LA DIAGNOSTICA SULLE FACCIATE: CONTRIBUTI PER UNA MIGLIORE CONOSCENZA DELLA STORIA MANUTENTIVA E CONSERVATIVA

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1 LA DIAGNOSTICA SULLE FACCIATE: CONTRIBUTI PER UNA MIGLIORE CONOSCENZA DELLA STORIA MANUTENTIVA E CONSERVATIVA Introduzione Nel volume precedente sono stati presentati i risultati della campagna d indagini svolta sulle facciate dei due palazzi, prima dell inizio dei lavori di restauro, tali risultati, che riassumiamo di seguito, avevano permesso di valutare preliminarmente le principali forme d alterazione e di individuare la presenza di trattamenti superficiali manutentivi applicati nel passato. Erano tuttavia rimaste alcune questioni irrisolte a causa della difficoltà di prelevare un sufficiente numero di campioni sia per la mancanza di ponteggi sia perché, generalmente, non è possibile riuscire a prelevare tutti i campioni rappresentativi, ed esaurire le questioni relative, con un unica fase di campionamento. E infatti, a nostro avviso, sempre necessaria una prima campagna di indagine che permetta di focalizzare i problemi conservativi principali seguita da approfondimenti con prelievi mirati. E così è avvenuto in questo caso, con alcune domande rimandate alla successiva esposizione dei risultati e che si è cercato di risolvere nei seguenti paragrafi. Campionamento Il campionamento di questa seconda fase diagnostica è stato effettuato mediante il prelievo di 30 campioni (tabb. 1-4) finalizzati a: volte dei porticati: ricostruzione della sequenza stratigrafica con relativi materiali costitutivi (n 13 campioni) fondi a cortina: analisi di integrazione per l individuazione della sequenza stratigrafica con relativi materiali costitutivi (n 4 campioni) statue sommitali del prospetto principale di Palazzo dei Conservatori: caratterizzazione petrografica dei differenti marmi, con relativo stato di conservazione, ed individuazioni di tracce di sequenze stratigrafiche (n 13 campioni) Sono stati inoltre effettuati 4 esami endoscopici (tab. 5) per la definizione della struttura delle volte del porticato di Palazzo dei Conservatori. L ubicazione dei campioni prelevati e degli esami endoscopici eseguiti è riportata nelle figg Le Facciate dei due palazzi Il paramento in finti mattoni Riassumiamo per migliore comprensione i principali punti stabiliti nel precedente volume, relativamente alle cortine in laterizio, con l individuazione delle seguenti finiture superficiali: mattoni a vista strato giallo chiaro, attribuibile forse alla fase in cui i palazzi erano stati previsti ad imitazione del travertino strato di intonachino rosa colorato in pasta ed inciso a finto mattone Si rimandava ai successivi approfondimenti per la verifica dello spessore dello strato giallo e della sua eventuale presenza anche al di sopra dei giunti tra i mattoni, in modo tale da confermare la volontà di nascondere i laterizi e di dare l idea delle lastre in pietra, situazione in quel momento soltanto ipotizzata. Le indagini precedenti avevano individuato la presenza di alcuni trattamenti manutentivi superficiali che accomunavano entrambi i palazzi: è, infatti, interessante notare che, 1

2 nonostante vi sia quasi un secolo tra il rifacimento della facciata del Palazzo dei Conservatori e l edificazione del Palazzo Nuovo, le indagini non avevano evidenziato differenze stratigrafiche sulle superfici. Questo risultato è stato confermato in generale dall analisi visiva, eseguita dopo le fasi di pulitura, e dall analisi degli ulteriori campioni, prelevati nel corso dei lavori. Costituiscono eccezione i fondi della prima campata laterale destra del palazzo più antico, quello dei Conservatori, dove è stata riscontrata la presenza di un primo strato pittorico di colore biancastro-leggermente giallino (Foto 1), applicato a due mani sui mattoni e caratterizzato dalla importante particolarità di essere omogeneamente presente sia sui mattoni sia sui giunti di malta (Foto 2), in modo tale da creare una superficie liscia a probabile imitazione del travertino; purtroppo ciò è stato verificato soltanto visivamente per la difficoltà di prelevare campioni rappresentativi dei giunti e degli spigoli dei relativi mattoni adiacenti. Per tale ragione, il sottile strato di colore giallo chiaro, che, anche sulla base delle notizie storiche fornite dalla Commissione Scientifica di consulenza ai lavori, era stato erronemanete interpretato come l originaria finitura imitante la pietra, è identificabile in una fase manutentiva intermedia con applicazione di una scialbatura pigmentata. In effetti, già nel volume precedente si era costatato che tale strato non aveva uno spessore sufficiente a ricoprire i giunti e che, perciò, era alquanto difficile che potesse imitare un paramento in pietra, tuttavia, poiché un indagine di laboratorio può e deve tenere conto dei dati storici, si era cercato di far corrispondere i dati materici con quelli dei documenti. Ora il discorso è diventato più logico e lineare: tale finitura a finta pietra era presente soltanto sulla campata più antica, dopodicchè il resto della costruzione proseguì mantenendo i mattoni a vista. L aspetto era ancora tale fino alla conclusione della facciata di Palazzo Nuovo, e precisamente fino all applicazione di quel sottile strato a calce, con pigmenti di ocre gialle, che fu dato in singolo strato a pennello, ad eccezione della prima campata laterale destra, che presentava già la superficie liscia di colore bianco, dove furono necessarie tre mani di applicazione, plausibilmente per omogeneizzare l aspetto di questa campata con tutte le altre. Per quanto riguarda la prima finitura traslucida, presente sui mattoni, e l intonachino rosato colorato in pasta, poco si può aggiungere se non alcune fotografie, eseguite dopo la pulitura dei paramenti, che mostrano come tali strati siano ora chiaramente visibili con notevoli differenze di colore tra loro: i mattoni hanno generalmente un impasto giallo chiaro con una finitura superficiale traslucida molto aggrappata e compatta brunastra (per probabile alterazione dei leganti organici) (Foto 3). Al di sopra, il sottile strato giallo chiaro è poco visibile perché si confonde con il colore dei mattoni stessi, mentre sono evidenti le tracce dell intonachino rosato inciso a finti laterizi, di colore tanto differente dai mattoni del paramento quanto simile a quell unico lacerto di intonaco che venne individuato durante le fasi di restauro della facciata del Palazzo Senatorio e che ha guidato la scelta del colore della scialbatura applicata su quest ultimo paramento. Per tale ragione la cortina appare ora piuttosto disomogenea con alternanza di zone chiare giallastre ad altre più scure rosa-brunastre. Infine, un ulteriore esame videoendoscopico, eseguito nel paramento in laterizi della terza campata da sinistra, ha fornito informazioni relativamente alla composizione ed alla tessitura della muratura nel suo interno, in aggiunta ai risultati ottenuti con una precedente endoscopia eseguita anch essa nel paramento, ma in prossimità della colonnetta sinistra del terzo finestrone da sinistra. L esame ha confermato che non si tratta di una muratura a sacco, ma che i laterizi interni sono di forma più irregolare con abbondante malta a riempire; non si sono notate discontinuità di sorta nello spessore, attribuibili all ipotizzata presenza di eventuali tracce della precedente facciata (tale considerazione vale anche per il sopralluogo eseguito nei sottotetti alla ricerca delle tracce della muratura più antica). 2

3 Gli elementi in travertino Le indagini, riportate nel volume precedente, avevano permesso di caratterizzare tutte le tipologie di malte da stuccatura, che si erano sovrammesse nel tempo, e la composizione della scialbatura di colore giallo chiaro, che era stata applicata sulle parti in travertino dei palazzi contemporaneamente all intonachino rosato: l unico approfondimento acquisito nel corso dei lavori è stato quello relativo alla presenza di abbondanti scolature e sbordature della tinta gialla in corrispondenza dei bordi dei paramenti in mattoni, ad ulteriore conferma della contemporaneità dei due trattamenti (Foto 4) (non è pensabile che tali scolature possano essere rimaste a vista per un certo periodo). L unico dubbio era rimasto quello dell identificazione di alcune inclusioni rosso-brunastre che erano presenti all interno delle cavità del travertino in forma polverosa e facilmente solubile in acqua: era stato ipotizzata una natura organica, anche se non rilevata dall analisi in spettrofotometria all infrarosso (FTIR), sulla base dell analisi visiva mediante microscopio elettronico a scansione. L esecuzione di un analisi diffrattometrica e di una sezione sottile hanno confermato la natura inorganica e la presenza di fillosilicati (Halloysite), riscontrabili in terre residuali inglobate durante il processo di formazione del travertino stesso; al proposito, durante i lavaggi con acqua nebulizzata, è stata confermata la grande solubilità di queste inclusioni con estese macchiature rossastre che si formavano in fase di asciugatura delle superfici, macchiature in ogni caso eliminabili con ulteriori lavaggi o impacchi di polpa di cellulosa con acqua deionizzata. Lo stato di conservazione della pietra era nel complesso discreto per la nota compattezza e resistenza del travertino, tuttavia è stato necessario un grande lavoro di stuccatura a causa delle numerose cavità presenti nei blocchi di peggiore qualità. Per la definizione e la quantificazione degli stati di alterazione si rimanda perciò al volume precedente. Le volte Nel precedente volume l indagine delle volte e dei materiali costituenti era stato soltanto marginalmente affrontato con l analisi di un solo campione, caratterizzandone la sequenza stratigrafica, i materiali costitutivi ed il relativo stato di conservazione mediante sezione lucida e sezione sottile. Successivamente, grazie alla presenza dei ponteggi, è stato possibile eseguire una serie di prelievi rappresentativi sulle volte di entrambi i palazzi, evidenziando così notevoli differenze non solo tra i due edifici ma anche all interno dello stesso Palazzo dei Conservatori. Infatti, in generale, al di sotto del pessimo strato ocraceo scuro attualmente presente, costituito da uno-tre strati pittorici a calce con finissimi pigmenti di terre gialle, nero di legno e terre rosse, sono presenti strati a stucco con finitura superficiale ad imitazione del travertino, ottenuta mediante una prima applicazione, sulla malta pozzolanica di fondo, di una malta a stucco a base di polvere di marmo fine (da silt grossolano a sabbia media) legata con grassello di calce, lisciata e lavorata in opera per ottenere una superficie perfettamente levigata e quasi lucida; su tale superficie venne applicata una finitura semitrasparente, con rari pigmenti di ocre gialle ed aggiunta di un probabile legante organico oltre alla calce, applicata in maniera disomogenea per imitare le cavità tipiche del travertino. E ipotizzabile che tale trattamento abbia subito un alterazione cromatica con inscurimento ed ulteriore ingiallimento a causa delle sostanze organiche contenute (Foto volte prima e dopo il restauro-casadio). Nonostante le analisi in sezione lucida e sottile mostrino per il Palazzo dei Conservatori una sequenza simile tra tutti i campioni, tuttavia è visibile una grande differenza come tipo di lavorazione tra gli stucchi della parte destra più antica e quelli successivi: così come meglio e più estesamente riportato in altri capitoli, la differenza è visibile nel modellato, nelle proporzioni tra gli elementi decorativi, nella migliore levigatura delle superfici e nella 3

4 esecuzione direttamente in opera di tutte le cornici, più irregolari, nelle parti antiche, al contrario del probabile inserimento di elementi preformati e regolari nelle zone delle campate di sinistra. Per ciò che concerne le volte del Palazzo Nuovo, le tecniche di esecuzione sono meno raffinate e sono stati individuati materiali, per così dire, meno nobili nei fondi lisci: infatti le analisi in sezione lucida e sottile hanno evidenziato, al di sotto del medesimo strato pittorico ocraceo che ricopriva le volte di entrambi i palazzi, la presenza di stucchi a calce e polvere di marmo negli elementi decorativi aggettanti e di intonaci a pozzolana a calce tinteggiati a finto travertino nelle superfici piane, più estese e di più facile lavorazione (Foto 5). L analisi visiva eseguita dopo tasselli stratigrafici sufficientemente estesi, ha reso evidente la presenza di elementi in stucco inseriti in superfici piane di intonaco pozzolanico successivamente fratazzato e lisciato: infatti è visibile (Foto 6) la grande irregolarità della linea di giunzione tra le parti a stucco e quelle a pozzolana, parti caratterizzate dai colori notevolmente differenti che difficilmente avrebbero potuto rimanere a vista, mentre, considerando la presenza di due mani di calce applicata sull intonaco a pozzolana ed una velatura superficiale data su tutte le superfici (stucchi e non), si vede come l aspetto finale mostri delle volte del tutto simili a quelle del palazzo antistante. E inoltre da rilevare che l assenza di pigmenti all interno dell intonaco pozzolanico rafforza a nostro avviso l ipotesi che non si trattasse di una finitura a vista, ma di una fase di lavorazione intermedia, eseguita per evitare di utilizzare la polvere di marmo su tutte le volte, forse per semplici motivi di risparmio di tempo e per maggiore facilità di lavorazione e rapidità di presa. Lo stato dii conservazione, non analizzato nel volume precedente, era alquanto precario, con abbondante presenza di sali solfati attribuibili alla solfatazione delle superfici delle volte per la trasformazione del carbonato di calcio in gesso a causa degli agenti inquinanti. L analisi dei sali solubili, eseguita mediante cromatografia ionica, ha escluso la presenza rilevante di altre tipologie di sali (Fig. ) Statue della balaustrata Sono state analizzate le otto statue del prospetto principale del Palazzo dei Conservatori al fine di caratterizzare sia il substrato marmoreo, originale e di integrazione, sia alcune malte di stuccatura e di confrontare le statue tra loro. Inoltre, si è ricercata l eventuale presenza di strati pittorici relativi a differenti fasi manutentive. Le indagini di laboratorio, congiuntamente con un indagine a vista appropriata durante la fase di campionamento (tab....), hanno permesso di identificare in linea generale le caratteristiche composizionali e conservative riportate in dettaglio nelle tabb.... E indispensabile precisare che per alcuni marmi analizzati in sezione sottile non è stato possibile effettuare un attribuzione specifica e neanche eseguire un confronto relativo, viste le ridotte dimensioni dei campioni in relazione alla granulometria, dimensioni imposte dall esigenza di non disturbare l estetica del manufatto (Raccomandazione Normal 3/80),; inoltre, non si sono riscontrate peculiarità composizionali che potessero servire da markers di riferimento. Trattandosi di elementi non analizzati nel precedente volume, si riporta di seguito un elenco descrittivo avente un taglio maggiormente analitico rispetto al resto di questo contributo: - la prima statua da sinistra è composta essenzialmente da un marmo, a struttura saccaroide e grana fine, assimilabile ad un Carrara; lo stato di conservazione è buono. La parte alta della cornucopia è invece composta da un marmo macroscopicamente simile a quello che costituisce la maggior parte della terza statua da sinistra; superficalmente si osserva un deposito atmosferico carbonioso. - la seconda statua da sinistra è composta per la maggior parte da un marmo non riscontrato in nessun altra statua. Infatti mostra una tessitura anisotropa, una grana fine ed è caratterizzato da frequenti miche bianche (muscovite) pieghettate, più abbondanti a bande, oltre che quantità molto subordinate di quarzo; si tratta di un marmo formatosi per metamorfismo di un calcare marnoso. Lo stato di conservazione è cattivo per la presenza di 4

5 fratturazioni la cui formazione è favorita dall andamento tendenzialmente orientato delle miche che talvolta è parallelo alla superficie esterna permettendo una più facile perdita di materiale; si osservano inoltre fenomeni di corrosione e la formazione di locali depositi superficiali. Le integrazioni sono macroscopicamente di due tipi: uno omogeneo a grana fine simile ad un Carrara (braccia e parti delle gambe) e l altro disomogeno con plaghe più o meno grossolane (coscie). - la terza statua da sinistra è composta essenzialmente da un marmo, a struttura eteroblastica e grana da fine a media, probabilmente formatosi mediante il metamorfismo di un calcare debolmente bituminoso. Lo stato di conservazione è cattivo sia per la presenza di fratturazioni, anche intragranulari, che giungono fino alla profondità di almeno 5 mm sia di fenomeni di corrosione e di locali depositi superficiali. Le integrazioni (parti terminali delle braccia e parti del basamento) hanno impiegato un marmo omogeneo a grana fine macroscopicamente simile ad un Carrara. - la quarta statua da sinistra è composta principalmente da un marmo, a struttura omeoblastica e grana medio-fine, formatosi mediante il metamorfismo di un calcare debolmente marnoso (tracce di muscovite). Lo stato di conservazione è cattivo sia per la presenza di fratturazioni che giungono fino alla profondità di 1 mm sia di fenomeni di corrosione e di locali depositi superficiali. Le integrazioni sono di due tipi: uno omogeneo a grana fine (collo, braccia, piede sinistro e basamento), in buono stato di conservazione, e l altro macroscopicamente piuttosto omogeno a grana medio-fine (testa e parti delle braccia). - la quinta statua da sinistra è costituita essenzialmente da un marmo a grana medio-fine formatosi mediante un notevole metamorfismo dinamico di un calcare che in origine doveva contenere tracce di carbone; complessivamente è assimilabile ad un marmo greco del Proconneso. Lo stato di conservazione è cattivo per la presenza di estese fratturazioni che giungono fino alla profondità di 2 mm. Le integrazioni (gambe, braccia, testa) sono invece costituite da un marmo a struttura saccaroide e grana fine assimilabile ad un Carrara. - la sesta statua da sinistra è costituita per lo più da un marmo a struttura eteroblastica e grana medio-fine. Lo stato di conservazione è cattivo per evidenti fenomeni di corrosione superficiale, anche all interfaccia dei blasti, favorendo la formazione di fratturazioni con conseguente perdita di materiale; si osservano anche locali depositi superficiali. Le integrazioni (braccio destro, parte delle gambe e zampa del cane) sono invece composte da un marmo omogeneo a grana fine. - la settima statua da sinistra è costituita per la maggior parte da un marmo del tutto simile a quello della prima statua a sinistra ed è pertanto assimilabile ad un Carrara. Lo stato di conservazione non è buono per la presenza di fratturazioni superficiali, fino a circa 0.2 mm, che peraltro dovevano essere già presenti quando è stato applicato lo strato pittorico rosato chiaro. Le integrazioni (testa e biaccia) sono macroscopicamente simili alla restante parte - l ottava statua da sinistra; quest ultima appare macroscopicamente in buono stato di conservazione e confrontabile con la statua precedente come tipo di marmo. Gli interventi di restauro effettuati in passato hanno quindi previsto l inserimento di parti di integrazione con immissione di perni in metallo che, talvolta, a causa dell infiltrazione di acque meteoriche, si sono ossidati determinando sia un aumento di volume, con conseguente fratturazione, sia la formazione di macchie di ruggine. Durante tali interventi sono state applicate varie stuccature di restauro riassumibili in genere di due tipi (tab....): una più frequente di colore giallo chiaro ed una localizzata di colore biancastro. La malta giallo chiara (campione 37c) è formata da abbondante polvere di marmo, con granulometria fine ricavata per macinazione e setacciatura, a cui è stato aggiunto uno scarso legante di natura sintetica; malta biancastra (campione 38c) è formata da un abbondante polvere di calcare, con granulometria piuttosto grossolana ricavata per macinazione e setacciatura grossolana, a cui è stato aggiunto un legante di natura sintetica. Le stuccature giallo chiare, la cui colorazione è probabilmente collegabile all alterazione del legante di natura sintetica, sono relative a passati interventi di restauro e si trovano in 5

6 genere in corrispondenza di grappe e perni; talvolta ricoprono (campione 40c) un altra malta composta da un finissimo aggregato calcareo, ricavato per macinazione e fine setacciatura, con un legante amorfo anch esso di natura sintetica. Le indagini effettuate sono state inoltre finalizzate ad individuare e caratterizzare i lacerti di sequenze stratigrafiche pittoriche riscontrate in zone protette (porzioni coperte dei panneggi - campioni 34c e 35c). Il substrato marmoreo della prima e della settima statua da sinistra risulta ricoperto da uno strato ocraceo, con spessore di µ, in origine con legante in parte a calce ed in parte proteico (latte, colle animali), attualmente alterati in gesso ed ossalati, e, fatto più importante, diffusi e radi pigmenti di ocre gialle. La presenza di un locale deposito atmosferico superiore indica che per un certo intervallo di tempo tale aspetto è rimasto visibile; solo successivamente fu applicato uno strato biancastro a calce e quindi uno strato rosato chiaro composto da un legante a calce e diffusi e minuti pigmenti di ocre rosse e raramente di ocre gialle. La presenza di pigmenti conferma l uso, verificato anche per le statue dei Fiumi del gruppo della Scalea, di applicare coloriture sulle superfici marmoree, tuttavia non è possibile attribuire una allocazione temporale a tale finitura, per la mancanza di dati strorici sulla vicenda manutentiva. Conclusioni Cortina in laterizi Mediante le analisi al microscopio e la visione diretta dopo la pulitura delle facciate è stato possibile individuare una breve storia di manutenzioni successive che si riassumono in maniera schematica: i primi lavori di rifacimento delle facciate risalgono al periodo in cui Michelangelo era in vita ed hanno interessato la prima campata del lato destro del palazzo dei Conservatori; in quel tempo il progetto pare che prevedesse di eseguire una facciata in finto travertino con le superfici lisce di colore biancastro ed infatti sono state ritrovate le tracce di un intonaco di colore biancastro che ha la peculiarità di ricoprire anche i giunti tra i mattoni in modo da creare una superficie liscia ad imitazione della pietra. La conferma della presenza di uno strato bianco soltanto sulla prima campata laterale si ha dall analisi al microscopio ottico, dove si nota che, sui campioni di tale zona, sono presenti tre mani del colore giallino suddetto, presente in una sola mano sulle altre parti della cortina, a dimostrazione che era necessario coprire maggiormente lo strato biancastro previsto da Michelangelo per dare un aspetto omogeneo a tutte le superfici. Successivamente con il proseguire della facciata questo aspetto venne abbandonato e i fondi rimasero con i mattoni a vista, forse ricoperti da una leggera finitura di colore semitrasparente che ora dà quel colore scuro visibile direttamente sui mattoni. Dopo un periodo non quantificabile, ma che comunque è conseguente alla conclusione del Palazzo Nuovo, fu applicata su tutti i fondi una scialbatura di colore giallino chiaro e che risulta visibile con difficoltà sulla superficie di alcuni mattoni: si trattava di uno strato sottile che probabilmente non copriva completamente il colore dei mattoni, ma che forse serviva a ravvivare le superfici. Infine vi è stato un intervento più corposo, che ha previsto l applicazione di un vero e proprio intonachino (non più dato a pennello ma applicato con spatole perché si tratta di uno strato più spesso formato da calce, polvere di marmo e pigmenti): questo intonachino era coprente, di colore rosa, caratterizzato da incisioni regolari che imitavano i mattoni sottostanti, ma con un diverso passo e, di conseguenza, con diverse misure di mattoni, strato corrispondente a quello in finti laterizi che era stato ritrovato sul palazzo Senatorio e che ha guidato l intervento di restauro dell anno scorso., Questa fase di applicazione di intonachino rosa stilato è stata accompagnata dalla applicazione di una scialbatura piuttosto corposa di colore giallastro chiaro su tutte le parti in 6

7 travertino dei palazzi, data forse per eliminare le disomogeneità o lo sporco della pietra ed ora difficilmente visibile perché asportata dalla pulitura. Proprio dalla coincidenza degli strati presenti sulle facciate, si ricava che si tratta di interventi di manutenzione eseguiti tutti dopo la conclusione del Palazzo Nuovo e che, perciò, il Palazzo dei Conservatori rimase per un lungo periodo con i mattoni a vista ad eccezione della prima campata di colore biancastro. Porticati Anche se trattato con migliore chiarezza e dovizia di particolari in altri capitoli, è interessante ricordare come, anche ad una semplice analisi visiva, i capitelli e gli architravi trasversali alla facciata siano alquanto differenti tra loro confrontando la parte destra e quella sinistra del Palazzo dei Conservatori: infatti gli elementi delle prime tre campate a destra sono più raffinati, con una migliore esecuzione, maggior dettagli e migliore senso delle proporzioni tra gli elementi rispetto alle restanti campate. Nelle prime campate gli architravi trasversali sono costituiti da cinque elementi a cuneo a formare una vera e propria piattabanda, mentre nelle restanti gli elementi sono solo tre, tuttavia, mentre ci si aspetterebbe un maggiore degrado in quelli formati da più elementi, si verifica il contrario, a dimostrazione che le parti eseguite nel periodo Michelangiolesco erano eseguite con una maggiore cura e forse anche migliori cognizioni tecniche. Vale il medesimo discorso per gli stucchi delle prime tre volte a destra, migliori come livello di decorazioni rispetto a quelle di sinistra, pur se le analisi chimico-fisiche non hanno evidenziato differenze composizionali rilevanti. Sono evidenti differenze tra le volte del Palazzo dei Conservatori, tutte a stucco (polvere di marmo o pietra calcarea e grassello di calce) e quelle del Palazzo Nuovo, che hanno le cornici e tutte le parti lavorate in stucco mentre i fondi lisci sono eseguiti con un semplice intonaco a pozzolana (materiale più povero e più facile da lavorare) successivamente dipinto di bianco per imitare le parti in stucco; su tutte le superfici biancastre così ottenute veniva poi applicata una finitura semitrasparente di colore giallo chiaro per imitare a perfezione l aspetto e le disomogeneità del travertino. Per quanto riguarda lo stato di degrado delle facciate, descritto nel volume precedente, le fasi di restauro ed il risultato finale hanno confermato le valutazioni preliminari che, nonostante la maggiore vetustà del Palazzo dei Conservatori, consideravano pressocchè omogenea la distribuzione delle forme di alterazione e la vicenda conservativa, ad eccezione dei problemi strutturali che interessano gli architravi del porticato del suddetto palazzo. Si concludono così quattro anni di indagini diagnostiche sulle Facciate dei tre Palazzi del Campidoglio: sono state indagini prevalentemente di carattere analitico, tuttavia, si è sempre cercato di integrare i semplici dati forniti dalle analisi di laboratorio, con attente indagini a vista, spesso aiutate dai tasselli stratigrafici dei restauratori o dalle indicazioni degli storici o, ancora, dalle tecniche di indagine moderne quali la termografia o gli esami endoscopici. Il filo conduttore è sempre stato quello di cercare di fornire un quadro attendibile dei materiali costitutivi e del loro stato di conservazione, per premettere ai restauratori di programmare gli interventi, riducendo al minimo le variazioni in corso d opera. Tuttavia, spesso, ci si è lasciati prendere dalla passione per le cose antiche tralasciando questa méta ed indirizzandosi verso un rischioso tentativo di ricostruzione della vita dei monumenti attraverso la storia materiale delle manutenzioni. Agendo in tal modo non si è voluto sostituirsi agli storici, ma si è tentato di dare una certa interdisciplinarità alla Diagnostica, qualità che spesso le manca, causando così l inevitabile delusione anche nei pochi che ancora credono in lei. 7

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