citochine) Stress ossidativo (isoprostani) Altri marker di danno sinaptico e di neuro degenerazione come la morte cellulare. (da ref 4)

3 I NUOVI CRITERI PER LA DIAGNOSI CLINICA DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER E DEL MILD COGNITIVE IMPAIRMENT: QUALE UTILITÀ SUL PIANO CLINICO? 19 tato dalla positività di uno o più biomarcatori per la patologia di Alzheimer. Con il termine di AD atipico si fa riferimento ai fenotipi meno comuni dell AD, come l afasia primaria progressiva non-fluente, l afasia logopenica, la variante frontale dell AD, e l atrofia corticale posteriore. In presenza di una di queste manifestazioni cliniche, la diagnosi di AD è supportata dalla positività dei biomarcatori specifici. La malattia di Alzheimer (Alzheimer s disease) inizia, secondo gli autori, con le prime manifestazioni cliniche della malattia e comprende una fase predementigena ed una dementigena. La fase predemenza è definita come AD prodromica nella quale i sintomi clinici sono di lieve entità, non vi è compromissione funzionale e la positività dei biomarcatori suggerisce la presenza della patologia tipica dell AD, I criteri NIA-AA introducono ulteriori elementi di novità, proponendo una definizione di demenza che presenta interessanti novità 3 : a) viene dato rilievo alla presenza dei sintomi comportamentali che assumono valore ai fini della diagnosi; b) la diagnosi di demenza non richiede necessariamente la compromissione della memoria; c) la valutazione clinica assume importanza ai fini della diagnosi. Anche i criteri NIA-AA propongono l utilizzo dei biomarcatori per dimostrare la presenza del processo fisiopatologico dell AD, anche se gli autori affermano che l uso dei biomarkers non è raccomandato per il processo diagnostico routinario allo stato attuale. Allo stato attuale l uso dei biomarkers per aumentare la certezza del processo fisiopatologico dell AD può essere utile in tre circostanze: ricerca, trial clinici, e come strumenti clinici opzionali dove disponibili e quando ritenuti appropriati dai clinici 3. Numerosi fattori limitano ad oggi l utilizzo su ampia scala dei biomarcatori per la diagnosi di AD: la scarsa riproducibilità delle metodiche, il costo eccessivo, la difficoltà di interpretare i dati nei soggetti molto anziani, la possibilità di comorbidità e di demenze miste, la non prevedibilità della comparsa delle manifestazioni cliniche nel tempo 12, 14. Oltre a questi, la non attuale disponibilità di farmaci in grado di modificare la storia naturale della malattia rende scarsamente utilizzabili sul piano clinico le informazioni ottenibili da una diagnosi pre clinica. Indubbiamente, nel futuro nel campo della ricerca clinica una migliore caratterizzazione dei pazienti sul piano fisiopatologico potrà portare ad una maggiore accuratezza nella selezione dei pazienti coinvolti nei trial farmacologici e, sperabilmente, al raggiungimento di risultati migliori. Una diagnosi di malattia di Alzheimer in una fase preclinica o pauci sintomatica impone importanti riflessioni di tipo etico che riguardano le modalità di comunicazione al paziente ed alla famiglia, le possibili reazioni, l uso che di queste informazioni potrebbe essere fatto da terzi, l im- Figura 1: Modificazione dei biomarcatori ed evoluzione patologica e clinica della malattia di Alzheimer (ref 5) Patologico Accumulo di amiloide (CSF/PET) Disfunzione sinaptica (FDG PET/fMRI) Tau (CSF) Morfometria cerebrale (MRI volumetrica) Prestazioni cognitive Stato funzionale Normale Preclinico MCI Demenza Stadio clinico

4 20 ANGELO BIANCHETTI patto sulle scelte dell individuo e della famiglia, i costi sociali 12, 15. E necessaria una riflessione tra i clinici e i ricercatori che porti a linee guida condivise di comportamento per evitare che gli sforzi per vincere la malattia di Alzheimer creino altra sofferenza e disagio nelle persone in attesa della loro malattia. Tabella 2: Criteri per la diagnosi di malattia di Alzheimer (da ref 2) AD probabile: criterio A in aggiunta ad una o più delle caratteristiche di supporto B, C, D o E Criterio diagnostico principale A-Presenza di una iniziale e significativa compromissione della memoria episodica che include le seguenti caratteristiche: 1-Graduale e progressivo cambiamento, per più di sei mesi, nella funzione della memoria riferito dai pazienti o da informatori. 2-Dimostrazione oggettiva che la memoria episodica è significativamente compromessa ai test: generalmente ciò consiste in deficit di rievocazione che non migliorano o non si normalizzano con l uso di facilitazioni o con test di riconoscimento e dopo aver controllato che una codifica dell informazione è stata effettuata efficacemente. 3-La compromissione della memoria episodica può essere isolata o associata con altri cambiamenti cognitivi all inizio della AD o nella fase avanzata. Caratteristiche di supporto B-Presenza di un atrofia del lobo temporale mediale Perdita del volume dell ippocampo, della corteccia entorinale, dell amigdala, evidenziata alla MRI con stime qualitative che usano un assegnazione del punteggio visivo (in riferimento alle caratterizzazioni della popolazione con le norme dell età) o con la volumetria quantitativa delle regioni di interesse (in riferimento alle caratterizzazioni della popolazione con le norme dell età). C-Anormalità di biomarker del fluido cerebrospinale Basse concentrazioni della -amiloide 1-42, aumento delle concentrazioni della tau totale o aumento delle concentrazioni della fosfo-tau o combinazioni delle tre. Altri marker ben validati che saranno scoperti nel futuro. D-Presenza di un modello specifico alla neuroimaging funzionale con la PET Ridotto metabolismo del glucosio nelle regioni bilaterali temporali e parietali. E-Dimostrazione di mutazioni dominanti autosomiche dell AD all interno di parenti stretti. Criteri di esclusione Storia Inizio improvviso Il verificarsi all inizio dei seguenti sintomi: disturbi dell andatura, colpi apoplettici, cambiamenti comportamentali Caratteristiche cliniche Segni neurologici focali che comprendono l emiparesi, la perdita sensoriale, i deficit del campo visivo Iniziali segni extrapiramidali Altre malattie mediche gravi che potrebbero essere responsabili dei deficit di memoria e dei sintomi collegati Demenze non-ad Depressione maggiore Malattia cerebrovascolare Anormalità tossiche e metaboliche, che richiedono tutte esami specifici MRI FLAIR o anormalità nel segnale T2 nel lobo temporale mediale che potrebbero essere dovuti ad infezioni o insulti vascolari Criteri per AD certa L AD è considerata certa se sono presenti le seguenti caratteristiche: Sia la dimostrazione clinica che istopatologica (biopsia o autopsia cerebrale) della malattia, come richiesto dai criteri NIA- Reagan per la diagnosi post-mortem dell AD; entrambi i criteri devono essere presenti Sia la dimostrazione clinica che genetica (mutazioni sul cromosoma 1, 14 o 21) dell AD; entrambi i criteri devono essere presenti.

5 I NUOVI CRITERI PER LA DIAGNOSI CLINICA DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER E DEL MILD COGNITIVE IMPAIRMENT: QUALE UTILITÀ SUL PIANO CLINICO? 21 Bibliografia 1 McKhann G, Drachman D, Folstein M, et al. Clinical diagnosis of Alzheimer s disease: report of the NINCDS-ADRDA Work Group under the auspices of Department of Health and Human Services Task Force on Alzheimer s Disease. Neurology 1984; 34: Dubois B, Feldman HH, Jacova C, et al. Research criteria for the diagnosis of Alzheimer s disease: revising the NINCDS-ADRDA criteria. Lancet Neurol 2007; 6: McKhann GM, Knopman DS, Chertkow H, et al. The diagnosis of dementia due to Alzheimer s disease: recommendations from the National Institute on Aging and the Alzheimer s Association workgroup. Alzheimers Dement 2011; 7: Albert MS, DeKosky ST, Dickson D, et al. The diagnosis of mild cognitive impairment due to Alzheimer s disease: recommendations from the National Institute on Aging and Alzheimer s Association workgroup. Alzheimers Dement 2011; 7: Sperling RA, Aisen PS, Beckett LA, et al. Toward defining the preclinical stages of Alzheimer s disease: recommendations from the National Institute on Aging and the Alzheimer s Association workgroup. Alzheimers Dement 2011; 7: Braak H, Del Tredici K. Alzheimer s pathogenesis: is there neuron-to-neuron propagation? Acta Neuropathol 2011; 121: Petersen RC. Clinical practice. Mild cognitive impairment. N Engl J Med. 2011;364: Ganguli M, Snitz BE, Saxton JA et al. Outcomes of mild cognitive impairment by definition: a population study. Arch Neurol. 2011;68: Jack CR Jr, Knopman DS, Jagust WJ, et al. Hypothetical model of dynamic biomarkers of the Alzheimer s pathological cascade. Lancet Neurol. 2010;9: Jack CR Jr, Vemuri P, Wiste HJ et al. Alzheimer s Disease Neuroimaging Initiative. Evidence for ordering of Alzheimer disease biomarkers. Arch Neurol. 2011;68: Jack CR Jr, Vemuri P, Wiste HJ, Weigand SD et al.; for the Alzheimer s Disease Neuroimaging Initiative. Shapes of the Trajectories of 5 Major Biomarkers of Alzheimer Disease. Arch Neurol Mar 12. [Epub ahead of print] 12 Frisoni GB, Winblad B, O Brien JT. Revised NIA-AA criteria for the diagnosis of Alzheimer s disease: a step forward but not yet ready for widespread clinical use. Int Psychogeriatr. 2011;23: Dubois B, Feldman HH, Jacova C, et al. Revising the definition of Alzheimer s disease: a new lexicon. Lancet Neurol 2010; 9: Rodrigue KM, Kennedy KM, Devous MD Sr et al. -Amyloid burden in healthy aging: regional distribution and cognitive consequences. Neurology. 2012;78: Karlawish J. Addressing the ethical, policy, and social challenges of preclinical Alzheimer disease. Neurology. 2011;77:

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