UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA CIVILE DISPENSE DEL CORSO DI STRADE, FERROVIE ED AEROPORTI Parte I Geometria dell asse stradale A.A. 006/07 Ing. Paolo Perco Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

2 INDICE Introduzione Condizioni di rotolamento della ruota l aderenza Il moto dei veicoli stradali Le distanze di visibilità L equilibrio di un veicolo in curva La velocità operativa La progettazione dell asse della strada L andamento planimetrico dell asse L andamento altimetrico dell asse Il diagramma delle velocità Il coordinamento planoaltimetrico Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

3 INTRODUZIONE La progettazione di una strada si divide sostanzialmente nello studio del suo asse geometrico e della sua sezione trasversale. La presente dispensa, dopo una necessaria panoramica sui principi che stanno alla base del moto di un veicolo, affronta la progettazione della linea d asse presentando i principi che la regolano e approfondendo le norme di riferimento italiane per la progettazione stradale ( Norme Funzionali e Geometriche per la costruzione delle strade allegate al D.M ). La necessità di definire delle regole per la progettazione dell asse stradale è dovuta innanzitutto alla forte influenza che la geometria d asse ha sulla sicurezza stradale. Ogni anno in Italia gli incidenti stradali causano circa 6000 morti e feriti. Questi valori presentano un trend decrescente negli ultimi anni grazie agli efficaci interventi che sono stati attuati su tutti tre i fattori che, interagendo tra loro, possono causare l incidente: la strada, il guidatore, il veicolo. La progettazione stradale, sia che si riferisca ad una nuova infrastruttura che all adeguamento di un infrastruttura esistente, può promuovere in modo significativo tale riduzione se correttamente condotta. L attività di progettazione dell asse della strada consiste, in sintesi, nella definizione di un andamento planimetrico ed altimetrico della linea d asse che, nel rispetto delle regole di composizione previste dalle norme di riferimento, consenta l inserimento della strada nell ambiente attraversato. Tale inserimento va inteso nel senso più ampio del termine, ovverosia come orografia e geologia del territorio, presenza di altre infrastrutture, urbanizzazione ed antropizzazione, salvaguardia ambientale, il tutto nel contesto di un vincolo di tipo economico sostenibile. Il compito è complesso e multidisciplinare poiché la linea d asse della strada è il primo elemento progettuale che si definisce nell affrontare un progetto stradale, subito dopo averne definito la categoria. Solo una volta definito l andamento della linea d asse possono essere sviluppate le diverse progettazioni specialistiche (ponti, viadotti, gallerie, opere idrauliche, opere di ripristino ambientale, ecc ) che concorrono al completamento del progetto stradale. La presente dispensa deve essere affiancata dalle Norme Funzionali e Geometriche per la costruzione delle strade allegate al D.M poiché esse rappresentano le norme di riferimento e ad esse nel testo si fa spesso riferimento. Queste norme inoltre affrontano anche altri aspetti oltre a quelli approfonditi in questa dispensa che sono altrettanto importanti per la corretta definizione del progetto stradale. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 3

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5 CONDIZIONI DI ROTOLAMENTO DI UNA RUOTA L ADERENZA L attrito tra due superfici Si supponga un corpo di peso P appoggiato su un piano. Se si applica al corpo una forza F t parallela al piano, il corpo resta fermo fino a che il valore di F t non supera un certo valore limite F t lim oltre il quale il corpo inizia a strisciare. Ciò significa che il piano è in grado di esercitare una reazione avente la componente A, parallela ad esso, capace di opporsi a F t e di valore massimo A lim uguale a F t lim. Risulta che: A lim = f a R n Dove: f a R n il Coefficiente adimensionale di Attrito Statico dipende dai materiali e dalle condizioni delle due superifici a contatto. la componente della reazione normale al piano. Se la forza applicata F t è parallela al piano e questo è orizzontale, R n equivale al peso P del corpo. Per cui, affinché non vi sia moto relativo tra le superfici deve valere: F t = A lim f a R n L attrito tra due superfici a contatto è causata dalle caratteristiche delle due superfici ed alla forza con la quale le due superfici sono schiacciate l una contro l altra. Infatti, le superfici sono in realtà irregolari, sia a livello microscopico che a livello macroscopico, e l area reale di contatto è solo una parte di quella apparente totale. Tanto è maggiore la forza di compressione tra le due, tanto più le deformazioni elastiche e plastiche delle due superfici aumentano l area di contatto reale e creano una sorta di incastro tra queste irregolarità. Dal punto di vista microscopico, esso è dovuto alle forze di interazione tra gli atomi dei materiali a contatto. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 5

6 Le condizioni di rotolamento di una ruota Il moto di rotolamento di una ruota su un piano risulta dalla composizione del moto di rotazione intorno all asse della ruota e dalla traslazione dell asse parallelamente al piano. Se si considera la ruota motrice di un veicolo, sul suo asse agisce un momento torcente M trasmesso dal motore che tende a farla girare attorno all asse di rotazione O. Il momento torcente M può pensarsi sostituito da due forze +T e T, di valore pari a M/r, applicate in O ed in C, punto di contatto ruota-piano. P è il carico agente sulla ruota; R è la somma di tutte le resistenze al moto che si oppongono all avanzamento del veicolo; A è la reazione tra le due superfici a contatto (pavimentazione e pneumatico) nel punto C. La ruota si comporta come un corpo vincolato in O ed in C in cui nascono delle reazioni vincolari le cui componenti parallele alla direzione del moto sono rispettivamente R ed A. Possono verificarsi tre condizioni diverse: T < R Le forze di resistenza R e di reazione A sono superiori alle forze di trazione T T < A lim applicate alla ruota per cui essa resta in equilibrio e non si muove T > R T < A lim La resistenza R è inferiore alla forza di Trazione T in O ma la reazione A è superiore alla forza di trazione T in C: trasla solo il punto O ed il punto C resta fermo T < R T > A lim La resistenza R è superiore alla forza di trazione T in O ma la reazione A è inferiore alla forza di trazione T in C: il punto O resta fermo e la ruota slitta Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 6

7 Pertanto, affinché il veicolo si muova è necessario che ci si trovi nella situazione, ovvero si verifichi una rotazione istantanea attorno al punto C, detto Centro di Istantanea Rotazione. In questo caso il moto della ruota è la composizione contemporanea di due moti: traslazione del punto O e contemporanea rotazione attorno al punto O. In definitiva, affinché si abbia rotolamento e non slittamento, occorre che lo sforzo di trazione T sia almeno pari alle resistenze (M / r =T R) ma che sia inferiore alla reazione tangenziale della strada ((M / r =T < A lim ). Un esempio può aiutare a comprendere: Per far slittare i pneumatici dell automobile in partenza, a parità di condizioni della pavimentazione e dei pneumatici (A lim costante), è necessario accelerare a fondo: ciò significa che a parità di A, ovvero delle condizioni delle due superfici, bisogna aumentare T fino a che diviene T > A lim per trovarsi nella condizione 3. A parità di pressione sul pedale dell acceleratore (T costante) sulla pavimentazione asciutta i pneumatici non slittano ma sulla pavimentazione bagnata o ghiacciata invece i pneumatici slittano e l automobile resta ferma: ciò significa che a parità di T, ovvero del momento torcente trasmesso dal motore, nel primo caso si ha la condizione T > R e T < A lim, mentre nel secondo caso, anche se rimane T > R, ci si trova nella condizione T > A lim. Le condizioni di equilibrio della ruota si possono valutare anche in altre due condizioni: Ruota Trainata (non motrice): il momento torcente è pari a 0 e vi è una sola forza T applicata nel punto O. L unica forza resistente è l attrito sui perni della ruota che può essere considerato pari ad un momento torcente M a applicato in senso contrario a quello del moto di rotazione. Affinché questo moto di rotazione possa verificarsi, è necessario che M a sia equilibrato dalla coppia formata dallo sforzo di trazione T, applicato in O, e dalla forza di reazione A, applicata in C, questa volta diretta in senso opposto a quello del veicolo, ovvero M a A lim r. Ruota Frenata: non è presente il momento torcente motore M, mentre viene applicato un momento torcente frenante M f che va ad aggiungersi al momento resistente M a del caso precedente. Non essendoci distinzione fra le ruote motrici e le ruote trainate, le resistenze al moto si distribuiscono in modo uguale su tutte le ruote. La ruota inoltre è soggetta ad una forza di inerzia F i applicata nel punto O. Affinché durante la fase di frenatura le ruote non si blocchino è necessario che M a + M f sia equilibrato dalla coppia formata dalla forza di inerzia F i e dalla forza di reazione A, anche questa volta diretta in senso opposto a quello del veicolo, ovvero che (M a + M f ) A lim r. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 7

8 Il coefficiente di aderenza Quanto detto fino ad ora permette di comprendere l importanza della reazione A necessaria sia per permettere la traslazione del veicolo sia per garantirne la sicurezza in frenatura. A prende il nome di forza di aderenza ed il suo valore limite A lim è proporzionale, attraverso un coefficiente di aderenza f a, alla componente perpendicolare al piano viabile della forza che grava sulla ruota. Questa forza corrisponde normalmente alla quota parte del peso del veicolo agente sulla ruota. Ne segue che per aumentare la forza di aderenza è opportuno aumentare più possibile il peso gravante sulle ruote. A lim = f a P Proprio per aumentare il peso aderente, ovvero il peso che grava sulle ruote motrici, le autovetture sportive sono dotate di appendici aerodinamiche che permettono di generare la forza di deportanza che, diretta verso il basso, si aggiunge alla forza peso consentendo di aumentare la reazione di aderenza tra pneumatico e pavimentazione. Il fenomeno è esattamente lo stesso che genera la forza di portanza che consente il sostentamento dell aeroplano, con la differenza che in questo caso il profilo alare è rovesciato per generare la portanza verso il basso, detta appunto deportanza. Questa forza aumenta all aumentare della velocità con la quale il profilo alare si muove nel fluido (l aria in questo caso). Pertanto, le dimensioni e l angolo del profilo alare rispetto alla direzione del moto devono essere regolati in modo da fornire una sufficiente deportanza alle velocità di percorrenza delle curve, lungo le quali è importante disporre di un elevata aderenza trasversale ma, al contempo, da non penalizzare eccessivamente la resistenza aerodinamica in rettifilo che penalizza la massima velocità raggiungibile dall autovettura. Per valutare la reazione di aderenza, ovvero il coefficiente di aderenza f a, è innanzitutto necessario rilevare che in realtà, a differenza di quanto visto nel precedente schema teorico dell attrito radente, affinché si sviluppi una reazione di aderenza è necessario che vi sia uno scorrimento relativo tra pneumatico e pavimentazione. Le modalità con cui si verifica tale scorrimento sono diverse nel caso di ruota motrice e ruota frenata. 8 Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

9 Ruota motrice Durante il rotolamento di una ruota motrice (T>0; a 0), ad un giro completo della ruota di raggio r (circonferenza πr), l avanzamento effettivo del veicolo è dato da (-ψ)πr e, contemporaneamente, si verifica uno scorrimento della ruota sulla strada di lunghezza ψπr ove ψ è lo scorrimento (0 ψ ): (-ψ) πr = πr - ψπr lunghezza effettivamente percorsa circonferenza della ruota lunghezza persa per lo slittamento Ciò significa, riferendosi all unità di tempo, che il prodotto ω r (velocità angolare raggio della ruota) è maggiore della velocità di traslazione della ruota v. Lo scorrimento ψ si definisce come: ω r v Ψ = ω r = v ω r Dove: ψ ω r v scorrimento velocità angolare della ruota [rad/s] raggio della ruota [m] velocità di traslazione [m/s] Le condizioni limite per la ruota motrice sono: ψ = 0 v = ωr ψ = v = 0 rotolamento puro rotazione intorno all asse e la ruota non trasla Ruota Frenata Se si considera una ruota frenata (T=0; a < 0) la situazione si inverte: infatti, durante un giro completo di una ruota di raggio r (circonferenza πr), l avanzamento del veicolo è dato da (+ψ)πr poiché si verifica anche uno scorrimento della ruota sulla strada di lunghezza ψ πr ove ψ è lo scorrimento: (+ψ) πr = πr + ψ πr lunghezza effettivamente percorsa circonferenza della ruota lunghezza guadagnata per lo slittamento Lo scorrimento ψ in questo caso si definisce come: Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 9

10 v ω r Ψ = v ω r = v Dove: ψ ω r v scorrimento velocità angolare della ruota [rad/s] raggio della ruota [m] velocità di traslazione [m/s] Le condizioni limite per la ruota motrice sono: ψ = 0 v = ωr ψ = ω = 0 rotolamento puro ruota bloccata che striscia sulla pavimentazione Il coefficiente di aderenza f a L andamento del coefficiente di aderenza f a in funzione dello scorrimento ψ è rappresentato in figura. Le misure sono solitamente condotte in senso longitudinale, cioè nella direzione del moto, oppure in senso ortogonale e danno origine ad un diverso andamento del coefficiente in funzione dello scorrimento. f l longitudinale f t trasversale Figura L andamento del coefficiente di aderenza in funzione dello scorrimento misurato in senso longitudinale ed in senso trasversale al piano di rotolamento del pneumatico Il valore del coefficiente di aderenza f a è molto variabile e dipende innanzitutto dalla natura delle superfici di contatto, ovvero dal tipo e dalle condizioni del battistrada (mescola, usura, scolpitura, ecc.) e della pavimentazione. Inoltre dipende anche dall eventuale presenza di uno strato di acqua o polvere, dalla pressione del pneumatico e dalla velocità di marcia. Le caratteristiche superficiali della pavimentazione sono individuate essenzialmente dalla regolarità del piano viabile e dalla sua rugosità o scabrezza (tessitura). Le caratteristiche superficiali si Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 0

11 distinguono in funzione dell osservazione del profilo superficiale della pavimentazione. Tra esse, la macrotessitura (h mm) e la microtessitura (0,00 0,5 mm) influiscono essenzialmente sull aderenza sviluppata all interfaccia tra pneumatico e pavimentazione. La prima è dovuta alle asperità superficiali della pavimentazione dovute a forma, dimensione e assortimento granulometrico dei diversi elementi lapidei presenti nella superficie della miscela bituminosa, mentre la seconda è dovuta alla scabrezza della superficie dei singoli elementi lapidei. La figura riporta l andamento del coefficiente di aderenza f a in funzione della velocità v su pavimentazione bagnata con uno spessore del velo idrico pari ad s. Si nota che il valore di f a diminuisce al crescere della velocità e all aumentare dello spessore del velo idrico; inoltre, in funzione dello spessore s, esiste un valore della velocità v oltre la quale si verifica il sostentamento del pneumatico da parte del velo idrico, ovvero si manifesta il fenomeno dell aquaplaning. In tali condizioni si ha un valore di f a pressoché nullo e di conseguenza, il veicolo non è più controllabile. Il fenomeno dell aquaplaning si manifesta quando l acqua che si raccoglie davanti alla ruota, che in condizioni normali viene espulsa di lato e attraverso la scolpitura del pneumatico, a causa della alta velocità non riesce più ad allontanarsi e viene compressa fino a raggiungere una pressione pari a quella di gonfiaggio del pneumatico. Nel caso di pavimentazione asciutta l andamento del coefficiente di aderenza f a è quasi costante con la velocità v. Per tutte le considerazioni sopra esposte, risulta evidente che il coefficiente di aderenza può variare significativamente in funzione delle numerose variabili che influiscono sulla sua quantificazione. La sua misura sperimentale è strettamente connessa al tipo di apparecchiatura utilizzata ed alle modalità operative del test (entità dello scorrimento, inclinazione della ruote rispetto alla direzione del movimento, superficie bagnata o asciutta, velocità, ecc..). Pertanto, nei casi in cui è necessario assumere un valore del coefficiente aderenza f a, così come avviene ad esempio per calcolare a distanza di arresto o l equilibrio di un veicolo in curva, è necessario utilizzare un opportuno coefficiente di sicurezza. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

12 Figura L andamento del coefficiente f a in funzione della velocità per pavimentazione bagnata L ellisse di aderenza Su un veicolo in movimento non agiscono solamente forze longitudinali ovvero nel senso del moto, come quelle fino ad ora considerate (sforzo di trazione o di frenatura) ma anche forze trasversali, ovvero ortogonali al senso del moto, quali la forza centrifuga che agisce su un veicolo quando percorre una curva circolare, o la presenza di vento laterale. Ovviamente, anche tali sollecitazioni generano sulla superficie di contatto pneumatico-pavimentazione una reazione di aderenza che permette al veicolo di non traslare lateralmente. Nel caso di forze longitudinali si parla di aderenza longitudinale e quindi di coefficiente di aderenza longitudinale f l, nel caso di forze trasversali si parla di aderenza trasversale e quindi di coefficiente di aderenza trasversale f t. Il coefficiente di aderenza f a non è, a rigore, uguale in tutte le direzioni, tuttavia la piccola differenza tra il valore longitudinale e quello trasversale può essere trascurata nella pratica e si può assume l ipotesi di polarsimmetria (f a = f l = f t ) : Il legame presente tra il coefficiente di aderenza longitudinale f l e il coefficiente di aderenza trasversale f t può essere rappresentato mediante l ellisse di aderenza che riporta l andamento del coefficiente di aderenza al variare della risultante delle forze longitudinali e trasversali applicate al pneumatico: Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

13 Figura 3 L ellisse di aderenza. La quota parte di aderenza longitudinale y e di aderenza trasversale x che è possibile impegnare contemporaneamente è quindi data da (equazione ellisse): x = f + y t f l Il significato dell ellisse di aderenza è estremamente importante perché permette di calcolare, in base al coefficiente di aderenza impegnato in una direzione, quello disponibile nella direzione ortogonale. Infatti, tra il pneumatico e la pavimentazione si può sviluppare al massimo una forza di aderenza A lim = f a P in qualsiasi direzione (a meno della piccola differenza che, come sopra già accennato, può essere trascurata), ma questa va scomposta tra le sue due componenti (lungo la direzione del moto A l e trasversalmente ad essa A t ) per valutare l effettiva aderenza disponibile per effettuare una specifica manovra. Ad esempio, se tutta l aderenza disponibile (A lim = f a P) è utilizzata in senso longitudinale per frenare (A lim = A l ) non esiste una riserva di aderenza trasversale (ponendo nell equazione dell ellisse y = f l ne segue x = 0) per compensare eventuali forze trasversali. Ciò significa che nel caso queste si presentino (ad es. un colpo di vento o la necessità di una sterzata improvvisa), esse provocheranno la perdita del controllo del veicolo. Viceversa, se tutta l aderenza disponibile (A lim = f a P) è utilizzata in senso trasversale (A lim = A t ), ad esempio per percorrere una curva, non esiste una riserva di aderenza longitudinale (ponendo nell equazione dell ellisse x = f t ne segue y = 0) per compensare eventuali forze longitudinali. Anche in questo caso pertanto, se queste si presentano (ad es la necessità di una frenata improvvisa) provocheranno la perdita del controllo del veicolo. Ne consegue che nei calcoli (ad es. per la distanza di arresto o per l equilibrio del veicolo in curva) si utilizza sempre solo una quota parte del coefficiente di aderenza longitudinale f l o, 3 Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

14 rispettivamente, trasversale f t al fine di garantire una riserva di aderenza a disposizione per altre eventuali manovre di emergenza. In particolare, il D.M ipotizza di utilizzare lo 0,9 dell aderenza disponibile in senso longitudinale per l azione di frenatura; la quota parte che rimane disponibile per compensare eventuali forze tangenziali si può ottenere dall equazione dell ellisse: = x f + y t f l poiché si assume f a = f l = f t x = f da cui x = a f a + ( 0.9 f ) a a f (.9 f ) = 0.9 f 0 a a e pertanto la quota parte x disponibile trasversalmente è pari a: x = 0.44 f a I coefficienti di aderenza impegnabili longitudinalmente f l previsti dal D.M per tutte le strade ad eccezione della categoria A (autostrade) sono riportati in tabella. Da essi si possono ricavare i coefficienti di aderenza impegnabili trasversalmente f t [~ (f l / 0.9) 0.44] previsti dallo stesso D.M e riportati in tabella. Velocità km/h f l (cat. B-C-D-E-F) 0, * *interpolato dai valori precedenti Tabella Il coefficiente di aderenza impegnabile longitudinalmente (D.M ). Velocità km/h f t (cat. A-B-C-F extraurbane) - 0, 0,7 0,3 0, 0,0 0,09 f t (cat. D-E-F urbane) 0, 0, 0,0 0, Tabella Il coefficiente di aderenza impegnabile trasversalmente (D.M ). La ripartizione del coefficiente di aderenza tra la componente longitudinale e quella trasversale prevista dal D.M garantisce pertanto che è sempre possibile percorrere una curva alla Velocità di Progetto e contemporaneamente avere una riserva di aderenza sufficiente per frenare con le modalità previste nello stesso D.M.. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 4

15 IL MOTO DEI VEICOLI STRADALI Le resistenze al moto Come già osservato, se ad una ruota motrice di un veicolo è applicato un momento motore M il cui corrispondente sforzo di trazione è T (T r = M) e sulla ruota grava il peso aderente P, il rotolamento della ruota si avrà solo se fa P T R ove R rappresenta l insieme delle resistenze che si oppongono al moto. In particolare: moto uniforme (velocità costante) T = R moto accelerato T > R moto decelerato (solo se velocità iniziale > 0) T < R La resistenza R è data dalla somma di diverse resistenze: β R = c g μ P ± i P + R ± P a + k S V [kg] Dove: P peso [kg] μ coefficiente per le resistenze al rotolamento i pendenza longitudinale in valore assoluto [%/00] V velocità [km/h] g accelerazione di gravità 9,8 [m/s ] β coefficiente per le resistenze di inerzia a accelerazione [m/s ] Rc Resistenza in curva [kg] In particolare, le resistenze che intervengono sono: Resistenza al rotolamento μp La resistenza al rotolamento è direttamente proporzionale al peso P ed è dovuta alla deformazione del pneumatico, agli slittamenti tra le due superfici ed al movimento dell aria tra le due superfici. Dipende dalle condizioni del pneumatico e della pavimentazione, dalla pressione di gonfiaggio e cresce al crescere della velocità. Valori orientativi del coefficiente μ per le autovetture: μ = 0,05 [kg/kg] per V = 0 [km/h] μ = 0,00 [kg/kg] per V = 00 [km/h] Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 5

16 Resistenza della pendenza longitudinale ip La resistenza dovuta alla pendenza longitudinale è dovuta alla componente del peso P diretta nel verso contrario al senso del moto (in salita) con i pendenza longitudinale espressa in valore assoluto (sen β tg β = i). Ovviamente nel caso la componente del peso P sia diretta nel verso del moto (discesa) il suo contributo alle resistenze sarà negativo (ovvero si somma allo sforzo di trazione T). Resistenza aerodinamica dell aria KSV La resistenza che l aria oppone all avanzamento del veicolo è dovuta alle sovrapressioni che si generano di fronte al veicolo. Questa resistenza è direttamente proporzionale alla sezione maestra del veicolo S (~,, m per le autovetture) ed alla velocità V (in km/h), attraverso un coefficiente K (0,005 0,005 per le autovetture). K = ρ C g dove: C x x ( 3.6 ) coefficiente che dipende dalla forma del corpo ρ massa volumica dell aria [kg/m 3 ] Resistenza d inerzia P/g β a Ogni variazione della velocità (accelerazione a) induce una resistenza dovuta all inerzia a cui contribuisce anche la presenza di masse rotanti per tener conto delle quali è utilizzato il coefficiente β (,05,0). Come nel caso della pendenza longitudinale, anche questa resistenza può assumere un valore negativo nel caso il moto sia decelerato. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 6

17 Resistenze addizionali in curva Rc Un veicolo che percorre una curva è soggetto a delle forze resistenti dovute alle deformazioni in senso trasversale del pneumatico ed inversamente proporzionali al raggio della curva. Tuttavia, questa resistenza, direttamente proporzionale al peso P attraverso il coefficiente di aderenza trasversale f t impegnato, per le autovetture che percorrono raggi superiori a 00m è trascurabile rispetto alle altre resistenze. Tutte le resistenze, ad eccezione di quella aerodinamica, sono proporzionali al peso P. Pertanto, l Equazione delle Resistenze al Moto può essere scritta come: β dv R = P ( c V g dt μ ± i + μ ± ) + k S [kg] Mentre la corrispondente Equazione Generale del Moto β dv T = R = P ( c V g dt μ ± i + μ ± ) + k S [kg] Le prestazioni dei veicoli stradali Pendenza limite all avviamento La pendenza massima i max di una livelletta sulla quale un veicolo inizialmente fermo può avviarsi si può ricavare direttamente dall Equazione Generale del Moto: β dv imax P = T P ( μ + μc + ) k S V g dt Da cui, trascurando il termine KVS poiché nelle fasi iniziali di avviamento la velocità è molto bassa, e ipotizzando di avviarsi in rettilineo: T β dv imax = ( μ + ) P g dt Dall equazione è possibile osservare che il valore di i max dipende dal massimo valore che può raggiungere il rapporto T/P. Questo valore può essere limitato dalla sforzo di trazione del veicolo T: Ad esempio: Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 7

18 autovettura: peso P = 400 kg sforzo di trazione (a 0 km/h) T = 000 kg (~0 KN) accelerazione a = 0,4 m/s i max = ( ) = 0.65 = 65% Autoarticolato medio: peso P = 3000 kg sforzo di trazione (a 0 km/h) T = 6000 kg (~60 KN) accelerazione a = 0,3 m/s i max = ( ) = 0. = % D altra parte è necessario che lo sforzo di trazione non sia superiore alla reazione dell aderenza poiché in caso contrario le ruote motrici slitterebbero senza far avanzare il veicolo (T = f a P a ): i max = f a P P a β dv ( μ + ) g dt Assumendo un coefficiente di aderenza f a = 0,45 (pneumatico e pavimentazione in buono stato, pavimentazione bagnata, velocità inferiore a 40 km/h) autovettura: peso P = 400 kg peso aderente P a = 750 kg accelerazione a = 0,4 m/s i max = ( ) = 0.8 = 8% Autoarticolato medio: peso P = 3000 kg peso aderente P a = 0000 kg accelerazione a = 0,3 m/s i max = ( ) = 0.08 = 8% Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 8

19 Pendenza limite a velocità costante La massima velocità costante che un veicolo può mantenere su una livelletta di pendenza costante o viceversa, la massima pendenza di una livelletta che può essere affrontata ad una velocità costante possono essere ricavate a partire dall Equazione Generale del Moto: β dv imax P = T P ( μ + μc + ) k S V g dt Da cui, eliminando il termine costante: P dv β g dt relativo alla resistenza di inerzia poiché la velocità è i max T k S V = P μ Come nel caso dell avviamento in salita, anche in questo caso la pendenza massima dipende dallo sforzo di trazione T che però non può superare il limite dell aderenza f a P a. Lo sforzo di trazione T è direttamente proporzionale alla velocità del veicolo: N 3,6 T = V Dove: T sforzo di trazione [kn] N potenza effettiva alla ruota [kw] V velocità [km/h] Si ricorda in proposito che la potenza [Watt] è data dal lavoro [Joule] svolto nell unità di tempo: potenza [W] = lavoro [J] / tempo [s] Lavoro [J] = Forza [N] Spostamento [m] Ad esempio: autovettura: peso P = 6 KN potenza alle ruote N = 60 KW velocità V = 00 km/h Sezione maestra S =,0 m Coefficiente aerodinamico K =, i max = = 8.8% 6 Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 9

20 Considerando invece il limite dato dal coefficiente di aderenza f a autovettura: peso P = 6 KN peso aderente P a = 8,80 KN coefficiente di aderenza f a = 0,6 velocità V = 00 km/h Sezione maestra S =,0 m Coefficiente aerodinamico K =,8 0-5 i 5 ( ) % max = = 6 Pendenze inferiori al 6,0% hanno poca influenza sulle prestazioni delle autovetture. Al contrario, i veicoli pesanti, che dispongono di un rapporto potenza/peso (N/P) più sfavorevole, sono fortemente penalizzati dalla presenza di pendenze elevate che li costringono a significativi rallentamenti. Allo scopo di fornire al progettista un utile strumento che consenta di valutare, sulla base del rapporto potenza/peso dei veicoli pesanti e della pendenza della livelletta, la massima velocità di marcia raggiungibile e lo spazio percorso al variare della velocità, sono disponibili (ad esempio nella Norma Svizzera o nel Highway Capacity Manual) degli appositi diagrammi simili a quello qui di seguito riportato. Variazione della velocità in funzione della pendenza e della lunghezza della livelletta per autocarro pesante (W/N = 0,83 pari a CV/t) Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 0

21 LE DISTANZE DI VISIBILITA Distanza di visibilità per l arresto La distanza di visibilità per l arresto è pari al minimo spazio necessario perché un conducente possa arrestare il veicolo in condizioni di sicurezza davanti ad un ostacolo imprevisto (definizione D.M ). Questa distanza di visibilità deve essere garantita lungo tutto lo sviluppo del tracciato. La distanza di visibilità per l arresto è data dalla somma dello spazio percorso durante il tempo di percezione e reazione e dallo spazio percorso durante l effettiva fase di frenatura: D = v t + s [m] a pr Dove: v velocità iniziale [m/s] t pr s f f tempo di percezione e reazione [s] spazio di frenatura per passare dalla velocità iniziale v alla velocità 0 [m] il tempo di percezione e reazione, che rappresenta il tempo che trascorre dal momento in cui il conducente percepisce l ostacolo al momento in cui è applicata l effettiva forza frenante, dipende dalla velocità è può essere calcolato come: t pr = V [s] Dove: V velocità [km/h] Lo spazio percorso durante l azione di frenatura s f si può ricavare direttamente dall Equazione Generale del Moto, considerando che non vi è lo sforzo di trazione (T=0) mentre è presente una resistenza aggiuntiva dovuta al momento frenante M f. β dv M f P ( μ ± i + μc ) + Ra + = 0 g dt r Dove: R a resistenza aerodinamica = k S V M f r momento frenante raggio della ruota Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

22 Il segno negativo della resistenza di inerzia è dovuto al fatto che tale forza, nella fase di frenatura, tende a far proseguire il veicolo nel suo moto e quindi si oppone alla diminuzione della velocità. Volendo calcolare lo spazio minimo in cui arrestare il veicolo senza che le ruote si blocchino, è necessario effettuare la frenatura al limite dell aderenza. In particolare è corretto utilizzare la componente longitudinale f l del coefficiente di aderenza f a (vedi ellisse di aderenza): M r f = Dove: M f r fl P f l P momento frenante raggio della ruota coefficiente di aderenza longitudinale peso sulla ruota Pertanto l Equazione Generale del Moto in fase di frenatura può scriversi nella forma: β dv P ( μ ± i + μc + f l ) + Ra = 0 g dt dv Si può ora ricavare la decelerazione, tenendo presente che, oltre alla resistenza aerodinamica Ra, dt anche la resistenza al rotolamento μ ed il coefficiente di aderenza longitudinale f l dipendono dalla velocità mentre che la resistenza in curva μ c per le autovetture può essere trascurata: dv dt g = μ( v) ± i + f β Ricordando che l Ra ( v) ( v) + P ds v = e che dt dv v ds = v ds dv a = a s 0 dv a = ne consegue che: dt v v0 quindi la distanza di arresto s f a partire dalla velocità v i può essere calcolata come: s f = v i v g Ra( v μ( v) ± i + f l ( v) + β P 0 ) dv dv Il segno è dovuto al fatto che è una decelerazione. dt Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007

23 In conclusione, esprimendo la velocità v in km/h, la pendenza longitudinale i in % e trascurando il coefficiente β che tiene conto dell inerzia delle masse rotanti, si ottiene la formula della distanza di visibilità per l arresto riportata dal D.M : D a V0 = t 3.6 pr 3.6 V0 0 V dv i Ra( V ) g μ( V ) ± + f l ( V ) + P 00 Il D.M prevede che la velocità V 0 sia assunta pari alla velocità di progetto V p desunta puntualmente dal diagramma della velocità. Il D.M presenta una tabella ed un abaco che riportano i valori che possono essere utilizzati per il coefficiente di aderenza longitudinale f l per le autostrade e per tutte le altre categorie di strade. Tali valori sono compatibili anche con superficie stradale leggermente bagnata (spessore del velo idrico 0,5 mm). Per le autostrade sono stati adottati valori maggiori in considerazione del fatto che su tale categoria di strade, caratterizzati da standard geometrici elevati nonché da piani viabili di qualità, l utente tende ad impegnare l aderenza disponibile in misura maggiore. (estratto dal D.M ). Si sottolinea inoltre che il D.M definisce il coefficiente f l, richiamando i concetti legati all ellisse di aderenza, come: quota limite del coefficiente di aderenza impegnabile longitudinalmente per la frenatura. Figura 5...a del D.M Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 3

24 Velocità [km/h] f l Autostrade f l Altre strade 0, Tabella Il coefficiente di aderenza impegnabile longitudinalmente (D.M ) Figura 5...b del D.M Figura 5...c del D.M Distanza di visibilità per il sorpasso La distanza di visibilità per effettuare in sicurezza una manovra di sorpasso può essere stimata sulla base di un modello schematico di questa manovra. In particolare, questo modello può essere di due tipi: Sorpasso in velocità: il veicolo sorpassante sopraggiunge a velocità costante e, raggiunto il veicolo più lento, lo sorpassa senza modificare la propria velocità poiché la strada nel senso opposto è libera. Sorpasso in accelerazione: il veicolo più veloce raggiunge il veicolo più lento ed è costretto ad accodarsi ad esso rallentando; quando la strada in senso opposto è libera esso inizia la manovra di sorpasso accelerando a partire dalla velocità del veicolo più lento. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 4

25 Entrambi i modelli calcolano la distanza di visibilità per effettuare in sicurezza il sorpasso come somma della distanza percorsa dal veicolo sorpassante per effettuare la manovra di sorpasso e rientrare nella corsia, più la distanza percorsa nel medesimo tempo da un veicolo sopraggiungente in senso opposto, più una eventuale ulteriore distanza di sicurezza. Il modello utilizzato dal D.M prevede un sorpasso in velocità ed ipotizza che il veicolo sorpassante e quello proveniente in senso opposto viaggino alla stessa velocità v: D + l ( t + t ) a b s = d + d + d 3 + d 4 = v t + v + v t3 + v + t3 l Δv Dove: v velocità del veicolo sorpassante [m/s] t t t 3 l a l b Δv tempo necessario per effettuare il cambio corsia: 4 secondi la + lb t = tempo necessario per sopravanzare il veicolo sorpassato: secondi Δv tempo necessario per effettuare la manovra di rientro: 4 secondi lunghezza del veicolo sorpassante lunghezza del veicolo sorpassato differenza di velocità tra il veicolo sorpassante ed il veicolo sorpassato Il tempo t è assunto pari a secondi in considerazione del fatto che se l b è grande (veicolo pesante) è ragionevole presumere che anche Δv sia grande. Per esempio: due autovetture l a = l b = 5 m ; Δv = 5 m/s (8 km/h) si ottiene t = secondi autovettura l a = 5 m ; mezzo pesante l b = 5 m ; Δv = 0 m/s (36 km/h) si ottiene t = secondi Pertanto la distanza di visibilità per il sorpasso si può assumere pari a: D s ( ) = v = v 4 + v + v 4 + v V Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 5

26 Dove: v velocità del veicolo sorpassante [m/s] V velocità del veicolo sorpassante [km/h] Il D.M prevede che la velocità V sia assunta pari alla velocità di progetto V p desunta puntualmente dal diagramma della velocità. Distanza di visibilità per la manovra di cambiamento di corsia La distanza di visibilità per la manovra di cambiamento di corsia serve per garantire all utente la necessaria visuale libera per il passaggio da una corsia a quella adiacente in corrispondenza di punti singolari del tracciato quali incroci, deviazioni, piste di uscita, ecc Tale distanza di visibilità deve essere garantita in presenza di più corsie per senso di marcia e permette all utente che viaggia in corsia di sorpasso di vedere con un adeguato preavviso la situazione particolare (ad esempio l uscita di uno svincolo a livelli sfalsati) in modo da poter rientrare nella corsia di marcia prima di compiere la manovra appropriata (ad esempio affrontare l uscita). Si calcola come somma di un tempo psicotecnico, necessario a percepire e riconoscere la situazione che può essere anche complessa (ad esempio la lettura di segnaletica di indicazione), pari a 5 secondi, e di un tempo necessario a compiere l effettiva manovra di cambiamento corsia, pari a 4,5 secondi. Pertanto, la distanza di visibilità per la manovra di cambiamento di corsia richiesta dal D.M è pari a: D c = 9,5 v =,6 V Dove: v velocità del veicolo sorpassante [m/s] V velocità del veicolo sorpassante [km/h] Il D.M prevede che la velocità V sia assunta pari alla velocità di progetto V p desunta puntualmente dal diagramma della velocità. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 6

27 L EQUILIBRIO DI UN VEICOLO IN CURVA Velocità limite di sbandamento Un veicolo di peso P che percorre una traiettoria circolare, di raggio R, a velocità costante v è soggetto ad una forza centrifuga pari a P v =. g R F c In questo caso interviene la reazione di aderenza trasversale. Infatti, se non essa non si sviluppasse tra pneumatico e pavimentazione il veicolo sarebbe spinto dalla forza centrifuga verso l esterno della curva. Pertanto, affinché ciò non avvenga, è necessario che la forza centrifuga F c non sia superiore alla massima reazione di aderenza che dipende dal coefficiente di aderenza trasversale f t (ellisse di aderenza), poiché la forza è trasversale rispetto alla direzione del moto della ruota. f t P F c Pertanto, la velocità limite di sbandamento è pari a: v = g R lim sb f t Velocità limite di ribaltamento La forza centrifuga è applicata al baricentro del veicolo mentre la reazione di aderenza è applicata nel punto di contatto pneumatico pavimentazione. Pertanto, il veicolo è soggetto ad un momento M r che tende a ribaltare il veicolo a cui si oppone la forza peso P. Al limite del ribaltamento vale: D M r = Fc h = P Dove: h altezza del baricentro del veicolo dal piano viabile D Distanza trasversale tra i due pneumatici Pertanto: Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 7

28 D vlim ri = g R h D Confrontando le due velocità limite si nota che esse sono uguali per f t = ; tuttavia le autovetture h moderne presentano un baricentro molto basso e per esse si può assumere D h da cui ne segue che v lim-ri = v lim-sb per f t =. Poiché tale valore del coefficiente di attrito trasversale non è raggiungibile, ne consegue che vale sempre v lim-ri > v lim-sb e pertanto un autovettura normalmente sbanda prima di ribaltarsi. La sopraelevazione trasversale Le due velocità limite sono state calcolate presupponendo il piano viabile orizzontale. In realtà, per aumentare la velocità in curva o, a parità di velocità, per diminuire la quota parte di forza centrifuga compensata dalla reazione dell aderenza, è possibile sopraelevare il piano viabile rialzando il ciglio esterno della pavimentazione. In tal modo la componente della forza peso P parallela al piano si oppone alla componente della forza centrifuga parallela al piano. Le forze P e F c che agiscono su un veicolo che percorre a velocità costante una curva circolare di raggio R e con una sopraelevazione α possono scomporsi nelle due componenti parallela e perpendicolare al piano viabile. L equazione di equilibrio nella direzione parallela al piano può quindi scriversi come: F cos α P senα = f c t ( P cosα + F senα ) c Sostituendo P v = e semplificando il peso P si ottiene: g R F c v cos α senα = f gr t v cosα + senα gr Ovvero, dividendo tutto per cosα: Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 8

29 v tgα = gr f t + v tgα gr v Trascurando il termine tgα poiché molto piccolo rispetto all unità (l angolo α assume valori gr modesti nella progettazione stradale): v = g ( f R t + tgα) Esprimendo le velocità in km/h (v 3,6 = V), assumendo g = 9,8 m/s e ponendo tgα q poiché α è molto piccolo, si ottiene: V R = 7 ( f t + q) Questa equazione rappresenta la relazione che lega V, R, q ed f t al limite dello sbandamento ed è utilizzata dal D.M L equazione proposta, ottenuta sulla base di un modello teorico semplificato, consente la determinazione della velocità di percorrenza V di una curva di raggio R e pendenza trasversale q, in funzione del coefficiente di aderenza trasversale f t adottato. Come è già stato esposto ai paragrafi precedenti, il valore f t può variare sensibilmente in funzione delle modalità con le quali è stato valutato che, peraltro, non corrispondono mai alle reali condizioni di esercizio di un veicolo. Pertanto, la velocità che si ottiene da tale equazione è una velocità teorica che dipende sia dalle modalità di valutazione di f t che dal coefficiente di sicurezza adottato per questa valutazione. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 9

30 LA VELOCITA OPERATIVA Le velocità istantanee dei singoli veicoli su una sezione stradale non sono tutte uguali ma seguono una distribuzione normale. L andamento di tale distribuzione è ovviamente influenzato da molteplici fattori e può variare sensibilmente in funzione delle condizioni ambientali, del traffico presente e della sua composizione nel periodo di osservazione. Tutti questi fattori influenzano infatti il guidatore nella scelta della velocità che avviene sulla base di una valutazione soggettiva del livello di rischio in funzione della situazione percepita. Tuttavia, esiste una velocità che, in assenza di condizionamenti esterni, cioè quando il guidatore non è condizionato dalla presenza di altri veicoli (sia nel proprio senso di marcia che in quello opposto) né dalle condizioni ambientali (pioggia, neve, nebbia, ecc ) egli ritiene adeguata in base alle sole condizioni geometriche del tracciato e, più in generale, dell ambiente stradale (distanza di visibilità disponibile, ostacoli laterali, orografia, ecc..). Ovviamente, tale velocità varia da guidatore a guidatore, in base alla capacità sensoriale (vista, udito), alla propensione al rischio, all aggressività, alla fretta, alla stanchezza, e a tutte le altre capacità o condizioni emotive che caratterizzano un soggetto. Anche la distribuzione su una sezione stradale di queste velocità desiderate segue un andamento normale. E quindi possibile identificare un indicatore proprio della loro distribuzione che le rappresenti. L indicatore utilizzato per rappresentare tale distribuzione in campo stradale è l 85 percentile, ovvero il valore della velocità al di sotto del quale rimangono l 85% delle velocità osservate. In pratica, scegliendo tale indicatore solo il 5% dei veicoli è più veloce della velocità presa a riferimento della distribuzione. L 85 percentile delle velocità osservate sulla sezione è detta velocità operativa e rappresenta il indicatore internazionalmente riconosciuto per rappresentare la reale velocità tenuta dai veicoli su una sezione stradale in condizioni di flusso libero. Così come le velocità dei singoli utenti dipendono dalle caratteristiche geometriche della strada, anche la velocità operativa, che rappresenta la loro distribuzione, dipende da esse. In particolare, è possibile individuare delle relazioni tra la velocità operativa e le caratteristiche geometriche dell elemento (curva o rettifilo) su cui è stata rilevata. Tali relazioni sono di natura empirica poiché si ricavano mediante un analisi statistica (analisi di regressione) condotta sulle velocità operative e le caratteristiche geometriche di un campione di siti opportunamente scelto e quindi hanno validità solo in condizioni analoghe a quelle in cui è stato raccolto il campione di dati (categoria della strada, strada urbana o extraurbana, numero di corsie per senso di marcia, rettifilo o curva, ecc ). Tuttavia, il loro utilizzo è estremamente utile poiché, se utilizzate correttamente, permettono di Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 30

31 stimare il valore della velocità operativa, ovvero della reale velocità tenuta dagli utenti, in base alle sole variabili geometriche della strada. Nel caso di una curva circolare (il caso più studiato) la variabile che ha la maggior influenza sulla velocità operativa è il raggio, sebbene anche altre variabili presentano una correlazione significativa con la velocità operativa (tra cui: lunghezza della curva, larghezza della piattaforma, velocità di avvicinamento, distanza di visibilità disponibile, ecc ). Figura La velocità operativa in curva in funzione del raggio per le strade extraurbane secondarie (60 siti - R = 0.80) (Perco, 006); La velocità ambientale in funzione del CCR per le strade extraurbane secondarie ( siti - R = 0.85) (Crisman, Marchionna, Perco, Robba, Roberti, 005). Nel caso dei lunghi rettifili, ovvero quelli per i quali la lunghezza è tale da consentire al guidatore di raggiungere e mantenere una velocità costante, la velocità operativa, detta in questo caso velocità ambientale, dipende principalmente dal CCR (Curvature Change Rate) del tronco di strada omogeneo, ovvero con simili caratteristiche geometriche lungo tutto il suo sviluppo, a cui il rettifilo appartiene. Il CCR rappresenta la tortuosità del tracciato ed è ottenuto dal rapporto tra la somma degli angoli di deviazione delle curve del tratto e la lunghezza del tratto stesso ( gon/m). Anche in questo caso vi sono altre variabili che influiscono sulla velocità operativa (tra cui: larghezza della piattaforma, distanza di visibilità disponibile, ecc ). Questo approccio di tipo sperimentale, produce delle relazioni tra la velocità operativa e una o più variabili geometriche della curva, che sono un interessante alternativa all equazione di equilibrio del veicolo in curva ottenuta dal modello teorico semplificato presentata nel precedente paragrafo. Numerose norme hanno adottato relazioni di questo tipo e le hanno poste a base di modelli più o meno complessi, per legare la velocità di percorrenza alle caratteristiche geometriche del tracciato. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 3

32 LA PROGETTAZIONE DELL ASSE DELLA STRADA La progettazione della linea d asse di una strada si realizza studiando separatamente l andamento planimetrico (o tracciato orizzontale) e l andamento altimetrico (o profilo longitudinale). L andamento planimetrico é la proiezione dell asse della strada sul piano orizzontale. L andamento altimetrico è la linea piana in cui si trasforma l asse stradale disegnato su una superficie cilindrica a generatrici verticali avente come direttrice il tracciato orizzontale. Insieme all andamento altimetrico si rappresenta l intersezione della superficie cilindrica con il terreno. Sebbene questi due andamenti siano studiati separatamente essi concorrono a creare un unica linea d asse tridimensionale che si sviluppa nello spazio e devono pertanto essere adeguatamente coordinati e compatibili. Inoltre, il progetto dell andamento planimetrico, che è il primo ad essere sviluppato, deve essere affrontato valutando da subito le conseguenze che esso avrà sul successivo andamento altimetrico. Infatti, un andamento planimetrico sviluppato senza considerare l altimetria del territorio attraversato può non consentire la sovrapposizione di un accettabile andamento altimetrico. In generale, per le strade ad unica carreggiata si assume come linea d asse proprio l asse della carreggiata (che nella pratica è rappresentato dalla linea bianca di mezzeria). Nelle strade a due carreggiate complanari e ad un unica piattaforma l asse si colloca a metà del margine interno. Negli altri casi occorre considerare due assi distinti. Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 3

33 ANDAMENTO PLANIMETRICO DELL ASSE Il tracciato planimetrico è costituito da una successione di elementi geometrici che possono essere di tre tipi: rettifili, curve circolari, raccordi a raggio variabile. Tra due elementi a raggio costante (curva circolare o rettifilo) è necessario inserire un raccordo a raggio variabile lungo il quale si ottiene la graduale modifica della piattaforma stradale cioè della pendenza trasversale e della larghezza. Le definizione degli elementi costituenti il tracciato planimetrico è connessa soprattutto a esigenze di sicurezza della circolazione. Tale definizione riguarda sia il singolo elemento geometrico (ad esempio il raggio di una curva circolare o la lunghezza di un rettifilo), sia la sequenza di due elementi geometrici che si susseguono lungo il tracciato (ad esempio il raggio della curva che segue un rettifilo in funzione della lunghezza di quest ultimo). Infatti, le caratteristiche geometriche degli elementi del tracciato planimetrico influiscono in modo significativo sulla velocità di percorrenza e quindi, sulla sicurezza della circolazione. Al contrario, numerose ricerche hanno dimostrato che l andamento altimetrico non ha un influenza significativa sulla velocità fino a che le pendenze non superano valori del ±5 6 %. Poiché le caratteristiche geometriche degli elementi planimetrici influenzano la velocità di percorrenza, è logico porre a base della progettazione di questi elementi una velocità da assumere quale riferimento per le scelte progettuali. In tal modo è possibile garantire che tutti gli elementi del tracciato siano dimensionati coerentemente con questa velocità e che le sue variazioni lungo il tracciato non presentino pericolose incongruenze. Questa velocità di riferimento prende il nome di Velocità di Progetto nel D.M Paolo Perco BOZZA dispense parte I - A.A. 006/007 33

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