Meccanismi di collasso di nodi esterni trave-colonna in c.a. sottoposti a test ciclici

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1 Meccanismi di collasso di nodi esterni trave-colonna in c.a. sottoposti a test ciclici Angelo Masi, Giuseppe Santarsiero, Claudio Moroni, Domenico Nigro DiSGG Dipartimento di Strutture, Geotecnica, Geologia applicata. Università della Basilicata. Via dell ateneo Lucano, 1, 851 Potenza. ANIDIS9BOLOGNA Keywords: nodi trave-colonna, pannello nodale, sforzo assiale, edifici esistenti, dittilità, degrado di resistenza. ABSTRACT Il presente lavoro descrive i risultati di un ampia sperimentazione su assemblaggi trave colonna nell ambito del progetto di ricerca DPC-Reluis 5-8, eseguita presso il Laboratorio di Strutture dell Università degli Studi della Basilicata a Potenza. La sperimentazione rientra nel task denominato Comportamento e rinforzo di nodi che rappresenta uno dei nove task della linea di ricerca n. 2 dal titolo Valutazione e riduzione della vulnerabilità di edifici esistenti in c.a.. Il programma completo prevede l esecuzione di test ciclici quasi statici su nodi a T progettati secondo differenti livelli dell azione sismica, ossia nodi non antisismici, antisismici per zona 2 ed antisismici per zona 4, dotati di trave a spessore o emergente. L obiettivo della memoria è quello di mettere in luce l influenza che alcuni parametri progettuali quali il livello di sforzo assiale applicato, i quantitativi di armatura, il tipo di trave, il tipo di acciaio, ecc. possono avere sul comportamento ciclico e sul meccanismo di collasso. Per quanto riguarda i risultati ottenuti è emerso che, in nodi antisismici, bassi valori dello sforzo normale (es. 15% di quello ultimo) possono favorire l insorgere di danni nel panello nodale a causa del minore effetto di confinamento e di un contestuale accentuato effetto di scorrimento delle barre longitudinali nella trave. Inoltre, in presenza di meccanismi di collasso puramente flessionali che interessano la sola trave dotata di ridotti quantitativi di armatura, si può arrivare alla rottura delle barre longitudinali. 1 INTRODUZIONE L osservazione dei danni provocati da forti terremoti su edifici in c.a. progettati per resistere ai soli carichi gravitazionali ha evidenziato l elevata vulnerabilità indotta da rotture che interessino i nodi trave-pilastro, per loro natura, tozzi e quindi soggetti a collassi di tipo fragile. Il criterio della gerarchia delle resistenze previsto dalle norme sismiche recenti (OPCM 3274/3, NTC 8) tende ad evitare il verificarsi di meccanismi di rottura fragile nei diversi elementi strutturali di un telaio in c.a. (pilastro, trave, pannello nodale), oltre a fare in modo che un eventuale collasso globale avvenga nella modalità travi deboli pilastri forti, più favorevole in termini di comportamento sismico globale (più duttile e dissipativi). Le stesse norme prescrivono una serie di dettagli costruttivi tesi a migliorare la duttilità locale degli elementi strutturali. Per le strutture esistenti in c.a., realizzate in assenza di criteri antisismici sia in termini di calcolo che di particolari costruttivi, nonché per quelle costruzioni progettate con azioni sismiche inferiori a quelle previste attualmente dalla normativa, si pone il problema di un affidabile valutazione della resistenza alle azioni orizzontali al fine di individuare gli interventi di rafforzamento più efficaci (Masi 3). Affianco ad analisi numeriche in campo non lineare, molti autori hanno seguito la strada sperimentale per meglio comprendere il reale comportamento dei sottoassemblaggi strutturali trave-pilastro (Pampanin et al. 2, Park 2, Lehman et al. 4). Sottoponendo a prove sperimentali nodi trave-pilastro è possibile valutarne le prestazioni al variare di una serie di parametri, in modo da poter mettere a punto accurati modelli di capacità in campo non lineare che consentano di schematizzare il comportamento dei nodi all interno della struttura

2 nel suo insieme. Tra le altre cose, i test sperimentali consentono di valutare il contributo al drift totale di piano conseguente alla deformabilità propria del pannello nodale, in modo da poter prevedere in modo più accurato la possibilità di danneggiamento strutturale e non strutturale, nonché di valutare in modo più affidabile l entità dell effetto P-Δ. In alcuni casi (es. Shin et al. 4) queste sperimentazioni sono state alla base dello sviluppo di modelli da inserire in software di calcolo per l analisi non lineare di strutture intelaiate in c.a.. Molto importante è, inoltre, stabilire la modalità di collasso del nodo e le prestazioni in termini di resistenza e duttilità, nonché verificare la gerarchia di danneggiamento dei diversi elementi strutturali. Queste informazioni possono poi essere correlate alle caratteristiche del sottoassemblaggio in termini di livello di progettazione antisismica, tipo di barre adottate (lisce o ad a.m.), dettagli costruttivi, resistenza dei materiali, entità dello sforzo normale. In questo lavoro si analizzano innanzi tutto i meccanismi di danneggiamento e di collasso di 1 nodi a T sottoposti a prove cicliche sperimentali, cercando poi di capire come l entità dello sforzo normale, e di altri parametri progettuali, possa influire sul comportamento. I test sono stati effettuati nell ambito del task Comportamento e rinforzo di nodi appartenente alla linea di ricerca n. 2 Valutazione e riduzione della vulnerabilità di edifici esistenti in c.a. del progetto di ricerca DPC-Reluis IL PROGRAMMA SPERIMENTALE Le attività svolte presso l Università della Basilicata sono basate sulla sperimentazione di 1 nodi trave-pilastro da sottoporre a test ciclici quasi statici. Il programma sperimentale, riportato sinteticamente nel seguito, è ampiamente descritto in (Masi et al. 8). Nel presente lavoro si riportano i principali risultati, relativi ad alcuni dei test effettuati, cercando di trarre utili indicazioni dal confronto del comportamento di nodi identici eccettuato il parametro di cui si vuole indagare l influenza. Le prove sperimentali sono state effettuate in modalità ciclica quasi statica in controllo di spostamento, modalità idonea a seguire il degrado delle caratteristiche di resistenza e di rigidezza dei provini. Prima di effettuare le prove sperimentali si sono eseguite alcune simulazioni numeriche sui modelli da testare al fine di stimare con sufficiente precisione le forze di prima plasticizzazione ed i corrispondenti valori di drift, nonché di prevedere l elemento (trave, pilastro, pannello nodale) in cui si sarebbe attivata la crisi. L ampiezza massima dei cicli effettuati è stata, quindi, commisurata al tipo di meccanismo di danneggiamento atteso (flessione nella trave o nel pilastro, rottura a taglio del pannello nodale, scorrimento armature) ed ai livelli di forza che caratterizzano tale meccanismo. Il numero dei cicli è stato pari a 3 per ogni ampiezza degli spostamenti impressi. Il passo di incremento dello spostamento impresso è stato variabile ed in particolare leggermente più fitto per drift minori di 1.%. Le caratteristiche principali dei 1 provini testati sono riportate in tabella 1. Tabella 1. Caratteristiche dei 1 nodi testati. Nodo ERD Tipo trave Sforzo assiale T1 NE RB NL T2 Z2 RB NH T3 Z2 FB NH T4 Z4 FB NH T5 Z2 RB NL T6 NE RB NH T7 NE FB NL T8 Z4 FB NH T9 Z2 RB NH T1 Z2 RB NL Nella colonna ERD (Earthquake Resistant Design), la sigla NE sta per progettazione a soli carichi verticali, mentre le sigle Z2 e Z4 indicano rispettivamente che la progettazione è stata antisismica per zona 2 oppure per zona 4. I nodi sinora testati sono tutti con trave emergente (RB, Rigid Beam). Nella colonna sforzo assiale la sigla NL indica un carico verticale limitato sul pilastro (ν=.15), mentre NH indica un carico più elevato (ν=.3). ν = N / (b h f c ) è lo sforzo normale adimensionalizzato agente sulla sezione, con b e h dimensioni della sezione retta del pilastro e f c resistenza cilindrica media del calcestruzzo. In definitiva si hanno: 3 nodi non antisismici con trave RB (figura 2b) e con differente livello del carico verticale, oggetto dei test denominati T1 e T6; 5 nodi antisismici da zona 2 (figura 2a), dei quali tre, oggetto dei test T2, T3 e T9, con sforzo normale NH ed due con sforzo normale NL, oggetto dei test T5 e T1; 2 nodi progettati per zona sismica 4 con sforzo normale NH, oggetto dei test T4 e T8.

3 Figura 1. Provino prima del test Limitazioni di carattere logistico, relative alle possibilità di estrazione e movimentazione dei provini, hanno condizionato la sequenza con la quale potevano essere sottoposti a prova i nodi. In ogni caso tra le diverse possibilità di estrazione dei provini dalle casseforme utilizzate per la loro costruzione, si sono scelte quelle che consentissero di effettuare comparazioni in grado di mettere in evidenza il ruolo giocato da alcuni parametri sopra esposti nel condizionare il comportamento ciclico degli assemblaggi travecolonna e soprattutto il relativo meccanismo di collasso. Prima di procedere alle prove cicliche sui nodi si è effettuata una campagna di prove sui c) materiali, calcestruzzo e acciaio, al fine di caratterizzarli dal punto di vista meccanico. Il getto dei nodi è stato eseguito nel luglio 6 e contestualmente sono stati prelevati 6 provini cubici di calcestruzzo. Alcuni giorni prima dell inizio dei test (dopo circa 8 mesi dal getto) sono stati sottoposti a prova di schiacciamento 14 provini che hanno fornito una resistenza cilindrica media f c pari a circa 21.5 MPa. Per caratterizzare l acciaio sono state prelevate 9 barre dei diametri 12, 14 e 16 mm (3 per ogni diametro) e sottoposte a prova completa di trazione. La tensione media di snervamento è risultata pari a f y =478 MPa, mentre la tensione media di rottura è f t =59 MPa, valori coerenti con il tipo di acciaio utilizzato (FeB44k). Le barre di diametro 12 mm hanno mostrato una f y leggermente maggiore, pari a circa 49 MPa. Nella successiva figura 3 è riportato il diagramma tensione deformazione relativo ad una prova di trazione effettuata su una barra di diametro 16 mm, che mostra una deformazione a rottura ε su =11.4%, f y =6 MPa e f t = 615 MPa. Per due campioni si è utilizzato un acciaio differente da quello appena descritto. σ (ΜPa) L= s. Φ 8/ 8 L= s. Φ 8/ s. Φ 8/ A 6 s. Φ 8/1 5 A 3 Φ 16 L = s. Φ 8/ Φ Φ 12 L = L= L= s. Φ 8/ s. Φ 8/ A A 2 Φ 12 L = Φ 12 L = 29 8 s. Φ 8/ Figura 3. Diagramma tensione-deformazione dell acciaio. Si è trattato sempre di acciaio classificato come FeB44k, ma dotato di una maggiore resistenza allo snervamento e di un minore allungamento a rottura. In particolare, la tensione media di snervamento è stata pari a f y =58 MPa, mentre la tensione di rottura f t =6 MPa. Questo tipo di acciaio è di seguito indicato con la sigla pd (poco duttile). Per quanto riguarda la deformazione ultima ε su, vi sono significative differenze tra i due tipi di acciaio, con un valore di ε su pari al 6.8% per l acciaio pd. ε a) b) Figura 2 a) Dettagli dei nodi ZS2, b) dettagli dei nodi non antisismici NE. 3 RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE Nel seguito sono riportati i risultati dei test effettuati. Per alcuni test vengono in particolare evidenziati il comportamento ciclico attraverso il

4 diagramma F-d (forza totale applicata-drift impresso), ed il meccanismo di danneggiamento e rottura del nodo descritto tramite un immagine del pannello nodale e delle zone di estremità di travi e pilastri nelle condizioni mostrate alla fine del test. Tabella 2. Principali risultati dei test effettuati ( (*) nodi realizzati con acciaio poco duttile, pd). Tipo Rottura F Test ERD ν=n/(f c bh) u d u rottura barre (kn) (%) T1 NE.15 B SI T2 Z2.3 B SI T3 Z2.3 B SI T4 Z4.3 B SI T5 Z2.15 B+J NO T6 NE.3 B SI T7 NE.15 B SI T8 Z4.3 B SI T9 (*) Z2.3 B+J NO T1 (*) Z2.15 B+J NO Nella tabella 2, sono sintetizzati i principali risultati dei 1 test eseguiti. Nella colonna tipo rottura la lettera B indica un meccanismo di collasso puramente flessionale della trave, mentre J segnala il verificarsi di fessurazione all interno del pannello nodale. Sono inoltre riportati i valori della forza massima raggiunta dall assemblaggio nel quadrante positivo del diagramma forza-drift (F u ), e del drift ultimo (d u ) determinato convenzionalmente in corrispondenza di un calo della resistenza pari al % della forza di picco, all interno del ramo post-elastico. Per tutti i nodi testati la sequenza delle plasticizzazioni ha sempre visto la precedenza nelle travi che, operando come una sorta di fusibili nei confronti della forza totale applicabile all assemblaggio, non hanno permesso la formazione di cerniere all interno delle colonne. In qualche caso però si sono create le condizioni per una successiva estesa fessurazione del pannello nodale, come è accaduto nei test T5, T9 e T1. In tutti i nodi in cui il danneggiamento ha interessato solamente la trave si è giunti ad un collasso totale che ha visto la rottura per trazione delle barre longitudinali inferiori della trave (come evidenziato anche nella tabella 2 nella colonna rottura barre ). La rottura delle barre della trave è avvenuta per fenomeni di fatica oligociclica in quanto la massima deformazione delle barre è stata di circa il 3% per i nodi non antisismici e del 5% per i nodi antisismici in accordo con il massimo drift degli assemblaggi. Infatti, l apertura angolare delle fessure nelle travi è stata, come era lecito attendersi, dello stesso ordine di grandezza del drift impresso al nodo stesso. L espulsione del copriferro nella zona plasticizzata e l elevata aderenza delle barre utilizzate hanno indotto fenomeni di instabilità delle barre stesse che in alcune zone hanno raggiunto deformazioni locali molto elevate. I nodi non antisismici T1, T6 e T7 mostrano capacità di spostamento generalmente minori, sebbene vicine a quelle relative ai nodi antisismici. Le performance in termini di forza sono invece nettamente inferiori. Infatti, i nodi NE forniscono un taglio massimo attorno ai kn, ossia pari a circa la metà di quello esibito dagli altri nodi progettati tenendo conto delle azioni sismiche. Questa differenza deriva essenzialmente dai diversi quantitativi di armatura longitudinale nelle travi che, come detto, innescano il collasso del nodo. I nodi T9 e T1, formalmente identici agli altri nodi Z2, essendo muniti di un differente tipo di armatura metallica (indicata con la sigla pd, poco duttile) hanno esibito una maggiore forza ultima rispetto agli altri nodi Z2 e, a parità di sforzo normale agente nella colonna, sono stati soggetti ad un meccanismo di collasso (B+J) che ha interessato il pannello nodale oltre alla trave. Nel seguito, al fine di analizzare l influenza di alcuni parametri progettuali o caratteristici della sperimentazione sul comportamento meccanico degli assemblaggi trave colonna, si mettono a confronto nodi testati in identiche condizioni tranne che per uno dei seguenti parametri: - livello di sforzo assiale - armatura longitudinale nelle travi. 3.1 Influenza dello sforzo assiale Per ciò che concerne lo sforzo normale si considerano i test T3 e T5, entrambi nodi progettati per la zona sismica 2 ma testati con sforzo normale pari a ν=.3 nel primo caso e pari a ν=.15 nel secondo. La sola riduzione dello sforzo assiale agente sul pilastro provoca un meccanismo di danneggiamento e di collasso molto differente. Il nodo T3 mostra una estesa fessurazione della trave e la completa assenza di danni al pannello nodale. Il nodo T5, invece, dopo una prima fessurazione nella trave, mostra lesioni diagonali nel pannello nodale che provocano la completa espulsione del copriferro sui tre lati liberi.

5 b) Figura 4. Test T3: a) Inviluppo forza-drift, b) stato di danneggiamento per drift = 5%. a) La presenza delle staffe interne al nodo permette comunque allo stesso di mantenere l integrità e di non esibire alcun problema di portanza del carico verticale. Nel test T5 la fessurazione del pannello nodale si manifesta ad un drift del 2.% e, proprio a partire da quel livello di spostamento, il comportamento meccanico del nodo comincia a mostrare notevoli effetti di degrado. Infatti, per il nodo T3, passando da un drift del 2.5% al 5.% la resistenza passa da 37.3 kn a 33.3 kn con degrado di circa il 1%, mentre per il nodo T5 passa da kn a kn, con un degrado del 58% (figura 6). Il degrado di resistenza, inizialmente dovuto alla crisi per taglio del pannello nodale a causa del superamento delle massime tensioni di trazione nel calcestruzzo, è certamente amplificato, per grandi deformazioni, dagli scorrimenti delle barre longitudinali della trave che non trovano più adeguato ancoraggio come si vede dalla figura 5b. Inoltre, il nodo T3 è soggetto ad un effetto pinching molto minore rispetto al nodo T5, con conseguenze positive sulla sua capacità dissipativa. 4 3 T3 T5 Forza(kN) b) Figura 5. Test T5: a) Inviluppo forza-drift, b) stato di danneggiamento per drift = 5%. a) Drift %) Figura 6. Confronto test T3 e T5. Tale fenomeno è osservabile dal grafico di figura 7 in cui è riportato l andamento dell energia dissipata per isteresi al crescere del drift. Poiché per ogni valore del drift il test prevedeva l esecuzione di 3 cicli, i tratti verticali rappresentano l energia dissipata ciclicamente a drift costante. Si nota che a partire da un drift del 2% le due curve si separano nettamente in favore del nodo T3 che, ad un drift del 5%,dissipa praticamente il doppio dell energia rispetto al nodo T5.

6 E (knm) T3 T Drift (%) Figura 7. Energia cumulata test T3 e T5. In definitiva, la comparsa di danni al pannello nodale condiziona fortemente le capacità di spostamento e dissipativa, essenzialmente legata allo snervamento delle barre longitudinali della trave. Viene infatti parzialmente inficiata l aderenza di tali barre che non riescono a raggiungere lo snervamento e, conseguentemente, ne deriva un significativo degrado della resistenza e della capacità dissipativa. 3.2 Influenza delle armature longitudinali nella trave Lo stato di sollecitazione tangenziale all interno del pannello nodale dipende come noto dal taglio effettivamente agente all interno della colonna superiore e dalla risultante di trazione generata dalle barre di armatura longitudinali superiori presenti nella trave. Infatti, il taglio V jhd cui può essere soggetto il pannello nodale può essere calcolato secondo la seguente espressione (Paulay & Priestly 1992): V jhd = γ Rd As 1 f yd VC (1) dove: As1 è l area dell armatura longitudinale superiore della trave, V C è il taglio agente nella colonna superiore, γ Rd è un fattore di sovraresistenza per tenere in conto l incrudimento dell acciaio, ed f yd è la tensione di snervamento di progetto dell acciaio. I nodi T9 a T1 erano dotati di barre di armatura con una maggiore resistenza allo snervamento ed a rottura. Al fine di mettere in evidenza il ruolo che questo aspetto ha giocato sul comportamento meccanico sono stati messi a confronto i test T3 e T9, relativi a due nodi progettati per zona sismica 2 ma con diverso tipo di armatura. Il nodo T3 era dotato di armatura normale di tipo FeB44k (tipo 1) mentre il nodo T9 era stato costruito utilizzando acciaio più resistente ma meno duttile (pd, tipo 2). Le proprietà meccaniche delle suddette armature sono descritte al paragrafo 2. Proprio in virtù delle differenti caratteristiche resistenti dei due acciai, con riferimento all espressione (1), è evidente che il nodo T9 dotato di acciaio di tipo 2 è stato soggetto ad un taglio di nodo maggiore dovuto essenzialmente al primo dei due addendi. Il maggiore taglio agente ha fatto sì che il pannello nodale si fessurasse come si può vedere dal confronto delle figure 8 e 4b in cui sono mostrati i danni subiti dai nodi T9 e T3. Figura 8. Danneggiamento nodo T9. La presenza di armatura di tipo 2 nel nodo T9 ha conferito allo stesso una maggiore resistenza, infatti, esso mostra una forza massima di 48.3 kn contro i 38.9 kn del nodo T3. Al contrario, il drift ultimo del nodo T9 è pari a 3.36, nettamente inferiore a quello nodo T3 che presenta un drift ultimo pari a circa il 5%. Forza (kn) T3 T Drift (%) Figura 9. Confronto test T3 e T9.

7 La presenza nelle travi di un armatura in grado di offrire una resistenza globale più elevata (per resistenza specifica dell acciaio o semplicemente per un quantitativo maggiore) induce maggiori sollecitazioni all interno del pannello nodale che possono provocare la rottura per fessurazione diagonale dello stesso, generando effetti quali il precoce degrado della resistenza e la riduzione della capacità duttile e dissipativa. In tal senso, i nodi NE, pur non essendo antisismici e non avendo staffe nel pannello nodale, in quanto dotati di un minore quantitativo di armatura longitudinale nelle travi, non hanno mostrato danni al pannello nodale. 4 EFFETTI DEL CARICO CICLICO SUL DEGRADO DI RESISTENZA Le curve forza-drift sinora mostrate sono state costruite come inviluppo dei massimi valori di forza esibiti ad ogni ampiezza del drift impresso all assemblaggio in esame. Ogni diverso valore del drift impresso, come già detto, è stato mantenuto per 3 cicli nell ambito dei quali si è comunque registrato un certo degrado della resistenza. Tale degrado a drift costante va comunque esaminato con attenzione in quanto la definizione del valore ultimo o di collasso del drift di collasso viene fatta in modo convenzionale sulla base della massima caduta di resistenza che si ritiene accettabile per un tale tipo di assemblaggio. Nel presente lavoro si è assunto come drift di collasso quello corrispondente ad una caduta di resistenza del % in accordo con quanto previsto in (Panagiotakos and Fardis, 1). Per quanto concerne i nodi in esame si è notato che, laddove il meccanismo di collasso ha interessato essenzialmente la trave, l entità del degrado ciclico, misurato come riduzione percentuale della forza massima tra il primo ed il terzo ciclo a drift costante, aumenta notevolmente quando il drift supera il valore convenzionale di collasso sopra definito. Nel grafico di figura 1, si sono riportati gli andamenti di tale degrado in funzione del drift impresso. Le linee verticali tratteggiate indicano il drift convenzionale di collasso. Nei test T1 e T3, che hanno avuto un meccanismo di collasso che ha interessato la sola trave, si vede che il drift convenzionale di collasso si colloca in corrispondenza di valori per i quali il degrado ciclico a drift costante tende ad assumere valori molto alti, ossia pari a circa 55% e 8% per i test T1 e T3, rispettivamente. Il nodo T5 invece presenta un degrado ciclico a drift costante abbastanza contenuto che è sostanzialmente insensibile al valore del drift teorico di collasso. caduta di resistenza (%) 1% 8% 6% 4% % T3 T5 T1 % % 1% 2% 3% 4% 5% 6% drift (%) Figura 1. Caduta di resistenza 1-3 ciclo dei nodi T1, T3, e T5. Nel grafico di figura 11 è riportato, per gli stessi nodi, l andamento della caduta di resistenza misurata al primo ciclo di ogni serie rispetto al valore massimo assunto dalla forza applicata, in funzione del drift impresso. A differenza di quanto visto prima, in questo caso si nota la maggiore sensibilità del nodo T5, affetto da fessurazione del pannello, all aumento di drift totale. La caduta di resistenza è molto più marcata rispetto ai nodi T1 e T3. Caduta di resistenza (%) 8% 7% 6% % 4% 3% % 1% T1 T3 T5 % % 1% 2% 3% 4% 5% 6% drift (%) Figura 11. Caduta di resistenza al 1 rispetto alla forza massima per i nodi T1, T3, e T5. In definitiva, nei test in cui il danno è concentrato nella trave, il degrado di resistenza è

8 più sensibile all effetto del ripetersi dei cicli di carico a drift costante, per il deterioramento del calcestruzzo nella zona fessurata. Viceversa, laddove il danno si estende anche al pannello nodale (test T5) la caduta di resistenza è controllata essenzialmente dal valore del drift massimo, risultando meno sensibile al ripetersi dei cicli di carico. Sulla base dei risultati ottenuti si può ritenere che assumere come drift convenzionale di collasso quello corrispondente ad una caduta di forza del % appare sufficientemente corretto, in quanto oltre tale valore anche il degrado ciclico a drift costante risulta molto elevato. 5 DEFORMABILITÀ DEL PANNELLO NODALE Il verificarsi di meccanismi di collasso di tipo diverso, che hanno interessato in alcuni casi il pannello nodale, consentono di esaminare il contributo che il pannello nodale può fornire alla deformabilità globale dell assemblaggio in condizioni diverse. In realtà i modelli di calcolo adoperati normalmente nella pratica professionale non portano in conto tale contributo considerando la zona di pannello, di fatto, indeformabile. Diversi autori hanno affrontato il problema della valutazione del contributo di deformabilità del pannello nodale al fine di migliorare le procedure di assessment degli edifici esistenti soprattutto se basate su un approccio agli spostamenti. Dalla sperimentazione si è osservato che la deformabilità del pannello nodale è stretta funzione del meccanismo di danneggiamento che affligge l assemblaggio trave-colonna. Infatti, il verificarsi o meno di fessurazione cosi come l eventualità di scorrimenti delle barre longitudinali delle travi non adeguatamente ancorate, sono fenomeni che possono incidere notevolmente sulla deformazione del pannello e, dunque, del nodo nel suo complesso. Proprio per mettere in luce l entità della deformazione del nodo in funzione del meccanismo di collasso si sono analizzati i risultati dei test effettuati nella presente campagna sperimentale. Spesso però i dati a disposizione non coprono l intero spettro di drift cui sono stati assoggettati i nodi poiché l entità del danneggiamento a partire da determinati valori del drift ha provocato un diffuso distacco del calcestruzzo di copriferro che, a sua volta, ha reso inefficaci gli strumenti di misura collegati. A titolo esemplificativo, si riportano di seguito due grafici (figura 12, test T1, e figura 13, test T1) che descrivono l andamento del drift totale dei nodi suddiviso nei contributi del pilastro inferiore (1 piano), pilastro superiore (2 piano) e pannello nodale (nodo). drift (%) Piano nodo 1 Piano Numero cicli Figura 12. Test T1: contributi al drift totale dei pilastri superiore (2 piano) e inferiore (1 piano) e del pannello nodale (nodo). Dal confronto delle figure 12 e 13 si nota come nel nodo T1, soggetto a fessurazione diagonale nel pannello nodale, il contributo di deformabilità del pannello sia molto più evidente che nel caso del nodo T1. Infatti, l aliquota di drift del pannello nodale arriva fino a circa lo.5% (circa il 16% del totale) per il nodo T1, mentre nel nodo T1 non supera lo.1% (circa 2% del totale). drift (%) Piano Pannello Nodale 1 Piano Numero cicli Figura 13. Test T1: contributi al drift totale dei pilastri superiore (2 piano) e inferiore (1 piano) e del pannello nodale (nodo). Nel grafico di figura 14 si riportano i dati complessivi per i 1 test analizzati. Si mostrano in particolare le entità delle deformazioni attribuite al pannello nodale per i diversi test in corrispondenza del 3% di drift totale. In corrispondenza di tale valore del drift si nota

9 come i nodi T5, T9 e T1 sono quelli per cui la percentuale di drift attribuibile al pannello nodale è considerevole e pari a circa il 13% per il nodo T5 ed al 16% per il nodo T1. Per il nodo T9 il pannello contribuisce al drift totale con una quota pari a circa il 7%. Tale nodo è stato, infatti, testato con sforzo normale elevato a differenza dei nodi T5 e T1 e questo gli ha conferito un maggiore effetto di confinamento limitandone cosi anche la deformabilità ascrivibile al pannello nodale. drift nodo (%) % 15% 1% 5% % T1 T2 T3 T4 T5 T6 T7 T8 T9 T1 Figura 14. Percentuale di drift del pannello nodale rispetto al totale. Si può pertanto affermare che i provvedimenti atti ad evitare la fessurazione del pannello nodale sono utili principalmente al fine di ottenere una maggiore duttilità globale degli assemblaggi, in quanto riducono l entità del degrado di resistenza e di capacità dissipativa. Inoltre, consentono di limitare la deformabilità globale ed ottenere una maggiore coincidenza tra i modelli strutturali ed il comportamento reale, anche se i test mostrano che in genere il contributo del pannello nodale alla deformabilità globale del nodo è piuttosto contenuto. 6 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Sono stati esaminati i risultati di test ciclici quasi statici effettuati su nodi trave-pilastro in c.a. progettati con differenti livelli di azione sismica e testati con differenti valori di sforzo assiale. Tutti i test, spinti fino al collasso totale, sono stati eseguiti presso il Laboratorio di Strutture dell Università della Basilicata. La sperimentazione mirava principalmente a mettere in luce il ruolo di alcuni parametri progettuali sulle prestazioni sismiche degli assemblaggi trave-pilastro e, in particolare, sul tipo di meccanismo di collasso osservato. I principali parametri presi in considerazione sono stati: il livello di progettazione sismica, lo sforzo assiale applicato alla colonna, il quantitativo di armatura presente nella trave. Al fine di evidenziare l influenza del singolo parametro sono stati di volta in volta messi a confronto test relativi a nodi identici eccetto che per il parametro considerato. Si è visto che in presenza di una favorevole sequenza dei possibili meccanismi di collasso (gerarchia delle resistenze) che comporta la plasticizzazione per flessione della trave come primo fenomeno di danneggiamento, un valore medio alto dello sforzo assiale sulla colonna, ossia ν=.3, produce effetti positivi in quanto riduce lo stato tensionale che può provocare la crisi del pannello nodale per trazione. Il confronto tra i test T5 e T3 ha evidenziato proprio questo fenomeno. Aver evitato la rottura del pannello nodale ha determinato nel nodo T3 un degrado di resistenza minore e, dunque, una maggiore capacità duttile e dissipativa. Va però segnalata, in tale situazione, l occorrenza della rottura delle barre longitudinali della trave per effetti di fatica oligociclica. Anche in presenza di una fitta staffatura nella trave, le barre longitudinali si sono instabilizzate all atto della chiusura della fessura per inversione del momento flettente e questo ha provocato concentrazione di deformazioni e conseguente rottura. Il ruolo giocato dal quantitativo di armature longitudinali è stato messo in luce dal confronto dei test T3 e T9, in cui sono stati considerati campioni identici salvo avere armature con resistenze diverse. In particolare, il nodo T9 possedeva armature più resistenti ma meno duttili, ossia, in termini di forza massima, una situazione equivalente ad avere un maggiore quantitativo di armatura a parità di resistenza dell acciaio. Si è visto che la resistenza più elevata delle armature, inducendo maggiori sollecitazioni taglianti all interno del pannello, ne ha generato la fessurazione con le ovvie conseguenze sul degrado della resistenza e quindi sulla duttilità. La presenza di una eccessiva resistenza lato acciaio nelle travi può, quindi, portare, oltre che ad una non corretta gerarchia delle resistenze trave-pilastro, anche a maggiori sollecitazioni nel pannello nodale che potrebbe collassare prematuramente. I risultati sperimentali sono stati analizzati anche dal punto di vista del degrado ciclico a drift

10 costante. Si è visto che nei nodi in cui la crisi è legata esclusivamente alla flessione della trave, il drift ultimo convenzionale (definito come quel valore in corrispondenza del quale si ha una caduta di resistenza del %) segna una soglia oltre la quale il degrado a drift costante aumenta in maniera considerevole. Pertanto, si può ritenere che assumere come drift convenzionale di collasso quello corrispondente ad una caduta di forza del % appare sufficientemente corretto, in quanto oltre tale valore anche il degrado ciclico a drift costante risulta molto elevato. Come si è potuto constatare alcuni nodi progettati con criteri antisismici sono pervenuti a rottura mostrando danni al pannello nodale, per effetto degli elevati quantitativi di armatura nelle travi, responsabili della maggiore aliquota di taglio orizzontale agente all interno del pannello stesso. Nonostante ciò è però emerso che la presenza di una idonea staffatura, come prevista dalla norma all interno del pannello, ha garantito l integrità del nodo che, seppur fessurato, ha mantenuto la piena portanza del carico verticale applicato. Inoltre, danni di entità apprezzabile al pannello nodale non hanno impedito all assemblaggio trave-colonna di raggiungere i massimi livelli di forza associati alla plasticizzazione delle travi secondo la corretta gerarchia delle resistenze. Ancora, si è voluta analizzare la deformabilità globale degli assemblaggi trave-pilastro al fine di valutare se e quanto fosse importante il contributo del pannello nodale. Si è visto che, nei casi nei quali il pannello è rimasto sostanzialmente integro, esso ha contribuito in maniera trascurabile al drift complessivo dell assemblaggio; al contrario, nei nodi con pannello fessurato, tale contributo, ancorché non molto elevato, diventa non trascurabile con valori fino al 1-15% del totale. Infine, appare utile osservare che nei nodi testati, qualora collocati all interno di una struttura reale, confluirebbero delle travi ortogonali al pannello nodale che potrebbero svolgere una significativa azione di confinamento in grado, probabilmente, di contrastare o limitare la fessurazione anche nei casi in cui questa si è manifestata nei modelli di laboratorio. Tale aspetto, insieme ad altri elementi che caratterizzano i nodi di strutture reali, ancorché complessi da portare in conto, dovranno essere adeguatamente considerati in futuri programmi sperimentali. RINGRAZIAMENTI Il presente lavoro è stato svolto nell ambito del progetto DPC-ReLUIS 5-8, Linea di ricerca n. 2 Valutazione e riduzione della vulnerabilità di edifici esistenti in c.a. (Task Comportamento e rinforzo dei nodi ). 7 BIBLIOGRAFIA Lehman D., Stanton J., Anderson M., Alire D., Walker S. (4). Seismic performance of older beam-column joint, 13th World Conference On Earthquake Engineering, Vancouver, Canada. Masi A. (3). Seismic vulnerability assessment of gravity load designed R/C frames, Bulletin of Earthquake Engineering, Vol. 1, N. 3, pp Masi A., Santarsiero G., Dolce M., Moroni C., Nigro D. (8) Il programma sperimentale su nodi trave-colonna in c.a. in corso all Università di Basilicata, Atti del convegno Valutazione e riduzione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti in c.a. Roma, 29-3 maggio 8. NTC 8, Ministero delle Infrastrutture (8). DM 14 gennaio 8, Norme tecniche per le costruzioni, Suppl. or. n.3 alla G.U. n.29 del 4/2/8. Pampanin S., Calvi G.M., Moratti M. (2). Seismic behaviour of r.c. beam-column joints designed for gravity loads. 12th European Conference on earthquake engineering, EAEE, London. Panagiotakos T.B., Fardis M.N. (1). Deformation of reinforced concrete members at yielding and ultimate. ACI Structural Journal, Volume 98, No. 2, Park R., (2), A summary of results of simulated seismic load tests on RC beam-column joints, beam and columns with substandard reinforcing details, Journal of Earthquake Engineering, Vol. 6, N. 2, Paulay, T. and Priestley M.J.N Seismic design of reinforced concrete and masonry buildings, New York: John Wiley and Sons. PCM (3). OPCM 3274 e s.m.i. Allegato 2 Norme tecniche per il progetto, la valutazione e l adeguamento sismico degli edifici, G.U. 8/5/3. Shin M., Lafave M. (4). Testing and modelling for cyclic joint shear deformations in rc beam-column connections. 13th World Conference on Earthquake Engineering, Vancouver, Canada 4.

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