CAPITOLO V. La dinamica del fluido ideale
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- Romolo Fabiani
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1 Cap. V La dinamica del fluido ideale 55 CAPITOLO V La dinamica del fluido ideale 1. - Le equazioni di Euler. Le equazioni di Navier-Stokes {(9) cap. IV} del capitolo precedente si riducono a quelle di Euler quando scompare il termine contenente il laplaciano, questo avviene sia perché il fluido è perfetto, cioè ν = 0, sia per l annullamento del laplaciano, il che avviene per i gradienti nulli, come accade in lontananza dai corpi solidi. In entrambi i casi le equazioni di Navier si riducono a quelle di Euler: oppure: 1 u i + u j + u i ρ x i x j t = X i 2. - Le equazioni dell idrostatica. ( = ρ X i du ) i. (1) x i dt Nel caso di velocità nulle le (1) si riducono all equazioni dell idrostatica: x i = ρx i, (2) moltiplicando ambo i membri per dx i otteniamo: x i dx i = ρx i dx i. Per la convenzione di sommatoria il primo membro è un differenziale esatto per cui le equazioni dell idrostatica possono essere scritte come:
2 56 E. Buffoni Idrodinamica ossia: dp = ρx i dx i, (3) dp = ρ(x 1 dx 1 + X 2 dx 2 + X 3 dx 3 ). Nel caso di azione della sola gravità, nella precedente rimane soltanto X 3 = g e ponendo x 3 = z otteniamo: ed integrando: dp = ρgdz p = γz + p o, (4) dove p o è la pressione di riferimento, in genere la pressione atmosferica. Se nella precedente togliamo p o da ambo i membri si scrive la pressione relativa: p = γz (5) che può essere integrata per determinare le spinte idrostatiche S sulle superfici, per esempio nel caso di una parete verticale di altezza h abbiamo: ed integrando: S = γ ds = γzdz h 0 zdz = 1 2 γh2. (6) Le spinte idrostatiche quindi dipendono in generale dal carico e non dal volume, nel caso precedente al di là della parete verticale vi possono essere pochi centimetri d acqua, come in un intercapedine, oppure addirittura un fiume, la spinta, a parità di h, risulta la stessa. Una parete sottile davanti ad un intercapedine può quindi crollare se questa si riempie d acqua.
3 Cap. V La dinamica del fluido ideale 57 Note storiche Che la pressione idrostatica dipenda solo dal carico e non dal volume è spesso in contrasto con il senso comune. Infatti molti hanno creduto e credono ancora oggi che sia il peso e quindi il volume il responsabile della spinta idrostatica. Però,in antico, a Siracusa Archimede ( a.c.) eseguí degli esperimenti sulle spinte esercitate dai liquidi usando una bilancia. Misurando la differenza tra il peso di un corpo in aria ed il medesimo immerso in acqua giunse alla famosa legge: Un corpo immerso riceve una spinta dal basso verso l alto uguale al peso dell acqua spostata. Figura 1: La bilancia idrostatica. Galileo ricostruí le esperienze di Archimede in un piccolo trattato La bilancetta scritto a Pisa nel Oggi che abbiamo il concetto di pressione idrostatica, sconosciuto 2250 anni fà, la possiamo ricavare dalla legge di Archimede. Infatti per la definizione di pressione S = pa, dove A è la sezione del corpo cilindrico, ma per la legge di Archimede abbiamo S = γah, dal confronto otteniamo immediatamente p = γh, pressione che agisce sulla parte inferiore del corpo provocando appunto la spinta di galleggiamento. Nel 600 Stevin eseguí delle classiche esperienze per dimostrare la dipendenza delle spinte idrostatiche solo dal carico e non dal volume del liquido. Prese infatti
4 58 E. Buffoni Idrodinamica Figura 2: L apparato sperimentale di Stevin. diversi recipienti di diversa forma e quindi con diversa capacità, ma tutti con il fondo avente la stessa area. Il fondo era mobile e tramite una bilancia si poteva misurare la forza necessaria per aprirlo. Dalle esperienze risultava che esso si apriva sempre per il medesimo carico nonostante la diversa capacità del recipiente dimostrando che la spinta esercitata dal liquido sul fondo dipendeva solo dal carico e non dal volume. Nello stesso secolo il filosofo francese Blase Pascal eseguí inoltre un esperimento spettacolare su di una botte. La botte di Pascal era già piena d acqua e vi era innestato un tubicino sottile ma molto alto. Una volta riempito con l acqua contenuta in una bottiglia, il carico diveniva enorme e la botte si sfasciava. Pascal dimostrò inoltre che la pressione idrostatica era isotropa e misurò per primo il valore della pressione atmosferica. Che la pressione idrostatica dipenda dal carico e non dal volume lo possiamo anche ricavare dall esperienza quotidiana cioè dal principio dei vasi comunicanti. Infatti in un tubicino derivato da un serbatoio di grandi dimensioni l acqua vi si dispone allo stesso livello, ora se la spinta dipendesse dal volume lo vedremmo zampillare, se invece dipende dal carico si deve disporre allo stesso livello perché, a questo punto le spinte si equilibrano. La poca acqua del tubo mantiene in equilibrio la molta del serbatoio.
5 Cap. V La dinamica del fluido ideale 59 Figura 3: La botte di Pascal L equilibrio relativo. I casi di equilibrio relativo, che si verificano nei sistemi non inerziali, si studiano con le equazioni dell idrostatica. Un recipiente cilindrico di raggio a, contenete un liquido, viene fatto ruotare attorno all asse ad una velocità angolare ω. Per un osservatore inerziale, e quindi esterno, il liquido si muove e si rientra nella dinamica, invece per un osservatore solidale con il cilindro il liquido risulta fermo, la scelta del sistema di riferimento è quindi molto importante. 1 L osservatore solidale inoltre nota l apparire di una accelerazione 1 Il Prof.Einaudi infatti diceva che la scelta del sistema di riferimento corretto poteva portare ad un calcolo banale, altrimenti, con un altro sistema il calcolo poteva divenire addirittura mostruoso.
6 60 E. Buffoni Idrodinamica centrifuga oltre alla gravità. Quindi una particella generica è soggetta all accelerazione centrifuga X 1 = ω 2 x ed a quella di gravitá X 3 = g che agisce nella direzione x 3 = z. Pertanto la (3) può essere scritta nel modo seguente: dp = ρ(ω 2 xdx gdz). Ora se vogliamo definire la forma della superficie libera del liquido dobbiamo considerare che questa è soggetta alla sola pressione atmosferica che risulta costante, perciò dp = 0. Dalla precedente abbiamo: che integrata: dz = ω2 g xdx z = ω2 2g x2 (7) rappresenta un paraboloide di rivoluzione. L altezza massima h del liquido viene raggiunta alla parete: h = ω2 2g a2. Come si puó notare nella (7) il carico risulta indipendente dalla densità del liquido, non è cosí ovviamente per la pressione Il teorema di Bernoulli. Nell equazione (1) moltiplichiamo ambo i membri per dx i : x i dx i + ρ du i dt dx i = ρx i dx i. Questa operazione equivale al prodotto scalare, cioè le tre direzioni sono state proiettate sulla risultante. Abbiamo due casi: il moto stazionario o permanente, indipendente dal tempo, ed il moto vario.
7 Cap. V La dinamica del fluido ideale 61 Moto permanente: Il primo termine della precedente rappresenta un differenziale esatto, quindi, dato che dx/dt = u, possiamo scrivere: dp + ρu i du i = ρx i dx i. Le accelerazioni di solito si riducono a quella di gravitá g in direzione z, quindi possiamo scrivere ancora: ( ) ui u i dp + ρd = ρ( g)dz, 2 dove u i u i è identico alla velocità risultante U 2, pertanto abbiamo: ossia: per cui: ( ) U 2 dp + d(γz) + ρd = 0 (8) 2 { d γz + p + ρ U 2 } = 0 2 γz + p + ρ U 2 2 = costante che rappresenta il teorema di Bernoulli come viene usato di solito dagli aeronautici, con la costante che ha le dimensioni di una pressione. Se dividiamo tutto per γ otteniamo il teorema usato usualmente in idraulica: z + p γ + U 2 = costante (9) 2g dove adesso ha le dimensioni di una lunghezza. La (9) ha un importantissimo significato energetico, infatti se consideriamo una particella di fluido di massa m, soggetta alla pressione p ed animata da una velocità U, essa possiede l energia potenziale mg(z + p/γ) e l energia cinetica mu 2 /2. Per la conservazione dell energia meccanica E dobbiamo avere:
8 62 E. Buffoni Idrodinamica z + p γ + U 2 2g = E mg = H. La somma dei tre termini della (9), cioè H, rappresenta quindi l energia specifica, posseduta dall unità di peso del fluido, che rimane costante lungo una linea di flusso coincidente con la traiettoria. Moto vario: In questo caso, ripetendo l operazione effettuata all inizio di questo paragrafo abbiamo: x i dx i + ρ du i dt dx i = ρx i dx i che rappresenta un prodotto scalare, cioè in sostanza proiettiamo il tutto sulla linea di flusso s dove abbiamo la velocità risultante U: ds + ρudu = ρ( g)dz (10) s essendo ds/dt = U. Ricordiamoci adesso che siamo su di una linea di flusso, con t costante, quindi il differenziale dz, come del resto dp, deve essere eseguito con t costante. Invece per la velocità è diverso perché dobbiamo tener conto dell accelerazione locale: du = U U ds + s t dt. La (10) può essere quindi scritta come: s Dividendo per ds: z ds + ρg ds + ρu s ( ) U U ds + s t dt = 0. z U + ρg + ρu s s s + ρ U t = 0.
9 Cap. V La dinamica del fluido ideale 63 Infine dividendo per γ otteniamo il teorema di Bernoulli per il moto vario: { z + p s γ + U 2 } = 1 U 2g g t, (11) dove, al secondo membro, abbiamo la variazione della quantità di moto. Esso è valido a rigore solo su una linea di flusso. La precedente si riduce ovviamente alla (9) nel caso di moto permanente Il principio di Bernoulli. Quindi, in idraulica le equazioni di Euler vengono usate in forma finita, in un unica relazione, che prende il nome di teorema di Bernoulli. Esso risulta sempre applicabile ad un fluido ideale o perfetto ed estensibile anche ad una corrente purché i filetti si mantengano rettilinei e paralleli con una distribuzione idrostatica delle pressioni. Indicando con H l energia specifica di una corrente il suddetto teorema ci assicura che essa rimane costante, cioè per due sezioni qualsiasi avremo H 1 = H 2. Questo per un fluido ideale, per una corrente reale invece gli idraulici dell 800 hanno introdotto il principio del Bernoulli. Essi non conoscevano molto sulla turbolenza e su i suoi meccanismi di dissipazione dell energia, però, in modo intelligente scrissero il bilancio energetico tra due sezioni della corrente considerando anche le perdite di carico Y che vennero determinate con leggi empiriche come le relazioni di Chezy e Darcy. Il principio del Bernoulli risulta quindi: H 1 = H 2 + Y. Nel caso generale di una corrente in moto vario, la (11) deve essere scritta: { z + p s γ + U 2 } = 1 U 2g g t + Y s che esprime l equazione del moto per un fluido reale. associa l equazione di continuità per i tubi di flusso: (12) A questa si
10 64 E. Buffoni Idrodinamica Q s + A t = 0. Nel caso di corrente a pelo libero in un alveo naturale con pendenza di fondo i, la (12) si trasforma, con le posizioni: z/ s = i, Y/ s = J (J pendenza della linea dell energia) ed h = p/γ, nella: h s + 1 { U U g s + U } = i J (13) t che, con l equazione di continuità, assumono il nome di equazioni di De Saint-Venant, alla base dello studio della propagazione delle piene nei fiumi. Esse vengono integrate numericamente, un tempo venivano semplificate trascurando alcuni termini per giungere al modello parabolico od addirittura cinematico, oggi, con i moderni calcolatori, non è piú necessario 2. Figura 4: Lo schema di un corso d acqua nel codice HEC-RAS. 2 Il codice di calcolo usato in tutto il mondo è l HEC-RAS (Hydrologic Engineering Center - River Analysis System, US Army Corps of Engineers).
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