La viticoltura in Italia e in Liguria
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- Raffaella Palmisano
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1 La viticoltura in Italia e in Liguria La viticoltura in Italia rappresenta un settore di eccellenza per le sue produzioni, nonostante le ormai croniche criticità derivanti da problemi oggettivi di tipo climatico. Come si denota dalla qui presente tabella riassuntiva, l Italia si trova al secondo posto come produttrice mondiale di vino preceduta solamente dalla Francia. Entrando più nello specifico dei dati Istat qui rielaborati da I numeri del vino, si evince come la produzione di vini in Italia abbia avuto un andamento altalenante con una buona vendemmia nel 2013 che ha riportato la produzione ai livelli del 2005/2006. E una vendemmia record per i volumi, sotto tutti gli aspetti: bianchi, rossi, DOC, IGT, vini comuni e anche mosti che hanno confermato il livello piuttosto elevato già toccato nel Se più è meglio è, allora è 1
2 andata bene al centro-sud, e un po meno bene al Nord nel Se ci guardiamo indietro, diciamo che il 2013 ha avuto volumi di circa il 7-8% superiori alla media, quando invece lo scorso anno erano stati di circa il 10% inferiori. Per cui, quando diciamo che questi 45.3 milioni di ettolitri di vino (48.2m compresi i mosti) sono il 18% in più dello scorso anno stiamo confrontando una vendemmia povera con una vendemmia ricca. La Liguria vitivinicola La Liguria è una delle regioni vitivinicole più piccole dell'italia, con soli 5000 ettari vitati. La particolare conformazione della regione, stretta tra Alpi, Appennini e il mare, rende la viticoltura estremamente difficile, tanto da venire in alcuni casi non a torto definita "eroica". Il territorio montuoso supera il 60% della superficie totale, per la rimanete parte è totalmente collinare. Le viti sono molto spesso coltivate in arditi terrazzamenti, le forme di allevamento più diffuse sono l'alberello e la Spalliera. Secondo l ISTAT la produzione 2013 di vino in Liguria è stata di 46mila ettolitri, praticamente la stessa del 2012, che aveva visto un crollo drammatico dei volumi. Siamo dunque circa il 34% sotto la media storica prodotta in regione. All interno della regione possiamo identificare uve a bacca Bianca e a bacca Nera che caratterizzano i diversi vitigni: Bacche Bianche Albarola Bianchetta Genovese Bosco Canaiolo Bianco Lumassina Pigato Scimiscià Vermentino Bacche Rosse Alicante Ciliegio Gamay Pollera nera Rossese 2
3 A fare le spese del calo produttivo sono soprattutto i vini rossi, che scendono a 13mila ettolitri, con un calo del 9% sul 2012 e del 49% sotto la media storica. I vini bianchi nel 2013 hanno invece recuperato il 3% in termini produttivi pur restando il 25% sotto la media storica. DOC DOCG IGT Le denominazioni di origine DOCG e DOC specificano nei loro disciplinari quali sono le "Tipologie" dei vini ammessi per la stessa denominazione. Si può fare riferimento: al colore (Breganze bianco DOC), al vitigno (Breganze Cabernet sauvignon DOC), al tipo di vinificazione (Capalbio Vin Santo DOC). In totale per tutte le DOC e DOCG parliamo di circa 3500 tipologie distinte per tutte le 73 DOCG e le 330 DOC. Le 118 IGT sommano circa 400 tipologie distinte di vino. I disciplinari DOCG e DOC riportano obbligatoriamente per ciascuna di queste tipologie le "Caratteristiche del vino al consumo", così come devono essere verificate da parte degli "Organismi di controllo" con modalità e tempi diversi per DOCG e DOC. 3
4 Nei disciplinari IGT la presenza delle caratteristiche organolettiche non è obbligatoria ma facoltativa, per cui nella maggior parte dei casi non è presente, anche se esistono delle eccezioni. Viene descritto il vino nelle sue componenti gusto-olfattive (vista, olfatto, palato), il contenuto minimo in alcol, l'acidità fissa e il residuo fisso in g/l. Le varietà DOC liguri La cartina indica le zone di provenienza delle 8 etichette DOC presenti in Liguria che si distribuiscono piuttosto omogeneamente sulla superficie regionale. Nella tabella troviamo indicata la produzione dei vini DOC in hl presenti in regione suddivisi per denominazione. La area geografica che produce più vino DOC è quella indicata con l etichetta Colline di Levanto che si è distinta per un lieve ma costante aumento di hl; a seguire la Val Polcevera che si distingue con una buona produzione nella vendemmia del 2012 che porta una lieve ripresa rispetto agli anni passati ma ancora piuttosto lontana dalla produzione del 2008 dove gli hl erano quasi il doppio del
5 Il settore Biologico L Italia è stata fino al 2008 il paese con il maggior numero di vigneti bio al mondo. Al 2010 aveva ettari coltivati biologicamente a vite (+ 21 % rispetto al 2009), di cui circa il 65 % bio ( ha) e il 35 % in conversione ( ha). I vigneti bio sono la quinta coltura bio italiana (dopo cereali, foraggere, prati e pascoli e olivo) e coprono quasi il 5 % della superficie biologica nazionale. La viticoltura bio italiana è in progressivo aumento dal 2004 (+ 67,5 %), dopo tre anni di calo a partire dal precedente picco del 2001 ( ha). La stragrande maggioranza della superficie vitata biologica italiana è destinata alla produzione di uva da vino: ettari (di cui bio e in conversione) mentre 1465 ettari sono destinati all uva da tavola e soli 3 ettari all uva per essiccamento. Tre regioni da sole ospitano circa il 55 % dei vigneti biologici: la Sicilia il 30 % ( ha), la Puglia il 15% (8.000 ha) e la Toscana il 10 % (5.050 ha), seguono l Abruzzo e le Marche. La Lombardia con i suoi ettari si situa al 12 posto nazionale (0,2 %). La vite è la quinta coltura della regione, come superficie utilizzata, pari al 5,2 % dell intera superficie regionale bio. (Fonti: Sinab, Commissione Europea, Federbio, Aiab dicembre 2012) Quando si può definire un Vino Biologico? Il Regolamento Europeo 203/2012, pubblicato sulla gazzetta ufficiale della UE il 9 Marzo 2012, ha finalmente permesso di regolarizzare il settore del vino biologico, dopo diversi anni di controversie. La normativa stabilisce nuove regole, per quanto riguarda la produzione di prodotti vitivinicoli biologici, delineando anche le modalità di vinificazione, approvate dallo Standing Committee on Organic Farming (SCOF), il Comitato permanente per l agricoltura biologica. 5
6 La nuova normativa permette inoltre di riportare il logo europeo in etichetta, per le aziende certificate da un ente autorizzato. I contenuti del regolamento prevedono una serie di restrizioni nell utilizzo di determinate pratiche enologiche e sostanze coadiuvanti durante la fase di vinificazione. Un produttore biologico può utilizzare circa la metà del numero di coadiuvanti, che può utilizzare da regolamento un produttore convenzionale. Il quantitativo di solforosa nei vini biologici, è stato uno degli argomenti più dibattuti dall Italia, con la decisione finale da parte della UE, di limiti non accettati da parte di molti vignaioli italiani, perché considerati troppo alti. Dobbiamo ricordare che le condizioni climatiche del nostro paese, permettono di produrre vini con quantitativi di solfiti mediamente più bassi dei produttori d oltralpe. Il regolamento approvato ha posto i limiti di solforosa totale per i vini biologici rossi secchi a massimo 100 mg/l, mentre per i bianchi secchi sarà massimo di 150 mg/l. Quanto detto finora, ci permette quindi di definire il vino biologico, solo quando: In vigneto: si producono uve biologiche, coltivate senza l aiuto di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere) e senza l impiego di organismi geneticamente modificati; In cantina: si esegue la vinificazione utilizzando solo i prodotti enologici e i processi autorizzati dal regolamento 203/2012. Uva da tavola L'uva da tavola presenta delle differenze dall'uva da vino, pur essendo appartenenti alla stessa famiglia botanica, la Vitis Vinifera, con alcuni sconfinamenti nella Vitis Lambrusca. Infatti sono poche le varietà di uva da tavola adatte alla vinificazione, e poche le uve da vino adatte al consumo fresco da tavola. Questo perché, oltre alle normali differenze tra varietà, vi sono delle tecniche culturali differenti, per raggiungere il diverso scopo commerciale. Per quel che riguarda le varietà, la differenza principale è nel livello di acidità naturale intrinseco nelle uve. Più questa sarà alta, più la varietà sarà adatta alla vinificazione. Naturalmente le uve da vino devono avere anche le adeguate proprietà organolettiche. Le uve da tavola al contrario devono avere un'acidità la più bassa possibile, in modo da lasciare spazio alla dolcezza degli zuccheri. 6
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