Elementi di analisi di un testo poetico

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1 Elementi di analisi di un testo poetico

2 Livelli di analisi di un testo poetico 1. I temi e la struttura 2. Livello semantico 3. Livello metrico-ritmico 4. Livello fonico 5. Livello retorico 6. Livello morfosintattico

3 Livello semantico A quali campi semantici (aree di significato) appartengono le parole? Ha senso chiederselo: 1) perché rende evidente la volontà del poeta di ritornare su alcuni concetti. 2) perché mette in luce un significato parallelo, legato alle immagini presenti nella poesia.

4 Petrarca, Rvf III Era il giorno ch al sol si scoloraro per la pietà del suo Factore i rai, quando i fu preso, et non me ne guardai, ché i be vostr occhi, donna, mi legaro. Tempo non mi parea da far riparo contra colpi d Amor: peròm andai secur, senza sospetto; onde i miei guai nel commune dolor s incominciaro. Trovommi Amor del tutto disarmato et aperta la via per gli occhi al core, che di lagrime son fatti uscio et varco: però al mio parer non li fu honore ferir me de saetta in quello stato, a voi armata non mostrar pur l arco.

5 Livello metrico-ritmico Un testo poetico è in versi, organizzato cioè in porzioni di testo con un numero definito di sillabe e con un ritmo, dato dalla successione delle sillabe toniche (quelle su cui cade l accento) e atone (prive di accento). La poesia crea un linguaggio che può discostarsi in misura maggiore o minore dal parlato, ma comunque rimarrà sempre qualcosa di strutturalmente diverso dalla lingua parlata. Considerare l aspetto metrico e ritmico dei testi poetici è molto importante. Nella lettura di una poesia tutto concorre alla comunicazione del significato: sia il verso, sia lo spazio bianco (che delimita e isola il verso); sia il suono di una parola, con il suo accento e il suo ritmo, sia la sospensione (in coincidenza, per esempio con le cesure, o la fine del verso), la pausa, l assenza di parola (uno spazio tra due versi, la fine del verso).

6 Livello metrico-ritmico La disposizione delle toniche all interno del verso non è un fatto solo tecnico: la poesia è anche ritmo, suono, e il ritmo organizza il discorso. Si veda per esempio un piccolo dettaglio riguardante il verso che apre il Canzoniere di Petrarca: Voi ch ascoltate in rime sparse il suono In questo caso la prima parte del verso ha un andamento dattilico (formato, sull esempio del piede classico chiamato dattilo, da una tonica e due atone, come il dattilo era formato da una sillaba lunga, su cui cadeva l accento, e due sillabe brevi: _ ÈÈ). La prima parola accentata è «Vòi»; il secondo accento si trova a due sillabe di distanza, «ascoltàte»; la distanza tra il primo e il secondo accento lascia sospeso il «voi» iniziale, dando rilievo alla parola (che individua coloro ai quali il poeta si rivolge nella poesia, elemento di massima importanza nel sonetto petrarchesco). È un apostrofe a cui proprio il ritmo dà enfasi e solennità.

7 Livello metrico-ritmico Si veda adesso il primo verso della Commedia di Dante: Nel mèzzo del cammin di nostra vita In questo secondo caso il primo accento cade dopo un monosillabo che si appoggia, per l accento, alla parola successiva: il ritmo alterna sillabe senza accento e sillabe accentate, e dà al verso un ritmo piano, regolare, proprio di chi introduce il lettore a una narrazione (N. Gardini).

8 Livello metrico-ritmico: elementi dell analisi 1. Il ritmo del verso: presenza di figure metriche (sineresi, dieresi, sinalefe, dialefe), cesure, disposizione degli accenti ritmici. 2. Il tipo di verso: endecasillabo, novenario, ottonario ecc. in base al numero di sillabe fino all ultima tonica; oppure l assenza di uno schema predefinito, come nel verso libero. 3. La struttura strofica: presenza/assenza di una divisione strofica, segnalata dagli spazi bianchi, dal susseguirsi dei versi secondo un certo schema e delle rime; presenza di uno schema di strofe che rimandi a una tipologia specifica: sonetto, canzone, ottava rima ecc. 4. La presenza di enjambement.

9 Livello metrico-ritmico: endecasillabo Endecasillabo. È il verso più importante e più frequente della tradizione italiana: si tratta di un metro molto versatile, non legato a un particolare genere letterario, ma presente nella poesia lirica, in quella narrativa, nel teatro. Si definisce endecasillabo qualsiasi verso che abbia l ultimo accento sulla 10 a sillaba.

10 Livello metrico-ritmico: il ritmo dell endecasillabo L endecasillabo è un verso che si presta a molti contesti, anche grazie alla sua grande variabilità ritmica. Esistono però dei modi canonici (propri del canone poetico tradizionale) per comporlo. Dal momento che si tratta di un verso lungo, può essere percepito come due versi più brevi accostati, a seconda della disposizione degli accenti. Per definizione, l unico accento obbligatorio in un endecasillabo è quello sulla 10 a sillaba; per le altre sillabe possono verificarsi le seguenti possibilità: - l accento cade almeno sulla 4 a sillaba: la prima parte del verso allora segue il ritmo di un quinario; questa soluzione si chiama a minore perché la prima è la parte minore del verso; la poesia lirica di Petrarca usa spesso lo schema (4 a, 8 a, 10 a sillaba), e ha fatto scuola per la poesia successiva: in sul mio prìmo giovenìle^erròre (Petrarca, Canzoniere I 3) O cara lùna^al cui tranquìllo ràggio (Leopardi, La vita solitaria, 70) Solcata ho frònte, occhi^incàvati^intènti (Foscolo, Poesie, VII)

11 Livello metrico-ritmico: il ritmo dell endecasillabo Lo schema , invece, cadenzato in modo più regolare, è preferito dalla poesia narrativa: E l Veglio pùr colla màzza del fèrro/ ritocca^e suòna^e martèlla^e forbòtta ( malmena ) (Pulci, Morgante XXVIII 16,2) Ma come prìma la lància^il toccò (Boiardo, Orlando innamorato, I I 71,1) Trasse la spàda,^ed a piè si dissèrra (Boiardo, Orlando innamorato, I I 73,5) - l accento cade almeno sulla 6 a sillaba: la prima parte del verso segue il ritmo di un settenario; questa soluzione si chiama a maiore perché la prima parte è anche la maggiore del verso; l accento precedente può cadere sulla 2 a o sulla 3 a sillaba (schemi e ): Questa ànima gentìl che si dipàrte anzitèmpo chiamàta all altravìta (Petrarca, Canzoniere XXXI, 1-2) A qualùnque animàle alberga in tèrra (Petrarca, Canzoniere XXII1)

12 Livello metrico-ritmico: il ritmo dell endecasillabo - l accento cade sia sulla 4 a sia sulla 6 a sillaba: il verso allora può essere interpretato o come a minore o come a maiore a seconda del tipo di lettura. Ne la stagiòn che l cièl rapido inchìna (Petrarca, Canzoniere L, 1) - un endecasillabo in cui siano accentate la 4 a e/o la 6 a sillaba è detto canonico; è non canonico un endecasillabo con altre sillabe accentate (ma non 4 a e 6 a ): gli endecasillabi non canonici si trovano principalmente nel Duecento e nel Novecento.

13 Livello metrico-ritmico: l enjambement o inarcatura L enjambement (parolafrancese, equivalente all italiano scavalcamento ), altrimenti detto (con un termine cinquecentesco) inarcatura: indica la mancata coincidenza tra la misura del verso e quella sintattica; in altre parole, il verso finisce e la frase no; la frase viene dunque spezzata dal verso, lo scavalca per terminare nei versi successivi. L enjambement è particolarmente forte quando spezza elementi della frase strettamente correlati: il predicato dal soggetto o dalla sua espansione necessaria, il nome e l aggettivo o il complemento di specificazione e così via.

14 Livello metrico-ritmico: l enjambement o inarcatura-esempi cantai di quel giusto figliuol d Anchise (Dante Inf. I 73-4) Rivedo il tuo paese/ di sassi rossi (G. Caproni, Poesie , Milano , p.82 ) Il traditor pensò che la donzella/ fosse ne l alto precipizio morta (Ariosto, Orlando furioso, III 5,1) à la fine del verso separa aggettivo e sostantivo. à la fine del verso separa sostantivo e complemento di specificaz. à la fine del verso separa soggetto e predicato.

15 Livello metrico-ritmico: l enjambement o inarcatura-valenze espressive L enjambement ha l effetto di prolungare il verso, facendo debordare elementi essenziali della frase nel verso successivo; inoltre sfrutta la pausa della fine del verso per dare rilievo alle parole in enjambement. Le due parti sintatticamente correlate vengono infatti a collocarsi in due punti nevralgici del verso: la fine e l inizio (cfr scheda in cui se ne parla). Si veda il seguente esempio tratto da una poesia di Cesare Pavese ( ): [ ] Mio cugino ha parlato stasera. Mi ha chiesto se salivo con lui: dalla vetta si scorge nelle notti serene il riflesso del faro lontano, di Torino. «Tu che abiti a Torino» mi ha detto «ma hai ragione. La vita vissuta lontano dal paese: si profitta e si gode e poi, quando si torna, come me a quarant anni, si trova tutto nuovo. Le Langhe non si perdono.» [ ] C. Pavese, da I mari del Sud, Lavorare stanca, Torino, 1943 p. 9

16 Il suono della poesia (livello fonico) 1) verificare la presenza di parole vicine che, pur avendo un significato diverso, si somiglino nella forma, come per esempio inverno e inferno, traduttore e traditore e così via (paronomasia); a volte nella poesia possono esserci anche degli anagrammi: come in A Silvia di Leopardi «Silvia» e «salivi». 2) verificare la presenza di un evidente ripetizione di suoni: all inizio delle parole («di me medesmo meco mi vergogno» (Petrarca, Canzoniere, 1)); ma anche al loro interno «Pungendo aggiunge» (A. Zanzotto, La perfezione della neve, da La beltà) (allitterazione); oppure parole nelle quali si ripete nella parte finale, dopo la vocale accentata la stessa successione di vocali (assonanza: giorno, oro) o di consonanti (consonanza: irte, corti).

17 Il suono della poesia (livello fonico) 3) individuare la predominanza di vocali scure (o, u) o chiare (a, e); la massiccia presenza di i ha di solito in valore onomatopeico (imitazione di un suono non verbale), come in Pascoli, L assiuolo, i «finissimi sistri d argento» delle cavallette, «tintinni a invisibili porte/ che forse non s aprono più» (vv ). 4) verificare la presenza di onomatopee (i suoni delle parole rimandano a suoni non verbali, come versi o rumori).

18 Il suono della poesia (livello fonico). Le parole rima e il loro significato Una delle funzioni della ripetizione dei suoni all interno di un testo poetico è quella di creare associazioni tra le parole. La rima ricopre un ruolo fondamentale: le parole in rima a fine verso, infatti, sia per la posizione sia per la ripetizione di suoni, occupano una posizione di grande rilievo: volendo immaginare la poesia come una serie di parole su un palcoscenico, le parole in rima sono certamente quelle su cui sono puntati i riflettori. Scegliere le parole-rima, dunque, è un operazione fondamentale che in molti casi costituisce il punto di partenza nella costruzione del verso: scegliendo la parola rima, il poeta può indicare ciò su cui vuole che l attenzione del lettore si soffermi.

19 Il suono della poesia (livello fonico). Le parole rima e il loro significato Leggere indietro e la lettura verticale La rima lega a ritroso le parole: nella rima inganni : danni è solo quando si legge la seconda parola, anni, che si riconosce la parziale identità di suono con la prima parola, inganni. Chi legge la poesia e nota la rima fa dunque un movimento indietro (dalla seconda parola alla prima). Si veda il seguente sestetto, tratto da un sonetto di Petrarca, considerando la rima in -io: Benedette le voci tante ch io parola 1 Quando si legge desio si nota la rima con io; a penser mio, la memoria del lettore connette chiamando il nome de la mia donna ò sparte, e i sospiri, et le lagrime, e l desio; parola 2 questa parola-rima con le due precedenti. L unione delle parole attraverso la rima è anche semantica: la et benedette sian tutte le carte ov io fama l acquisto, e l penser mio, parola 3 memoria delle rimecostruisce una lettura verticale delle parole rima, a cui attribuisce un senso. La sequenza io : desio : penser mio connette l io chè sol di lei, si ch altre non v ha parte. (Petrarca, Canzoniere LXI, vv. 9-14) poetico (io), il desiderio (desio), e l interiorità (penser mio). Le parole rima moltiplicano così i significati possibili dellapoesia.

20 Il suono della poesia (livello fonico). Paronomasia, figura etimologica, poliptoto La figura etimologica è la ripetizione di una stessa radice all interno di due parole vicine: es. «selva selvaggia» (Dante, Inf. I), amare d amore, «e l infiammati infiammar sì Augusto» (Dante, Inf., XIII 68). Tra le parole che formano la figura etimologica c è un legame formale (le parole si assomigliano) e uno semantico (di significato), dovutoallaradice comune. Il poliptoto è la ripetizione a breve distanza di un vocabolo con diverse funzioni grammaticali o sintattiche (e dunque spesso con diverse desinenze): «Vissi e regnai: non vivo più né regno» (Tasso, Gerusaleme liberata, XIX, 40,6). A differenza della figura etimologica, dunque, in questo caso a essere ripetuta è proprio la stessa parola. La paronomasia è per certi versi simile alla figura etimologica, ma con una grande differenza: la somiglianza riguarda solo la forma della parola, non il suo significato. Es. «Canta un inno deserto/ la luna esigua esangue» (A. Bertolucci, Scherzo, v , in Id., Le poesie, Milano 2001, p. 32).

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