I DISTRETTI INDUSTRIALI IN PROVINCIA DI BRESCIA:

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1 Oria Tallone I DISTRETTI INDUSTRIALI IN PROVINCIA DI BRESCIA: TEORIA E REALTA' 1. Il distretto industriale: una nuova caratterizzazione economica...pag Il sistema produttivo lombardo: profilo evolutivo dal 1981 al " 6 3. La situazione al 1992 del sistema industriale bresciano... " L'individuazione delle aree... " 17 Bibliografia... " 27

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3 1. Il distretto industriale : una nuova caratterizzazione economica La posizione competitiva dell Italia sui mercati mondiali è dovuta in gran parte all elasticità che il suo settore industriale ha dimostrato e dimostra nei confronti di nuove tecnologie e nuovi processi produttivi. La flessibilità manifestata rispetto alle mutazioni dei mercati si è resa in gran parte possibile, grazie al tessuto di piccole e medie imprese che caratterizza l industria italiana, e, grazie anche ai suoi "distretti", che hanno saputo affrontare la sfida internazionale, per adeguarsi ai nuovi sistemi di reti globali, pur mantenendo la loro identità originaria ( E.Rullani, 1994 ). Già alla fine del XIX secolo, Alfred Marshall individua capacità innovativa ed evolutiva in particolari aree geografiche, poi identificate come distretti industriali, dove si realizzano una serie di economie esterne (A.Marshall, 1890). Secondo l economista, infatti, l agglomerazione dell industria in un distretto genera nel tempo fra la gente che ci vive, un attitudine diffusa al lavoro industriale, favorendo la specializzazione e la divisione tecnico - sociale del lavoro (A.Marshall, M.P.Marshall, 1975). La natura del processo produttivo è legata per tramite biunivoco alla sua localizzazione, e ogni cambiamento dell una non può non avere un influenza determinante sull altra. In particolare, l agglomerazione trova nuove basi tecniche ogni qual volta i processi produttivi siano scomponibili in lavorazioni complementari e prevedano l utilizzazione di un complesso di materie prime diverse (A.Weber, 1929). In effetti proprio la sua natura composita gli conferisce una stabilità notevole anche in situazioni di forti cambiamenti: quanto più il distretto è capace di rinnovarsi, di innestare nuovi settori sui vecchi, di articolare per fasi sempre più specializzate la propria industria originaria, tanto più esso mantiene la sua identità come distretto industriale. Il distretto industriale è un entità socio-territoriale caratterizzata da un area circoscritta naturalmente e storicamente, in cui interagiscono una comunità di persone e una popolazione di imprese di piccole e piccolissime dimensioni, che tendono ad interpenetrarsi a vicenda (G.Becattini, 1979, 1991). Il concetto di distretto industriale, quindi, emerge come unità di indagine dell economia industriale e regionale, grazie alle caratteristiche delle imprese che ne fanno parte, unite da una rete complessa e inestricabile di economie esterne, di congiunzioni e di connessioni di costo, di retaggi storico - culturali, che avvolge sia le relazioni interaziendali sia quelle interpersonali. Questo particolare modello di produzione industriale consiste in un unico insieme in cui il funzionamento e l organizzazione della sfera sociale, della sfera politica e di quella economica sono intimamente connessi. La dimensione specificamente locale del distretto industriale permette di regolare accordi tra imprese in maniera informale, evitando la rigida burocrazia o le formalità contrattuali proprie delle grandi imprese, creando un ambiente di lavoro come lo definisce Marshall: a factory without wall, una fabbrica senza mura (A.Marshall, M.P.Marshall, 1975). I Distretti Industriali 3

4 Il distretto industriale dunque riunisce e fonde caratteristiche fondamentali, quali la specializzazione della produzione, un'equilibrata divisione del lavoro e atteggiamenti costruttivi dei lavoratori, che si dimostrano competitive nei confronti della grande industria, e che consentono in più l emergere di capacità individuali che si possono realizzare all interno delle piccole imprese. Il fenomeno però non deve essere letto come una contrapposizione fra grande e piccola impresa, in quanto queste due diverse modalità produttive risultano comunque legate da forme di complementarietà e interdipendenza. Si tratta piuttosto di una diversa via dello sviluppo, che acquista un peso notevole nel momento in cui si incomincia a sentire la crisi nelle unità produttive di maggiori dimensioni: è un alternativa per ovviare ai problemi di rigidità della grande impresa industriale di stampo fordista. Infatti, proprio nel periodo compreso fra gli anni 50 e 60, quando si verifica in Italia lo sviluppo dell industria di grandi dimensioni, contemporaneamente si verifica anche una crescita di importanza delle unità locali con un numero di addetti compreso fra 11 e 50. La nuova articolazione territoriale del sistema industriale italiano è infatti determinata dalla nascita e dal moltiplicarsi di imprenditoria locale nelle aree a sviluppo intermedio. Si verificano interpolazioni strette fra la sfera sociale e quella economica, che non consentono di attribuire l origine dei distretti industriali unicamente all atomizzazione di imprese di grandi dimensioni. Quello dei distretti industriali rappresenta insomma un fenomeno assai complesso ed importante nel panorama produttivo italiano. Già prima degli anni '50 esistevano nel nostro Paese sistemi territoriali di piccole imprese specializzate in specifici settori produttivi: Valdagno, Prato, Biella, per quanto riguarda il comparto tessile abbigliamento, Omegna, Lumezzane, nel settore dei casalinghi, ecc.. Successivamente, con il dopoguerra si è assistito sia ad un impetuoso sviluppo di tali sistemi già esistenti, sia ad una rapida crescita e sviluppo di altri L organizzazione e la leadership sono venute da piccole imprese familiari, collegate fra di loro per completare fasi complementari della produzione. Intorno alla metà degli anni 70, con il successo economico di un certo numero di industrie e di luoghi, si verifica un processo di disintegrazione orizzontale e verticale, fino ad arrivare a una atomizzazione delle fasi produttive, a una loro scomposizione in singoli processi produttivi, tale da raggiungere dimensioni non lontane da quelle minime ottime delle unità tecniche irriducibili, in cui si scompone un processo produttivo (C.Antonelli, 1990), (F.Pyke, G.Becattini, W.Sengenberger, 1991). La redistribuzione territoriale delle attività industriali in questi anni non è interpetrabile insomma come un fenomeno completamente esogeno, ne come un fenomeno semplicemente endogeno. La domanda internazionale molto elevata ha certamente contribuito allo sviluppo di tali aree, così come ha contribuito il decentramento di capitale di alcune grandi imprese dalle aree centrali. Fondamentale resta comunque la valorizzazione delle risorse locali che hanno dato luogo ad uno sviluppo decentrato e prevalentemente autonomo. 4 I Distretti Industriali

5 Il modello di sviluppo rappresentato dai distretti industriali è una caratteristica tipica dello sviluppo industriale italiano; pochi altri Paesi, quali la Germania, il Giappone, hanno realtà che si possono infatti assimilare al fenomeno italiano. In tempi più recenti per i sistemi locali, ed in particolare per i distretti industriali, si è ormai aperta la sfida all'economia globale, perchè il suo avvento sta rendendo obsoleta l'organizzazione economica ereditata dal fordismo ( E. Rullani, 1994 ). La produzione di valore, attualmente, è sempre più determinata dall'investimento in conoscenza, ma poichè il ciclo di vita dei prodotti si è enormemente accorciato e poichè la capacità di pianificare non va al di là del breve termine, è sempre meno facile garantire il valore degli investimenti compiuti in conoscenza e controllare i mercati in modo da poter ottenere una remunerazione da questi investimenti. Quindi, le imprese che debbano o vogliano investire in conoscenza, hanno un'unica alternativa da contrapporre alla velocuzzazione dei cicli di vita del prodotto e alla crisi delle previsioni e del controllo: la possibilità di allargare la divisione del lavoro nella produzione di conoscenze, riducendo i costi e i rischi sostenuti individualmente dalle singole imprese. Per fare questo occorre dunque allargare al massimo, a scala globale, il circuito entro cui le imprese si scambiano le conoscenze possedute. Tuttavia se per globalità si intende un insieme di relazioni tra luoghi particolari, che mantengono una propria originalità e non una soppressione delle differenze tra i luoghi stessi, la globalità diviene una forza evolutiva presente in ogni singolo luogo, in ogni segmento del mercato; ogni punto del sistema diventa globale, cioè acquista relazioni con la globalità senza cessare di essere locale. L'apertura a livello globale delle relazioni tra imprese, non solo non preclude, ma anzi rafforza la dimensione locale e le risorse specificamente territoriali ( B. Anastasia, G. Coro', 1993 ). Infatti l'impresa che opera sui mercati internazionali si trova ad affrontare una situazione molto più complessa, difficilmente risolvibile con le sole risorse interne, ed è proprio per questo che deve rivolgersi ai sistemi economici e sociali a lei vicini. Quindi, pur nell'ambito di un'economia globale, il retroterra relazionale dell'impresa diventa il supporto a cui l'impresa può appoggiarsi per sviluppare le strategie di globalizzazione. Quando le imprese facenti parte di un sistema locale, ed in particolare di un distretto industriale, si aprono verso l'esterno e apparentemente perdono il proprio legame con il sistema di cui fanno parte, proprio in quel monmento diventano importanti i fattori locali, che permettono di mantenere e far crescere all'interno del sistema locale le imprese esistenti ed, eventualmente, di attrarne di nuove. 2. Il sistema produttivo lombardo: profilo evolutivo dal 1981 al 1992 I Distretti Industriali 5

6 Agli inizi degli anni 90 la regione Lombardia, in base ai dati ASPO (1) denota ancora una forte caratterizzazione industriale, con oltre il 56% di addetti all industria sul totale della popolazione attiva (Tav.1), e un industria che annovera il 35% delle unità locali presenti sul territorio (Tav.2). Tav. 1 - Composizione delle Unità Locali per settori 1981 % sul Tot % sul Tot. Agricoltura ,44% ,41% Industria ,65% ,41% Servizi ,91% ,19% Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO Tav. 2 - Composizione degli Addetti per settori 1981 % sul Tot % sul Tot. Agricoltura ,32% ,35% Industria ,69% ,03% Servizi ,99% ,62% Fonte: nostra elaborazione dati ASPO (1) I dati a cui facciamo riferimento nella presente analisi, sono quelli forniti da ASPO (Anagrafe Statistica Regionale delle Camere di Commercio e della Regione Lombardia ) e coprono un arco temporale compreso tra il 1981 e il 1992, secondo la codifica ATECO 81. Per una precisa lettura dei risultati ci pare corretto segnalare quanto segue: -La rilevazione è basasta sulle unità locali e non sulle imprese, fatto questo che ci permette di individuare l'effettiva articolazione territoriale del sistema produttivo lombardo. -I dati sono forniti per rami e classi di attività. -Nel ramo 1 sono escluse ENEL ed attività svolte da enti o aziende pubbliche, quali acquedotti o consorzi di bonifica, mentre sono incluse le aziende municipalizzate. -Nel ramo 6 sono escluse un limitato numero di unità locali, non tenute all'iscrizione camerale. -Nel ramo 7 sono escluse le ferrovie statali, i servizi postali, ecc. -Nel ramo 8 sono esluse gran parte delle attività libero-professionali (avvocati, notai, commercialisti...). -Nel ramo 9 sono compresi quei servizi che hanno l'obbligo all'iscrizione camerale,alcune attività nei settori dell'istruzione, della sanità, dello spettacolo. 6 I Distretti Industriali

7 L industria mantiene quindi sempre un ruolo di primo piano nell economia della regione, anche se vede ridursi il numero degli addetti dell 8,67%, con una perdita di oltre lavoratori. D altra parte, una crescita del numero delle unità locali del 10,37% porta a una diminuzione delle dimensioni medie aziendali. L attività di trasformazione agricola 1, già scarsamente rilevante nel 1981, nonostante l aumento sia degli addetti, sia delle unità locali, perde ulteriormente peso sul totale delle attività. Il settore dei servizi appare invece in netta espansione: crescono gli addetti (+20,49%), crescono le unità locali (+11,59%), e aumenta il peso del settore, indice dello sforzo dell economia lombarda per mantenersi al passo delle maggiori regioni industrializzate. Le dimensioni aziendali medie si mantengono pressoché inalterate, con 3 addetti per unità. Passando a un analisi più dettagliata su scala settoriale (Tav. 3 e 4), si nota come nel 1981, per quanto riguarda il comparto industriale, si delineasse l importanza delle province pedemontane di Lecco, Varese, Bergamo e Como, seguite a breve distanza da Brescia. Esse presentavano un valore nettamente superiore a quello regionale, parial 65,71%. Le province site in pianura registravano, invece, valori relativi al comparto industriale inferiori alla media. Caso a sè fanno le province di Milano e di Sondrio, in quanto la prima registra una presenza del secondario ridotta a causa del fenomeno di espulsione di numerose unità produttive dall'area metropolitana. La seconda si va invece sempre più identificando come meta turistica. Entrambe le due province vedono particolarmente significativa la presenza del terziario, infatti segnano le due percentuali più rilevanti: le attività complessive di Sondrio sono per il 43% relative ai servizi e quelle di Milano per il 42%. Le attività connesse all agricoltura trovano, invece maggiore spazio nelle province della pianura; le localizzazioni più significative si hanno, infatti a Mantova, Cremona e Pavia. Tav. 3 - Composizione settoriale delle province lombarde nel I dati raccolti dall ASPO comprendono solo le unità locali con prevalente attività di trasformazione. 2 La doppia linea separa i comuni che registrano una percentuale di addetti all industria superiore alla media lombarda da quelli che ne registrano una inferiore. I Distretti Industriali 7

8 Addetti Agric. % sett. Industria % sett. Servizi % sett. Tot.Att. Lecco 78 0,08% ,01% ,91% Varese 232 0,09% ,44% ,47% Bergamo 696 0,25% ,73% ,02% Como 178 0,11% ,82% ,07% Brescia ,49% ,52% ,99% Cremona ,98% ,05% ,97% Pavia ,20% ,76% ,05% Mantova ,32% ,34% ,34% Lodi 223 0,54% ,97% ,49% Milano 607 0,04% ,85% ,11% Sondrio 265 0,70% ,74% ,55% LOMB ,30% ,71% ,00% Fonte: nostra elaborazione dati ASPO Nel 1992 la situazione rimane generalmente la stessa, anche se il grado di incideza idustriale diminuisce di intensità: in tutte le province l industria cede il posto al terziario che sembra divenire sempre più il fattore fondamentale per lo sviluppo economico globale dell'intera regione. Il comparto industriale perde di importanza a livello complessivo, sino a raggiungere un valore medio pari al del 56% di tutte le attività economicoproduttive presenti in Lombardia. 8 I Distretti Industriali

9 Tav. 4 - Composizione settoriale delle province lombarde nel Addetti Agric. % sett. Industria % sett. Servizi % sett. Tot.Att. Lecco 62 0,07% ,64% ,29% Varese 272 0,10% ,96% ,94% Bergamo 922 0,29% ,59% ,12% Como 311 0,19% ,23% ,59% Brescia ,49% ,69% ,81% Mantova ,94% ,63% ,43% Cremona ,97% ,57% ,45% Pavia ,01% ,09% ,12% Lodi 202 0,48% ,70% ,82% Sondrio 349 0,86% ,42% ,72% Milano ,13% ,98% ,89% LOMB ,35% ,03% ,62% Fonte: nostra elaborazione dati ASPO Al di sopra della media regionale troviamo ancora le province pedemontane, ma ad esse si sono aggiunte anche quelle situate in pianura, sintomo questo legato più alla flessione generalizzata dell'industria, che ad un oggettivo avvicinamento tra le due aree geografiche. Al di sotto della media regionale si trova ancora Lodi, con circa il 53% dei suoi addetti alsettore secondario. Le province di Milano e di Sondrio si presentano con un profilo particolare, simile a quello evidenziato nel 1981; Milano raggiunge un'incidenza del terziario pari al 51% e Sondrio pari al 49%. Per quanto concerne l analisi dei singoli settori (vedi Tav.5), nel 1981 il settore che presenta il più significativo numero di addetti, è quello relativo alle manifatture dei prodotti lavorati in metallo, con oltre settecentomila lavoratori, seguono le attività manifatturiere che comprendono gli alimentari, la lavorazione del legno, e l'attività tessile, con addetti ed il commercio con oltre addetti. Significativa pare anche la presenza del ramo relativo ai trasporti, che conta ben addetti per unità locali. Di scarsa rilevanza risulta, come già osservato anche precedentemente, il settore primario, che in tutta la regione occupa addetti in unità locali. Un discreto numero di addetti trova invece lavoro nel ramo energetico, o in un numero abbastanza ridotto di unità locali. Complessivamente quindi l'attività industriale con oltre un milione ed ottocentomila addetti, costituisce ancora l'ossatura dell'intero sistema economico lombardo. 3 Idem nota precedente. I Distretti Industriali 9

10 Tav. 5 - Unità locali e addetti in Lombardia % Settori: U.L. Add. U.L. Add. U.L. Add. Agricoltura ,12% 11,53% Energia ,53% -9,00% Estrazione minerali ,33% -18,82% Att.Manif.- lav. metalli ,40% -9,91% Att.Manif.-alim.-legno-tess ,02% -12,17% Costruzioni ,59% 17,70% Commercio ,59% 10,29% Turismo ,94% 10,87% Trasporti ,25% 11,64% Credito ,04% 14,46% Servizi alle imprese ,20% 98,57% Servizi alle persone ,67% 30,33% Tot. Attività ,83% 2,18% Fonte: nostra elaborazione dati ASPO 4 Per quanto concerne la dinamica dei vari settori si nota chiaramente come le contrazioni siano tutte asrivibili al settore secondario, con valori che oscillano da -9,0% (settore energetico ), a -18,82% (estrazione dei minerali ). Buona la performance (vedi tav.5) dell'intero terziario con punte di eccellenza proprio in alcuni settori che potremmo definire strategici, come i servizi alle imprese o quelli alle persone. I servizi all impresa e alla persona incrementano notevolmente le unità locali, che passano rispettivamente da a e da a (confronta con la Tav.3), con una crescita del 97,2% e del 14,7%. Aumentano considerevolmente anche gli addetti, passando da a per i servizi all impresa, con una crescita del 98,57%, e da a per i servizi alla persona, con una crescita del 30,33%. Passando ad analizzare le dimensioni delle unità locali, la struttura industriale della regione nel 1981 era caratterizzata da un gran numero di unità locali di piccole dimensioni (vedi Tav.6 e 7), ossia con meno di 9 addetti, che rappresentavano addirittura il 91,5% del totale e impiegavano il 37,3% degli addetti (vedi Tav.6 e 7). 4 I dati pubblicati nel 1995 dall ASPO non rispettano pienamente la divisione per settori ASPO-ATECO81, che è stata seguita invece per la pubblicazione dei dati su supporto informatico. Compaiono, infatti nella tavola sai il Credito, sia i Servizi alle Imprese, che nella classificazione ASPO-ATECO81 sono indicati come un unico ramo, l ottavo. Nel capitolo successivo, in cui faremo esclusivo riferimento all elaborazione dei dati, non compariranno quindi i due rami separatamente. 10 I Distretti Industriali

11 Le unità locali con un numero di addetti compreso fra 10 e 99 erano il 7,9% con un terzo degli occupati, mentre quelle di grandi dimensioni rappresentavano lo 0.6%; queste ultime, però, occupavano una quantità rilevante di addetti, il 29,5% sul totale regionale di addetti. Tav. 6 - Unità Locali per classe dimensionale per settore di attività economica in Lombardia > =100 Totale > = 100 Totale Agricoltura Energia Estrazione Minerali Att. Man. - Lav. Metalli Att.Man-Alim-Tess-Leg Costruzioni Commercio Turismo Trasporti Credito Servizi alle Imprese Servizi alla Persona Totale Attività Fonte: nostra elaborazione dati ASPO Tav. 7 - Unità Locali per classe dimensionale per settore di attività economica in Lombardia in valore percentuale > =100 Totale > = 100 Totale Agricoltura 0,44% 0,03% 0,00% 0,47% 0,39% 0,04% 0,00% 0,43% Energia 0,11% 0,03% 0,01% 0,15% 0,11% 0,03% 0,01% 0,15% Estrazione Minerali 1,14% 0,46% 0,08% 1,68% 1,09% 0,41% 0,06% 1,57% Att. Man. - Lav. Metalli 8,01% 1,96% 0,17% 10,14% 8,27% 1,98% 0,12% 10,38% Att.Man-Alim-Tess-Leg 12,15% 2,34% 0,17% 14,66% 10,73% 2,14% 0,10% 12,97% Costruzioni 10,39% 0,75% 0,01% 11,16% 11,59% 0,63% 0,01% 12,23% Commercio 37,65% 1,19% 0,03% 38,87% 34,99% 1,23% 0,03% 36,24% Turismo 5,84% 0,16% 0,01% 6,00% 5,14% 0,17% 0,00% 5,31% Trasporti 4,76% 0,25% 0,02% 5,03% 4,85% 0,28% 0,02% 5,14% Credito 0,65% 0,26% 0,03% 0,94% 0,85% 0,33% 0,02% 1,20% Servizi alle Imprese 4,04% 0,27% 0,01% 4,33% 7,16% 0,46% 0,02% 7,64% Servizi alla Persona 6,37% 0,20% 0,01% 6,58% 6,47% 0,27% 0,02% 6,75% Totale Attività 91,54% 7,91% 0,55% 100,00% 91,63% 7,97% 0,41% 100,00% Fonte: nostra elaborazione dati ASPO I Distretti Industriali 11

12 Al 1992 si registrano alcuni mutamenti, in paricolare nei rami energetico, estrattivo e della lavorazione dei metalli dove si evidenzia una diminuzione nelle dimensioni delle unità locali, con una crescita delle stesse e un calo di addetti. Il ramo relativo all attività manifatturiera della lavorazione di alimentari, legno e tessili registra una contrazione, perdendo sia unità locali sia addetti. I settori dei servizi segnano invece tutti un aumento nel numero sia di unità locali sia di addetti. In particolare i servizi alle imprese registrano un raddoppio degli addetti e delle unità locali. Complessivamente insomma, per quanto concerne la dimensione delle unità locali, nel 1992 si può notare una crescita complessiva pari all'11%, mantenendo però pressochè immutato il rapporto fra piccole, medie e grandi unità. Tav. 8 - Addetti per classe dimensionale per settore di attività economica in Lombardia > =100 Totale > = 100 Totale Agricoltura Energia Estrazione Minerali Att. Man. - Lav. Metalli Att.Man-Alim-Tess-Leg Costruzioni Commercio Turismo Trasporti Credito Servizi alle Imprese Servizi alla Persona Totale Attività Fonte: nostra elaborazione dati ASPO 12 I Distretti Industriali

13 Tav. 9 - Addetti per classe dimensionale per settore di attività economica in Lombardia in valore percentuale > =100 Totale > = 100 Totale Agricoltura 0,18% 0,11% 0,04% 0,32% 0,18% 0,14% 0,03% 0,35% Energia 0,06% 0,18% 0,49% 0,74% 0,08% 0,16% 0,42% 0,66% Estrazione Minerali 0,69% 2,31% 4,67% 7,67% 0,76% 2,15% 3,18% 6,09% Att. Man. - Lav. Metalli 4,27% 8,57% 11,17% 24,01% 5,38% 8,79% 7,01% 21,18% Att.Man-Alim-Tess-Leg 5,80% 10,19% 7,16% 23,15% 6,29% 9,32% 4,28% 19,90% Costruzioni 4,01% 2,67% 0,44% 7,12% 5,31% 2,39% 0,50% 8,20% Commercio 13,81% 4,49% 1,03% 19,32% 14,40% 5,05% 1,11% 20,56% Turismo 2,50% 0,54% 0,19% 3,22% 2,62% 0,66% 0,22% 3,50% Trasporti 1,55% 1,08% 1,46% 4,09% 1,90% 1,23% 1,34% 4,47% Credito 0,43% 1,15% 1,61% 3,18% 0,66% 1,52% 1,38% 3,56% Servizi alle Imprese 1,83% 1,10% 0,62% 3,56% 3,76% 1,97% 1,18% 6,91% Servizi alla Persona 2,12% 0,88% 0,61% 3,61% 2,62% 1,20% 0,79% 4,61% Totale Attività 37,25% 33,26% 29,49% 100,00% 43,97% 34,58% 21,45% 100,00% Fonte: nostra elaborazione dati ASPO Se passiamo ad esaminare gli addetti, si nota che su un incremento globale di oltre il 21%, i lavoratori impiegati in unità locali di piccole dimensioni crescono in proporzione (+20,6%), in unità locali medie aumentano del 6,3%, perdendo di peso sul totale, mentre una netta regressione avviene per quanto riguarda i lavoratori delle unità locali con più di 100 addetti, con un calo netto del 26%. Concludendo, insomma, grazie alla robusta struttura industriale e grazie anche alla presenza di funzioni terziarie di alto livello, l apparato produttivo regionale, nonostante la recessione che ha colpito tutta l economia nazionale, si mantiene forte e con un alto grado di produttività. 3. La situazione al 1992 del sistema industriale bresciano La città di Brescia è stata, fin dall inizio del processo di industrializzazione che ha coinvolto il Nord Italia dai primi del 900, un polo di attrazione per l economia di tutta la provincia. Il ruolo di supremazia e centralità che ha ricoperto si è mantenuto inalterato sino agli anni 70, quando per una serie di cause interne ed esterne all'economia provinciale, si affermarono aree alternative di attrazione, quali Lumezzane, Gardone Val Trompia, Odolo, etc., per quanto concerne il comparto manifatturiero, Desenzano e Sirmione, per il terziario. Negli anni 80 e 90 la realtà bresciana risulta comunque ancora caratterizzata da una forte presenza dell industria, sia nel capoluogo, sia in provincia (Tav.10 e 11) I Distretti Industriali 13

14 Tav Composizione delle Unità Locali per settori 1981 % sul Tot % sul Tot. Agricoltura 419 0,58% % Industria ,79% ,66% Servizi ,63% ,83% Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO Tav Composizione degli Addetti per settori 1981 % sul Tot % sul Tot. Agricoltura ,49% ,49% Industria ,52% ,69% Servizi ,99% ,81% Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO In particolare il settore secondario perde lievemente peso a favore del terziario, che rappresenta nel 1992 il 36,8% degli addetti e il 60,8% delle unità locali. Il grado di primaria importanza che continua a ricoprire l'attività industriale, sta nel il fatto che essa rappresenta ancora il 62,7% degli Addetti e il 38,7% delle unità locali dell'intera provincia. Analizzando più dettagliatamente i dati relativi ai singoli settori si può notare l importanza delle attività relative ai rami 3 e 4 (Tav.12). Nel 1992, anche se in lieve flessione rispetto al 1981, continuano a ricoprire un ruolo cardine nell economia bresciana assorbendo addetti in unità locali, l attività di manifattura dei metalli con addetti in 9037 unità locali, l attività di manifattura degli alimentari dell abbigliamento, del legno. In netto calo risulta, invece il ramo 2, relativo all estrazione dei minerali, che registra una flessione del 20,5% nel numero degli addetti, mantenendo invece quasi invariato il numero delle unità locali. In generale, come già osservato precedentemente, il terziario segna un trend decisamente positivo: aumentano notevolmente sia le unità locali sia gli addetti di tutti i rami che lo compongono. L unica lieve flessione si verifica nel ramo relativo ai trasporti, che perde il 7,1% delle unità produttive e il 6.4% degli addetti. 14 I Distretti Industriali

15 Tav Brescia: Unità Locali e Addetti per ramo di attività economica RamoDescrizione Ul.81 Add.81 Ul.92 Add.92 0 Agricoltura Energia Estrazione Minerali Lav. e Trasf. Metalli Manif. Alim. Tess., Costruzioni Commercio Trasp. e Comunic Servizi alle imprese Pubblica Amministraz Totale Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO Per quanto riguarda, inoltre, la dimensione delle unitàl ocali presenti nella provincia, nel 1992, su un totale di unità, risultano avere un numero di addetti inferiore a 9. Questo dato conferma l andamento già registrato nel 1981: su U.L. ben risultavano di piccole o piccolissime dimensioni. Le unità di grandi dimensioni, con più di 100 addetti che si individuano nei rami 2, 3 e 4 al 1981, registrano un sensibile calo, da un totale di 328 nel 1981 a 231 unità nel In crescita risultano le unità locali di medie dimensioni, che sono aumentate del 38% circa rispetto al Da quanto risulta quindi da questo primo rapido esame, la provincia di Brescia denota tutt oggi una forte caratterizzazione industriale-manifatturiera, con una spiccata vocazione per il comparto metalmeccanico ed una discreta articolazione settoriale; apprezzabile risulta la crescita nel settore dei servizi in generale e, di quelli dedicati all industria, in particolare. In questo contesto economico produttivo di alto livello abbiamo quindi ritenuto interessante cercare di approfondire il tipo di contributo fornito da eventuali distretti industrial identificabili sul territorio provinciale. Partendo dall ipotesi che il distretto industriale rappresenti un caso particolare di specializzazione territoriale, abbiamo scelto di analizzare quelle caratteristiche che si prestavano ad essere individuate attraverso un analisi di tipo quantitativo. Come unità d analisi abbiamo adottato quella comunale, che ci ha permesso un tipo di rilevamento molto preciso e dettagliato. I Distretti Industriali 15

16 Appunto a questo scopo abbiamo scelto di procedere con il calcolo dei quozienti di localizzazione (QL), e dei coefficienti di concentrazione (CS1) e di specializzazione (CS2) 5 (B.Anastasia, C.Corò, 1993). Richiamiamo ora brevemente il significato di tali indici, in modo da rendere più agevole la comprensione dei risultati conseguiti che di seguito commentiamo. Il Quoziente di Localizzazione (QL) può assumere valori che variano fra 0 e più infinito. Si ha localizzazione per valori superiori a 1, cioé il peso degli addetti al settore S presenti nel comune i è significativo rispetto al peso degli addetti allo stesso settore presenti in tutta la provincia. Per valori inferiori all unità, non si verifica localizzazione. Il QL sottolinea soprattutto la localizzazione delle attività economiche nelle microregioni, senza, però, valutare l effettiva rilevanza del loro peso nei confronti dell intera macroregione; può infatti assumere valori elevati anche nel caso in cui la reale dimensione dell attività del comune sia minima. Il Coefficiente di Concentrazione Territoriale (CS1) assume valori compresi fra -1 e +1, espressi in millesimi; segnala la medesima situazione indicata dal QL, infatti se QL>1 allora anche CS1>0, ma con pesi diversi. Per valori prossimi a +1 si ha massima concentrazione delle attività economiche studiate; viceversa per valori prossimi a -1 si ha massima diffusione. Il valore conseguito dipende dalla rilevanza del settore S, cioé indica non solo la concentrazione del settore stesso nell area, ma anche se si tratta di un attività importante o meno per la macroregione. Infine, anche il Coefficiente di Specializzazione Settoriale (CS2) oscilla fra +1 e -1 come il CS1; per valori positivi si ha specializzazione, per valori negativi si ha invece scarsa specializzazione, cioé il settore S è scarsamente rappresentato nell area. Il CS2 dà indicazioni analoghe a quelle che si ottengono dal calcolo del QL, proiettando, però, la situazione su uno spettro di valori più ampio. Abbiamo effettuato un analisi tramite questi tre indicatori su una base dati che, come appena richiamato, ci consentisse la maggior precisione possibile. Abbiamo quindi scelto di procedere allo studio dei dati relativi a tutti i rami economici 6 rilevati dall ASPO negli anni 1981 e 1992 e convertiti n un database per comodità d analisi. 5 Richiamiamo brevemente le caratteristiche degli indicatori utilizzati: A = Addetti; S = Settore; T = Totale Addetti; i = microregione considerata, nel nostro caso i singoli comuni della provincia di Brescia; r = macroregione considerata, nel nostro caso l intera provincia di Brescia. QL = (ASi/ATi)/(ASr/ATr); range: da 0 a più infinito CS1 = (ASi/ASr) - (ATi/ATr); range da -1 a +1 CS2 = (ASi/ATi) - (ASr/ATr); range: da -1 a Abbiamo usato la classificazione delle attività economiche Istat-Ateco. 16 I Distretti Industriali

17 4. L'individuazione delle aree Per l'identificazione di eventuali distretti abbiamo cercato di individuare su scala territoriale, sia un eventuale concentrazione produttiva, sia un eventuale specializzazione settoriale. La complessa realtà presente sul territorio bresciano non permette di dare indicazioni univoche sulla localizzazione dei distretti, anche perché, come ci si può rendere conto dalla dinamica registrata dagli anni '80 agli inizi di quelli '90, si sono verificate nel tessuto industriale bresciano alcune mutazioni ancora in atto. Comunque alcune aree, in particolare, si sono rivelate di notevole interesse per la presenza di attività produttive specializzate: si tratta di distretti industriali che potremmo definire storici, la Val Trompia, la Val Gobbia e la Val Sabbia, alle quali si possono affiancare l area della bassa bresciana e quella che si incentra sul comune di Chiari. Per quanto concerne l area della Val Trompia e della Val Gobbia, tra la fine degli anni settanta e l inizio degli anni ottanta il comparto della lavorazione dei metalli che ne ha segnato il successo, sembra attraversare un momento di crisi. Le industrie si devono confrontare con i mercati internazionali, in particolare con i paesi che sfruttano processi produttivi labour intensive, in cui il livello salariale è nettamente inferiore, e che quindi possono operare una netta concorrenza sui costi. Eppure questi modelli produttivi con la loro flessibilità riescono ad affrontare la sfida anche su una nuova base qualitativa I dati relativi al 1981 danno un quadro piuttosto chiaro della situazione (Tav.13): il QL relativo alla classe 3.1, industria di costruzione di prodotti in metallo, risulta nettamente positivo, indicando una concentrazione di addetti superiore alla media provinciale, in 13 dei 19 comuni appartenenti all area in questione. A questi bisogna aggiungere i 10 comuni in cui risulta localizzata anche la classe 2.2, industria di produzione e prima trasformazione dei metalli. Osservando in parallelelo i valori assunti dal coefficiente di specializzazione, appare evidente che le classi 2.2 e 3.1 svolgono un ruolo di primaria importanza anche a livello di macroregione, cioè per l intera provincia di Brescia. la suddivisione per classi fornita da ASPO non ci permette di individuare ulteriori approfondimenti all'interno di questi comparti; in particolare possiamo tuttavia notare con chiarezza come il comune di Lumezzane, fra gli altri, risulti essere quello con il maggior grado di specializzazione per il ramo relativo alla lavorazione dei metalli. Il CS2 raggiunge valori positivi sia per quanto concerne la classe 31, sia per la classe 32, costruzione e installazione i macchinari meccanici. La classe 22 impegna ben 273 addetti in 20 unità locali, con una dimensione media aziendale di 13,6 addetti per unità. Questa classe però non ha un peso rilevante sul totale delle attività del comune stesso, se si rapportano i valori sopra esposti al totale degli addetti e delle unità locali, presenti. I Distretti Industriali 17

18 Tav Comuni della Val Trompia 7 : QL delle classi 22, 31 e 32 nel 1981 e nel Bovegno 0,00 1,32 0,07 0,00 1,58 0,69 Bovezzo 1,26 1,49 0,64 0,16 0,91 1,37 Brione 0,00 0,15 0,76 0,00 0,14 0,00 Caino 2,52 0,71 1,39 2,19 1,50 0,85 Collio 1,38 0,59 1,89 0,00 1,45 1,29 Concesio 3,29 1,46 0,70 1,04 1,72 1,04 Gardone V.T. 2,61 3,44 0,85 0,83 3,35 1,08 Irma 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Lodrino 1,39 3,54 1,81 1,75 3,99 1,87 Lumezzane 0,50 3,39 3,91 1,33 3,11 3,77 Marcheno 1,40 3,43 0,77 0,44 3,61 1,57 Marmentino 0,00 2,19 2,01 0,00 1,10 6,76 Nave 9,61 0,00 1,94 7,48 1,33 0,50 Pezzaze 0,00 1,84 0,72 0,00 1,21 1,14 Polaveno 1,03 3,82 0,34 1,06 3,70 1,20 Sarezzo 1,84 3,40 1,18 3,06 3,03 1,78 Tavernole s/m 0,85 3,82 1,64 0,80 3,61 0,50 Villa Carcina 3,85 1,61 2,98 1,77 2,07 3,26 Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO Il ramo 3 nel suo complesso conta 8597 addetti, pari al 77% del totale, e 934 unità locali., pari al 50% delle unità del comune, con una dimensione media di 9,2 addetti per unità. Sempre nel ramo 3, pur con un tipo di produzione merceologica diversa che, come abbiamo già ricordato, qui non ci è stato possibile evidenziare in base alla catalogazione merceologica ASPO, altri tre comuni della val Trompia svolgono un ruolo di primo piano: Gardone Val Trompia, Nave e Tavernole sul Mella. Gardone Val Trompia, oltre alle classi 2.2 e 3.1, fa registrare un QL positivo anche per la classe 3.5, relativa ala costruzione e al montaggio di autoveicoli La classe 3.1 è, però, in questo comune, quella che raggiunge un grado di specializzazione più elevato, con un CS2 pari a 0,384.Sul totale dei suoi addetti, infatti, il 52% è impegnato nel 30% delle unità locali, con una dimensione media di 12,8 addetti per unità. 7 Abbiamo assegnato alla Val Trompia e alla Val Gobbia i comuni che sono indicati come la circoscrizione 59 di Sarezzo nella pubblicazione ASPO del I Distretti Industriali

19 Non meno importante risulta il grado di specializzazione di Tavernole sul Mella, che registra il CS2 relativo al ramo 3 più elevato fra i comuni del distretto. Ciò è dovuto a una fiorente attività di costruzione di prodotti in metallo, che raccoglie il 57% degli addetti e il 33% delle Ul.. La dimensione media aziendale rimane piuttosto ridotta, con 6,2 addetti per unità. Nel 1992 si può notare una certa perdita generalizzata d'importanza rispetto alla macroregione, più significativa per il comune di Nave, che subisce notevoli perdite. Cresce, tuttavia, anche in questo comune, L attività della classe 3.1, che vede nascere 40 nuove unità con 228 addetti. Anche Lumezzane e Gardone Val Trompia, centri storicamente trainanti, sembrano registrare una certa flessione, con un calo complessivo relativo alle attività produttive del ramo 3. Analizzando, però più nel dettaglio i dati relativi alla natalità e alla mortalità delle imprese, si può evidenziare che, per quanto effettivamente il saldo complessivo dal 1981 sia in perdita, a fronte di un elevato numero di aziende che hanno cessato l attività, molte nuove aziende sono nate, sintomo questo di una cosiderevole vitalità dell'intero sistema. Polaveno segue un trend di crescita durante tutto il periodo: rispetto al 1981 la classe 3.1 registra un incremento del 31% delle unità locali e del 79% degli addetti. La dimensione media aziendale rimane ridotta, con 7,8 addetti per unità. Di particolare interesse appare il fatto che la classe relativa agli ausiliari finanziari (ASPO, 1994), per i servizi alle imprese, abbia visto nascere un notevole numero di unità locali, 56 a Lumezzane e 26 a Gardone, e di addetti, 180 a Lumezzane e 89 a Gardone. Anche la Val Sabbia ha svolto un ruolo di primaria importanza nell economia della provincia, fin dal XIII secolo.oggi questo distretto si configura come un insieme di unità che svolgono tutte le fasi della produzione metallurgica, integrandole verticalmente, fino alla vendita del prodotto finito. In quest area infatti la produzione relativa alla classe 2.2 si affianca e si integra a quella della classe 3.1 (Tav.14). Infatti, analizzando più nel dettaglio i valori dei CS2 relativi ai comuni della valle, si trova una situazione che sia nel 1981, sia nel 1992, denota uno stretto collegamento fra le due attività (Fig.1). Nel 1981 alcuni comuni registrano un coefficiente di specializzazione positivo per la classe 2.2, alcuni per la classe 3.1, e 5 comuni per entrambi le classi di attività. In ogni modo, si tratta di comuni contigui, appartenenti alla medesima area geografica, con un'identità storica ben precisa. Come per Lumezzane e Gardone Valtrompia, ci sembra quindi che sussistano le caratteristiche per poter parlare di un distretto industriale vero e proprio, in questo caso con un tipo di specializzazione produttiva rappresentato dall'attività siderurgica. I Distretti Industriali 19

20 Tav Val Sabbia 8 : QL relativo alle classi 2.2 e 3.1 nel 1981 e nel Agnosine 0,19 3,25 0,99 4,90 Anfo 0,58 0,00 0,00 0,00 Bagolino 0,13 1,37 0,33 1,61 Barghe 8,39 0,58 5,28 2,02 Bione 0,06 4,57 0,12 5,29 Capovalle 0,00 3,08 0,00 3,83 Casto 3,13 4,67 4,06 4,64 Gavardo 0,00 1,57 0,07 2,07 Idro 0,00 0,55 0,60 0,77 Lavenone 0,00 3,42 0,00 3,41 Mura 10,19 1,19 13,90 1,78 Odolo 12,17 1,35 16,83 0,98 Paitone 0,14 0,21 0,07 0,54 Pertica Alta 0,00 3,21 0,00 2,43 Pertica Bassa 0,00 2,50 0,00 2,33 Preseglie 0,00 3,31 0,13 3,97 Provaglio V/S 9,77 0,22 1,23 1,29 Roè Volciano 1,58 0,35 3,15 0,66 Sabbio Chiese 2,15 2,36 0,96 2,98 Serle 0,00 0,40 0,00 0,31 Treviso Bresciano 0,00 1,19 0,00 2,21 Vallio 0,00 0,99 0,00 1,86 Vestone 0,28 1,79 0,74 1,51 Villanuova s/c 0,96 0,39 2,06 0,45 Vobarno 10,45 0,63 13,00 0,64 Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO. I centri trainanti per il distretto, con un CS2 elevato, risultano essere Bione, Casto, Mura, Odolo e Vestone; tra questi, i primi due sono specializzati nella costruzione di prodotti in metallo, mentre gli altri tre nelle fasi di produzione più a monte. 8 Abbiamo assegnato alla Sabbia i comuni che sono indicati come la circoscrizione 61 di Vobarno nella pubblicazione ASPO del I Distretti Industriali

21 Approfondendo la situazione del 1992, si può notare che pur con alcuni cambiamenti, le caratteristiche proprie del distretto sembrano essersi mantenute grossomodo inalterate. I cinque comuni indicati prima come trainanti, si confermano come tali, con valori del CS2 maggiori di Assume sempre maggior rilievo il comune di Bione, che assorbe il 77% degli addetti e il 49% delle unità locali relativi all industria dei prodotti in metallo. Detta attività, già rilevante nel 1981, raggiunge, però, nel 1992 un CS2 relativo alla classe 3.1 pari a 0,621, che è il valore più elevato che si riscontri in Val Sabbia. Fig. 1 - Val Sabbia: Coefficiente di specializzazione settoriale Fonte: nostra elaborazione I Distretti Industriali 21

22 Nel comune di Casto si verifica un espansione nel numero degli addetti relativi alle classi 2.2 e 3.1, che raggiungono l 82% degli addetti totali del comune. Gli addetti relativi a queste classi nel comune di Odolo, invece si contraggono. Avviene infatti una riconversione dell industria della costruzione di prodotti in metallo, che vede diminuire le dimensioni medie aziendali da 22,5 a 8,9 addetti per unità. Nel comune di Mura si assiste a un espansione del ramo 3, che in precedenza non risultava degno di nota. La classe 3.1 assorbe infatti il 26% degli addetti e il 39% delle unità locali del comune. Da ultimo per l industria di Vobarno, centro sempre di primaria importanza, si registra un lieve incremento delle dimensioni aziendali: da 5,9 a 6,4 addetti per unità ed in particolare da 7,4 a 8,5 addetti per quanta riguarda la classe 3.1; infine la classe 2.2 perde 2 delle 4 unità locali esistenti, mentre gli addetti aumentano fino a Significativa purtroppo la situazione di Provaglio Val Sabbia, che nel mentre nel 1981 registrava un CS2 relativo alla classe 2.2 pari a 0,429, valore indicativo della sua importanza, anche a a livello di macroregione, per il 1992 fa registrare una sola unità produttiva con 2 addetti. Tuttavia, per quanto nell ambito dei singoli comuni possano essere intervenute alcune trasformazioni nelle dimensioni aziendali, o nella specializzazione economica, la fisionomia industriale delll area non mostra evidenti cambiamenti, ma si configura ancora come centro siderurgico di considerevole importanza per l'intera area provinciale. Per quanto riguarda il ramo relativo all abbigliamento, tutta la provincia denota nel 1981 un Quoziente di Localizzazione significativo in un gran numero dei comuni; una concentrazione particolare di questa attività si evidenzia però nei comuni situati nella cosiddetta bassa, un'ampia zona sita nella fascia meridionale della provincia. In particolare La zona che pare attrarre maggiormente l attività delle confezioni e della lavorazione delle pelli è quella compresa fra San Paolo, San Gervasio, Cigole e Acquafredda, in cui si trovano 9 comuni con CS2 compreso fra e Nel 1992 si evidenzia una certa flessione che, anche in questo caso, interessa tutta l area della provincia. Più in paricolare se focalizziamo l attenzione sulle classi 4.3 (graf.3), industria tessile, e 4.5 (graf.4), industria dell abbigliamento e delle calzature, troviamo diversi comuni che registrano valori del quoziente di localizzazione nettamente superiori all unità: tra questi, per il settore propriamente tessile si possono individuare BagnoloMella, Fiesse, Gottolengo, Manerbio, Lograto Quinzano e Villachiara. Per il comparto delle confezioni si registra un numero di comuni assai più numeroso. Fig. 2 - La bassa - Quoziente di localizzazione relativo alla classe I Distretti Industriali

23 Fonte: nostra elaborazione Fig. 3 - La bassa - Quoziente di Localizzazione relativo alla classe 45 Fonte: nostra elaborazione I Distretti Industriali 23

24 Tav Circoscrizioni di Leno e Orzinuovi: QL relativo alle classi di attività 4.3 e 4.5 per l anno 1992 LENO ORZINUOVI Alfianello 0,2 4,3 Barbariga 0,0 5,2 Bagnolo M. 3,4 1,0 Borgo S.Giacomo 1,6 0,1 Bassano Bresc. 0,0 7,4 Brandico 0,0 3,7 Cigole 0,5 2,0 Corzano 0,2 4,1 Fiesse 3,2 2,1 Dello 0,2 4,9 Gambara 0,5 5,2 Lograto 3,1 0,9 Gottolengo 4,5 1,7 Longhena 0,0 0,5 Leno 1,2 2,0 Maclodio 1,6 1,1 Manerbio 2,3 3,2 Mairano 0,0 0,3 Milzano 0,0 1,3 Orzinuovi 0,7 1,9 Offlaga 1,3 2,6 Orzivecchi 0,0 4,1 Pavone d/m 0,2 0,6 San Paolo 0,9 3,2 Pontevico 0,0 5,3 Pompiano 0,3 3,4 Pralboino 0,3 1,8 Quinzano d'oglio 6,5 0,7 S.Gervasio Bresc. 0,2 7,9 Villachiara 2,3 0,1 Seniga 0,0 1,3 Verolanuova 0,3 3,8 Verolavecchia 0,5 6,7 Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO. 24 I Distretti Industriali

25 Tav Circoscrizioni di Leno e Orzinuovi: CS2 relativi alle classi 4.3 e 4.5 per l anno 1992 CS2 CS2 LENO ORZINUOVI Alfianello Barbariga Bagnolo M Borgo S.Giacomo Bassano Bresc Brandico Cigole Corzano Fiesse Dello Gambara Lograto Gottolengo Longhena Leno 9 64 Maclodio 32 9 Manerbio Mairano Milzano Orzinuovi Offlaga Orzivecchi Pavone d/m San Paolo Pontevico Pompiano Pralboino Quinzano d'oglio S.Gervasio Bresc Villachiara Seniga Verolanuova Verolavecchia * i valori sono espressi in millesimi Fonte: Nostra elaborazione dati ASPO In particolare si può notare che, nonostante una certa flessione rispetto al 1981, si individuano ben 16 comuni confinanti, con valori del QL superiori a 3: si tratta di Verolanuova, Verolavecchia, Pontevico, ed altri che si estendono fino ad Azzano Mella e a Comezzano-Cizzago, occupandoun'area chesi estende fra la circoscrizione di Orzinuovi e quella di Leno 9 (Tav.15). Approfondendo l analisi tramite il coefficiente di specializzazione settoriale relativo alle classi 4.3 e 4.5 non si individuano valori elevati, tranne che in tre casi, Bassano Bresciano, Borgo S.Giacomo e S.Gervasio. Complessivamente, se consideriamo assieme il settore tessile vero e proprio con quello delle confezioni, si configura un'ampia area che comunque impegna un gran numero di addetti, anche se per la mancanza di un continuum territoriale e forse di una comune coscienza di identificazione storica, non ci sentiamo di parlare di distretto industriale in senso marshalliano vero e proprio 9 Abbiamo assegnato alle circoscrizioni di Leno ed Orzinuovi i comuni indicati rispettivamente come le circoscrizioni 60 e 56 nella pubblicazione ASPO del I Distretti Industriali 25

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