Corso di Meccanica, Macchine e Impianti Termici CAPITOLO 6 ELEMENTI DI IDROSTATICA E IDRODINAMICA

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Anno Scolastico 009/010 Corso di Meccanica, Macchine e Impianti Termici CAPITOLO 6 ELEMENTI DI IDROSTATICA E IDRODINAMICA Prof. Matteo Intermite 1

6. INTRODUZIONE Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato In questo capitolo ci si prefigge lo scopo di illustrare le leggi fondamentali dell Idrostatica e dell Idrodinamica, in particolare sarà descritto il moto dei fluidi in un condotto e saranno enunciate le leggi che lo governano. Partendo dall esperimento che ne ha determinato la scoperta, si porterà l attenzione sul diagramma di Moody, strumento utile per la risoluzione di esercizi. 6.1 IDROSTATICA 6.1.1 LA PRESSIONE E IL PRINCIPIO DI PASCAL Un liquido esercita su tutte le superfici con le quali è a contatto delle forze, dette forze di pressione. Consideriamo, per esempio, cosa accade a dell acqua in un recipiente. L acqua esercita delle forze sulle pareti le quali reagiscono con forze uguali ed opposte, realizzando così una situazione di equilibrio. Che sia proprio così lo capiamo immediatamente praticando un foro nella parete del recipiente. In quella zona, la parete non può opporre alcuna forza contro l acqua per cui essa non è più in equilibrio e fuoriesce dal recipiente! In assenza d attrito interno (liquido perfetto), e di uno stato di quiete, la forza F esercitata dal liquido su una superficie S ha un intensità proporzionale a S, ed è diretta secondo la normale a S. La costante di proporzionalità P fra l intensità della forza e la superficie su cui agisce è chiamata pressione. F = P S F = forza[ N] P = pressione[ Pa] S = erficie m sup [ ] Questo fatto prende il nome di PRINCIPIO DI PASCAL Prof. Matteo Intermite

6.1. IL TORCHIO IDRAULICO Il funzionamento del TORCHIO IDRAULICO è basato sul PRINCIO DI PASCAL. Esso consente, per esempio, di sollevare oggetti molto pesanti, come per esempio un automobile, ovvero di generare forze intense a partire da forze molto meno intense. Dato che la pressione nel liquido è la stessa, (a parte effetti dovuti al campo gravitazionale) usando la forza f sulla superficie s possiamo produrre sulla superficie S (con S>>s) una forza f F = P S = S s che può essere anche molto maggiore di f pur di fare il rapporto delle superfici tale che S 1 s >> Prof. Matteo Intermite 3

6..1.3 LA PRESSIONE E IL PRINCIPIO DI STEVINO La legge di Stevino dice che, a causa della presenza della forza di gravità, la pressione in un liquido aumenta con la profondità perché gli strati inferiori, del liquido, devono sostenere quelli superiori. P = ρ g h P = pressione Pa [ ] [ ] kg ρ = densità m 3 h = altezza m Nelle figure sopra riportate è evidente che la pressione aumenta all aumentare della profondità. Nella prima figura i getti d acqua che fuoriescono dai fori più in basso sono più lunghi rispetto a quelli dei fori più alti a causa della maggiore pressione presente nella zona bassa. Nella seconda figura, la diga viene realizzata con spessore maggiore in basso per poter sopportare la maggiore pressione rispetto alla zona alta. Analogamente la pressione a cui viene sottoposto un subacqueo mentre scende nelle profondità marine, cresce di circa una atmosfera ogni 10 metri di discesa. Prof. Matteo Intermite 4

Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato 6.1.4 IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE Il principio di Archimede dice che un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l alto pari al peso del fluido spostato. Ne consegue che un corpo immerso in un fluido è soggetto a due forze: 1 La forza peso Fp diretta dall alto verso il basso; F = V ρ g V p CORPO CORPO volume corpo m 3 CORPO =. kg ρcorpo = densità. corpo m 3 m g = acc. gravità s La spinta di Archimede Sa diretta dal basso verso l alto. S = V ρ g V a CORPO FLUIDO 3 CORPO = volume. corpo m kg ρfluido = densità. fluido m 3 m g = acc. gravità s Quindi: Se Fp > Sa Il Corpo affonda Se Fp < Sa Il Corpo galleggia Se Fp = Sa Il Corpo è in equilibrio (non galleggia e non affonda) Prof. Matteo Intermite 5

Prof. Matteo Intermite 6

6. IDRODINAMICA Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato 6..1 ESPERIMENTO DI REYNOLDS R A V Nel 1880 un Ingegnere inglese Osborne Reynolds affrontò il problema del moto dei fluidi in un condotto cercando, con l ausilio di esperimenti, di definire le leggi che lo governano. L apparecchiatura usata consisteva in una cassa, riempita con acqua, dalle pareti di vetro lunga 1,8 m, larga 0,45 m ed altrettanto alta. All interno pose un tubo di vetro con un imbuto di legno verniciato e perfettamente collimante con il bordo del tubo. Come si può osservare dall illustrazione il tubo prosegue al di fuori della cassa, scende al di sotto del piano della vasca fino ad arrivare a una valvola V azionabile tramite una lunga leva. Dal lato opposto, all esterno della cassa, è situata un ampolla A che contiene liquido colorato ed è collegata mediante un condotto che termina ad ugello all interno dell imbuto di legno. L immissione del liquido colorato nel condotto viene regolata tramite un rubinetto R. All apertura della valvola V all interno del tubo si crea un flusso d acqua. Tale flusso può essere colorato agendo sul rubinetto R che permette il rilascio del colorante. In questo modo Reynolds riuscì ad osservare le caratteristiche del moto dell acqua nel condotto, egli rilevò che aprendo lentamente la valvola l acqua scorreva nel condotto in modo lineare, aprendo invece, la valvola velocemente l acqua compiva vortici e gorghi all interno del condotto. Prof. Matteo Intermite 7

6.. MOTO DEI FLUIDI ED EQUAZIONE DI CONTINUITA In base alle osservazioni effettuate, Reynolds distinse due tipi diversi di moto di un fluido viscoso all'interno di un condotto che, successivamente, furono definiti rispettivamente regime laminare e regime turbolento. Nel regime laminare le particelle del fluido scorrono seguendo linee di flusso lineari, è come se il fluido venisse suddiviso in cilindri concentrici di spessore infinitesimo che scorrono l uno dentro l altro. Il regime turbolento si ottiene aumentando la velocità del flusso che si rompe in una serie di gorghi non perfettamente prevedibili neppure con le moderne teorie. Ogni fluido presenta una velocità V c alla quale avviene la transizione da un regime all altro. Tale valore è stato definito velocità critica ed è funzione della viscosità cinematica ν del fluido e del diametro D del condotto tramite un fattore di proporzionalità. Il fattore di proporzionalità viene chiamato Numero di Reynolds: V D Re = υ In funzione dei valori che Re può assumere si possono definire quattro intervalli secondo i quali varia il moto di un fluido: Re < 500 Il moto è sicuramente laminare (a) 500 < Re < 100000 Il moto è turbolento instabile (b) Re > 100000 Il moto è sicuramente turbolento (c) Prof. Matteo Intermite 8

Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato regime permanente: Si consideri la sezione A1 in cui il fluido ha velocità media V1 costante nel tempo. Dopo un certo tempo t il fluido si è spostato nella sezione A ed ha modificato la sua velocità in V. Dato che la portata Q è uguale sia nella sezione 1 che nella sezione si avrà: Q= A1 V1 = A V Eq. Di Continuità Dalla quale si ottiene: V1 A1 = V A Risulta evidente, quindi, che le velocità del liquido nelle sezioni di una stessa condotta sono inversamente proporzionali alle aree delle sezioni stesse. 6..3 PRINCIPIO DI BERNOULLI L enunciato del teorema è il seguente: Per un fluido perfetto e incomprimibile, in moto permanente, è costante in tutte le sezioni di un condotto la somma dell energia di pressione, dell energia cinetica e dell energia potenziale. L energia di pressione può essere scritta con la seguente relazione: EPR = m g h P Dalla legge di Stevino P = ρ g h h = ρ g Quindi: P P EPR = m g EPR = m ρ g ρ L energia cinetica vale: 1 EC = m V Prof. Matteo Intermite 9 Se consideriamo un condotto a sezione variabile dove scorre un fluido con moto in

Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato L energia potenziale è data da: EP = m g h Considerando una condotta generica si a che l energia totale del fluido nella sezione A1 vale: P 1 E = m + m V + m g h ρ 1 1 1 1 Nella sezione due invece: P 1 E = m + m V + m g h ρ Secondo Bernoulli l energia si conserva, quindi: E1 = E = COSTANTE e cioè: P1 1 P 1 m + m V1 + m g h1 = m + m V + m g h ρ ρ che può essere scritta anche nel seguente modo: P1 1 P 1 + V1 + g h1 = + V + g h ρ ρ In generale la precedente equazione è espressa nella forma: P V g h COSTANTE ρ + + = Tale relazione, detta principio di Bernoulli, afferma che in un condotto dove scorre un fluido perfetto in moto permanente, la somma dell energia di pressione, cinetica, e piezometrica resta costante i tutte le sezioni della condotta. Prof. Matteo Intermite 10

Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato 6..4 PRINCIPIO DI TORRICELLI Il principio di Torricelli è un applicazione particolare dell equazione di Bernoulli. Si considera un recipiente pieno di liquido con un foro nella parte bassa e la parte alta comunicante con l ambiente esterno. Le ipotesi di Torricelli sono: 1) La velocità nella sezione 1 =0 V1 0 ) La Pressione nella sezione 1 e nella sezione è uguale alla pressione atmosferica. P1 = P = PATM L equazione di Bernoulli per la sezione 1 e la sezione è: P1 1 P 1 + V1 + g h1 = + V + g h ρ ρ Applicando le ipotesi P1 P 1 = ; 1 0 ρ 1 ρ V = Calcoliamo la Velocità V di fuoriuscita del fluido dal foro: V = g( h1 h) Da notare bene che la velocità così calcolata non tiene conto degli attriti che il fluido inevitabilmente ha nell attraversare il condotto di deflusso. Prof. Matteo Intermite 11

6.3 LE PERDITE DI CARICO Le perdite di carico sono le dissipazioni d energia che il fluido inevitabilmente ha quando scorre in un condotto. Si possono dividere in due tipologie: - Perdite di carico continue (o distribuite): Sono dovute all attrito che il fluido ha sulle pareti del condotto; - Perdite di carico concentrate (o localizzate): Sono dovute alla presenza di accidentalità nelle condotte (curve, allargamenti o restringimenti di sezione, valvole, ecc ). Di seguito saranno analizzate le perdite di carico continue e concentrate e verranno forniti i metodi di valutazione e di calcolo. 6.3.1 PERDITE DI CARICO CONTINE Come accennato precedentemente le perdite di carico continue nascono a causa dell attrito che il fluido ha sulle pareti del condotto. Di conseguenza dipenderanno dai seguenti fattori: f = fattore di attrito; L = lunghezza tubazione [m]; D = Diametro interno della tubazione [m]; V = Velocità del fluido nella tubazione [m/s]. L V Δ PCONT = f D g In generale il fattore di attrito f dipende da due parametri: Il numero di Reynolds ( che indicheremo con Re ) La scabrezza relativa ( data dal rapporto ε / D ) Nei capitoli precedenti abbiamo definito il numero di Reynolds come: dove: V = velocità del fluido [m/s]; D = diametro interno del condotto [m] Re = V D υ n = viscosità cinematica m s Prof. Matteo Intermite 1

Mentre la scabrezza relativa ci dice se il tubo è più o meno liscio, in altre parole è un fattore che dipende dalla possibilità che le pareti del tubo che stiamo considerando siano non lisce ma scabre, rugose. Come già detto sopra la scabrezza relativa è data dal rapporto tra la rugosità ε e il diametro del tubo misurato in millimetri. Di seguito sono riportati i valori di rugosità dei più comuni materiali per la realizzazioni di tubazioni e canali: TIPOLOGIA VALORE [mm] MATERIALE Tubazioni a bassa rugosità 0,00 < ε < 0,007 Tubi in rame e materiale plastico Tubazioni a media rugosità 0,0 < ε < 0,09 Tubi in acciaio nero e zincato Tubazioni ad alta rugosità 0, < ε < 1 Tubi incrostati o corrosi Per calcolare il valore di f viene utilizzato il diagramma di moody. Questo diagramma è realizzato in scala doppia logaritmica, in ascissa viene riportato il numero di Reynolds mentre in ordinata viene riportato il fattore d attrito. Viene diviso sostanzialmente in tre regioni: una regione in cui il moto è laminare una in cui il moto è turbolento una regione detta di transizione. Conoscendo il Numero di Reynolds e la scabrezza relativa è possibile determinare il fattore di attrito f (nel diagramma indicato con l). Da notare che in regime laminare il fattore d attrito può essere valutato tramite la relazione: 64 f = Re Mentre nella zona di transizione e in quella turbolenta bisogna obbligatoriamente utilizzare il diagramma di Moody perché il fattore d attrito f non varia linearmente ed è influenzato oltre che dal numero di Reynolds anche dalla scabrezza relativa della tubazione. Nella pagina seguente è riportato il diagramma di Moody per determinare il fattori d attrito f. Prof. Matteo Intermite 13

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6.3. PERDITE DI CARICO CONCENTRATE Sono causate dalla presenza lungo il condotto di una serie di accidentalità, vediamone alcuni esempi: Curve più o meno strette Raccordi a tre vie Convergenti raccordati bruschi o dolci Divergenti raccordati bruschi o dolci Valvole etc. Esistono comunque delle tabelle che riportano queste Accidentalità. In queste tabelle compare il simbolo rappresentante il tipo di accidentalità e affianco è presente un numero che rappresenta il coefficiente di perdita localizzata dato dalla seguente relazione: V Δ PCONC = ζ g dove V rappresenta la velocità. Come si può ben notare, in questa relazione non compare la lunghezza del condotto perché questa perdita è legata al tipo di accidentalità presente nel tubo. Prof. Matteo Intermite 15

modo: Istituto Professionale Statale per l'industria e l'artigianato 6.4 PERDITE DI CARICO TOTALI In questo paragrafo verrà analizzata l equazione di Bernoulli considerando sia le perdite di carico continue che quelle concentrate. L equazione applicata a due sezioni di un condotto può essere scritta nel seguente P1 1 P 1 + V1 + g h1 = + V + g h +Δ PCONT +Δ P ρ ρ CONC Esercizio: Si vuole pompare dell acqua dal serbatoio basso al serbatoio alto attraverso una pompa installata come indicato di seguito. Considerando che il dislivello H=35m, che il diametro interno della condotta D=10mm, che la portata di acqua richiesta è di 100 litri/min, che la lunghezza della condotta è di 7 m e che il materiale della condotta è cemento (elevata rugosità), calcolare le caratteristiche della pompa da installare (portata e pressione). Prof. Matteo Intermite 16

SVOLGIMENTO: H = 35 m D = 10 mm = 0.10 m Q = 100 litri/min. = 0.00166 3 m s mm m υ ( HO ) = 1 = 0, 000001 s s Calcolo le perdite di carico continue: L V Δ PCONT = f D g Determino l area della tubazione D 0,10 A = π = π = 0, 00816 m 4 4 Calcolo la velocità del fluido Q 0,00166 m V = = = 0,03 A 0,00816 s Calcolo il numero di Reynolds V D 0,03 0,10 Re = = = 3460 υ 0,000001 Calcolo il valore di ε/d ε per il cemento = 1 ε 1 = = 0,0098 D 10 Dal diagramma di Moody determino il valore di f = 0,04 Calcolo le perdite di carico continue: Δ L V 7 0,03 P = CONT f 0,04 0,0593 mh O D g = 0,10 9,81 = [ ] Prof. Matteo Intermite 17

Calcolo le perdite di carico concentrate: Considero due curve e una valvola: ζ ζ CURVA VALVOLA = 0,3 = 0, 4 0, 03 Δ PCURVE = 0,3 = 0,0015 9,81 0, 03 Δ PVALVOLA = 0,4 = 0,000839 9,81 [ mh O] [ mh O] [ ] Δ P =Δ P +Δ P = 0,00089 mh O CONC CURVE VALVOLA Scrivo l equazione di Bernoulli: P1 V1 P V + + h1 = + + h +Δ PCONT +ΔP ρ g g ρ g g Dato che: V = V 1 CONC L equazione di Bernoulli può essere scritta nel seguente modo: P ρ g + P h = h P P ρ g + +Δ +Δ 1 1 CONT CONC Dalla quale posso ricavare P P ρ g 1 [ ] = h h +Δ P +Δ P = 35 + 0, 0593+ 0, 00089 = 35, 0613 mh O 1 CONT CONC Prof. Matteo Intermite 18