LA VALUTAZIONE AZIENDALE NEL SETTORE TELEVISIVO
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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FOGGIA FACOLTA DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE TESI DI LAUREA IN RAGIONERIA PROFESSIONALE LA VALUTAZIONE AZIENDALE NEL SETTORE TELEVISIVO Relatore: Chiar.mo Prof. MARCO TALIENTO Laureando: GIUSEPPE PICCOLI ANNO ACCADEMICO
2 INTRODUZIONE Il settore televisivo è un settore in continua evoluzione e ciò comporta un accurata analisi del contesto di mercato, delle peculiarità del settore e delle dinamiche tecnologiche e legislative in cui si colloca la testata televisiva da valutare. Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di fornire quante più informazioni e osservazioni utili per una corretta e consapevole contabilizzazione e valutazione di una testata televisiva, che tenga conto di tutte le variabili in gioco e dei possibili scenari evolutivi richiamati. Nel primo capitolo si analizza il settore televisivo in generale. Vengono dapprima approfonditi gli aspetti economici e sociali riguardanti l influenza e il ruolo della televisione, per poi passare alla definizione di impresa televisiva, alle varie tipologie riscontrabili in base al finanziamento, alla copertura geografica e ai contenuti. Si analizza quindi il mercato televisivo, la domanda e l offerta del settore e i fattori che li influenzano. Viene anche descritta l evoluzione in particolar modo legislativa del mercato televisivo in Italia fino al decreto legge Gasparri e le problematiche e prospettive relative all introduzione della tecnologia digitale destinata a sostituire quella analogica. Infine, vengono analizzati quali sono i costi e i ricavi tipici dell azienda televisiva. Nel secondo capitolo si prende in esame la categoria dei beni immateriali tra i quali la testata televisiva si colloca. Vengono in particolare esposte alcune tra le più autorevoli definizioni e classificazioni riscontrabili in letteratura, le caratteristiche che contraddistinguono tali tipologie di beni e la relativa disciplina contabile a livello nazionale (secondo la normativa civilistica e il Principio Contabile n. 24), internazionale (IAS 38) e americano (FAS 141 e 142). 1
3 Infine si illustrano le varie metodologie di valutazione degli Intangibles chiarendo quando la loro applicazione risulta essere particolarmente significativa. Nel terzo capitolo si analizzano le varie metodologie di valutazione delle testate televisive via etere e via cavo; vengono esposte alcune doverose riflessioni sulla stima di tali beni prendendone in considerazione in dettaglio alcuni aspetti peculiari. Infine, partendo dal dettato legislativo in materia di concessioni radio-televisive e applicando il principio, accolto dalla prassi contabile internazionale, della prevalenza della sostanza sulla forma, si cerca di dedurre la natura e il corretto trattamento contabile delle testate televisive nell ambito delle immobilizzazioni immateriali. Nel quarto capitolo si è affrontato un caso applicativo basato sulla valutazione della testata televisiva spagnola Telecinco, controllata dal Gruppo Mediaset. Dopo aver descritto le vicende societarie del Gruppo Telecinco e le caratteristiche operative ed economiche, si è passati all applicazione dei metodi esposti nel precedente capitolo e al loro confronto. Con le conclusioni si sono tirate le somme del lavoro svolto ribadendo i concetti più importanti ed esponendo ulteriori riflessioni. Il lavoro è accompagnato da diversi riferimenti a bilanci e comunicati di importanti società operanti nel settore televisivo quali la RAI, e i gruppi Mediaset, Telecinco, L Espresso, Telecom, al fine di fornire dei dati reali del settore televisivo che fossero esplicativi dei primari aspetti economici, contabili e operativi del comparto. 2
4 CAPITOLO I Il settore televisivo 1.1. Aspetti socio-economici La televisione è una delle industrie dell informazione di massa, fa parte cioè di quelle attività che producono e distribuiscono informazioni ad un vasto pubblico 1. Il termine informazione individua una vastissima gamma di messaggi, che vanno dall intrattenimento (fiction, intrattenimento leggero e culturale) alle informazioni hard (notizie in senso stretto) dalle informazioni di servizio (notizie utilizzate per l attività professionale), alle informazioni pubblicitarie, per mezzo della parola e/o dell immagine utilizzando le onde elettromagnetiche (telecomunicazioni), o un supporto fisico (carta stampata, dischi, pellicole, cd-rom, DVD), o il mezzo elettronico (banche dati, internet) 2. La produzione televisiva, insieme a quella radiofonica, può essere definita all interno del concetto di broadcasting, ovvero un sistema di trasmissione a distanza fondato sulla diffusione e sulla ricezione elettronica (attraverso un apparecchio terminale) di immagini e/o suoni destinati al pubblico 3. La televisione è un linguaggio avente un potente impatto sulla cultura e sulla politica, ma è anche una importante attività economica. Nell ambito del settore televisivo si colloca l impresa televisiva, che può essere definita come [ ]soggetto istituzionale ed economico che organizza i modi, i tempi e i luoghi dell offerta televisiva, scegliendo l insieme degli spettatori cui rivolgersi e decidendo la composizione del palinsesto 4. Il concetto di impresa viene introdotto nel momento in cui, in riferimento a 1 P. Dunnet, The World Television Industry, Routledge, London, 1990, p P. Dunnet, The World Television Industry, op. cit., p Essa si distingue dall attività di telecomunicazioni, che non comprende il concetto di pubblico, bensì singoli utenti destinatari di messaggi privati, e da altri settori affini (discografico e cinematografico), ma in cui la trasmissione e la ricezione non avvengono a distanza attraverso mezzi elettronici, bensì attraverso supporti materiali. C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche, Etas, Milano, 2002, pp C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche op. cit., p.19. 3
5 determinati prodotti/servizi, nasce un mercato e l attività di produzione si trasforma da produzione per il consumo a produzione per lo scambio, al fine di conseguire un reddito 5. Generalmente nel descrivere un mercato televisivo si parte da una distinzione che riguarda le tre forme di finanziamento a cui possono attingere le imprese: 1. finanziamento statale, nel caso delle emittenti pubbliche. 2. vendita di spazi pubblicitari, nel caso delle emittenti commerciali. 3. abbonamenti, nel caso delle emittenti ad accesso condizionato 6. Nel modello pubblico, poiché l'attività televisiva è collocata al di fuori delle logiche di mercato, l'offerta può prescindere dalla domanda, ed è rivolta a garantire il rispetto di alcuni valori collettivi (pluralismo, tutela delle minoranze sociali, linguistiche e culturali); le motivazioni sociali sono connesse alla diffusione e all'influenza della comunicazione televisiva sulla società e, in particolare, sono rivolte alla tutela di alcune fasce sociali, per esempio i minori 7. Le emittenti si distinguono anche in base alla copertura geografica che può essere locale, nazionale e internazionale 8. Una ulteriore distinzione, questa volta in relazione ai contenuti, si può stabilire tra emittenti generaliste, che si rivolgono ad un pubblico indistinto, canali tematici, che si concentrano su argomenti specifici come ad esempio sport o informazione, imprese televisive segmentate che si rivolgono a un pubblico omogeneo in termini di fascia di età sesso o gruppo etnici di appartenenza 9, e infine abbiamo il modello televisivo personalizzato rappresentato da un catalogo di titoli riferiti a programmi di diverso genere che possono essere scelti direttamente dallo spettatore. Le due tipologie di offerta televisiva fondate su tale modello sono la Pay-Per-View ("paga ciò che vedi") 5 G. Zappa, La produzione nell economia delle imprese, Giuffrè Editore, Milano, S. Russo, Il mercato italiano verso il digitale terrestre, 7 M. Mantegazza, Economia della televisione, 8 C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche, op. cit., p C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche, op. cit., p
6 e il Video-On-Demand ("video su richiesta") entrambe finanziate dagli spettatori e rese possibili dalla tecnica di trasmissione digitale 10. L industria della televisione è suddivisibile in tre attività principali, ad ognuna delle quali corrisponde un particolare tipo di bene che viene domandato e offerto. Vi è innanzitutto il prodotto finito comunicazione televisiva fornito dalle reti televisive per ottenere ascolto, in genere a prezzo zero, e domandato dai telespettatori; il mercato di questo bene ha natura assai particolare perché solo eccezionalmente il prezzo è lo strumento che lo regola. I telespettatori sono infatti recettori di messaggi pubblicitari : questa caratteristica consente alle imprese non finanziate dallo Stato di offrire comunicazione televisiva. Accanto a queste due attività ve ne è una terza, a cui pure corrisponde un mercato. Si tratta del prototipo intrattenimento ed informazioni ossia dei prototipi che le imprese televisive elaborano al loro interno od acquistano per ottenere il prodotto 11. L impresa televisiva deve dunque confrontarsi con due tipologie di domanda di mercato: la domanda del pubblico (consumatore) e la domanda degli inserzionisti. La televisione offre al pubblico tre tipi di servizi che soddisfano tre diversi bisogni: 1. trasmette a domicilio spettacoli e notizie il cui consumo dovrebbe altrimenti avvenire in luoghi specializzati; 2. trasmette generi di spettacoli specifici; 3. in presenza di più canali offre la possibilità di scelta in ogni momento tra differenti spettacoli di tipo diverso, soddisfa quindi una domanda di varietà 12. La nozione di spettatore assume sfumature diverse a seconda del modello televisivo e mercato di riferimento. Il 5 pubblico delle emittenti pubbliche paga un canone allo Stato che a sua volta lo gira all azienda concessionaria; la nozione di spettatore coincide con quella di cittadino, poiché l obiettivo perseguito è quello di finanziare programmi accessibili a 10 C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche, op. cit., p F. Silva, L economia del settore televisivo, in M. Gambaro, F. Silva, in Economia della televisione, Il Mulino, Bologna, 1992, pp F. Silva, L economia del settore televisivo, op. cit., p. 35.
7 tutti i cittadini e tutelare e promuovere i diritti costituzionali degli individui e comunità appartenenti alla collettività dello Stato 13. Nel caso della televisione a pagamento lo spettatore versa un abbonamento per avere accesso ai programmi; si parla quindi di abbonato. Nel caso delle televisioni commerciali o comunque quando la fruizione di un programma è gratuita, l attenzione del telespettatore viene venduta alle imprese che vogliono fare pubblicità. La pubblicità è un mezzo di persuasione che cerca di modificare le preferenze degli spettatori in quanto consumatori in favore dei prodotti pubblicizzati ma è anche un mezzo di informazione che consente al consumatore di scegliere in modo più appropriato. La televisione è un mezzo di comunicazione di massa, che non riesce ad individuare un particolare tipo di consumatore, a dividere l ascolto sulla base di interessi o di livelli di reddito particolari; è uno strumento adatto alla pubblicità soprattutto di beni maturi e di largo consumo. Vi è dunque un offerta di spazi pubblicitari da parte di imprese televisive e una domanda da parte di altre imprese. Il venditore di un bene paga all emittente televisiva o ad un intermediario un prezzo per una comunicazione pubblicitaria di durata predeterminata; il prezzo dipende dal numero previsto di persone che assisteranno allo spettacolo al quale la comunicazione è abbinata 14. In generale l impresa televisiva non tende a raggiungere la massima audience, ma quella più utile possibile, cioè più vendibile alla pubblicità 15. I fattori principali che agiscono sull ascolto sono i generi trasmessi e il palinsesto, oltre che al momento della giornata a cui si riferisce 16. Per palinsesto si intende un insieme di programmi (prodotti audiovisivi) collocati all'interno di una griglia temporale 17 secondo un determinato schema di disposizione logica; esso è quindi lo strumento organizzativo della produzione che costituisce l offerta per il pubblico. Per razionalizzare questa 13 C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche, op. cit., p F. Silva, L economia del settore televisivo, op. cit., pp F. Siliato, La produzione di audience a mezzo di programmi, in M. Gambaro, F. Silva, Economia della televisione, Il Mulino, Bologna, 1992, p F. Silva, L economia del settore televisivo, op. cit., p C. Dematté, F. Perretti, L impresa televisiva. Principi economici e variabili strategiche, op. cit., p
8 offerta i programmi vengono ripartiti per generi (informazione, fiction, intrattenimento, sport, cultura, ecc.), affinché si possa raggiungere il giusto tipo di pubblico nelle diverse fasce orarie in cui è divisa la giornata e la massima audience vendibile alla pubblicità 18. Le fasce orarie vengono divise in prime time (h. 20,30-22,30), in cui si ha la maggiore densità di telespettatori nell intera giornata, e day time (le rimanenti ore di trasmissione) 19. I dati riguardanti gli ascolti in Italia sono rilevati dal 1984 dalla società Auditel s.r.l., nata con lo scopo istituzionale di rilevare in maniera imparziale e obiettiva i dati relativi all ascolto televisivo italiano. Attualmente l attività di raccolta/elaborazione è affidata in appalto alla società di ricerca AGB 20. Le elaborazioni dell Auditel permettono diversi livelli di lettura, i più importanti sono: audience: numero medio di ascoltatori di un emittente nell intervallo considerato; share: rapporto tra il numero medio di ascoltatori di un emittente e numero medio di ascoltatori del totale delle emittenti nell intervallo considerato; penetrazione: rapporto tra numero media di ascoltatori di un emittente nell intervallo considerato e l universo di riferimento 21. Oggi l aspra battaglia concorrenziale tra le grandi reti televisive si concentra proprio su questi numeri IL settore televisivo in Italia: regolamentazione e sviluppo fino all avvento dell era digitale Dalla nascita della TV fino alla legge Maccanico Il sistema televisivo italiano viene generalmente considerato un caso unico ed eccezionale dalla pubblicistica internazionale. Le trasmissioni televisive in Italia hanno ufficialmente inizio nel gennaio del 1954; due anni prima il governo aveva concesso alla RAI, società 18 F. Siliato, La produzione di audience a mezzo di programmi, op. cit., p F. Siliato, La produzione di audience a mezzo di programmi, op. cit., p M. Mantegazza, Economia della televisione, op. cit. 21 R. Gisotti, La favola dell Auditel, Editori Riuniti, Roma,
9 controllata dal Ministero del Tesoro attraverso l IRI, di trasmettere programmi televisivi in via sperimentale. L accordo, di esclusiva tra Stato e RAI, prevedeva, per quanto riguarda le forme di finanziamento, un doppio regime rappresentato da un canone versato dagli utenti della televisione e da introiti pubblicitari derivanti dalla vendita di spazi che non potevano, però, occupare più del 5% delle ore di trasmissione complessive 22. Fin dalla metà degli anni 50 alcune società sollevano di fronte alla Corte Costituzionale una questione di illegittimità costituzionale del monopolio pubblico nel settore televisivo. La Corte si pronuncia più volte a favore di tale monopolio, in particolare con la sentenza n. 225 del 1974, con la quale stabilì la legittimità del monopolio pubblico in ambito nazionale sulla base della limitatezza delle frequenze e dal carattere di preminente interesse generale del servizio televisivo, e nello stesso tempo pronuncia l incostituzionalità della riserva statale per le radiotelevisioni via cavo in ambito locale. Tale sentenza viene recepita dalla legge 14 aprile 1975 n. 103 che sancisce la parlamentarizzazione 23 del servizio TV, messo sotto il controllo della commissione parlamentare e attribuisce il servizio, attraverso lo strumento della concessione, a una società, la RAI-TV, il cui capitale era completamente in mano pubblica 24. Verso la metà degli anni 70 iniziarono ad operare a livello locale varie trasmittenti televisive. Conseguentemente, si pose una questione di legittimità costituzionale che venne risolta con la sentenza n. 202/1976 della Suprema Corte con la quale si consentì la trasmissione a livello locale di programmi televisivi 25 e fu dunque varato un Piano Nazionale di Ripartizione delle frequenze per la propagazione nell etere di segnali radiotelevisivi 26. Tuttavia, la liberalizzazione a livello locale consentì l esercizio di reti televisive a 22 S. Russo, Il mercato italiano verso il digitale terrestre, op. cit. 23 A. Chimenti, Informazione e televisione. La libertà vigilata, Editori Laterza, Bari, 200, pp Cfr. gli artt. 1 e 4 legge n. 103 del M. Dugato, voce Disciplina della radiotelevisione, in Le Garzatine-Diritto, Garzanti, Milano, Gli impianti televisivi di diffusione vennero tarati sui canali individuati dal piano di ripartizione, contrassegnati empiricamente, in base agli accordi internazionali, con una determinata numerazione progressiva nella banda UHF (da 21 a 69) e nella banda VHF (da A a H2). Gli impianti di trasmissione non potevano operare sulle stesse frequenze per una medesima zona geografica per problemi di interferenze. A. Sarli, Guida all emittenza privata, JCE, Milano, 1994., p. 17 ss. 8
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