Ius variandi, il nuovo art c.c.

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1 Ius variandi, il nuovo art c.c. Il D.Lgs. 81/2015 ha introdotto rilevanti novità in tema di ius variandi del datore di lavoro, andando sostanzialmente a stravolgere le previsioni dell art.2103 del codice civile. Premesso che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle che corrispondono all inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito, ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, viene riconosciuta la possibilità al datore di lavoro di assegnare il dipendente a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto, purché rientranti nella medesima categoria legale (vale a dire, ad esempio, che non è possibile far svolge ad un Quadro le mansioni di pulizia dei locali di lavoro). Le categorie legali alle quali si riferisce la norma sono quelle di operaio, impiegato e quadro. Questa facoltà riconosciuta al datore di lavoro è tuttavia subordinata alla presenza di alcune modifiche degli assetti organizzativi aziendali tali da incidere sulla posizione del lavoratore. Su questo punto è intervenuta la Fondazione Studi CdL che, con la circolare n. 13/2015 ha sostenuto che, applicando un principio giurisprudenziale in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la riorganizzazione degli assetti aziendali che vadano ad incidere sulla posizione del lavoratore deve essere rivolta non già all aumento dei profitti imprenditoriali, bensì a far fronte ad una situazione strutturale di crisi che impone al datore di lavoro una effettiva riduzione dei costi (Cass. Sezione lavoro, sent. n del ). Inoltre il nuovo art c.c. consente anche ai contratti collettivi di indicare ulteriori ipotesi in cui l azienda può adibire legittimamente il lavoratore a mansioni inferiori che rientrino comunque tra quelle previste dal livello di inquadramento inferiore a quello in cui è inquadrato il lavoratore, sempre all interno della medesima categoria legale. Ci sono inoltre una serie di obblighi che il datore di lavoro deve rispettare in caso di demansionamento, come ad esempio: ove risulti necessario, il mutamento di mansioni dovrà essere accompagnato da un obbligo formativo impartito al lavoratore;

2 il mutamento di mansioni deve necessariamente risultare da atto scritto, pena la nullità del demansionamento. È importante sottolineare che lo ius variandi del datore di lavoro esercitato in pejus non deve comportare in alcun modo una variazione del trattamento retributivo del lavoratore, eccezion fatta per alcuni emolumenti legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Nelle sedi di conciliazione o di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e, di conseguenza, della relativa retribuzione, nell interesse del lavoratore alla conservazione dell occupazione, all acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Infine, la riforma ritocca anche il limite temporale oltre il quale l assegnazione a mansioni superiori diventa definitiva: il limite di tre mesi viene innalzato a sei mesi. Una volta superato il limite temporale, dunque, l assegnazione a mansioni superiori diventa definitiva, come il relativo trattamento retributivo, salvo diversa volontà del lavoratore, o salvo che l assegnazione a mansioni superiori sia dettata dalla necessità di sostituire un collega assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ovvero nel caso in cui il contratto collettivo applicato in azienda preveda un diverso limite temporale. Info Paghe e Contributi Simone Del Signore Consulente del Lavoro Iscritto all Ordine di Roma (num. 4832) Ministero del Lavoro: pubblicata guida agli in-

3 centivi all assunzione Pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro una guida, aggiornata al 1 Ottobre 2016, con il riepilogo degli incentivi all assunzione e alla creazione d impresa previsti dalla normativa, divisi anche in base alle legislazioni regionali. Strumento utile, vista la presenza di circa trenta tipologie di sgravi contributi, a cui vanno sommate le normative regionali e locali. Info Paghe e Contributi Conciliazione, le procedure sono tre Quante sono le tipologie e le procedure di conciliazione? E obbligatoria o facoltativa?e, soprattutto, quale tipologia deve essere applicata? Queste e molte altre domande si presentano nella testa del datore di lavoro, del lavoratore e (anche) del professionista quando si renda necessario attivare una procedura conciliativa. Vediamo di chiarire -analizzando una per una le diverse modalità- come funzionano le tre diverse tipologie di conciliazione, quando devono essere attivate e se sono, o meno, obbligatorie. Conciliazione facoltativa: la procedura conciliativa regolata dagli artt. 409 e ss. del Codice di Procedura Civile, è stata riformata dal D.Lgs. n. 183/2010 (cd Collegato Lavoro). Detta procedura, obbligatoria prima della riforma del 2010, può facoltativamente essere attivata

4 per la risoluzione di tutte le controversie riguardanti il singolo rapporto di lavoro. L attivazione della conciliazione facoltativa può avvenire quando una delle parti reclami l applicazione di disposizioni di legge o di contratto (sia esso collettivo o individuale). È bene evidenziare che è una procedura del tutto volontaria, potendo la parte che si ritiene lesa in un suo diritto adire direttamente l autorità giudiziaria. Principalmente le vertenze oggetto di questa procedura sono: pretese derivanti da differenze retributive; impugnazione di licenziamenti; mancata o errata costituzione del rapporto di lavoro; violazioni in tema di patto di non concorrenza. I rapporti di lavoro ai quali si applica la procedura sono i seguenti: normali rapporti di lavoro subordinato privato; rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; rapporti di agenzia o rappresentanza commerciale; rapporti di mezzadria. Conciliazione preventiva in caso di licenziamenti per GMO: la legge n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero) introduce, con la modifica dell art. 7 della legge n. 604/1966, una procedura di conciliazione preventiva obbligatoria da attivare in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato da un datore di lavoro che integri i requisiti dimensionali di cui all art. 18 della legge n. 300/1970. Dunque prima dell intimazione del licenziamento il datore di lavoro dovrà comunicare alla DTL competente per territorio (oggi alla sede territoriale dell Ispettorato del Lavoro) tale intenzione; la sede territoriale dovrà, entro il termine perentorio di 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, provvedere a convocare le parti per un incontro da effettuarsi innanzi alla commissione provinciale di conciliazione costituita ai sensi dell art. 410 c.p.c.. La presenze effettiva delle parti non è obbligatoria, anche se è preferibile, tanto che il comma 9 del nuovo art. 7 della legge n. 604/1966 consente una proroga di 15 giorni in caso di legittimo impedimento del lavoratore a presenziare. In ogni caso, le parti possono farsi assistere dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato, oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si deve concludere entro venti giorni dalla trasmissione della convocazione da parte della DTL/Ispettorato, ma è data facoltà alle parti, se d accordo, di proseguire la discussione. Se, trascorsi i venti giorni, o il maggior tempo concordato, non si raggiunge alcun accordo, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore. Se viceversa si raggiunge, quindi si condivide la decisione di risolvere il rapporto di lavoro, si può procedere anche ad una risoluzione consensuale.

5 Conciliazione a tutele crescenti : questa procedura, del tutto facoltativa, nasce nel marzo 2015 con l introduzione del D.Lgs. n. 23/2015, e si applica soltanto a determinate categorie di lavoratori, nel dettaglio si rivolge a: Lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015; Lavoratori trasformati a tempo indeterminato da un precedente contratto a termine dopo il 7 marzo 2015; Lavoratori qualificati da un rapporto di apprendistato dopo dal 7 marzo Se il datore di lavoro commina un licenziamento (per qualsiasi ragione, giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo) ad un lavoratore soggetto alle tutele crescenti, può offrire allo stesso un importo pari a 1 mensilità dell ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità, comunque l indennità non potrà essere inferiore a 2 mensilità e non superiore a 18 mensilità. L offerta deve avvenire entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, ossia nel termine di 60 giorni, e la procedura dovrà svolgersi in una delle sedi protette previste dall art del codice civile. L importo cosi erogato non è imponibile né ai fini previdenziali né ai fini fiscali. C è da dire che l accettazione dell assegno da parte del prestatore di lavoro comporta una serie di conseguenze: Viene estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento; il lavoratore rinuncia ad impugnare il licenziamento anche qualora sia già stato oggetto di impugnativa; c è il diritto alla Naspi in presenza dei requisiti di legge. Detto importo dovrà essere erogato tramite assegno circolare. Viene anche introdotto un nuovo adempimento in capo al datore di lavoro che, a prescindere dalla conclusione positiva della procedura, dovrà effettuare una comunicazione sul sito cliclavoro.gov.it (tramite il modello UNILAV-Conciliazione presente sul sito) entro il termine di 65 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, pena la sanzione amministrativa da 100 a 500 euro. Info Paghe e Contributi Simone Del Signore Consulente del Lavoro Iscritto all Ordine di Roma (num. 4832)

6 Trasferta: Nozione, indennità e aspetti previdenziali e fiscali DEFINIZIONE DI TRASFERTA: costituisce trasferta lo spostamento temporaneo del lavoratore dal luogo in cui esegue abitualmente la prestazione con il relativo diritto, per il prestatore di lavoro a percepire una indennità. La trasferta è caratterizzata dal legame del lavoratore con l abituale luogo di lavoro e la relazione con il diverso luogo dove il lavoratore presterà la propria attività. L elemento fondamentale che qualifica la trasferta è la provvisorietà, cioè la permanenza temporanea, su valutazione datoriale delle esigenze aziendali, del lavoratore a svolgere le proprie mansioni in un determinato luogo diverso da quello abituale (Cass. n del ). LIMITE TEMPORALE: La trasferta, anche se caratterizzata da una provvisorietà temporale, può essere disposta anche in assenza di una formale indicazione di durata in quanto la temporaneità stessa implica il rientro del lavoratore presso l abituale sede di lavoro (Cass. n del ). La decisione di inviare un dipendente in trasferta avviene in base alla discrezionalità aziendale e quindi risulta irrilevante il consenso manifestato dal lavoratore (Cass. n del ). D altra parte, la trasferta presuppone lo spostamento del lavoratore di volta in volta in base a singole decisioni del datore di lavoro (Cass. n del ); dunque la scelta di quest ultimo, di inviare un lavoratore in trasferta, è espressione del potere unilaterale che spetta all azienda. (ex plurimis: Cass. n del e n.

7 12078 del ). INDENNITA di TRASFERTA: Il Ministero del Lavoro ha chiarito in risposta all interpello 14/2010 che il datore di lavoro ha la facoltà di erogare una indennità di trasferta superiore a quella prevista dal Contratto collettivo nazionale o di secondo livello, in quanto si tratterebbe di una condizione di miglior favore per il lavoratore. UTILIZZO IMPROPRIO DELL INDENNITÀ DI TRASFERTA: con sentenza n del , la Sezione 5 penale della Cassazione ha affermato che, quando il datore di lavoro fa figurare in busta paga la voce indennità di trasferta esente per retribuire, ad esempio del lavoro straordinario, ci si trova in un caso in cui il datore si limita ad esporre dati e notizie false in sede di denunce obbligatorie, per cui è configurabile il reato di cui alla legge 689/1981, art. 37, e non il diverso reato di truffa, per il quale, oltre alle false dichiarazioni, devono sussistere artifici e/o raggiri di altra natura; ciò a condizione che l evasione non superi un determinato tetto. Commette il delitto di truffa il datore di lavoro che attraverso la costruzione e l esposizione di fittizia di somme corrisposte al lavoratore, elude l Ente previdenziale sul diritto al conguaglio di dette somme, invero mai corrisposte, realizzando così un ingiusto profitto con l evasione contributiva. TRASFERTE NELL AMBITO COMUNALE: le trasferte in ambito comunale, ai sensi dell art. 52, comma 5, del TUIR, sono interamente imponibili, sia ai fini previdenziali sia ai fini fiscali (D.Lgs. 314/1997), salvo che si riferiscano a spese di trasporto comprovate da documenti rilasciati dal vettore (bus, tram, taxi, ecc.). TRASFERTE FUORI DALL AMBITO COMUNALE: ai sensi dell art 51 del TUIR, sono imponibili fiscalmente e ai fini contributivi (D.Lgs. 314/1997), le somme erogate ai dipendenti per le trasferte effettuate al di fuori del territorio comunale come di seguito specificato: Rimborsi analitici: In Italia Non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di trasferte o missioni, fino all importo massimo giornaliero di euro 15,49. Per le trasferte effettuate all estero l esenzione aumenta da euro 15,49 a euro 25,82.

8 Indennità forfettaria: In Italia è esente fino ad euro 46,48 al netto delle spese di viaggio e trasporto. Per le trasferte effettuate all estero l esenzione aumenta a euro 77,47. Sistema misto: In Italia l indennità concorre a formare il reddito per la parte eccedente euro 30,99 al giorno, in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente. L indennità concorre a formare il reddito per la parte eccedente euro 15,49 al giorno, in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. Per le trasferte effettuate all estero le esenzioni aumentano rispettivamente ad euro 51,65 in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente e ad euro 25,82 in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In tutti i casi l azienda dovrà tener conto delle disposizioni, in materia di trasferte o missioni, stabilite dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato. Info Paghe e Contributi Lorenzo Del Signore Ragioniere Commerciale Focus CCNL: indennità di trasferta nel Terziario Il lavoratore inviato in trasferta ha diritto a vedersi rimborsate le spese di viaggio e di trasporto sostenute per conto dell azienda. Il datore di lavoro può decidere di erogare un indennità di trasferta che non può essere inferiore al doppio della quota giornaliera di retribuzione. Questa quota può essere ridotta di 1/3 se non c è il

9 pernottamento fuori sede. Se la trasferta si prolunga per più di un mese, oppure se le mansioni del lavoratore comportino dei viaggi abituali, verrà corrisposta una diaria ridotta del 10%. Il datore di lavoro può anche optare, in sostituzione della diaria, per un rimborso a piè di lista omni comprensivo delle spese sostenute dal lavoratore per il viaggio e l alloggio. Cosa importante è che il datore di lavoro utilizzi un unica policy aziendale per tutto il personale, come specificato dall art. 160 del contratto. In caso di brevi trasferte in località vicine il CCNL stabilisce che debba essere rimborsata al dipendente la effettiva spesa di viaggio e di soggiorno. Info Paghe e Contributi Simone Del Signore Consulente del Lavoro Iscritto all Ordine di Roma (n. 4832) Cassazione: licenziamento per giusta causa a seguito di assenza ingiustificata

10 La Corte di Cassazione con la sentenza depositata il ha confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa intimato a seguito di un assenza ingiustificata dal posto di lavoro per tre giorni consecutivi, in conformità alle disposizioni del CCNL applicato in azienda. Nel dispositivo i giudici della Corte si sono soffermati sul tipo di licenziamento da intimare cioè se intimare un licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In particolare i giudici hanno stabilito che sarà il datore di lavoro a dover stabilire la tipologia di licenziamento, dovendo valutare una serie di elementi tra cui la gravità del fatto e l effetto prodotto sul vincolo fiduciario, l intensità del dolo e della colpa del lavoratore, il grado di affidabilità in relazione alle mansioni svolte dal prestatore. Secondo i giudici della Suprema Corte la legittimità del recesso per giusta causa va individuata nella fattispecie, oltre che nell assenza dal lavoro protrattasi per tre giorni, anche nella totale assenza di buona fede del lavoratore rivelatasi nella falsità delle giustificazioni prodotte per le assenze, andando cosi a ledere in maniera irrimediabile il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro. Info Paghe e Contributi Ecco il Decreto per la partecipazione dei lavoratori agli utili dell impresa

11 Pubblicato il Decreto ministeriale 20 giugno 2016 che regola il Fondo finalizzato a incentivare la partecipazione dei dipendenti al capitale e agli utili d impresa. Il Fondo è volto ad incentivare l offerta di un pacchetto di azioni ai lavoratori, sia a titolo gratuito che a titolo oneroso, con una sottoscrizione a condizioni più favorevoli rispetto al mercato. Come previsto dal Decreto, si resta in attesa di una disciplina organica degli strumenti di democrazia partecipativa. Info Paghe e Contributi Il controllo dei lavoratori alla luce del nuovo art. 4 dello Statuto dei Lavoratori L entrata in vigore del D.Lgs. 151/2015 ha modificato, tra le altre cose, l art. 4 della legge 300/1970 che regola l installazione di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature in ambienti di lavoro. Ebbene il nuovo art. 4 non vieta più espressamente, come faceva nella precedente versione, l utilizzo di impianti audiovisivi e altre apparecchiature dai quali derivi un controllo più o meno diretto dei lavoratori. Tuttavia, a differenza di ciò che si potrebbe pensare a primo impatto, l ammissibilità di tali impianti, e quindi il controllo anche incidentale dei lavoratori, è comunque subordinata alla presenza di esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale. Le prime due motivazioni erano già

12 previste dall art. 4 pre riforma, mentre la tutela del patrimonio aziendale è stato inserito proprio dal D.Lgs. 151/2015. E dunque errato affermare che il nuovo art. 4 ammette genericamente il controllo sui lavoratori in quanto, come abbiamo visto, sono necessarie delle motivazioni ben precise per procedere all installazione dei sistemi audiovisivi. Rimane in vigore la procedura prevista dall art. 4 della legge 300/1970, che è posta a tutela dei lavoratori, e che il datore di lavoro dovrà attivare se intende installare un impianto audiovisivo in azienda. Tale procedura consiste nel tentativo di stipulare un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la rappresentanza sindacale unitaria se presenti in azienda. Una novità legislativa introdotta dalla riforma dal Decreto legislativo 151/2015 permette invece, nel caso di azienda con unità produttive ubicate in diverse province della medesima regione, o direttamente in più regioni, di stipulare l accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Rimane comunque in piedi il principio giurisprudenziale secondo cui la mancata consultazione delle RSA o RSU se presenti in azienda integra la fattispecie di condotta antisindacale ai sensi dell art. 28 dello Statuto dei Lavoratori (Cass. sentenza n.9211). E importante evidenziare come anche un altro vecchio principio di giurisprudenza (condiviso anche dal Ministero del Lavoro) rimanga attivo anche dopo la riforma dell art. 4: si fa riferimento al principio secondo cui l accordo è pienamente efficace anche nel caso in cui sia stato stipulato solo con una maggioranza delle RSA presenti in azienda, in quanto se ciò non fosse possibile si verrebbe a creare un diritto di veto in mano anche alle più piccole ed esigue RSA (Pretura di Milano, Ufficio del GIP e Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, risposta all interpello num del ). In caso di mancato accordo con le organizzazioni sindacali,o nel caso in cui non siano presenti in azienda le RSA/RSU, il datore di lavoro potrà richiedere l autorizzazione direttamente alla sede territorialmente competente dell Ispettorato Nazionale del Lavoro, o in caso di imprese con unita produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali direttamente alla sede centrale dell Ispettorato.

13 Alla domanda di autorizzazione il datore di lavoro dovrà allegare una planimetria dei locali con una specifica indicazione del posizionamento e del numero delle telecamere nonchè delle postazioni fisse di lavoro. L Ispettorato seguirà una procedura standard che prevede un accertamento tecnico sui luoghi di lavoro per verificare la reale sussistenza delle esigenze organizzative, produttive e di sicurezza sul lavoro o di salvaguardia del patrimonio aziendale. Inoltre gli ispettori verificheranno anche che le telecamere non riprendano postazioni fisse di lavoro. In questo senso va sottolineato che per le attività in cui mancano le RSA/RSU ed a forte rischio di rapina/furto, come ad esempio farmacie, ricevitorie, edicole, tabaccherie ecc., il Ministero del Lavoro con nota n.7162 del ha precisato che una volta constato il reale rischio per le suddette attività non sia necessario l accertamento tecnico preventivo, con una presunzione di sussistenza dei requisiti, anche per una eventuale prova in caso di condotte sanzionate penalmente. CASI IN CUI NON SERVE L ACCORDO O L AUTORIZZAZIONE: il nuovo art. 4 dello Statuto del Lavoratori stabilisce che non è necessario nè l accordo sindacale nè l autorizzazione dell Ispettorato nel caso di utilizzo di strumenti necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa e per quanto riguarda l utilizzo di strumenti che controllano e registrano gli accessi e le uscite dall azienda (ossia la rilevazione tramite badge). Tra gli strumenti necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa un esempio lampante è quello dello smartphone, che con l avanzamento tecnologico è diventato un ordinario mezzo di lavoro. Tuttavia il cellulare intelligente consente anche di localizzare geograficamente il dipendente qualora sullo stesso sia installata un applicazione specifica. Logicamente, il datori dei lavoro non può installare l applicazione per semplici finalità di controllo degli spostamenti del dipendente, ma dovrà essere collegata funzionalmente alla prestazione lavorativa. Nel caso venga installata sullo smartphone un applicazione che consente anche la geolocalizzazione del lavoratore deve essere seguita alla lettera la procedura prevista dall art. 4 della legge n. 300/1970. Inoltre, in materia è intervenuto anche il Garante per la Privacy il quale ha emanato due importanti provvedimenti nn. 401 e 448 del 2014 (provv e provv ) contenenti la prescrizione di una serie di misure di sicurezza che il datore di lavoro dovrà rispettare in caso di geolocalizzazione tramite smartphone. Non rientrano nell obbligo dell accordo sindacale o dell autorizzazione amministrativa quei sistemi di videosorveglianza che entrano in funzione solo al di fuori dell orario di lavoro

14 (Cass. sentenza n. 8998, del ). La certezza che il datore di lavoro non attivi tali sistemi durante la giornata lavorativa può essere garantita dall installazione di un temporizzatore che per essere modificato richiede una doppia chiave, una in possesso del datore di lavoro e l altra di un rappresentante dei lavoratori. UTILIZZO DELLE IMMAGINI A FINI SANZIONATORI: è possibile utilizzare le immagini registrate delle telecamere come prova per sanzionare un dipendente? Prima del 24 settembre 2015 la risposta è no. Ad esempio in un caso inerente un licenziamento di un barista, scoperto a rubare denaro dalla cassa dell esercizio, la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n del 2000 aveva ritenuto inammissibile la prova delle immagini registrate proprio in forza del divieto stabilito dall art. 4 della Legge 300/70 ante riforma che vietava il controllo a distanza dell attività lavorativa. Per converso negli ultimi anni si era sviluppato un orientamento diverso che riteneva legittimo il licenziamento per giusta causa intimato grazie all utilizzo delle prove audiovisive, a condizione tuttavia che le telecamere fossero state installate nel rispetto delle prescrizioni dell art 4. Con la riforma operata dal Decreto legislativo n. 151/2015 invece si è reso possibile per il datore di lavoro utilizzare le informazioni raccolte grazie agli impianti audiovisivi o grazie agli strumenti che permettono il controllo a distanza del lavoratore (sempreché siano connessi alle esigenze organizzative e produttive, alla sicurezza del lavoro o alla tutela del patrimonio aziendale) per tutti i fini del rapporto di lavoro, e dunque anche ai fini sanzionatori. In questo senso è fondamentale che il datore di lavoro adotti un regolamento a livello aziendale che descriva in modo particolareggiato e analitico il corretto utilizzo degli strumenti che anche in via preterintenzionale consentano di controllare l attività lavorativa del dipendente e se, per il tramite di questi strumenti, verranno effettuati tali controlli. Questo regolamento di policy aziendale deve essere pubblicizzato nella maniera adeguata o con la consegna nelle mani dei singoli lavoratori o tramite affissione in luoghi di lavoro, come ad esempio avviene per le disposizioni dell art. 7 dello Statuto dei Lavoratori. Di questo avviso è anche il Garante per la Privacy secondo cui devono essere garantiti i principi di pertinenza, non eccedenza e correttezza stabiliti dal Codice per la Privacy nell utilizzo di tali dati, al fine di evitare un controllo massivo del lavoratore.

15 LE SANZIONI: quali sono le sanzioni previste dalla legge in caso di violazione da parte del datore di lavoro delle prescrizioni legislative? L art. 167 del Decreto legislativo n. 196/2003 (Codice per la Privacy) prevede la sanzione penale con la reclusione da sei a diciotto mesi in caso di acquisizione illecita di dati, anche tramite controlli a distanza al fine di trarne profitto per sé o per altri o al fine di recare un danno. Se questi dati vengono diffusi la reclusione aumenta da sei a ventiquattro mesi. Se i dati sono sensibili la reclusione va da uno a tre anni. Invece il mancato rispetto dell art. 4 della Legge n. 300/70 è sanzionato penalmente e la sanzione da applicare è, per il rinvio stabilito dall art. 171 del Codice della privacy, quella prevista dall art. 38 della Legge n. 300/70, che punisce il reo con l ammenda da euro 154 ad euro 1549 o con l arresto da 15 giorni ad un anno salvo che il fatto non costituisca un reato più grave. Ad eccezione dei casi più gravi, è applicabile l istituto della prescrizione obbligatoria (art. 15 del D.Lgs. n. 124/2004) per cui al datore di lavoro viene prescritta la cessazione della condotta illecita e, successivamente, in caso di esito positivo, lo stesso viene ammesso al pagamento di una sanzione pari ad 387,25. Nei casi più gravi la pena dell arresto e dell ammenda sono applicati congiuntamente. Spetta comunque all ispettore il dovere di individuare i casi di maggiore gravità e quindi di applicare o meno l istituto della prescrizione (Ministero del lavoro, nota n del ). Info Paghe e Contributi Simone Del Signore Consulente del Lavoro Iscritto all Ordine di Roma (num. 4832)

16 Prestiti ai dipendenti: procedura di concessione e aspetti fiscali e contributivi I prestiti erogati ai lavoratori da parte dell azienda possono configurare un vantaggio economico per i dipendenti, in termini di risparmio finanziario, in relazione ai tassi d interesse applicati dalle banche e dagli enti finanziari rispetto a quelli applicati dal datore di lavoro. Se il lavoratore trae beneficio dalla concessione del prestito da parte del datore di lavoro a condizioni più favorevoli rispetto a quelle applicate dalle banche, allora e solo allora si viene a creare un fringe benefit che produce effetti in relazione all imposizione fiscale e contributiva. In prima analisi va sottolineato come, sulla base delle disposizioni dell art 9 del T.u.i.r. (DPR n. 917/1986) ogni emolumento in natura erogato dal datore di lavoro al proprio dipendente deve essere assoggettato in base al suo valore normale (stabilito sempre dall art. 9 comma 3 del DPR 917/1986) ad eccezione di alcuni benefit come l assegnazione di autoveicoli, la concessione di prestiti, alloggi e servizi di trasporto ferroviario, o anche l attribuzione agevolata al dipendente di beni prodotti dal datore di lavoro; in queste situazioni, infatti, vigono specifiche disposizioni. Va poi sottolineato che i benefit di importo non superiore a 258,23 in ragione d anno civile (1/1-31/12) restano esclusi dall imponibile previdenziale e fiscale non costituendo, dunque, un fringe benefit. Se invece viene superato detto limite l assoggettamento viene esteso a tutto l importo del benefit. Per quanto concerne la procedura per l ottenimento del prestito, di norma il lavoratore deve effettuare una richiesta scritta su un format preparato a livello aziendale; l azienda dovrà comunicare sempre per iscritto l eventuale accettazione o diniego all erogazione del prestito, insieme all attestazione dell effettiva erogazione delle somme. E importante evidenziare che il regime di erogazione del prestito ai dipendenti non è codificato in nessuna disposizione di legge o CCNL. Ciò posto, il datore di lavoro può decidere di

17 elaborare un regolamento aziendale che stabilisca le condizioni e le cause alle quali è subordinata l erogazione del prestito. Come anticipato la concessione dei prestiti ai dipendenti rientra tra le ipotesi di particolare imposizione fiscale e contributiva. Nello specifico, ai sensi dell art. 51 c.4 lett. b) del DPR n. 917/1986 deve essere assunto quale valore del fringe benefit il 50% della differenza tra l importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto (Tasso ufficiale di riferimento individuato dalla Banca centrale Europea) vigente al momento della concessione del prestito (31/12 dell anno precedente a quello di erogazione del prestito, con conguaglio effettuato sulla base del TUR a fine anno o a fine rapporto se precedente), e l importo degli interessi calcolato al tasso agevolato applicato sugli stessi dal datore di lavoro. Partendo sempre dall assunto che non va assoggettato nessun fringe benefit inferiore ai 258,22 nell arco del periodo d imposta vediamo due esempi pratici, uno senza assoggettamento ed uno con assoggettamento. PRESTITO SENZA ASSOGGETTAMENTO: Prestito da restituire in 12 rate gennaio-dicembre Tasso Ufficiale di Riferimento (numeri di fantasia) 3% Tasso applicato dal datore di lavoro 1% * 3%------> * 1% > 100 Diff. tra TUR e tasso agevolato 200 Valore fringe benefit 100 Valore da sottoporre ad imposizione previdenziale e fiscale 0 INFERIORE AI 258,22 PRESTITO CON ASSOGGETTAMENTO:

18 Prestito da restituire in 12 rate gennaio-dicembre Tasso Ufficiale di Riferimento (numeri di fantasia) 6% Tasso applicato dal datore di lavoro 2% * 6%------> * 2% > 300 Diff. tra TUR e tasso agevolato 600 Valore fringe benefit 300 Valore da sottoporre ad imposizione previdenziale e fiscale 300 SUPERIORE AI 258,22 In fase di elaborazione del cedolino paga il datore di lavoro deve inserire due voci specifiche relative al prestito: l importo della trattenuta della rata mensile che va ad incidere direttamente sul netto, comprensiva degli interessi applicati; l importo figurativo dell eventuale fringe benefit, rilevante solo ai fini dell imponibile previdenziale e fiscale e non già ai fini del netto mensile da erogare al dipendente. Info Paghe e Contributi Simone Del Signore Consulente del Lavoro Iscritto all Ordine di Roma (num. 4832)

19 Jobs Act correttivo: le novità del D.Lgs. 185/2016 Il decreto correttivo del Jobs Act (decreto legislativo n. 185/2016) è entrato in vigore oggi 8 Ottobre, e va correggere alcune disposizioni contenute nei legislativi 15 giugno 2015, n. 81 e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, cioè quelli che regolano i contratti flessibili, gli ammortizzatori sociali, le politiche attive e le semplificazioni; le modifiche sono inserite in 5 articoli. L articolo 1 si occupa del Dlgs 81/2015, ritoccando innanzitutto la disciplina dell apprendistato, sotto due diversi profili. Sotto il primo profilo, in assenza delle regolamentazioni regionali sarà possibile attivare comunque i percorsi di apprendistato di alta formazione e ricerca sulla base del Decreto Ministeriale che ha definito i livelli essenziali delle prestazioni; sotto il secondo profilo, la norma consente la proroga annuale ai contratti qualificanti stipulati sotto la vigenza del Testo unico del Per quanto riguarda i voucher, viene introdotta una misura volta a prevenire un uso distorto dello strumento, ossia l obbligo di comunicare, almeno 60 minuti prima dell inizio della prestazione, alla sede territoriale competente dell Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, indicando anche il luogo, il giorno e l ora di inizio e di fine della prestazione (con un arco di 3 giorni massimo). In questo modo, il legislatore delegato intende evitare l uso volto a coprire, ex post, il ricorso al lavoro sommerso. Dunque, o il datore di lavoro comunica preventivamente l utilizzo del voucher, oppure incorre nella sanzione amministrativa. L articolo 2 modifica la disciplina degli ammortizzatori sociali contenuta nel Dlgs 148/2015, con dei piccoli aggiustamenti come ad esempio il termine applicabile alle domande per eventi oggettivamente non evitabili, la decorrenza della sospensione o della riduzione dell orario nell ambito del contratto di solidarietà, diverse norme finanziarie. Tra i piccoli

20 aggiustamenti il Decreto correttivo del Jobs Act prevede una sostanziale novità e cioè la possibilità di trasformare i contratti di solidarietà difensiva in corso da almeno dodici mesi e quelli stipulati prima del 1 gennaio 2016 in contratti di solidarietà espansiva. Questa novità viene accompagnata da alcune misure finalizzate ad incentivare l utilizzo di questa opzione, come la non imponibilità dell integrazione erogata dal datore di lavoro. Anche per la Naspi si introducono delle modifiche: per gli eventi di disoccupazione verificatisi nel 2016 e limitatamente ai lavoratori con qualifica di stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali, viene prevista lo possibilità in determinati casi di allungare di un mese il periodo di godimento. Viene rivista anche la Cassa integrazione straordinaria che, in deroga ai limiti ordinari, può essere concessa, previo accordo stipulato in sede governativa, sino al limite massimo di 12 mesi, alle imprese operanti in un area di crisi industriale complessa. L articolo 3 contiene alcune correzioni formali al decreto legislativo sulle Ispezioni (D.lgs. n. 149/2015) in tema di sede e alcune precisazioni circa gli ambiti di attività dell istituto, mentre l articolo 4 si occupa della normativa sulle politiche attive (D.lgs. n. 150/2015), con delle correzioni solo di forma (precisazione nella definizione delle Agenzie per il lavoro che fanno parte della rete nazionale delle politiche attive; definizione degli aspetti tecnici per la gestione del personale da Isfol ad Anpal; variazione di denominazione dell istituto che si trasforma in Istituto nazionale per l analisi delle politiche pubbliche). L articolo 5 va a rettificare le norme del decreto semplificazioni (Dlgs 151/2015). Viene introdotto un inasprimento delle sanzioni in tema di collocamento obbligatorio, viene spostata la competenza ad autorizzate gli strumenti di controllo a distanza in capo all Ispettorato nazionale del lavoro territorialmente competente nel caso non ci sia accordo con le organizzazioni sindacali. In ultima analisi, viene riconosciuta al medesimo Ispettorato e ai consulenti del lavoro la possibilità di assistere i lavoratori in fase di presentazione telematica delle dimissioni. Info Paghe & Contributi Simone Del Signore

21 Consulente del Lavoro Iscritto all Ordine di Roma (num. 4832)

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