Trauma Cranico. Editoriale. In questo numero. Nel prossimo numero. Contatti. Full text pdf

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1 In questo numero Expert opinions Novità sulla PIC? Ipotermia terapeutica Cochrane: Mannitolo Trauma cranico e nuovi anticoagulanti Nursing nel trauma cranico Dexmedetomidina Extraopsedaliero: ipertonica. Pillole di metodologia Trauma cranico lieve Nel prossimo numero Trauma Pelvico Contatti Per commenti e contributi clicca Redazione TJC o scrivi a tjc@ircouncil.it Full text pdf trauma-journal-club Trauma Cranico Editoriale L incidenza del trauma cranico in Europa è stimata attorno ai 235 casi per abitanti per anno, in Italia in base a questi dati ci si aspetta di avere pazienti per anno. Il trauma cranico rappresenta, per frequenza e per impiego di risorse, uno dei maggiori problemi sanitari, risultando la prima causa di morte in Italia fra i 15 ed i 44 anni. L incidenza di pazienti in coma dopo trauma cranico è di circa casi per abitanti per anno ( pazienti in coma all anno). Questi numeri insieme al desiderio di fornire ai colleghi lo stato dell arte su alcuni quesiti clinici hanno portato a dedicare il secondo numero del 2014 al tema del trauma cranico. Rispetto al numero precedente il comitato di redazione (che ringrazio per il gran lavoro svolto) ha stimolato alcuni ad effettuare una revisione della letteratura, per avere quando possibile delle risposte chiare a domande quali: come ci si deve comportare con un paziente con emorragia intracranica conseguente a trauma in terapia con i nuovi anticoagulanti orali? oppure la Dexmedetomidina potrà un giorno essere utilizzata nel trauma cranico? argomenti su cui non ci sono ancora indicazioni evidence based, e proprio per questo fonte di maggior difficoltà per il clinico. E con grande soddisfazione che vi offriamo due estratti dalla recente letteratura accompagnati dall opinione pag 1

2 degli esperti su argomenti ancora dibattuti, quali le applicazioni cliniche del monitoraggio della pressione endocranica e l utilizzo dell ipotermia terapeutica nel trauma cranico, e un approfondimento su tematiche assistenziali di fondamentale importanza nel paziente con lesioni cerebrali. Come nel numero precedente abbiamo avuto la possibilità di mantenere la rubrica curata dal metodologo che in questo caso ci aiuta ad andare oltre i luoghi comuni sulle revisioni sistematiche e narrative. Applicando la struttura tipica del TJC: riassunto di un articolo e commento vengono affrontati i quesiti sull utilizzo dell ipertonica nell extraospedaliero e gli aspetti assistenziali. Infine il tema del trauma cranico lieve è stato trattato mettendo a confronto due protocolli clinici in uso in due ospedali italiani.' Come nel numero precedente si è cercato di dare spazio a temi diversi, in modo da fornire supporto all attività dei medici e degli infermieri che lavorano quotidianamente sul trauma. Uno degli obiettivi che si pone il TJC è quello di costituire uno strumento di confronto tra i diversi centri italiani che trattano il trauma, per raggiungere questo ambizioso obiettivo è necessaria una larga partecipazione, per cui in queste pagine non ci stancheremo di sottolineare, che queste rivista è aperta al contributo di tutti. In quest ottica il comitato di redazione si auspica per il prossimo numero, dedicato al trauma pelvico, di ricevere suggerimenti, contributi, commenti all indirizzo tjc@ircouncil.it. Buona lettura a tutti' Dott. Luca Delpiano, Torino pag 2

3 INDICE Editoriale p.1' 1. Applicazioni cliniche del monitoraggio della pressione intracranica in pazienti con lesione cerebrale traumatica p4' Expert opninion p9' Cochrane:mannitol for acute traumatic brain injury. p10' 2. Soluzioni ipertoniche nel preospedaliero per la gestione del trauma cranico severo p12' 3. Il valore dell ipotermia terapeutica nell adulto dopo trauma cranico. p15' Expert opinion p18' 4. Trauma Cranico e complicanze emorragiche in pazienti trattati con nuovi anticoagulanti orali (NOACs). p20' 5. Sedazione nel trauma cranico: la DEXMEDETOMIDINA sarà utilizzabile in futuro? p29' 6. Trauma cranico lieve: due protocolli clinici a confronto. p33' PILLOLE DI METODOLOGIA PER UNA LETTURA CRITICA. p40' 7. Indicatori fisiologici e comportamentali del dolore nei pazienti con trauma cranico grave_ p43' 8. Gli effetti delle cure igieniche orali sulla pressione intracranica p46' 9. L effetto delle manovre di nursing sulla pressione endocranica in pazienti pediatrici con trauma cranico. p48' 10. Gli effetti degli interventi assistenziali sulla Pressione IntraCranica (PIC). p50' pag 3

4 1. Applicazioni cliniche del monitoraggio della pressione intracranica in pazienti Acta Neurochir con lesione DOIcerebrale /s traumatica. Sintesi a cura di Dott.ssa Alice F. Mistretta, Torino Clinical applications of intracranial pressure monitoring in traumatic brain injury Stocchetti N, Picetti E, Berardino M, Buki A, Chesnut R.M. et al. Acta Neurochir. May Ac t a Nu e ro c h i r. I F Consensus Conference Introduzione Da decadi il monitoraggio della pressione intracranica (ICP) è considerato str umento fondamentale nella gestione del trauma cranico. Le lineeguida internazionali raccomandano il monitora g gio della pressione CLINICAL ARTICLE - CONFERENCE REPORT Clinical applications of intracranial pressure monitoring in traumatic brain injury Report of the Milan consensus conference Nino Stocchetti & Edoardo Picetti & Maurizio Berardino & Andràs Buki & Randall M. Chesnut & Kostas N. Fountas & Peter Horn & Peter J. Hutchinson & Corrado Iaccarino & Angelos G. Kolias & Lars-Owe Koskinen & Nicola Latronico & Andrews I. R. Maas & Jean-François Payen & Guy Rosenthal & Juan Sahuquillo & Stefano Signoretti & Jean F. Soustiel & Franco Servadei Received: 28 April 2014 /Accepted: 2 May 2014 # Springer-Verlag Wien 2014 Abstract Background Intracranial pressure (ICP) monitoring has been for decades a cornerstone of traumatic brain injury (TBI) management. Nevertheless, in recent years, its usefulness has been questioned in several reports. A group of neurosurgeons and neurointensivists met to openly discuss, and N. Stocchetti Department of Physiopathology and Transplant, Milan University, Neuro ICU, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milan, Italy E. Picetti (*) Division of Anesthesia and Intensive Care, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Via Gramsci 14, Parma, Italy edoardopicetti@hotmail.com M. Berardino Anesthesia and ICU, Orthopedic and Trauma Hospital, AOU Città della Salute e della Scienza, Turin, Italy A. Buki Department of Neurosurgery, University of Pécs and Clinical Neuroscience Image Center of Hungarian Academy of Sciences (HAS), Pécs, Hungary R. M. Chesnut Department of Neurological Surgery, University of Washington School of Medicine, Seattle, WA, USA R. M. Chesnut Department of Orthopaedic Surgery, University of Washington School of Medicine, Seattle, WA, USA R. M. Chesnut University of Washington School of Global Health, Seattle, WA, USA provide consensus on, practical applications of ICP in severe adult TBI. Methods A consensus conference was held in Milan on October 5, 2013, putting together neurosurgeons and intensivists with recognized expertise in treatment of TBI. Four topics have been selected and addressed in pro-con presentations: 1) K. N. Fountas Department of Neurosurgery School of Medicine, University of Thessaly, Larissa, Greece P. Horn Department of Neurosurgery, Dr. Horst Schmidt Klinik (HSK), Wiesbaden, Germany P. J. Hutchinson: A. G. Kolias Division of Neurosurgery, Department of Clinical Neurosciences, Addenbrooke s Hospital & University of Cambridge, Cambridge Biomedical Campus, Cambridge, UK C. Iaccarino: F. Servadei Division of Neurotraumatology-Neurosurgery, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, ASMN-IRCCS Reggio Emilia, Parma, Reggio Emilia, Italy L.<O. Koskinen Department of Neurosurgery, Umeå University Hospital, Umeå, Sweden N. Latronico Department of Anesthesia and Critical Care Medicine, University of Brescia at Spedali Civili, Brescia, Italy A. I. R. Maas Department of Neurosurgery, University Hospital Antwerp, Antwerp, Belgium intracranica non solo nei pazienti con grave trauma cranico e lesioni evidenti alla TC encefalo, ma anche in un sottogruppo di pazienti con trauma cranico severo con TC negativa, qualora vi siano alterazioni sistemiche che possano predisporre allo sviluppo di ipertensione intracranica. ' L utilità del monitoraggio della pressione intracranica é stata posta in discussione da Chesnut nel 2012 con uno studio randomizzato controllato pubblicato sul NEJM. Chesnut compara due diversi protocolli di gestione: uno basato sul monitoraggio ICP, l altro sulla valutazione clinica e sul controllo seriato TC. L outcome delle due strategie è risultato comparabile. Alcune obiezioni sono state sollevate in merito alla potenza statistica del campione e alle peculiarità del paese in cui è stato condotto lo studio (qualità del soccorso preospedaliero e possibilità di riabilitazione alla dimissione dalla terapia intensiva). ' Questo e altri studi pubblicati negli ultimi anni hanno reso necessario puntualizzare le indicazioni al monitoraggio della ICP.' pag 4

5 Metodi Neurochirurghi e neurointensivisti con riconosciuta esperienza si sono riuniti per una conferenza di consenso. Sono stati individuati quattro specifiche situazioni cliniche nell ambito del trauma cranico severo (definito da GCS inferiore a 9 dopo stabilizzazione emodinamica e respiratoria in assenza di agenti anestetici e paralizzanti) nelle quali puntualizzare le indicazioni al monitoraggio ICP:' Danno cerebrale diffuso' Contusione cerebrale' Craniotomia decompressiva' Evacuazione di ematoma intracranico sopratentoriale' Di seguito le raccomandazioni prodotte dalla consensus conference.' 1. Danno cerebrale diffuso Indicazioni al monitoraggio ICP:' In pazienti con trauma cranico grave e prima TC encefalo normale, il monitoraggio routinario dell ICP non è raccomandato. A causa della possibilità di peggioramento successivo alla prima TC encefalica si raccomanda di eseguire una seconda TC a distanza. Il deterioramento neurologico impone il controllo TC in urgenza.' Si raccomanda il monitoraggio della ICP nei pazienti che presentano minimi segni di lesione alla prima TC (petecchie, emorragia subaracnoidea post-traumatica) e che alla seconda TC mostrino evoluzioni come ad esempio lo sviluppo di una contusione o compressione delle cisterne basali.' I pazienti che presentano alla prima valutazione TC una lesione diffusa in presenza di segni di edema (cisterne compresse/assenti) dovrebbero avere il monitoraggio di ICP.' Discussione: Per le lesioni diffuse, alcuni autori classificano come tali anche l edema cerebrale, universalmente' vengono invece incluse: le lesioni cerebrali multiple, il danno assonale diffuso, il danno ipossico e' l atrofia corticale e sottocorticale. In particolare, il danno assonale diffuso (DAI) è stato definito come' consistente in focolai microemorragici multipli secondari allo stiramento e strappamento delle fibre' nervose con sede caratteristica a livello delle strutture mediane del SNC, come il corpo calloso, i gangli della base e la parte rostrale del tronco encefalico. Le linee guida della Brain trauma Foundation (BTF) indicano, con un livello II di evidenza, il monitoraggio della ICP in tutti i pazienti' con GCS dopo stabilizzazione di 3-8 e anormalità alla TC encefalica. Inoltre, con un livello III di evidenza sostengono l indicazione al monitoraggio di ICP in pazienti con trauma cranico grave e TC encefalica normale in associazione a due o più delle seguenti caratteristiche presenti all ammissione:' età maggiore di quarant anni, asimmetria nella risposta motoria ed ipotensione.' Queste raccomandazioni si basavano su studi di di Narayan et coll (1982) e Lobato (1986) che dimostravano un aumentata incidenza di ipertensione intracranica nei pazienti con trauma cranico acuto e tac normale. Analogamente, nel 1991 Toutant et al osservavano che il 74% dei pazienti con cisterne basali assenti presentavano valori di ICP maggiore di 30 mmhg. Una certa correlazione tra il quadro TC, valutato con lo schema di Marshall ed ipertensione endocranica è stata descritta, specie in presenza di cisterne basali assenti. Veniva infine riconosciuto un fattore di rischio aggiuntivo di ipertensione endocranica nei pazienti con danno assonale diffuso, politrauma, shock emorragico, coagulopatia.' I meccanismi che causano ipertensione endocranica nel danno cerebrale diffuso non sono bene' identificati. Possibili cause di incremento del volume possono essere l ingorgo vascolare, l alterazione' dell autoregolazione cerebrale, l edema vasogenico.' pag 5

6 2. Contusione cerebrale Indicazioni al monitoraggio ICP:' È indicato il monitoraggio ICP nei pazienti con contusione cerebrale traumatica, in cui sia inopportuna la sospensione della sedazione, in presenza di segni radiologici di ipertensione endocranica, di insufficienza respiratoria grave, di patologie extracraniche che richiedano interventi chirurgici di emergenza o quando l esame clinico non è completamente affidabile come in presenza di trauma maxillo-facciale o di lesione del midollo spinale.' Nei pazienti che presentano un estesa contusione cerebrale traumatica frontale e/o una lesione vicina al tronco cerebrale indipendentemente dall iniziale score GCS. La sonda per il monitoraggio ICP dovrebbe essere posizionata sulla sede della contusione più estesa.' Esiste un incertezza circa i benefici del monitoraggio di ICP nei pazienti anziani. Si raccomanda un controllo TC ravvicinato per individuare l evoluzione dell effetto massa, dell ipodensità perilesionale, dello shift della linea mediana, della compressione delle cisterne basali."' L assetto coagulativo e la conta piastrinica sono elementi di rischio di estensione della contusione.' Discussione: Può essere osservata fino all 8.2% di tutti i traumi cranici gravi. L incidenza di lesione parenchimale' traumatica può essere fra il 13-35% dei casi di grave trauma cranico costituendo circa il 20% di tutta le' indicazioni chirurgiche.' La principale preoccupazione della contusione cerebrale traumatica é la potenziale evoluzione del' processo occupante spazio: espansione emorragica, incremento di edema perilesionale e/o comparsa' di nuove contusioni in un cervello precedentemente normale. Fattori di rischio di progressione sono:' emorragia subaracnoidea post-traumatica, ematoma subdurale acuto, volume della contusione superiore ai 5 cm3, ipotensione arteriosa, coagulopatia ed età avanzata.' L evoluzione in termini di aumento di volume intracranico è normalmente descritto con due picchi' temporali: una fase precoce, entro ore dall evento principalmente dovuto all evoluzione dell ematoma; ed una fase tardiva che dura 5-10 giorni dopo l evento dovuto ad un incremento dell edema perilesionale.' Quando l evacuazione della contusione é eseguita come procedura in emergenza entro 24 ore dall evento, la principale indicazione chirurgica é data dall effetto massa visualizzabile alle immagini TC eseguite all ammissione.' Al contrario, in caso di evacuazione chirurgica ritardata, le principali indicazioni chirurgiche sono:' Incremento della dimensione dell ematoma e shift della linea mediana;' Deterioramento clinico e/o incremento dell ICP quando monitorata.' La principale determinante per qualsiasi decisione chirurgica in caso di contusione cerebrale traumatica é la combinazione della valutazione clinica e dei segni radiologici.' Esami neurologici seriati sono la prima e più semplice modalità di monitoraggio. La sospensione della' sedazione però può essere pericolosa e difficile in pazienti con segni radiologici di ipertensione endocranica, insufficienza respiratoria, o perché sottoposti a procedure extracraniche d emergenza. Quando il monitoraggio clinico non è possibile, il monitoraggio ICP può essere importante per riconoscere lesioni in evoluzione e facilitare una rapida risposta.' L incremento emorragico delle contusioni cerebrali non sempre è accompagnato da evoluzione clinica, poiché i parametri radiologici e clinici possono non avere lo stesso corrispettivo evolutivo.' pag 6

7 Basarsi pertanto solo sull imaging non può essere sicuro. Il monitoraggio ICP può aiutare nei casi a' rischio di ulteriore deterioramento.' Peterson e Chesnut hanno dimostrato, grazie al monitoraggio di ICP, la pericolosità evolutiva della contusione cerebrale traumatica frontale. Il deterioramento in questi pazienti si manifesta in modo repentino per dislocazione posteriore del tronco cerebrale senza quei segni premonitori di lateralizzazione generalmente osservati nei pazienti con erniazione temporale uncale.' Altro aspetto da considerare, indipendentemente dall evoluzione volumetrica della lesione, é la compliance cerebrale, aumentata nei pazienti anziani per atrofia. In tali pazienti considerata la possibilità di accogliere un maggior volume di contusione in assenza di deterioramento neurologico, l ipertensione endocranica non rappresenta un problema frequente.' Nei pazienti affetti da lesioni cerebrali focali, si possono osservare, grazie al monitoraggio della ICP gradienti pressori sopratentoriali interemisferici che anticipano il deterioramento neurologico.' 3. Craniotomia decompressiva Indicazioni al monitoraggio ICP:' La procedura è generalmente raccomandata in seguito a craniectomia decompressiva al fine di' valutarne l efficacia terapeutica iniziale e come guida per ulteriore terapia.' Discussione: Per craniectomia decompressiva (DC) primaria si definisce la rimozione di una larga parte di teca' cranica dopo evacuazione precoce di ematoma intracranico.' La DC secondaria invece può essere intrapresa successivamente nei pazienti con lesioni craniche acute ricoverati in terapia intensiva e sottoposti a monitoraggio di ICP.' Con il ritorno di interesse di questa opzione chirurgica, diversi studi hanno valutato l utilità del monitoraggio di ICP prima e dopo l intervento di decompressione osteodurale.' Considerando che tali studi comprendevano casi di ipertensione endocranica refrattaria alla terapia medica, in nessuno era evidente che la craniectomia decompressiva potesse determinare un efficace riduzione dell ipertensione endocranica; esiste comunque evidenza che l elevazione dell ICP avvenisse anche in seguito alla decompressione stessa.' 4. Evacuazione di ematoma intracranico sopratentoriale Indicazioni al monitoraggio ICP:' Dovrebbe essere preso in considerazione il monitoraggio di ICP, dopo evacuazione di ematoma intracranico nei pazienti con le seguenti caratteristiche e con un incrementato rischio di ipertensione endocranica:' Dati di imaging e clinici preoperatori:' GCS motorio inferiore o uguale a 5 (comunque per pazienti giudicati salvabili)' Anormalità pupillare (anisocoria o midriasi bilaterale)' Prolungata/grave ipossia e/o ipotensione' Cisterne basali compresse o obliterate' Shift e della linea mediana maggiore di 5 mm' Shift della linea mediana che ecceda lo spessore dell ematoma extra assiale' Ematoma extra assiale, lesione parenchimale come contusione o rigonfiamento cerebrale" caratteristiche ' Elementi clinici intraoperatorie:' edema cerebrale' pag 7

8 caratteristiche cliniche sistemiche:' lesioni extracraniche gravi associate come trauma toracico grave, ' necessità di inter venti chir urgici multipli che possano richiedere più anestesie e prolungate analgo/sedazioni. ' In questi pazienti non è facile eseguire una osser vazione neurologica seriata e pertanto deve' essere preso in considerazione l opzione del monitoraggio.' In assenza di monitoraggio ICP a seguito di rimozione di ematoma intracranico, diventa necessaria' una TC encefalo post-operatoria.' Discussione: Lo sviluppo di ematoma intracranico può avvenire in più del 45% dei casi di tutti i traumi cranici' gra vi. Possiamo osser vare lo sviluppo di ematomi: extradurale (EDH), subdurale (SDH) intraparenchimale (ICH) o una loro combinazione.le linee guida della Brain Trauma Foundation comprendono raccomandazioni all evacuazione per i diversi tipi di ematomi; indicazioni che sono basate sulle caratteristiche cliniche (GCS score- pupille), parametri radiologici (dimensioni ed effetto massa), valori di ICP preoperatoria in pazienti inizialmente gestiti con solo terapia medica.numerosi studi di coorte hanno dimostrato come l ipertensione endocranica A cura di Dott.ssa Alice F. Mistretta, Torino Commento La ricerca e la scelta di tale articolo provengono dall esigenza di migliorare la gestione del traumatizzato cranico. Il trauma cranico costituisce uno dei più importanti problemi affrontati nella nostra realtà ospedaliera il cui outcome é pesantemente influenzato dalla qualità del trattamento fin dalle prime ore dall evento traumatico e dai successivi fattori sistemici di aggravamento.' Nel corso degli ultimi anni la prognosi è migliorata grazie a molteplici fattori: la migliore conoscenza della fisiopatologia del trauma e il riconoscimento dei meccanismi alla base della lesione cerebrale; il sempre miglior supporto della diagnostica (TAC e Risonanza Magnetica); la gestione medica globale del paziente traumatizzato ed il riconoscimento del valore del trattamento plurispecialistico; l esistenza di linee guida comuni in grado di indicare i principi standard di trattamento e il riconoscimento del ruolo fondamentale della riabilitazione.' Rimane ancora un punto di discussione aperto i neurochirurghi: l applicazione del monitoraggio della pressione intracranica nel paziente con trauma cranico. Mi permetto di suggerire che l informazione sia utile più per il neurointensivista nella gestione di tali pazienti che non per il neurochirurgo, il quale nel momento in cui non pone indicazioni chirurgiche lascia il paziente in mano al Rianimatore. Se è vero il mantenimento di un omeostasi sistemica migliori l'outcome dello stesso, risulta fondamentale il monitoraggio della pressione intracranica come guida nel trattamento.' Ma quale sono le condizioni in cui si può aprire un dibattito costruttivo con il neurochirurgo?' Le nuove raccomandazioni elencate in tale documento offrono suggerimenti specifici che permettono di orientare ma g giormente il neurorianimatore nella scelta di posizionare il monitoraggio della pressione intracranica.' sia indipendentemente associata ad un più alto rischio di morte a seguito del trauma cranico. Molti degli studi riguardano il monitoraggio di ICP a seguito di evacuazione di ematoma subdurale acuto.' Questo perché rappresenta approssimativamente i due terzi dei pazienti con danno cerebrale sottoposti a chirurgia cranica di emergenza. Miller et al e Wilberger et al dimostrarono, nel loro pag 8

9 gruppo di pazienti sottoposti a craniotomia per SDH, un elevata mortalità a causa di una incontrollata ICP nel periodo postoperatorio.' EDH solitamente si presenta come una lesione isolata in assenza di lesione parenchimale ed edema; la mortalità aumenta nel sottogruppo di pazienti che presentano edema emisferico o contusioni multifocali. Nonostante un basso livello di evidenza è riconosciuta l importanza del monitoraggio della ICP dopo evacuazione di ematoma nel trauma cranico grave.' EXPERT OPINION Ho poco da aggiungere al commento della mia collega che presenta bene lo spirito del mio gruppo. Per anni mi sono sentito dire manca un prospettico randomizzato di classe prima da quei colleghi che non ritenevano il presidio utile e che, dopo il lavoro di Chestnut, ora dicono hai visto che non serve a niente?. La discussione in questi termini mi sembra stucchevole. Il lavoro di Chestnut ha un messaggio ben chiaro che lui stesso poi in una serie di editoriali ha provato a spiegare. Non si discute se il monitoraggio della pressione endocranica serva o meno, occorre solo essere un po meno dogmatici sui quei 20 mmhg di soglia, non si può pretendere di correlare ad un singolo presidio l esito di un danno cerebrale, fingendo di non sapere che lo stesso dipenda da una serie infinita di variabili che partono dai tempi e dai modi in cui abbiamo soccorso il paziente in strada, da quello che abbiamo fatto in Pronto Soccorso e poi in Terapia intensiva ed in Riabilitazione (se siamo riusciti a mandarceli).' In altre parole il monitoraggio della Pressione Endocranica ce lo dobbiamo meritare: è la ciliegina sulla torta di una buona catena del soccorso e di una buona terapia intensiva. Con una base così è impossibile non avere la dimostrazione costante che serva a scegliere il momento in cui fare il mannitolo, a modulare la sedazione prima del nursing, ad intuire quando il paziente sta peggiorando e quindi a decidere per tempo se operare, se decomprimere; nello stesso modo ci suggerisce quando si possa pensare ad un divezzamento dal trattamento intensivo. ' Infine il monitoraggio della pressione endocranica è uno strumento che serve sia all Intensivista sia al Neurochirurgo. Dobbiamo sforzarci di prendere la decisione insieme fin dall inizio, indipendentemente da chi poi la posizioni, perché nel momento in cui la pressione endocranica sale, la decisione su cosa fare la dobbiamo prendere insieme e, spesso, la decisione migliore, se si decide di intervenire, è quella chirurgica. ' L articolo pubblicato su Acta Neurochirurgica posto alla vostra attenzione con la sintesi di A.F. Mistretta ha proprio questo spirito: leggendo in modo attento la letteratura, colleghi che quotidianamente trattano i traumi cranici in Centri di riconosciuto buon livello, ragionano su quanto oggi sia sensato fare. ' Buon lavoro.' Dr. Maurizio Berardino, Anestesia e TI - C.T.O. A.O. Città della Salute e della Scienza, Torino pag 9

10 COCHRANE: MANNITOL FOR ACUTE TRAUMATIC BRAIN INJURY Wakai A, McCabe A, Roberts I, Schierout G.' Cochrane Database of Systematic Reviews 2013, Issue 8.' Introduzione Le soluzioni a base di mannitolo rappresentano un efficace strumento di trattamento dell ipertensione endocranica secondaria ad edema cerebrale. Possedendo, infatti, funzione di diuretico osmotico, il mannitolo è in grado di richiamare liquidi dall ambiente extravascolare verso il compartimento intravascolare, promuovendo la riduzione dell edema. Tuttavia, esso non è scevro da potenziali effetti collaterali, tra cui ipovolemia ed ipotensione, secondarie allo stimolo diuretico, ed incremento paradosso della pressione endocranica per diffusione attraverso la barriera ematoencefalica. Nell ambito del trattamento del trauma cranico, il ruolo del mannitolo non è stato ancora definito con certezza. Nel 1995, la Task Force della Brain Trauma Foundation ne raccomandava la somministrazione a scopo antiedemigeno esclusivamente in presenza di segni clinico-strumentali di ipertensione endocranica o di una condizione di deterioramento neurologico imminente.' Obiettivo Al fine di tentare di risolvere l annosa questione, nel 2013, la Cochrane Collaboration ha condotto una revisione sistematica della letteratura con lo scopo di:' definire l effettiva efficacia della terapia con mannitolo, con riferimenti a differenti regimi di dosaggio e durata; ' paragonare l efficacia del mannitolo con quella di altri farmaci comunemente impiegati allo scopo di ridurre la pressione endocranica; ' valutare l efficacia del mannitolo nelle varie fasi che possono susseguirsi nel decorso clinico secondario ad una lesione cerebrale traumatica.' Materiali e Metodi Revisione sistematica della letteratura realizzata mediante:' Ricerca bibliografica aggiornata al 20 aprile 2009 consultando le seguenti banche dati: Cochrane Injuries Group Specialised Register, CENTRAL, MEDLINE, EMBASE, ISIWeb of Science, Conference Proceedings Citation Index- Science, PubMed' Selezione degli studi: sono stati inclusi solo studi randomizzati controllati relativi a trattamento in fase acuta con mannitolo su pazienti con trauma cranico di ogni entità' Valutazione critica degli studi selezionati realizzata da ogni autore in autonomia' Risultati Sono stati identificati soltanto 4 studi clinici randomizzati e controllati condotti, in ambito intra- o extra-ospedaliero, su pazienti adulti, vittime di trauma cranico moderato o severo, randomizzati a ricevere mannitolo oppure placebo (soluzione fisiologica), pentobarbital o soluzione salina ipertonica 7,5%. ' Nel 1984 Schwartz ha condotto uno studio su pazienti con trauma cranico severo e con incremento della pressione intracranica della durata superiore a 15 minuti. Un gruppo di pazienti era stato randomizzato a ricevere mannitolo 20% 1 g/kg, in aggiunta ad ulteriori somministrazioni, fino ad ottenere un valore di ICP <20 mmhg ed una osmolarità sierica non superiore a 320 mosm/l. Al secondo gruppo di pazienti era stato somministrato pentobarbital in bolo endovenoso di 10 mg/kg, seguito da infusione continua a 0,5-3 mg/kg/h, titolata per garantire una pressione di perfusione cerebrale di almeno 50 mmhg ed un valore di ICP <20 mmhg. Dai risultati è emerso che il mannitolo potrebbe esercitare un maggiore effetto protettivo in termini di mortalità quando confrontato con il pentobarbital per il trattamento dell ipertensione intracranica (RR 0,85; 95% CI 0,52-1,38). Tuttavia, lo studio presentava il limite di non essere stato condotto in doppio cieco. ' Nel 1986 Smith ha posto a confronto due differenti regimi di somministrazione del mannitolo, in pazienti con trauma cranico severo: il primo basato su segni clinico-strumentali di ipertensione endocranica, il secondo centrato sulla misurazione strumentale dei valori di pressione intracranica. Il trattamento ICP-guidato ha mostrato minimo beneficio in termini di mortalità (RR 0,83; 95% CI 0,47-1,46). Tuttavia, i risultati andrebbero confermati su un campione più ampio. ' pag 10

11 Nel 2003 Vialet ha posto a confronto il trattamento con mannitolo e soluzione salina ipertonica 7,5% nei pazienti con trauma cranico severo per il trattamento di episodi di ipertensione endocranica refrattaria alla terapia standard (drenaggio liquorale, espansione volemica ed iperventilazione). Dai risultati è emerso che il mannitolo potrebbe avere un effetto negativo in termini di aumento di mortalità rispetto alla soluzione ipertonica (RR 1,25; 95% CI 0,47-3,33). Tuttavia, anche in questo caso il campione oggetto di studio era troppo piccolo per consentire di trarre delle conclusioni definitive. ' Solo uno dei quattro studi, condotto da Sayre nel 1996, ha provato l efficacia della somministrazione preospedaliera di mannitolo, confrontandola con placebo (NaCl 0,9%), in pazienti con trauma cranico moderato o severo. Tuttavia, i risultati non erano sufficienti per confermare l efficacia della terapia con mannitolo precoce in ambito preospedaliero, nuovamente a causa del piccolo numero dei partecipanti allo studio (RR 1,75; 95% CI 0,48-6,38). ' Conclusioni A causa dell esiguità degli studi randomizzati e controllati e dei limiti che li caratterizzano, al momento non è possibile identificare un grado di evidenza sufficiente per poter definire con certezza le precise indicazioni e restrizioni della terapia osmotica con mannitolo nel trattamento dell ipertensione endocranica. Ci si augura che l esecuzione di ulteriori trial randomizzati e controllati in futuro possa definirne l effettiva efficacia, i corretti campi di applicazione, e se sia giustificato o meno prediligere tale agente osmotico rispetto ad altri nell ambito del trattamento farmacologico dell ipertensione endocranica refrattaria al trattamento di prima linea. ' Sintesi a cura di Dott.ssa Elen Salerno Scuola di Specializzazione in Anestesia Rianimazione, Università degli Studi di Torino pag 11

12 2. Soluzioni ipertoniche nel preospedaliero ORIGINAL CONTRIBUTION per la gestione del trauma cranico severo. Sintesi a cura di Dott. Giacinto Pizzilli, Milano Out-of-Hospital Hypertonic Resuscitation Following Severe Traumatic Brain Injury Bulger et al. JAMA. 2010;304: ' JAMA. IF Trial Randomizzato Controllato Introduzione ' Il trattamento del trauma cranico severo (stbi) è finalizzato a RAUMATIC BRAIN INJURY (TBI) IS the leading cause of death following blunt trauma, and sur- ticle. minimizzare il danno secondario supportando vivors oftenla sustain perfusione severe disability. TBI is responsible for the the primary injury, creating a second- lead to an sistemica ischemic insult thate extends Corresponding Author: Eileen M. Bulger, MD, Department of Surgery, Harborview Medical Center, 325 riducendo la pressione greatest number of potential years of life ary brain injury. intracranica (ICP). Le soluzioni ipertoniche si sono dimostrate efficaci 2 Ninth Ave, PO Box , Seattle, WA (ebulger@u.washington.edu). nel ridurre l ICP e nel migliorare la perfusione cerebrale in modelli animali e in pazienti con stbi. Inoltre, diversi studi hanno suggerito effetti benefici anche in termini di vasoregolazione ed immunomodulazione. Alcuni Downloaded From: by a AZ OSP NIGUARDA User 05/18/2014 risultati suggeriscono che la somministrazione precoce di soluzioni ipertoniche a pazienti con stbi potrebbe migliorare la sopravvivenza, ma non sono noti gli effetti sull outcome neurologico.' Obiettivo Determinare se la somministrazione preospedaliera di soluzioni ipertoniche in pazienti con trauma cranico severo, in assenza di shock emorragico, migliora l outcome neurologico a sei mesi.' Materiali e metodi Studio randomizzato controllato in doppio cieco EMS condotto dal Resuscitation Outcomes Consortium (ROC), un network che include centri clinici regionali tra Stati Uniti e Canada. ' I pazienti con sospetto stbi sono stati randomizzati in 3 gruppi cui è stato somministrato nel preospedaliero un bolo di 250ml di' salina ipertonica 7.5% ' salina ipertonica 7,5%/destrano-70 6% ' Out-of-Hospital Hypertonic Resuscitation Following Severe Traumatic Brain Injury ARandomizedControlledTrial Eileen M. Bulger, MD Susanne May, PhD Karen J. Brasel, MD Martin Schreiber, MD Jeffrey D. Kerby, MD Samuel A. Tisherman, MD Craig Newgard, MD Arthur Slutsky, MD Raul Coimbra, MD, PhD Scott Emerson, MD Joseph P. Minei, MD Berit Bardarson, RN Peter Kudenchuk, MD Andrew Baker, MD Jim Christenson, MD Ahamed Idris, MD Daniel Davis, MD Timothy C. Fabian, MD Tom P. Aufderheide, MD Clifton Callaway, MD, PhD Carolyn Williams, RN Jane Banek Christian Vaillancourt, MD Rardi van Heest, MD George Sopko, MD J. Steven Hata, MD David B. Hoyt, MD for the ROC Investigators T Context Hypertonic fluids restore cerebral perfusion with reduced cerebral edema and modulate inflammatory response to reduce subsequent neuronal injury and thus have potential benefit in resuscitation of patients with traumatic brain injury (TBI). Objective To determine whether out-of-hospital administration of hypertonic fluids improves neurologic outcome following severe TBI. Design, Setting, and Participants Multicenter, double-blind, randomized, placebocontrolled clinical trial involving 114 North American emergency medical services agencies within the Resuscitation Outcomes Consortium, conducted between May 2006 and May 2009 among patients 15 years or older with blunt trauma and a prehospital Glasgow Coma Scale score of 8 or less who did not meet criteria for hypovolemic shock. Planned enrollment was 2122 patients. Intervention Asingle250-mLbolusof7.5%saline/6%dextran70(hypertonicsaline/ dextran), 7.5% saline (hypertonic saline), or 0.9% saline (normal saline) initiated in the out-of-hospital setting. Main Outcome Measure Six-month neurologic outcome based on the Extended Glasgow Outcome Scale (GOSE) (dichotomized as 4 or 4). Results The study was terminated by the data and safety monitoring board after randomization of 1331 patients, having met prespecified futility criteria. Among the 1282 patients enrolled, 6-month outcomes data were available for 1087 (85%). Baseline characteristics of the groups were equivalent. There was no difference in 6-month neurologic outcome among groups with regard to proportions of patients with severe TBI (GOSE 4) (hypertonic saline/dextran vs normal saline: 53.7% vs 51.5%; difference, 2.2% [95% CI, 4.5% to 9.0%]; hypertonic saline vs normal saline: 54.3% vs 51.5%; difference, 2.9% [95% CI, 4.0% to 9.7%]; P=.67). There were no statistically significant differences in distribution of GOSE category or Disability Rating Score by treatment group. Survival at 28 days was 74.3% with hypertonic saline/dextran, 75.7% with hypertonic saline, and 75.1% with normal saline (P=.88). Conclusion Among patients with severe TBI not in hypovolemic shock, initial resuscitation with either hypertonic saline or hypertonic saline/dextran, compared with normal saline, did not result in superior 6-month neurologic outcome or survival. Trial Registration clinicaltrials.gov Identifier: NCT JAMA. 2010;304(13): lost from any cause and carries the highest burden on loss of quality-adjusted life-years among survivors. 1 The primary injury to the brain occurs at the time of impact; however, subsequent compromise of cerebral perfusion can Current therapy following severe TBI is focused on minimizing secondary injury by supporting systemic perfusion and reducing intracranial pressure Author Affiliations are listed at the end of this ar American Medical Association. All rights reserved. (Reprinted) JAMA, October 6, 2010 Vol 304, No soluzione fisiologica 0.9%' Criteri di inclusione: trauma chiuso, GCS 8 (sospetto trauma cranico severo), età >15anni, pressione sistolica (PAS)> 90mmHg o PAS< 90 mmhg, ma > 70 mmhg con frequenza cardiaca < 108/min. Outcome primario: stato neurologico a sei mesi dal trauma basato sulla Extended Glasgow Outcome Score (GOSE)' pag 12

13 Oucomes secondari (tra gli altri): sopravvivenza a 28 giorni, ICP (quando monitorata), necessità di interventi chirurgici per la gestione dell ipertensione endocranica, richiesta di liquidi ed emoderivati nelle prime 24 ore, infezioni nosocomiali. La numerosità del campione prefissata era di 2122 pazienti.' Risultati Lo studio è stato interrotto per futilità dopo che tra il Maggio 2006 ed il Maggio 2009 sono stati randomizzati 1331 e trattati 1282 pazienti. Non si sono evidenziate differenze significative di Injury Severity Score e di Abbreviated Injury Score tra i gruppi trattati.' L outcome neurologico a 6 mesi è stato ottenuto per 1087 pazienti (85%). Non c è stata differenza tra i pazienti dei gruppi con trattati con ipertoniche vs soluzione fisiologica (GOSE 4 salina ipertonica vs. soluzione fisiologica: 54.3% vs 51.5%; differenza, 2.9% [95% CI, 4.0% to 9.7%]; salina ipertonica/destrano vs soluzione fisiologica: 53.7% vs 51.5%; differenza, 2.2% [95% CI, 4.5% to 9.0%]; P=.67)' Come atteso la natriemia è risultata > 145mEq/L a 12 ore dal trattamento nel 36,5% dei casi trattati con ipertoniche contro il 13,4 dei trattati con fisiologica (p<0.01). ' L ICP è stata posizionata nel 28% dei casi. Non c è stata differenza significativa nei tempi di posizionamento (tempo medio in ore: 4.7 ipertonica/destrano, 4.8 ipertonica, 4.7 fisiologica), nei valori iniziali di ICP, aumento dell ICP o riduzione della pressione di perfusione cerebrale entro le prime 12 ore.' Non ci sono state differenze significative nella percentuale di pazienti dei 3 gruppi sottoposti ad interventi per la riduzione dell ICP quali: iperventilazione nei primi 5 giorni, uso di mannitolo nelle prime 12 ore, uso addizionale di soluzioni ipertoniche nei primi 5 giorni, pazienti sottoposti a ventricolostomia o craniotomia nei primi 5 giorni.' Nei pazienti sottoposti ad trattamento con soluzioni ipertoniche si è evidenziata una maggiore incidenza di infezioni delle vie urinarie ed emocolture positive (ipertonica/destrano,16.3%, ipertonica 18.5%, fisiologica 21.8%; p<0.05).' Non si sono evidenziati aumenti dei sanguinamenti intracranici nei pazienti trattati con ipertoniche sottoposti a TAC seriate (ipertonica/destrano,16.3%, ipertonica 18.5%, fisiologica 21.8%; p=.11)' Conclusioni Questo è il trial randomizzato con il campione più ampio fino ad oggi realizzato sull utilizzo di soluzioni ipertoniche in seguito a stbi. Non sono state osservate differenze inerenti i valori iniziali di ICP, sebbene questa sia stata posizionata solo nel 27.5% dei pazienti arruolati. A differenza di quanto osservato in studi su animali non è stata osservata una riduzione nell incidenza delle infezioni, al contrario sono aumentate le infezioni delle vie urinarie e le emocolture positive. ' Non è stato possibile dimostrare alcun miglioramento nell outcome neurologico a 6 mesi per i pazienti con sospetto stbi (GCS 8) trattati nel preospedaliero. ' Pur non escludendo che le soluzioni ipertoniche possano essere utili se somministrate con altre modalità, attualmente non ci sono evidenze per consigliarne l uso routinario in ambito preospedaliero.' ' ' Limiti Non sono state poste indicazioni sulle modalità di gestione dei pazienti durante la fase intraospedaliera. Il monitoraggio dell ICP, il tempo di posizionamento, la somministrazione di pag 13

14 ulteriori soluzioni ipertoniche e di mannitolo erano lasciate alla discrezione del neurochirurgo.' A cura di Dott. Giacinto Pizzilli, Milano Commento Questo studio introduce il controverso ruolo delle soluzioni ipertoniche (HES) nel trattamento del trauma cranico. ' I meccanismi fisiopatologici su cui si basa il loro impiego sono basati sul gradiente osmotico che esse determinano tra cellule e plasma. Inoltre la somministrazione di HES determinerebbe la diluizione delle proteine interstiziali, con conseguente richiamo di fluidi dall interstizio al plasma. La conseguenza sarebbe la riduzione del volume cerebrale e quindi della pressione intracranica.' Non solo, diversi studi hanno attribuito alle HES ulteriori proprietà. Tra questi: la riduzione della viscosità ematica con conseguente vasocostrizione compensatoria, proprietà immunomodulatrici tali da ridurre l infiammazione conseguente al trauma, nonchè effetti protettivi sulla barriera ematoencefalica. ' Altri sostengono che le HES sarebbero efficaci solo a barriera ematoencefalica integra. Inoltre, secondo alcuni, la loro somministrazione scatenerebbe un effetto rebound nel tentativo di ripristinare l osmolarità neuronale. Tra gli effetti collaterali ricordiamo, poi, il sovraccarico volemico, la tossicità al sito di infusione e l ipernatriemia. ' Si tratta, dunque, di un argomento molto complesso, tale da non consentire al momento l affermazione di conclusioni definitive.' Nello studio sopra presentato, l obiettivo era certo molto ambizioso. ' Dimostrare l efficacia delle HES nel determinare l outcome a sei mesi. ' Sebbene non sia stato possibile dimostrare alcun miglioramento nell outcome neurologico a 6 mesi per i pazienti con sospetto stbi trattati nel preospedaliero con HS, non si può escludere che le soluzioni ipertoniche possano essere utili se somministrate con altre modalità. ' Tuttavia, si deve ammettere che attualmente non ci sono evidenze per consigliarne l uso routinario in ambito preospedaliero. ' Ad oggi le HES nel trattamento dell ipertensione endocranica conseguente a trauma cranico sono indicate, con un Livello II di evidenza, in due frangenti: come terapia ponte nell ipertensione in attesa di ulteriori indagini/trattamenti chirurgici e nella gestione dell ipertensione endocranica refrattaria non suscettibile di ulteriori indagini / trattamenti chirurgici.' Non ci resta che seguire le poche evidenze ed aspettare (o scrivere) la prossima puntata.' pag 14

15 RESEARCH 3. Il valore dell ipotermia terapeutica nell adulto dopo trauma cranico. Sintesi a cura di Dott.ssa Concetta Pellegrini, Benevento A systematic review of therapeutic hypothermia for adult patients following traumatic brain injury. Crossley S, Reid J, McLathie R et al. Critical care 2014;18:R75 Critical Care Medicine. IF 6.33 Review sistematica Crossley et al. Critical Care 2014, 18:R75 Open Access A systematic review of therapeutic hypothermia for adult patients following traumatic brain injury Samantha Crossley 1, Jenny Reid 1, Rachel McLatchie 1, Judith Hayton 1, Clair Clark 1, Margaret MacDougall 2 and Peter JD Andrews 3* Abstract Introduction: Research into therapeutic hypothermia following traumatic brain injury has been characterised by small trials of poor methodological quality, producing variable results. The Cochrane review, published in 2009, now requires updating. The aim of this systematic review is to assess the effectiveness of the application of therapeutic hypothermia to reduce death and disability when administered to adult patients who have been admitted to hospital following traumatic brain injury. Methods: Two authors extracted data from each trial. Unless stated in the trial report, relative risks and 95% confidence intervals (CIs) were calculated for each trial. We considered P < 0 05 to be statistically significant. We combined data from all trials to estimate the pooled risk ratio (RR) with 95% confidence intervals for death, unfavourable outcome, and pneumonia. All statistical analyses were performed using RevMan 5.1 (Cochrane IMS, Oxford, UK) and Stata (Intercooled Version 12.0, StataCorp LP). Pooled RRs were calculated using the Mantel-Haenszel estimator. The random effects model of DerSimonian and Laird was used to estimate variances for the Mantel-Haenszel and inverse variance estimators. Results: Twenty studies are included in the review, while 18 provided mortality data. When the results of 18 trials that evaluated mortality as one of the outcomes were statistically aggregated, therapeutic hypothermia was associated with a significant reduction in mortality and a significant reduction in poor outcome. There was a lack of statistical evidence for an association between use of therapeutic hypothermia and increased onset of new pneumonia. Conclusions: In contrast to previous reviews, this systematic review found some evidence to suggest that therapeutic hypothermia may be of benefit in the treatment of traumatic brain injury. The majority of trials were of low quality, with unclear allocation concealment. Low quality trials may overestimate the effectiveness of hypothermia treatment versus standard care. There remains a need for more, high quality, randomised control trials of therapeutic hypothermia after traumatic brain injury. PROSPERO Systematic Review Registration Number 2012: CRD Introduction Therapeutic hypothermia has emerged as a potentially life-saving treatment for the care of the critically ill. National Health Service (NHS) National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) guidelines were published to support the use of therapeutic hypothermia Introduzione: Research in the 1980s using animal Il valore models demonstrated dell ipotermia for hypoxic ischaemicterapeutica encephalopathy [4]. Similarly, come NICE the benefits of cooling to 32 to 34 C [1,2], and it has since guidelines for the use of therapeutic hypothermia in trattamento been proposed that there salvavita are a number of del potential malato applications for therapeutic hypothermia [3]. In February 2011, States, the American Heart Association recommends cardiac critico, arrest havein also been diversi published ambiti, [5]. In the United è hypothermia as a standard of care for survivors of cardiac ormai riconosciuto da più di 30 anni. Tutto comincia intorno agli anni 80 con studi sperimentali su * Correspondence: p.andrews@ed.ac.uk arrest as there is sufficient evidence to support improvements in outcome with its use [6]. Whilst a number of animali per poi arrivare nel 2010 alle raccomandazioni 3 Anesthetics & Intensive Care at the University of Edinburgh and Consultant in Anesthesia and Intensive Care at the Western ILCOR General Hospital, dell America Lothian studies haveheart identified anassociation1 improvement in outcome per with University Hospitals Division, Edinburgh EH4 2XU, UK Full list of author information is available at the end of the article the application of therapeutic hypothermia following l utilizzo dell ipotermia terapeutica come standard di cura dei malati vittima di arresto cardiaco e alle 2014 Crossley et al.; licensee BioMed Central Ltd. This is an Open Access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License ( which permits unrestricted use, distribution, and linee guida NICE del che raccomandano l utilizzo reproduction dell ipotermia in any medium, provided the original work terapeutica is properly cited. in almeno due ambiti: nell encefalopatia anossica perinatale e nell arresto cardiaco dell adulto.' In ambito traumatologico l utilizzo dell ipotermia terapeutica come trattamento e prevenzione del danno neurologico secondario a trauma cranico è supportato da evidenza debole, tanto che le linee guida della Brain Trauma Foundation del 2007 non ne raccomandano l utilizzo, ma addirittura dice Cochrane4 due anni dopo potrebbe aumentare, in questa tipologia di malati, il rischio di sviluppare polmoniti.' Questa review ha cercato di identificare tutti i lavori randomizzati controllati (RCT) che studiano la relazione tra ipotermia terapeutica e trauma cranico in pazienti adulti.' Obiettivo: la review ha un obiettivo primario e diversi obiettivi secondari.' Il primario è valutare l effetto dell ipotermia terapeutica sulla mortalità, sull esito neurologico sfavorevole e sull insorgenza di polmoniti in pazienti adulti con trauma cranico ricoverati in terapia intensiva;' I secondari indagano diversi ambiti:' a)durata del trattamento: se la durata dell ipotermia >48 ore migliora l outcome rispetto a protocolli di trattamento più brevi;' b)modalità di riscaldamento: se la velocità di riscaldamento del paziente maggiore di 1 /ogni 4 ore aumenta il rischio di esito peggiore;' c)intensità dell ipotermia: se pazienti sottoposti a ipotermia moderata (35-36 ) hanno esito peggiore rispetto a quelli sottoposti a ipotermia <35 ;' d)tempi di applicazione: se l aumento dell intervallo di tempo tra l insorgenza del danno e l inizio pag 15

16 dell ipotermia aumenta il rischio di esito sfavorevole.' Materiali e metodi: review sistematica della letteratura fino al 5 gennaio 2012.' I criteri d inclusione prevedono tutti gli studi randomizzati controllati condotti in pazienti adulti con trauma cranico chiuso trattati con ipotermia terapeutica (ogni intervento fatto con l intento di ridurre la temperatura del core sotto i 36 ).' I criteri di esclusione prevedono gli studi in cui i pazienti non sono randomizzati ad un trattamento specifico o in cui non esiste un gruppo controllo tenuto in normotermia, studi condotti interamente in popolazione pediatriche o neonatale, studi con traumi cranici da ferite penetranti.' Risultati: questa review sistematica mostra che l ipotermia terapeutica potrebbe avere un ruolo benefico nel trattamento del trauma cranico. ' Alla fine sono selezionati 20 studi randomizzati controllati, per un totale di 1885 pazienti, in un arco di tempo che va dal 1993 al Di questi 2 lavori non valutano la mortalità al follow up finale ed 8 non misurano l incidenza di polmoniti.' Analizzando i risultati di questi studi gli autori identificano una significativa riduzione di mortalità, di stati vegetativi e di disabilità a lungo termine associato all ipotermia terapeutica.' Nei 12 studi che valutano l insorgenza di polmoniti, per un totale di 689 pazienti, gli autori affermano che l ipotermia terapeutica non aumenta l incidenza di polmoniti.' Se si prova a riflettere sulla qualità dell evidenza fornita da questi studi si nota grande varietà di dimensione dei campioni esaminati, nel target dell ipotermia (35 o meno), nel timing di durata del protocollo (in media di 48 ore ma con un minimo di 24 fino ad massimo di una settimana), nell intervallo di tempo per raggiungere l ipotermia terapeutica (in media 6 ore ma con un minimo di 2,5 ore ed un massimo di 20 ore e con molti lavori che non lo chiariscono), nella velocità con cui attuare il riscaldamento passivo ed infine nella metodologia di randomizzazione.' Risulta evidente, quindi, che non ci sono abbastanza dati per esaminare gli obiettivi secondari.' Gli autori sottolineano che questa review differisce dalle precedenti primo perché dall analisi dei 20 lavori selezionati sembrerebbe risultare un beneficio statisticamente significativo nell utilizzo dell ipotermia terapeutica nel trauma cranico, e poi perché sono stati individuati con chiarezza importanti outcomes primari (mortalità, disabilità neurologiche ed insorgenza di complicanze), ed infine perché sono stati esclusi tutti gli studi con popolazione pediatrica.' Ad oggi ci sono ancora 3 studi randomizzati controllati in corso o con dati solo parzialmente riportati:' 1. il POLAR-RCT ( The prophylactic hypothermia trial to lessen traumatic brain injury) studio australiano e neozelandese randomizzato e multicentrico in fase 3 con un protocollo a 33 per 3gg entro 3 ore dal trauma che prevede circa 500 pazienti da arruolare e con risultati previsti nel 20175;' 2. il BHYPO (Therapeutic hypothermia for severe traumatic brain injury in Japan) studio giapponese interrotto e i cui risultati sono stati presentati solo in forma di abstract e inclusi in questa review6;' 3. l EUROTHERM 3235 trial (European society of intensive care medicine study of therapeutic hypothermia (32-35 ) for intracranial pressure (ICP) reduction after traumatic brain injury) studio europeo in fase 3 con target per ridurre ICP che prevede arruolamento di circa 600 pazienti e i cui risultati arriveranno nel ' Conclusioni, gli autori sottolineano diversi messaggi chiave:' questa review dimostra che esiste una certa evidenza in letteratura che l ipotermia terapeutica potrebbe essere utile nel trattamento del trauma cranico;' i risultati indicano che non esiste evidenza statistica ad indicare che l ipotermia terapeutica aumenta il rischio di nuove polmoniti quando usata per il trattamento del trauma cranico;' pag 16

17 la maggior parte dei lavori è di bassa qualità con grosse differenze tra loro; ' rimane l esigenza di nuovi e migliori studi randomizzati controllati per dare una risposta definitiva.' A cura di Dott. Concetta Pellegrini, Benevento Commento La scelta dell articolo deriva, come spesso accade, da un caso clinico.' Qualche giorno fa abbiamo dimesso dall ospedale un paziente di 58 anni vittima di arresto cardiaco, trattato con l ipotermia terapeutica, in ottime condizioni di salute.' Ma mentre l ipotermia terapeutica è ormai standard di cura per questa tipologia di malati, mi è nata la curiosità di capire a che punto era l evidenza in letteratura per il suo utilizzo nel trauma cranico.' Questa review sembrerebbe affermare, per la prima volta in letteratura, che l ipotermia terapeutica avrebbe un suo ruolo nel trattamento del paziente con trauma cranico sia in termini di riduzione della mortalità che di riduzione di esiti neurologici negativi, senza aumentare il rischio di complicanze per primo le polmoniti. ' Andando ad esaminare, però gli studi, gli autori ne sottolineano la bassa qualità ed indicano la necessità di altri studi randomizzati controllati.' Da qui nascono più domande che risposte:' vista la scarsa qualità dell evidenza in letteratura è ancora da sconsigliare l utilizzo routinario dell ipotermia terapeutica nel trauma cranico grave?' È ipotizzabile l utilizzo come terapia rescue solo nei casi con ipertensione endocranica refrattaria ad altri trattamenti?.' Ho girato queste domande a Giuseppe Nardi che gentilmente mi ha risposto nell expert opinion che segue.' pag 17

18 EXPERT OPINION Da oltre 50 anni la scienza medica insegue la possibilità di ottenere una efficace neuro protezione nei pazienti vittima di Trauma Cranico grave (TBI). Tutte le terapie proposte si sono rivelate finora purtroppo inefficaci. Recentemente uno Studio multicentrico internazionale ( a cui abbiamo partecipato) ha testato l efficacia del progesterone sulla base di dati sperimentali e di un piccolo trial pilota, che sembravano suggerire che questo ormone potesse garantire significativi vantaggi. Anche questo studio ( i risultati non sono ancora pubblicati) è negativo.' Nello stesso lasso di tempo la mortalità da TBI si è sensibilmente ridotta, almeno nei grandi Centri Trauma e in parallelo si è ridotto il numero di pazienti sopravvissuti con grave deficit neurologico. Questi risultati sono probabilmente correlati con un miglioramento generale nella qualità delle cure intensive, con una maggior attenzione alla prevenzione e al controllo delle infezioni, ma anche e soprattutto con un maggior rispetto per l omeostasi cardio-circolatoria. I tempi in cui i pazienti con TBI venivano trattati regolarmente con somministrazione di mannitolo a intervalli predeterminati sono fortunatamente finiti. I pz con TBI vengono oggi mantenuti normovolemici, normocapnici, normotermici e con livelli non eccessivi di PaO2. In questo contesto l ipotermia terapeutica rappresenta forse l estremo tentativo di individuare un fattore di neuro protezione diverso da quello legato al semplice mantenimento dell omeostasi.' La bella metanalisi di Samantha Crossley, oggetto del commento della Dott.ssa Pellegrini, nell evidenziare come vi sia qualche evidenza di efficacia dell ipotermia, sottolinea molti degli aspetti che condizionano la possibilità di giungere a solide conclusioni. L aspetto forse più importante è l estrema disomogeneità dei trials fin qui condotti. Diverse le indicazioni, la durata delle fasi di induzione, mantenimento e ritorno a normotermia, diversa anche la profondità dell ipotermia. Una cosa è utilizzare l ipotermia in modo profilattico sulla base della gravità del trauma, altra è impiegarla come step terapeutico in un processo di aggressività progressiva che va dalla sedazione profonda, al tentativo di controllo dell ipertensione endocranica con soluzioni ipertoniche, fino all ipotermia e all eventuale craniotomia de compressiva rescue. Questa strategia impone il monitoraggio della pressione endocranica, altra procedura di discussa efficacia. ' Concetta mi ha chiesto di intervenire sull argomento. L unico intervento sensato che mi sento di fare a fronte delle premesse di cui sopra, è esprimere un opinione priva di qualsiasi evidenza scientifica, basata solo sul sentimento di chi lavora nel nostro Centro e sul dato (questo indiscutibile) che i traumatizzati cranici hanno un out come inaspettatamente buono. Utilizziamo l ipotermia. Non l ipotermia preventiva. L indicazione all ipotermia è rappresentata secondo le nostre Linee Guida dal persistere e/o aggravarsi di una ipertensione endocranica malgrado sedazione profonda, curarizzazione, incremento dell osmolarità (ottenuta portando la natremia tra 155 e 160meq/l con ipertonica salina) e corretto posizionamento di capo e tronco. In genere prima di andare in ipotermia proviamo anche ad incrementare il flusso cerebrale con infusione di dobutamina (mai vasocostrittori ). I pazienti vengono pertanto sottoposti a monitoraggio emodinamico e obbligatoriamente a monitoraggio della PIC. L ipotermia rappresenta lo step successivo: è ottenuta per induzione moderatamente rapida utilizzando due telini termici (sopra e sotto il paziente). La temperatura interna viene portata tra i 33 C e i 34 e mantenuta a quel livello per 96 ore. La fase di riscaldamento passivo non deve durare meno di ore. Però, se l ipotermia non è sufficiente, ricorriamo alla craniotomia de compressiva ampia (altra misura di non comprovata efficacia). I pazienti sottoposti a craniotomia de compressiva vengono comunque trattati con ipotermia dopo l intervento. Quest ultimo aspetto che si riferisce ovviamente ad un numero limitato di pazienti, è forse il più intrigante. Non vi sono dati in letteratura e qualsiasi osservazione a riguardo va pertanto ritenuta casuale e non consente affermazioni di alcun tipo. Con questi limiti che vorrei sottolineare con forza, gli ultimi 5 pazienti sottoposti a craniotomia de compressiva e successiva ipotermia protratta, sono sopravvissuti con un ottimo pag 18

19 out come neurologico. Tre di loro hanno ripreso la normale attività (studio e lavoro) entro 12 mesi. Gli altri due sono casi recenti, ma la ripresa neurologica è per ora molto buona. Tutti loro hanno sviluppato all inizio della ripresa neurologica una Salt Wasting Syndrome di estrema rilevanza, scomparsa solo dopo riposizionamento della calotta. E un aspetto interessante la cui genesi non è nota. ' Non credo di poter ringraziare Concetta per avermi costretto a scrivere cose che rischiano di essere lontanissime dall EBM e dalla scienza. Spero non ne terrete conto nella vostra pratica clinica. Di una cosa però è obbligatorio tener conto: questi trattamenti, di non documentata efficacia e ad altissimo rischio, non possono essere improvvisati. Sono (forse) fattibili in un ambito in cui esista una condivisione di strategie tra rianimatori e neurochirurghi e dove la gestione del paziente traumatizzato sia rigorosamente normata nei dettagli.' Concludo richiamando i sentimenti degli operatori. L articolo della Crossley cita lo studio Eurotherm. La decisione di partecipare o meno allo Eurotherm è stata oggetto di infinite discussioni all interno del nostro gruppo. Abbiamo (a torto o a ragione) deciso di non partecipare, perché non ci saremmo sentiti di randomizzare i pazienti sapendo che alcuni di quelli che oggi avremmo trattato con ipotermia avrebbero dovuto essere mantenuti normotermici. Decisioni di questo tipo non aiutano la scienza..ma a volte la pancia va ascoltata ' Dr Giuseppe Nardi, UOC Shock e Trauma, San Camillo Forlanini, Roma pag 19

20 4.Trauma Cranico e complicanze emorragiche in pazienti trattati con nuovi anticoagulanti orali (NOACs). Case report e revisione della letteratura Dott. Marco Ulla, Scuola di Specializzazione in Medicina d Emergenza-Urgenza, ' Università degli Studi di Torino.' CASO CLINICO: paziente di 76 anni condotto in DEA in seguito a caduta accidentale e conseguente trauma cranio-faciale. Sul posto GCS 14/15, quindi in rapido deterioramento fino a 7/15, per cui è stato sottoposto a IOT in DEA. Sono state eseguite TC cranio seriate con evidenza di focolai traumatici in sede frontale bilaterale, temporale e parietale sinistra, inondamento ematico del sistema ventricolare, soffusione ematica lungo il tentorio, i solchi frontali bilateralmente e i solchi temporo-parietali a sinistra, in peggioramento al secondo esame TC (figura 1 e 2). Il paziente è affetto da fibrillazione atriale permanente in trattamento anticoagulante con Dabigatran 110 mg due volte al dì. La consulenza NCH non pone indicazioni interventistiche.' Fig 1: Tac all arrivo Fig 2 Tac a 6 ore' pag 20

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