Introduzione 1.1 IL FORMAGGIO
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- Orsola Lelli
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1 1.1 IL FORMAGGIO Per la legge italiana il nome formaggio o cacio è riservato al prodotto che si ricava dal latte intero o parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale da cucina (RDL n.2033 del 15/10/1925). Attualmente in sede Codex Alimentarius una commissione sta elaborando una definizione di formaggio (presentata in un rapporto del maggio 1998, a Montevideo) che viene di seguito riportata: il formaggio è il prodotto stagionato o non stagionato di consistenza molle o semidura, dura o extra-dura che può essere incartato e nel quale il rapporto proteine del siero/caseina non supera quella del latte, e che è ottenuto: a) per coagulazione completa o parziale delle seguenti materie prime: latte e/o prodotti provenienti dal latte, grazie all azione del caglio o di altri agenti coagulanti appropriati e per dissierazione parziale del lattosiero risultante da questa coagulazione; e/o b) per l impiego di tecniche di fabbricazione comportanti la coagulazione del latte e/o di prodotti provenienti dal latte in modo da ottenere un prodotto finito avente le caratteristiche similari a quelle del prodotto definito in a). Il formaggio stagionato è un formaggio che non è pronto a essere consumato poco dopo la sua fabbricazione ma che deve essere mantenuto per un certo tempo alle temperature e nelle condizioni 7
2 necessarie perché avvengano i cambiamenti biochimici e fisici caratteristici del formaggio. Il formaggio affinato alle muffe è un formaggio stagionato dove la maturazione è provocata essenzialmente dalla proliferazione delle muffe caratteristiche, nella massa e/o sulla superficie del formaggio. Il formaggio non stagionato è quello che è pronto al consumo poco tempo dopo la sua fabbricazione (Ottogalli, 2001). La qualità del formaggio dipenderà sia dalla tecnica di caseificazione che dalla qualità del latte (chimica e microbiologica). 1.2 IL CANESTRATO PUGLIESE L Italia è un paese in cui la valorizzazione del latte è prevalentemente legata alla produzione e affermazione dei formaggi data la sua straordinaria vocazione casearia; ed infatti è fra i paesi che contano il maggior numero di prodotti caseari tipici: alcuni di altissima risonanza estera ed interna, altri limitati alle regioni di produzioni e alle zone circostanti, ma non per questo meno importanti sotto l aspetto culturale e della ricaduta economico-sociale. Attualmente in Italia si contano più di 400 tipologie di formaggi ciascuna delle quali è espressione di tradizione ed originalità, molto spesso assai antiche, presenti in ciascuna delle regioni italiane. 8
3 Il Canestrato Pugliese, insieme ad altri formaggi fa parte della tradizione casearia regionale del nostro paese. E infatti stato riconosciuto D.O.C. con D.P.R. del 10 settembre 1985, e D.O.P. con il reg. (CEE) n. 1107/96 del E anche noto come Pecorino dauno, è un formaggio tipico della tradizione pugliese, a pasta dura semicotta, la cui produzione annua supera i 1500 quintali (Ottogalli, 2001). Viene prodotto in una limitata zona della Puglia da latte ovino, ottenuto da pecore di razza gentile di Puglia, le cui origini genealogiche provengono dalle pecore di razza merinos allevate nella parte Nord-Occidentale delle Murge. Il suo nome deriva dai canestri di giunco pugliese, entro cui lo si fa tradizionalmente stagionare. Tale giunco, a differenza di quello cresciuto al nord, ha un sapore più dolce che non modifica quello del formaggio. Il Canestrato Pugliese si produce tradizionalmente nel periodo stagionale che va da dicembre a maggio, periodo legato alla transumanza dei greggi dagli Abruzzi al Tavoliere delle Puglie. Le sue caratteristiche organolettiche sono strettamente correlate al tipo di alimentazione del bestiame, la cui dieta è costituita prevalentemente dalle essenze vegetali tipiche degli altopiani delle Murgie, ove non viene impiegato alcun tipo di fitofarmaci né di input chimici. Il latte di pecora, destinato alla caseificazione del Canestrato pugliese, presenta una composizione variabile, secondo la razza e le condizioni ambientali quali clima, stagionalità, fase fisiologica e alimentazione dell animale. 9
4 Caratteristica costante di questo latte è l alto contenuto di solidi totali (dovuto all elevato tenore di grasso e di proteine). Questo spiega l elevata resa e l equilibrato rapporto grasso/proteine nel formaggio. Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il formaggio di pecora può risultare relativamente magro. Ciò per il fatto che i globuli di grasso in questo latte sono di dimensioni inferiori rispetto a quelli del latte vaccino e, pertanto tendono a sfuggire maggiormente nel siero nella fase di rottura della cagliata, che in questi formaggi è spinta fino alle dimensioni di grani di riso. Il latte di pecora è ricco di acidi grassi volatili ed è in grado di coagulare anche dopo un trattamento termico ad elevata temperatura; il tempo di coagulazione è relativamente breve, rispetto al latte delle altre specie e la consistenza della cagliata è doppia di quella vaccina (Ottogalli, 1991). Sotto l aspetto sensoriale, i formaggi di pecora di media stagionatura presentano una struttura consistente, il sapore è generalmente sapido, piccante o addirittura pungente e contraddistinto dal caratteristico gusto pecorino. Ciò è dovuto a diversi fattori: composizione iniziale del latte; salatura generalmente generosa; impiego di cagli ovini, liquidi o in pasta, ricchi di enzimi lipolitici (Ottogalli, 2001). 10
5 1.2.1 Tecnica di caseificazione Il Canestrato pugliese un formaggio a pasta dura semicotta prodotto esclusivamente con latte intero di pecora proveniente da una o due mungiture giornaliere. Lo schema tecnologico tradizionale per la produzione di questo formaggio prevede: la mungitura eseguita meccanicamente o in alcuni casi ancora a mano, da personale preposto a tale mansione, viene poi eseguita una filtrazione grossolana per eliminare eventuali impurezze, quali fili di paglia, peli ecc.. L eventuale utilizzo di latte proveniente da differenti mungiture, rende necessaria la sua refrigerazione sino al momento dell utilizzo: di norma entro 36h. Tutto il latte sarà poi trasferito in caldaia dove verrà riscaldato, e costantemente agitato, fino a raggiungere una temperatura di circa C. Raggiunta questa temperatura verrà aggiunto del caglio di origine animale (vitello). Dopo circa minuti si ha la formazione del coagulo e la sua rottura manuale: si parla di spinatura. La temperatura viene ulteriormente aumentata, generalmente a C (semicottura). Una volta eseguita l eliminazione del siero, i grani del coagulo vengono compattati, si procede quindi all estrazione della cagliata, che viene trasferita in appositi stampi (canestri) dal diametro variabile. La rottura del coagulo e la pressione che verrà operata sulle forme servono entrambe a favorire l eliminazione del siero. Dopo una permanenza variabile negli stampi, 2-5 giorni, si provvede alla salatura della superficie del formaggio 11
6 mediante immersione in salamoia o aspersione di NaCl direttamente sulla forma. Le forme verranno lasciate a maturare per un periodo variabile dai 2 ai 6 mesi, in luoghi asciutti e ventilati che garantiscano una temperatura di circa 6-10 C. 1.3 FERMENTI AUTOCTONI E QUALITA L eterogeneità genetica dei microrganismi, che partecipano al processo di caseificazione come conseguenza naturale di adattamento ad habitat differenziati costituisce una risorsa utile per il settore caseario in quanto può incidere sensibilmente sull acquisizione di alcuni caratteri di qualità dei prodotti. Nel settore caseario industriale si utilizzano specie microbiche ben codificate, rispondenti a schemi definiti di identificazione operata con sistemi diversi (genetici, fisiologici, biochimici, ecc..), funzionali secondo quanto richiesto dalle differenti tecnologie (formaggi a pasta dura, formaggi a pasta molle, formaggi freschi, ecc..). Ma all interno di ciascuna delle differenti categorie di formaggi, ne esistono tipi diversi (ottenuti anche con latte di specie differenti) o che provengono da differenti aree in grado di condizionare, a loro volta, anche l allevamento di diverse specie e razze di animali, ugualmente particolari. In risposta a tutta questa diversità, non è corretto da un punto di vista tecnologico utilizzare colture di microrganismi provenienti da situazioni non correlate alla materia prima che si deve trasformare, all ambiente in cui si deve operare ed al prodotto 12
7 che si vuole ottenere; questo è quanto accade, invece, senza tenere conto di quel plus che lo studio e la selezione dei microrganismi da introdurre in lavorazione può dare, perchè la biodiversità dei microrganismi corrisponde ad una differente specializzazione dei microrganismi in relazione ad attività biochimiche rilevanti per il processo di caseificazione. Ad esempio differenze di acidificazione si rilevano quando i microrganismi starter impiegati allo scopo provengono da latte di specie diversa rispetto a quella del latte da caseificare (Salvadori, 1995).Un altro parametro importante è la temperatura. Quando fondamentali fasi tecnologiche vengono applicate nella trasformazione del latte, come quella di cottura della cagliata, è importante, se non indispensabile, utilizzare starter selezionati in condizioni termiche dinamiche, che ripetono i reali gradienti applicati nella tecnologia di caseificazione. Allo stato attuale non si ritiene logico ritornare all uso delle colture naturali, ma l isolamento da esse dei biotipi caratteristici e il loro reinserimento come colture starter selezionate (di origine autoctona) può dare risultati positivi non solo nella fase di acidificazione, ma anche nelle successive fasi di completamento, di rifinitura, di arrotondamento. Queste fasi possono essere controllate e poste in relazione al tipo di prodotto, in funzione di parametri legati ai microrganismi quali l attività proteolitica e lipolitica (in senso qualitativo e quantitativo), l autolisi cellulare, la produzione di batteriocine e di parametri legati alla tecnologia quali la temperatura e le altre 13
8 condizioni proprie della fase di produzione e di maturazione. ( Rossi, 1998). 1.4 SELEZIONE DI COLTURE STARTER AUTOCTONE Nell industria alimentare moderna l impiego di colture di microrganismi è una pratica oramai irrinunciabile non soltanto per la produzione diformaggi, ma anche di insaccati, vegetali fermentati, pane, vino e birra. Queste colture, denominate colture starter, sono costituite da microrganismi isolati dalla materia prima o dall alimento nelle fasi di trasformazione o di maturazione. Tali microrganismi selezionati in laboratorio in funzione di specifiche proprietà fisiologiche e tecnologiche e aggiunti come colture starter alla materia prima (latte, mosto, carne ecc..) sono in grado di avviare e pilotare il processo di trasformazione prendendo rapidamente il sopravvento su microrganismi indesiderati che potrebbero influenzare negativamente la qualità igenico-sanitaria ed organolettica del prodotto finito. La qualità di un alimento fermentato e la complessità delle sue caratteristiche sensoriali (aroma, sapore, aspetto), pur essendo strettamente correlate alla qualità della materia prima e alla tecnologia di trasformazione, possono essere notevolmente influenzate dall attività metabolica dei microrganismi starter responsabili del processo di fermentazione. Infatti, la microflora del latte crudo, quella dell innesto e quella che si trasferisce dagli ambienti di produzione e di stagionatura sono tra i 14
9 principali motori del processo di caseificazione e dello sviluppo delle caratteristiche organolettiche del formaggio. D altro canto, anche la tecnologia di produzione ha una influenza fondamentale sugli eventi biologici di natura microbica caratteristici dell ecosistema produttivo che costituisce una nicchia biologica di grande complessità. Inoltre è opinione diffusa che nelle zone a più antica tradizione casearia, si sia determinata, nel corso degli anni, una selezione naturale dei microrganismi, per cui ad una particolare area geografica e/o precisa tecnologia di produzione, corrisponde una microflora spontanea in grado di contribuire alle caratteristiche di tipicità del prodotto. Per questo è importante, nella messa a punto di colture di prodotti tipici, isolare microrganismi da questi stessi prodotti o dalle loro materie prime, in modo da : salvaguardare un patrimonio di microrganismi che rischia di essere sostituito da un esiguo numero di colture microbiche commerciali, ottimizzare le produzioni sia in termini di condizioni igenico-sanitarie sia di tecnica di caseificazione, realizzando una standardizzazione della qualità dei prodotti, senza modificare le caratteristiche organolettiche. La maturazione-stagionatura del formaggio è un processo biochimico di natura essenzialmente enzimatica. 15
10 1.4.1 Tipi di starter Schematicamente, le colture starter si possono suddividere in due principali gruppi : mesofile, con un optimum di temperatura attorno ai 30 C e termofile, che sviluppano ottimamente tra i 37 e 45 C. Nelle moderne aziende casearie gli starter generalmente sono colture mono o multi ceppo, sia in associazione che in miscela usate in rotazione. Una delle caratteristiche principali degli starter termofili per i formaggi italiani, che li rendono unici rispetto ad altre tipologie di innesto, è l associazione sinergica tra i cocchi ed i bacilli termofili. Un altra importante caratteristica dei batteri lattici termofili, è il loro utilizzo anche in tecnologie anche molto diverse tra loro grazie alle loro peculiari proprietà metaboliche che conferiscono ai prodotti caratteri del tutto particolari. Le colture starter sono classificate in starter naturali e starter selezionati. Le colture naturali, conosciute anche come artigianali o starter tradizionali sono tipicamente quelle del siero e lattoinnesti naturali. La loro composizione microbica è variabile: l eterogeneità della flora batterica permette a questi innesti di influire positivamente sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti e li rende meno sensibili ad attacco fagico rispetto alle colture selezionate, preparate con un limitato numero di colture pure. Tuttavia la composizione degli starter naturali è difficile da standardizzare ed è soggetta a fluttuazioni di attività imprevedibili. Nella formulazione degli starter si opera uno screening, a carico dei batteri lattici, per la produzione di acidità, per 16
11 l attività proteolitica, per la stabilità alla conservazione, per il rendimento in caseificazione e per la resistenza fagica. In Italia sono ancora diffusi gli starter naturali sia in siero che in latte e, soprattutto questi ultimi, sono spesso soggetti a problemi di inquinamento o di sbilanciamento microbico. La moderna tecnologia è comunque sempre più orientata verso l uso di colture selezionate. Queste contengono uno o più ceppi di Streptococcus termophilus e lattobacilli (Lactobacillus delbruechii subsp. bulgaricus, L. helveticus), forniti generalmente da laboratori specializzati, anche se sarebbe più auspicabile fossero isolati e purificati in loco e di patrimonio di ciascun produttore. Lattoinnesto naturale- E una coltura di batteri lattici costituita da molte specie con caratteristiche variabili nei diversi periodi dell anno a causa delle modificazioni biologiche del latte e delle condizioni ambientali. Li si ritrovano spontaneamente nel latte di buona qualità microbiologica, esente da antibiotici o da altre sostanze ad azione antibatterica, nel quale si fanno sviluppare ad adatta temperatura; tale coltura viene poi aggiunta al latte per la lavorazione. L obiettivo è riprodurre gli stessi fermenti lattici che normalmente sono presenti nel latte. Pur nel rispetto di questi fondamentali requisiti, il latte per il lattoinnesto può rilevarsi non idoneo se non presenta un adeguato patrimonio microbico, cioè una presenza di microflore spontanee utili. E importante ricordare inoltre che solo la conoscenza approfondita delle diverse caratteristiche 17
12 biochimiche dei ceppi da abbinare in associazione potrà conciliare in modo ottimale la standardizzazione e la tipicità del prodotto. I diversi metodi di preparazione del lattoinnesto naturale fanno tutti riferimento a due criteri chiave: termoresistenza e termofilia di alcune specie microbiche. Dopo pastorizzazione a C per minuti, il latte viene rapidamente raffreddato a C e lasciato ad incubare fino a raggiungere l acidità desiderata, che risulta diversa a seconda della lavorazione. Str. thermophilus, se presente nel latte di partenza sopravvive al trattamento termico e prende poi il sopravvento. In tali innesti sono sempre presenti microflore cosiddette accessorie, generalmente termofile ma anche mesofile, quali Lactococcus lactis o Lactobacillus casei, che concorrono positivamente nelle caratteristiche finali del formaggio. D altro lato, la presenza di microflore non selezionate può aumentare il rischio di ottenere prodotti di qualità inferiore. Pertanto l uso di innesti naturali presenta indubbi vantaggi ma anche alcuni limiti, che portano a far preferire i fermenti selezionati nella pratica casearia. Innesti selezionati Il latte destinato alla preparazione della coltura deve naturalmente essere di eccellente qualità chimica e microbiologica, esente da antibiotici, scremato. Viene quindi ultra-pastorizzato (105 C per 30 minuti) e inoculato con culture madri pure isolate da matrice lattiero-casearia. La preparazione di un lattoinnesto selezionato presuppone l acquisto della coltura adatta, che può essere liquida, liofilizzata o surgelata. Qualora siano colture in 18
13 associazione, le madri dei diversi ceppi si dovrebbero preparare separatamente e la loro unione andrebbe effettuata solo negli ultimi trapianti. La messa a punto delle colture selezionate è una tappa importante per ricostituire quella complessa associazione batterica che è alla base della tipicità dei vari formaggi italiani cercando nel contempo di limitare gli scarti dovuti ai difetti. Tale operazione d altro lato, è un processo molto più complesso di quanto possa sembrare. Ciascuna combinazione deve infatti soddisfare simultaneamente diversi criteri di valutazione delle caratteristiche tecnologiche dei ceppi delle varie specie che le compongono. Inoltre, per ogni formaggio e tipo di caseificazione, la scelta dovrebbe convergere su fermenti che abbiano le caratteristiche fisiologiche richieste dal processo e che possano, nel contempo, facilmente adattarsi e inserirsi nel microsistema ecologico nel quale sono destinati ad operare. Le matrici di provenienza dei ceppi sono infatti le microflore tecnologicamente selezionate negli innesti e nel formaggio allo stato fresco o anche nei prodotti finiti, dopo opportuno isolamento, purificazione e caratterizzazione. A tale proposito l introduzione di un nuovo ceppo, specialmente se non sia stato isolato dalla microflora del caseificio stesso, richiede prudenza e sorveglianza per valutare l adattabilità alla tecnologia senza inconvenienti. Infine le procedure di preparazione devono garantire che nell innesto i singoli ceppi siano presenti in quantità e in proporzioni pressoché costanti e si trovino sempre nelle stesse condizioni di vitalità (Giraffa, 1993). 19
14 1.4.2 Attività dello starter Negli starter le attività metaboliche considerate commercialmente sono diverse. Tra queste possiamo annoverare, in particolare, la produzione di aciditàe la produzione di amminoacidi. Di queste caratteristiche è riportata una trattazione nel capitolo 1.8. Tutte queste funzioni sono fondamentali per la buona riuscita dei prodotti e per contrastare, nel contempo, la crescita di microflore anticasearie o patogene A seconda dei casi, le cellule contribuiscono alla maturazione dei formaggi, liberando sistemi enzimatici proteolitici che, insieme all azione del caglio, ne determinano da un lato la modificazione delle proprietà reologiche, e dall altra una serie di tappe biochimiche necessarie nella formazione dei componenti dell aroma. Di ogni ceppo è valutata la compatibilità intesa coma capacità di non inibirsi reciprocamente per svariate cause, siano esse fenomeni di competizione per il substrato o sintesi di metaboliti ad azione antimicrobica. Analogo discorso vale per miscele di ceppi in coltura appartenenti alla medesima specie. Esistono notevoli differenze,sotto il profilo fisiologico e metabolico, tra ceppi anche tassonomicamente assegnati alla stessa specie o genere I batteri lattici coltivati in associazione possono però anche stimolarsi a vicenda, attraverso scambio di metaboliti come amminoacidi o acido formico. Questo acquista particolare 20
15 interesse in quei formaggi nei quali le diverse associazioni tra specie termofile usate nello starter hanno un peso determinante sull evoluzione del prodotto nel corso della fase di stagionatura del formaggio. Lo studio dei singoli ceppi è però solo la prima tappa : la costituzione di opportune associazioni prevede che venga in qualche modo controllato il comportamento di ogni singolo componente la miscela, al fine di poter meglio comprendere il ruolo della dinamica microbica che caratterizza la tecnologia. Così, per esempio, nel caso delle colture mesofile sono stati frequentemente isolati ceppi proteinasi deficienti (prt - ) i quali differiscono dai proteinasi positivi (prt + ) per l assenza di sistemi enzimatici efficienti a livello di parete cellulare, ma sono di norma del tutto simili in termini di velocità di acidificazione (Cogan T.M., 1990) I (prt + ), specialmente quelli di proteinasi particolarmente attive, sono stati, a ragione ritenuti i responsabili della formazione di peptidi amari nel corso della maturazione dei formaggi in cui venivano utilizzati starter mesofili. D altra parte è stato dimostrato che la contemporanea presenza di ceppi proteinasi negativi, ma provvisti di peptidasi di parete poteva sopperire a tale difetto (Alais,1984). Pertanto potrebbe essere utili abbinare ceppi debolmente proteolitici a ceppi non proteolitici, i quali per altro necessitano dell attività proteolitica dei primi per utilizzare fonti azotate facilmente assimilabili e crescere a livelli soddisfacenti nel latte, al fine di ottenere una graduale proteolisi e una migliore qualità organolettica, senza rischi di amaro. Orientativamente si possono ipotizzare le seguenti fasi: 21
16 si isolano e caratterizzano i singoli ceppi direttamente dall ambiente di lavoro in cui si opera; si valutano le più importanti proprietà metaboliche dei ceppi nel loro complesso; si considera il tipo di tecnologia e le caratteristiche finali del prodotto che si vuole ottenere; si pianifica una scelta di ceppi da abbinare in modo da garantire una reciproca compatibilità Controllo dell attività dello starter L abilità di una coltura starter di effettuare le sue funzioni nel corso della caseificazione è importante per ridurre i tempi di lavorazione e per la qualità del formaggio. Uno starter non dovrebbe essere nè troppo rapido né troppo lento ed il livello di produzione di acido dovrebbe essere prevedibile durante il corso della lavorazione (Giraffa, 1993) Il contributo dello starter è essenziale nel processo di acidificazione che si verifica in tutte le fasi precedenti la maturazione. Un abbassamento del ph troppo rapido o spinto potrebbe provocare una chiusura eccessiva della pasta o una pasta molto secca. I ceppi singoli o la miscela di ceppi, devono infine essere testati per la loro resistenza ai trattamenti di conservazione (essiccamento, liofilizzazione, congelamento) e la loro capacità, in fase di caseificazione, a riprendere vitalità dal punto di vista biochimico ed a dare le caratteristiche volute al prodotto finito. 22
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