I riti e la narrazione nell affido
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- Jacopo Martinelli
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1 PROVINCIA DI TORINO AFFIDO FAMILIARE ISTRUZIONI PER L USO I riti e la narrazione nell affido Torino 6 dicembre 2011 Marco Chistolini 1
2 Docente: Dr. Marco Chistolini IL CASO DI ALÌ Alì è un bambino di 4 anni che vive con il padre, la nonna e la zia materna. Una mattina i carabinieri irrompono nell abitazione e arrestano tutti gli adulti con l accusa di spacciare droga. Il bambino viene portato in una comunità per minori dove resta per 8 mesi, successivamente viene inserito in affido. 2
3 Docente: Dr. Marco Chistolini IL CASO DI SAMUELE Samuele ha 8 anni, si trova in comunità da alcuni mesi, i suoi genitori hanno un forte conflitto di coppia, con scontri molto violenti. La madre si prostituisce ed il padre ha gravi problemi psichiatrici e di alcolismo. Il bambino viene inserito in comunità e dopo qualche tempo il padre viene ricoverato per una crisi psicotica. 3
4 Docente: Dr. Marco Chistolini L ESPERIENZA DELL AFFIDO L affido comporta cambiamenti e separazioni. Generalmente a fronte di storie difficili, contrassegnate da eventi dolorosi, instabilità, perdite, incoerenze, ecc. In queste condizioni per un minore è molto difficile tenere il filo della propria storia. È compito degli adulti aiutarlo in questo senso. 4
5 LA VERITÀ TI FA MALE È prassi comune che quando accadono dei fatti particolarmente dolorosi e difficili, si preferisce non raccontarli ai bambini, omettendoli, se possibile, o fornendo informazioni vaghe e lacunose o dicendo delle bugie. In genere, si pensa che vi siano realtà troppo dure e dolorose per un bambino e che sia giusto evitargli di venirne in contatto 5
6 EPPURE. Questa prassi è utilizzata tanto dalla gente comune quanto dagli operatori psico-sociali e giuridici che si occupano di minori, spesso in modo automatico e scontato come se fosse la cosa più ovvia del mondo, nonostante numerose evidenze scientifiche indichino l importanza per ciascuno di noi di poter conoscere la propria storia. 6
7 PERCHÉ GLI ADULTI NON PARLANO AI BAMBINI I modelli organizzativi e la cultura dell emergenza. I bambini non capiscono. Evitiamogli ulteriori sofferenze. A chi compete? L alleanza con i genitori. Lo stile di attaccamento. 7
8 I BAMBINI E LE LORO STORIE È opinione condivisa all interno di diversi approcci teorici che la storia personale e le esperienze in essa contenute, influenzino significativamente lo sviluppo psicologico e cognitivo della persona. Vi è consenso, inoltre, sull importanza della conoscenza e comprensione della propria storia personale quale fattore protettivo nella crescita. 8
9 CONOSCENZA E ACCESSO AL MONDO INTERNO: LA STORIA SIAMO NOI Avere una sufficiente consapevolezza degli avvenimenti significativi della nostra vita, di ciò che albergava nel cuore e nella mente delle persone che di questi avvenimenti sono state protagoniste e degli effetti che hanno avuto su di noi, è condizione essenziale per entrare i contatto con i nostri stati affettivi e per conoscere le nostre caratteristiche personali. 9
10 EVIDENZE SULL IMPORTANZA DI CONOSCERE LA PROPRIA STORIA Studi sulla capacità riflessiva e il monitoraggio meta-cognitivo. Studi sulla mentalizzazione. Studi sulla scrittura autobiografica. Studi sulla capacità narrativa e sulla competenza autobiografica. 10
11 M.Chistolini - m.chistolini@alice.it L INTERSOGGETTIVITÀ Alcuni studiosi (Trevarthen, Bruner) hanno posto l attenzione sull importanza che, fin dalle prime settimane di vita, rivestono per il bambino le relazioni con l adulto. Questi studi hanno dato vita al concetto di intersoggettività, definito come: quel processo per cui si giunge a capire cosa hanno in mente gli altri e ci si adatta di conseguenza (Bruner, 1997), che indica la capacità innata dei bambini di modulare le loro espressioni comunicative nella relazione con l altro. 11
12 M.Chistolini - m.chistolini@alice.it ESPLORARE LA MENTE La competenza a stabilire una relazione di scambio comunicativo con un adulto disponibile ed empatico consente al bambino di condividere la propria esperienza soggettiva (affetti, intenzioni, attenzione sul mondo esterno) e, attraverso questo processo, imparare ad esplorare e comprendere la mente dell altro e la propria, dando senso ai propri stati affettivi. Per dirla con Fonagy: gli stati interni devono avere un significato per poter essere comunicati agli altri e interpretati negli altri, per orientare la collaborazione nel lavoro, nell amore e nel gioco. 12
13 I SISTEMI DI MEMORIA Gli studi effettuati nell ambito della teoria dell attaccamento hanno differenziato diversi tipi di memoria, tra questi: LA MEMORIA PROCEDURALE LA MEMORIA SEMANTICA LA MEMORIA EPISODICA 13
14 IL SÉ RIFLESSIVO «Ciò sembra implicare la necessità, nella prima infanzia, di un operazione mentale che permetta di derivare lo stato del sé dalla percezione dello stato mentale dell altro. L esplorazione del significato delle azioni altrui è un precursore dell abilità del bambino di catalogare ed attribuire significato alle proprie esperienze psicologiche. Possiamo ritenere questa funzione alla base delle capacità di regolazione affettiva, di controllo degli impulsi, automonitoraggio e dell esperienza del sé come agente (Fonagy, Target, 2001). 14
15 LA TEORIA DELLA MENTE La teoria della mente indica la tendenza degli esseri umani ad attribuire agli altri sentimenti, intenzionalità, desideri. La capacità della madre di fare attribuzioni corrette sugli stati mentali del bambino promuove l acquisizione di una adeguata teoria della mente (Attili, 2007). 15
16 L AUTOBIOGRAFIA A. Gargani (1992) Noi abbiamo una nascita che è determinata dall atto di procreazione dei nostri genitori ; ma poi c è una nuova nascita, che non è quella recepita dall esterno ma è precisamente la nascita che noi ci diamo da noi stessi. E la nascita che noi ci diamo da noi stessi, raccontando la nostra storia, ridefinendola con la nostra scrittura, che stabilisce il nuovo stile secondo il quale noi ora esigiamo di essere compresi dagli altri. 16
17 IL SIGNIFICATO DI CONOSCERE Per conoscenza della propria storia intendiamo, quindi, una sufficiente consapevolezza di ciò che è accaduto associata all attribuzione di significati e stati mentali (nelle persone coinvolte) realistici e coerenti con i fatti. 17
18 MA OMETTERE È COSÌ GRAVE? Chiarità l importanza di conoscere la propria storia, si potrebbe chiedere se sia proprio necessario raccontare tutti i fatti salienti o se non sia preferibile omettere quelli più dolorosi. Indubbiamente la relazione tra fatti e significati e forte, complessa e delicata. 18
19 PERCHÉ RACCONTARE I FATTI Se gli adulti li conoscono influenzano la relazione con il bambino; le esperienze vissute rimangono scritte nella memoria senso-motoria del bambino. Per sostenre il bisogno di capire: i fatti sostengono le spiegazioni e le rinforzano; Informazioni omesse possono essere scoperte nel futuro. Attendere può comportare gravi controindicazioni 19
20 MA I FATTI NON BASTANO: L ATTRIBUZIONE DI SIGNIFICATO Conoscere la propria storia non basta se alla conoscenza degli avvenimenti (cosa è accaduto), non si accompagna una comprensione degli stessi (perché è accaduto). La chiave di lettura che possiamo utilizzare è quella basata sul concetto di capacità genitoriale e di trasmissione intergenerazionale della stessa attraverso le relazioni. 20
21 IL RUOLO DEI GENITORI Solitamente sono i genitori ad aiutare i bambini a mantenere un equilibrato senso di continuità interna. A volte. però. i genitori non hanno, per le loro difficoltà personali, la capacità di svolgere questa funzione oppure si trovano in conflitto d interessi con il bambino. 21
22 IL RUOLO DEGLI OPERATORI NELL ACCOMPAGNARE I BAMBINI Quando i genitori non sanno o non vogliono parlare in modo corretto ai figli il compito di informare ed accompagnare i bambini spetta agli operatori che assumono un ruolo molto importante. Tale significatività discende da due aspetti: L assenza di adulti di riferimento competenti. La complessità che caratterizza le storie dei minori in difficoltà. 22
23 L ATTENZIONE AL CONTESTO RELAZIONALE DI APPARTENENZA È chiaro che in primo luogo si deve cercare di avere la collaborazione delle figure significative per il bambino. Si deve quindi lavorare con impegno in questa direzione cercando di ottenere la massima condivisione possibile dei messaggi da dare al bambino, senza però snaturarne la sostanza. 23
24 GLI INGREDIENTI DELLA COMUNICAZIONE 1. Informare 2. Significare 3. Rispecchiare 4. Sostenere Queste funzioni possono essere gestite da più figure che si devono muovere in modo coordinato e sintonico. 24
25 IL LAVORO SULLE DIFESE OVVERO QUANTO ESSERE ATTIVI Parlare al bambino di avvenimenti dolorosi che lo riguardano pone il problema di quanto gli operatori possano/debbano essere incisivi nel parlare al bambino. È diffusa l opinione che sia corretto affrontare con il minore solo quei temi che lui si sente di trattare, l idea sottostante è che interventi che forzassero le difese del soggetto avrebbero l effetto di rinforzarle o di destabilizzarne l equilibrio. 25
26 IL LAVORO SULLE DIFESE OVVERO QUANTO ESSERE ATTIVI (2) Se teniamo conto delle conoscenza che abbiamo sull importanza per un sano sviluppo psicologico di conoscere e comprendere la propria storia è chiaro che, pur ritenendo valide le preoccupazioni sopra esposte, il danno che verrebbe provocato da una mancata o insufficiente o lacunosa informazione è ben maggiore della sofferenza che può derivare da un azione di comunicazione e sostegno ben condotta. 26
27 PARLARE AL BAMBINO DELLA SUA STORIA 1. Si tratta di un percorso che si snoda nel tempo (dimensione processuale). 2. Vi è una dimensione che attiene ai fatti (dimensione episodica). 3. Vi è una dimensione che appartiene ai significati (dimensione semantica). 4. È necessario che tra la dimensione episodica e quella semantica vi sia una sostanziale coerenza. 27
28 PARLARE AL BAMBINO DELLA SUA STORIA (2) 1. DARE AL BAMBINO INFORMAZIONI CHIARE E VERITIERE SULLA SUA STORIA E SU QUELLA DEI SUOI GENITORI DECIDENDO COSA E COME RACCONTARE (CRITERIO DELLA VERITÀ SOSTANZIALE ). 2. FORNIRE UNA CHIAVE DI LETTURA SULLE RAGIONI DELL INADEGUATEZZA GENITORIALE (CRITERIO DELLA VISIONE COMPASSIONEVOLE ). 3. SOSTENERE IL BAMBINO EMOTIVAMENTE FACENDOGLI SENTIRE CHE NON E SOLO E CHE LORO SONO IN GRADO DI CAPIRLO E SINTONIZZARSI CON I SUOI SENTIMENTI ACCOGLIENDO E LEGITTIMANDO SOFFERENZA E RABBIA (CRITERIO DELLA CONTINUITA RELAZIONALE). 28
29 CHI PUÒ PARLARE AL BAMBINO Per parlare al bambino nei termini indicati non è necessario essere psicologi o psicoterapeuti, si deve piuttosto avere: Capacità relazionali; Disponibilità emotiva; Una relazione significativa con il bambino; La convinzione che informare e significare è necessario; 29
30 IL RUOLO DEGLI AFFIDATARI La comunicazione e la significazione al minore non deve essere delegata agli affidatari, per: L eccessiva esposizione nella relazione con il minore. Il ruolo che ricoprono. Gli affidatari possono avere un ruolo preziosissimo di ascolto, di conforto e di conferma. Naturalmente se l affido è sine die i margini di intervento si ampliano. 30
31 IL RUOLO DEGLI ALTRI ADULTI SIGNIFICATIVI Laddove sia possibile, il coinvolgimento di altre figure affettivamente significative nel percorso di informazione e significazione è particolarmente importante. Ciò al fine di: Dare maggiore credibilità alle informazioni Rafforzare le significazioni Incrementare il sostegno emotivo 31
32 COMUNICARE LE PROPRIE EMOZIONI Nel parlare con il bambino l adulto può comunicare le proprie emozioni, esplicitandole e spiegandole. 32
33 ALCUNI CRITERI PER STABILIRE QUALI FATTI RACCONTARE Il criterio di attinenza o coinvolgimento. Il criterio di rilevanza Il criterio di impatto. Il criterio di congruenza. Il criterio di sostenibilità. 33
34 IL CONCETTO DI VERITÀ SOSTANZIALE riferisce i fatti salienti chiamando le cose con il loro nome o con termini comprensibili e realistici; omette, anche in base all età del bambino, i dettagli più crudi e dolorosi che nulla tolgono e nulla aggiungono alla comprensione dei fatti medesimi; fornisce delle attribuzioni di significato coerenti con la natura dei fatti raccontati in base all esperienza comune e a valori generalmente condivisi; consente successivi approfondimenti e precisazioni da calibrarsi sulla progressiva metabolizzazione delle informazioni date, sulla crescita del bambino e sul suo soggettivo bisogno di saperne di più. 34
35 RIEMPIRE I VUOTI: L IPOTIZZAZIONE VEROSIMILE Gli operatori, nell informare i bambini relativamente alle loro storie, possono riempire eventuali assenze di informazioni con il criterio dell ipotizzazione verosimile. 35
36 RIASSUMENDO. Decidere quali informazioni è opportuno trasmettere al bambino secondo i criteri enunciati. Chiedersi cosa il bambino sa o potrebbe sapere. Decidere in che modo trasmetterle. Chiedersi come il bambino potrebbe sentirsi. Sintonizzarsi con pensieri ed emozioni del bambino. Chiedersi quali risonanze emotive hanno per noi quelle informazioni. Valutare se ed in che modo è possibile coinvolgere i familiari (dando conto al bambino della loro posizione). Valutare se possibile coinvolgere altre figure affettivamente significative o altri colleghi. Garantire la processualità della comunicazione. 36
37 I RITUALI Sappiamo che i rituali hanno una notevole efficacia nel sancire «i passaggi» da una condizione ad un altra. 37
38 I RITUALI DELL AFFIDO È importante dare visibilità ai cambiamenti che l affido comporta e che sull affido influiscono, soprattutto quelli che non hanno conseguenze pratiche evidenti. L avvio. Le verifiche periodiche. I cambiamenti di progetto. i cambiamenti organizzativi. La conclusione. 38
39 I RITUALI NELL AFFIDO Costruire rituali familiari. Darsi uno slang familiare. Individuare segni di appartenenza (foro, braccialetto, ecc). Parlare delle proprie storie. 39
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