Le spie in laboratorio: esperienze con i LED. Angela Berto I.M.S. S. Pertini Genova

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1 Le spie in laboratorio: esperienze con i LED Angela Berto I.M.S. S. Pertini Genova Abstract In the autumn of 2005 I attended a course of physics for teachers in the sphere of the ministerial project "Lauree scientifiche", near the department of physics of the University in Genoa. Several experiments were prepared in this occasion. The present article wants to treat some of these on the use of the Light Emitting Diodes, that have been object of the course and, subsequently, have been introduced to the students in class, underlining the possible didactic implications. Nell'autunno 2005 ho seguito un corso di fisica per docenti nell'ambito del progetto ministeriale "Lauree scientifiche", presso il dipartimento di fisica dell'università degli Studi di Genova. Diverse sono state le esperienze approntate in tale occasione. Il presente articolo vuole trattarne alcune sull'utilizzo dei LED, che sono state oggetto del corso e, successivamente, presentate agli studenti in classe, evidenziando le possibili implicazioni didattiche. I LED: definizione, descrizione, utilizzo Negli ultimi anni, i LED sono entrati prepotentemente nella nostra vita; per rendercene conto, basta girare per le stanze della nostre case e contare quante lucine colorate vediamo accese: da quelle della segreteria telefonica a quella del televisore, da quella del telefonino a quella del forno a microonde a quelle dell'impianto stereo. Oltre ad essere spie luminose, questi piccoli dispositivi elettronici appaiono, poi, nei display di informazione, dove formano le parole scorrevoli, e nelle automobili, dove hanno permesso di eliminare lampadine, lenti e riflettori parabolici nelle luci posteriori. Il LED (dall'inglese Light Emitting Diode, cioè diodo a emissione luminosa) è un conduttore non ohmico, perché in un diodo la relazione tensione-corrente non segue la legge di Ohm di proporzionalità diretta. Esso è costituito da briciole di semiconduttori (materiali usati comunemente per costruire i chip dei computer) che, quando vengono attraversate da corrente elettrica, emettono luce visibile. È sufficiente che due sottili strati di materiale vengano messi a contatto: uno di essi presenta un eccesso di elettroni, l'altro invece scarseggia di cariche negative, ma abbonda di cariche positive. Quando la corrente, il cui valore sia compreso fra 10 ma e 30 ma, passa attraverso il semiconduttore, gli elettroni vengono forzati a ricongiungersi con le cariche positive, emettendo così radiazioni luminose, cioè fotoni (nella banda del visibile o dell'infrarosso) prodotti dalla ricombinazione degli elettroni e delle lacune allorché la giunzione sia polarizzata in senso diretto. Per liberarsi dal legame che li tiene vincolati all atomo, gli elettroni del semiconduttore devono, però, acquistare una energia sufficiente per vincerlo; tale energia è caratteristica 1

2 del materiale di cui è fatto il semiconduttore ed è molto maggiore di quella che può avere, a temperatura ambiente, per effetto dell agitazione termica. Schematicamente, in un diagramma in cui l asse verticale indica l energia, gli elettroni legati agli atomi hanno energie che occupano con continuità tutta una banda di valori possibili, detta banda di valenza ( valence band ), mentre le energie degli elettroni quasi liberi stanno in una banda di valori possibili più elevati, detta banda di conduzione ( conduction band ); l intervallo di energia che separa le due bande è l intervallo di energie proibite ( energy gap ) (figura 1). Figura 1. Schematizzazione dell energia degli elettroni. Per far passare un elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione si può fornirgli energia attraverso una radiazione. L energia E f portata dalla radiazione deve essere quantizzata, cioè deve essere ceduta all elettrone in una singola interazione, affinché l elettrone possa ricevere l energia sufficiente per superare il gap di energie proibite (E gap ): infatti, nella zona dell energy gap non ci sono gradini intermedi di energia su cui l elettrone possa restare in attesa di riceverne altra dalla radiazione. Noi sappiamo che l energia della luce è appunto quantizzata, come ipotizzato da Einstein per la prima volta, la qual cosa significa che, per far avvenire la transizione, l energia del fotone deve essere maggiore di E gap. Ciò implica che la frequenza del fotone deve essere al di sopra di una soglia minima, come del resto avviene anche nell effetto fotoelettrico. Nello stesso modo, quando un elettrone quasi libero viene catturato da un atomo che ha perso un elettrone, non può perdere piccole quantità di energia, ma almeno una quantità pari a E gap. Dunque, egli emette un fotone di energia tale che E f =E gap. Tale quantità rappresenta il valore minimo perché non sono emessi fotoni con energia inferiore a E gap. [1] I LED hanno un terminale positivo (anodo) ed uno negativo (catodo), e per funzionare devono essere inseriti in un circuito Figura 2. Diodo LED. rispettando tali polarità; in genere, il terminale positivo è quello più lungo, ma lo si può individuare con certezza anche 2

3 in altri modi: per esempio, osservando l'interno del LED in controluce. Come si vede in figura 2, l'elettrodo positivo è sottile, a forma di lancia, mentre quello negativo ha l'aspetto di una bandierina. Oppure, l individuazione del terminale positivo e di quello negativo può avvenire guardando il LED dall'alto; così facendo, si può notare come la parte laterale del package non sia regolare, ma squadrata da un lato: questa "squadratura" identifica il catodo. Quando si utilizza un LED è necessario disporre sempre una resistenza in serie ad esso, allo scopo di limitare la corrente che passa ed evitare che possa distruggersi; la caduta di tensione ai capi di un LED può variare da 1,1 V a 1,6 V, in funzione della lunghezza d'onda della radiazione emessa (a lunghezze d'onda minori corrisponde una caduta di tensione più alta). Diversamente dalle comuni lampadine, il cui filamento funziona a temperature elevatissime ed è caratterizzato da notevole inerzia termica, i LED emettono luce fredda e possono lampeggiare a frequenze molto alte, superiori al Mhz; poiché la luce emessa è direttamente proporzionale alla corrente che li attraversa, i LED risultano particolarmente adatti alla trasmissione di segnali tramite modulazione dell'intensità luminosa. I LED più comuni emettono luce rossa, arancione, gialla o verde. Recentemente è stato prodotto un LED caratterizzato dall'emissione di luce blu chiara; la disponibilità di un LED a luce blu è molto importante poiché consente di ricreare, insieme alle radiazioni rossa e verde, una sorgente di luce bianca. Uso del LED in laboratorio I LED possono essere utilizzati in laboratorio di fisica in un numero molteplice di esperienze, adatte a studenti del triennio della scuola superiore. In questo lavoro, descriverò alcune attività che ho realizzato nello scorso anno scolastico in una classe quinta di liceo scientifico. Comuni a queste attività, che riguardano campi diversi della fisica, sono gli obiettivi formativi trasversali delle modalità proposte per una cultura scientifica di base, vale a dire: l analisi e la discussione dei grafici; la correlazione tra la forma tabulare e quella grafica di rappresentazione dei dati; la gestione di ipotesi per le misure e di informazioni sperimentali per un confronto con il modello interpretativo. Oltre ai prerequisiti disciplinari, sono, pertanto, necessari prerequisiti metodologici e operativi: lettura di grafici dell evoluzione temporale delle diverse grandezze misurate, loro trasformazione in grafici di dispersione con scelta qualificata delle variabili rappresentate, utilizzo del foglio elettronico. Prima esperienza: la determinazione della resistenza in serie con il LED Ho già detto che in serie al LED occorre inserire una resistenza per limitare il passaggio di corrente e garantire una lunga vita al dispositivo; infatti, se tale resistenza non ci fosse, un piccolo aumento della corrente di impiego farebbe diminuire il valore della resistenza differenziale del diodo emettitore di luce. Tale variazione, se di entità sufficiente, potrebbe innescare un differenziale negativo in quanto la progressiva diminuzione della resistenza del LED causerebbe un aumento della corrente ed un sempre maggiore riscaldamento per effetto Joule che porterebbe velocemente il 3

4 dispositivo a bruciarsi. Il valore di tale resistenza può essere calcolato con la legge di Ohm, conoscendo l intensità di corrente richiesta, la tensione di alimentazione e la differenza di potenziale del LED. Per esempio (figura 3), se si vuole far funzionare un LED con una tensione di 12 V, limitando la corrente a 20 ma, è necessario che R = [(12-1,4) : 0,02] Ω = 530 Ω Poiché tale valore di resistenza non esiste in commercio, è usato il valore standard più vicino, ad esempio 470 Ω oppure 560 Ω. [2] Figura 3. LED con resistenza in serie. Dal punto di vista didattico, nell approntare questa esperienza, è importante far notare che il piedino più lungo del LED deve essere collegato alla tensione positiva perché, altrimenti, il diodo, comportandosi come una resistenza elevata, rimane spento. Seconda esperienza: l andamento esponenziale del grafico tensione-corrente e il valore dell energia di un fotone emesso dal LED Si realizza il circuito di figura 4: un LED rosso è collegato in serie con un amperometro, con una resistenza R di circa 100 Ω e con un alimentatore di corrente; un voltmetro è collegato in parallelo ai capi del LED. Iniziando con una tensione di circa 2V, si prosegue incrementandola in intervalli regolari di circa 0,2 V, Figura 4. Schematizzazione del circuito realizzato. registrando ogni volta la tensione ai capi del LED e la corrente circolante nel LED, fino a quando il diodo inizia ad accendersi e la corrente diventa dell ordine del ma. Le misure suddette sono successivamente ripetute con LED di colore diverso, giallo, verde e blu. I dati sono, poi, riportati in un grafico avente le tensioni sull asse delle ascisse e le correnti sull asse delle ordinate. Nella figura 5 si vedono le curve caratteristiche tensione-corrente dei quattro LED che emettono, da sinistra verso destra, l uno nel verde, il secondo nel giallo, il terzo nel rosso e il quarto nel blu: si nota per tutti e quattro un andamento esponenziale fino a una certa tensione e un andamento lineare al di sopra. A questo punto si possono fare numerose considerazioni. Per esempio, si può notare che la tensione a cui ciò avviene è decisamente più alta per il diodo verde che per il diodo rosso: la qual cosa indica che, in corrispondenza, l energia del fotone verde è maggiore. Vediamone il motivo. Ricordando la relazione di Planck, E f =hf (1) 4

5 dove E f è l energia di un quanto di luce, f la frequenza della radiazione e h una costante fondamentale nota con il nome di costante di Planck, il risultato precedentemente trovato indica, ad esempio, che un fascio di luce verde scambia energia, quando interagisce, in quanti maggiori di quelli emessi da un fascio di luce rossa, perché la frequenza del verde è maggiore di quella del rosso; se l energia scambiata complessivamente fosse la stessa, con la luce verde il numero di fotoni coinvolti (emessi o assorbiti) sarebbe minore, perché ogni fotone porta più energia. LED a confronto corrente (ma) ,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 tensione (V) Figura 5. LED a confronto: curve caratteristiche, rispettivamente, di un LED verde (triangoli), giallo (quadrati), rosso (rombi), blu (cerchi). Figura 6. a) A I=0 corrisponde V=0; pertanto, la legge di Ohm si esprime come I=mV; b) A I=0 corrisponde V 0; pertanto, la legge di Ohm si esprime come I=mV-n. Nel tratto rettilineo di ciascuna curva si può ipotizzare che valga la legge di Ohm: pertanto, l equazione è del tipo I f = mv f n (2) dove m e n variano a seconda del LED utilizzato. Il termine noto diverso da zero nell equazione (2), è dovuto al fatto che V f è uguale all'intercetta ad I f = 0 della parte lineare della curva caratteristica (figura 6). Poiché l equazione associata al circuito è, come schematizzato in figura 7, V f = V g +RI f, da essa si può ricavare V f Vg I f =. (3) R R Il confronto tra le equazioni (2) e (3) permette di impostare il seguente sistema: 5

6 Figura 7. Schematizzazione dell equazione associata al circuito. 1 m = R Vg n = R Risolvendo il sistema, con semplici calcoli si trova: 1 R = m n V = nr = g m Pertanto, considerando i dati sperimentali relativi alle misure effettuate con le modalità sopra indicate nel tratto in cui le curve diventano rettilinee, si può tracciare, con il metodo dei minimi quadrati, per ciascun LED, una retta. La ricerca dell equazione di questa retta può essere velocizzata dall utilizzo del foglio elettronico EXCEL. Le figure 8, 9, 10, 11 evidenziano le rette suddette e le relative equazioni per i quattro LED presi in considerazione. [3] Facili calcoli permettono di ottenere i valori di V g nei casi dei quattro LED considerati: si ottengono circa 1,90 V per il LED rosso, circa 1,93 V per il LED verde, circa 1,88 V per il LED giallo e circa 2,67 V per il LED blu. Ciò indica che i quattro diodi hanno effettivamente diversi valori di E gap, e quindi, proprio in base a questi valori disuguali, emettono fotoni di energia differente e, conseguentemente, di colore diverso. Led rosso I F = 62,312V F - 118, corrente (ma) ,050 2,100 2,150 2,200 2,250 2,300 tensione (V) Led rosso (rombi) Lineare (Led rosso (rombi)) Figura 8. La curva caratteristica del LED rosso e la retta associata ad essa nel tratto rettilineo. 6

7 Led verde IF = 62,959V F - 121, corrente (ma) ,1 2,15 2,2 2,25 2,3 2,35 tensione (V) Led verde (triangoli) Lineare (Led verde (triangoli)) Figura 9. La curva caratteristica del LED verde e la retta associata ad essa nel tratto rettilineo. 30 Led giallo I F = 77,066V F - 144, corrente (ma) ,02 2,04 2,06 2,08 2,1 2,12 2,14 2,16 2,18 2,2 2,22 tensione (V) Led giallo (quadrati) Lineare (Led giallo (quadrati)) Figura 10. La curva caratteristica del LED giallo e la retta associata ad essa nel tratto rettilineo. 7

8 Led blu I F = 77,066V F - 144,89 50,00 45,00 40,00 35,00 corrente (ma) 30,00 25,00 20,00 15,00 10,00 5,00 0,00 2,60 2,70 2,80 2,90 3,00 3,10 3,20 3,30 3,40 3,50 tensione (V) Led blu (cerchi) Lineare (Led blu (cerchi)) Figura 11. La curva caratteristica del LED blu e la retta associata ad essa nel tratto rettilineo. Terza esperienza: il valore della lunghezza d onda della luce emessa dal LED L esperienza permette di misurare la lunghezza d onda della luce emessa da un LED sfruttando l aspetto ondulatorio della luce, cioè usando un reticolo di diffrazione. Essendo la luce del LED molto debole, è opportuno condurre l'esperienza al buio. Si dispongono una lente convergente e uno schermo in modo che l'immagine della luce emessa dal LED risulti a fuoco sullo schermo. Tra la lente e lo schermo si inserisce un reticolo in modo da ottenere sullo schermo una figura di diffrazione in cui siano riconoscibili il massimo principale affiancato da due massimi secondari meno intensi. Figura 12. Schematizzazione per la misura della lunghezza d onda della luce emessa dal LED. Ricordando la legge del reticolo, per cui λ = p senθ (4) dove p è il passo del reticolo e senθ è calcolabile con semplici considerazioni geometriche relative al triangolo rettangolo ABC (figura 12), BC sen ϑ = AC si può determinare la lunghezza d onda della luce emessa dal LED. Ripetendo l esperimento per ciascun LED, si trovano le misure di λ, che possono essere confrontate con quelle nominali, riportate nella seguente tabella: 8

9 Colore del LED λ(nm) Rosso 660 Giallo 590 Verde 565 Blu 470 Tabella 1 Osservazione: attraverso i due esperimenti sopra descritti sono, dunque, misurate separatamente, ma con lo stesso oggetto fisico, le due variabili che compaiono, rispettivamente, a destra e a sinistra della relazione di Planck (1). Unendo il valore di λ misurato con il reticolo a quello di E f = ev g, misurato dalla tensione di soglia della estrapolazione della parte lineare della curva caratteristica del diodo, si determina la costante di Planck: evg evgλ h = = (5) f c dove c è la velocità della luce, pari a m/s. I calcoli effettuati con la relazione (5) stabiliscono il seguente valore di h: Colore del LED h(j s) Errore percentuale Rosso 6, Js 1% Giallo 5, Js 10% Verde 5, Js 12% Blu 6, Js 1% Tabella 2 L errore percentuale è calcolato, considerando il valore teorico di h=6, J s. Quarta esperienza: verifica dell energia immagazzinata da un condensatore Il fatto che un condensatore sia in grado di immagazzinare carica è visto facilmente con la seguente breve esperienza, realizzabile procurandosi una pila da 4,5 V, un condensatore elettrolitico da circa 1000 µf ed un LED cui si aggiunge in serie una resistenza da 100 Ω. Il condensatore è collegato alla pila, facendo attenzione alla polarità (il segno "+" del condensatore deve corrispondere al segno "+" della pila) e caricato in pochi secondi. A questo punto il condensatore carico è staccato dalla pila ed è collegato al LED, facendo ancora attenzione alla Figura 13. Il LED, staccato dalla pila, emette luce. giusta polarità dei terminali ed interponendo la resistenza da 100 Ω: per qualche istante il LED emette luce, come se fosse collegato alla pila, spegnendosi gradualmente man mano che il condensatore si scarica (figura 13). Usando condensatori di maggiore capacità, si può notare che il LED rimane acceso più a lungo. 9

10 Quinta esperienza: verifica della corrente indotta in una bobina attraversata da un magnete La presenza di corrente indotta è facilmente verificata con un LED, attraverso la seguente esperienza. Una bobina è collegata ad un LED. Facendo scorrere un magnete dentro la bobina, si crea un campo elettromagnetico che induce della corrente elettrica nei fili e provoca l accensione intermittente del LED (figura 14). Un magnete, infatti, è costituito da due poli, uno positivo e l altro negativo. L accensione del LED rivela che, nella bobina, la differenza di polarità del magnete consente di Figura 14. Un magnete cade all interno di una bobina. generare elettricità, verificando così la presenza di corrente indotta. Conclusione Un compito fondamentale dell insegnante di fisica è quello di fare in modo che gli studenti prendano contatto concretamente con i problemi e i temi tipici della disciplina, per evitare il pericolo sempre presente che una trattazione teorica sviluppata solo sui libri di testo faccia perdere loro il contatto col mondo reale. Gli studenti, dunque, hanno bisogno di sperimentare con gli oggetti del mondo di tutti i giorni. Ecco perché l utilizzo dei LED in laboratorio si è rivelato utile a stimolare in loro la capacità di cogliere i collegamenti fra le leggi o gli esperimenti studiati in classe e la realtà quotidiana di ogni giorno, agevolando così la costruzione di quello che Bruner chiamava ponte fra scuola e vita. Sitografia [1] A. Audrito e G. Rinaudo, Il diodo emettitore di luce e la costante di Planck, [2] R. Ilardo, I diodi LED, [3] E. Smerieri, I LED e la costante di Planck, 10

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