in pazienti in trattamento antitrombotico da sottoporre a interventi chirurgici o a manovre invasive

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1 156 > dossier Dialogo sui farmaci n. 4/2009 LA TERAPIA PONTE in pazienti in trattamento antitrombotico da sottoporre a interventi chirurgici o a manovre invasive Nel presente dossier è affrontato il problema della terapia ponte o anticoagulazione ponte, intervento che si attua in soggetti in trattamento a lungo termine con farmaci per la prevenzione del tromboembolismo venoso o arterioso e che devono sottoporsi a intervento chirurgico o ad altra manovra invasiva. Il dossier si pone nella prospettiva dei medici di medicina generale, cercando di rispondere ad una serie di quesiti da essi formulati in merito al comportamento più idoneo da seguire, in modo da cooperare al successo di una terapia impegnativa e complessa quale è la terapia ponte. The subject of this file is the bridging therapy as offered to patients on long term drug treatment to prevent arterial or venous thromboembolism and who have to undergo surgery or other invasive operations. This file is offered to general practitioners, to respond to their questions on the most adequate strategy to contribute to the success of such a complex and demanding therapy. G DAL CORTIVO 1, L BOZZINI 2, R FACCHINETTI 3 1. MMG, Verona; 2. Servizio farmaceutico ULSS 20 Verona; 3. Referente Centro FCSA 186; Ospedale Civile Maggiore, Verona. PREMESSA I farmaci antitrombotici sono comunemente prescritti per la prevenzione a lungo termine del tromboembolismo venoso (TEV) o arterioso in pazienti con valvole cardiache meccaniche, con anamnesi di fibrillazione atriale, trombosi venosa profonda, embolia polmonare, stent coronarici o di altri vasi, e numerose altre condizioni cliniche a rischio tromboembolico. Qualora i pazienti che assumono questi farmaci debbano sottoporsi ad intervento chirurgico o ad altra procedura invasiva, eventi piuttosto frequenti nella pratica clinica per l incremento del numero dei pazienti e dell età candidabile alla chirurgia, si pone il problema di una temporanea interruzione della terapia in atto con anticoagulanti antagonisti della vitamina K (warfarin, acenocumarolo) o con farmaci antiaggreganti piastrinici (acido acetilsalicilico, clopidogrel, ticlopidina ed altri) al fine di evitare processi emorragici. Il medico si trova di fronte a situazioni complesse ed impegnative, che richiedono generalmente decisioni rapide ma molto ponderate: urgenza dell intervento chirurgico, rischio di sanguinamento perioperatorio, conseguenze di tale sanguinamento e della terapia trasfusionale, scelta della tecnica chirurgica, durata del rischio emorragico dopo l intervento e, in modo particolare, rischio di evento tromboembolico conseguente ad interruzione della terapia antitrombotica, o attuazione della stessa a livello sub-terapeutico, durante il periodo perioperatorio. Anticoagulazione ponte (in inglese, bridging therapy) è definita la somministrazione di un anticoagulante a breve durata di azione, di solito un eparina, nel periodo perioperatorio, nel corso dell interruzione temporanea della terapia anticoagulante orale. Il presente dossier si propone di rispondere ad una serie di quesiti, formulati da Medici di Medicina Generale (MMG), in merito al comportamento più idoneo da tenere in caso di interventi chirurgici o di manovre invasive che si rendono necessarie in pazienti sottoposti a terapia antitrombotica orale di lunga durata. Le risposte che abbiamo tentato di dare non sono ovviamente esclusive, dal momento che una terapia ponte è costituita da un insieme di procedure e di attività che devono essere realizzate in forma collaborativa e interdisciplinare. Purtroppo non esistono studi controllati che abbiano confrontato l interruzione di terapie anticoagulanti rispetto alla loro non interruzione o interruzione parziale prima di interventi chirurgici o di altre procedure invasive. La mancanza di tali studi deriva soprattutto dalla complessità della materia, rappresentata dalla molteplicità e diversità degli atti chirurgici, dalla disomogeneità delle popolazioni per diverso rischio emorragico e tromboembolico, dalla variabilità dei protocolli e dalla difficile condivisione di questi ultimi. Le raccomandazioni sui comportamenti da seguire di seguito riportati si basano pertanto su studi osservazionali e sull opinione di esperti, piuttosto che su dati solidi derivati da studi clinici controllati, e fanno riferimento essenzialmente a due documenti di consenso particolarmente attendibili a : a. I due documenti di consenso citati fungono anche da riferimenti bibliografici.

2 Dialogo sui farmaci n. 4/2009 dossier < Douketis JD et al. The perioperative management of antithrombotic therapy: American College of Chest Physicians - Evidence-Based Clinical Practice Guidelines - 8 th Edition. Chest 2008; 133: 299S-339S. 2. Guida alla terapia con anticogulanti orali. Raccomandazioni della Federazione dei Centri per la diagnosi della trombosi e la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche (FCSA) VI edizione Per il numero di pazienti trattati e la maggiore possibilità di complicazioni tromboemboliche ed emorragiche, la terapia ponte acquista particolare rilevanza clinica in pazienti in trattamento con anticoagulanti orali ad azione indiretta o cumarinici (warfarin, acenocumarolo), sostanze che inibiscono la sintesi di fattori della coagulazione a livello epatico agendo come anti-vitamina K (box 1). A meno che non sia esplicitamente espresso, quando di seguito si parla di terapia anticoagulante orale (TAO) si fa sempre riferimento all utilizzo di anticoagulanti cumarinici. QUESITI DI TIPO GENERALE SULLA terapia PONTE 1. Quali sono gli obiettivi di una terapia ponte? L obiettivo terapeutico primario della terapia ponte è di ridurre al livello più basso il rischio di tromboembolismo durante il periodo in cui la terapia anticoagulante orale, condotta di routine, è sconsigliata o controindicata. Un obiettivo altrettanto importante è che l anticoagulazione ponte sia attuata in modo da ridurre al minimo anche il rischio di sanguinamento perioperatorio. 2. Quali sono i principali problemi da valutare in un paziente in TAO da sottoporre ad intervento chirurgico o ad altra procedura invasiva? Due sono i quesiti da porsi. Il primo: è proprio necessaria l interruzione della TAO? Il secondo: se l interruzione è necessaria, conviene sempre instaurare una terapia ponte e in caso positivo quali farmaci utilizzare? È dimostrato che, in caso di interventi chirurgici o di manovre invasive particolarmente impegnativi, l interruzione della TAO è di norma richiesta per ridurre al minimo il rischio di sanguinamento perioperatorio. La mancata interruzione della TAO può infatti determinare un considerevole aumento del rischio emorragico. D altro canto, in caso di procedure di minore impegno, come quelle dentali, cutanee e oculistiche, l interruzione della TAO può non essere richiesta e, se attuata, può anche nuocere al paziente (vedi risposta al quesito 11). 4. È possibile una classificazione del rischio di tromboembolismo nella fase perioperatoria? Non esiste una stratificazione universalmente accettata del rischio di tromboembolismo in pazienti in TAO da sottoporre ad intervento chirurgibox 1 BREVE GLOSSARIO TROMBO È un coagulo di sangue che aderisce alle pareti di un vaso arterioso o venoso che, in caso di dimensioni significative, può ostruirlo parzialmente o totalmente e bloccarne il flusso. La trombosi è la formazione di un coagulo localizzato in una arteria o una vena. EMBOLO Si intende di solito un frammento di trombo entrato in circolo che, se raggiunge un vaso di diametro inferiore, può occluderlo e provocare ischemia nell area dell organismo irrorata dal vaso. Oltre che da un frammento di un trombo, l embolo può essere costituito da una bolla di gas (embolo gassoso), da un ammasso di grasso (embolo grassoso o adiposo), da un liquido (ad es. liquido amniotico). L embolia è l ostruzione parziale o totale di un vaso causata da uno di tali elementi. FARMACI ANTITROMBOTICI Comprendono classi di farmaci che esplicano la loro azione in vari modi: interferendo nei confronti di fattori che portano alla formazione del coagulo (farmaci anticoagulanti), inibendo la funzione delle piastrine (farmaci antiaggreganti), favorendo il processo di fibrinolisi e dissoluzione del trombo (farmaci trombolitici). I farmaci anticoagulanti possono agire in modo diretto o indiretto nei confronti dei fattori della coagulazione. Le sostanze che bloccano o riducono direttamente l attività dei fattori della coagulazione sono rappresentate da eparina (azione sull antitrombina III, di cui potenzia la capacità di inattivare vari fattori della coagulazione) e dai nuovi farmaci anticoagulanti orali dabigatran, rivaroxaban ed altri (azione prevalente sui fattori II e X). Gli anticoagulanti ad azione indiretta interferiscono sulla sintesi di alcuni fattori della coagulazione. Tipici di questa classe sono gli anticoagulanti cumarinici (warfarin, acenocumarolo), che agiscono a livello epatico inibendo la sintesi dei fattori della coagulazione vitamina K dipendenti (Fattori II, VII, IX e X). 3. Cosa può provocare, in vista di un intervento invasivo, una interruzione della TAO senza le dovute contromisure sul processo emocoagulativo? L interruzione di una TAO espone i pazienti ad un aumentato rischio di eventi tromboembolici gravi, spesso letali, quali ictus embolico, ischemia miocardica perioperatoria, trombosi della valvola cardiaca meccanica e recidiva di tromboembolismo venoso. Anche la sospensione dei farmaci antiaggreganti piastrinici può porre problemi clinici considerevoli, come ad esempio in presenza di stent coronarico medicato, specie se l impianto è recente (<6 mesi), in cui si ha un aumento notevole del rischio di trombosi dello stent e di infarto del miocardio per cui, in questa situazione, la terapia con doppia antiaggregazione piastrinica non va sospesa (vedi quesito 12).

3 158 > dossier Dialogo sui farmaci n. 4/2009 tabella 1 STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DI TROMBOEMBOLISMO VENOSO O ARTERIOSO PERIOPERATORIO SECONDO l AMERICAN COLLEGE OF CHEST PHYSICIANS (modificata) CLASSE DI RISCHIO Elevato Moderato Basso INDICAZIONE DELLA TERAPIA ANTIVITAMINA K Valvola cardiaca Fibrillazione atriale meccanica Protesi valvolare mitralica di qualsiasi tipo Protesi valvolare aortica di prima generazione Ictus o TIA recenti (da non oltre 6 mesi) Protesi valvolare aortica a due emidischi ed una delle seguenti condizioni: fibrillazione atriale, ictus o TIA pregressi, ipertensione, diabete, insufficienza cardiaca congestizia, età > 75 anni Protesi valvolare aortica a due emidischi, senza fibrillazione atriale e altro fattore di rischio di ictus Punteggio CHADS 2 5 o 6 Ictus o TIA recenti (da non più di 3 mesi) Malattia reumatica della valvola cardiaca Punteggio CHADS 2 di 3 o 4 punteggio CHADS 2 di 0-2 (e nessun ictus o TIA pregressi) Tromboembolismo venoso (TEV) Recente (da non più di 3 mesi) Trombofilia grave (es, deficit di proteina C, S, antitrombina, anticorpi antifosfolipidi, anomalie multiple) TEV nei passati 3-12 mesi Condizioni trombofiliche non gravi (es, mutazione del fattore V Leiden eterozigote, del fattore II eterozigote) TEV ricorrente Cancro attivo (trattato da 6 mesi o palliativo) Singolo TEV insorto > 12 mesi e nessun altro fattore di rischio Per la stima del rischio di ictus sono stati proposti diversi sistemi a punteggio; tra questi, uno dei più usati, è il sistema CHADS 2 (CHADS = Congestive heart failure-hypertension-age-diabetes-stroke). In questo sistema sono conteggiati 2 punti in caso di stroke o TIA pregressi e 1 punto ciascuno per scompenso cardiaco congestizio, ipertensione arteriosa, età > 75 anni, diabete mellito. co o a procedura invasiva. L American College of Chest Physicians (AC- CP) classifica i pazienti ad alto, moderato e basso rischio in rapporto all indicazione della terapia antitrombotica che stanno attuando e l eventuale presenza di comorbidità (tabella 1). Più semplice e pratica è la classificazione della Federazione Centri Sorveglianza Anticoagulati (FCSA) che, in rapporto alla particolare condizione clinica che presentano i pazienti, li suddivide in due classi di rischio: elevato e basso-moderato (tabella 2). A tale classificazione si fa riferimento nella scelta della posologia dell eparina, terapeutica o profilattica, utilizzata in caso di attuazione della terapia ponte (vedi quesito 9). 5. In linea generale, in caso di TAO nel periodo perioperatorio, quali sono i criteri da seguire per evitare complicazioni emorragiche? L attuazione di una TAO nel periodo perioperatorio deve tenere in debita considerazione il rischio di complicanze emorragiche, che possono correlarsi sia a fattori legati all intervento chirurgico/procedura invasiva sia a fattori specifici del paziente. Questi ultimi sono rappresentati tabella 2 Stratificazione del rischio di tromboembolismo secondo FCSA Classe di rischio ELEVATO Condizioni Protesi meccanica mitralica Protesi meccanica aortica non recente o associata a fibrillazione atriale Protesi valvolare con pregresso tromboembolismo arterioso Fibrillazione atriale + pregresso tromboembolismo arterioso o valvulopatia mitralica Tromboembolismo venoso recente (<1 mese) BASSO O MODERATO Tutti gli altri pazienti in terapia con anticoagulanti orali da condizioni congenite o acquisite che predispongono a manifestazioni emorragiche. Anche se il sanguinamento perioperatorio è un evento in grado (di solito) di essere trattato, esiste la dimostrazione crescente che esso costituisce una complicanza considerevole sul piano clinico, forse maggiore di quanto in precedenza ritenuto. Inoltre, il sanguinamento postintervento di norma ritarda la ripresa della TAO, con la possibilità di esporre ulteriormente i pazienti ad un maggior rischio di tromboembolismo. Per tale motivo è d obbligo, in fase pre-operatoria, la valutazione del rischio emorragico, con particolare attenzione da riservare ad alcuni interventi chirurgici o altre procedure invasive ad alto rischio (tipo e sede di intervento), alla presenza di condizioni cliniche generali e particolari del paziente (difetti/alterazioni coagulative, ad esempio per epatopatia, nefropatia), all assunzione di farmaci interferenti con l emostasi (per esempio FANS), alla possibilità di adottare idonee misure emostatiche locali. Altrettanto importante è il controllo del processo di emostasi nella fase post-operatoria.

4 Dialogo sui farmaci n. 4/2009 dossier < Quali sono le principali considerazioni pratiche nel prevenire gli eventi tromboembolici nel periodo perioperatorio? In caso di procedura chirurgica o invasiva maggiore, se lo scopo è di eliminare qualsiasi effetto di una terapia antitrombotica, occorre sospenderla in un tempo appropriato precedente l intervento, in modo che, al momento della sua attuazione, non vi sia o sia ridotto al minimo l effetto antitrombotico residuo; in tal modo si porta al livello più basso il rischio di sanguinamento nella fase operatoria. La somministrazione di un anticoagulante diretto a rapida azione, come una eparina, dopo un intervento chirurgico o un altra procedura invasiva aumenta il rischio di sanguinamento. Tale rischio dipende dalla dose dell eparina (per esempio una dose terapeutica rispetto a una profilattica) e dalla sua somministrazione attuata in vicinanza all atto operatorio (rischio di sanguinamento tanto maggiore quanto più vicino alla procedura). Anche se è dimostrato che un eparina a dose profilattica è efficace nella prevenzione del tromboembolismo venoso, manca la dimostrazione che a tale dosaggio sia altrettanto efficace nella prevenzione di quello arterioso. QUESITI SPECIFICI SULLA terapia PONTE to dal ritardato inizio delle sua attività anticoagulante. È ragionevole, quindi, ripristinare la terapia anticoagulante orale la sera del giorno dell intervento chirurgico o la mattina successiva (12-24 ore dopo l intervento) a condizione che sia stata raggiunta un emostasi adeguata. 8. Una volta sospesa la TAO come si attua la terapia ponte? Per attuare la terapia ponte sono sempre più spesso utilizzate le eparine a basso peso molecolare (EBPM), somministrate a dosaggio terapeutico (aggiustato al peso corporeo), o profilattico (di norma a dosaggio fisso) dettato dall eventuale rischio tromboembolico a cui è sottoposto il paziente. Rispetto all eparina non frazionata (ENF), le EBPM presentano numerosi vantaggi: uti- 7. Quanti giorni prima di un intervento va interrotta la TAO e dopo quanti va ripristinata? Nei pazienti che richiedono l interruzione temporanea di un anticoagulante orale antivitamina K il trattamento dovrebbe essere sospeso circa 5 giorni prima di un intervento chirurgico o di una procedura invasiva. In tal modo è possibile assicurare l assenza di un effetto anticoagulante residuale o che esso sia minimo (box 2). Quando dopo l intervento chirurgico si riprende la terapia orale con un farmaco antivitamina K, sono richieste circa 48 ore per ottenere una parziale effetto anticoagulante, con un INR >1,5. Di conseguenza, è probabile che il potenziale effetto del farmaco di favorire il sanguinamento postoperatorio venga attenualizzo più facile, anche a domicilio del paziente, azione più prevedibile, meno complicanze emorragiche, monitoraggio dell aptt non richiesto, incidenza minore di piastrinopenia, dosi profilattiche per la maggior parte delle eparine non correlate al peso del paziente, ampio consenso in letteratura. In alcune condizioni risulta tuttavia più sicura e preferibile l ENF, come, ad esempio, in caso di insufficienza renale o epatica. In presenza di tali patologie i pazienti presentano già un emostasi alterata e sono più esposti alle complicanze emorragiche, per cui, essendo possibile controllare l azione farmacologica dell ENF monitorando l aptt, si può facilmente e rapidamente neutralizzare un eventuale eccesso di eparina con solfato di protamina. Quest ultima non risulta box 2 Procedure e tempi di attuazione delle terapie ponte secondo FCSA (modificato) Timing Giorno -5 Giorno -4 Giorno -3 Almeno 12 ore prima dell intervento Procedure Sospendere la terapia anticoagulante orale con antivitamina K. Controllare INR Iniziare la terapia con eparina se il paziente è in terapia con acenocumarolo (se in range terapeutico al momento della sospensione ) secondo lo schema del box 3 e 4 Iniziare terapia con eparina se il paziente è in terapia con warfarin (se in range terapeutico al momento della sospensione) secondo lo schema del box 3 e 4 Somministrare l ultima dose di eparina Prima dell intervento Controllare INR: intervento con INR < 1,5 Mattina dopo l intervento Giorno +1 Giorno +2 Giorno +3 e successivi Dopo 2 giorni con INR >2 (o >2,5 per pazienti a target 3) Riprendere l eparina alle stesse dosi (se almeno 12 ore dopo l uscita dalla sala operatoria e se emostasi sicura) Riprendere la terapia anticoagulante orale ad una dose del 50% superiore a quella abituale (se emostasi sicura e se il paziente è in grado di assumere farmaci per os). Viene mantenuto il trattamento con eparina Proseguire la terapia anticoagulante orale ad una dose del 50% superiore a quella abituale (se emostasi sicura). Viene mantenuto il trattamento con eparina Proseguire la terapia anticoagulante orale alla dose abituale (se emostasi sicura). Viene mantenuto il trattamento con eparina Sospendere la somministrazione di eparina

5 160 > dossier Dialogo sui farmaci n. 4/2009 box 3 Posologia delle EBPM (dosi terapeutiche) per la terapia ponte in soggetti a rischio tromboembolico elevato secondo FCSA (modificato) Principio attivo (Specialità) Nadroparina (Fraxiparina, Seleparina ) Enoxaparina (Clexane ) Dalteparina (Fragmin ) Reviparina (Clivarina ) Parnaparina (Fluxum ) Bemiparina (Ivor ) Posologia giornaliera in rapporto al peso del paziente Peso Unità (ml) somministrazioni UI (0,3 ml) UI (0,4 ml) UI (0,6 ml) UI (0,8 ml) UI (0,2 ml) UI (0,4 ml) UI (0,6 ml) UI (0,8 ml) UI (0,3 ml) UI (0,4 ml) UI (0,5 ml) UI (0,6 ml) UI (0,9 ml) UI (0,3 ml) UI (0,4 ml) UI (0,6 ml) UI (0,2 ml) UI (0,4 ml) UI (0,6 ml) NOTA FCSA: Come si può osservare, la terapia ponte si realizza passando da anticoagulanti orali a EBPM utilizzate a dosi intorno al 70% rispetto a quelle terapeutiche. Tale scelta è maturata dopo aver preso atto che in Italia non viene considerato sicuro applicare le dosi terapeutiche piene nel bridging mentre è invalsa la pratica di ridurle del 30-40%. Nella scelta delle dosi raccomandate si è tenuto conto delle confezioni e dei dosaggi disponibili in Italia per le diverse EBPM anche se questo ha comportato inevitabili arrotondamenti e dunque una certa variabilità della dose pro Kg. Per enoxaparina e nadroparina la dose cui tendere è stata fissata intorno a 70 UI/Kg x 2. Per le altre eparine la dose media cui tendere è stata circa il 65% della dose terapeutica. box 4 Posologia delle EBPM (dosi profilattiche) per la terapia ponte in soggetti a rischio tromboembolico basso-moderato secondo FCSA (modificato) Principio attivo (Specialità) Nadroparina (Fraxiparina, Seleparina ) Enoxaparina (Clexane ) Dalteparina (Fragmin ) Reviparina (Clivarina ) Parnaparina (Fluxum ) Bemiparina (Ivor ) Posologia giornaliera in rapporto al peso del paziente Peso Unità (ml) somministrazioni > 50 kg UI (0,3 ml) UI (0,4 ml) UI (0,6 ml) UI (0,8 ml) UI (0,4 ml) UI (0,2 ml) UI (0,25 ml) UI (0,6 ml) UI (0,4 ml) UI (0,2 ml) altrettanto efficace nei confronto delle EBPM. In alcuni laboratori è possibile controllare l azione farmacologica delle EBPM con un metodo che misura direttamente l attività anti Fattore X; l esame è da riservare in modo specifico a pazienti con insufficienza renale, ai grandi obesi e alle donne in gravidanza (ultimo trimestre) per qualche motivo trattati con EBPM; sono pazienti in cui il dosaggio pro-chilo ha scarso valore e quindi è necessario monitorare il Fattore X. Il giorno successivo alla sospensione del trattamento anticoagulante orale con anti-vitamina K (circa 5 giorni prima dell intervento operatorio o della procedura invasiva), si dà inizio alla terapia eparinica, la cui ultima dose va somministrata almeno 12 ore prima dell intervento e ripresa il giorno successivo e in caso di emostasi sicura. È importante rispettare il timing previsto per l intervento chirurgico o la procedura invasiva, che non devono essere rimandati se non in casi eccezionali. 9. Esiste una differenziazione delle procedure e dei tempi di attuazione di una terapia ponte in soggetti ad alto e basso-moderato rischio tromboembolico? Nel box 2 sono riportate le indicazioni suggerite dalla FCSA relative alle procedure e ai tempi della loro attuazione in caso di esecuzione di una terapia ponte in pazienti a rischio tromboembolico elevato e basso-moderato. Nei box 3 e 4 sono riportate le posologie delle varie eparine indicate dalla FCSA rispettivamente in soggetti a rischio tromboembolico elevato (dosi terapeutiche) e basso-moderato (dosi profilattiche). Nel caso di interventi chirurgici o procedure invasive da effettuare su pazienti con rischio tromboembolico basso-moderato, la FCSA raccomanda le stesse procedure previste per pazienti a rischio elevato, con l eccezione della posologia delle EBPM, in questo caso di tipo profilattico e non correlate al peso del paziente (eccezione: nadroparina, reviparina). Dal punto di vista pratico è consigliabile utilizzare la EBPM con cui si ha più familiarità onde evitare confusione di dosaggio.

6 Dialogo sui farmaci n. 4/2009 dossier < Quali esami di laboratorio conviene eseguire per monitorare lo stato emocoagulativo? Nel periodo preoperatorio è necessario controllare l INR nel periodo di tempo che intercorre tra l interruzione del farmaco antivitamina K e l atto chirurgico. Per decidere quando iniziare l EBPM è utile un controllo del PT al giorno -5 o -6. Un INR va misurato prima della chirurgia o della manovra invasiva, di preferenza 1-2 giorni prima, per confermare un INR normale o quasi normale e, in pazienti con INR elevato (ad esempio >1,5), per somministrare una piccola dose di vitamina K (1-2 mg) per os (Konakion 1-2 gocce). L utilizzo di vitamina K in questa fase evita di dover ricorrere alla somministrazione di plasma o di altri derivati del sangue assicurando che l INR si è normalizzato entro il giorno dell intervento chirurgico. 11. Quali sono le condizioni cliniche in cui non conviene sospendere la terapia antitrombotica orale? In caso di interventi chirurgici o procedure invasive di minore impegno, qualora risulti facile attuare e controllare l emostasi. In linea di massima tali situazioni sono rappresentate da: la maggior parte delle procedure chirurgiche cutanee; procedure odontoiatriche semplici (interventi sulla gengiva, drenaggio di ascessi, estrazioni semplici di 1 o 2 denti); endoscopia gastrointestinale (esofagogastroduodenoscopia, sigmoidoscopia, colonscopia con o senza biopsia, pancreo-colecistografia, endoscopica retrograda, ER- CP diagnostica); intervento per cataratta con uso di anestesia topica; cistoscopia a scopo diagnostico; infiltrazioni in tessuti molli e articolari; ecocardiografia per via transesofagea; punture e cateterismi di vene ed arterie superficiali; puntura sternale e biopsia osteomidollare. Se sono richiesti tali interventi, non si raccomanda di sospendere la terapia anticoagulante orale, che potrebbe anzi rappresentare un cattivo comportamento clinico in quanto si verrebbero a creare condizioni in cui è predominante il rischio tromboembolico rispetto a quello emorragico. È comunque essenziale monitorare costantemente il valore di INR, che deve essere nel range terapeutico (tra 2 e 3) almeno il giorno prima della procedura invasiva, meglio se lo stesso giorno. L adesione a questo comportamento incontra una certa difficoltà in caso di effettuazione di endoscopie digestive, a causa del timore di eventi emorragici nell eventualità si presenti la necessità di operatività endoscopica (polipectomia, macrobiopsie). 12. Quale è il comportamento da seguire in pazienti sottoposti ad antiaggregazione piastrinica che necessitano di intervento chirurgico? Un numero crescente di pazienti è in trattamento con farmaci antiaggreganti piastrinici, soprattutto acido acetilsalicilico e clopidogrel (o ticlopidina, farmaco analogo al clopidogrel), per la prevenzione primaria e secondaria di infarto del miocardio, ictus, per la prevenzione della trombosi degli stent coronarici dopo impianto, valvola cardiaca e arteriopatia obliterante degli arti inferiori. Questi pazienti presentano uno spettro ampio e variabile di rischio cardiovascolare, in gran parte correlato all indicazione clinica per la quale è prescritta la terapia antiaggregante e al fatto che sia attuata per la prevenzione primaria o secondaria della patologia cardiovascolare. Mancando una scala di stratificazione dei benefici ottenibili dalla terapia antiaggregante nel periodo perioperatorio, la decisione da prendere se interromperla o meno temporaneamente va valutata nel singolo paziente in rapporto alla sua particolare condizione cardiovascolare. I soggetti a basso rischio di eventi cardiovascolari nel periodo perioperatorio, in cui l interruzione temporanea degli antiaggreganti non dovrebbe determinarne un aumento, comprendono coloro che ricevono la terapia antiaggregante (generalmente ASA) per la prevenzione primaria dell infarto del miocardio o dell ictus. Tra i pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari, in cui può essere preferibile la prosecuzione della terapia antiaggregante nel periodo perioperatorio, vi sono coloro che di recente (3-6 mesi prima) sono stati sottoposti ad impianto di stent coronarico e, in minore misura, gli infartuati da non più di 3 mesi. Se in tali soggetti si decide l antiaggregazione nel periodo perioperatorio, va valutata la possibilità di eventi cardiovascolari rispetto al rischio e l impatto clinico di un eventuale sanguinamento che la chirurgia prevista può provocare. 13. Quanto tempo prima dell intervento chirurgico deve essere interrotta una terapia antiaggregante piastrinica se si desidera che il suo effetto sia assente al momento della chirurgia? Il tempo in cui sospendere la terapia può variare a secondo dell antiaggregante utilizzato. Nei pazienti trattati con ASA, che inibisce irreversibilmente la funzione piastrinica, se si desidera che l effetto antiaggregante sia assente al momento della chirurgia, si deve interrompere la terapia 7-10 giorni prima dell intervento, tempo che corrisponde alla durata media delle piastrine. Di conseguenza, dopo 4-5 giorni di interruzione dell ASA si avrà un 50% di piastrine con funzione normale, mentre dopo 7-10 giorni saranno normalmente funzionali per oltre il 90%. Anche nei soggetti in trattamento con clopidogrel o ticlopidina, derivati tienopiridinici che inibiscono irreversibilmente l attivazione e l aggregazione delle piastrine, il trattamento deve essere interrotto 7-10 giorni prima dell intervento chirurgico. Un altro antiaggregante è il dipiridamolo, farmaco utilizzato in combinazione con ASA nella prevenzione secondaria dell ictus in soggetti con patologia cerebrovascolari: dovrebbe essere interrotto 7-10 giorni prima di un intervento chirurgico elettivo per consentire la scomparsa dell effetto antiaggregante di entrambi i farmaci. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), per assicurare che non esercitino un effetto antipiastrinico residuale al momento della chirurgia, dovrebbero essere interrotti per un tempo che corrisponde a 5 emivite di eliminazione.

7 162 > dossier Dialogo sui farmaci n. 4/2009 Per FANS, con emivita breve, da 2 a 6 ore, (ibuprofene, diclofenac, ketoprofene, indometacina), la terapia va interrotta il giorno prima dell intervento chirurgico. Per FANS con un tempo di emivita intermedio da 7 a 15 ore (naprossene, sulindac, diflunisal, celecoxib), il trattamento va interrotto 2 o 3 giorni prima dell intervento chirurgico. Infine, per i FANS, con emivita di lunga durata, > 20 ore (meloxicam, nabumetone, piroxicam), la terapia va interrotta 10 giorni prima dell intervento chirurgico. 14. Quando va ripresa la terapia antiaggregante dopo un intervento chirurgico? Nei soggetti in cui è stata sospesa temporaneamente la terapia con ASA o con clopidogrel (o ticlopidina), si suggerisce la ripresa dopo circa 24 ore dall intervento chirurgico (o il mattino successivo), a condizione che sia assicurata e raggiunta un adeguata emostasi. 15. In caso di sospensione di una terapia antiaggregante piastrinica è necessario attuare una terapia ponte con eparina? Di norma, non trova alcuna ragione l attuazione di una terapia ponte con una EBPM in caso di sospensione di una terapia antiaggregante piastrinica; importante è che sia interrotta e ripresa nei tempi stabiliti. Un problema del tutto particolare è posto dai pazienti in terapia antiaggregante piastrinica in seguito a impianto di stent non medicato o stent medicato nelle arterie coronarie, e ciò a causa degli elevati rischi trombotici se la doppia terapia antiaggregante viene interrotta. Qualora questi pazienti debbano sottoporsi a chirurgia non cardiaca, vi è un marcato aumento del rischio di trombosi dello stent coronarico nel periodo post-operatorio per cui è sorto il quesito se la terapia ponte sia in questi casi giustificata. In caso affermativo, può consistere nella somministrazione di una EBPM (o di ENF) con modalità simile a quella dei pazienti che richiedono l interruzione temporanea della TAO, anche se questo approccio non è stato formalmente studiato per valutarne l efficacia e deve essere pesato rispetto a un potenziale aumento di rischio di sanguinamento post-operatorio. È buona norma che gli interventi in elezione nei periodi critici (un mese per gli stent non medicati e 6 mesi - 1 anno per i medicati) vadano possibilmente posposti. Se indispensabili subito va mantenuto un antiaggregante (clopidogrel) e sospeso l acido acetilsalicilico. Gli indirizzi dell American College of Chest Physicians 2008 sono i seguenti: Nei soggetti con stent coronarico non medicato, che richiedono un intervento chirurgico entro 6 settimane dall impianto, si raccomanda di continuare l impiego di acido acetilsalicilico e clopidogrel nel periodo perioperatorio. Nei soggetti con stent coronarico medicato, che richiedono un intervento chirurgico entro 12 mesi dall impianto, si raccomanda di continuare a utilizzare acido acetilsalicilico e clopidogrel nel periodo perioperatorio. Nei pazienti con stent coronarico, che interrompono la terapia antiaggregante prima della chirurgia, non viene suggerito l impiego di routine della terapia ponte con EBPM, ENF, inibitori diretti della trombina o glicoproteina Ilb/IIIa inibitori (tirofiban o eptifibatide). Nel periodo post-operatorio può essere indicato l utilizzo di una EBPM per la profilassi del TEV conseguente ad allettamento protratto o ad altri fattori di rischio di TEV che il paziente dovesse presentare. Conclusioni 16. Per quali ragioni il Medico di Medicina Generale è coinvolto nella gestione della terapia ponte e cosa può fare? Le motivazioni sono di seguito riportate. Sempre più di frequente pazienti sottoposti a trattamento con antivitamina K o antiaggreganti piastrinici, candidati alla chirurgia o a altra procedura invasiva, iniziano a domicilio la preparazione all intervento, e talora alla terapia ponte, per cui il MMG è direttamente coinvolto nella gestione e sorveglianza di questa delicata procedura terapeutica. Il MMG è in possesso del dato anamnestico relativo ad una eventuale precedente terapia a base di eparina e al tempo trascorso dalla sua attuazione, dato che obbliga a una maggiore sorveglianza clinica verso l insorgenza di piastrinopenia eparinica (DsF 2007; 6: 262-9), più probabile in soggetti trattati con tale farmaco nei tre mesi precedenti. Il MMG conosce e può verificare le condizioni cliniche del proprio assistito in cui è sconsigliata la sospensione della terapia anticoagulante (tabella 2 e quesito 11), condizioni da rappresentare e discutere con lo specialista che dovrà attuare un intervento/procedura invasivi. Se non già in possesso dei risultati di indagini recenti, al fine di ottenere i valori basali, il MMG prescrive le analisi relative a: emocromo, funzionalità renale ed epatica (al fine di escludere anemia), piastrinopenia (con valori < l eparina potrebbe essere controindicata), insufficienza renale cronica (con clearance <30 ml/min può essere controindicato l uso di EBPM a favore di ENF, oppure utilizzata una EBPM a dosaggio profilattico) e insufficienza epatica grave. Il MMG verifica l effettiva comprensione delle raccomandazioni suggerite al paziente e della sua adesione alle procedure prefissate; provvede al controllo del valore INR il giorno prima dell intervento/ricovero; raccomanda l ora precisa dell ultima somministrazione di eparina. Il MMG, anche tenendo conto della riduzione dei tempi di degenza ospedaliera, può essere coinvolto nella gestione post-operatoria del paziente a livello domiciliare, ma ricevendo le indicazioni dal chirurgo/operatore che avrà valutato il sanguinamento in generale, le perdite dai drenaggi e l eventuale caduta di emoglobina. Il MMG verificherà quindi la corretta ripresa della TAO con la contemporanea somministrazione di EBPM fino a ottenere un INR tra 2 e 3 per due controlli successivi e quindi farà sospendere l EBPM.

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