Medical Oncology Prorgress & Perspectives
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- Raimondo Cicci
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1 M O P P Medical Oncology Prorgress & Perspectives a cura di GISCAD Pubblicazione di informazione scientifica oncologica Update 39 Luglio 2011
2 EDIZIONI TECNOGRAF S.r.l. Via Piave, Canegrate (MI) Tel. (+39) Fax (+39) tecnograf@grafichetecnograf.it Tutti i diritti riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell Editore. L Editore non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o idea contenuti nel materiale di cui trattasi. A causa del rapido progresso nella scienza medica, l Editore raccomanda la verifica indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali. Progetto grafico: Tecnograf s.r.l. Stampato in Italia da Tecnograf s.r.l. Edizione speciale fuori commercio riservata ai Sigg. Medici In copertina Henri Matisse - La Tristesse du roi 1952
3 Pubblicazione di informazione scientifica oncologica Update 39 M O P P Medical Oncology Progress & Perspectives a cura del GISCAD
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5 Medical Oncology Progress & Perspectives Update 39 Un anno dopo il nostro grido di dolore: a che punto è la ricerca clinica indipendente in Italia Roberto Labianca 5 ASCO 2011: sessione plenaria Chiara Abeni, Alberto Zaniboni 9 LA PAROLA AGLI ESPERTI Appunti da ASCO 2011: quanto è stato confermato, quanto mi ha sorpreso, quanto mi ha deluso, quanto mi aspettavo e non è successo. Neoplasie del colon e del retto Alberto Sobrero 13 Neoplasie gastro-biliopancreatiche Stefano Cascinu 15 Neoplasie della mammella Karen Borgonovo, Fausto Petrelli, Sandro Barni 19 Neoplasie del polmone Francesco Grossi 24 SPAZIO GISCAD
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7 EDITORIALE: UN ANNO DOPO IL NOSTRO GRIDO DI DOLORE: A CHE PUNTO E LA RICERCA CLINICA INDIPENDENTE IN ITALIA? Eccoci di nuovo, a 12 mesi di distanza e dopo l ASCO di Chicago (e dopo ESMO 2010, AIOM 2010, ASCO GI, Barcellona ) ad esporvi le nostre riflessioni sullo stato della ricerca clinica in questo Paese, naturalmente con particolare riferimento all oncologia gastroenterica. Che dire? Una mia cara amica che ama molto andare in barca a vela commenterebbe: questa è calma piatta, ma quella calma che precede la tempesta. Chi preferisce la montagna potrebbe aggiungere: attenti che se ci fermiamo sulla salita rischiamo di scivolare all indietro Non voglio certo fare la Cassandra: non è questo lo stile di chi da oltre 20 anni si danna l anima per disegnare, realizzare e pubblicare studi clinici (e anche, sempre più spesso, traslazionali) che ci aiutino a migliorare la nostra pratica terapeutica quotidiana. Intendo però ribadire che è bene darsi una mossa, pena l estinzione dei nostri pur gloriosi gruppi di ricerca. Vi racconto alcune scene recenti di vita vissuta: all ASCO c era una sessione poster sugli studi in corso (utile per far sapere a tutti cosa bolle in pentola a livello di ricerca internazionale). Ebbene: tra i circa 200 progetti presentati solo 4 (quattro!) erano italiani. Pur ammettendo un evidente submission bias (alzi la mano chi tra di noi si era accorto di questa sessione: ma anche questo è un problema) la nostra posizione è ai livelli dell Uganda o della Nuova Guinea. Che idea si saranno fatti di noi i colleghi stranieri? 5
8 MOPP Medical Oncology Progress & Perspectives - Update 39 a Barcellona: sessione a inviti sulla cooperazione internazionale nelle sperimentazioni sulle neoplasie gastroenteriche. Domanda di Eric Van Cutsem al sottoscritto: why so many cooperative groups in Italy?. Certo, gli ho risposto che questa è la nostra storia, nel bene e nel male, e che comunque collaboriamo strettamente nei grandi trials intergruppo (il nostro TOSCA, ITACAS 1 e 2 ) ma resta il dubbio che forse abbiamo più gruppi che studi (almeno quelli di un certo spessore e dimensione) ASCO Report sulla ristrutturazione dei gruppi cooperativi negli Stati Uniti (6 luglio): con un network di Istituzioni, ricercatori e pazienti inclusi ogni anno in progetti di ricerca clinica si è sentito il bisogno di riorganizzare e razionalizzare la materia, nel segno di un ricompattamento dei gruppi medesimi. Noi, invece, continuiamo a moltiplicare gruppi, consorzi e reti, quasi ad personam qualche spiraglio di luce: nell assordante silenzio di AIFA (non parliamo di CNR, Ministero Salute ed altri) su nuovi bandi, qualcosa si è mosso a livello regionale. In Lombardia, ad esempio, attraverso la struttura di Nerviano recentemente acquisita dalla Regione si sono attivati in pochi mesi ben 3 bandi di ricerca clinica o preclinica, ai quali anche GISCAD è in parte riuscito ad accedere. Però non basta Di fronte a questo bel quadro, cosa stiamo facendo noi oncologi medici? Un po poco, mi pare e mi permetto di dare qualche bacchettata anche a dei cari amici, oltre che a me stesso: l AIOM ha un working group sulla ricerca (ne faccio parte): sarebbe bene facesse sentire la sua voce, forte e chiara sempre AIOM ha ritenuto di non sottoscrivere (a differenza di CIPOMO, GISCAD, ITMO ed altri gruppi) 6
9 EDITORIALE un incisivo documento del FADOI (internisti ospedalieri) sulla ricerca clinica indipendente. Immagino che ciò significhi che l Associazione uscirà a breve con un suo documento concernente specificamente la situazione in oncologia: forza, allora! la Fondazione AIOM è oggettivamente ferma, dopo i tentativi, generosi anche se piuttosto velleitari, della Presidenza mia e di quella di Emilio Bajetta: che ne facciamo? decisamente meglio CIPOMO (grazie principalmente a Sergio Crispino) che non solo ha firmato il documento FADOI ma ha un progetto di vision decennale sull oncologia nel quale la ricerca ha uno spazio di grande rilievo. E stiamo parlando degli ospedali generali, quelli grandi (i cosiddetti hub ) ma anche quelli di campagna e gli Istituti di Ricerca che dicono? Esiste ancora Alleanza Contro il Cancro? e gli Universitari (COMU)? e i nostri giovani colleghi, sempre entusiasti di ogni nuova scoperta biomolecolare ma ultimamente alquanto silenziosi sulle prospettive future delle sperimentazioni che pure li riguardano assai da vicino, che ne pensano? Qualche modesta proposta: AIOM, CIPOMO, COMU, IRCCS (che si erano ben integrati e coordinati nel progetto MAISON) convochino gli Stati Generali della ricerca indipendente nel nostro Paese si produca un documento di indirizzo specifico per l oncologia, ma in armonia con quello del FADOI che ha avuto il merito di aprire il fronte di discussione e di lotta sull argomento si definisca una volta per tutte lo stato giuridico dei Gruppi Cooperativi e il loro rapporto con le istituzioni Sanitarie e con AIOM, CIPOMO e quant altri si favorisca la aggregazione dei gruppi, istituendo dei criteri rigorosi e selettivi per il loro accreditamento si eserciti una costante pressione su AIFA e Ministero, al di là di interessi personali e di parte 7
10 MOPP Medical Oncology Progress & Perspectives - Update 39 in definitiva: si tenga sempre ben aperta l agenda del mondo oncologico italiano sul tema della ricerca, senza la quale la pratica clinica quotidiana rischia di atrofizzarsi e di annegare nella burocrazia che qualcuno vorrebbe imporci Sono convinto che tutti insieme possiamo farcela: forza e coraggio allora, come nei momenti migliori del nostro cammino (ricordiamoci che LA STORIA SIAMO NOI )! Roberto Labianca Presidente GISCAD 8
11 ASCO 2011: SESSIONE PLENARIA ASCO 2011: sessione plenaria. Chiara Abeni, Alberto Zaniboni Fondazione Poliambulanza - Brescia L iniziale parziale delusione per una Plenary Session non comprendente contributi relativi ai tradizionali big killers (polmone, mammella, colon-retto) è stata rapidamente superata dalla consapevolezza di assistere alla presentazione di dati realmente practice-changing non solo nell ambito dell Oncologia Pediatrica (Neuroblastoma e ALL ad alto rischio, contributi che non analizzeremo in questa sede) ma anche relativi ad un setting importante quale il trattamento adiuvante dei GIST e forse ancor di più per quanto riguarda il nuovo scenario del trattamento del melanoma disseminato. Joensuu ha presentato i dati relativi al trattamento adiuvante dei GIST ad alto rischio di recidiva in uno studio che ha confrontato 12 mesi di imatinib vs 36 mesi. Rimandiamo, per quanto attiene ai risultati numerici dello studio all abstract di seguito riportato ed ai numerosi reports già apparsi on-line (Virtual meeting, etc) per questo come per i due studi commentati di seguito riguardanti il melanoma. Quello che vorremmo di seguito condividere è il take-home message che potremmo così riassumere: 36 mesi di terapia adiuvante costituiscono il nuovo standard di trattamento adiuvante dei GIST ad alto rischio resecati. Per la prima volta appare un beneficio nell OS e non solo nel RFS. Questo dato fuga i dubbi residui che un trattamento instaurato alla recidiva in assenza di pregressa terapia adiuvante possa condurre alla medesima OS rispetto ad un adiuvante di un anno, impattante sulla sola RFS (Studio ACOSOG Z9001). Restano dubbi sulla durata ottimale del trattamento che potrebbe in futuro essere ulteriormente stratificato in base al rischio di recidiva e contemplare l opzione, per alcuni pazienti, di un trattamento a vita, stante la nozione di sostanziale incurabilità della malattia avanzata nonostante la squisita sensibilità all imatinib nella maggior parte dei casi. Nonostante il vantaggio in OS, dopo l interruzione del trattamento a 36 mesi ricominciano le recidive Il 36% dei pazienti non completa il trattamento di 36 mesi, imponendo un attento monitoraggio di tossicità e compliance. Studi indaganti 3 vs 5 vs 10 anni di trattamento vs terapia a vita appaiono poco fattibili al momento. Dobbiamo indagare quali sottogruppi di pazienti beneficiano e quali no del trattamento. La parola ultima è come sempre più spesso accade in oncologia demandata agli studi traslazionali. Passiamo ora a commentare i due studi relativi al trattamento del melanoma avanzato che senza dubbio aprono una nuova era nel trattamento della malattia. Entrambi i farmaci in questione, ipilimumab e vemurafenib avevano già ingenerato notevoli attese lo scorso anno. Dopo l ASCO 2011 sappiamo che: La chemioterapia (dacarbazina o schemi di combinazione non migliorativi rispetto alla 9
12 MOPP Medical Oncology Progress & Perspectives - Update 39 monochemioterapia) non è più un opzione cui rivolgersi per il trattamento palliativo di prima linea di questa malattia. Il vemurafenib diventa l opzione di scelta per i tumori con mutazione BRAF (circa il 50% dei casi), in particolare dove sia desiderabile un rapido sollievo sintomatico attraverso un notevole srinkage neoplastico. Il farmaco ha un profilo di tollerabilità discreto. La durata delle risposte non è strepitosa. L ipilimumab può beneficiare a lungo termine una quota rilevante di pazienti, al momento in assenza di fattori predittivi di risposta. Può essere il farmaco di scelta per pazienti relativamente asintomatici o con carico tumorale non elevato. La tossicità peculiare del farmaco (immuno-mediata) presuppone attenta sorveglianza del paziente e curva di apprendimento da parte dell equipe medico-infermieristica coinvolta nella gestione del medesimo. Il dosaggio ideale e la durata del trattamento sono oggetto di ulteriori valutazioni cliniche. L associazione con dacarbazina aumenta la tossicità epatica senza migliorare i risultati. La disponibilità di un elegante ed attiva forma di immunoterapia (ipilimumab) e di una terapia a bersaglio molecolare particolarmente attiva (vemurafenib) apre la strada a studi di associazione o di trattamento sequenziale (citoriduzione con vemurafenib seguita da mantenimento su massa tumorale più contenuta con ipilimumab) nonché all uso in adiuvante dei due composti. A testimoniare come questo sia ormai definito da tutti L ASCO del melanoma, già si intravedono ulteriori margini di miglioramento, ad esempio con associazione di MEK inibitore e GSK , un altra molecola che inibisce BRAF (abstr CRA8503) o di ipilimumab e bevacizumab (abstr 8511). Aspettiamoci di avere a che fare presto con algoritmi di trattamento per questa patologia fino a ieri veramente orfana di opzioni terapeutiche realmente impattanti su qualità e quantità di vita della quasi totalità dei nostri pazienti del passato più che prossimo. Personalmente, il nostro pensiero in questo momento di giustificata euforia, va a loro e ai loro familiari cui non siamo riusciti fino ad oggi a dare una realistica speranza di cronicizzazione della loro letale condizione. 10
13 ASCO 2011: SESSIONE PLENARIA 12 versus 36 mesi di imatinib (IM) adiuvante come trattamento di GIST resecabile con alto rischio di recidiva: Risultati finali del trial randomizzato (SSGXVIII/AIO). H. Joensuu, M. Eriksson, J. Hatrmann et al. Helsinki University (abstr LBA 1) Premessa: IM adiuvante somministrato per 12 mesi dopo la chirurgia migliora la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) di pazienti con diagnosi di GIST resecabile. Sono stati messi a confronto 12 vs 36 mesi di IM adiuvante come trattamento di pazienti ad alto rischio di recidiva dopo la chirurgia. Metodi: sono stati arruolati in questo studio di fase III prospettico, open-label, multicentrico, randomizzato (NCT ) pazienti con diagnosi istologica di GIST KIT-positivo. Il rischio di recidiva è stato stimato in accordo con i Criteri di Consenso modificati. L obiettivo primario era RSF. Gli obiettivi secondari includono la sopravvivenza generale (OS) e la tollerabilità. I criteri di esclusione sono stati ECOG PS > 2, GIST metastatico o non operabile e > 12 settimane dall intervento chirurgico all entrata in studio. IM è stato somministrato oralmente a 400 mg/d. La dimensione del campione (n=200 in ciascun gruppo) è stata stimata mediante la simulazione di log-rank tests nell ipotesi di un rapporto globale di rischio (HZ) di 0.44, un tasso del 20% di abbandono dallo studio, un tasso di errore type I del 0.05 su entrambi i bracci e un efficacia dello L analisi si è basata sull intention-to-treat della popolazione (ITT). L istologia del tumore è stata rivista centralmente. Risultati: 400 pazienti sono stati arruolati nello studio da febbraio 2004 a settembre Tre pazienti sono stati esclusi per mancanza del consenso da parte della ITT, che comprende 15 pazienti che non avevano GIST ad una revisione centrale. La mediana FU time è stata di 54 mesi. RFS è stato maggiore nel gruppo di 36 mesi rispetto al gruppo di 12 mesi (HR 0.46, 95% CI ; p>.0001; 5-y RFS 65.6% vs 47.9% rispettivamente). I pazienti trattati per 36 mesi con IM hanno avuto una maggiore OS (HR 0.45, ; p=.019; 5-y OS 92.0% vs 81.7%). IM è stato generalmente ben tollerato. La percentuale di pazienti che ha interrotto la somministrazione di IM durante lo studio per ragioni diverse dalla recidiva di GIST è stata di 25.8% nel gruppo 36 mesi e di 12.6% nel gruppo 12 mesi. L efficacia dell analisi per sottogruppi che include i dati analizzati delle mutazioni di KIT e PDGFRA di 366 tumori verrà presentata. Conclusioni: IM somministrato per 36 mesi migliora RFS e OS rispetto ai 12 mesi di somministrazione come trattamento adiuvante dei GIST nei pazienti che hanno un alto rischio di recidiva dopo la chirurgia. Studio di fase III randomizzato, open-label, multicentrico (BRIM3) che confronta inibitore di BRAF vemurafenib con dacarbazina (DTIC) in pazienti con melanoma V6000E BRAF-mutato. P. B. Chapman, A. Hauschild, C. Robert, et al. Memorial Sloan-Kattering Cancer Center, NY (abstr LBA 4) Premessa: circa il 50% dei melanomi hanno un attivazione della mutazione di V6000E BRAF che ha portato all ipotesi che l inibizione della chinasi dei BRAF mutati potrebbe dare un vantaggio clinico. Gli studi di fase I e II con vemurafenib (precedentemente PLX4032/RO ) un inibitore della chinasi dell oncogene BRAF oralmente disponibile, ha mostrato un tasso di risposta (RR; CR+PR) > 50% nei pazienti con V6000E BRAF-mutato. E stato condotto uno studio di fase III per determinare se vemurafenib ha migliorato la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti con melanoma V6000E BRAF-mutato. Metodi: i pazienti con melanoma non trattati in precedenza, con malattia non resecabile stadio III C o stadio IV che sono risultati positivi per la mutazione di V6000E BRAF tramite il cobas 4800 BRAF V600 Mutation Test sono stati randomizzati (1:1) con vemurafenib (960 mg po bid) o DTIC (1,000 mg/ m 2, IV, q3w). La randomizzazione è stata stratificata per PS, stadio, LDH, regione geografica. I pazienti sono stati valutati per la risposta sul tumore dopo 6 settimane, 12 e poi ogni 9 settimane. 11
14 MOPP Medical Oncology Progress & Perspectives - Update 39 Gli endpoints co primari sono stati OS e PFS sul intent-to-treat population (ITT); gli endpoints secondari includevano RR, la durata della risposta, e la tollerabilità. L analisi finale aveva previsto 196 decessi. Risultati: 675 pazienti sono stati arruolati in 103 centri in tutto il mondo tra gennaio e dicembre Il trattamento di coorte è stato ben bilanciato. All analisi provvisoria pre-pianificata (sono stati necessari il 50% dei decessi per l analisi finale), l hazard ratios per OS e PFS sono stati di 0.37 (95% CI ; p<0.0001) e di 0.26 (95% CI ; p<0.0001) rispettivamente, entrambi a favore di vemurafenib. La conferma RR è stata 48.4% e 5.5% per vemurafenib e DTIC rispettivamente, tra il 65% dei pazienti valutabili per RR ad oggi. Il miglioramento di OS, PFS e RR è stato osservato in tutti i sottogruppi esaminati. A causa di questi dati alla coorte trattata con DTIC è stato permesso di passare al trattamento con vemurafenib. Al momento dell analisi dei dati 66% di pazienti con vemurafenib e 25% di pazienti con DTIC erano ancora in trattamento. Le tossicità più comuni di vemurafenib sono state: diarrea, rash, alopecia, fotosensibilità, fatigue, artralgia, cheratoacantoma/carcinoma squamo cellulare della pelle. Conclusioni: Vemurafenib ha dimostrato un significativo miglioramento di OS e PFS rispetto a DTIC nei pazienti con melanoma metastatico V6000E BRAF-mutato, non trattato in precedenza. Studio di fase III randomizzato che confronta ipilimumab (IPI) più dacarbazina (DTIC) versus DTIC da sola come trattamento di prima linea in pazienti con melanoma non resecabile stadio III o IV. J. D. Wolchok, L. Thomas, I. N. Bondarenko et al. Memorial Sloan-Kattering Canc. Cen, NY (abstr LBA 5) Premessa: la monoterapia con IPI (3 mg/kg) ha migliorato la sopravvivenza globale (OS) in uno studio di fase III in pazienti con melanoma metastatico non resecabile precedentemente trattato. Lo studio attuale valuta la combinazione di DTIC (trattamento standard) più IPI in prima linea nel melanoma metastatico. Metodi: in questo studio di fase 3, doppio cieco sono stati randomizzati pazienti con melanoma metastatico, ECOG PS 0/1 e nessun trattamento di prima linea per la malattia avanzata 1:1 con IPI (10 mg/kg) + DTIC (850 mg/ m 2 ) o placebo + DTIC (850 mg/m 2 ) a 1,4, 7, 10 settimane seguite da DTIC q3 settimane per 22 settimane (induzione). I pazienti eleggibili hanno ricevuto IPI o placebo q12 settimane come mantenimento. L endpoint primario è stata OS; log-rank test è stato eseguito, stratificato sulla base dello stadio e del PS ECOG. Risultati: di 502 pazienti il 56% ha avuto malattia M1c, il 40% un elevato LDH e il 26% terapia adiuvante. Il 37% dei pazienti trattati con IPI + DTIC e il 65% con DTIC da solo hanno ricevuto 4 dosi di induzione. Un significativo miglioramento in OS (HR=0.72; P=0.0009) e stime ancora più elevate del grado di sopravvivenza a 1, 2, 3 anni sono state osservate con IPI + DTIC (tabella). Il 56% dei pazienti trattati con IPI + DTIC (n=247) e il 27% nel braccio con DTIC da solo (n=251) hanno manifestato eventi avversi di grado 3/4 che icludono: elevati valori di ALT (22% vs 1%); diarrea (4% vs 0%); rash (1% vs 0%). Non sono state rilevate perforazioni intestinali o ipofisite. Non sono stati osservati decessi legati ai farmaci somministrati nel trattamento IPI + DTIC. E stato osservato un decesso nel braccio DTIC da solo (emorragia gastrointestinale). Conclusioni: L ipilimumab è il primo agente che migliora la sopravvivenza generale media e a lungo termine in uno studio di fase III in pazienti con melanoma avanzato precedentemente trattati. L aggiunta del gp100 non migliora il risultato. 12
15 ASCO 2011: LE NEOPLASIE DEL COLON E DEL RETTO ASCO 2011: le neoplasie del colon e del retto. Alberto Sobrero Oncologia Medica, Ospedale San Martino - Genova QUANTO E STATO CONFERMATO La terapia adiuvante dello stadio II nel carcinoma del colon è oggetto di continuo dibattito. Soprattutto la definizione di alto e basso rischio non è cosi precisa nella letteratura. Inoltre il contributo dell oxaliplatino in queste condizioni rimane poco definito. La combined analysis presentata da Yothers dell NSABP chiarisce bene il contributo dell oxaliplatino in condizioni di stadio II con rischio basso (10-15% di rischio di recidiva). Il contributo di questo farmaco rispetto al solo FU è di circa 3-4%. Questo beneficio sembra troppo limitato per raccomandarne la prescrizione. Contemporaneamente però la metaanalisi di Yothers ha contribuito a definire in termini relativi il beneficio dell oxaliplatino negli stadi II e negli stadi III. Che è risultato lo stesso. Da qui discende che negli stadi II alto rischio, il beneficio assoluto dell oxaliplatino si attesta intorno al 5% on top del vantaggio dato dal FU (che dà già da solo il 4-5%). Da qui consegue che ha molto senso la strategia del tutto o nulla nei casi di stadio II quando il rischio è sopra il 20-25%: o nulla o la doppietta. Personalmente ho preso questi dati come una conferma di una pratica già in atto da almeno 5 anni. QUANTO MI ASPETTAVO E NON E SUCCESSO Da tempo l attenzione degli addetti ai lavori è puntata sui trials di maintenance dopo un periodo di induzione nelle neoplasie del colon retto in fase avanzata. Ci sono almeno 6 trials ongoing e la speranza era che qualcuno di questi studi riportasse i primi risultati di efficacia del mantenimento con beva da solo, capecitabina da sola, beva più capecitabina od altre combinazioni meno tossiche della doppietta di induzione. Purtroppo nessuno di questi studi aveva risultati maturi abbastanza da essere riportato all ASCO. Attesa rinviata di 6 mesi all ASCO GI od all ESMO. QUANTO MI HA SORPRESO Non ha molto senso che la percentuale di risposta completa dopo CT ed RT neoadiuvante non correli con la sopravvivenza o con qualunque altro parametro di efficacia. E un riscontro comune in tutte le neoplasie solide, come pure in quelle ematologiche che la RC correli. Quindi mi ha molto stupito che il lavoro di Bonnetain (metaanalisi che ha indagato questa correlazione) sia giunto a conclusioni diametralmente opposte: assenza di correlazione. Mi ha stupito ancora di più che un lavoro con così profonde implicazioni cliniche nei trial design e nella pratica clinica, fondato su una metaanalisi che notoriamente ha una serie di limitazioni fortissime relativamente alla generalità dei dati ottenuti, sia stato presentato senza una discussione critica. Mi auguro che al momento della revisione critica del lavoro per la pubblicazione, questa lacuna sia colmata e che gli eventuali errori o limiti della metodologia siano bene messi in luce. Mi ha anche sorpreso il fatto che l oxaliplatino non aumenti in modo deciso le risposte complete quando è usato insieme con capecitabina o FU e RT nel setting adiuvante delle neoplasie rettali. Mi sarei francamente aspettato un forte incremento della tossicità, ma questo sarebbe stato accompagnato da un maggior "tumor shrinkage. Questo avrebbe beneficiato soprattutto quei pazienti con T4. Nulla di tutto questo. Contrariamente alla logica l oxaliplatino ha dato si un aumento della tossicità in tutti e 5 i trials randomizzati (con o senza oxali), ma i report 13
16 MOPP Medical Oncology Progress & Perspectives - Update 39 sull aumento delle RC sono contrastanti ed i due studi che riportano tale aumento non indicano incrementi sostanziali. Infine, finora nessuno studio aveva dimostrato che nei pazienti K-RAS mutati l uso di anti-egfr fosse detrimentale quando combinati al FOLFIRI. Lo studio PICCOLO di Matt Saymour ha indicato questo fenomeno per il panitumumab in combinazione con questa doppietta. Questo dato rafforza ulteriormente il concetto che non si deve prescrivere anti-egfr senza il dato di K-RAS. QUANTO MI HA DELUSO Senza dubbio i dati sui farmaci nuovi. E dal 2005 che non compaiono nuovi farmaci sullo scenario del trattamento del carcinoma del colon retto. Questo può non sembrare un evento inatteso (siamo stati 30 anni in attesa di nuovi farmaci all epoca del solo FU). Ma negli anni recenti la pletora di farmaci biologici arrivati alla fase III è stata tale da far supporre un successo crescente esponenzialmente. Invece nulla. I nuovi anti IGF1R, gli hedge-hog inibitors, i TKI sporchi quali cediranib, vatalanib ed axitinib hanno concluso la loro parabola con chiari segnali di inefficacia in questa malattia. 14
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25 ASCO 2011: LE NEOPLASIE GASTRO-BILIOPANCREATICHE ASCO 2011: le neoplasie gastro-biliopancreatiche. Stefano Cascinu Clinica di Oncologia Medica; Università Politecnica delle Marche - Ancona L ASCO come sempre è la vetrina in cui si presentano i risultati dei lavori che maggiormente possono modificare la pratica clinica. Anche quest anno vi sono stati alcuni studi rilevanti, anche se bisogna notare come la loro qualità non sia stata eccelsa, configurando il 2011 più un anno di transizione che di novità folgoranti. Per cercare di dare un ordine a questo commento dei lavori presentati nella sessione neoplasie gastrointestinali non colon-retto, ho pensato di analizzare i lavori suddividendoli in 4 capitoli riconducibili alle sedi più importanti: a. carcinoma gastrico; b. carcinoma pancreatico; c. epatocarcinoma; d. carcinomi delle vie biliari. Non affronterò invece i tumori neuroendocrini perché gli abstract presentati sono solo aggiornamenti dei lavori pubblicati recentemente. Carcinoma gastrico Come dicevo in generale, anche per il carcinoma gastrico non è stato un anno di grandi novità. Si tratta per lo più di conferme anche se alcune sicuramente di rilievo. Lo schema XELOX, facile da somministrare anche a pazienti fragili come quelli con carcinoma dello stomaco, ha confermato l utilità della terapia adiuvante. Una cautela rispetto ai risultati dello studio può essere dovuta al fatto che la popolazione indagata è orientale e spesso i risultati provenienti dagli studi condotti in estremo oriente non sono stati riprodotti in occidente. Questo studio (1) è comunque rilevante perché permette di usare uno schema fattibile nella grande maggioranza dei pazienti nel setting adiuvante. Molti pazienti potranno quindi ricevere con un ben definito razionale una terapia adiuvante a due farmaci e soprattutto si potrà evitare il cisplatino. Un altro dato rilevante sempre nel setting adiuvante è il fallimento dello studio che cercava di migliorare i risultati dello studio MacDonald usando invece del 5FU lo schema ECF in combinazione con la radioterapia. Sono stati arruolati 506 pazienti con nessun evidente beneficio per la chemioterapia di combinazione. La sopravvivenza libera da malattia a 3 anni è stata rispettivamente del 46 e 47%. Il 3% di morti tossiche e un alta incidenza di tossicità di grado 3-4 rendono poco proponibile l incremento di aggressività di un regime postoperatorio. Ancora una volta appare inoltre dubbio il ruolo della radioterapia (2). Un dato particolarmente interessante che potrebbe avere un valore pratico è la mancanza di efficacia della terapia perioperatoria nei tumori con cellule ad anello con castone. Spesso proprio questa caratteristica, prognosticamente sfavorevole, ci induce a trattare i pazienti. Il gruppo francese analizzando retrospettivamente 1054 pazienti, di cui 171 con questa caratteristica patologica ha mostrato come la terapia non determini alcun beneficio in questo sottogruppo. E difficile dire quanto questo dato ottenuto da un analisi retrospettiva possa essere usato nella routine clinica. Certamente, se esistono dubbi in un paziente circa l opportunità di una terapia perioperatoria (età o patologia concomitante) la presenza di cellule ad anello con castone potrebbe portare alla decisione della sola chirurgia (3). Infine uno studio molto rilevante perché chiarisce il ruolo della seconda linea nel carcinoma gastrico. Molti pazienti la ricevono ma le evidenze di un vantaggio non sono molto chiare. 202 pazienti sono stati randomizzati (2:1) a ricevere o terapia di supporto o una chemioterapia a base di irinotecan o taxotere. Un vantaggio significativo in 15
26 MOPP Medical Oncology Progress & Perspectives - Update 39 sopravvivenza di 5.1 vs 3.8 mesi è stato visto a vantaggio della chemioterapia. Questo approccio trova quindi ragione e dovrebbe essere proposto soprattutto a pazienti con buon PS e/o che abbiano risposto ad un trattamento di prima linea (4). Carcinoma pancreatico Il carcinoma del pancreas è sicuramente stato quello più deludente. Non ci sono dati nuovi né sulla terapia adiuvante né su quella neoadiuvante. Neppure nella fase avanzata si sono avute novità di rilievo. Vi sono alcuni studi che valutano il ruolo di S-1 da sola o in combinazione con gemcitabina. Il più importante è uno studio di fase III a tre bracci che valuta S-1 in confronto a gemcitabina o ad una loro combinazione. I risultati non sembrano essere particolarmente eccitanti. Sono stati arruolati 830 pazienti. La sopravvivenza mediana è stata infatti di 10.1 (combinazione) vs 9.7 (S-1) vs 8.8 (gemcitabina). Questo trial mostra solo che S-1 non è inferiore a gemcitabina. E un po poco per uno studio di simili dimensioni e si pone sicuramente un problema etico. Oltretutto come in altre neoplasie il problema della popolazione studiata per S-1 è rilevante. Il trial infatti è stato condotto in oriente (Giappone e Taiwan) e come si è visto nel carcinoma gastrico S-1 ha un profilo di tossicità differente nelle popolazioni occidentali che può limitarne l impiego (5). Anche i nuovi farmaci, inibitori di IGF-1R o la combinazione di agenti biologici quali erlotinib, panitumumab non sembrano fornire elementi nuovi. Infatti a parte la mancanza di un ragionevole razionale, anche le dimensioni degli studi non permettono di vedere le auspicate differenze (6) (7). Forse l unico elemento positivo che emerge quest anno è che finalmente si è compreso come i nuovi agenti biologici debbano essere testati in studi di fase II randomizzata. Alla luce di ciò appare incomprensibile, se non come atto di furbizia metodologica, il camuffamento di uno studio di fase II randomizzato in uno studio di fase III. Autori francesi infatti hanno confrontato il sorafenib alla gemcitabina (8). Nello studio sono stati arruolati 104 pazienti. Il primo dato sorprendente è il doppio cieco. Chiunque abbia dimestichezza con il sorafenib sa che alcune tossicità sono così chiaramente attribuibili al farmaco da rendere impossibile il mantenimento del cieco. Tuttavia l aspetto sorprendente è la sua accettazione nella sessione poster discussion. Infatti si tratta di uno studio di fase III, con 104 pazienti e con obiettivo di un incremento del PFS da 3 a 6 mesi (100% di vantaggio). Forse i revisori erano distratti o non si sono resi conto del disegno. Epatocarcinoma Per l epatocarcinoma è stata invece una sessione importante. Si è dimostrato infatti che il sutinib non ottiene gli stessi risultati del sorafenib. Uno studio di fase III che ha arruolato 1073 pazienti ha mostrato infatti una sopravvivenza lievemente minore per sunitinib rispetto al sorafenib (8 vs 10 mesi) anche se PFS e TTP sono stati similari. Ma è soprattutto il profilo di tossicità che ha giocato a favore del sorafenib (9). Questo farmaco continua ad essere quindi il riferimento terapeutico nel trattamento dell epatocarcinoma. Un altro dato rilevante è che il sorafenib può essere dato con sicurezza anche nei pazienti con Child B. Anche gli effetti terapeutici sembrano simili a quelli che si ottengono nello stadio Child A. Ovviamente i pazienti con Child B hanno una prognosi peggiore per i maggiori effetti della malattia (10). Vie biliari Un lavoro importante è lo studio randomizzato di fase III (ESPAC 3) che ha valutato il ruolo di una terapia adiuvante in una patologia rara come quella rappresentata dai carcinomi ampollari. Queste 16
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