Progetto PROMETEO. FORESIGHT TECNOLOGICO/ECONOMICO Settori 4 A e Turismo in Toscana. DOCUMENTO REDATTO da Consorzio Pisa Ricerche e FIRENZE TECNOLOGIA

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1 Progetto PROMETEO FORESIGHT TECNOLOGICO/ECONOMICO Settori 4 A e Turismo in Toscana DOCUMENTO REDATTO da Consorzio Pisa Ricerche e FIRENZE TECNOLOGIA

2 INDICE INTRODUZIONE...3 IL CONTESTO ECONOMICO E TECNOLOGICO A LIVELLO NAZIONALE...4 Indicatori di innovazione... 8 Selezione delle tecnologie abilitanti Applicabilità ai settori target INDAGINE PER SETTORE...22 il settore agroalimentare il settore abbigliamento e tessile il settore arredamento e prodotti in legno il settore automazione industriale il settore turismo ALCUNE CRITICITÀ...32 settore agroalimentare settore abbigliamento (tessile, calzature) settore arredamento settore automazione industriale settore turismo PROSPETTIVE DI FINANZIAMENTO: il PRS CONCLUSIONI

3 INTRODUZIONE Una delle definizioni più citate per l identificazione degli studi di foresight è quella fornita dalla Direzione Generale Ricerca della Commissione Europea: Il Foresight è un processo sistematico partecipativo, che comporta la rilevazione di informazioni e la creazione di visioni sul futuro a medio e lungo termine, destinato a orientare le decisioni del presente e a mobilitare i mezzi necessari per azioni congiunte Il presente documento costituisce una sintesi ragionata di informazioni relative al foresight tecnologico-economico in Toscana applicato ad alcuni settori target. L obiettivo è proporre un insieme di valutazioni sulle esigenze e sulle opportunità potenziali dei settori analizzati dal progetto Prometeo, alla luce delle tendenze che la tecnologia, dunque i processi e il mercato presentano. Le fonti di informazione utilizzate per redigere questa analisi sono state varie e di vario genere, tra le più importanti: - l analisi di Technology Foresight della Fondazione Rosselli che ha fornito indicazioni di priorità in seguito recepite nel Piano Nazionale della Ricerca ; - la pubblicazione Tecnologie per l Innovazione Industriale condotta dall Istituto per la Promozione Industriale (IPI); - altra letteratura disponibile; - risultati di indagini condotte direttamente dal Consorzio Pisa Ricerche eda Firenze Tecnologia nell ambito delle loro attività come centri per il trasferimento tecnologico Inoltre, per la parte relativa alle prospettive di finanziamento e alle politiche per l innovazione nel territorio toscano, è stato utilizzato il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) L analisi di Technology Foresight della Fondazione Rosselli, presenta una valutazione delle criticità di alcune delle tecnologie emergenti. La valutazione si basa su alcuni indicatori, qualitativi e quantitativi, che fanno riferim ento sia agli impatti di ciascuna tecnologia sull industria e sulla società (Attrattività), sia all adeguatezza delle risorse e delle competenze tecnico-scientifiche disponibili per lo sviluppo della tecnologia (Fattibilità). L indagine ha avuto come scopo la definizione di una sorta di inventario delle tecnologie più promettenti per l innovazione industriale (e, al tempo stesso, già disponibili presso i centri di ricerca, e le università italiane) che presentano un maggiore impatto per quei settori manifatturieri che caratterizzano il Made in Italy. Per la redazione del presente documento, abbiamo quindi estrapolato i dati e le informazioni relativi ai settori delle cosiddette 4 A (come previsto dal progetto Prometeo): abbigliamento, automazione, arredamento e agro-alimentare. Operativamente, la presente analisi/sintesi ha seguito una serie di fasi in successione: 1. individuazione delle tecnologie più promettenti (basate sul documento della Fondazione Rosselli); 2. applicabilità ai settori target (basata sulla analisi condotta dall Istituto per la Promozione Industriale (IPI); 3. descrizione delle prospettive future (basata sulle prospettive di investimento presenti nel Programma Regionale di Sviluppo approvato dalla Giunta Regionale Toscana il 30 Maggio 2006) 3

4 IL CONTESTO ECONOMICO E TECNOLOGICO A LIVELLO NAZIONALE In Italia, negli ultimi anni si è assistito ad un fenomeno di particolare rilevanza relativo alla adozione di nuove tecnologie: l avvio delle convergenze tecnologiche, cioè la accentuazione delle complementarietà che si instaurano tra conoscenze, esperienze e competenze che originano da domini scientifici diversi. Dal settore della microelettronica (microsistemi e sensori; tecnologie per componenti optoelettronici e fotonici; tecnologie per la bioelettronica e biosensoristica), al settore della chimica (nanomateriali per la catalisi di processi chimici), al farmaceutico (chimica computazionale), ai materiali avanzati (tecnologie per i materiali compositi, per i nanomateriali): in tutti questi casi, e nelle molte altre circostanze in cui si assiste ad una progressiva integrazione tra tecnologie diverse, la crescente complessità indotta dalle convergenze tecnologiche impone alle imprese una semplificazione dei processi interni, attraverso il ricorso all outsourcing. L avvio dei cosiddetti cluster non è più una scelta ma una necessità. Le imprese devono instaurare relazioni cooperative con attori diversi, per focalizzare le risorse interne disponibili (spesso scarse) su precisi ambiti, ove c è maggiore accumulo di esperienze e, quindi, è per loro possibile costruire competenze distintive. Altro mutamento importante è rinvenibile nei settori maturi, che subiscono l impatto di tecnologie chiave abilitanti, l accesso alle quali ed il cui padroneggiamento divengono fattori critici di successo per le imprese che in essi operano. Lo scenario tecnologico, cioè, diviene sempr e più complesso, perché in molti settori produttivi, anche quelli appartenenti alla manifattura tradizionale, si registra ormai la concomitanza di una pluralità di paradigmi tecnologici. In tutti questi casi una quota importante dell innovazione scaturisce da tecnologie che hanno origine e iniziale applicazione in domini scientifici e aree produttive lontani dai settori di nuovo utilizzo. Tab. Le convergenze tecnologiche nell industria italiana E evidente che le imprese dei settori tradizionali, spesso di piccola dimensione, possono accedere e valorizzare le opportunità rappresentate dalle nuove interdipendenze tecnologiche solo in presenza di adeguate risorse organizzative e professionali all interno e del supporto di un contesto evoluto all esterno. Sia su un versante (l assetto interno alle imprese) che sull altro (il contesto di contorno) le debolezze esistenti sono molte. Le informazioni sul contesto nazionale sono state estrapolate dal Quadro Strategico Nazionale per le Regioni della Convergenza approvato dalla Commissione Europea il 13 luglio 2007 con decisione n. C /(2007)

5 I dati statistici sull innovazione delle imprese a livello regionale Molteplici analisi sulle caratteristiche dei processi innovativi, nonché sulle prestazioni economiche a livello di settore o di paese, sono state rese possibili dalla disponibilità di dati sull innovazione raccolti secondo l approccio del Manuale di Oslo. In particolare, a partire dal triennio di riferimento , la Commissione europea e l Eurostat hanno sostenuto lo sviluppo di una rilevazione comunitaria sull innovazione (CIS, Community Innovation Survey) giunta, nel 2008, alla sua quinta edizione. La rilevazione CIS, da anni una delle principali fonti di dati sulle attività innovative delle imprese, fornisce anche elementi essenziali per le attività di benchmarking delle capacità innovative dei paesi europei. Nel quadro dell utilizzo dei dati CIS a fini di valutazione e definizione delle politiche di innovazione, anche a livello europeo, si è evidenziata in misura crescente l esigenza di disporre di indicatori sull innovazione delle imprese anche a livello regionale, in modo simile a quanto accade per la R&S. L analisi territoriale dell innovazione basata sulla rilevazione CIS presenta tuttavia un problema: seguendo l impostazione originaria del Manuale di Oslo, tutte le attività innovative rilevate presso un impresa vengono attribuite alla regione in cui questa ha la sede legale anche se tali attività sono distribuite sul territorio nazionale tra più regioni, oltre che all estero. Se dunque è del tutto corretto che le informazioni raccolte dalle rilevazioni sull innovazione vengano ricondotte all unità dell impresa, ignorare che sue alcune parti sono localizzate in diverse aree geografiche, spesso integrate nei relativi sistemi locali di innovazione, rappresenta una distorsione evidente della misurazione statistica del fenomeno innovativo. Nel caso specifico italiano, assegnare tutto il potenziale scientifico e tecnologico della FIAT alla sola regione Piemonte comporta una sottovalutazione del ruolo e dell impatto delle varie unità produttive localizzate, per esempio, nel Centro e nel Sud del paese. Un approccio statistico alternativo sarebbe quello di effettuare la rilevazione presso le singole unità locali (stabilimenti di produzione, centri logistici, uffici tecnici, centri di ricerca, ecc.): in questo caso, tuttavia, le informazioni raccolte non consentirebbero di ricostruire la complessiva strategia che lega le diverse attività innovative, e che è per definizione definita a livello di impresa. Una soluzione per produrre indicatori regionalizzati sull innovazione delle imprese è quella di procedere con la raccolta sia di informazioni sugli aspetti strategici dell innovazione (a livello di impresa), che di informazioni sulle attività svolte nei diversi territori (a livello di unità locale). Il metodo consiste nell acquisire le informazioni presso l impresa innovatrice e, nel caso in cui questa svolga attività innovative in più di una regione, sottoporre alle singole unità locali un questionario attraverso cui vengono rilevate le attività svolte a livello locale. L Istat, ad esempio, ha condotto, nel 2007, una sperimentazione adottando l approccio sopra citato: rilevando, cioè, le imprese italiane dell industria e dei servizi con almeno 10 addetti che avevano introdotto innovazioni nel periodo come unità statistiche primarie ed interessando, mediante una seconda rilevazione e un questionario regionalizzato, le imprese rispondenti alla rilevazione che avevano dichiarato di aver svolto innovazione nel periodo considerato e di essere presenti in più di una regione italiana. Nella Tabella 2 sono presentati i risultati in termini di percentuale di soggetti innovatori e di spesa per innovazione per regione distinguendo tra imprese e unità regionali. Nel primo caso l unità di analisi è l impresa considerata nel suo complesso e localizzata nella regione dove risulta ubicata la sede legale (secondo quanto raccomandato dal Manuale di Oslo). Nel secondo caso l unità di analisi è l unità regionale rappresentata dall insieme delle unità locali di una stessa impresa ubicate nella stessa regione. Nel primo caso, quindi, la territorializzazione delle variabili d interesse (numero di soggetti innovatori e ammontare delle spese per l innovazione) fa riferimento alla regione dove risulta ubicata la sede centrale dell impresa, mentre nel secondo caso fa riferimento alla regione dove operano le unità produttive. 5

6 REGIONI NUTS2 Tabella 1 - Imprese/Unità regionali innovatrici e relativa spesa per innovazione per regione NUTS2. - Anni (valori assoluti e percentuali) Imprese Unità regionali Totale imprese innovatric i Totale imprese (popolazion e) Percentuale imprese innovatrici sul totale Spesa per innovazione 2004 (m ) Distribuzione percentuale regionale della spesa 2004 Totale unità regionali innovatric i Totale unità regionali (popolazione ) Percentual e unità regionali innovatrici sul totale Spesa per innovazion e 2004 (m ) (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) Distribuzione percentuale regionale della spesa 2004 Piemonte , , , ,9 Valle d'aosta , , , ,3 Lombardia , , , ,8 Prov. di Bolzano , , , ,1 Prov. di Trento , , , ,3 Veneto , , , ,5 Friuli Venezia , , , ,8 Gi Liguria li , , , ,0 Emilia Romagna , , , ,1 Toscana , , , ,2 Umbria , , , ,8 Marche , , , ,3 Lazio , , , ,4 Abruzzo , , , ,0 Molise , , , ,2 Campania , , , ,8 Puglia , , , ,7 Basilicata , , , ,4 Calabria , , , ,4 Sicilia , , , ,3 Sardegna , , , ,8 Totale , , , ,0 Fonte: Istat. (10) La Tabella 2 mostra che, a parità di percentuale di soggetti innovatori o a parità di spesa totale per l innovazione a livello nazionale la distribuzione regionale cambia in modo significativo se si considerano le imprese, piuttosto che le unità regionali. Si deve anche notare che il numero di unità regionali è, per definizione, superiore al numero delle imprese sia come totali che come soggetti innovatori: le relative popolazioni di riferimento (considerando le imprese italiane con 10 addetti ed oltre) sono, infatti, di imprese e unità regionali. Evidentemente, il dato sulle unità regionali ingloba quello sulle imprese che ne rappresentano un sottoinsieme. Esaminando, quindi, la percentuale di soggetti innovatori, la Lombardia risultava avere nel 2004 il 34,1 per cento di imprese innovatrici nel settore dell industria e dei servizi (colonna 3). Considerando però anche la presenza di unità locali di imprese con sede fuori dalla Lombardia, tale percentuale espressa in termini di unità regionali (accorpando in un unica unità tutti gli stabilimenti di una singola impresa presenti nella regione) saliva al 35,4 per cento (colonna 8). Nel caso del Lazio, invece, la situazione è opposta dal momento che al 26,0 per cento di imprese innovatrici, tra quelle con sede nella regione, corrisponde una percentuale di unità regionali innovatrici pari soltanto al 24,5 per cento. Particolarmente interessante è analizzare la distribuzione della spesa per innovazione a livello regionale passando dall approccio per impresa suggerito dal Manuale di Oslo (dove tutta la spesa per innovazione di un impresa si suppone sia impiegata nella regione in cui l impresa ha sede) ad un approccio per unità regionale che permette di analizzare come la spesa per innovazione viene effettivamente distribuita tra le diverse regioni. 6

7 I dati presentati nella Tabella 2 sono anche sintetizzati nel Grafico 1. Grafico 1. Variazioni nella spesa regionale per innovazione delle imprese. Anno 2004 Differenza tra distribuzione per impresa e distribuzione p er unità regionale. Lazio Lombardia Piemonte Umbria Valle d'aosta Molise Liguria Basilicata Calabria Friuli Venezia Giulia Prov. di Trento Sicilia Toscana Sardegna Prov. di Bolzano Marche Puglia Emilia Romagna Abruzzo Veneto Campania Variazioni in m Considerando che la spesa per innovazione è l unica var iabile direttamente confront abile a livello di impresa e unità regio nale, il Grafico 1 mette in evidenza la distinzione tra regi oni che perdono spesa per innovazio ne in relazione al cambiamento della metodol ogia di rilevazione (regioni, quindi, dove hanno la sede amministrativa numerose imprese multi-localizzate che investono significativamente anche nelle altre regioni) e regioni che guadagnano dal cambio di metodologia (quelle con più ridotta presenza di sedi amministrative ma con rilevante presenza di impianti produttivi). Non è quindi sorprendente che Lazio, Lombardia e Piemonte (insieme, anche se in misura assai inferiore, all Umbria) cedano parte della spesa per innovazione che viene loro accreditata sulla base della sede principale delle imprese multi-localizzate: la maggior parte delle grandi imprese italiane ha effettivamente sede in queste tre regioni. Tra le regioni che guadagnano (che sono poi quelle più penalizzate da una rilevazione della spesa per innovazione a livello di impresa ) vanno annoverate la Campania e altre regioni meridionali come Abruzzo e Puglia ma, non sorprendentemente, anche alcune regioni dell Italia adriatica e, in particolare, del Nord-Est: Veneto, Emilia-Romagna e Marche. Il passaggio da una rilevazione della spesa per innovazione dal livello di impresa, al più dettagliato livello di unità regionale non realizza quindi una redistribuzione della spesa lungo l asse Nord-Sud ma riflette la più complessa realtà di localizzazione dell industria italiana segnalando la precedente sottovalutazione degli investimenti innovativi nelle aree più dinamiche del Paese. Si può quindi concludere evidenziando come diversi approcci metodologici al tema della produzione di indicatori statistici sull innovazione possano portare a conclusioni anche significativamente diverse. In generale, porre l enfasi sul dettaglio regionale degli indicatori di innovazione, suggerisce una lettura più sistematica di tali indicatori, calandoli nel contesto economico e culturale che caratterizza ciascuna diversa area territoriale. Da La dimensione regionale della ricerca e dell innovazione di Giulio Perani ISTAT Giorgio Sirilli ISSiRFA CNR settembre

8 Indicatori di innovazione In questo paragrafo si riportano alcuni indicatori del livello di innovazione per posizione l Italia rispetto alle altre nazioni e la Toscana rispetto alle altre regioni. L European Innovation Scoreboard è uno strumento elaborato dalla Commissione Europea per monitorare annualmente i risultati della strategia di Lisbona, si basa su un set di 26 indicatori che misurano le prestazioni dei sistemi nazionali della ricerca e dell innovazione su diversi versanti: quello degli input dell innovazione; quello degli output; quello della performance complessiva. In base a tale indice, l Italia si posiziona al 23 posto nella graduatoria dei 37 paesi analizzati, con un punteggio (0,33) che la colloca al di sotto della media europea (0,45) e a notevole distanza dai paesi più avanzati (European Commission 2008): lontano non soltanto dagli Stati Uniti (0,55) e dal Giappone (0,60), ma anche dalle 5 nazioni Ue appartenenti al drappello di testa (innovation leaders): Svezia (0,73); Finlandia (0,64); Danimarca (0,61); Germania (0,59); Inghilterra (0,57). Il nostro Paese risulta particolarmente indietro sul fronte degli input innovativi (dotazione di capitale umano qualificato, formazione permanente, spese in ricerca e sviluppo, ecc.), come confermato anche dall ultimo rapporto sull Innovazione di sistema curato dalla Fondazione Rosselli con il Corriere della Sera (2007), in cui in termini di potenziale innovativo il nostro paese si colloca al quart ultimo posto tra i 19 paesi industrializzati considerati. Invece, sul versante dell output innovativo la posizione appare relativamente migliore (introduzione di nuovi prodotti sul mercato, attività di brevettazione ecc.). Questo tipo di graduatorie, tuttavia, tende a sottostimare la capacità innovativa italiana. Data la forte presenza di piccole e medie imprese specializzate nei settori tradizionali, in Italia infatti i processi innovativi risultano maggiormente basati su logiche incrementali, più difficili da cogliere e misurare tramite indicatori formalizzati. Non casualmente la posizione del nostro Paese tende sensibilmente a migliorare quando nelle comparazioni internazionali viene considerata l innovazione nel suo complesso e non solo quella legata all alta tecnologia. Ad esempio questo è il caso della quarta rilevazione europea sull innovazione, dalla quale risulta che l Italia si posiziona al 13 posto nella graduatoria per quanto riguarda la presenza di imprese innovatrici (con un valore di poco inferiore alle media dei 27 paesi dell Unione europea) (Istat 2008). Il modello dello European Innovation Scoreboard consente di elaborare un indice sintetico di innovazione che offre uno sguardo di sintesi sulla dotazione dei vari paesi in termini di input e di output innovativi: il Summary Innovation Index che è una sintesi di 5 diversi indici, di cui 3 (a loro volta articolati in 15 indicatori) misurano il lato degli input innovativi, mentre i restanti due (articolati in 10 indicatori) misurano gli output innovativi. Per quanto riguarda i primi tre, si tratta dei seguenti indici: innovation driver: articolati in vari indicatori volti a misurare la dotazione di capitale umano qualificato e i livelli di istruzione e formazione professionale knowledge creation: spesa pubblica e privata in R&S; attività di ricerca universitaria finanziata dalle imprese innovation and entrepreneurship: % di imprese che effettuano attività di ricerca in house o attraverso collaborazioni esterne; spesa in ICT delle imprese, spesa in innovazione delle imprese, attività di venture capitalist. Gli indicatori di output innovativi si suddividono in: applications: a loro volta articolati in un gruppo di indicatori volti a misurare i prodotti innovativi introdotti sul mercato dalle imprese, l export in settori high tech e l incidenza degli occupati nel settore dei servizi innovativi 8

9 intellectual property: brevetti, marchi e modelli di utilità. In figura, il Summary Innovation Index riferito al 2007 (European Commission 2008). Il colore degli istogrammi corrisponde al gruppo al quale i paesi appartengono: in verde i paesi più innovativi (con la Svezia paese con la performance migliore - in verde scuro); in giallo gli innovation followers, in arancio i moderate innovators, in celeste i paesi catching-up. In bianco è evidenziata la media EU. Il posizionamento dell Italia risulta complessivamente modesto (23 posto sul totale dei Paesi europei, nuovi membri inclusi); posizioni addirittura inferiori si registrano sulla base del calcolo di alcuni indici disaggregati, rivolti a misurare alcuni input innovativi quali la presenza di capitale umano qualificato, secondo cui l Italia occupa il 30 posto o la presenza di imprese innovative, secondo cui l Italia occupa il 26 posto. Relativamente migliore la posizione del Paese in termini di output innovativi, ovvero in termini di prodotti innovativi introdotti sul mercato dalle imprese, di export in settori high-tech e di incidenza degli occupati nel settore dei servizi innovativi, secondo il quale l Italia occupa il 18 posto, nonché di numero di brevetti, marchi e altri diritti di proprietà intellettuale detenuti da imprese e altri attori, in cui l Italia risulta al 13 posto nel Le analisi svolte a livello comunitario ci consentono anche di tracciare una mappa del potenziale innovativo delle regioni europee. In particolare, il Regional Innovation Scoreboard (RIS) fornisce un indice sintetico di innovatività delle varie regioni simile a quello riassunto nel Summary Innovation Index visto in precedenza. Anche in questo caso, si considera un insieme di input e di output innovativi di cui si misura la dotazione a livello regionale L indice sintetico presentato dal Regional Innovation Scoreboard è costruito seguendo una procedura semplificata rispetto all indice sintetico di innovazione SII. Sono considerati solo alcuni indicatori: risorse umane in scienza e tecnologia (in % della popolazione totale); partecipazione in attività di formazione (in % della popolazione di età anni); addetti manifatturieri in attività medium-high e high-tech (in % della forza lavoro totale); addetti ai servizi high-tech (in % della forza lavoro totale); spesa pubblica in R&S (in % del PIL); spesa delle imprese in R&S (in % del PIL); domande di brevetto EPO (in rapporto alla popolazione). 9

10 Analizzando il posizionamento delle 203 regioni europee in termini di tale indice sintetico, risulta evidente che le regioni italiane si collocano in modo non sempre soddisfacente in tale classifica, in cui si vede un predominio di regioni scandinave. La prima regione italiana in termini di indice sintetico di innovatività è il Lazio (al 44 posto nella classifica europea), mentre la Toscana si classifica al 7 posto fra le regioni italiane e al 104 nel complessivo. posizione regione RIS 1 Stockholm (SE) 0,90 2 Vastsverige (SE) 0,83 3 Oberbayern (DE) 0,79 4 Etela-Suomi (FI) 0,78 5 Karlsuhe (DE) 0,79 44 Lazio (IT) 0,57 71 Lombardia (IT) 0,49 73 Piemonte (IT) 0,49 81 Emilia Romagna (IT) 0,47 94 Liguria (IT) 0,44 95 Friuli Venezia Giulia (IT) 0, Toscana (IT) 0, Umbria (IT) 0,42 Un confronto tra indicatori di innovazione e di R&S a livello regionale Due indicatori di innovazione regionalizzati con riferimento al periodo e presentati nella Tabella 2 (numerosità di unità regionali innovatrici colonna 6 - e spesa per innovazione 2004 colonna 9) possono essere messi a confronto con la spesa in ricerca e sviluppo (R&S) intra- muros sostenuta nel 2004 dalle imprese con almeno 10 addetti (al fine di definire una popolazione di riferimento coerente con i dati sull innovazione) (Tabella 3). Tabella 2 - La distribuzione regionale della R&S nelle imprese italiane con almeno 10 addetti Spesa per R&S nel 2004 Valori assoluti Percentuale REGIONI NUTS2 (migliaia di sul totale euro) nazionale Piemonte ,2 Valle d'aosta ,1 Lombardia ,4 Liguria ,5 Prov. di Bolzano ,4 Prov. di Trento ,4 Veneto ,1 Friuli Venezia Giulia ,3 Emilia Romagna ,2 Toscana ,5 Umbria ,4 Marche Lazio ,3 8,5 Abruzzo ,5 Molise ,0 Campania ,1 Puglia ,3 Basilicata ,3 Calabria Sicilia ,1 2,4 Sardegna ,1 10

11 Nord-Ovest ,1 Nord-Est ,4 Centro ,7 Mezzogiorno ,8 ITALIA ,0 Fonti: Elaborazioni Istat su dati della Rilevazione sull'innovazione nelle imprese. Anni Istat, Rilevazione sulla Ricerca e Sviluppo intra-mu ros in Italia. Anno 2004 La spesa per l innovazione mostra una forte concentrazione regionale. Il 70 per cento di tale spesa è, infatti, concentrato nelle regioni del Nord, c on la Lombardia che da sola contribuisce a circa un terzo del totale nazionale. Seguono Emilia Romagna, Veneto e Piemonte che complessivamente assorbono un altro terzo della spesa nazionale. Tra le rimanenti regioni il Lazio ha il ruolo principale (10,4 per cento), mentre il resto della spesa (poco più di un quarto) è distribuito in maniera uniforme tra le altre regioni del Centro e del Mezzogiorno (con quote che variano dal 4,2 per cento della Toscana allo 0,2 per cento del Molise). Riguardo alla spesa per R &S 1, si osserva una evidente polarizzazione degli investimenti nel Nord. Nel 2004 la spesa per R& S è stata sostenuta prevalentemente dalle imprese del Nord-Ovest (55,1 per cento della spesa), seguite da quelle del Nord-Est (19,4 per cento), del Centro (14,7 per cento) e, infine, del Mezzogio rno che contribuisce alla spesa nazionale con una quota complessiva di poco superiore al 10 per cento. La spesa per R&S delle imprese è fortemente concentrata in poche regioni Piemonte, Lombardia, Emilia Rom agna e Lazio che coprono oltre il 70 per cento del totale. Le sole Lombardia e Piemonte concentrano metà della spesa totale per R&S delle imprese. Tra le rimanenti regioni un contributo significativo è fornito da Lazio (8,5 per cento), Toscana (5,1 per cento) e Campania (4,5 per cento), mentre una quota marginale - circa 7 per cento - è attribuibile al resto del Centro-Sud, anche se in diverse regioni (Molise, Calabria, Sardegna e Basilicata) tale quota è quasi nulla. Avendo l opportunità di confrontare per la prima volta i due indicatori di spesa per innovazione e di spesa per R&S delle imprese italiane, appare evidente che con l eccezione di un ruolo leader di Emilia-Romagna e Veneto nel campo dell innovazione e del Piemonte nel campo della R&S la distribuzione regionale di questi due indicatori è molto simile. Tuttavia l indicatore di spesa per innovazione e quello di spesa di R&S descrivono, soprattutto con riferiment o alla loro distribuzione territoriale, due fenomeni essenzialmente diversi seppure, evidentemente, non indipendenti l uno dall altro. In primo luogo, in fatti, la R&S è in una certa misura ( per quanto cioè riguarda la ricerca applicata e lo sviluppo sperimentale) già ricompresa, come attività, all interno dei processi di innovazione. Di conseguenza, all interno della spesa per innovazione va considerata anche la spesa per R&S che ne rappresenta una quota storicamente stimata i ntorno al 25 per cento. Una parte dei progetti di innovazione delle imprese si basa, infatti, su ricerche svolte all interno delle imprese stesse; d altra parte, però, le statistiche sull innovazione sono state progettate proprio per rilevare le attività di innovazione - in termini di nuovi pro dotti e nuovi processi che traggono origine dall acquisizione esterna di conoscenze, im pianti e materiali e che non sono necessariamente legate ai risultati della R&S interna. Tale distinzione tra la R& S intesa come l investime nto nella creazione di conoscenza assolutamente originale e l innovazione ovvero, l applicazione nell attività d impresa di nuove conoscenze, tecnologie e materiali, indipendentemente dal fatto che provengano dall interno o dall esterno dell impresa ha una valenza ancora più forte se declinata a livello territoriale. La R&S, infatti, può es sere descritta come un attività fortemente radicata a livello territoriale perché essa implica un impegno tecnico e finanziario di non breve periodo nell ipotesi che una determinata combinazione di competenze professionali, di apparecchiature, di infrastrutture, operanti in uno specifico luog o fisico, possa realizzare un incremento 1 Si tratta della R&S intra-muros, ovvero quella svolta dalle imprese al proprio in terno e con l utilizzo di proprio personale e proprie infrastrutture. Sono quindi escluse le commesse affidate a soggetti esterni, pubblici o privati, per lo svolgimento di attività di R& S. 11

12 verificabile delle conoscenze, scientifiche o tecnologiche, esistenti. Tale attività ha almeno tre caratteristiche fondamentali, con riferimento al te rritorio: la prima è di essere alimentata da un ambiente esterno (sociale, culturale, istituzionale, ecc.) favorevole alla circolazione della conoscenza e al confronto tra i ricercatori; la seconda è di essere difficilmente trasferibile in un diverso contesto territoriale senza interrompere ed annullare quei processi di decantazione che sono intrinseci all accumulo della conoscenza e che richiedono tempo per svilupparsi, rafforzarsi e portare a risultati positivi; la terza è che i risultati di tale attività sono invece, paradossalmente, assai difficili da trattenere in un dato ambito territoriale, anche al fine di godere dei vantaggi economici degli investimenti sostenuti. Se, infatti, una regione può avere esperienze di eccellenza nello svolgimento di attività di R&S e può cercare di trattenere sul suo territorio tali capacità (o attrarne di nuove), i risultati di tale ricerca saranno necessariamente destinati ad essere utilizzati e a generare ricchezza anche fuori dal territorio di tale regione. Ciò è inevitabile sia a causa dei processi commerciali di trasferimento della conoscenza, che attraverso i fenomeni di spill-over, ovvero di diffusione non intenzionale, della conoscenza scientifica e tecnologica che non è, per sua natura, totalmente codificabile e soggetta ad appropriazione esclusiva. Totalmente diversa è la prospettiva della spesa per innovazione. In questo caso, un impresa, dopo aver individuato un territorio in grado di garantire un vantaggio competitivo alle proprie attività, vi concentra tutte le conoscenze scientifiche, tecnologiche, organizzative che è in grado di acquisire da qualsiasi fonte disponibile (ovviamente, investendo anche in R&S, se necessita di conoscenze non ancora disponibili) al fine di rendere le proprie strutture competitive sulla base dell utilizzo delle più efficaci soluzioni organizzative, nonché dei più avanzati ed efficienti processi produttivi e della capacità di offrire sul mercato beni e servizi con il miglior rapporto qualità/prezzo In sintesi, i due indicatori della spesa per R&S e della spesa per innovazione, sebbene apparentemente simili, misurano con riferimento alla dimensione regionale due fenomeni essenzialmente diversi: - il livello di spesa per R&S in una regione misura l impegno dei soggetti ivi localizzati (in questo caso, le imprese) nell accumulo di capacità creative che rendono possibile la creazione di nuove conoscenze, ma non rappresenta necessariamente un indicatore della capacità di trasformarle in ricchezza privata o sociale; - il livello di spesa in innovazione in una regione misura, al contrario, l impegno economico del settore privato per concentrare in un territorio le conoscenze e le competenze necessarie per rendere le strutture produttive ivi presenti più competitive e, di conseguenza, in grado di generare ricchezza, con ovvie ricadute sul livello di benessere del territorio stesso. Anche la numerosità dei soggetti coinvolti in questi due processi marca una sostanziale differenziazione: da poche decine a poche centinaia di centri di R&S in ciascuna regione, ad alcune migliaia di unità locali impegnate mediamente in innovazione nelle singole regioni. Al fine di mettere in evidenza la diversa natura dei due indicatori, si è proceduto a calcolare (Tabella 4) due diversi indicatori di intensità innovativa. Sia la spesa per innovazione, che la spesa per R&S sono rapportate al valore aggiunto regionale realizzato dal settore dell industria e dei servizi (i dati sono riferiti al 2004). 12

13 Tabella 3 - Indicatori di intensità innovativa e produttività del lavoro delle imprese italiane con almeno 10 addetti per regione. Valore Indicatori di intensità innovativa Valore aggiunto aggiunto Spesa per innovazione nel Spesa per attività interne di R&S Valori 2004(2) nel 2004(3) REGIONI NUTS2 per assoluti occupato(1 % sul % sul (milioni di Variazioni % rispetto Variazioni % rispetto ) valore valore euro)(1) al dato nazionale al dato nazionale aggiunto aggiunto Piemonte ,7 0,5 1,7 1,0 Valle d'aosta ,5 0,3 0,4-0,4 Lombardia ,3 1,2 1,0 0,3 Liguria ,3-0,9 0,9 0,2 Prov. di Bolzano ,3 0,1 0,3-0,4 Prov. di Trento ,4 1,2 0,3-0,5 Veneto ,2 0,1 0,4-0,4 Friuli Venezia Giulia ,0 0,8 0,8 0,0 Emilia Romagna ,8 0,7 0,9 0,2 Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia ,9 1,8 2,7 3,2 3,7 1,4 2,1 1,3-1,2-1,3-0,4 0,0 0,6-1,7-1,0-1,8 0,5 0,2 0,4 0,6 0,6 0,1 0,7 0,2-0, 3-0,5-0,4-0,1-0,1-0,6-0,1-0,5 Basilicata ,1-1,1 0,3-0,4 Calabria ,8-2,4 0,0-0,7 Sicilia Sardegna ,7 1,3-1,5-1,8 0,4 0,1-0,3-0,7 Nord-Ovest ,0 0,8 1,2 0,4 Nord- Est Centro Sud ,6 2,6 1,9 0,4-0,5-1,3 0,6 0,5 0,4-0,1-0,2-0,3 Isole ,6-1,6 0,3-0,4 ITALIA ,2 0,0 0,7 0,0 Fonti: (1) Istat - Conti economici regionali. Anno (2) Elaborazioni ISTAT su dati della Rilevaziopne sull'innovazione nelle Imprese. Anni (CIS). (3) Istat, Rilevazione sulla Ricerca e Sviluppo intra-muros (R&S) in Italia. Anno Osservando quindi i costi sostenuti per l innovazione 2, rapportati alla ricchezza regionale, si conferma la tendenza alla concentrazione territoriale degli investimenti innovativi, con un ruolo trainante del Nord e un forte ritardo del Sud. In particolare, le regioni con il più alto livello di spesa per innovazione sul valore aggiunto sono la Provincia di Trento (4,4 per cento), la Lombardia (4,3 per cento) e il Friuli Venezia Giulia (4,0 per cento). Altre regioni che hanno investito in innovazione una quota del valore aggiunto superiore alla media nazionale (3,2 per cento) sono l Emilia Romagna (3,8 per cento) e il Piemonte (3,7 per cento). Infine, nelle regioni centro-meridionali e insulari, ad eccezione delle buone performance innovative dell Abruzzo (3,7 per cento) e, in misura minore, del Lazio (3,2 per cento), si raggiungono livelli di spesa per innovazione su valore aggiunto molto lontani dalla media nazionale, con un primato negativo per la Calabria la cui spesa per innovazione non supera l 1 per cento del valore aggiunto regionale. E evidente la distinzione tra regioni dove a prescindere dal livello assoluto di spesa per innovazione le imprese investono in nuovi prodotti e processi in proporzione alla ricchezza creata (almeno con riferimento alla media nazionale) e le regioni che si discostano da tale media o perché le imprese presenti sul loro territorio investono proporzionalmente più della media o 2 I dati utilizzati nel prosieguo del paragrafo sono quelli regionalizzati secondo il metodo messo a punto dall Istat e descritto sopra. 13

14 perché proprio quando dovrebbero investire maggiormente per recupero il loro ritardo investono proporzionalmente meno della media nazionale. Misurando l intensità innovativa regionale come quota percentuale della spesa in R&S sul valore aggiunto, le disparità terri toriali si amplificano, riflettendo le differenze dei sistemi di ricerca regionali, sopr attutto nel confronto Nord-Sud. Le regioni del Nord mostrano comunque una maggiore variabilità di questo indicatore rispetto a quella emersa dall analogo indicatore di innovazione. Infatti la Lombardia risulta la regione a più alta intensità di R& S (1,7 per cento) seguita dal Piemonte che, con l 1 per cento del suo valore aggiunto investito in R&S, conferma di avere una struttura di ricerca industriale più ampia di q uella di altre regioni con un forte tessuto industriale e, in particolare, del Veneto che, destinando alla R&S sol o lo 0,4 per cen to del valore aggiunto, resta al di sotto della media nazionale (0,7 per cento). Al Centro il Lazio, la regione più atti va sotto il profilo innovativo, si attesta s u un rapporto della spesa in R& S sul valore aggiunto inferiore a quello nazionale, e nel Sud quasi tutte le regi oni (ad eccezione della Campania, che è in linea con la media nazionale) mostrano rapporti significativamente bassi. La Calabria, infine, è la regione con il dato più basso, destinando alla spe sa in R&S u na quota del valore aggiunto prossima allo zero. Il caso del Lazio è comunque emblematico della necessità di interpretare gli ind icatori sulla spesa per R&S delle imprese con la cautela resa necessaria dalla complessità e d alla diversità dei sistemi regionali di ricerca. In contesti regionali (come anche nazionali) dove esi ste un forte ruolo della ricerca pubblica (sia delle istituzioni di ricerca, sia delle università) nello sviluppo dei processi di ricerca anche del settore privato (in un q uadro spesso evocato dal co ncetto della tripla elica gli indicatori di ri cerca privata sono insufficienti a cogliere le potenzial ità comple ssive del sistema. In sintesi, si conferma che se per l innovazione le imprese possono fare da sole, ciò non è altrettanto possibile per quanto riguard a lo sviluppo d i contesti di ricerca avanzati, dove le attività di incremento delle conoscenze svolte dagli organismi pubblici di ricerca riveste un ruolo centrale. Al f ine di valutare i citati indicatori d i intensità innovativa anche con riferimento ad un indica tore di produttività, vengono infine riportati due grafici che mettono in relazione i rapporti spesa per innovazione su valore aggiunto e spesa per R& S su valore agg iunto con la produttività del lavoro, a livello regionale, espressa come rapp orto tra valore aggiunto e occupati. L obiettivo è di valutare se, ed in quale misura, le regioni caratterizzate da migliori performance economiche in termini di produttività registrino anche livelli di intensità innovativa superiori in termini di risorse destinate all innovazione e alla R&S. I grafici 2 e 3 mostrano una relazione positiva tra produttività e performance innovative: le regioni più produttive registrano anche performance innovative superiori, ad eccezione del Lazio che registra importanti livelli di produttività a fronte di un modesto impegno innovativo. Le regioni del Centro-Sud e quelle insulari, che sono tradizionalmente le meno produttive, sono tendenzialmente anche quelle meno impegnate in innovazione e R&S. Una tale presentazione conferma il forte nesso esistente tra produttività del lavoro e innovazione, mentre più debole appare il legame con la R&S. Un tale quadro è coerente con la natura degli indicatori utilizzati ma mostra anche dei limiti intrinseci. Si deve infatti rilevare che un attenta analisi regionale delle performance innovative ed economiche non dovrebbe prescindere da un esame della composizione settoriale e della struttura dimensionale delle imprese presenti nelle diverse regioni. Una forte complementarietà tra R&S e innovazione appare comunque strettamente legata a livelli di produttività elevati in alcune realtà territoriali (Lombardia e Emilia-Romagna), mentre in altri contesti regionali ciò non emerge, sia perché non tutte le imprese tendono ad attivare (e, comunque, non con la stessa intensità) la R&S come fonte innovativa strategica (caso Veneto), sia perché una parte dei risultati della R&S non esauriscono i loro effetti positivi nell innovazione introdotta a livello locale ma sono anche, presumibilmente, acquisiti e utilizzati come input innovativo dalle imprese presenti in altre regioni italiane (caso del 14

15 Piemonte). Un discorso a parte va fatto per le regioni del Centro e del Mezzogiorno, in cui non solo si registrano i più bassi livelli di intensità innovativa, ma non sembra neppure esserci una relazione diretta tra performance economiche e innovative: infatti, regioni come la Campania e la Basilicata, pur essendo caratterizzate da performance innovative relativamente buone se confrontate con la media delle regioni meridionali, mostrano livelli di produttività inferiori rispetto a quelli registrati da regioni come la Sicilia, la Sardegna e la Calabria dove la produttività del lavoro è maggiormente influenzata da altri fattori. Grafico 2 -Posizionamento relativo delle regioni italiane in termini di spesa innovativa su valore aggiunto e valore aggiunto per occupato (Anno 2004) r valore aggiunto Spesa innovativa pe 5,0 4,5 4,0 3,5 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 R 2 = 0,4164 Provincia di Trento Friuli V.Giulia Lombardia Emilia Romagna Abruzzo Piemonte Valle d'aosta Provincia di Bolzano Lazio Veneto Marche Basilicata Campania Liguria Umbria Toscana Sicilia Molise Puglia Sardegna Calabria Valore aggiunto per occupato Grafico 3 - Posizionamento relativo delle regioni italiane in termini di spesa in R&S su valore aggiunto e valore aggiunto per occupato (Anno 2004) 2,0 2 R = 0,1947 valore aggiunto Spesa in R&S per 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 - Basilicata Campania Abruzzo Emilia Romagna Friul V. Giulia Piemonte Lombardia Liguria Sicilia Toscana Valle d'aosta Marche Veneto Prov. di Trento Puglia Umbria Prov. di Bolzano Molise Sardegna Calabria Lazio Valore aggiunto per occupato Da La dimensione regionale della ricerca e dell innovazione di Giulio Perani ISTAT Giorgio Sirilli ISSiRFA CNR settembre

16 Domande di brevetto come indicatore di innovazione I brevetti rappresentano un indicatore ormai consolidato nella letteratura scientifica che studia l output innovativo. Di questo indicatore sono state messe in evidenza non solo le potenzialità analitiche ma anche i limiti. Il principale difetto è quello di rilevare soprattutto le innovazioni più radicali e formalizzate e di celare la diversa propensione brevettuale dei settori produttivi. In altre parole, non consente di cogliere adeguatamente il tipo di innovazione incrementale diffusa nei settori più tradizionali e nelle imprese di minori dimensioni. Il Grafico 4 propone, con riferimento ai dati sui brevetti depositati presso l Ufficio europeo dei brevetti di Monaco di Baviera (EPO) nel 2003 da residenti italiani, una distribuzione regionale della capacità brevettale in Italia. Il dato relativo al numero di brevetti presentati per ciascuna regione è calcolato dall Eurostat per il totale dei brevetti EPO che contengono l indicazione della residenza dell inventore (o, in alternativa, quella del possessore del brevetto stesso). Nel caso di più inventori residenti in regioni diverse, l Eurostat procede assegnando a ciascuna regione una frazione del brevetto in esame. E facilmente verificabile che le regioni già individuate sulla base dei dati relativi alla R&S e all innovazione sulle imprese come quelle con maggiore capacità tecnologica, guidano anche la graduatoria delle regioni con maggiore capacità brevettale. In particolare, il 34% dei brevetti italiani viene sviluppato in Lombardia e circa il 75% in sole quattro regioni: Lombardia, Emilia- Romagna, Veneto e Piemonte. Meno del 5% dei brevetti è sviluppato nel Lazio che, come abbiamo visto, assorbe oltre il 50% della spesa pubblica per R&S. Grafico 4. Domande di brevetto depositate presso l'epo da residenti italiani, per regione. Anno 2003 Lombardia Emilia Romagna Venet o Piemonte Toscana Lazio Friuli Venezia Giulia Marche Liguria Campania Sicilia Abruzzo Puglia Prov. di Trento Prov. di Bolzano Umbria Sardegna Calabria Valle d'aosta Basilicata M olise Fonte: European patent Office - Eurostat. Nel Grafico 5 l indicatore del numero di brevetti depositati nelle singole regioni italiane diviso per il numero di occupati (si ricorda che gli ultimi dati disponibili, di fonte EPO-Eurostat, sono relativi al 2003) vengono posti in relazione in parallelo a quanto fatto per le spese per innovazione ed R&S nei grafici 2 e 3 con il valore aggiunto per addetto regionale. Grafico 5 Spesa per l innovazione, per R&S e brevetti depositati nelle regioni italiane 16

17 R 2 = 0, er occupato Valle d'aosta Piemonte Lazio Liguria Prov. di Trento Prov. di Bolzano Lombardia Emilia Romagna ti p Numero brevet Sardegna Umbria Calabria Sicilia Campania Puglia Basilicata Abruzzo Marche Friuli Venezia Giulia Valore aggiunto per occupato 2004 Anche per il rapporto brevetti-produttività del lavoro emerge una significativa correlazione che conferma l influenza dei processi di sviluppo della conoscenza sui livelli di produttività a scala territoriale. Anche in questo caso, alcune regioni appaiono possedere dei meccanismi più efficaci di traduzione della capacità inventiva e innovativa in competitività economica, ad esempio, Lombardia ed Emilia-Romagna. Altre regioni soprattutto nel Mezzogiorno - mostrano, invece, più ridotte capacità scientifiche e tecnologiche insieme a livelli più bassi di produttività. Non mancano gli outliers, ad esempio il Lazio, che sembra non riescano a valorizzare pienamente, almeno in termini di produttività, la loro capacità inventiva ed innovativa (che è comunque fortemente concentrata in alcune aree sub-regionali ed alcuni settori, se non addirittura, alcune imprese). I dati brevettuali presentati, che in quanto indicatori riflettono soltanto uno dei molteplici aspetti del complesso fenomeno dell innovazione, rafforzano l ipotesi di una convergenza degli indicatori di scienza e tecnologia a livello regionale e questa è l evidenza che emerge spesso dai numerosi esercizi di benchmarking delle capacità scientifiche e tecnologiche regionali svolti a livello europeo o nazionale sulla base di gruppi più o meno ampi di indicatori. In generale, i soggetti che svolgono un ruolo chiave nella creazione e nella diffusione della conoscenza sono identificabili, a livello locale, con relativa facilità (imprese high-tech, università, centri di ricerca, ecc.) e i relativi indicatori (spese per R&S, brevetti, bilancia tecnologica, pubblicazioni, ecc.) sono sostanzialmente convergenti. Le prospettive di sviluppo di indicatori su ricerca e innovazione a livello locale sono piuttosto legate all approfondimento se non allo sviluppo di metodi per la misurazione della dimensione sistemica dei processi scientifici e tecnologici. Lo studio Imprese e territori dell alta tecnologia in Toscana propone un analisi dei brevetti depositati dalle imprese italiane presso l European Patent Office nel decennio , quale indicatore della propensione innovativa dei vari territori. Il primo dato che emerge è il divario che esiste tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Degli oltre 28 mila brevetti italiani, infatti, circa la metà (il 46,7%) proviene dai sistemi locali del Nord-Ovest (con la Lombardia che da sola conta per un terzo del totale) e un altro 43,3% da quelli della Terza Italia, mentre il Lazio e il Mezzogiorno esprimono la quota rimanente, rispettivamente il 5,6% e il 4,3%. La crescita registrata nel corso del decennio (nel 2004 le domande di brevetto sono state circa il doppio di quelle depositate nel 1995) ha interessato soprattutto le regioni del Centro e quelle meridionali, e non ha modificato significativamente il divario Nord-Sud. Tenendo conto sia della capacità brevettuale delle varie regioni (numero di brevetti) che della loro produttività (numero di brevetti per addetto alle imprese manifatturiere) emerge 17

18 chiaramente il ruolo predominante svolto dalle grandi regioni innovative: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana e Lazio. Queste ultime non solo producono un elevato volume di brevetti (circa l 85% del totale) ma risultano anche decisamente al di sopra della media nazionale in termini di produttività brevettuale. Con brevetti richiesti nel suo territorio, la Toscana si situa al di sopra della media regionale, ha più brevetti del Lazio e ha prestazioni decisamente migliori di quelle delle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, la Toscana si trova appena al di sotto della media delle regioni del Centro Italia (che ricordiamo comprende anche l Emilia Romagna) e si avvicina a quella del Nord-Est. Rimane invece molto ampio il differenziale che la separa dalla media delle regioni del Nord-Ovest. Il cuore innovativo è il sistema del lavoro fiorentino, in cui sono stati domandati il 35,3% dei brevetti regionali. Ad un livello più basso della gerarchia troviamo, in ordine, Siena (10,2%), Lucca (10,1%), Prato (7,7%), Pisa (6,4%) e Pontedera (4,3%). Infine, gli altri attori innovativi sono localizzati a Viareggio e Pistoia (circa 2,5%), Empoli, Montevarchi ed Arezzo (sopra all 1,7%) e, in forma più contenuta (15 brevetti) a Barga, Livorno e nel distretto conciario di Santa Croce sull Arno. Per quanto riguarda la distribuzione settoriale, oltre la metà dei brevetti italiani si concentra nei settori a medio-alta tecnologia (soprattutto nella meccanica che, da sola, esprime il 31% dei brevetti), mentre quelli ad alta tecnologia rappresentano circa un quarto del totale (con il comparto farmaceutico e quello degli apparecchi medicali che vi giocano un ruolo di primo piano, rispettivamente con l 8 e il 5% del totale nazionale). Per quel che riguarda la Toscana spicca Siena nel farmaceutico, Firenze nella produzione di macchine e apparecchiature elettriche e Pontedera nell automotive. La Toscana mostra in effetti una buona propensione innovativa, che si è rinforzata notevolmente nel corso degli ultimi anni. A Firenze sono depositati 291 brevetti nel settore meccanico allargato (macchine e strumenti meccanici ed elettrici), 88 nel settore biomedicale (farmaceutica e apparecchi medicali), 25 nell ICT (macchine ufficio, elaboratori e sistemi informatici unito ad apparecchi radiotelevisivi e per le comunicazioni) e numerosi in molti altri comparti. Pisa ha invece un alta intensità brevettuale solo nei primi due comparti in cui anche Firenze è leader, ma con solo 40 azioni brevettuali nelle meccanica e 30 nel biomedicale. Mentre Prato divide i suoi 127 brevetti tra meccanica (70) e tessile (21). Nel più ristretto concetto di polo regionale di specializzazione rientrano Siena nel settore farmaceutico, Pontedera nell automotive, Prato e Sinalunga nell industria tessile, Empoli nella lavorazione e produzione di minerali non metalliferi e nei prodotti chimici, Pistoia negli articoli in gomma e nelle materie plastiche e, infine, Arezzo nelle classi ATECO 36 e 37, che includono la manifattura di gioielli. Infine, è importante aggiungere che il sistema universitario toscano detiene, nel suo complesso, 32 domande di brevetto europeo ripartite tra l Università di Siena (15), di Firenze (11), di Pisa (4) e la Scuola Superiore Sant Anna di Pisa (2). Interessante rilevare (dati Osservatorio Unioncamere Brevetti e Marchi ) che se negli anni l Italia si colloca al sesto posto fra i paesi del G9 come numero di domande di brevetto depositate presso EPO, nello stesso periodo l Italia si colloca al quarto posto fra i paesi del G9 come numero di domande di marchio comunitario depositate presso l UAMI. Nel periodo l Italia ha presentato domande di marchio. Tra le regioni italiane la Toscana detiene il quarto posto dietro a Lombardia, Veneto e Emilia Romagna. Da: Osservatorio Unioncamere Brevetti e Marchi, Unioncamere e Dintec, 2008 Imprese e territori dell alta tecnologia in Italia, Trigilia e ramella, rapporti di Artimino sullo sviluppo locale, 2008 La dimensione regionale della ricerca e dell innovazione di Giulio Perani ISTAT Giorgio Sirilli ISSiRFA CNR settembre

19 Selezione delle tecnologie abilitanti L obiettivo di questa sezione del rapporto è l individuazione delle tecnologie abilitanti all innovazione con maggiori prospettive di imprese nei vari ambiti del Made in Italy. Le tecnologie selezionate riguardano le seguenti Aree: - tecnologie dei materiali, micro e nano tecnologie; - tecnologie chimiche e separative; - biotecnologie per la salute, l agricoltura, l industria, l ambiente; - tecnologie meccaniche e della produzione industriale; - tecnologie per l automazione industriale e sensoristica; - tecnologie elettriche, elettroniche e elettro-ottiche; - tecnologie dell Informazione e della Comunicazione (ICT); - tecnologie organizzativo-gestionali; - tecnologie energetiche; - tecnologie ambientali. La selezione è stata fatta in base ai criteri definiti nel documento della Fondazione Rosselli: - Appropriatezza ai bisogni effettivi del nostro sistema manifatturiero - Sviluppo: stato di sviluppo attuale tra lo sviluppo pre-competitivo e la più vasta diffusione commerciale, - Trasferibilità: possibilità, previo adattamento, di essere facilmente trasferite ed applicate dalle imprese. Lo scouting delle tecnologie (fatto da IPI) ha consentito la realizzazione di una banca dati costituita da oltre 1400 applicazioni industriali, che sono state ricondotte a 126 tecnologie, raggruppate in 10 aree tecnologiche di riferimento. La base di dati, disponibile on-line all indirizzo consente la ricerca delle tecnologie e delle relative applicazioni individuate per ciascuno dei 18 settori industriali manifatturieri, come pure di identificare per area tecnologica le applicazioni nei singoli settori industriali. Sullo stesso sito è inoltre possibile consultare, con gli stessi criteri, le tecnologie segnalate da centri di ricerca che evidenziano i vantaggi offerti dalle applicazioni e i riferimenti del gruppo di ricerca coinvolto nello sviluppo della tecnologia. 19

20 Applicabilità ai settori target Dalla elaborazione dei dati fatta dall IPI è stata costruita una matrice settore-industriale/area tecnologica. La matrice consente di ricavare indicazioni qualitative sulle aree tecnolog iche a maggior impatto per settore industriale (lettura per righe), come pure sull importanza di un area tecnologica, in termini di pervasività/impatto, a livello di sistema manifatturiero e/ o di settore (lettura per colonna). In particolare nella matrice gli incroci (settore/area) corrispondono a un maggior numero di tecnologie riscontrate e che hanno avuto una valutazione più alta. Il presente documento ha estrapolato dalla matrice dell IPI la seguente sotto-matrice riferita ai settori target delle 4A. (legenda): Alto: alto impatto Medio: medio impatto Basso: basso impatto TECNOLOGIE tecnologie tecnologie biotecnologie tecnologie tecnologie tecnologie tecnologie per tecnologie tecnologie tecnologie SETTORI dei chimiche per la salute, meccaniche per elettriche, l informatica e le organizzativo- INDUSTRIALI energetiche ambientali materiali, e l agricoltura, e della l automazione elettroniche telecomunicazioni gestionali micro e separative l industria, produzione industriale e e elettro- (4A) nano l ambiente industriale sensoristica ottiche tecnologie Agroalimentare Basso Medio Alto Basso Alto B asso Basso Alto Basso Alto Abbigliamento (tessile, pelli e Alto Basso Basso Alto Alto B asso Medio Alto Medio Basso calzature) Arredamento e prodotti in legno Automazione industriale Medio Medio Basso Medio Alto B asso Medio Medio Alto Medio Alto Medio Basso Medio Alto A lto Medio Medio Basso Medio 20

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