Mantova: assistenza sperimentale a domicilio per malati di Alzheimer
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1 La sperimentazione di interventi di sostegno a pazienti affetti dal morbo di Alzheimer Graziella Eugenia Ascari, Marco Arvati ASPEF Mantova direzione.sanitaria@aspefmantova.it Mantova: assistenza sperimentale a domicilio per malati di Alzheimer Nel triennio 7- si è svolta a Mantova una sperimentazione di interventi domiciliari a sostegno di soggetti affetti dal morbo di Alzheimer o, più in generale, da forme di demenza degenerativa invalidante, finanziata dalla Fondazione Cariverona, e progettata e condotta dal Comune di Mantova, ente Capofila, unitamente ad ASPEF e Fondazione Mazzali, ASL, Provincia ed Azienda Ospedaliera (Presidio Ospedaliero di Mantova). Il gruppo di lavoro, dopo aver effettuato una mappatura della popolazione, dei bisogni, della tipologia e quantità degli interventi socio sanitari, erogati dai soggetti autorizzati, pubblici e privati, ha registrato gravissime carenze assistenziali nella fascia di anziani colpita da forme di demenza. Negli USA, per l assistenza a ciascun paziente si stima una spesa tra i 4. ed i 75. euro annui, in Italia i costi medi stimati dal Censis nel 7 ammontano a circa 6. euro annui, tra costi diretti (5%) e costi indiretti (75%), questi ultimi in buona misura a carico delle famiglie e degli Enti Locali. L impatto dei costi sociali complessivi, rilevanti e nettamente superiori a quelli sanitari, ha reso evidente l esigenza di un profondo adeguamento delle politiche di intervento. Grazie all importante contributo della Fondazione Cariverona, che ha promosso anche in altre 4 città, Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, interventi mirati a contrastare le ricadute del diffondersi del morbo di Alzheimer, il Comune di Mantova ha potuto dare avvio alla sperimentazione di interventi in rete, dedicati all assistenza a domicilio dei soggetti affetti da demenza. È utile ricordare che la sola Regione Lombardia finanzia, oggi, oltre il 55% dei posti letto in Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) per anziani non autosufficienti dell intera nazione ed è tra le poche regioni che hanno strutturato una rete residenziale e semi residenziale per i malati di Alzheimer. La Provincia di Mantova ha attive.5 unità, la Città di Mantova offre 49 posti in regime residenziale e 45 in regime semiresidenziale (Centri Diurni Integrati). L idea forte, sistemica è di garantire anche a questi malati interventi mirati, strutturati, standardizzabili, a pari dignità con altri pazienti affetti da malattie croniche invalidanti ad esito infausto, proponendo ai soggetti preposti alla programmazione l adozione di un pacchetto di prestazioni, economicamente sostenibile, a supporto delle famiglie, per il differi-
2 Approfondimenti/Focus mento della istituzionalizzazione dei pazienti in ambiti protetti. Due le direttrici di intervento: l introduzione di prassi di lavoro innovative, con la messa in campo anche di profili professionali raramente impegnati in interventi a domicilio, tramite la sperimentazione e validazione di protocolli di lavoro specifici, e l introduzione di tecnologie, mutuate dalla domotica, adattate a tutela e supporto delle persone fragili e delle lori reti di sostegno. Proprio la specificità dell obiettivo generale individuato, ovvero la sperimentazione della strutturazione di un offerta di interventi domiciliari flessibili e pertinenti, dedicati ai soggetti affetti dal morbo di Alzheimer, ha garantito il finanziamento del progetto, preventivato in.. euro, dei quali 675., messi a disposizione dalla Fondazione Cariverona e 4. dal Comune di Mantova. Lo schema iniziale dell intervento, in parte mutuato dalle poche esperienze non residenziali operate in Italia, prevedeva tra l altro, la voucherizzazione degli interventi, la strutturazione di un call center a disposizione dei caregiver, l attivazione di posti letto per ricoveri di sollievo, l utilizzo di personale socio sanitario con esperienza maturata nei servizi domiciliari, l inserimento della figura dell educatore professionale per la riabilitazione e/o stimolazione cognitiva e del recupero e mantenimento delle funzioni per lo svolgimento delle attività di vita quotidiana, l inserimento di terapisti della riabilitazione per terapie occupazionali, l introduzione di ausili già sperimentati nell area della disabilità fisica, infine la consulenza di istituti di ricerca specializzati nel trattamento di pazienti affetti dal Morbo di Alzheimer. La sperimentazione, durata tre anni, ha evidenziato che i Medici di Medicina Generale (MMG) assolvono già con efficacia, e senza costi aggiuntivi, alla funzione di supporto e zione ai caregiver. Manca, invece, a supporto dei MMG, un punto di riferimento a carattere scientifico, costante e di facile accesso, che costituirebbe fulcro permanente per l aggiornamento e l orientamento dei sanitari, che devono affrontare quotidianamente problematiche che coinvolgono, oltre ai pazienti, interi nuclei parentali, per altro non sempre conviventi. Le Unità di Valutazione Alzheimer, punto cardine nell assistenza ai soggetti affetti dal Morbo, che pure hanno raggiunto livelli di eccellenza nella diagnostica e nel trattamento farmacologico, non sono più finanziati dal Servizio sanitario, ma continuano a garantire ai pazienti visite periodiche programmate. L impoverimento di queste strutture, come documentato dalle schede di presa in carico dei malati compilate nei diversi centri, ha determinato la progressiva dismissione della funzione di accurata e assidua raccolta, classificazione e rielaborazione di tutti quei dati anamnestici che avrebbero potuto meglio orientare gli operatori nel sostegno alle famiglie e nella definizioni di percorsi e protocolli. Molto e bene hanno lavorato le RSA e i Centri Diurni, soprattutto in Lombardia, riuscendo così a fornire, in regime residenziale e semi residenziale, servizi aggiuntivi sempre più mirati, appropriati allo stadio di malattia (terapia della realtà, pet terapy, musicoterapica, terapia occupazionale). Un problema poco considerato nella progettazione e realizzazione di strutture diurne (Centri Diurni, CD) per anziani è rappresentato dal trasporto, dalla sede di residenza alla struttura e viceversa che, nel caso di malati di Alzheimer, dovrebbe essere garantito dai caregiver o da personale socio sanitario qualificato, per affrontare in modo efficace eventuali situazioni di crisi. Parimenti misconosciuta è la necessità di riconoscere maggiori standard assistenziali per i CDI con utenti dementi, a fronte di maggiori trasferimenti dal FSR. Irrisolti e sempre più frequenti i problemi legati all accesso di questi pazienti a strutture di emergenza/urgenza, per altre manifestazioni patologiche, fratture, stati di iper/ipoglicemia, ecc. In questo contesto, talvolta vengono chiamate in campo, dove presenti, le uniche strutture che oggi, in Italia, sono dotate di tutto lo strumentario necessario, non solo farmacologico, ovvero i Dipartimenti di Psichiatria. Sempre in relazione alle risorse umane, un altro fattore particolarmente critico e che ha rallentato il processo di costruzione del percorso assistenziale per malati di Alzheimer nei termini progettati, è l impiego di personale privo di esperienza nell area degli anziani, in luogo di Educatori Professionali e Operatori Socio Sanitari. A Mantova, tale criticità dovrebbe trovare soluzione a breve, grazie alla Fondazione Università di Mantova, che ha da anni attivato due corsi di Educatore Professionale. Alla luce di tre anni di sperimentazione possiamo affermare che il percorso per dare risposte qualitativamente accettabili alle problematiche affrontate, attraverso strumenti utili a differire il processo di istituzionalizzazione di soggetti affetti da demenza, ha dato risultati positivi, assolutamente perfettibili, ma concreti. L introduzione della domotica ha dimostrato grandi potenzialità anche se la sperimen- AeA 55
3 / 56 AeA tazione sul campo ha freddato facili entusiasmi: alcuni presidi sono risultati inutilizzabili, ad esempio il salta in mente, presidio per la somministrazione automatizzata di farmaci ad orari prestabiliti o l alimentatore a suzione. Mentre il sistema per la rilevazione della presenza a letto, messo a punto dai ricercatori della Scuola Superiore Sant Anna di Pisa presso la RSA L. Bianchi di Mantova, ha grande valore per la sicurezza dei pazienti e lo stato di benessere di chi è preposto all assistenza. L indagine ha confermato che la specificità degli interventi e i già elevati costi che le famiglie affrontano per garantire la permanenza a domicilio dei pazienti, richiedono indefettibilmente l intervento di finanziamenti a carico del Fondo Sanitario, almeno a copertura delle prestazioni socio sanitarie. La sperimentazione: indicatori di esito Le seguenti elaborazioni dei dati raccolti sono frutto del lavoro di personale con specializzazione matematico-statistica, in modo da non inquinare l analisi numerica e non cadere in una interpretazione guidata dei numeri. Le tabelle così ottenute sono state poi sottoposte all analisi degli operatori socio sanitari intervenuti nella sperimentazione ed ai medici di medicina generale coinvolti. TABELLA COMPARAZIONE DEI SINTOMI RILEVATI NELLE VARIE FASI DELLA MALATTIA, NEL CORSO DEI PRIMI MESI DALLA PRESA IN CARICO DEI PAZIENTI. COGNITIVO (MMSE) COMPORTAMENT. (NPI) FUNZIONALE (BARTHEL INDEX) CDR - CDR CDR CDR 4 CDR 5 CDR - CDR CDR CDR 4 CDR 5 CDR - CDR CDR CDR 4 CDR 5 Mantua: experimental home care project for Alzheimer patients Graziella Eugenia Ascari, Marco Arvati ASPEF Mantova In the years 7- the Municipality of Mantua has planned and carried out, together with other public and private subjects and thanks to the financing of Cariverona Foundation, the experimentation of home care to patients suffering of Alzheimer disease. Some tables show the positive result of this experimentation as the delay of the hospitalisation process and the relation between the patient and the caregiver status while the disease progresses. (I.S.) Nei vari stadi della malattia (vedi classificazione secondo la Clinical Demential Rate CDR) possiamo intravedere una logica di progressione dei principali gruppi di sintomi: Nella fase - il livello cognitivo è sostanzialmente integro, i disturbi comportamentali ancora poco significativi e la funzionalità motoria integra: questa è una categoria di paziente con ottime risorse residue in cui attivare al massimo i livelli di prevenzione e di preparazione dei caregivers ai problemi delle fasi successive; sono i pazienti a nostro parere più indicati per dare risalto all efficacia degli interventi messi a punto nel corso della sperimentazione, ma più complicato è il loro arruolamento perché la diagnosi (Mild Cognitive Impairment) e la accettazione della malattia sono, in questa fase, ancora difficili. Nella fase cominciano a rivelarsi i deficit cognitivi e a diventare evidenti i disturbi comportamentali; ancora sostanzialmente integri i livelli funzionali motori. È una fase intermedia in cui l efficacia dell intervento è ancora ottimale, seppure le risorse cognitive del paziente cominciano a ridursi. Nella fase entriamo nello stadio conclamato della malattia: evidentissimi ormai i deficit cognitivi e ben riconoscibili i disturbi comportamentali, rafforzati da risorse fisico-motorie ancora significative e da reattività emotiva a fasi di autocoscienza del paziente sporadiche e discontinue, ma devastanti. È la fase della malattia più pesante e destruente per il nucleo famigliare, la fase in cui il paziente è spesso in-
4 Approfondimenti/Focus controllabile, in cui più forte è la necessità di usare psicofarmaci (con gli inevitabili effetti collaterali) per contrastare disturbi comportamentali; è anche la fase meno tutelata da aiuti economici e dai servizi socio sanitari. La fase 4-5 è la fase più avanzata e terminale della malattia, in cui calano i disturbi cognitivi e quelli comportamentali, ma aumentano drasticamente i problemi fisico-motori con esito in sindrome da allettamento ed evoluzione in stadio vegetativo. Il profilo del paziente in questa fase è il classico quadro del paziente anziano allettato, anche questo pesante nell assistenza, ma tutelato da sussidi economici e dai servizi socio sanitari sia nel contesto domiciliare che in ambiti residenziali, con accesso facilitato nelle RSA. La sperimentazione quindi, già in fase di progettazione, aveva escluso quest ultimo target di pazienti. Il focus della ricerca è stato orientato non sulla speranza di guarigione-miglioramento dei sintomi, quanto sulla qualità di vita del paziente e dei soggetti di riferimento e sul miglioramento della tenuta del sistema paziente-caregiver che permettesse di procrastinare il più possibile la istituzionalizzazione. Nella sperimentazione tre sono le voci che abbiamo ritenuto importante monitorare quali indicatori dello stato del paziente: tono dell umore, percezione della propria salute collaboratività ai trattamenti TABELLA CONTROLLO STRESS CAREGIVER 4 Inizio 6 media controllo stress caregiver Alla base della scelta di questo item c è l idea di mostrare che lo stress del caregiver è strettamente legato al benessere del paziente. Il caregiver è più sereno quando il paziente si sente meglio. Il livello di controllo dello stress si abbassa ma in modo decisamente morbido e graduale, in contrasto con il più brusco peggioramento del paziente provocato dalla malattia degenerativa. Questa analisi è stata approfondita studiando situazioni di stress particolarmente critiche del caregiver, casi limite che a volte portano alla istituzionalizzazione del paziente. Si è visto da questo approfondimento che nei casi di caregiver che dichiarano condizioni di stress molto elevato la situazione migliora già nei primi di trattamento. È stato molto interessante notare che anche quando il trattamento di sostegno è intervenuto in uno stadio avanzato della patologia, il numero dei casi-limite è rimasto inferiore a quello medio per ciascuno stadio della malattia. È stata calcolata una media tra i risultati dei tre fattori principali del caregiver: stato di salute legata all assistenza; tempo per sé; livello di stress-ansia. AeA 57 TABELLA BENESSERE PAZIENTE (UMORE - PERCEZIONE DI SÉ - COLLABORAZIONE) 4 TABELLA 4 QUALITÀ DI VITA DEL CAREGIVER (SALUTE, TEMPO PER SÉ, ANSIA) Inizio 6 media benessere paziente Inizio 6 Pessima Non buona Sufficiente Buona Ottima Il grafico nel suo complesso evidenzia un miglioramento sostanziale dopo un anno di trattamento. La situazione tenderà, in base allo stadio della malattia ma inevitabilmente, a peggiorare. Questi tre indicatori ben rappresentano la qualità di vita del caregiver e, conseguentemente, i cosiddetti costi indiretti della malattia, cioè legati non alla salute del paziente, ma ai problemi di salute del fami-
5 / 58 AeA gliare coinvolto nell assistenza, al suo livello di stress (ed eventuale uso di farmaci), alla mancata produttività lavorativa per dedicare tempo al proprio caro. I caregiver reclutati partono da una situazione di disagio medio/alto e sin dai primi interventi domiciliari iniziano a beneficiare del servizio assistenziale. nove il caregiver tende ad avere una qualità di vita di livello migliore al precedente stato. oltre un anno la situazione si stabilizza su un valore più basso (ma tendenzialmente maggiore di quello dell'inizio della terapia), anche in conseguenza delle maggiori difficoltà col peggiorare della malattia. TABELLA 5 TONO DELL UMORE DEL PAZIENTE Inizio 6 Negativo Buono Abbiamo misurato il tono dell umore con una scala a cinque gradazioni. Successivamente abbiamo scorporato i livelli negativi dai livelli positivi. Il tono dell umore ed i conseguenti disturbi comportamentali appaiono strettamente correlati al lavoro specifico di stimolazione cognitiva operato nel setting, oltre che al supporto all assistenza. Risulta evidente dal grafico il miglioramento del tono dell umore con netto calo dei picchi di umore negativo e progressivo ma costante aumento di umore positivo; i pazienti presi in carico pur partendo da livelli bassi di partenza (scarsa autostima) sono migliorati già dai primi interventi; il dato resta molto evidente dopo i primi tre, ma perdura anche dopo un anno, anche se in questa fase aspetti cognitivi e autonomia funzionale si sono sicuramente aggravati. A seguito dei risultati sopra evidenziati, si è deciso di approfondire l indagine per valutare quanto il benessere del paziente e del proprio caregiver siano generalmente proporzionali tra di loro. Si è dunque proceduto a mettere in relazione la media tra la qualità di vita del paziente, misurata utilizzando il tono dell umore e i deficit funzionali e la qualità di vita del caregiver. TABELLA 6 QUALITÀ DI VITA DI PAZIENTE E CAREGIVER Inizio 6 La tabella mostra che dall inizio del trattamento per molti lo stato del paziente e del caregiver sono strettamente correlati; quando il paziente si sente meglio, anche il caregiver riesce a vivere meglio; il declino del paziente è lento perché bilanciato dal tono dell umore che peggiora più gradualmente del deficit cognitivo. un anno, pur peggiorando il paziente, i caregiver tendono a mantenersi ad un livello di stress abbastanza costante. TABELLA 7 TONO DELL UMORE DEL PAZIENTE E STATO FISICO,,,7,6,6,7,5,5,,,95 Paziente Caregiver In questo caso si nota che il paziente ha un aumento del tono dell'umore piuttosto rilevante sin dal primo intervento, in stretta associazione col parziale miglioramento della percezione della qualità di vita. Quando la funzionalità fisica del paziente peggiora, essendo la malattia degenerativa, lo stato dell'umore tende a restare costante, ma nel lungo periodo (- 5 ) la correlazione tra aspetto funzionale ed emotivo si rompe e l equilibrio si sbilancia completamente.,,9,,5 Inizio 6 Umore Stato fisico
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