LA DIAGNOSI IN AUDIOLOGIA PEDIATRICA. Sandro Burdo. quello neurolinguistico, le metodologie riabilitative, le strategie di amplificazione e così via.

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1 LA DIAGNOSI IN AUDIOLOGIA PEDIATRICA Sandro Burdo Trato dal volume: S.Buirdo: La Sordità Infantile. Masson Editore 1998 La diagnosi in audiologia pediatrica rappresenta senz altro una delle attività più difficili e più complesse che lo specialista può incontrare nella propria attività clinica. Non è infatti necessario possedere solo delle buone conoscenze di semeiotica otologica che, anzi, saranno utilizzate solo alla fine del complesso iter diagnostico, ma la cultura dello specialista dovrà allargarsi anche a scienze che spesso non vengono considerate nel curriculum allestito nelle scuole di specialità, come, ad esempio, lo sviluppo neuromotorio, quello neurolinguistico, le metodologie riabilitative, le strategie di amplificazione e così via. La carenza formativa testè descritta porta inevitabilmente a confermare errati luoghi comuni che dovrebbero ormai essere banditi, come ad es. la convinzione che una diagnosi audiologica pediatrica difficilmente possa essere precisa e che la rigorosità procedurale possa essere garantita solo da alcune metodiche obiettive, dimenticando invece quale efficienza possa avere una articolata e completa strategia diagnostica. Per questo motivo, spesso, uno screening test viene confuso con la diagnosi e tale gravissimo errore concettuale viene ripetuto anche da autorevoli autori che, in tal modo, perpetuano uno scorretto indirizzo scientifico sull argomento. In realtà la diagnosi audiologica in età pediatrica, se correttamente impostata, è un atto sanitario di sintesi clinico strumentale che avrà due obiettivi. Il primo è quello di definire l impairment e cioè di quantificare la perdita uditiva ed identificarne la sede di lesione, mentre con il secondo si verificherà se l ipoacusia è causa di disabilità e/o handicap comunicativi. La definizione testè riportata implica che la diagnosi non può essere, come spesso accade, sinonimo di un unico esame audiometrico o dei risultati dei potenziali evocati, ma dovrà scaturire dalla attuazione di un preciso protocollo costituito da più indagini che, da una parte, consentirà di rispondere ai quesiti testè elencati e dall altra aumenterà l efficienza delle conclusioni diagnostiche che saranno raggiunte e quindi relazionate ai genitori solo se tutte le indagini sono risultate concordanti e coerenti fra di loro. E ovvio che il completamento di un protocollo complesso come quello della diagnosi pediatrica non potrà essere raggiunto in una sola seduta, ma è altrettanto vero che una equipe professionalmente preparata sarà in grado di concludere l iter diagnostico di un bambino anche molto piccolo in non più di qualche giorno.

2 IL PROTOCOLLO DIAGNOSTICO Il protocollo diagnostico in audiologia pediatrica si scompone in quattro attività. a) ANAMNESI b) OSSERVAZIONE ED ESAME OBIETTIVO c) VALUTAZIONE STRUMENTALE d) VALUTAZIONE DELLE ABILITA COMUNICATIVE Responsabile delle conclusioni diagnostiche è il medico specialista che coordinerà tutte le attività e sarà l unico interlocutore con i genitori e non informerà i propri collaboratori sulle proprie ipotesi per non condizionarli. Gli esecutori dei test strumentali, inoltre, non dovranno chiedere informazioni cliniche ai genitori sempre per non farsi, anche inconsciamente, condizionare, non dimenticando che la prova che essi eseguono non è conclusiva, ma parte di un protocollo. L esperienza insegna che il protocollo può essere completato raggiungendo risultati sicuri in circa tre giorni disponendo di un team composto almeno da: un medico specialista con esperienza audiologica non solo diagnostica, ma anche riabilitativa; due logopediste esperte in riabilitazione della sordità con metodo acupedico, un audiometrista con competenze in elettrofisiologia pediatrica. A) ANAMNESI Gli obiettivi da raggiungere nella raccolta dei dati anamnestici sono due. Il primo, ed il più importante, riguarda la ricerca dei sintomi comunicativi propri della sordità, mentre il secondo obiettivo avrà come campo di interesse le cause dell eventuale deficit. Per quanto riguarda i sintomi comunicativi della sordità il colloquio con i genitori verterà su due funzioni e cioè sull attenzione uditiva e sulle capacità espressive del figlio. La prima funzione da considerare è quella uditiva che, nel bambino molto piccolo, può essere giudicata interrogando i genitori sulle capacità attentive e sull interesse al suono del figlio. E necessario, in questa fase, che il clinico ricerchi dei giudizi complessivi e non risposte ad episodi o a prove che i genitori spesso fanno per trovare un segno che neghi la sordità (tipica è l insistenza dei genitori sulle risposte al battere delle mani, oppure allo sbattere delle porte ecc...)

3 La domanda chiave è, in realtà, la seguente: Lasci perdere gli episodi, secondo Lei suo figlio ci sente oppure no??. La risposte possono essere: Si, No, Qualche volta si e qualche volta no. Il dubbio, il disaccordo di giudizio tra i genitori (spesso il padre non ritiene possibile che il proprio figlio abbia un problema di sordità) e, ovviamente, il si sono altamente probanti di una probabile sordità. Le impressioni dei genitori sono sempre molto significative, ad eccezione di quando ci si imbatte in quei soggetti che interpellano il clinico dopo ripetute conferme diagnostiche in svariati centri. Si tratta dei cosiddetti shopping parents, secondo la efficace definizione di Luterman, che sono alla ricerca della diagnosi ottimistica che interrompa il profondo stato d ansia in cui sono caduti alla prima conferma di sordità del figlio. In tali casi si impone, da una parte, un atteggiamento particolarmente attento nel vagliare i giudizi e, dall altra, un comportamento fermo e sicuro che non consenta il pur minimo dubbio sulla inutilità di terapie mediche e, sopratutto, chirurgiche, in particolare della adenoidectomia e dei drenaggi transtimpanici per risolvere il problema comunicativo del bambino, non dimenticando che decisioni terapeutiche inutili costituiscono, da una parte, un danno per il paziente perchè ritardano l inizio della riabilitazione e, dall altra, sono deontologicamente da stigmatizzare. Dopo la raccolta dei giudizi sull attenzione uditiva, si passerà all interrogatorio sulle capacità espressive del piccolo paziente. I giudizi clinici sulle capacità espressive potranno essere raggiunti paragonando le tappe di acquisizione del linguaggio del normoudente con quelle del soggetto in esame. Come risaputo, il linguaggio verbale è una abilità appresa e quindi si forma sulla esperienza uditiva dei primi anni di vita, con il massimo di plasticità cerebrale nei primi tre anni. Le tappe sono a grandi linee: vocalizzi (uso della vocale A a cantilena) dai tre fino a sei/sette mesi; lallazione dai sette ai dodici mesi; prime parole (mamma, papà) a 12 mesi. E importante ricordare che, spesso, anche il sordo profondo vocalizza, può iniziare la lallazione, ma poi l evoluzione bruscamente si blocca. Tale andamento spesso confonde i genitori anche perchè la lallazione iniziale può simulare la prima parola (in particolare mamma) e porta a definire acquisita una sordità che spesso è congenita. Da quanto detto se ne deduce che chi non sente la voce di conversazione (il sordo grave o profondo) non potrà acquisire il linguaggio verbale e svilupperà una espressione verbale molto carente nelle strutture prosodiche e segmentali. Il sordo medio, invece, lamenterà sintomi meno gravi con un ritardo nell acquisizione ed una alterata produzione (dislalie audiogene) di alcuni fonemi, mentre la prosodia espressiva risulterà normale.

4 La raccolta dei dati anamnestici sulle abilità comunicative nelle due componenti (uditiva ed espressiva) orienterà, quindi, il clinico sulla reale presenza di sordità e sul suo grado. Tale prima impressione non dovrà essere in alcun modo comunicata nè ai genitori, nè al personale che eseguirà le prove strumentali non solo per non influenzare gli esaminatori, ma soprattutto perchè ai genitori dovranno essere comunicate solo certezze e non ipotesi diagnostiche. Oltre che sulle abilità comunicative, il clinico dovrà indagare sullo sviluppo motorio del bambino. In letteratura si riporta da anni che il sordo grave o profondo sviluppa anche un ritardo della deambulazione e la nostra esperienza ci porta ad identificare nella ipotonia dei muscoli del collo il segno precoce di tale ritardo. Tale ipotonia può essere spiegata non solo con il probabile deficit vestibolare che spesso si associa a quello uditivo, ma soprattutto con la funzione di allerta svolta dall apparato uditivo e che attiva la muscolatura con fini difesa. Tale spiegazione viene sempre confermata con l immediato miglioramento della tonicità muscolare prodotto da un adeguata protesizzazione acustica e che diventa, quindi, da una parte la conferma ex iuvantibus della diagnosi di sordità e dall altra dovrebbe far riflettere sulla reale necessità di alcune terapie psicomotorie in bambini sordi non adeguatamente trattati. Resta comunque l evidenza che spesso il sordo profondo presenta anche un ritardo motorio. Riassumendo, quindi, il sospetto di sordità grave o profonda si raggiunge nel momento anamnestico quando: a) almeno uno dei genitori giudica sordo il proprio figlio o ha il dubbio che lo sia ; b) è presente un ritardo nell acquisizione del linguaggio; c) è presente un ritardo motorio. I tre punti cardine per la prima ipotesi diagnostica dovranno essere valutati considerando l età del bambino poichè nei primi sei mesi di vita si prenderà in considerazione solo il giudizio dei genitori e il tono muscolare cervicale; da 6 a 12 mesi saranno presi in considerazione tutti e tre gli aspetti (uditivo, espressivo e muscolare); dopo i tre anni si considererà anche la presenza di dislalie e l uso della lettura labiale. L entità dei tre sintomi (uditivo, espressivo e motorio) oltre all uso della lettura labiale da parte del piccolo paziente potrà orientare il clinico sul grado di perdita uditiva e, in alcuni casi, sulla morfologia della curva audiometrica. A questo punto si potrà passare all interrogatorio sulle possibili cause. In realtà, chi scrive preferisce rimandare questa fase a qualche settimana dopo l inizio della riabilitazione finchè non sia stata riattivata la detezione uditiva e, quindi, fino a quando non si ottengano i primi risultati con l adattamento protesico poichè il concentrarsi sull aspetto eziologico può illudere il genitore sulla possibilità di eventuali terapie mediche o chirurgiche, distogliendolo dall impegno di risolvere con urgenza i problemi comunicativi attuali del figlio. La gravità del problema e la necessità dell urgenza del trattamento, in realtà, viene spesso dimenticata con decisioni anche contradditorie; a questo proposito basti pensare alle attenzioni che molti specialisti riservano alla sordità

5 improvvisa monolaterale anche di media entità e che viene considerata un urgenza terapeutica prioritaria rispetto alla sordità e al trattamento riabilitativo del bambino sordo profondo. In ogni caso, anche se qualche settimana dopo la diagnosi, la possibile causa della sordità dovrà essere ricercata anche per un adeguato counseling genetico. La ricerca di Zaghis riportata in questo volume sarà senz altro illuminante su come impostare la raccolta dei dati, qui si vogliono solo ricordare alcuni consigli nati dall esperienza. - Molto spesso le sordità a causa ignota sono di origine genetica, soprattutto in chi proviene da zone a rischio per la consanguinetà (ad es. paesi di montagna...). - L ototossicità da farmaci nel bambino è molto rara e deve essere attentamente valutata prima di esserne considerata la causa. - I bambini che giungono dai centri di terapia neonatale non sviluppano quasi mai una sordità grave e profonda non associata ad altri deficit neurologici, mentre sono più frequenti le sordità medie e medio-gravi spesso con altri deficit associati. - Non sempre le sordità monolaterali sono acquisite, ma possono anche essere congenite e in tal caso il genitore non nota alcuna modificazione nell atteggiamento comunicativo spia dell esordio del deficit (porgere l orecchio sano all interlocutore, spostare la cornetta del telefono da un orecchio all altro, perdita temporanea della capacità di identificare una fonte sonora ecc..). B) OSSERVAZIONE Il secondo momento del protocollo diagnostico è l osservazione del bambino considerando tre aspetti in modo informale e cioè: postura, comportamento e modalità di comunicazione con i genitori. A questo proposito è necessario distinguere il bambino che non è ancora in grado di deambulare autonomamente ed il bambino che, invece, è in grado di farlo. Il bambino piccolo molto spesso evidenzia una ipotonia dei muscoli del collo con un ritardo nel raggiungimento del tono muscolare che gli consente di tenere la testa eretta e di conseguenza un ritardo nel raggiungimento della posizione seduta e quindi della deambulazione.

6 Il bambino sordo profondo preverbale già autonomo nella deambulazione, se non adeguatamente seguito dal punto di vista riabilitativo, è sempre ipercinetico (tocca tutto, si muove in continuazione, i genitori non riescono a tenerlo...), perchè deve controllare con la vista ed il tatto il mondo circostante. Non dimentichiamo, infatti, che la funzione primitiva dell udito è quella di controllare l ambiente a scopo di difesa personale. In entrambi i casi è necessario ricordarsi che i comportamenti o le disfunzioni testè descritte sono quasi sempre secondarie alla sordità che, quindi, dovrà avere la priorità di trattamento rispetto ad es. alla psicomotricità o a terapie fisiatriche. Valutando comportamento e tono muscolare si dovrà porre attenzione anche sulle modalità di comunicazione dei genitori con il figlio, sottolineando se utilizzano modalità gestuali o se devono toccare il bambino per carpirne l attenzione e favorire la lettura labiale. Riassumendo: il bambino sordo profondo è generalmente ipotonico se di età inferiore all anno; ipercinetico se più grande; comunica sfruttando soprattutto la lettura labiale e fa uso di gesti. C) VALUTAZIONE STRUMENTALE La valutazione strumentale si compone di quattro test, eseguiti nel seguente ordine cronologico: audiometria comportamentale, potenziali evocati del tronco, otoemissioni, impedenzometria. a) Audiometria comportamentale L audiometria comportamentale, soprattutto nei primi due anni di vita, è un atto sanitario molto difficile e coinvolge tecnici particolarmente esperti in questo tipo di indagine. Essi andranno scelti tra i logopedisti che si occupano di riabilitazione pediatrica con metodo acupedico, poichè solo loro sono in grado di interpretare con la necessaria esperienza le risposte del bambino. Troppo spesso si sente affermare che non è possibile lo studio audiometrico del bambino molto piccolo, dimenticando che una precisa strategia attuata da personale ben preparato difficilmente porta alla conferma pratica di tale affermazione. Le logopediste che eseguiranno le due o tre prove non dovranno essere influenzate in alcun modo e pertanto, oltre a non conoscere la storia clinica non dovranno consultarsi fra di loro poichè sarà il medico ad effettuare la sintesi su due/tre test eseguiti al cieco. I test di audiometria comportamentale si distinguono in: Audiometria di Osservazione Comportamentale (A.O.C. o B.O.A. secondo la nomenclatura anglosassone); Audiometria con Rinforzo Visivo (A.R.V. o V.R.A. secondo la dizione

7 anglosassone); Audiometria con Riflesso di Orientamento (A.R.O. o C.O.R. secondo la dizione anglosassone) e l Audiometria a Risposte Condizionate ( A.R.C. o play audiometry secondo la dizione anglosassone). Tutti i tipi di test vengono eseguiti, in fase diagnostica, solo in campo libero ad eccezione dell A.R.C. che può già essere eseguita in prima battuta con le cuffie. Nei controlli successivi alla prima protesizzazione tutti i test possono essere eseguiti sfruttando il sistema Ear Insert come trasduttore e gli auricolari protesici come mezzo per poter studiare i due orecchi separatamente (T.T.M. audiometry ovvero Trough The Mold Audiometry ovvero Audiometria Attraverso l Auricolare A.A.A.). I test sono stati codificati considerando le possibili risposte alle diverse età e che sono frutto, da una parte della maturazione fisiologica dell apparato uditivo, e dall altra che tale maturazione può avvenire solo in presenza di un apparato uditivo e neurologico integri. In base al principio testè ricordato, è di fondamentale importanza conoscere le risposte tipiche del normoudente ad una determinata età ed essere consapevoli che eventuali risposte immature possono essere segno di sordità. In generale le risposte possono essere: attentive, riflesse, condizionate. Le prime si trovano nel normoudente tra 0 e sei mesi, le seconde tra sei e otto mesi, le ultime dopo gli otto mesi. Per quanto riguarda la strumentazione, questa è costituita da un sistema di stimolazione uditiva, da un controllore di stimoli visivi e da un mixer che permette il coordinamento tra i due tipi di stimolo. Il sistema di stimolazione acustico è costituito da un audiometro bicanale progettato per il campo libero, collegato ad un amplificatore supplementare di qualità che consenta di erogare alte intensità con la minima distorsione e che pilota due casse acustiche di potenza, a banda larga e montate su due supporti con ruote che le sollevino da terra fino all altezza di un bambino seduto in braccio alla mamma. Oltre alle due casse, l audiometro dovrà essere dotato di normali cuffie, del vibratore per via ossea e degli Ear Insert per l audiometria con auricolare. Il controllore di stimoli visivi deve poter attivare un flash a luce bianca e il maggior numero di giocattoli luminosi, in particolare di girandole di luci (da bandire filmini di cartoni animati o videogiochi su computer) e di giocattoli mobili (..non sonori!!!). La strumentazione sarà così disposta. L esaminatore starà in piedi di fronte al paziente seduto in braccio alla mamma, così da osservarlo direttamente e a non più di due metri di distanza; altri osservatori (parenti, studenti ecc...) saranno tenuti al di fuori della stanza o potranno assistere al test dietro ad un vetro/specchio monodirezionale che non dovrà assolutamente essere utilizzato dall esaminatore.

8 L audiometro sarà posto su un tavolo di altezza adeguata e nascosto alla vista del bambino da una paratia su cui sarà fissato il flash. Sempre davanti all audiometro saranno posizionati a semicerchio tre tavolini, ciascuno dotato di un set di giocattoli: uno di fronte al paziente e due ad angolo acuto ai suoi lati. Le casse acustiche saranno sistemate davanti al paziente quando si esegue il BOA e la play audiometry in campo libero, o ai suoi lati per il VRA ed il COR. L esecuzione corretta del test presuppone una provata esperienza da parte dell esaminatore che lo eseguirà il più velocemente possibile, così da sfruttare i livelli di massima attenzione del bambino. Le prove in campo libero (BOA-VRA-COR) iniziano sempre attivando, con un pedale, il flash per attirare l attenzione del bambino, dopodichè si eroga lo stimolo sonoro, esordendo con le frequenze gravi ad intensità sopraliminari. Con il BOA si userà un solo altoparlante e lo stimolo visivo avrà il solo compito di rendere piacevole e varia la prova, mentre con il VRA e,soprattutto, con il COR sarà parte integrante del test poichè rappresenterà la gratificazione delle risposte corrette allo stimolo fungendo, quindi, da rinforzo positivo. Considerando gli obiettivi, quindi, si utilizzerà il set di giocattoli di fronte la bambino per il BOA ed il VRA, mentre per il COR ci si servirà di quelli laterali. Da un punto di vista pratico si valuterà, nei primi mesi di vita, la risposta attentiva al suono, nei mesi successivi potranno essere presenti risposte motorie più complesse fino al riflesso di orientamento sul piano laterale che raggiunge la piena maturità nell udente verso i nove mesi di vita e che rappresenta la risposta da ricercare nel COR. b) Potenziali evocati uditivi. Dopo aver eseguito l audiometria comportamentale, si prosegue con i test di audiometria obiettiva, in particolare con lo studio dei potenziali evocati che vengono eseguiti in condizioni di sonno spontaneo, dopo aver chiaramente spiegato ai genitori come raggiungerli nell orario in cui è stato programmato l esame. I potenziali evocati uditivi non devono essere considerati sinonimo di audiometria infantile, poichè molti sono i loro limiti soprattutto per quanto riguarda il loro limitato campo di indagine frequenziale e di intensità. Da un punto di vista generale la soglia di evocazione, da cui viene dedotta la soglia audiometrica, corrisponde al livello minimo di intensità in cui il picco marker principale di ciascuna prova è ancora morfologicamente identificabile (N1 per l EChoG; l onda V per l A.B.R.; la Pa per l M.L.R. ; la N1 per i potenziali lenti). La scelta del test è vincolata, da una parte, dalla applicabilità nelle varie fasce di età e dall altra dalla possibilità di ricostruire un audiogramma completo. Nella pratica solo i potenziali a media latenza ed i lenti possono utilizzare con affidabilità degli stimoli tonali ed è quindi ad essi che ci si dovrebbe rivolgere quando è necessario ricostruire un audiogramma oggettivo. Purtroppo entrambe queste metodiche sono influenzabili dall età, dall uso di sedativi, dal ritmo sonno/veglia, e, quindi, nella

9 maggior parte dei casi non sono proponibili ai bambini, anche se tale limite può essere attribuito, oggi, solo all SVR poichè le registrazioni effettuate in periodi EEG favorevoli aumentano notevolmente l affidabilità dell MLR nel bambino anche molto piccolo. Nonostante queste recenti acquisizioni, i test audiometrici oggettivi più affidabili per l infanzia sono l ECohG ed i potenziali troncoencefalici, tenendo presente che entrambi utilizzano il click che è aspecifico in frequenza e che, in ogni caso, consente di conoscere la soglia uditiva solo per la frequenza di circa 3KHz. E utile ricordare che l elettrococleografia non può più essere considerata un test di prima applicazione poichè è stata ampiamente soppiantata dall ABR e troverebbe una razionale applicazione solo quando vi è il dubbio che la non evocabilità dei potenziali del tronco sia causata da una disfunzione centrale; ma anche come strumento di diagnostica differenziale l EchoG è stata oggi superata in praticità dallo studio delle otoemissioni. L ABR è di applicazione meno indaginosa dell EChoG poichè non richiede anestesia e fornisce informazioni anche di tipo neurologico. Come già ricordato per entrambi vale il limite di non permettere la ricostruzione di un audiogramma tonale completo, limitandosi allo studio degli acuti e con assenza di risposta, in alcuni casi, già a 70 db HL di sordità. E quindi scorretto considerare l ECohG e l ABR come definitivi per la diagnosi di sordità infantile poichè ad essi devono sempre essere affiancati non solo lo studio dei potenziali a media latenza, ma sopratutto le prove di audiometria comportamentale, sia per evitare di considerare totali le sordità gravi o profonde, sia per evitare iperamplificazioni protesiche nel caso in cui l udito per le frequenze gravi fosse conservato. Di converso è altrettanto metodologicamente scorretto non eseguire lo studio dei potenziali del tronco non solo per confermare i risultati dell audiometria comportamentale, ma anche perchè una soglia di evocazione normale contro un audiometria comportamentale con risposte immature e ad alte intensità, è segno di disfunzione delle strutture centrali. L ABR deve essere considerato, pur con i suoi limiti, un test sicuro, quando effettuato in modo tecnicamente corretto e questa affermazione è valida già nei primi giorni di vita poichè la esperienza maturata nei reparti di neonatologia non ha mai visto alcun paziente con risposta assente in epoca neonatale e che poi sia comparsa a livelli di intensità normale successivamente; sono, invece, frequenti, sopratutto nel prematuro, un miglioramento con la crescita dei tempi di conduzione delle stazioni più centrali rispetto a quelle periferiche e risoluzioni, fino alla normoacusia, di modeste derive di soglia.

10 Una parola infine sull utilità dell evocazione dell ABR per via ossea in presenza di atresia auris dove può essere utile valutare la normofunzione cocleare, evitando la prescrizione di approfondimenti radiologici particolarmente impegnativi. In conclusione, i potenziali evocati rappresentano senz altro una metodica sicura, ma i loro limiti di indagine sia frequenziale che di intensità devono farli rientrare tra i test di conferma dei risultati dell audiometria comportamentale. Le discordanze di risultati ed in particolare l evenienza di una soglia normale di evocazione in presenza di una risposta comportamentale patologica, devono far considerare l ipotesi di una disfunzione neurologica dopo aver verificato la corretta esecuzione dei test comportamentali. 4) Otoemissioni Le otoemissioni sono uno strumento da screening e non di diagnosi poichè informano solo sulla normoacusia, ma non sulle perdite uditive superiori a 30 db. Vale, tuttavia, la pena di eseguire sempre lo studio delle risposte cocleari durante la medesima seduta in cui si valutano i potenziali evocati. Il suggerimento trova la sua spiegazione nel fatto che, oltre a confermare l ipoacusia, le otoemissioni si possono rivelare uno strumento di diagnostica differenziale molto potente quando sono rilevabili in pazienti con potenziali del tronco non evocabili. In tal caso, e dopo avere escluso errori metodologici, è probabile la presenza di una sordità centrale in sede sottotentoriale. 5) Impedenzometria. L impedenzometria è uno strumento, anch esso, di diagnostica differenziale, i cui risultati vanno quindi sempre interpretati alla luce dell audiometria comportamentale. La sua utilità, a dispetto di alcuni errati luoghi comuni, non è decisiva in caso di sordità profonda e può essere fuorviante nelle ipoacusie medie o gravi dove spesso il riflesso stapediale è normalmente evocabile come nel normoacusico. Inoltre la presenza di un timpanogramma tipo B in una ipoacusia lieve o media non deve orientare tout court la diagnosi solo su una patologia trasmissiva poichè il versamento endotimpanico può influenzare l udito tra 0 e 40 db e quindi, in alcuni casi, può essere ininfluente sulla perdita uditiva rilevata; per ottenere una diagnosi sicura, quindi sarà sempre necessario valutare la conduzione per via ossea con tecniche comportamentali od obiettive (ABR per via ossea).

11 VALUTAZIONE DELLE ABILITA COMUNICATIVE. Le procedure diagnostiche appena descritte permettono di quantificare con sicurezza l impairment, ma certamente forniscono solo informazioni indirette, se non imprecise, sulla disability e sull l handicap. In realtà disability e handicap comunicativi devono essere attentamente valutati con test idonei in fase diagnostica poichè ad essi e non all impairment ci si rivolge per le decisioni terapeutiche importanti, come ad esempio la protesizzazione acustica delle sordità percettive. Da un punto di vista generale i test di disabilità e di handicap comunicativi dovrebbero possedere quattro prerogative. 1) Essere indispensabili per le scelte terapeutiche nei casi borderline. 2) Consentire di svelare in tempi relativamente rapidi componenti centrali di sordità periferiche. 3) Essere in grado di smascherare strategie riabilitative metodologicamente scorrette. 4) Permettere il monitoraggio dell andamento riabilitativo, dando la possibilità di costruire programmazioni terapeutiche a breve e medio termine. Il gruppo di Varese ha messo a punto una strategia diagnostica articolata chiamata T.A.U.V. test (ICARE suppl ) distinta in test per la valutazione della disabilità (A.C.C. e TEST di Livelli) e questionari per la quantificazione dell handicap (Test di Sanders). L A.C.C. (Analisi Video Comportamento Comunicativo) valuta il comportamento comunicativo globale attraverso lo studio di videoregistrazioni ed è riservato a quei bambini dai quali non si può esigere una risposta verbale, come ad esempio nelle prime protesizzazioni delle sordità gravi o profonde in età preverbale. Il test si applica analizzando e quantificando il grado di attenzione visiva ed uditiva e le modalità di approccio comunicativo (tipo di risposte a richieste verbali; autonomia linguistica); tale valutazione si rileva dalle videoregistrazioni delle sedute riabilitative scegliendo gli spezzoni più utili. I risultati dell analisi permettono di far rientrare il paziente in cinque categorie che descrivono il livello comunicativo preverbale.. L A.C.C. si è rivelato un ottimo strumento sia per le decisioni terapeutiche che per controllarne l efficacia. Ai fini della prescrizione protesica l utilità dell A.C.C. è massima nelle ipoacusie medie, identificate prima dell anno di vita e dove è necessario verificare concretamente la disability per prescrivere o meno l amplificazione. In tali casi un monitoraggio con due sedute distanziate di un mese consente di paragonare il comportamento comunicativo del paziente con quello dell udente e quindi di identificare un eventuale immaturità o ritardo, che dir si voglia.

12 Nel bambino piccolo preverbale in prima protesizzazione l A.C.C. assume un ulteriore significato poichè consente di verificare l effetto e, quindi, la correttezza delle decisioni terapeutiche soprattutto in termini di detezione ed attenzione, la cui attivazione, spesso si dimentica, è conditio sine qua non per il successo di qualsiasi intervento riabilitativo audiologico. Con il bambino più grande e in ogni caso, con chi ha raggiunto livelli comunicativi sufficientemente maturi, l A.C.C sarà sostituito dai test di livello. Tali test sono stati costruiti considerando le varie fasi di analisi uditiva che è necessario superare per raggiungere la comprensione verbale e cioè: detezione, discriminazione, identificazione e riconoscimento, comprensione; definendo fasi sensoriali la detezione e la discriminazione e fasi presemantiche l identificazione ed il riconoscimento. La detezione è il livello più elementare e se è assente tutte le analisi successive non possono prender corpo. Una volta sentito, il suono viene analizzato in termini di frequenza, intensità e durata (discriminazione) per distinguerlo da altri e quindi identificarlo o riconoscerlo; dopo le fasi sensoriali e presemantiche il paziente può comprendere ciò che è stato detto. La organizzazione appena descritta deve essere considerata come un sistema che, pur mantenendo i propri livelli gerarchici, è abbastanza flessibile operando come un tutt uno con importanti influenze dei vari livelli in entrambi i sensi. Il test di livelli è costituito da prove che consentono la valutazione numerica di ciascuna fase di analisi uditiva e può essere utilizzato sia con fini diagnostici che di controllo dell efficacia del trattamento. Ai fini diagnostici e di decisione terapeutica l utilità è determinante per le sordità medie e per la diagnosi differenziale delle disfunzioni centrali, poichè in caso di sordità gravi o profonde già la quantificazione dell impairment, con i test audiometrici, permette di dedurre le difficoltà comunicative del bambino. Nel caso di sordità medie invece, solo la quantificazione del gap tra risultati con o senza rumore di fondo nelle prove di identificazione e riconoscimento in bocca schermata, permette di decidere la prescrizione protesica in modo oggettivo e non basandosi solo sulla propria esperienza o, peggio, sull intuito. Relativamente alla diagnostica differenziale, l interpretazione dei test di livelli permette anche di capire i motivi di un deludente risultato riabilitativo che troppo spesso viene attribuito a non meglio precisati deficit cognitivi. In realtà le cause degli insuccessi andranno ricercate nelle tre seguenti possibilità, di cui le prime due iatrogene: - mancata attivazione delle funzioni uditive elementari;

13 - improprio trattamento riabilitativo; - disfunzione centrale associata alla sordità periferica. La mancata attivazione delle funzioni uditive elementari a causa di un amplificazione insufficiente, con un paziente normodotato cognitivamente e non affetto da sordità totale o profonda, porta ad un gap eccessivo tra performance in lettura labiale e quelle rilevate in bocca schermata, con uno sfruttamento quindi inadeguato dei propri residui uditivi L improprio trattamento riabilitativo che causa una ridotta abilità semantica è tipica, invece, di chi ha ricevuto un trattamento riabilitativo limitato all allenamento acustico e che poco si è preoccupato della disability o dell handicap comunicativo. In tali casi il paziente ottiene eccellenti risultati in identificazione e riconoscimento, sia in bocca schermata che in lettura labiale, con gap funzionali tipici dei deficit periferici, ma che non sono sovrapponibili alle sue abilità di comprensione che risultano molto più carenti rispetto alle aspettative. Questi ultimi casi devono essere ben distinti dal sordo che vede in un deficit cognitivo primitivo la causa della propria ridotta comprensione. In tali soggetti può non sussistere un gap tra performance in bocca schermata e lettura labiale e le loro abilità di comprensione sono nulle (e non solo ridotte come nel caso di una rieducazione limitata al deficit uditivo), pur mantenendo dei risultati sufficienti, ma non eccellenti, nelle abilità presemantiche. La diagnosi differenziali testè descritte e che esigono una notevole esperienza per dirimerle, rivestono un importanza fondamentale non solo ai fini diagnostici, ma anche per la programmazione terapeutica in termini di obiettivi da raggiungere e sui mezzi di cui servirsi. Qui di seguito vengono riportate alcune considerazioni generali, nate dall esperienza e che possono essere utilizzate per giudicare il singolo paziente: - Le sordità gravi o profonde periferiche con protesi acustiche e ben trattate ottengono: il raggiungimento del 100% di performances per tutti i livelli di analisi in lettura labiale. Tale risultato si riduce al massimo del 50% in bocca schermata e diminuisce ulteriormente di un altro 15% con lo stesso test somministrato nel rumore. - Le stesse sordità trattate con impianto cocleare multicanale precoce riducono il gap, fino quasi a chiuderlo, tra lettura labiale e bocca schermata - Le sordità medie ben trattate ottengono sempre il 100% di performances, senza alcun gap tra i risultati in lettura labiale e in bocca schermata. Risultati che si discostano da quelli testè ricordati possono essere ricondotti a due cause:

14 - a trattamenti riabilitativi inadeguati o dal punto di vista globale o per aspetti specifici quali quello percettivo oppure quello semantico; - alla presenza di deficit cognitivi associati alla sordità. Da quanto detto appare evidente che la diagnosi di sordità infantile, oggi, non può più limitarsi solo alla quantificazione delle perdite uditive e quindi dell impairment, ma deve essere in grado di valutare disabilità ed handicap, non solo per completezza diagnostica, ma anche per formulare corrette considerazioni prognostiche e per programmare l intervento riabilitativo. La diagnosi di sordità infantile è innegabilmente un atto sanitario complesso, soprattutto nel bambino piccolo, ed è proprio per questo motivo che dovrebbe essere effettuata solo in ambienti particolarmente specializzati, dove sono garantite tutte le possibilità terapeutiche e riabilitative oggi disponibili. Non dimentichiamo, infatti, la responsabilità di chi vanifica atti terapeutici e riabilitativi risolutivi con diagnosi tardive, imprecise o incomplete e trattamenti inadeguati.

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