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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: Dott. Giuseppe Marziale Presidente Avv. Bruno De Carolis Avv. Alessandro Leproux Prof. Avv. Gustavo Olivieri Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario Prof. Avv. Federico Ferro Luzzi Membro designato da Confindustria, di concerto con Confcommercio, Confagricoltura e Confartigianato [Estensore] nella seduta del 15/03/2013 dopo aver esaminato: il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica, Fatto Parte ricorrente, società immobiliare, evidenzia di essere stata titolare di un rapporto di c/c n. 401248541 e di un affidamento n. 6446775 per Euro 60.000,00 sottoscritto con la banca resistente. Con lettera del 30.11.2011, la banca resistente revocava con decorrenza immediata ogni affidamento concesso alla società ricorrente, recedendo altresì dal contratto di conto corrente e intimando il pagamento immediato del relativo saldo negativo di Euro 23.995,08 oltre a interessi dal 30.09.2011. Con lettera del 10.02.2012 (e successivo sollecito del 12.04.2012) la ricorrente chiedeva alla banca di rinnovare l affidamento per un importo di Euro 60.000,00 o, in subordine, di accettare un piano di rientro del debito ammontante ad Euro 24.680,96 in un periodo di 48 mesi. Pag. 2/8

Visto che la banca non riscontrava le richieste della società, la ricorrente sporgeva reclamo, in data 12.05.2012, contestando l arbitrarietà e illegittimità della comunicazione di recesso della banca del 30.11.2011 e invitando la resistente a procedere all immediata riapertura del c/c e alla concessione dell affidamento revocato, reclamo al quale la banca forniva esclusivamente una risposta interlocutoria. In ragione di quanto evidenziato, parte ricorrente sostiene che il recesso arbitrario e imprevedibile della banca dai rapporti esistenti, e la conseguente richiesta di rientro immediato, siano contrari ai principi di correttezza e buona fede e che le hanno causato un danno di immagine a causa dell impossibilità di usare la linea di credito. Conclude chiedendo all Arbitro bancario Finanziario di voler condannare la banca resistente al risarcimento del danno subito, quantificato in Euro 30.000,00. Regolarmente costituitasi, parte resistente evidenzia che a ottobre 2011 l esposizione dell amministratore unico della società ricorrente (di circa Euro 25.000,00), versando da tempo in stato di morosità, è stata classificata ad incaglio. La banca invitava allora la ricorrente a fornire la necessaria documentazione aggiornata per la verifica periodica del merito creditizio della società, ma riceveva solo (dopo la comunicazione di revoca) alcuni modello Unico e non i bilanci della società. In ogni caso, prima di procedere alla revoca dell affidamento, la banca contattava a più riprese l amministratore unico della società per individuare una soluzione bonaria di rientro di reciproca soddisfazione, essendo venuti meno i presupposti di merito creditizio (rapporto da tempo immobilizzato, dati economico/patrimoniali assolutamente carenti e non aggiornati, sensibile riduzione del fatturato, classificazione ad incaglio dell amministratore unico, ecc.). In assenza di prospettive e di fattivi interventi da parte della cliente, la banca si è vista costretta a dar corso alla risoluzione dei rapporti con passaggio della posizione ad incaglio (non a sofferenza). In ogni caso, in un ottica di rientro bonario dell esposizione, la banca ha rimandato la classificazione operativa del rapporto al successivo 27.01.2012 (circa due mesi dopo la comunicazione di revoca) di fatto consentendo alla controparte Pag. 3/8

di effettuare operazioni (anche di versamento a deconto della suddetta esposizione) che, comunque, non sono mai state eseguite. Con riferimento alle segnalazioni in Centrale dei Rischi, a seguito della revoca del fido la segnalazione delle voci accordato e utilizzato veniva sospesa e non veniva effettuata alcuna segnalazione negativa, in quanto la Centrale Rischi prevede l obbligo di segnalazione per importi pari o inferiori a Euro 30.000,00 (mentre l esposizione della società ammontava a circa Euro 27.000,00); quindi la società continuava a fruire dei fidi concessi da altre aziende di credito. Rileva poi parte resistente che la società non ha offerto alcuna prova a supporto del preteso danno derivante dalla mancanza di preavviso riconducibile all impossibilità di utilizzare la provvista nei 15 giorni successivi al ricevimento della comunicazione di recesso. Conclude parte resistente chiedendo all Arbitro bancario Finanziario di dichiarare il ricorso inammissibile in quanto la materia (merito creditizio) non rientrerebbe nella competenza dell Arbitro e, in subordine, non accoglibile perché privo di fondamento. Diritto Due le questioni che si pongono all attenzione del Collegio: (i) la validità e l efficacia del recesso con effetto immediato dal rapporto di conto corrente di corrispondenza; (ii) la validità e l efficacia del recesso con effetto immediato dall apertura di credito a tempo indeterminato. Sotto il primo profilo (si ricorda: recesso con effetto immediato dal rapporto di conto corrente di corrispondenza), le condizioni negoziali sottoscritte dalla società ricorrente contengono la seguente clausola (art. 8, punto 5): Il cliente e la banca hanno il diritto di recedere, in qualsiasi momento, dandone comunicazione scritta e con il preavviso di 1 giorno, dal contratto di conto corrente e/o dalla inerente convenzione di assegno nonché di esigere il pagamento di tutto quanto sia reciprocamente dovuto. ( ). Orbene, questo Collegio ritiene di dover aderire all ipotesi ricostruttiva già emersa nelle decisioni dell Arbitro bancario Finanziario e a mente della quale non sia disputabile che l esercizio del diritto di recesso non sia sindacabile in sede giurisdizionale ove non possono apprezzarsi le scelte imprenditoriali delle parti, tra le quali la libertà di decidere in merito alla convenienza del mantenimento dei rapporti negoziali in essere che costituisce Pag. 4/8

corollario del principio della autonomia contrattuale. Tuttavia, la ricorrente non ha chiesto (soltanto) il ripristino del rapporto di conto corrente, ma ha considerato che le modalità con cui è stato esercitato il recesso integrano una violazione dei doveri di correttezza e buona fede che sono intrinseci ai rapporti contrattuali, e ha chiesto il risarcimento del danno derivante dall inadempimento di tali doveri. E noto infatti che il principio di buona fede obbliga ciascuna parte a comportarsi in modo tale da non pregiudicare ed anzi da salvaguardare il ragionevole interesse dell'altra, quando ciò non comporti a suo carico alcun apprezzabile ed ingiusto sacrificio. L attenzione pertanto deve portarsi non sul recesso in sé, ma sulle modalità con cui è stato attuato, al fine di verificare se la condotta della banca sia stata conforme a quanto imposto dai canoni di correttezza e buona fede. In effetti emerge dagli atti del procedimento che il recesso dell intermediario è stato esercitato con lettera missiva datata (30 novembre 2011) e che tale recesso ha avuto effetto dalla stessa data. Ciò implica che la cliente è stata avvertita della chiusura del conto corrente in data successiva a quella in cui tale effetto si è verificato essendo ovvio che il momento della ricezione è successivo a quello della spedizione, ammesso che la spedizione sia avvenuta nella stessa data segnata nella missiva. Ora, anche a prescindere dai termini contrattuali o legali di preavviso, non sembra ragionevole avvertire un cliente che dal giorno prima, o da un paio di giorni prima, esso non può più operare sul conto corrente bancario in essere e che non è più autorizzato ad emettere assegni. L irragionevolezza della condotta precede ed assorbe la violazione dei doveri di correttezza e buona fede che nel caso sono stati violati in modo piuttosto evidente (così il Collegio di Milano, Decisione n. 2357/12). A nulla rileva, poi, la circostanza potrebbe dirsi: in fatto che l intermediario convenuto, pur avendo intimato la chiusura immediata del conto, ha poi provveduto alla chiusura effettiva dello stesso circa 4 mesi dopo, consentendo pertanto l addebito di operazioni di pagamento (probabilmente ricorrenti) sul conto ma continuando altresì ad addebitare voci di costo non meglio dettagliate dalla banca. Tale circostanza in vero : per un verso (i) dimostra come stessa parte resistente sia perfettamente consapevole della impossibilità e illegittimità della chiusura di un rapporto di conto corrente con effetto immediato e, per altro verso (ii) ha posto il Cliente in una situazione di incertezza operativa inconciliabile con Pag. 5/8

l attività imprenditoriale essendo nei fatti completamente in balia delle decisioni dell intermediario circa l operatività o meno del conto. Passando poi alla questione relativa al recesso dall apertura di credito, nel contratto di conto corrente si legge che (art. 7): La banca ha facoltà di recedere in qualsiasi momento dall apertura di credito, ancorché concessa a tempo determinato, nonché di ridurla o sospenderla; per il pagamento di quanto dovuto sarà dato al correntista, con lettera raccomandata, un preavviso non inferiore ad un giorno. Analoga facoltà di recesso ha il Correntista con effetto di chiusura dell operazione mediante il pagamento del dovuto. Orbene, in più occasioni i Collegi territoriali dell Arbitro bancario Finanziario hanno indagato la correttezza formale e sostanziale dell esercizio del diritto di recesso della banca in relazione a rapporti di apertura di credito e le eventuali conseguenze sotto il profilo risarcitorio e questo Collegio ritiene di dover confermare il proprio indirizzo ai sensi del quale: la stessa Corte di Cassazione ha evidenziato come nell apertura di credito l esercizio del diritto di recesso da parte della banca debba essere comunque valutato alla luce dei canoni della buona fede e della correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.; in questo senso, ad esempio, cfr. Cass. 13 aprile 2006, n. 8711, Cass. 13 agosto 2004, n. 15769; nonché anche alcuni precedenti dell ABF (Collegio di Roma, n. 284 del 23 aprile 2010; Collegio di Milano, n. 1274/11). La dottrina, dal canto suo, seguìta da una parte della giurisprudenza di merito, ha sviluppato un indirizzo tendente a riconoscere come illegittima la revoca c.d. brutale del fido, per tale intendendosi il recesso che, in linea concreta, assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, in quanto contrastante con la ragionevole aspettativa di chi abbia considerato di poter disporre della provvista per un determinato periodo di tempo. Sempre in dottrina, poi, diversi autori hanno messo in discussione la facoltà, da parte dell autonomia privata, di eliminare in toto il preavviso previsto dall art. 1845, terzo comma, c.c., salva la sussistenza di una giusta causa. Tanto premesso, il Collegio osserva anzitutto che la disciplina legale in materia di apertura di credito appare riflettere il principio generale, in tema di contratti di durata, secondo cui il recesso unilaterale è normalmente consentito: (i) solo per giusta causa e con effetti immediati, se il rapporto è a tempo determinato; (ii) anche senza giusta causa, ma con preavviso, se il rapporto è a tempo indeterminato; tuttavia, se vi è una giusta causa, l obbligo di preavviso non opera, e dunque il recesso è immediatamente efficace. La Corte di Cassazione ha più Pag. 6/8

volte statuito che i principi di correttezza e buona fede si pongono quali regole di comportamento che, essendo sovraordinate ai poteri dispositivi delle parti, consentono al giudice di intervenire anche in senso modificativo e integrativo sullo statuto negoziale, ampliando o restringendo il contenuto delle specifiche previsioni contrattuali, qualora ciò sia necessario per garantire l equo contemperamento degli interessi delle parti (Cass. 18 luglio 1989, n.3362; 20 aprile 1994, n. 3775; 22 maggio 1997, n. 4598; 10 ottobre 2003, n. 15150; 24 novembre 2007, 28056; 18 settembre 2009, n. 20106). Il doveroso rispetto di tali principi porta ad escludere, come si è già osservato, che possa essere riconosciuta operatività immediata al recesso ad nutum dall apertura di credito a tempo indeterminato, in assenza di giusta causa. E a ritenere dunque che debba in tal caso trovare applicazione, in mancanza della pattuizione di un preavviso inferiore a quello di legge, il termine di 15 giorni, stabilito dall art. 1845, terzo comma, c.c. La banca, qualora avesse inteso ottenere l effetto di determinare l immediata sospensione dell erogazione del credito, avrebbe dovuto pertanto (nella lettera del 30 novembre 2011) esplicitare la giusta causa, sulla cui sussistenza o meno, in caso di controversia, si sarebbero poi potuti pronunciare il Collegio o l Autorità Giudiziaria. Al contrario, la banca si è limitata sic et simpliciter a revocare l affidamento con effetto immediato, senza evidenziare la sussistenza di alcuna giusta causa. Il suo comportamento, per tale aspetto, è stato quindi illegittimo. (decisione n. 2489/2011) Evidenziata allora l illegittimità di entrambi i recessi (vuoi dal rapporto di conto corrente di corrispondenza vuoi dall apertura di credito), resta a questo Collegio da analizzare la pretesa risarcitoria. Orbene, posto che la banca legittimamente poteva recedere dal contratto anche senza giusta causa, i danni invocabili risultano unicamente quelli eventualmente prodottisi nei 15 giorni successivi a quello del ricevimento della comunicazione di recesso, per non avere potuto seguitare a utilizzare la provvista fino a concorrenza dell importo accordato. La domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente, tuttavia, non può venire accolta, nemmeno in via equitativa, perché nessun elemento è stato da essa offerto a conferma del fatto che la società abbia in concreto subito un qualsivoglia danno, eziologicamente riconducibile all impossibilità di utilizzare la provvista nel lasso temporale individuato (cfr., di recente, sia pure in riferimento a fattispecie diverse, Cass. 26 marzo 2009, n. 7306 e Cass. 18 settembre 2009, n. 20143, Pag. 7/8

secondo le quali liquidazione equitativa è «inidonea a surrogare l assolvimento dell onere della prova in ordine all esistenza del concreto pregiudizio»). Il ricorso, pertanto, è solo parzialmente fondato. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 8/8