STUDIO DEL COMPORTAMENTO A FATICA DI ACCIAI INOSSIDABILI CON METODI TERMICI

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1 AIAS STUDIO DEL COMPORTAMENTO A FATICA DI ACCIAI INOSSIDABILI CON METODI TERMICI D. Palumbo a, R. De Finis a, F. Ancona a, U. Galietti a a Politecnico di Bari - Dipartimento di Meccanica,Matematica e Management Viale Japigia, Bari, davide.palumbo@poliba.it Sommario Il limite di fatica rappresenta un parametro importante nella valutazione dei materiali in ambito progettuale sia in condizioni normali, che in condizioni particolari in presenza di alte o basse temperature o ambienti corrosivi. Lo scopo di questo articolo è quello di investigare con metodi termici, il comportamento a fatica di due acciai inossidabili martensitici ASTM A 182 F6NM e VIRGO 39, la cui particolarità è rappresentata dal fatto che, rispetto agli acciai austenitici, sperimentano bassi incrementi di temperatura se sollecitati con carichi superiori al limite di fatica. Mediante le tecniche termografiche si riescono ad ottenere informazioni sullo stato termico superficiale del materiale che consentono di valutare il danneggiamento a fatica. Abstract Fatigue limit represents an important parameter in material choice, mostly in presence of corrosive environments and lower/higher temperature. The aim of this work is to investigate damage behavior and also determinate fatigue limit of two martensitic stainless steel: ASTM A 182 F6NM and VIRGO 39. These metal alloys, as opposed to austenitic steels, are characterized by low temperature increments when they are subjected to high stresses. Thermal methods allow to obtain information about thermal behavior of material by means of measure of its superficial temperature. These information give us the possibility to evaluate the point at which damage occurs, and clearly, the fatigue limit. Parole chiave: limite di fatica, metodi termici, TSA, termografia, acciai martensitici 1. INTRODUZIONE Per studiare il comportamento a fatica dei materiali, i metodi termici basati sulla termografia infrarossa sono tra i più efficaci ed efficienti, poiché consentono di ridurre la campagna prove in termini di tempo e costi. In letteratura in genere, viene presa in considerazione la temperatura quale parametro per descrivere il danneggiamento del materiale. Infatti, durante un test di fatica, le differenze di temperatura tra il valore massimo istantaneo raggiunto nella fase quasi-isoterma e quello iniziale della superficie del provino, fornito da termocamera, aumentano quando la sollecitazione imposta supera il limite di fatica [1-6]. Tuttavia la temperatura dipende da una vasta gamma di parametri come l ampiezza dello stress, la frequenza di carico, la geometria del provino e soprattutto le condizioni ambientali che intervengono nello scambio termico provino-ambiente [7],[8]. Per questo sono stati sviluppati altre tipologie di approcci basate sul monitoraggio delle sorgenti di calore generate durante la prova di fatica [7-9]. Sotto le ipotesi che non ci siano trasformazioni di fase microstrutturale vengono, internamente, generate due sorgenti termiche: dissipative e termoelastiche. Le prime sono legate al danneggiamento del materiale e causano l innalzamento della temperatura, mentre quelle termoelastiche sono reversibili e dovute ai fenomeni di accoppiamento termomeccanico. Altri approcci sono basati sull analisi delle sequenze termografiche [10], [11]. L analisi complessa del segnale termico viene eseguita nel dominio del tempo per ottenere informazioni relative alla seconda armonica del segnale direttamente correlata al fenomeno di danneggiamento. Tutti questi metodi consentono di pervenire al limite di fatica della maggior parte dei materiali metallici. Tuttavia per alcuni materiali con alta diffusività termica quali l alluminio, le cui variazioni termiche indotte

2 dalla sollecitazione ciclica sono molto basse, risulta difficile il monitoraggio dei parametri termici che intervengono nel danno per fatica. Un altra categoria è rappresentata dai giunti saldati, il cui danneggiamento dovuto a fatica, segue un meccanismo diverso rispetto ai materiali base (intesi come materiali privi di intagli), e si esprime con sorgenti termiche molto localizzate [12-14]. I materiali con comportamento di tipo fragile rispetto a materiali duttili sperimentano basse deformazioni che determinano piccoli variazioni termiche. In tutti questi casi si deve ricorrere ad un set-up ottimale in termini di accuratezza di misura che può essere ottenuto con strumentazione altamente performante. In questo lavoro, viene esaminato il comportamento a fatica di acciai inossidabili martensitici mediante tecniche termografiche. Ed inoltre, è stato usato un nuovo approccio basato sulla tecnica TSA, chiamato TPA [13], che concerne l analisi della fase del segnale termoelastico. Lo scopo di tale analisi è quello di investigare e monitorare il passaggio da comportamento elastico a plastico del materiale, e quindi di determinare il limite di fatica e il monitoraggio del danneggiamento. Il metodo TPA è basato, come detto, sull analisi della fase del segnale termoelastico, quale parametro che descrive il danneggiamento dovuto a fatica. Variazioni di fase possono avvenire in presenza di generazione di calore dovuta ad alti gradienti di stress o plasticizzazioni locali causate da sorgenti dissipative [13]. In questo lavoro, viene proposta una procedura di analisi basata sull evoluzione delle variazioni di fase del segnale termoelastico nel tempo durante prova di fatica, svolta con la stessa metodologia di carico usata per le analisi in temperatura. I materiali investigati sono due acciai martensitici: ASTM A 182 grado F6NM e VIRGO 39. Sono stati esaminati tre provini per ogni materiale, i cui dati termografici e termoelastici, sono stati acquisiti con due termocamere differenti. Le sequenze termografiche e termoelastiche sono state analizzate con due nuove procedure. Infine è stato inoltre comparato il limite di fatica trovato con i dianzi elencati metodi con quello trovato con metodica classica statistica di prova a fatica Stair-case eseguita su quindici provini. 2. TEORIA Il segnale termoelastico S, fornito dall analisi TSA, è proporzionale alle variazioni picco-picco di temperatura durante la variazione picco-picco nella somma delle tensioni lungo le direzioni principali [15-18]. In presenza di condizioni adiabatiche e in caso di comportamento elastico lineare del materiale, inteso omogeneo, le variazioni di temperatura e di stress sono direttamente correlate mediante la seguente equazione [19]: I KT0 (1) t t dove, θ = T-T 0 rappresenta le variazioni di temperatura registrata durante il test, T 0 è la temperatura di equilibrio del provino, K è la costante termoelastica [18] e σ I è l invariante di stress. La perdita di condizioni adiabatiche avviene se è presente trasferimento di calore attraverso il provino, o quando compare una sorgente termica dovuta ai fenomeni di danneggiamento. In questo caso altri termini dovrebbero essere considerati nell eq.1 e le misure di stress potrebbero essere affette da errore. Cosicché l eq. 1 diventa: I 2 1 KT0 a t t d C p (2) Con a diffusività termica, θ gradiente di temperatura, C P calore specifico a pressione costante, ρ densità e d 1 termine dissipativo, che compare in presenza di comportamenti plastici, viscoplastici e in genere danneggiamenti dovuti a sollecitazioni di fatica. Il set-up per l analisi TSA richiede un segnale di riferimento prodotto da una cella di carico o estensimetro posizionato sul provino. Il segnale di riferimento viene sfruttato per filtrare il segnale termoelastico in tempo reale, per mezzo di una unità di amplificazione lock-in, o successivamente questa operazione può essere effettuata nel post-processing dei dati. Per ogni pixel è possibile rappresentare i segnali (termoelastico e di riferimento) mediante vettori rotanti alla stessa velocità ossia alla stessa frequenza, sfasati di una quantità

3 costante. In questa ottica, il segnale termoelastico è caratterizzato dal modulo (immagine di S) proporzionale all ampiezza di stress [16-18] a da un angolo di fase rispetto al segnale di riferimento (immagine di fase). Riferendosi all eq. 2, durante le prove di fatica, variazioni di fase segnale termoelastico-segnale di riferimento, possono avvenire se: Il termine a θ è diverso da 0 e non è trascurabile rispetto alla velocità con cui il carico viene imposto al provino. Sono presenti fonti di calore dissipative (d 1 /ρc P ) dovute a plasticizzazioni e ad altri fenomeni di danneggiamento a fatica come la nascita e crescita delle cricche. Il segnale di fase può essere quindi usato per monitorare il danneggiamento del materiale durante una prova di fatica. Il metodo che sfrutta la fase quale parametro indicativo del comportamento a fatica è denominato TPA, e viene adoperato anche per monitorare giunti saldati sottoposti a carichi dinamici [13]. I successivi paragrafi descrivono quanto potente ed efficace può essere il segnale di fase nella valutazione di zone di plastiche o localizzazione di cricche e quindi per la valutazione del limite di fatica. 3. SET-UP SPERIMENTALE 3.1 Materiali Gli acciai inossidabili martensitici hanno un alta resistenza meccanica ottenuta mediante trattamento termico di tempra ma hanno una resistenza alla corrosione limitata. Per ottenere una trasformazione totale di austenite in martensite è necessario tenere basso il contenuto di elementi di lega, e aumentare le velocità del processo di tempra per garantire alte prestazioni meccaniche [20]. L alligante che interviene nella resistenza a corrosione è il Cromo (le percentuali in peso nei due materiali sono: 11.5% per ASTM A 182 e 16% per VIRGO 39), mediante la formazione di ossidi che evitano la riduzione di cromo dalla matrice cristallina [20]. Nella tabella 1 vengono elencate le proprietà meccaniche dei materiali considerati. In particolare vengono riportate: la tensione di rottura UTS e la tensione di snervamento come offset del tratto lineare a 0.2% di deformazione. Materiale Tabella 1: Proprietà meccaniche ASTM A182 e VIRGO 39 Temperature UTS E di prova [MPa] [MPa] [ C] Tensione di snervamento (0,2%) [MPa] ASTM A 182 grade F6NM VIRGO Tre provini con geometria (da norma ASTM E [21]) ad osso di cane sono stati provati per ogni materiale. In figura 1 vengono riportate le dimensioni standard dei provini: lunghezza nominale del tratto utile, spessore nominale del tratto utile e larghezza nominale. 3.2 Strumentazione e procedura di prova Si è utilizzata la termocamera IR X6540 SC prodotta da FLIR, che acquisisce sequenze termografiche ad alta velocità e per questo è stata adottata per l analisi del segnale termoelastico. Il sensore raffreddato in indioantimonio permette di acquisire immagini di dimensioni 640x512 pixel. La massima frequenza di acquisizione è 125Hz con una sensibilità termica NETD<20mK.

4 Figura 1: Dimensioni (mm) e geometria dei provini La seconda termocamera FLIR A20 è usata per acquisire dati di temperatura. È dotata di un sensore microbolometrico (160x140 pixel) con una sensibilità NETD<50mK. Le due termocamere sono state poste, rispettivamente, di fronte e sul retro del provino. La macchina servoidraulica di carico adottata è prodotta da MTS modello 370 ed ha una capacità di carico dinamica di ± 100kN. I provini sono stati ricoperti di vernice nera opaca per garantire una maggiore emissività (circa 0.95). Il setup prevede l utilizzo di una camera di legno (figura 2) per evitare riscaldamenti/raffreddamenti derivanti da fonti di calore esterne e quindi permettere una misura accurata della temperatura. a b Figura 2: Set-up utilizzato Per ottenere la misura della temperatura ambiente, un supporto di alluminio verniciato di nero è stato usato come corpo nero ed è stato posizionato all interno della camera di legno. Le prove sono state condotte applicando una tensione uniassiale (rapporto di carico R=0.5 e frequenza di carico 17 Hz) per cicli. Terminati i cicli, si è incrementato il carico come riportato nelle tabelle 2 e 3, fino a rottura del provino. Alla fine di ogni step la prova è stata fermata in modo da poter variare i parametri della macchina di carico e quindi procedere con un nuovo step di carico. Le sequenze termografiche acquisite dalla termocamera X6540SC sono state utilizzate per l analisi TSA. In particolare nell ambito dei cicli di ogni step, sono state acquisite 3 sequenze rispettivamente a 1000/8000/16000 cicli. Le sequenze sono state registrate a 100 Hz per 10 secondi in modo da ottenere un totale di 1000 frame. I dati termografici acquisiti con la termocamera A20 di FLIR sono stati utilizzati per monitorare la temperatura superficiale del provino. In particolare è stata considerata un unica sequenza di durata uguale alla durata dell intero test di fatica, fino a rottura del provino. 4. DESCRIZIONE DELLA PROCEDURA DI ANALISI DEI DATI 4.1 Analisi dei dati di temperatura. La temperatura raggiunta dal provino durante la prova di fatica può essere dovuta a differenti sorgenti di calore (eq.3) tra le quali risultano le sorgenti dissipative. Infatti, la temperatura ambiente T amb (t) e il

5 riscaldamento dovuto alla temperatura degli afferraggi della macchina di carico T lm (x,y,t), contribuiscono all innalzamento della temperatura del provino [21]. Tabella 2: Tabelle dei carichi su VIRGO 39 (left) e ASTM A182 (right) STEP Δσ/2 Δσ σ mean STEP Δσ/2 Δσ σ mean STEP Δσ/2 Δσ La temperatura del provino quindi, è una funzione dei suddetti parametri: T( x, y, t) f [ T ( x, y, t), T ( t), T ( x, y, t)] d amb lm (3) dove x e y sono le coordinate di un punto generico appartenente al tratto utile del provino e t è la variabile tempo. In riferimento all eq.3, il contributo termico dovuto al danneggiamento del provino in corrispondenza di uno specifico valore di stress, è rappresentato dal termine T d (x,y,t). E quindi necessario eliminare i contributi T amb (t),t lm (x,y,t) se si vuole quantificare correttamente il contributo dovuto alle sorgenti dissipative, poiché un erronea valutazione di tali sorgenti, potrebbe comportare un errata valutazione del limite di fatica del materiale. E importante anche un corretto filtraggio dei dati, per questo sono state messe in atto due nuove procedure di analisi del segnale termografico e termoelastico. Le analisi si riferiscono al tratto utile del provino come mostra la figura 3. In figura 3 viene mostrata un immagine termografica acquisita ad un tempo specifico durante il 19 step (ovverosia per una semiampiezza di sollecitazione Δσ/2=165 MPa) della prova di fatica, relativa al provino 1 dell acciaio ASTM A 182 grado F6NM. Nella figura 3(a), le aree A 1 e A 2 si riferiscono al provino (tratto utile) e al corpo nero la cui temperatura rappresenta la temperatura ambiente di riferimento T amb (t). T amb (t) rappresenta il massimo valore misurato sul corpo nero nell area A 2. Codesto valore viene eliminato pixel per pixel, immagine per immagine, dall area A 1. Se viene diagrammato l andamento di temperatura di un generico profilo p lungo la direzione longitudinale del provino (Fig. 3), si può vedere chiaramente l effetto del riscaldamento dovuto all olio caldo che serve a tenere in pressione il grip inferiore di afferraggio della macchina di carico e a conferire il moto dinamico che sollecita il provino. Il calore fornito dalla morsa inferiore non è costante ma aumenta continuamente durante tutto il test. Il corrispondente fenomeno dissipativo è chiaramente visibile in fig. 3(b-c). Adottando una retta interpolatrice del primo e ultimo punto della curva di riscaldamento del profilo p e considerando che l area A 1 è costituita da un numero di profili p pari al numero di pixel in direzione x, si può sottrarre la pendenza di suddetta retta interpolatrice ad ogni profilo, al fine di eliminare l effetto del riscaldamento anomalo dovuto alla macchina di carico. Durante il test di fatica la temperatura inizialmente incrementa (prima fase), successivamente diviene costante (seconda fase) ed infine, immediatamente prima della rottura cresce improvvisamente (fase 3-[5]).

6 a b c Figura 3: a) Aree e profilo p considerati per le analisi (ASTM A182, provino 1): b) step 6, c) step 20. Dopo la procedura di filtraggio dei dati, viene valutato il ΔT max, correlato alle sorgenti dissipative T d (t) e quindi ai fenomeni di danneggiamento. 4.2 Analisi dei dati termoelastici con il metodo TPA Secondo quanto già esposto, durante il test di fatica, e durante ogni step di sollecitazione, vengono acquisite 3 sequenze a determinati cicli della macchina di carico, precisamente a 1000, 8000, cicli. Per ottenere i dati di ampiezza e fase del segnale termoelastico e quindi effettuare l analisi termoelastica è stato sviluppato un algoritmo per analizzare le sequenze registrate. Considerando per ogni pixel, un opportuno modello di temperatura [10] si può descrivere l evoluzione del segnale termografico secondo l equazione : T m t) a bt T sin( t ) T sin(2 t ) (4) ( dove ΔT 1, φ1, ΔT 2 e φ 2 sono ampiezza e fase della prima e seconda armonica della serie di Fourier, mentre le costanti a e b vengono adoperate per modellare la crescita di temperatura che interviene allorquando un danno si è prodotto. Tutte le costanti vengono ottenute con il metodo dei minimi quadrati imponendo il modello dell eq.4 al segnale termografico pixel per pixel. L algoritmo fornisce una matrice di dati per ogni parametro dell eq.4, sotto forma di immagine (6 immagini in totale). In questo lavoro viene presa in considerazione solo il segnale di fase e quindi la costante φ 1, lasciando a futuri lavori l analisi di armoniche successive alla prima. L algoritmo di analisi dei dati di fase prevede la sottrazione del valore medio della fase ad ogni step, in modo da evidenziare variazioni di fase all interno del provino (tratto utile). Inoltre i dati di fase vengono filtrati sottraendo l immagine relativa ad uno step di riferimento, solitamente scelto tra i primi step di carico, non caratterizzati da danneggiamento. Ciò porta a ridurre le influenze di fattori esterni (come ad esempio la vernice o disomogeneità superficiali) sulla variazione di fase. Si procede infine, a quantificare le variazioni di fase come differenza tra il massimo ed il minimo valore: Δφ max =φ max -φ min., dove φ max e φ min rappresentano rispettivamente il 98esimo e il 2do percentile. Questo ulteriore filtro è stato messo a punto proprio per evitare altri outlier non rimossi dall analisi dianzi esposta. 5. ANALISI E RISULTATI 5.1 Analisi di temperatura : comparazione tra i dati prima e dopo l applicazione della procedura Nei paragrafi precedenti è stata chiarita la procedura adottata per tener conto e quindi eliminare sorgenti rumorose dall analisi termografica. La procedura consiste nella valutazione del ΔT max a regime dovuto a fenomeni dissipativi T d (t). La figura 4 mostra il grafico dei valori di temperatura in funzione della semiampiezza di sollecitazione Δσ/2 imposti durante la prova di fatica. In particolare i dati che si riferiscono

7 all analisi adottata sono rappresentati in blu mentre i dati non filtrati sono rappresentati in rosso. I dati non filtrati in realtà si riferiscono ai valori di temperatura T max raggiunta in ogni step a regime a cui vengono sottratti i valori della temperatura ambiente [5]. a b Figura 4: Confronto dati filtrati con la nuova procedura e dati non filtrati: a) ASTM A182, b) Virgo 39 Le curve di figura 4, mostrano come a seconda della procedura di analisi adottata, si possa incorrere in differenti interpretazioni del comportamento termico del materiale. E anche chiaro come per entrambe le curve siano presenti due andamenti caratterizzati da variazioni di temperatura differenti. Nella prima fase del test di fatica il danneggiamento non è presente per cui le variazioni di temperatura sono minime. Quando il materiale inizia a danneggiarsi una variazione di pendenza della curva è evidente e le variazioni di temperatura crescono. Come è evidente dalla figura 4, i dati ΔT max filtrati (curva blu) sono in valore, più bassi rispetto a quelli non filtrati (curva rossa) e questo perché viene eliminato quasi totalmente l effetto di riscaldamento prodotto dalla morsa inferiore della macchina oleodinamica. Come verrà esposto nei paragrafi successivi, una valutazione erronea delle variazioni di temperatura può compromettere la valutazione del comportamento a fatica, e quindi del limite di fatica, del materiale. 5.2 Analisi dei dati di fase Le figure 5 (a) e 5 (b) mostrano le mappe di fase ottenute mediante l analisi termoelastica nella zona del tratto utile del provino, descritta nel paragrafo 4.2, in particolare le immagini di fase si riferiscono alla terza sequenza termografica, acquisita intorno a cicli. E possibile poi confrontare le mappe di fase per vari step di carico della prova di fatica con chiara evidenza che la variazione di fase interessa tutta l area del tratto utile del provino ed assume valori sia positivi che negativi. Diaz [22] infatti mostra come in presenza di crescita della cricca la fase assume valore positivi dovuto agli elevati gradienti di stress, e valori negativi dovuti alle plasticizzazioni che inesorabilmente accadono per via del superamento della tensione di snervamento. Rispetto alla temperatura, il segnale di fase varia all interno del tratto utile del provino, garantendo un informazione locale sullo stato di danneggiamento del provino. In questo lavoro non ci si è preoccupati del segno assunto dal segnale di fase in quanto si è considerata la sua variazione come differenza tra valore massimo e valore minimo. Tuttavia lavori futuri saranno mirati allo studio specifico del segno della fase. In figura 6 vengono presentati i risultati in termini di variazione di fase sui materiali oggetto di studio. La linea blu rappresenta i dati di fase filtrati ottenuti al primo sottostep (acquisizione della sequenza termografica a 1000 cicli della macchina di carico),la linea rossa indica i dati relativi al secondo sottostep (acquisizione a 8000 cicli della macchina di carico), e la linea verde riguarda i dati acquisiti a circa cicli nel terzo sottostep in prossimità della fine dello step di carico a circa Come è chiaramente visibile in figura 6, non ci sono differenze sostanziali fra i tre sottostep di acquisizione, e questo significa che i dati di fase conservano il loro valore (a meno di piccole variazioni dovute alla stabilizzazione del segnale) indipendentemente dai cicli e quindi dal tempo di espletamento della prova. Il segnale di fase sembra collegato solamente al livello di stress e quindi potrebbe essere non necessario attendere cicli (così come accade per la temperatura) per acquisire i dati di fase.

8 Figura 5: Mappe di fase, provino 1, sottostep 3: a) ASTM A 182, b) VIRGO 39 a b Figura 6: Segnale di fase, confronto fra sottostep: a)astm A182, b)virgo VALUTAZIONE DEL LIMITE DI FATICA SU DATI DI TEMPERATURA E FASE. Come già constatato da altri autori [2-6], il punto iniziale a partire dal quale inizia il danneggiamento per fatica è il punto di variazione di pendenza della curva che sancisce due comportamenti differenti dei dati. Per mezzo di rette di regressione lineare è possibile approssimare i rispettivi comportamenti (poiché presentano diversa pendenza), valutando poi l intersezione di suddette rette si ottiene il limite di fatica. Nelle figure 7 e 8, il metodo grafico proposto [2],[5], viene applicato ai dati di temperatura filtrati (a) e ai dati di fase (b), per ogni materiale. Le differenze in termini di numero di dati tra temperatura e fase, sono dovuti alla diversa procedura di filtraggio adottata. Infatti come detto in precedenza, ai dati di fase, viene sottratta la mappa di fase relativa ad un particolare step di carico scelto fra i primi step. Nella fattispecie la mappa di fase che viene pixel per pixel sottratta da tutti i successivi step è quella relativa allo step a 120 MPa di semiampiezza di sollecitazione per entrambi i materiali. Il limite di fatica stimato sui dati di temperatura è minore in valore, rispetto a quello ottenuto ai dati di fase di circa MPa. Le tabelle 3 e 4 mostrano i risultati per entrambi i materiali. 7. CONFRONTO TRA I METODI In accordo con la norma UNI 3964 [23], è stata effettuata una campagna prove di fatica con metodo Stair case su 15 provini, considerando 10 7 cicli come limite. Il test è stato effettuato sui provini ASTM A 182. I dati di temperatura portano ad un limite di fatica che è inferiore a quello trovato con i dati di fase e con la prova di fatica classica. Il VIRGO 39 non è stato testato con procedura Stair Case, i risultati relativi a fase e temperatura vengono riportati in tabella 4. Anche nel caso di VIRGO 39, i dati di temperatura sottostimano il limite di fatica rispetto ai dati di fase. In presenza di basse variazioni di temperatura, i metodi termografici tradizionali usati per ottenere il limite di fatica [2-6] sembrano non essere affidabili, mentre i dati di fase portano ad ottenere un valore di limite di fatica molto vicino a quello trovato con metodo statistico classico. Infatti gli acciai martensitici, quali quelli in questione, sono caratterizzati dallo sperimentare piccole deformazioni durante tutto il test di fatica e

9 quindi conseguenti ridotte aree del ciclo di isteresi. Tale comportamento coinvolge sorgenti termiche e valori di fase molto bassi rispetto ad altri acciai come ad esempio gli austenitici [4-6]. Fra i dati di temperatura, poi, i dati non filtrati, sottostimano ancor più il limite di fatica. Se i dati non vengono filtrati si potrebbe sottostimare ulteriormente il limite di fatica di 10 MPa. a b Figura 7: Limite di fatica con metodo termografico (ASTM A182): a) Dati di temperature, provino 1, b) dati di fase, provino 1, sottostep 3 a b Figura 8: Valutazione del limite di fatica con metodi termici (Virgo 39): a) Dati di temperatura, provino 1, b) dati di fase, provino 1, sottostep 3 8. CONCLUSIONI In questo lavoro due tecniche termografiche sono state adottate per studiare il comportamento a fatica di due acciai martensitici: ASTM A 182 grado F6NM,VIRGO 39. Il primo metodo adottato è basato sul monitoraggio della temperatura superficiale del provino durante un test di fatica. La temperatura è affetta da rumore dovuto a sorgenti termiche esterne che possono compromettere la valutazione del limite di fatica. Per questo una nuova procedura di analisi dei dati è stata sviluppata per filtrare i dati di temperatura. Tale procedura ha consentito di ottenere dei valori del limite di fatica più vicini ai valori ottenuti con tecnica Stair Case. In particolare si sono riscontrate differenze rispettivamente di circa 10 MPa nella valutazione del limite di fatica su ASTM A182 e circa 1 MPa sul VIRGO 39. Il secondo metodo presentato è basato sull analisi della variazione della fase del segnale termoelastico durante la prova di fatica, chiamato TPA. Per ottenere il segnale di fase è necessario analizzare le informazioni derivanti dal segnale termoelastico e quindi occorre eseguire l analisi termoelastica (TSA) su sequenze termografiche acquisite a precisi momenti della prova di fatica corrispondenti a specifici cicli della macchina di carico. Suddetta analisi ha permesso di evidenziare che pur soffermandosi ai soli primi cicli di prova, è possibile ottenere un informazione sulle variazioni di fase del segnale termoelastico efficienti ai fini della valutazione del limite di fatica. Questo comporterebbe una riduzione della tempistica di prova di circa i due terzi della durata massima. La TPA porterebbe a test molto più brevi rispetto alle tecniche termografiche classiche. Differenze significative si sono potute constatare in termini di limite di fatica usando dati di temperatura e fase, in particolare sugli ASTM A182, in cui i dati di fase sono molto coerenti con i valori derivanti da prova Stair Case. Inoltre i dati di fase presentano alcuni vantaggi rispetto ai dati in temperatura: una più semplice analisi dei dati

10 acquisizioni indipendenti dal tempo (rispetto alla durata dello step di prova) in cui vengono acquisiti, e quindi sono indipendenti dai cicli di carico a differenza di quanto avviene per la temperatura in cui l acquisizione deve essere effettuata quando avviene la stabilizzazione del segnale di temperatura. sono dati meno sensibili alle condizioni ambientali rispetto alla temperatura. forniscono informazioni locali sullo stato del materiale. Tabella 3: Limite di fatica: confronto tra differenti metodi (ASTM 182) Metodi Temperature data Phase data Dati non filtrati (Mpa) Dati filtrati (Mpa) Sub Step 1 (Mpa) Sub Step 2 (Mpa) Sub Step 3 (Mpa) Stair Case (Mpa) specimen 1 122,32 148,13 166,96 164,50 157,98 specimen 2 134,91 140,19 167,72 158,17 162,22 specimen 3 141,94 147,68 170,00 160,63 157,05 average 133,06 145,33 168,23 161,09 159,08 169,24 St. Dev. 9,94 4,46 1,58 3,21 2,76 4,44 Tabella 4: Limite di fatica: confronto tra differenti metodi (VIRGO 39) Metodi Temperature data Phase data Dati non filtrati (Mpa) Dati filtrati (Mpa) Sub Step 1 (Mpa) Sub Step 2 (Mpa) Sub Step 3 (Mpa) specimen 1 155,66 142,81 172,89 178,24 177,5 specimen 2 140,63 146,81 183,85 187,62 190,65 specimen 3 146,26 155,02 194,28 180,75 179,65 average 147,52 148,21 183,67 182,20 182,60 St. Dev. 7,59 6,22 10,69 4,85 7,05 RINGRAZIAMENTI Questo lavoro è parte di un progetto di ricerca su larga scala denominato PON-SMATI, il cui scopo è di sviluppare leghi metalliche innovative per turbomacchine adoperate in ambienti in condizioni estreme. Gli autori ringraziano GE oil & gas, nella fattispecie lo stabilimento Nuovo Pignone S.r.l di Modugno (BA) per il supporto e la collaborazione fornita durante l attività sperimentale. BIBLIOGRAFIA [1] G. Fargione, A. Geraci, G. La Rosa, A. Risitano, Rapid determination of the fatigue curve by the thermographic method, International Journal of Fatigue, 24, 11-19, (2001). [2] M.P. Luong, Fatigue limit evaluation of metals using an infrared thermographic technique, Mech. Mater., 28, , (1998). [3] M.P. Luong, Infrared thermographic scanning of fatigue in metals, Nuclear Engineering and Design, 158, , (1995). [4] G. La Rosa, A. Risitano, Thermographic methodology for the rapid determination of the fatigue limit of materials and mechanical components, International Journal of Fatigue, 22, 65-73, (2000). [5] A.E. Morabito, V. Dattoma, U. Galietti, Energy-analysis of fatigue damage by thermographic technique, Proc. SPIE, Thermosense XXIV, vol. 4710, (2002). [6] F. Curà, G. Curti, R. Sesana, A new iteration method for the thermographic determination of fatigue limit of steels, International Journal of Fatigue, 27, , (2005). [7] A. Chrysochoos, H. Louche, An infrared image processing to analyse the calorific effects accompanying strain localisation, International Journal of Engineering Science, 38, , (2000). [8] S. Giancane, V. Dattoma, A. Chrysochoos, B. Wattrisse, Approccio calorimetrico e cinematico alla fatica in una lega di alluminio, XXXV Convegno Nazionale AIAS, Università Politecnica delle Marche,( 2006).

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