Quaderni dell Ospedale Nr. 1/2014

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1 ISSN Quaderni dell'ospedale [Online] Quaderni dell Ospedale Nr. 1/2014 ANTIVIRALI NUOVI APPROCCI TERAPEUTICI Pubblicazione curata da Rapetti Manuela, Ballerini Andrea, Tirone Claudia, Pagani Alessandra, Gandolfi Luciana, Festa Elena, Franchin Giulia, Furian Cristina, Galli Elisa, Laura Savi

2 1. Descrizione epidemiologica, clinica e biologica dell infezione da virus HCV. Epidemiologia La storia dell epatite C è giovane; non ha più di trent anni. Scoperta dopo lo sviluppo negli anni 70 di test sierologici per la diagnosi delle infezioni da parte dei virus dell epatite A e dell epatite B, divenne evidente che la maggior parte dei casi di epatiti post trasfusionali dovevano essere causate da un altro agente eziologico. ciò Proprio per questo motivo si parlava dunque di Epatite non-a non-b. Bisogna aspettare il 1989 per avere una prima identificazione del virus dell epatite C come entità nosologica (Choo QL, 1989); (Kuo G, 1989) ed ad oggi risulta molto difficile descriverne la storia naturale (Seeff L., 2002) (Seeff, 2000) per una serie di motivi. L evoluzione delle patologia causata dal virus dell epatite C è molto lenta, non dando segni clinici fino alle fasi più avanzate delle infezioni croniche evolventi in cirrosi ed epatocarcinoma. Il trattamento antivirale normalmente attuato nello scorso decennio, benché aspecifico e di poca efficacia, rallentava il già lento decorso di questa malattia. Secondo stime della WHO la prevalenza mondiale delle persone cronicamente infette dal virus è di 150 milioni, di essi il 60-70% circa corre il rischio di sviluppare cirrosi epatiche e/o cancro al fegato. Ogni anno muoiono più di 350 mila persone a causa di malattie epatiche Epatite C-correlate. (WHO,2011) La mappa seguente mostra i tassi di prevalenza della malattia nelle varie nazioni: è evidente uno sviluppo maggiore del virus nel Nord Africa, di cui l Egitto è uno dei paesi più colpiti con una percentuale di sieroprevalenza del 22% (Frank C, 2000)], e in Asia, dove la sola Cina riporta 3,5% infette dal virus (Xia GL, 1996); mentre tra le aree a bassa prevalenza sono incluse le nazioni industrializzate del Nord America, Europa settentrionale ed Occidentale, e l Australia. (Figura. 1) (Shepard CW, 2005) Uno sguardo più approfondito a livello europeo suggerisce, comunque che l epidemia di infezioni causate dal virus dell Epatite C in Europa è in continua evoluzione, ed i parametri epidemiologici sono mutati nel corso degli ultimi quindici anni. Principalmente sono stati identificati quattro fattori responsabili dei cambiamenti verificatesi: una maggiore sicurezza nelle trasfusioni sanguigne, il miglioramento delle condizioni di salute generali della 1

3 popolazione, la continua espansione di droghe ad uso intravenoso, e una maggiore presenza di immigrati provenienti da zone endemiche in Europa. (Esteban J, 2008) I fattori di rischio maggiormente coinvolti nella trasmissione del virus in tutto il mondo, sono le trasfusioni di sangue da donatori non esaminati, l utilizzo di droghe per via iniettiva o di iniezioni terapeutiche insicure, ed altre procedure correlate all assistenza sanitaria. Dalla maggior parte dei Paesi sviluppati sono state raccolte evidenze scientifiche che la fonte principale di nuove infezioni da HCV negli ultimi decenni, sia il crescente uso di droghe per via iniettiva. (Shepard CW, 2005) Nel corso dello sviluppo mondiale, le iniezioni terapeutiche non sicure, assieme alle trasfusioni di sangue, sono state le principali modalità di trasmissione del virus, soprattutto nei Paesi dove i tassi di sieroprevalenza età-specifici suggeriscono un aumento del rischio infezione da HCV.(Wasley A,2000). Nei paesi sviluppati con un alto tasso di prevalenza nelle fasce di età anziane, le iniezioni terapeutiche poco sicure hanno avuto un ruolo sostanziale nella trasmissione di HCV anni fa. Questo favorisce tutt oggi la trasmissione del virus all interno di isolate aree iperendemiche. (Kiyosawa K, 1994) (Guadagnino V, 1997) (Okayama A, 2002) Già nel 1997 uno studio effettuato da Alter aveva riconosciuto una prima distribuzione dei fattori di rischio individuati tra il 1991 ed il 1995 notando che l utilizzo di droghe in forma iniettiva è associato al 43% delle trasmissioni virali. (Alter J. W., 1997) Le iniezioni di sostanze stupefacenti rappresentano la principale modalità di trasmissione per l'infezione da HCV nei paesi sviluppati. Nei Paesi come gli Stati Uniti e l'australia, dove la più alta sieroprevalenza si sviluppa tra le persone di mezza età, l'iniezione di stupefacenti è stata la causa dominante di trasmissione per più di 30 anni, e rappresenta il 68 % e l'80 % rispettivamente, delle infezioni in corso. (Alter M., 2002) (Dore GJ, 2003). Si ipotizza che l'infezione da HCV possa diffondere rapidamente tra gli utilizzatori di droghe endovena dal momento che si era osservato alla fine degli anni 80, una sieroprevalenza del 65% in questo gruppo di persone che avevano iniziato tale pratica da meno di un anno. (Garfein RS, 1996) Studi più recenti tra i giovani consumatori di sostanze da abuso, con 5 anni o meno dalla prima iniezione, hanno riportato tassi di sieroprevalenza da HCV del %. (Des Jarlais DC, 2003) (Miller CI, 2002) La trasmissione sessuale è rara e non quantificabile sul piano epidemiologico. In generale l associazione tra comportamenti sessuali a rischio e HCV è molto più debole di quella osservato con HIV o HBV. (Murray JM, 2003) La condivisione indiretta di stupefacenti e 2

4 preparazioni formulate con un mix di farmaci ad uso parenterale, nonché la condivisione di cotone e acqua di risciacquo, sono strettamente stati associati alla trasmissione del virus HCV. (Thorpe LE, 2002) Diversi Paesi europei hanno individuato anche l'iniezione di droga come il fattore di rischio dominante per l'infezione da HCV all'interno dei loro confini. In Norvegia, per esempio, il 67% degli infetti ha riportato una storia di consumo di stupefacenti ad uso iniettivo. (Dalgard O, 2003) In Italia, l'iniezione di droghe è stato un fattore di rischio comune negli incidenti di epatite acuta C diagnosticati tra il 1994 e il 1996, ed è stato segnalato dal 60% dei pazienti di età compresa tra 15 e i 24 anni. (Mele A, 2000) In Inghilterra e Galles, l impiego di iniezioni di tali sostanze rappresenta il fattore di rischio comune per le persone con anticorpi positivi al virus HCV (anti-hcv), i risultati sono stati monitorati dal 1997 in sette laboratori di sanità pubblica per un periodo di tre anni. (Balogun MA, 2003) Anche in Francia tra i donatori di sangue volontari anti-hcv positivi, il fattore di rischio più comune riportato per l'infezione è stato il consumo di droghe iniettive. (Elghouzzi MH, 2000) Esistono, invece, pochissimi dati riguardanti relativi tale tematica nel mondo in via di sviluppo. Figura Mappa relativa alla prevalenza di infezioni causate dal virus HCV. La produzione giornaliera di virioni in un portatore cronico di HCV sembrerebbe piuttosto elevata, compresa tra 10^10 e 10^12 (superiore quindi rispetto a quella che si riscontra nel caso di infezione da HIV); i virioni vanno incontro a rapido turnover nel torrente circolatorio, con un emivita di circa 2-3 ore. 3

5 La rapidità della replicazione virale unitamente all incapacità, comune a tutti i virus a RNA, di riparare gli errori di incorporazione nucleotidica, rendono conto del fatto che il genoma di HCV sia molto frequentemente soggetto a mutazioni. Infatti, HCV è caratterizzato da estrema variabilità genomica che ha portato alla distinzione di 6 diversi genotipi, caratterizzati da una omologia di sequenza del 65%, all interno dei quali si identificano diversi sottotipi, con omologia superiore al 90%. Ciascun sottotipo è composto da singoli isolati. E però da notare che nell individuo infettato il virus circola sotto forma di quasi-specie, ossia di una popolazione di virus filogeneticamente correlati con divergenza nucleotidica non superiore all 1,5% [Martell M et al, 1992; Bukh J et al, 1995]. Questa grande variabilità genetica è dovuta alle caratteristiche della polimerasi virale ed alla pressione selettiva operata dalla risposta immunitaria [Ogata N et al, 1991]. La polimerasi di HCV non possiede attività di proof-reading con correzione degli errori di incorporazione nucleotidica (caratteristica della DNA polimerasi dei mammiferi) con conseguente bassa fedeltà dell apparato replicativo ed elevato tasso di mutazione. La grande variabilità genetica di HCV ha importanti implicazioni biologiche come: persistenza del virus grazie a meccanismi di escape, generazione di ceppi resistenti alla terapia ed insuccesso della strategia vaccinale. La variabilità all interno del genoma di HCV non è uniformemente distribuita ma segue una predisposizione determinata dalla pressione selettiva da parte della risposta immunologica dell ospite ed è inoltre strettamente associata alla specifica funzione della proteina codificata. Le sequenze maggiormente conservate sono quelle delle regioni non codificanti 5 UTR e 3 UTR, assieme a quelle del core e di NS3 (elicasi) ed NS5B (polimerasi) in quanto codificano per proteine essenziali per il ciclo vitale del virus. Le porzioni più variabili sono quelle coinvolte nella sintesi delle proteine dell envelope, in particolare la porzione amino-terminale della proteina E2, definita hypervariable region 1 o HVR1. Nell ambito della quasi-specie esistono una sequenza consenso detta master - che è quantitativamente predominante ed una moltitudine di genomi che rappresentano porzioni variabili della popolazione virale totale. In ogni momento della storia naturale dell infezione la distribuzione della quasi-specie è rappresentata dalla popolazione virale più adatta che ha stabilito uno stato di equilibrio con l ospite. 4

6 La predominanza della sequenza master è verosimilmente legata ad una maggiore capacità replicativa in quel particolare contesto ed alla pressione selettiva operata dalla risposta immunitaria dell ospite [Antonelli et al 2008]. I genotipi 1, 2 e, in misura minore 3, sono quelli maggiormente diffusi in Europa e negli Stati Uniti. In Italia l infezione da parte dei genotipi 1, 2 e 3 copre oltre il 90% dei casi di infezione da HCV, mentre più frequente sta diventando il riscontro dell infezione da genotipo 4, diffusa in particolari etnie emigranti. La determinazione del genotipo virale può avere una notevole rilevanza pratica, in quanto i vari genotipi presentano una diversa sensibilità alla terapia antiretrovirale e la loro caratterizzazione costituisce un elemento importante nella decisione terapeutica e nelle scelte di gestione clinica. Figura Fattori di rischio associati a casi di epatite C acuta, Stati Uniti, Nei paesi occidentali, l epidemia di HCV da causa iatrogena (trasmessa attraverso pratiche mediche o chirurgiche) è da considerarsi in fase di conclusione, grazie al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie (abolizione dell uso delle siringhe in vetro, impiego di materiale sanitario monouso) e, soprattutto, alla disponibilità di test di laboratorio efficaci per la selezione di donatori di sangue. Il rischio di ricevere un unità di sangue potenzialmente infetta è così sceso a circa 0,3 per milione di unità trasfuse, un valore ben diverso dal 2% osservato prima dell introduzione del test. La situazione è molto diversa nei paesi più poveri, dove le principali vie di trasmissione sono ancora oggi la trasfusione di sangue infetto e l uso di materiale sanitario contaminato. Attualmente, grazie all utilizzo dei test per la ricerca degli 5

7 anticorpi anti-hcv oltre che dell HCV RNA il rischio di epatite C post trasfusionale è minimo e pari a circa 1 ogni [Harrison, 17 ed] La diffusione tra tossicodipendenti rappresenta ad oggi la principale via di trasmissione del virus, almeno nei paesi sviluppati a causa dell uso di aghi o siringhe contaminati. Globalmente il 50-95% dei soggetti che ammettono l uso di stupefacenti per via endovenosa è positivo per anticorpi anti HCV. [Girardi E et al, 1990; Bell J et al, 1990] Il rischio di trasmissione dell infezione a seguito di puntura con ago contaminato è del 2% ed è intermedio tra il rischio di trasmissione di HIV (circa 0,3%) e di HBV (30%). [Ridzon R, 1997] Nonostante ciò la prevalenza dell infezione tra il personale sanitario è assolutamente sovrapponibile a quella della popolazione generale. [Puro V et al, 1995] La trasmissione sessuale è rara e non quantificabile sul piano epidemiologico. In generale l associazione tra comportamenti sessuali a rischio e HCV è molto più debole di quella con HIV o HBV. Il contagio perinatale si verifica in circa il 5% dei bambini nati da madri HCV-RNA positive. Il rischio è aumentato in presenza di co-infezione HIV, probabilmente per i livelli maggiori di HCV-RNA nella gravida, derivanti dall immunodepressione HIV correlata. Non vi è ad oggi alcuna evidenza che le modalità del parto (per vie naturali o attraverso parto cesareo) e il tipo di allattamento (naturale o artificiale) influenzino il rischio di trasmissione. Meno comunemente il virus si trasmette a seguito di trattamenti estetici, come piercing e tatuaggi eseguiti con strumenti non adeguatamente sterilizzati. Fra le altre possibili modalità di trasmissione del virus per via parenterale ricordiamo la morsicatura da soggetto infetto, le scarificazioni cutanee rituali, l agopuntura, le pratiche di manicure o pedicure con strumenti non sterilizzati, la rasature dal barbiere. [Mauro Moroni et al, 7 ed] Soggetti a rischio per infezione da HCV Tossicodipendenti per via iniettiva e nasale Soggetti sottoposti a trasfusioni di sangue o a trapianto d organo prima degli anni novanta Emodializzati Soggetti HIV positivi Soggetti esposti a sangue potenzialmente infetto (es. operatori sanitari vittime di puntura accidentale) Soggetti con segni e sintomi di malattia epatica (es. enzimi epatici alterati) Soggetti con attività sessuale promiscua (in particolare gli omosessuali maschi) Bambini nati da madre HCV positiva 6

8 Epidemiologia Nonostante l incidenza dell infezione da HCV sia sensibilmente diminuita negli ultimi vent anni nella maggior parte delle nazioni industrializzate, la prevalenza delle malattie HCV correlate è in aumento. Ciò è riconducibile all intervallo temporale, spesso superiore ai 20 anni, che normalmente decorre tra l inizio dell infezione e la comparsa del quadro clinico riferibile alla malattia epatica cronica. Una stima recente dell OMS sulla prevalenza globale dell infezione da HCV indica un valore che si attesta sul 2.2% (circa 140 milioni di persone) [The Global Burden of Hepatitis C Working Group burden of disease (GBD) for hepatitis C, 2004], con un interessamento soprattutto dei paesi situati nelle regioni del Pacifico dell Ovest, nel Sud-Est Asiatico, in Africa e nei Paesi del Mediterraneo orientale. Le nazioni con la prevalenza più alta nella popolazione generale sono quelle africane e asiatiche. Nell Europa occidentale la prevalenza nella popolazione generale varia da paese a paese [Libro bianco, 2011]. Figura Distribuzione epidemiologica dei genotipi di HCV nel Mondo 7

9 Figura Distribuzione geografica dei maggiori genotipi di HCV in Italia [Zein, 2000] Figura Prevalenza delle infezioni da HCV [WHO, 2008] 8

10 I dati pubblicati nel mostrano che in Italia le stime della prevalenza dell infezione da HCV nella popolazione generale sono state ottenute tramite studi di siero-prevalenza in differenti regioni; secondo tali studi la prevalenza di anticorpi anti-hcv oscilla tra il 3% e il 26%, con un aumento progressivo con l età e valori maggiori nel Sud Italia e nelle isole rispetto alle regioni del Nord e del Centro Italia. A differenza degli altri paesi occidentali, in Italia la prevalenza dell infezione è maggiore nei soggetti più anziani rispetto agli adolescenti e ai giovani adulti. Infatti, in Italia i picchi di incidenza sono rilevabili nei soggetti nati negli anni Cinquanta e Sessanta e il motivo di ciò è da riferire al largo uso all epoca di siringhe di vetro non monouso. [Libro Bianco AISF 2011] Attraverso un modello matematico, si stima che la prevalenza complessiva attuale di soggetti HCV-RNA positivi in Italia sia circa del 3% e che almeno il 60% di questi abbia più di 65 anni. Il Technical Report dell ECDC conferma la maggiore prevalenza nelle aree meridionali ed insulari e la forte variabilità nelle diverse aree della penisola (dall 8% al 2%). 9

11 Storia naturale e clinica L infezione primaria è del tutto asintomatica nel 60-70% dei casi, nel 20-30% dei pazienti in cui risulta clinicamente evidente, causa un quadro di epatite acuta sovrapponibile a quello ascrivibile agli altri virus epatotropi e cronicizza nel 50-85%, in rapporto a variabili come il tipo di inoculo, l età e lo stato immunitario dell ospite. Il periodo di incubazione varia da 2 a 26 settimane (mediamente 7 settimane). I livelli di ALT e l espressione di necrosi epatica raggiungono valori 10 volte superiori la norma mediamente dopo 2-8 settimane. L HCV-RNA è invece evidenziabile precocemente nel siero del paziente da 1 a 2 settimane dopo il contatto con il virus. Nel 20% dei casi l epatite acuta evolve in guarigione, con normalizzazione delle ALT e negativizzazione dell HCV-RNA. Nel 80% dei casi l epatite acuta evolve in cronica, caratterizzata dalla persistenza del genoma virale nel sangue per almeno 6 mesi dall insorgenza dell infezione acuta, mentre le ALT possono rimanere elevate, normalizzarsi o avere un andamento intermittente. In una quota variabile di soggetti portatori del virus, l epatite cronica C può poi evolvere verso la cirrosi epatica e l epatocarcinoma. [Gail V et al, 2008] Gli anticorpi anti-hcv sono presenti sia nei soggetti con epatite acuta sia cronica e risultano presenti circa 70 giorni dopo l infezione e non distinguono tra malattia in atto o pregressa e per questo motivo non vengono ricercati a scopo diagnostico. Non sono completamente chiari i meccanismi attraverso i quali si giunge all eliminazione di HCV o alla sua persistenza nell organismo: probabilmente esistono una suscettibilità individuale su base genetica e un ruolo della variabilità genomica virale nel determinare l evasione della risposta immunitaria. Nell evoluzione della malattia giocano infatti un ruolo fondamentale alcuni fattori legati all ospite quali sesso, età e sorgente dell infezione. In particolare, diversi sono i co-fattori che possono modificarne il decorso, la gravità e la progressione a cirrosi. Tra questi, i più noti sono l età al momento dell infezione, la via di infezione e la carica virale infettante, le coinfezioni con altri virus epatici o con HIV, le alterazioni dello stato immunitario, i fattori genetici e razziali, e soprattutto la co-esistenza di altre cause epatolesive come alcool, farmaci e dismetabolismo, e varie metaboliche, alle quali negli ultimi anni è stata riconosciuta 10

12 crescente importanza nel processo di aggravamento del decorso della malattia (accumulo di ferro, obesità, diabete di tipo 2, resistenza all insulina). Occorre infine ricordare che l infezione da HCV è in grado di indurre o favorire malattie extraepatiche (che colpiscono cioè altri organi e tessuti oltre al fegato). La più importante per gravità e frequenza è la crioglobulinemia mista. Si tratta di una malattia da immunocomplessi circolanti, che vengono prodotti a seguito della cronica stimolazione dei linfociti B da parte di costituenti virali. Le manifestazioni cliniche della crioglobulinemia si osservano in circa il 5% dei pazienti e consistono per lo più in porpora e artragie, che in alcuni casi si accompagnano a danno renale cronico e neuropatia periferica. L associazione tra infezione da HCV e linfoma non-hodgkin a cellule B è stata dimostrata, ma è di raro riscontro sul piano clinico. I pazienti più a rischio di sviluppare un linfoma sono comunque quelli già affetti da crioglobulinemia mista. Figura Evoluzione clinica dell infezione da HCV Solo l infezione post-trasfusionale, per la quale è possibile definire con precisione il momento del contagio con HCV, ha permesso di stabilire la storia naturale dell epatite C. Il quadro clinico è a lungo asintomatico e pertanto solo l accurato follow-up biochimico e 11

13 sierologico del paziente può consentire di rivelare la malattia. Nonostante la progressione iniziale asintomatica, l infezione da virus dell epatite C causa non solo uno spettro di patologie epatiche con diverso andamento e severità, ma anche un numero di manifestazioni extraepatiche principalmente correlate alla stimolazione cronica del sistema immunitario e ad una risposta autoimmunitaria virus indotta. Dal punto di vista clinico l epatite da HCV è simile all epatite B, ma rispetto a quet ultima si osserva una maggiore percentuale di individui che progredisce verso lo stadio di cronicità. Il periodo di incubazione dell epatite post-trasfusionale da HCV varia da 2 a 28 settimane, in media 60 giorni, ma si può ulteriormente ridurre a 2-14 giorni negli emofilici trattati con fattori della coagulazione. Studi condotti negli Stati Uniti ed in Europa, dimostrano che, rispetto all HBV, i casi attribuibili al virus dell epatite C decorrono più frequentemente in maniera asintomatica, senza la necessità di ospedalizzazione. Tra i sintomi tipici l ittero è presente solo nel 25% dei casi e meno del 10% dei pazienti lamenta il corteo sintomatologico classico dell epatite virale: nausea, vomito, astenia, malessere generale, artralgie. Infine un numero limitato di soggetti sviluppa anemia aplastica. Il rapporto tra infezione da HCV ed incidenza di epatite fulminante non è ancora stato chiarito. In passato molti casi erano stati associati ai virus dell epatite non A non B; indagini più approfondite hanno rivelato per alcuni di essi, attribuiti impropriamente ad una causa virale, un eziologia tossica o farmacologica. Tuttavia una parte di questi potrebbe essere ad un processo di superinfezione da HCV in portatori cronici di epatite B. Per chiarire l eventuale coinvolgimento dell HCV nella fase acuta di un epatite virale sarebbe di fondamentale importanza l introduzione di un metodo routinario per individuare l infezione e la replicazione virale, vista la scarsa applicabilità della PCR a tale scopo. L epatite acuta da HCV è caratterizzata istologicamente da una risposta infiammatoria del tessuto epatico più attenuata rispetto quella osservata in corso di epatite A o B, essendo caratterizzata dalla presenza di modesti infiltrati linfocitari. Per quanto riguarda le complicanze a lungo termine, circa il 50% dei pazienti va incontro a cronicizzazione e di questi il 20% evolve verso la cirrosi epatica. I portatori cronici di HCV rappresentano inoltre la fonte più importante di contagio per i soggetti suscettibili. L andamento delle transaminasi in corso di epatopatia cronica da HCV presenta diversi quadri: si possono riscontrare casi ad andamento polifasico con ampie 12

14 fluttuazioni delle ALT, sebbene esistano anche soggetti con plateau di modesto ma persistente innalzamento dell alanina-aminotransferasi al di sopra dei valori di riferimento. Da un punto di vista istologico oltre al quadro classico dell epatite cronica, vi sono caratteristicamente aspetti di micro-macrosteatosi e proliferazione dei duttuli biliari. Tra gli altri indici di danno epatico si osserva che le gamma globuline aumentano solo quando vi è cirrosi conclamata, mentre la fosfatasi alcalina solitamente non subisce variazioni rilevanti. Epidemiologia La disponibilità di test per la ricerca di anticorpi diretti contro antigeni del HCV, ha consentito, a partire dal 1989, di effettuare studi sieroepidemiologici su vari gruppi di popolazione. L epatire C è un infezione ubiquitaria, rappresentando circa il 20% di tutti i casi di epatite virale nel mondo. Diversi studi hanno evidenziato che la distribuzione dell anti-hcv riconosce un gradiente mondiale Nord-Sud risultando maggiore nei donatori di sangue dell Europa Meriodionale (1-2%) e dei Paesi Africani (6%) rispetto a quelli del Nord America e del Nord Europa (0,1%-0,7%). In Italia la sieroprevalenza dell anti-hcv nei donatori di sangue, valutata utilizzando test di prima generazione, è risultata di circa l 1,5% nel Sud e dello 0,7% nel Nord. Tra i fattori di rischio, le trasfusioni di sangue sono state riconosciute responsabili dell infezione in una percentuale di casi pari al 6% nel periodo nell ambito di riceche effettuate dal CDC di Atlanta (USA), con un decremento rispetto alla percentuale del 17% riscontrata negli anni Tale riduzione è ascrivibile da un lato alla esclusione dei donatori on fattori di rischio per l infezione da HIV e relativo screening sierologico, e dall altro all utilizzo dei cosidetti marcatori surrogati (ricerca anti- HBc???-ALT). Un significativo decremento delle infezioni non A non B post-trasfusionali si è verificato con l introduzione dello screening anti-hcv nel corso del Con l introduzione delle metodiche diagnostiche per la ricerca dell anti-hcv e di base alle conoscenze sulle modalità di trasmissione, si è giunti peraltro ad identificare le principali categorie a rischio di contagio. Queste ultime sono rappresentate da sogetti trasfusi in epoca pre-screening (compresi emofilici e talassemici), dializzati, tossicodipendenti, ecc. L anti HCV saggiato con test di prima generazione presentano un elevata prevalenza nei pazienti con epatite cronica, mentre le percentuali di positività risultano più basse in quelli con epatite acuta a risoluzione spontanea (15%-60%). L anticorpo (antic-100-3, anti-hcv) compare spesso in ritardo rispetto all evoluzione delle transaminasi (rispettivamente settimane dalll esposizione e settimane dalla comparsa del quadro clinico). Tale intervallo tra 13

15 epoca di contagio e comparsa degli anticorpi specifici è stato notevolmente ridotto dall introducione di test di seconda generazione. Pur non rappresentando le donazioni di sangue la prima causa di infezione, risulta tuttavia chiara la loro importanza epidemiologica, dal momento che alcuni studi prospettici hanno dimostrato che almeno il 5% dei politrasfusi presenta segni biochimici o clinici di epatite cronica non A non B. Ciò ha comportato negli ultimi anni una maggiore attenzione allo screening ma, per lungo tempo, in mancanza di test sierologici specifici, sono stati utilizzati dei marcatori surrogati quali l anti-hbc??? e la valutazione dei livelli delle ALT. La positività dei markers surrogati pur risultando utile nella prevenzione delle epatiti posttrasfusionali, non sempre si correla con la reattività per anti-hcv. Quest ultimo test, se eseguito su tutte le donazioni di sangue, garantisce pertanto una maggiore sicurezza delle unità ematiche. Si può tuttavia verificare che il donatore sia stato sottoposto a screening in periodo finestra tra infezione acuta e sieroconversione, o che sia possibile lo stato di portatore cronico del virus anche in assenza di anticorpi anti-hcv. La ricerca dell HCV-RNA rappresenterebbe la sola possibilità di verificare tale ipotesi ma le metodiche di amplificazione genica non sono oggi applicabili su larga scala. Anche gli emoderivati sono stati chiamati in causa nella trasmissione dell HCV. Un ulteriore gruppo a rischio, considerate le modalità di trasmissione dell HCV, è rappresentato, come già detto, dai tossicodipendenti che fanno uso di droghe che varia dal 45% al 92% secondo differenti studi epidemiologici. Analogamente è stato altresì dimostrato che nei pazienti dializzati la prevalenza di anti-hcv varia dallo 0,5 fino al 40%. La positività per anti-hcv è più frequente tra dializzati che sono stati trasfusi, ma un elevata percentuale di reattività è riscontrabile anche in quelli che non hanno ricevuto unità di sangue. Ciò fa supporre che alcuni casi siano dovuti a trasmissione percutanea non trasfusionale. La stessa modalità di infezione è ipotizzabile per gli operatori sanitari anche al di fuori di evidenti contatti con materiale infetto e per gli individui sottoposti ad interventi chirurgici. Attualmente per circa il 40% delle epatiti C non è possibile individuare alcuna sorgente di infezione ne alcun fattore di rischio tra quelli noti. 14

16 Pertanto risulta importante analizzare più dettagliatamente le numerose forme di epatite denominate sporadiche o acquisite in comunità. A tale scopo la ricerca si è soffermata particolarmente sullo studio delle vie di trasmissione sessuale, intra familiare e perinatale. Riguardo alla diffusione dell infezione per via sessuale si può supporre che essa svolga un ruolo meno importante per l HCV rispetto all HBV. La siero prevalenza di anti c negli omossessuali è nettamente inferiore rispetto a quella dell anti-hbc, marcatore che indica l avvenuto contatto con HBV. Tuttavia studi su soggetti eterosessuali hanno dimostrato come la promiscuità sessuale sia associata ad un rischio 11 volte superiore di contrarre un epatite non A non B rispetto ad un gruppo di controllo preso come riferimento. Anche per quanto riguarda la trasmissione intra famigliare, si osserva una minore contagiosità dell HCV rispetto a quanto evidenziato sulla diffusione dell HBV. Studi condotti in Italia ed in Giappone indicano una prevalenza di anti-hcv dell 8% tra i conviventi di casi indice. La trasmissione perinatale ha incidenza modesta ed avviene comunque più facilmente se la madre è sieropositiva per anti-hiv. Ovviamente, per valutare l avvenuto contagio-madrefiglio bisogna effettuare il monitoraggio del neonato al fine di consentire, dopo scomparsa degli anticorpi passivi materni, l evidenziazione della eventuale produzione attiva di anti- HCV. Per quanto riguarda la correlazione tra HCV e incidenza di carcinoma epatocellulare, è possibile ipotizzare che questo virus al pari dell HBV svolga un importante ruolo in questa neoplasia. Molti aspetti della sua stretta associazione con il fenomeno discariocinetico resta ancora da chiarire ed in particolare se sia il virus mediante un meccanismo diretto di integrazione genomica a determinare la cancerogenesi o se ciò sia imputabile al concomitante stato di cirrosi. Al riguardo bisogna però osservare che l HCV è un RNA virus sprovvisto dell enzima trascriptasi inversa e quindi risulta difficile comprendere come potrebbe integrarsi nel genoma dell ospite. Un ulteriore aspetto da considerare è la correlazione dell HCV con le epatopatie autoimmuni di tipo 1 (con positività anticorpi anti-nucleo) e di tipo 2 ( con positività degli anticorpi antimicrosoma di fegato e di rene o LKM) In queste forme si segnala in circa il 50% dei pazienti una positività per anti-hcv che raggiunge l 80% nell epatite autoimmune di tipo 2 associata alla contemporanea presenza di 15

17 autoanticorpi anti-lkm. La mancanza di test sierologici più specifici non ha ancora permesso di discriminare se la positività per anti-hcv sia totalmente attribuibile all epatopatia virale o sia in parte legata ad una falsa reattività causata dall elevato tasso sierico di immunoglobuline riscontrabile in questa patologia. Si ritiene comunque che le reattività per anti-hcv siano vere nei casi di epatopatia autoimmune di tipo 2 dell adulto. Una serie di studi hanno inoltre evidenziato come molti pazienti affetti da epatopatia alcolica presentassero un alta prevalenza di anti-c e che tale positività sierologica era ancora più elevata quanto più grave era la sintomatologia, l obbiettività clinica ed il quadro anatomopatologico. Sembra possibile quindi che l HCV sia responsabile di un ulteriore aggravamento dell epatopatia alcolica. Per quanto riguarda altre possibili modalità di trasmissione dell HCV alcuni studi hanno segnalato l eventualità che liquidi biologici quali ad esempio la saliva siano in grado di veicolare il virus; viceversa gli insetti ematofagici non sembrano implicati nella diffusione dell infezione. CLINICA L infezione primaria con virus della HCV è del tutto asintomatica nel 60-70% dei casi. Nel 20-30% dei pazienti in cui risulta clinicamente evidente causa un quadro di epatite acuta sovrapponibile a quello ascrivibile agli altri virus epatotropi e cronicizza nel 50-85% degli infetti, in rapporto a variabili come il tipo di inoculo, l età e lo stato immunitario dell ospite. Nel 30-40% dei casi l evoluzione cronica è caratterizzata da persistenza del virus con aminotransferasi normali, mentre nel 50-70% dei casi si osservano aminotransferasi elevate o fluttuanti. In una quota variabile di soggetti portatori del virus, l epatite cronica C può poi evolvere verso la cirrosi epatica e l epatocarcinoma. (Dore, 2008) Non sono completamente chiari i meccanismi attraverso i quali si giunge all eliminazione di HCV o alla sua persistenza nell organismo: probabilmente esistono una suscettibilità individuale su base genetica ed un ruolo della variabilità genomica virale nel determinare l evasione della risposta immunitaria. Va precisato però che nei diversi studi di storia naturale, le percentuali di progressione sono spesso molto diverse, probabilmente per l eterogeneità dei pazienti studiati e sottotipi di virus coinvolti. Nell evoluzione della malattia giocano infatti un ruolo fondamentale alcuni fattori legati all ospite, oltre che diversi co-fattori che possono modificarne il decorso, la gravità e la progressione a cirrosi. Tra questi, i più noti sono l età al momento dell infezione, la via di 16

18 infezione e la carica virale infettante, le coinfezioni con altri virus epatici o con HIV, le alterazioni dello stato immunitario, i fattori genetici e razziali, e soprattutto la coesistenza di altre cause epatolesive come alcool, farmaci e dismetabolismo, e altri disturbi metabolici, ai quali negli ultimi anni è stata riconosciuta crescente importanza nel processo di aggravamento del decorso della malattia (accumulo di ferro, obesità, diabete di tipo 2, resistenza all insulina). Occorre infine ricordare che l infezione da HCV è in grado di indurre o favorire malattie extraepatiche. La più importante per gravità e frequenza è la crioglobulinemia mista. Si tratta di una malattia da immunocomplessi circolanti, che vengono prodotti a seguito della cronica stimolazione dei linfociti B da parte di costituenti virali. Le manifestazioni cliniche della crioglobulinemia si osservano in circa il 5% dei pazienti e consistono per lo più in porpora (lesioni cutanee) e artragie, che in alcuni casi si accompagnano a danno renale cronico e neuropatia periferica. Solo l infezione post-trasfusionale, per la quale è possibile definire con precisione il momento del contagio con HCV, ha permesso di definire la storia naturale dell epatite C. Il quadro clinico è a lungo asintomatico e pertanto solo l accurato follow-up biochimico e sierologico del paziente può consentire di monitorare la malattia. Nonostante la progressione iniziale asintomatica, l infezione da virus dell epatite C causa non solo uno spettro di patologie epatiche con diverso andamento e severità, ma anche un numero di manifestazioni extraepatiche principalmente correlate alla stimolazione cronica del sistema immunitario e ad una risposta autoimmunitaria virus indotta. Epatite C acuta Il periodo di incubazione e la gravità della fase acuta possono dipendere dall importanza dell inoculo. Il periodo medio di incubazione è di 7-8 settimane, ma può variare ampiamente (2-26 settimane). Risulta quindi intermedio tra il tempo di incubazione dell epatite A e dell epatite B. Sintomi prodromici sono rari. L epatite acuta è itterica solo in una piccola parte dei casi (20%) mentre è non itterica con pochi o nessun sintomo nell 80% delle infezioni. I sintomi sono generalmente aspecifici: malessere, nausea, dolore al quadrante superiore destro del fegato, urine scure e itterizia. La diagnosi clinica di epatite acuta risulta quindi difficile e può essere effettuata solo con la ricerca di marker virali. La forma severa dell epatite acuta è rara e l esistenza di epatite C fulminante controversa. (Hoofnagle JH, 2002) Quando è visibile clinicamente, la malattia dura generalmente 2-12 settimane. 17

19 Il primo marker dell infezione sono livelli di HCV-RNA rilevabili nel siero mediante PCR, subito dopo la prima settimana dall esposizione e il successivo aumento a 10^6-10^8 copie/ml. Gli anticorpi diventano rilevabili in fase acuta nella maggior parte dei casi, ma in alcuni casi la siero conversione è ritardata di alcune settimane. Le alanino aminotrasferasi sieriche (ALT) iniziano ad aumentare poco prima che appaiano i sintomi clinici. Possono essere raggiunti picchi 10 volte più alti della norma, anche se in genere invece si riscontrano aumenti lievi o moderati. In pazienti che risolvono l infezione, le ALT ritornano normali e l HCV-RNA non è più rilevabile a livello plasmatico; gli anticorpi diminuiscono progressivamente anche se rimangono evidenziabili per molti anni. Non è chiaro se negli epatociti e nelle altre cellule l infezione venga eradicata o rimanga a livelli molto bassi. Se l infezione diventa cronica, le ALT possono o normalizzare o rimanere moderatamente elevate. Normalmente l HCV-RNA rimane rilevabile, nonostante alcuni casi di negativizzazione. La completa risoluzione dell epatite acuta non è evento comune. Sembra che il tasso di risoluzione sia intorno al 15% e il livello di cronicizzazione vari dal 50% al 90%. Gli studi che si basavano solo sulle ALT riportavano bassi livelli di cronicizzazione, quelli più recenti basati sulla PCR, stimano l 85% di cronicizzazione. Diversi studi hanno però dimostrato l efficacia dell interferone in fase acuta nell aumentare considerevolmente la probabilità di guarigione, con tassi di risposta virologica sostenuta (SVR) fino al 98%. Nonostante queste evidenze dei criteri univoci circa la terapia ottimale, la sua durata e il momento migliore per iniziarla, non sono ancora stati definiti con precisione. (Johannes Wiegand, 2008) Epatite C cronica L epatite cronica può essere definita come una malattia necrotico-infiammatoria del fegato caratterizzata dalla persistenza nel tempo di necrosi epatocitaria e infiammazione, istologicamente dimostrabili. La diagnosi viene normalmente condotta attraverso parametri biochimici (transaminasi elevate per oltre sei mesi), virologici (presenza di HCV-RNA nel siero) ed istologici. E definita dalla persistenza dell HCV-RNA a livello sierico per una durata superiore ai sei mesi dopo l infezione acuta. Come si è già detto, la probabilità di cronicizzazione del virus 18

20 dopo infezione acuta varia dal 70 all 85% dei casi e tale percentuale si modifica in funzione dell età, del sesso, della razza e dello stato immunitario del paziente. La giovane età, contrariamente a quanto accade a proposito dell epatite B, correla con una più bassa probabilità di cronicizzazione. (Hoofnagle, 2002) Anche il sesso femminile sembra essere legato ad un minor rischio di epatite cronica, ed in particolare questo fenomeno è evidente nelle donne giovani. A proposito invece della razza, la cronicizzazione è più frequente negli africani che nei caucasici o negli ispanici ed è inoltre favorita da uno stato di immunodepressione congenita o acquisita. (Hoofnagle, 2002) (Thomas DL, 2000) Sembra infine che chi sviluppa un epatite acuta sintomatica sia meno predisposto alla cronicizzazione rispetto a coloro che contraggono l infezione in maniera asintomatica. Questo può essere parzialmente spiegato interpretando la manifestazione clinica come un evento legato ad una più vigorosa risposta da parte del sistema immunitario. (Hoofnagle, 2002) (Lechner F, 2000) Esistono due diversi pattern di Epatite C cronica: uno con ALT normali e l altro con elevate ALT. ALT normali: circa il 25% (range 10-40%) dei soggetti con Epatite C ha ALT normali anche se l HCV-RNA è presente nel siero a livelli evidenziabili. Questi pazienti sono per lo più asintomatici e le loro caratteristiche non sono diverse da quelli con ALT elevate. Sono stati denominati carrier sani, anche se non è un termine del tutto corretto perché a volte presentano anormalità istologica alla biopsia epatica. Diversi studi (Alberti A, 1992) indicano che il 25% di questi soggetti ha una istologia epatica normale, il 54% ha una lieve epatite cronica e il 21% un epatite moderata. Normalmente la fibrosi è assente o minima e la cirrosi è presente in meno dell 1% di questi pazienti. ALT elevate: sono inclusi in questo gruppo il 75% dei pazienti con epatite C cronica. La gravità della malattia epatica può variare considerevolmente. A seconda delle lesioni istologiche epatiche, si può distinguere l epatite cronica lieve e quella moderata-severa. Questa distinzione è importante per la prognosi della malattia e per il trattamento terapeutico. L epatite cronica lieve viene diagnosticata in seguito ad identificazione di lesioni epatiche minori durante la biopsia epatica; è definita da valori di fibrosi 0-1. Questo gruppo include circa il 50% delle epatiti croniche con ALT elevate. L epatite cronica moderata-severa è definita così per la presenza di lesioni necro- infiammatorie e/o fibrosi estesa, all atto della biopsia epatica. Lo score della fibrosi è in questo caso 3-4. Questi pazienti rappresentano 19

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