SVILUPPO DI UN MODELLO PER LA GESTIONE DI UNA RETE DI IMPRESE: IL CASO FILTERKIT

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI TECNICA E GESTIONE DEI SISTEMI INDUSTRIALI CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE TESI DI LAUREA SVILUPPO DI UN MODELLO PER LA GESTIONE DI UNA RETE DI IMPRESE: IL CASO FILTERKIT Relatore: Correlatori: Chiar.mo Prof. ENRICO SCARSO Dott.ssa ROBERTA D ORAZIO Ing. CLAUDIO MANCA Laureanda: VERONICA DAL MAS Matricola: ANNO ACCADEMICO

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3 Alla mia famiglia

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5 INDICE Indice... 3 Introduzione... 7 Parte prima - Il contesto e il progetto Capitolo Le aggregazioni di imprese: caratteri generali Definizione di aggregazione d impresa Principali caratteristiche delle aggregazioni d imprese Motivazioni per la formazione di aggregazioni aziendali Tipologie di aggregazioni Aggregazioni informali Aggregazioni formali Aggregazioni patrimoniali Le reti d impresa Capitolo Reti di imprese: dal concetto di distretto all organizzazione produttiva Il contesto Forme di rete d impresa Modelli di gestione di una rete e obiettivi del lavoro La forma reticolare La contrattualizzazione delle reti La regolamentazione veneta per le reti di impresa Caratteristiche delle reti Le reti d impresa oggi La ripartizione settoriale delle reti di imprese

6 2.6.2 La diffusione territoriale nazionale La soggettività giuridica delle reti Le reti in Veneto Capitolo Il caso Filterkit La storia del progetto Descrizione della rete Il campo di studio Stato giuridico Governance e struttura organizzativa Vision, mission e core values Le aziende della rete Parte Seconda - Analisi e definizione del modello di gestione delle commesse Capitolo Analisi delle competenze Il progetto e la strategia push della rete L offerta di prodotti della rete L analisi delle competenze La matrice prodotto-mercato La SWOT analysis Capitolo La procedura di gestione delle commesse Premesse L arrivo e l analisi della richiesta Gli input necessari e il completamento della richiesta

7 5.2.2 Verifica delle specifiche e consultazione del database Gestione dei preventivi Capocommessa, project leader e mondo accademico Avvio della produzione e fasi finali Processo nel caso di commesse semplici Capitolo Sviluppi futuri e conclusioni Sviluppi futuri Tempi Sistema di controllo Conclusioni Appendice Tabella di presentazione delle aziende di Filterkit Bibliografia Sitografia Indice delle figure

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9 INTRODUZIONE Il presente lavoro di tesi illustra i risultati di un tirocinio svolto presso Filterkit S.c.a.r.l. che ha avuto come scopo principale quello di definire ed analizzare un modello di gestione per le reti di imprese, un fenomeno che si è sviluppato recentemente come tentativo di risposta alla crisi. In effetti, come illustrato nell elaborato, si può individuare in questo tipo di aggregazione un potente strumento per competere in mercati lontani o con grandi competitor. Questo tema risulta particolarmente importante per il territorio italiano, caratterizzato da numerose piccole e medie aziende che, fino a pochi anni fa, erano strettamente legate al territorio, ma che in questa fase economica riconoscono la necessità di trovare un nuovo modello di business per poter crescere. Molte di queste aziende costituiscono allora dei gruppi nei quali collaborano, formano know-how, oppure lavorano per guadagnare nuovi contatti. La letteratura di questo campo analizza nel profondo due argomenti delle aggregazioni e in particolare delle reti di imprese: - I vari aspetti del fare gruppo : le caratteristiche che gli imprenditori devono avere per poter collaborare al di fuori delle loro aziende, l importanza della creazione della fiducia e le tante attenzioni da avere nella selezione dei partner; - La normazione giuridica che regola l agire dei gruppi e il relativo procedimento che l ha posta in essere. Il lavoro di tesi si è incentrato su un terzo aspetto: la gestione operativa della rete attraverso la proposta di una procedura. Tale procedura risulta il frutto di una approfondita analisi del gruppo di aziende componenti la rete, svolta allo scopo di individuarne le risorse produttive. 7

10 Il lavoro si articola come segue. Nella prima parte si fornisce una descrizione delle diverse tipologie di aggregazioni presenti nel mercato, analizzandone le principali caratteristiche in modo da poterle comparare tra loro. Successivamente ci si focalizza sulle reti di imprese. Partendo dal contesto e dalle classificazioni che si possono effettuare, si descrive l attuale situazione delle reti in Italia, soffermandosi sulle peculiarità che caratterizzano le reti presenti nella nostra regione. Nel terzo capitolo viene introdotto il caso studio, Filterkit S.c.a.r.l., una rete di diciannove aziende che lavorano nel settore della carpenteria e delle lavorazioni meccaniche. Vengono brevemente presentate le varie aziende e viene descritto il cluster nel suo insieme. Nel capitolo successivo viene introdotto lo studio effettuato nel corso del tirocinio. In primo luogo si illustra la matrice che riassume punti di forza e caratteristiche di ogni azienda e che si è rivelata nel corso del lavoro un documento fondamentale per la gestione della rete. Si descrivono poi i vari strumenti utilizzati per arrivare alla definizione di un offerta del cluster e dei segmenti di mercato di interesse. Il quinto capitolo presenta il modello di gestione studiato che si è sviluppato. Utilizzando un diagramma di flusso che rappresenta tutti i passi che devono essere svolti durante la formulazione di un offerta, si descrivono le fasi necessarie al completamento di un preventivo da parte della rete e gli strumenti usati per prendere le relative decisioni. In particolare, si presenta una procedura di formulazione dell offerta che fa uso di una formula matematica appositamente sviluppata, che utilizza una serie di indici selezionati assieme ai responsabili della rete. Nel capitolo conclusivo si analizzano gli aspetti che nel futuro potrebbero essere integrati al modello presentato, e che necessitano di dati storici per essere considerati. In conclusione va segnalato che il lavoro si è scontrato con il fatto che non si sono trovati in letteratura strumenti pratici di gestione di un aggregazione. La mancanza di indicazioni specifiche provenienti dalla letteratura ha costituito una difficoltà nella fase 8

11 di approccio al problema, nel seguito superata soprattutto interagendo con i responsabili della rete, le cui indicazioni hanno consentito di elaborare un modello che riteniamo possa essere un utile punto di partenza per ulteriori sviluppi futuri. 9

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13 PARTE PRIMA IL CONTESTO E IL PROGETTO

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15 CAPITOLO 1 LE AGGREGAZIONI DI IMPRESE: CARATTERI GENERALI 1.1 Definizione di aggregazione d impresa Ogni azienda è alla ricerca di continui miglioramenti delle proprie condizioni operative per limitare le forze negative e incrementare i fattori di sviluppo, pertanto vi è una tendenza naturale alla creazione di relazioni, durature o meno, che permettano di ambire a obiettivi altrimenti irraggiungibili. Generalmente queste cooperazioni sono istituite con altri attori che lavorano nello stesso settore. Da queste constatazioni riprendiamo un concetto di Cassandro (1965), che afferma come l azienda quale unità economica di produzione non è andata mai disgiunta, pur nel campo degli studi economico-aziendali, dalla considerazione dell ambiente nel quale l impresa opera e vive. La letteratura che tratta l importanza delle alleanze per un impresa è molto vasta. Si riportano qui due considerazioni, tratte dagli articoli di Kale e Singh (2009) e di Ozman (2007) che riassumono brevemente i vantaggi ricercati dalle imprese attraverso relazioni con altre aziende: Alliances help firms strenghten their competitive position by enhancing market power (Kogut, 1991), increasing efficiencies (Ahuia, 2000), accessing new or critical resources, External collaborations of a firm are a vital component underlying competitive advantage. Partendo da questi presupposti, in questo capitolo si tratteranno i vari tipi di relazioni e rapporti che un impresa può instituire e verranno descritte le principali caratteristiche e forme delle aggregazioni d impresa. Le aziende hanno molteplici forme con cui possono unirsi in un gruppo; generalmente si fa riferimento a questi tipi di gruppi con il termine di aggregazione d impresa, coalizioni tra imprese o raggruppamenti di imprese. Tali termini comprendono ogni tipo di accordo che può essere instaurato tra più aziende e che 13

16 permette alle imprese di mettere in comune attività o risorse. Lai (1991) descrive le aggregazioni come delle forme di collaborazione economica, volontaria o obbligatoria, che hanno origine per l esercizio in comune della gestione, ovvero di vaste combinazioni di processi economici propri di questa, oppure al fine di condizionare in modo propulsivo le attività delle singole imprese. Da un punto di vista giuridico si individuano invece: - Aggregati intra-aziendali, costituiti da una pluralità di combinazioni economiche aggregate in una stessa azienda. Un esempio tipico sono i vari spin-off che lavorano insieme, facendo sempre capo alla società madre. - Aggregati inter-aziendali, che verranno approfonditi in questo elaborato e che coinvolgono società distinte e autonome Principali caratteristiche delle aggregazioni d imprese Il primo aspetto che caratterizza le aggregazioni è la necessità di una più forte collaborazione tra le aziende: le imprese partecipanti al gruppo infatti devono essere disposte a mettere in comune del know-how per arrivare al raggiungimento degli obiettivi comuni. A tal proposito, Kale e Singh (2009) fanno riferimento alla fiducia quale uno dei due principali fattori che permettono ad una alleanza di diventare strategica, soprattutto nella fase di post-formazione dell aggregazione. Questa collaborazione porta ad una molteplicità di rapporti nelle coalizioni, che possono variare tra gruppo e gruppo, e perfino all interno dello stesso gruppo. Le imprese che fanno parte delle aggregazioni restano giuridicamente indipendenti, Vivarelli (1967). Generalmente quindi le aggregazioni sono formate da una pluralità di soggetti che non perdono la propria autonomia giuridica con la nascita dell entità di gruppo. L unico caso in cui l indipendenza non viene mantenuta è quello di una fusione economica. Un ultima caratteristica da sottolineare è la tendenza a stabilire rapporti che 14

17 durano nel tempo. Secondo Cassandro (1982) infatti, le aggregazioni di imprese sono quelle unioni di imprese aventi carattere duraturo e finalità strettamente economica. Ricordiamo però che alcune alleanze vengono create con uno o pochi obiettivi di breve termine (come ad esempio la partecipazione ad una gara d appalto); a questo proposito Modica (1992) fa riferimento alle aggregazioni come a relazioni destinate ad avere un carattere durevole nel tempo, soprattutto quando gli accordi si sostanziano in vincoli patrimoniali o legami formali. [ ] Ma si possono ravvisare anche accordi fra imprese di durata limitata che possono rientrare fra le aggregazioni di imprese. 1.2 Motivazioni per la formazione di aggregazioni aziendali Le ragioni che spingono le aziende ad unirsi sono molteplici, anche se generalmente sono tutte spinte dalla rapida mutevolezza del mercato: con l intensificarsi della competizione, le aziende cercano dei modi per ottenere vantaggi competitivi e le alleanze strategiche e le aggregazioni possono essere adeguate per rispondere a questa esigenza. Un gruppo può nascere anche dall evoluzione di un alleanza strategica tra un paio di aziende in un settore industriale (Soh e Roberts, 2005). In questo caso la nuova figura nasce grazie all intensificazione dei rapporti tra le aziende e alla fiducia instaurata. Generalmente si ritiene che l obiettivo principale sia la ricerca del mantenimento, del miglioramento o del ripristino della funzionalità aziendale e della competitività (Cassandro, 1982). Esaminando le motivazioni particolari che rappresentano lo stimolo immediato alla creazione di un aggregazione, una possibile classificazione le suddivide in: - Motivazioni esterne: relative all ambiente che circonda la singola impresa. - Motivazioni interne: relative all ottimizzazione di uno o più fattori produttivi. 15

18 Esempi degli obiettivi perseguiti sono: - Limitare la concorrenza. Questo tipo di accordi è sempre sottoposto al vaglio delle autorità competenti alla sorveglianza dei mercati; - Apportare dei miglioramenti alle attività messe in comune e aumentare l efficienza attraverso economie di scala o di scopo; - Rafforzare la posizione competitiva di ogni azienda; - Diminuire i costi di transazione fra le aziende costituenti il gruppo; - Aumentare il proprio know-how attraverso un apprendimento interaziendale; - Migliorare il proprio approccio istituzionale, potendo ad esempio partecipare a bandi, gare d appalto o eventi altrimenti inaccessibili. 1.3 Tipologie di aggregazioni Arrivare ad una classificazione delle aggregazioni aziendali può rappresentare un compito abbastanza complicato, soprattutto considerando la molteplicità di criteri adottabili e le ambiguità terminologiche presenti sia a livello di letteratura, che nella pratica. 1 Questo motivo ha portato alla definizione di varie classificazioni, di cui ne riportiamo una fra le più complete, proposta da Passaponti (1990), che distingue fra aggregazioni informali, formali e patrimoniali. 1 Esempi di questi criteri sono: - Il grado di formalizzazione - La durata nel tempo del rapporto di collaborazione - L intensità (estensione) dell intesa - La rilevanza strategica dell accordo - Le modalità di attuazione - Gli effetti prodotti sulle partecipanti all impresa Per procedere alla classificazione, ci baseremo sul primo di questi criteri. 16

19 1.3.1 Aggregazioni informali Queste forme di aggregazione si costituiscono in base a particolari rapporti che si instaurano tra le diverse aziende, non esplicitate all esterno da strutture amministrative o giuridiche di collegamento, e pertanto basate su un accordo verbale o sostanziale tra due o più imprese. Da ciò ne derivano la peculiare precarietà e transitorietà e la scarsa tutela giuridica. Nascono generalmente in relazione a specifiche iniziative economiche o all esercizio di particolari attività. I mercati dove sono maggiormente presenti le aggregazioni informali sono caratterizzati da elevata incertezza e richiedono pertanto una notevole flessibilità. Le aggregazioni informali si basano su tre tipi di collegamenti: i collegamenti su base produttiva, su base personale e i gentlemen s agreement. Collegamenti su base produttiva Questo tipo di collegamenti nasce dalla voluta e ricercata collaborazione tra le aziende. Un classico esempio sono le piccole imprese che operano come imprese satellite di una più grande azienda e che pertanto lavorano su commessa, con vincoli di subordinazione, soprattutto se la grande impresa costituisce l unico cliente delle piccole imprese. I collegamenti su base finanziaria s instaurano quando l'azienda ottiene ingenti finanziamenti da un'altra azienda (ad esempio un istituto di credito). Anche in questo caso il collegamento non appare formalmente, ma il controllo è tanto più intenso quanto maggiore è il peso del finanziamento. Furlotti (2012) include in questa categoria anche le reti di subfornitura e i distretti. Vedremo però come questi due concetti, e in particolar modo i distretti, siano evoluti, diventando tipi di accordi formali. 2 2 Un approfondimento sulla nascita delle reti di impresa dal concetto di distretto verrà effettuato nel capitolo 2. 17

20 Collegamenti su base personale In questo caso le diverse imprese si mettono in collegamento grazie al rapporto personale che interviene nei rispettivi organi al vertice. Ad esempio può trattarsi di: più aziende (di piccole dimensioni) che abbiano lo stesso amministratore, professionista o esperto, imprese che siano controllate da esponenti di una stessa famiglia, oppure di società unite fra loro per mezzo di consigli d amministrazione interdipendenti (city communities of interest). Il legame presuppone un contratto formale o un vincolo patrimoniale e finanziario e talvolta viene affiancato da contratti di affitto, lavorazione conto terzi o sfruttamento comune di brevetti. La durata è generalmente legata a quella del rapporto personale. Gentlemen s agreement I gentlemen s agreement sono accordi non scritti che legano tra loro le imprese disciplinandone parte dell'attività nel comune interesse; sono fondati sulla fiducia e generalmente riguardano la fissazione dei prezzi di vendita, la distribuzione della produzione o la delimitazione delle zone d influenza, al fine di limitare la concorrenza di uno specifico settore economico. La violazione di questo accordo non determina alcuna sanzione giuridica in quanto non esiste contratto, però intacca la sfera dell onorabilità e dell affidabilità delle parti interessate. La ragione per cui si stipulano tali patti è la segretezza dei rapporti Aggregazioni formali Questa forma di aggregazione è caratterizzata da uno specifico contratto che stabilisce e sancisce la collaborazione economica tra le aziende. Si tratta pertanto di accordi su base volontaria stipulati fra parti che definiscono una struttura, che serve a fornire maggiore sicurezza a tutti gli attori e a delinearne maggiormente il contenuto. 18

21 Si possono distinguere in contratti equity, di natura proprietaria e che riguardano principalmente il potere decisionale e lo status di proprietario derivante dal contratto, come ad esempio le joint ventures e i gruppi, oppure non equity. Questi ultimi indicano tutte quelle forme di cooperazione attraverso le quali due o più imprese stipulano un alleanza che non comporta la commistione dei patrimoni, ma prevede un aggregazione temporanea di risorse, per il perseguimento di precise finalità (Fazzini, 2006). Sono di natura obbligativa, comprendono le prestazioni e i rapporti di tipo cliente/fornitore e sono ad esempio le associazioni in partecipazione, i gruppi d acquisto, gli accordi in franchising e le joint ventures contrattuali. Contratti d affitto d azienda Secondo questo tipo di contratto, l affittuario esercita l attività aziendale sotto la ditta che la contraddistingue, senza però modificarne la destinazione e facendo sì che l efficienza dell organizzazione e degli impianti rimanga inalterata. La ditta che affitta continua ad esistere, mantiene la propria individualità e conserva la proprietà legale dei beni. Essa può scegliere di adottare la forma del contratto d affitto per motivi di carattere economico gestionale, essendo il contratto d affitto un legame esteso ed elastico che consente di suddividere nel tempo il costo delle strutture, oppure per motivi legati alla gestione delle gravi crisi aziendali. Associazioni in partecipazione Sono una forma di aggregazione realizzabile all interno della fattispecie normativa stabilita dal codice civile agli articoli 2549 e seguenti. L articolo 2549 enuncia infatti che Con il contratto di associazione in partecipazione (att. 219) l associante attribuisce all associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Le associazioni in partecipazione possono riguardare un solo affare; una pluralità di affari oppure l'intera gestione; in tal caso il rapporto pone vincoli di interdipendenza 19

22 alle aziende associate, le quali svolgono una gestione comunemente concertata ed ispirata a direttive unitarie. Le associazioni in partecipazione sono assai diffuse tra le imprese medio piccole. Sono molto diffuse anche nel settore della distribuzione, dove l associato conferisce la propria opera, volta all attività di vendita. Cartelli e consorzi Questi tipi di concentrazioni aziendali sono spesso usati come sinonimi. Passaponti (1990) però sottolinea come i cartelli si concretizzino in un'obbligazione negativa per i partecipanti, mentre i consorzi creino un'organizzazione comune al fine di coordinare l attività dei singoli aderenti nel segno della mutualità e della economicità della gestione; la conseguenza di limitare l'autonomia dei singoli è pertanto accessoria (obbligazione positiva). Nello specifico un cartello è un accordo attraverso il quale le aziende si impegnano a rispettare certi limiti nella loro azione sul mercato, per ridurre o disciplinare nel comune interesse la concorrenza. Le aziende che partecipano al cartello mantengono la loro autonomia giuridica e la loro indipendenza. L accordo è temporaneo, ma può essere prolungato per mezzo di successivi rinnovi. Sono esempi di cartelli gli accordi volti a non vendere ad un prezzo maggiore o minore a quello fissato oppure a non produrre più prodotti rispetto alla quantità concordata. Limitando questi la libera concorrenza, i cartelli sono generalmente vietati dalle leggi antitrust nazionali ed internazionali; esistono tuttavia dei cartelli riconosciuti e legali che fissano il prezzo di alcuni prodotti (ad esempio l OPEC, Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio). I consorzi invece rappresentano un ampia serie di forme associative variamente regolamentata dalla legge. Ferri (1961) definisce il consorzio come Un associazione di persone fisiche o giuridiche liberamente creata o obbligatoriamente imposta per il soddisfacimento in comune di un bisogno proprio di queste persone. Da tale 20

23 definizione, si possono pertanto individuare consorzi volontari e obbligatori 3. Vi è un intercorrelazione fra le aziende e la loro piena indipendenza resta in ogni caso rispettata. Un altra caratteristica del consorzio è la presenza di un organizzazione comune che può svolgere attività di carattere interno all aggregazione, ovvero regolamentare i rapporti fra i consociati, oppure attività esterne, dove l organizzazione agisce concretamente svolgendo in comune con le imprese le fasi di produzione, oppure curandone la distribuzione e realizzando servizi di interesse generale. I consorzi, contrariamente alle joint ventures, possono accogliere anche un elevato numero di imprese che cercano di integrarsi orizzontalmente o verticalmente. Sono esempi di consorzi gli accordi che mirano ad ottenere un prestabilita qualità del prodotto realizzato o ad ottenere condizioni di acquisto più favorevoli. Società consortili Le società consortili rappresentano un entità in cui i confini fra finalità lucrativa (tipica della società) e finalità mutualistica (tipica dei consorzi) tendono a sovrapporsi, creando non pochi problemi applicativi, dovuti soprattutto alla carenza di una normativa puntuale ed esaustiva (Fazzini, 2006). Questa forma di associazione non è compresa nella classificazione del Passaponti (1990), ove veniva inclusa nella definizione di consorzio. Esse vengono regolamentate dall art.4 delle legge n.377 del 10 maggio 1976, secondo il quale le società previste nei capi III e seguenti del titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell art. 2602, ovvero: - società in nome collettivo; 3 Per una più approfondita classificazione dei consorzi in base all attività svolta dalle imprese consorziate, al tipo di supporto fornito, alle fasi di attività coinvolte nel consorzio ed in base al codice civile si può fare riferimento a P.D. Modica, Le aggregazioni di imprese, pag 27 e seguenti, e a L. MASSARI, I consorzi volontari tra imprese: profilo giuridico ed economico, in Scritti di economia aziendale per Egidio Giannessi, vol. II. 21

24 - società in accomandita semplice; - società a responsabilità limitata; - società per azioni; - società in accomandita per azioni; - società cooperativa. L art. 4 della legge n.377 non chiarisce però la vera natura di questa aggregazione. L incertezza sul problema della normativa e sulla differenza tra società consortile e consorzio viene riportata in un documento di Ecofin Consulting srl e dello studio commercialisti CozziPastoriPucci&Associati, secondo il quale da un lato c è chi sostiene che la società consortile sia un consorzio con la veste formale della società; altri, invece, ritengono che si tratti di un tipo di società speciale caratterizzata da una causa mista; per alcuni, infine, la società consortile dovrebbe essere assoggettata all intera disciplina del tipo di società adottato e laddove vi siano dubbi o lacune normative, questi dovrebbero essere colmati tenendo conto della particolare natura consortile dell oggetto sociale legittimando i consorziati ad inserire clausole statutarie legate a principi tipici in materia di consorzi 4. Per fare un po di chiarezza sulla differenza fra consorzio e società consortile, si può fare riferimento allo studio dell Associazione Italiana della Produzione (2008), secondo il quale i consorzi presentano vantaggi sotto il profilo della flessibilità in entrata e in uscita e, per certi versi, grazie alla loro struttura più agile possono adattarsi meglio a realtà distrettuali non troppo complesse e strutturate; le società consortili invece forniscono maggiori garanzie ai soci, incentivando così l adesione di nuove imprese alla rete. In più, la disciplina societaria applicabile alla società consortile garantisce una competenza specifica ed esclusiva all organo amministrativo, garantendo la rapidità e la flessibilità dei procedimenti decisionali. Questo perché la presenza della struttura 4 Per approfondimenti sulle società consortili si può fare riferimento agli studi n /I e n /I del Consiglio Nazionale del Notariato, oppure Fazzini (2006). 22

25 organizzativa societaria offre un modello di governance e una disciplina molto più collaudate e complete rispetto a quelle dei consorzi, consentendo di ottenere effetti di lock-in maggiori di quelle conseguibili utilizzando la forma consortile classica, di avere a disposizione una più vasta gamma di strumenti di finanziamento e di assicurare la completa limitazione della responsabilità dei soci. Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) Il gruppo europeo di interesse economico è un istituto introdotto dalla normativa comunitaria volto ad agevolare la cooperazione fra imprese che risiedono in Stati membri dell Unione Europea. È presente quindi una regolamentazione normativa comune, il che rappresenta il vantaggio principale di questo accordo. Il Gruppo Europeo di Interesse Economico è composto da due organi: l assemblea dei membri, la quale è delegata ad assumere le decisioni di governo dell associazione ed è composta da tutti gli aderenti, e gli amministratori, che hanno funzioni esecutive e di rappresentanza legale. Il GEIE non ha scopo di lucro e qualora sia realizzato dell utile, esso dev essere ripartito fra i singoli membri. Associazioni temporanee tra imprese (ATI) Il raggruppamento temporaneo di imprese è una forma di associazione limitata nel tempo il cui scopo è la realizzazione di un determinato progetto; non è espressamente regolata dal codice civile, ma si concretizza attraverso la sottoscrizione di un contratto che regola la gestione in comune di attività che singole imprese non sono in grado di affrontare in via autonoma. Esempi tipici sono la costruzione di grandi opere pubbliche o la realizzazione di una grande opera cinematografica. Nel caso delle opere di grandi dimensioni, i progetti sono spesso molto complessi e non sempre una sola impresa possiede tutte le competenze e le tecnologie necessarie per poterli realizzare (Modica, 1992). Pertanto si costituiscono dei gruppi ad hoc a cui 23

26 verrà assegnato l appalto. In questi gruppi le imprese resteranno giuridicamente indipendenti, ma formulano un offerta e si impegnano a realizzare il progetto congiuntamente. L ATI consente una considerevole flessibilità alle imprese aderenti, che possono così partecipare di volta in volta a determinate iniziative, senza però assumersi impegni oltre misura onerosi (Fazzini, 2006). Si distinguono due tipologie di associazioni, in funzione delle caratteristiche della prestazione svolta dalle imprese: associazioni orizzontali e verticali. Le prime sono composte da imprese con una specializzazione omogenea, mentre le seconde riguardano imprese con competenze diverse e complementari 5. Franchising Il franchising (o affiliazione) è un contratto stipulato fra due soggetti economicamente e giuridicamente indipendenti in cui una parte (il franchisor o affiliante) concede all altra (franchisee o affiliato) un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale riguardanti un processo produttivo, un brevetto o un marchio in cambio di un corrispettivo. Questo tipo di collaborazione è conosciuto soprattutto nel campo della distribuzione dei beni e nel settore dei servizi. Come ricordato da Modica (1992), sebbene la maggior parte degli studi relativi al franchising si occupi del franchising distributivo, sia la dottrina che la disciplina comunitaria individuano tre tipologie di franchising: il franchising industriale (o di produzione), di distribuzione e di servizi. Il primo riguarda la produzione di beni; attraverso questo contratto il franchisor porta l unità di produzione vicino ai luoghi di consumo e assicura sotto un insegna comune la distribuzione e la vendita dei propri prodotti in tutto un determinato territorio. Nel franchising distributivo il franchisor è rappresentato dal grossista, che seleziona i prodotti e li acquista per poterli poi rivendere. L ultima forma di franchising 5 In proposito si può vedere Propersi (1987) 24

27 riguarda i casi in cui il franchisee è un azienda che offre le prestazioni di servizi ideati e sperimentati dal franchisor. Il franchising rappresenta una collaborazione tipicamente continuativa e di medio o lungo termine ed in cui viene stipulato un contratto. Unioni volontarie e gruppi di acquisto Sono forme associative tipiche del settore della distribuzione e mirano a supportare e sostenere le imprese medio o piccole nei confronti del grande dettaglio. Le unioni volontarie sono formate da una o più aziende grossiste e da un gruppo di dettaglianti, che collaborano su uno o più aspetti della gestione, come ad esempio l approvvigionamento. I gruppi d acquisto sono invece costituiti da un numero di aziende dettaglianti, che associandosi realizzano economie di scala effettuando l approvvigionamento comune. Joint-ventures Tra i rapporti di collaborazione tra le aziende, le joint ventures rappresentano una forma di cooperazione internazionale che ha lo scopo di acquisire nuove tecnologie, di entrare in nuovi mercati in modo rapido o di effettuare attività produttive o di ricerca e sviluppo beneficiando di economie di scala. Queste forme di cooperazione non identificano una particolare forma di accordo, ma circoscrivono un operazione, concretizzabile attraverso un contratto o la costituzione di una società, mediante la quale più entità gestiscono un attività comune (Fazzini, 2006). Le aziende che vi partecipano condividono rischi ed utili, e integrano le rispettive risorse. Sono forme contrattuali quindi molto diffuse sia nei paesi ad economia sviluppata, sia in quelli in via di sviluppo. Per questo tipo di contratto la letteratura presenta varie definizioni, di cui presentiamo una tra le più generali: secondo Bonvicini (1977) una joint ventures è la creazione di una nuova organizzazione di affari gestita 25

28 da due o più imprese (o meglio, da due soggetti di diritto, persone fisiche o giuridiche), al fine della messa in comune in stretta collaborazione tra i medesimi, dei reciproci mezzi per l espletamento di una determinata operazione o di una determinata attività 6. Modica (1992) distingue fra la contractual joint venture e la corporate joint venture. La prima forma comprende la stipula di un contratto e lascia ampia libertà d azione alle imprese firmatarie; la seconda invece è di natura societaria e pertanto vincola maggiormente le contraenti Aggregazioni patrimoniali Le aggregazioni patrimoniali sono caratterizzate dal possesso di una quota significativa del capitale sociale di un azienda; le imprese che si uniscono in questa forma di aggregazione mantengono la propria autonomia giuridica, pur dando vita ad un unica entità economica. Il legame che si stabilisce è quindi molto forte e tendenzialmente stabile. Passaponti (1990) sottolinea come la non temporaneità derivi dalle caratteristiche delle partecipazioni che devono essere di controllo o di comando. Queste ultime non sono costituite necessariamente dalla totalità delle azioni o quote o dalla maggioranza assoluta, ma corrispondono alla maggioranza di fatto in assemblea e non rappresentano semplici investimenti a carattere del tutto contingente, ma danno la possibilità di influire sugli indirizzi di fondo della gestione delle partecipate. Di seguito vengono descritte le principali forme di aggregazione patrimoniale: i gruppi aziendali, il trust e il kozern. Gruppi aziendali I gruppi aziendali sono degli aggregati di aziende giuridicamente indipendenti, in cui però non vengono preservate le singole autonomie economiche. La modalità più 6 Per ulteriori definizioni si può fare riferimento a P.D. Modica, op. cit., pag 40 26

29 diffusa e flessibile è quella in cui il soggetto economico di un impresa, chiamata capogruppo, diventa comune a tutte le altre imprese, chiamate controllate. I gruppi si possono però formare anche all interno di una società: in questo caso si formano gruppi aziendali per costituire una nuova società o per scorporare dei rami d azienda. La letteratura presenta tre tipologie di gruppi: i gruppi a struttura semplice, derivanti dalle partecipazioni dirette, a struttura complessa, originati dalle partecipazioni indirette, e con struttura a catena, derivanti dalle partecipazioni reciproche, dirette ed indirette. 7 Trust Furlotti (2012) definisce questa forma d aggregazione come un operazione con cui un soggetto, persona fisica o giuridica, trasferisce ad un altro soggetto, trustee, anch esso persona fisica o giuridica, beni mobili, immobili o mobili registrati affinché il trustee li amministri nell interesse di un terzo beneficiario o per un fine specifico secondo quanto disposto nell atto costitutivo del trust. La fiducia risulta pertanto essere una componente necessaria alla realizzazione dell aggregazione. Le aziende che entrano nel trust mantengono la loro autonomia giuridica, ma sono gestite da una direzione comune cui sono sottoposte. Kozern Questa forma di aggregazione ha iniziato ad essere adottata nei primi decenni del 1900 in Germania ed ha contribuito a sostenerne la crescita; molto simile ai gruppi aziendali, nel Kozern vi è un azienda che guida un determinato numero di imprese autonome e formalmente distinte secondo una logica di visione globale. Questo tipo di collaborazione può anche assumere una forma contrattuale. 7 Una più ampia trattazione dell argomento viene presentata in Modica, op.cit. pag. 67 e ss. 27

30 Concluso questo studio della letteratura, è possibile rappresentare le varie aggregazioni tra due posizioni estreme. In Figura 1 si può vedere come, utilizzando il grado di coesione quale elemento di qualificazione, si passi da imprese singole, autonome e normalmente divise ad aggregazioni non inter-aziendali Le reti d impresa Recentemente, nell ambito dell analisi delle relazioni inter-aziendali, ha assunto notevole importanza il concetto di rete. Esso rappresenta un fenomeno trasversale rispetto alle forme aggregative analizzate fino ad ora, in quanto può concretizzarsi sia in accordi informali, sia formali e partecipativi di vario ordine e grado. Tale fenomeno sarà oggetto della successiva trattazione e nella letteratura assume varie classificazioni. Citiamo come esempi i lavori di Ballucchi (2012), secondo il quale una rete d impresa è un aggregazione formale con lo scopo di migliorare la capacità innovativa e la competitività delle imprese aderenti, e di Catuogno (2010), che classifica le reti d impresa come un aggregazione totalmente informale, che agisce in libera concorrenza in un libero mercato e le cui attività economiche e legami fra le entità sono disciplinate dalle regole del mercato e non da un organo al proprio interno. Quest ultima visione è stata riportata in Figura 2. Si fa notare infine come nella letteratura citata precedentemente in questo capitolo non vi sia traccia di questa nuova tipologia di aggregazione. 28

31 Figura 1 Classificazione delle agregazioni in base alla natura del legame tra le imprese RELAZIONI DI SCAMBIO RELAZIONI CONTINUATIVE DI FORNITURA ACCORDI NON FORMALIZZATI ACCORDI SU BASE CONTRATTUALE VINCOLI PATRIMONIALI COMPLETA INTEGRAZIONE Gentlemen s agreements Contratto d affitto Gruppi aziendali Fusione Associazioni in partecipazione Joint ventures corporations Cartelli Consorzi Corporate venture capital Le associazioni temporanee tra imprese (ATI) Il franchising Le unioni volontarie I gruppi di acquisto Contractual jointventures Area dell impresa autonoma Area delle aggregazioni tra imprese autonome Area delle aggregazioni costituenti un unità economica Area degli aggregati intraaziendali Fonte: Modica (1992) Figura 2 Le aggregazioni tra imprese e mercato Fonte: Catuogno (2012) 29

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33 CAPITOLO 2 Reti di imprese: dal concetto di distretto all organizzazione produttiva 2.1 Il contesto L economia italiana si è da sempre caratterizzata per lo sviluppo di forme organizzative fortemente territoriali e specializzate: questo fenomeno è stato definito capitalismo di piccola impresa o capitalismo di territorio. È infatti questa forte territorialità che ha permesso in molti casi la diffusione dell innovazione e quindi l utilizzo di tecnologie e tecniche sempre più specialistiche. È stato riconosciuto al territorio anche il merito di aver supportato l attività di molte micro-imprese, che altrimenti non sarebbero sopravvissute. Queste, infatti, si sono generalmente inserite in quelle che sono chiamate filiere localizzate, che favoriscono (soprattutto se verticali) i rapporti con i fornitori ed i clienti, permettendo quindi di limitare l effetto Forrester 1, e che consentono di accedere a economie di scala e acquisire competenze di qualità. Da queste filiere localizzate, altresì dette distretti industriali, prenderanno forma le reti d impresa. Con l arrivo della crisi e l evoluzione del mercato, il capitalismo di territorio si è rivelato però inadeguato nell affrontare il mercato, soprattutto in due aspetti: lo scambio di competenze a livello territoriale ha iniziato ad essere limitato in confronto al trasferimento tecnologico e all innovazione che le grandi imprese erano in grado di attuare, e l avvento delle tecnologie ha portato sempre più le imprese ad ambire ad un mercato più ampio, se non globale. 1 L effetto Forrester, o effetto frusta o ancora bull-whip effect è quel fenomeno per cui, un piccolo movimento o perturbazione all estremo della catena (di fornitura) crea un grande movimento all estremità opposta, generando un effetto amplificante della fluttuazione durante il rilancio all indietro degli ordini. La sua causa principale è un desiderio, perfettamente comprensibile e razionale, da parte dei diversi anelli della supply chain di ottimizzare localmente i propri livelli di attività e magazzino. (Slack et al., 2007) E, a livello di piccola impresa o microimpresa, è molto dannoso. 31

34 Le cause del mutamento dello scenario italiano e mondiale sono ovviamente molteplici; Lopes et al. (2007) riconducono i cambiamenti avvenuti a due fatti: l avvento della moneta unica e l entrata nel mercato mondiale di nuovi competitor. Cafaggi e Iamiceli (2007) invece individuano come fattori chiave del cambiamento altri due fenomeni: la crescita del comparto dei servizi inerenti all innovazione e al design e la loro progressiva autonomizzazione dalla produzione in senso stretto e la crescente strategicità della commercializzazione e della distribuzione rispetto alla filiera produttiva. A livello italiano, tutti questi aspetti vanno inseriti in un contesto altamente manifatturiero, come confermato dall andamento della produzione industriale e manifatturiera riportato in Figura 1. Figura 3 Legame tra l industria italiana e le attività manifatturiere (anni ) Attività manifatturiere Industria in senso stretto 80 Fonte: Ns. elaborazione su dati ISTAT 32

35 Il cambiamento nel contesto esterno ha intaccato sia il mondo industriale sia quello manifatturiero, ciò ha portato le imprese a rivedere le proprie strategie competitive, e successivamente a riesaminare criticamente le funzioni delle aggregazioni a cui appartenevano, tra le quali si evidenziavano soprattutto i distretti. L esigenza chiave diventa quindi la formazione di governance efficaci e reti coese di relazioni: da qui nasce l idea di rete d impresa. Grazie infatti alla realizzazione di reti di produzione che vanno oltre l orizzonte locale e monosettoriale, diventano possibili nuovi collegamenti commerciali, tecnici e di innovazione e da ciò trae vantaggio l impresa stessa. Un altro aspetto che ha favorito lo sviluppo del fenomeno delle reti d imprese è stata l inadeguatezza del modello distrettuale: tale analisi è ampiamente svolta nel documento dell assemblea del 18 dicembre 2008 dal Comitato Nazionale Economia e Lavoro (CNEL), nel quale si parla di tramonto del sistema dei distretti e della necessità del passaggio ad un modello nuovo, individuato appunto in quello delle reti d impresa. Il distretto quindi, inteso come gruppo di imprese omogenee radicate nel territorio, che condividono conoscenze pur essendo in concorrenza tra loro, non basta più. Secondo il CNEL: si prefigura il superamento del distretto industriale, monosettoriale e strettamente confinato in un territorio storicamente determinato, a favore di una rete d impresa che dovrebbe preludere alla crescita delle dimensioni d impresa. A tal proposito, il DDL Bersani (Industria 2015), sostiene che con le reti arriva un opportunità per le piccole imprese di aumentare la massa critica necessaria per muoversi al meglio sul mercato: diventare rete. ( ) Le PMI che vogliono fondersi e scegliendo di diventare rete acquisiscono maggiore forza contrattuale nei confronti di terzi (quali, ad esempio, banche, fornitori, committenti e, in alcuni casi, fisco), pur non essendo controllate da un unico soggetto. Ad oggi, la rete è diventata una tra le risposte più efficaci al cambiamento e un modo di coordinamento adatto a una età dell elasticità, che ha bisogno sia di impegni di 33

36 più lungo periodo, sia di far fronte a scadenze ravvicinate e mutevoli. Le reti di imprese esistevano ovviamente anche in passato, magari chiamate in altro modo; la novità sta nella centralità che il coordinamento di rete ha assunto nel capitalismo contemporaneo e nell innovazione delle forme (AIP, 2008). Cafaggi (2004) sostiene che le reti, se intese come forme di coordinamento orizzontale di imprese, non sono solo un modello complementare ad altri sistemi di produzione, ma pongono nuovi interrogativi sulla definizione stessa di impresa, specie quando il criterio dimensionale è determinante per stabilirne produttività e potenzialità competitive. Attraverso la costituzione di reti si può infatti accedere a know-how senza doverlo acquisire internamente, ciò porta ad un taglio dei costi e soprattutto ad un accorciamento del time to market. L ultimo aspetto che ha poi favorito la crescita e lo sviluppo di questo fenomeno tra le PMI è la prospettiva di internazionalizzazione. Se dunque nel quadro attuale non mancano spinte alla costituzione di reti, quali sono i fattori che possono frenarne la creazione? Cafaggi e Iamiceli (2007) suddividono questi fattori in endogeni ed esogeni. I primi sono quelli connessi alla governance e alla linea di leadership dell imprenditore, molte volte troppo chiusa verso la condivisione e verso l acquisizione dall esterno di competenze. I secondi riguardano da un lato la tendenza alla standardizzazione che il settore dei servizi sta assumendo, ma soprattutto le difficoltà a livello giuridico: le imprese stanno procedendo più speditamente rispetto alla legge italiana, ciò porta ad avere lacune normative che non regolano appieno le varie fasi di una rete d imprese. Questo aspetto verrà trattato in seguito in questo capitolo. A questo punto si può arrivare alla definizione di una rete d impresa. Nella letteratura ve ne sono molte, in questo elaborato se ne assume una tra le più complete. Una rete di imprese è l insieme delle alleanze e degli accordi, più in generale di tutte le relazioni (tecnologiche, produttive e commerciali) di natura non competitiva, allacciate da imprese indipendenti e miranti a sfruttare i vantaggi delle reciproche complementarietà (Arcari, 1996). 34

37 Una rete è quindi un accordo, o meglio un contratto, che consente alle imprese di mettere in comune delle attività e delle risorse, allo scopo di migliorare il funzionamento di quelle attività, il tutto nell ottica di rafforzare la competitività dell attività imprenditoriale. Le reti di imprese sono costituite dall insieme delle imprese che aderiscono a un contratto di rete, sia per originaria sottoscrizione che per adesione successiva. Attraverso la costituzione di una rete di imprese, gli imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all esercizio delle proprie imprese, oppure a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica oppure ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell oggetto della propria impresa. La possibilità di poter creare o aderire ad un contratto di rete è concessa a tutti i soggetti che svolgono un attività commerciale. Non è infatti prevista, per i partecipanti, alcuna limitazione in termini di dimensione o di forma giuridica, potendovi aderire non solo imprese individuali, società di persone e di capitali, ma anche consorzi e cooperative. La finalità della rete di impresa è essenzialmente quella di estendere ai soggetti che vi aderiscono talune agevolazioni e benefici di carattere gestionale, commerciale, finanziario, amministrativo, fiscale. Il contratto di rete dovrebbe, infatti, rendere conveniente il potenziamento di forme di collaborazione reciproca fra imprese in diversi contesti: - nello sviluppo di funzioni condivise come la produzione e la logistica; - nella realizzazione di servizi o progetti comuni nel campo della ricerca; - nello sviluppo di reti di subfornitura e nell adozione di un marchio, di un logo o di un packaging comuni. Si può capire come questo fenomeno sia complesso e presenti numerose 35

38 sfaccettature. Per riassumere, possiamo quindi identificare la globalizzazione dei mercati e dei circuiti della fornitura come principale vettore che ha spinto le reti locali, i distretti, che ereditiamo in abbondanza dalla nostra storia recente, a intrecciarsi con le linee di fornitura (a monte) e canali di applicazione e di commercializzazione (a valle) che toccano altri luoghi e altre specializzazioni settoriali, creando sistemi complessi in cui le imprese mantengono un piede nel territorio di origine, ma esplorano nel contempo altre possibilità. Ciò è ancor più valido se parliamo di Nord-Est e di Veneto: secondo Marangoni e Solari (2009) infatti l economia veneta è stata assunta da tempo a prototipo dello sviluppo della terza Italia, cioè di quella porzione di paese che ha concretizzato un modello di crescita alternativo a quello espresso dalle grandi imprese del Nord-Ovest. Si tratta dell Italia periferica che ha trovato il successo grazie alla proliferazione di una moltitudine di piccole attività imprenditoriali fortemente radicate al territorio. Lo sviluppo del Nord-Est è stato anche ricondotto a quello dei distretti industriali e la conseguente nascita delle reti d impresa, di cui verranno riportati dati reali nel quarto paragrafo di questo capitolo. In conclusione, bisogna però considerare che in questi ultimi anni le reti sono nate anche dall intensificazione di relazioni tra imprese che precedentemente erano scollegate e che, grazie anche alle innovazioni nel campo delle ICT, possono ora cercare di inserirsi in nuovi segmenti come entità di gruppo 2.2 Forme di rete d impresa Anche il fenomeno delle reti d impresa presenta numerosi criteri di classificazioni. Le varie soluzioni sono profondamente eterogenee, sia sul piano della configurazione giuridica, sia su quello delle problematiche gestionali che le distinguono. Arcari (1996) fa notare a proposito che tale diversità impedisce di trattare il tema del governo economico delle reti in modo unitario: chi coordina l intero processo produttivo, chi lo controlla, con quali forme, con quali strumenti, rappresentano tutti 36

39 quesiti che trovano, nello spettro di reti appena accennato, risposte differenti, spesso agli antipodi. Con questo elaborato si intende risolvere questi punti per una rete di imprese, limitatamente al campo di applicazione che verrà definito nel prossimo capitolo. Di seguito si farà riferimento alla classificazione che risulta maggiormente condivisa dagli autori e che si basa sulle seguenti dimensioni (D Amico e Di Cimbrini, 2010): - Direzione dei legami; - Presenza o meno di attori centrali; - Grado di formalizzazione dell accordo; - Presenza o meno di meccanismi proprietari (equity o non equity). Partendo dal primo criterio, la distinzione viene effettuata fra reti orizzontali o verticali in funzione alla posizione del ciclo produttivo in cui si trovano le aziende facenti parte della rete. Le reti verticali derivano generalmente dall evoluzione di quelle che precedentemente abbiamo chiamato le filiere localizzate, in cui le varie imprese realizzano fasi diverse del processo produttivo. Le reti orizzontali possono invece derivare ad esempio dai gruppi d acquisto. Quanto alla presenza di attori centrali, si distingue fra rete acentrica (non centrata), rete centrata e rete governata. Nel primo caso, il meno comune, i nodi della rete hanno uguale peso a livello di governance; non vi è pertanto un attore che svolge la funzione di coordinamento. Nella tipologia di rete centrata ma non governata, vi è un nodo che coordina la rete, ma esso non assume delle decisioni di finalizzazione sistemica. Nel caso invece di rete governata, l attore con la funzione di coordinamento indirizza anche strategicamente le azioni del sistema intero e la periferia riconosce in quel nodo la funzione di leader. Relativamente al grado di formalizzazione dell accordo, le reti si distinguono in formali ed informali, di cui è già stata svolta una trattazione. Infine, il criterio sulla presenza di meccanismi proprietari classifica le reti d impresa in equity e non equity. Per la definizione e le differenze tra queste forme si 37

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