PROCESSO AI GRANDI TRIAL. Lo studio PROMISE. SSD Cardiologia Ambulatoriale, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Parma 2
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1 PROCESSO AI GRANDI TRIAL Lo studio PROMISE Nicola Gaibazzi 1, Filippo Cademartiri 2, Erica Maffei 3 1 SSD Cardiologia Ambulatoriale, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Parma 2 Dipartimento di Radiologia, Erasmus Medical Center University, Rotterdam, Paesi Bassi 3 Dipartimento di Radiologia, Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier, Treviso Background. Numerosi pazienti che presentano sintomi suggestivi di malattia coronarica (CAD) vengono valutati mediante test diagnostici, ma sono disponibili solo pochi dati derivanti da studi randomizzati che possano orientare le modalità di cura. Metodi. Un totale di pazienti sintomatici sono stati randomizzati ad una strategia di valutazione anatomica con angio-tomografia (CTA) o con test funzionali (ECG da sforzo, stress test nucleare o eco-stress). L end - point composito primario era rappresentato da morte, infarto miocardico, ospedalizzazione per angina instabile o complicanze maggiori procedurali. Gli endpoint secondari comprendevano il cateterismo cardiaco non diagnostico per CAD ostruttiva e l esposizione alle radiazioni. Risultati. L età media dei pazienti era 60.8±8.3 anni, il 52.7% era di sesso femminile e l 87.7% presentava dolore toracico o dispnea da sforzo. La probabilità pre-test media di CAD ostruttiva era 53.3±21.4%. Ad un follow-up mediano di 25 mesi, l endpoint primario si è verificato in 164/4996 pazienti del gruppo CTA (3.3%) e in 151/5007 pazienti del gruppo sottoposto a test funzionali (3.0%) (HR aggiustato 1.04; IC 95% ; p=0.75). Un numero significativamente inferiore di pazienti del gruppo CTA avviati a cateterismo cardiaco non presentava CAD ostruttiva rispetto a quelli del gruppo test funzionali (3.4 vs 4.3%, p=0.02), malgrado una percentuale maggiore di pazienti del gruppo CTA fosse stata sottoposta a cateterismo cardiaco entro 90 giorni dalla randomizzazione (12.2 vs 8.1%). La dose media cumulativa di radiazioni per paziente è risultata più bassa nel gruppo CTA rispetto al gruppo test funzionali (10.0 vs 11.3 msv), ma in considerazione del fatto che il 32.6% dei pazienti di quest ultimo gruppo non è stato sottoposto ad alcuna radiazione, l esposizione complessiva è risultata più elevata nel braccio CTA (media, 12.0 vs 10.1 msv; p<0.001). Conclusioni. Nei pazienti sintomatici con sospetta CAD che necessitano di un test diagnostico iniziale non invasivo, una strategia di valutazione con CTA, rispetto a quella con test funzionali, non ha determinato un miglioramento degli outcome clinici ad un follow-up mediano di 2 anni. [N Engl J Med 2015;372: ] G Ital Cardiol 2015;16(9): Il Pensiero Scientifico Editore Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr. Nicola Gaibazzi SSD Cardiologia Ambulatoriale, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Via Gramsci 14, Parma ngaibazzi@gmail.com Dr. Filippo Cademartiri Department of Radiology, Erasmus Medical Center University, s-gravendijkwal 230, 3015 CE Rotterdam, The Netherlands filippocademartiri@gmail.com IL PUNTO DI VISTA DI NICOLA GAIBAZZI La cardiologia è stata una delle prime discipline mediche ad abbracciare con entusiasmo la medicina basata sull evidenza anche nelle proprie linee guida, e a farsi guidare senza remore dai dati prodotti nei trial multicentrici, meglio se molteplici, di alta qualità metodologica, prospettici e randomizzati. L imaging cardiaco è rimasto uno dei pochi settori della cardiologia immune a questa tendenza, uno dei pochi che si è sottratto alla verifica dei suoi risultati in studi prospettici e randomizzati; non casualmente, il risultato di questa carenza di metodo scientifico nell applicazione dell imaging è stata la dilagante inappropriatezza nell utilizzo delle metodiche di imaging. Tra le ragioni per cui l imaging è stato di rado oggetto di studi prospettici di outcome vi è lo scarso interesse delle aziende private del medicale a finanziare costosi studi, senza un prevedibile ritorno economico, anzi studi dai probabili effetti controproducenti per l industria del settore, vista la potenziale indicazione verso una riduzione del numero delle procedure di imaging scarsamente appropriate. Ecco quindi il ruolo fondamentale dei grandi enti nazionali sanitari e di ricerca, come il National Heart, Lung, and Blood Institute, come nel caso dello studio PROMISE (Prospective Multicenter Imaging Study for Evaluation of Chest Pain) 1, per coordinare e finanziare questa tipologia di studi, essenziali per produrre comportamenti basati sull evidenza anche nell imaging cardiologico. Il contesto in cui nasce lo studio PROMISE Lo studio PROMISE è uno dei primissimi studi prospettici e randomizzati di outcome in cui l oggetto della randomizzazione non è un farmaco o un dispositivo, ma un test di imaging. I rari tentativi precedenti, come un recente studio che dimostrava una sovrapponibile prognosi a lungo termine in soggetti asintomatici sottoposti o meno a screening ecocardiografico 2, hanno già fornito spunti di riflessione sull attuale pratica clinica, dimostrando che un comportamento guidato dall evidenza è e 462
2 LO STUDIO PROMISE Le criticità nel disegno e nell interpretazione dei risultati Nel PROMISE non veniva definito per protocollo il criterio decisionale per rivascolarizzare o meno una lesione coronarica angiograficamente significativa (la decisione era lasciata al clinico), cioè non era specificato se la presenza di ischemia reversibile (e quale estensione o severità) fosse un requisito necessario per procedere a rivascolarizzazione, anche nel gruppo CTA. Nasce dunque un ragionevole dubbio sul fatto che molti pazienti, soprattutto nel gruppo CTA che partiva dal test anatomico, siano stati rivascolarizzati solo in base al criterio angiografico, senza la necessità di dimostrare l ischemia inducibile ad un test funzionale, come da linee guida. Ciò pare avvalorato dall osservazione che la percentuale di rivascolarizzazione quasi doppia nel gruppo CTA (6.2 vs 3.2% nel gruppo funzionale) non si sia tradotta in un miglior outcome primario, considerando che tale outcome comprendeva (in percentuale rilevante) l evento ospedalizzazione per angina instabile, oltre agli eventi morte e infarto miocardico. È infatti noto che, se per l evento morte e infarto miocardico si può discutere se sia più efficace la terapia medica o la rivascolarizzazione, sull evento anginoso la rivascolarizzazione, se appropriata, dovrebbe risultare maggiormente efficace: quindi un tasso di rivascolarizzazione doppio (gruppo CTA) avrebbe dovuto traslarsi in meno eventi combinati producendo una differenza significativa tra i due gruppi. Si potrebbe speculare sul fatto che ciò non si sia verificato per l esecuzione di rivascolarizzazioni almeno in parte inappropriate nel gruppo CTA, che quindi non si sono poi tradotte in un beneficio clinico, e potrebbero avere anzi peggiorato i risultati di outcome nel gruppo CTA, a causa dell atteso lieve aumento degli eventi cardiaci nel periodo periprocedurale della rivascolarizzazione, rilevanti in un trial con un follow-up temporale breve. Quanto detto fa risaltare maggiormente il punto debole principale di questo studio, cioè la mancanza di un gruppo in cui non si prevedesse la rivascolarizzazione, ma la terapia medica massimale, per i pazienti con stenosi coronariche che non dimostrassero significativa ischemia reversibile ai test funzionali (<10% del ventricolo sinistro?), magari escludendo a priori i pazienti con lesioni coronariche a maggior rischio (tronco comune e ramo interventricolare anteriore prossimale) che hanno una indicazione a rivascolarizzazione indipendente dalla presenza di ischemia. È probabile che i ricercatori abbiano inizialmente considerato tale disegno, che avrebbe chiarito se la rivascolarizzazione potesse costituire un bias, ma l arruolamento aggiuntivo di un gruppo in sola terapia medica sarebbe risultato certamente troppo difficoltoso nella pratica. L ISCHE- MIA trial ( che è sostanzialmente disegnato per rispondere proprio a questa domanda, sta insarà giustamente basilare in futuro anche per l imaging cardiologico. Il PROMISE è però il primo studio di questa nuova tipologia accuratamente dimensionato per rispondere ad una domanda apparentemente generica ma clinicamente rilevante ed attuale nella diagnostica della sospetta coronaropatia: meglio iniziare con il test anatomico non invasivo o con un test funzionale? O meglio, la scelta iniziale di tali test influenza l outcome finale dei pazienti? Questo studio è quindi il pioniere di una nuova classe di studi outcome-oriented nel campo dell imaging cardiaco e tale aspetto pionieristico ne giustifica allo stesso tempo anche alcuni difetti di gioventù. Sarebbe illogico pretendere che il primo vero e proprio studio di outcome, in un campo così complesso come l imaging della sospetta coronaropatia, desse tutte le risposte alle domande aperte nell utilizzo dell imaging cardiologico, quando in altri campi della cardiologia miriadi di studi accumulati in decadi non sono bastati per dare risposte definitive, come ad esempio nell indicazione alla somministrazione di aspirina in prevenzione primaria o sul comportamento terapeutico da tenere in presenza di vitalità miocardica nell insufficienza cardiaca cronica. Molti sono comunque gli spunti interessanti di questo studio, che per una volta non è retorica definire groundbreaking. Il disegno del PROMISE Lo studio prevedeva di assegnare i pazienti con sintomi presumibilmente cardiaci di recente insorgenza, in modo prospettico e randomizzato (1:1), ad un gruppo che avrebbe eseguito come primo test un test funzionale (gruppo F) oppure un gruppo che avrebbe eseguito un test anatomico non invasivo (gruppo CTA). L ipotesi primaria dello studio era che gli eventi cardiaci (combinazione di morte da qualsiasi causa, infarto del miocardio, ospedalizzazione per angina instabile e complicanze maggiori periprocedurali) a 2 anni di follow-up mediano sarebbero stati significativamente inferiori nel gruppo CTA rispetto al gruppo F. Lo studio, che ha arruolato circa 5000 pazienti in ognuno dei due bracci, è in questo senso definitivamente negativo (nessuna differenza significativa per gli outcome predeterminati), rilegittimando pienamente, e secondo molti inaspettatamente, i test funzionali nella diagnostica iniziale dei pazienti sintomatici per sospetta coronaropatia, cioè il comportamento da sempre praticato (e suggerito dalle linee guida), prima che la grande novità della tomografia computerizzata coronarica multistrato (CTA) rendesse possibile l imaging coronarico non invasivo. Il test anatomico prescelto era la CTA, oggi già utilizzata nella pratica clinica anche in questo contesto, mentre i test funzionali erano di diversa tipologia, con una netta predominanza della scintigrafia (67%), seguita da eco-stress (22%) e infine ECG da sforzo (il restante 10% circa), una composizione simile alla realtà europea, dove l utilizzo della scintigrafia (SPECT) supera in genere ampiamente l utilizzo dell eco-stress. L esercizio fisico era il tipo di stressor prevalente rispetto al farmacologico. Il dolore toracico/angina nella realtà del XXI secolo Una delle conferme più importanti che vengono da questo studio è che, in una popolazione contemporanea di pazienti selezionati per recente comparsa di dolore toracico (che in più dei due terzi dei pazienti veniva definito atipico dai cardiologi cu- ranti), solo poco più del 10% risultava positivo ai rispettivi test, anatomico o funzionale, malgrado la stima di prevalenza di coronaropatia, basandosi sul metodo Diamond/Forrester e CASS, fosse in media del 53%. Se per il test funzionale si può pensare che la sensibilità subottimale intrinseca potesse nascondere una maggiore prevalenza reale di malattia, tali dubbi svaniscono dopo la constatazione che nel gruppo anatomico tale prevalenza (CTA positiva) risulta simile (10.7 vs 11.7%, p=ns). Non è il primo studio in cui gli strumenti di predizione clinica di malattia coronarica, elaborati alcune decadi fa, si dimostrano obsoleti e clinicamente inadeguati nel predire la coronaropatia nel paziente del XXI secolo. 463
3 N GAIBAZZI ET AL fatti incontrando enormi difficoltà ad arruolare il numero di pazienti previsti proprio per la percepita scarsa eticità o difficoltà pratica nel non eseguire la rivascolarizzazione, ma sola terapia medica, a fronte del rilievo angiografico di stenosi coronariche significative. Risulta sorprendente anche che il numero di cateterismi senza rilievo di coronaropatia ostruttiva (falsi positivi) fosse solo lievemente superiore percentualmente nel gruppo F rispetto a quello CTA (4.3 vs 3.4%, p=0.02) considerando che nel gruppo F il test prevalente era la scintigrafia. Scintigrafia e CTA sono state infatti recentemente confrontate in modo prospettico nello studio EVINCI 3, probabilmente il più vicino alla realtà riguardo al confronto diagnostico tra diverse metodiche di imaging funzionale e anatomico, dimostrando un potere predittivo positivo per coronaropatia significativa molto diverso (83% per CTA vs 53% per scintigrafia). Ciò avrebbe dovuto tradursi in una differenza elevata nella percentuale di coronarografie false positive tra gruppo F (teoricamente molto più numerose) vs gruppo CTA. In effetti, la lieve differenza di falsi positivi è tale solo ad una superficiale lettura, cioè valutando la percentuale sull intero gruppo di arruolamento (F o CTA), mentre quando si andasse più correttamente a valutare la percentuale di falsi positivi sul numero di pazienti inviati a coronarografia dai gruppi CTA o F (27.9 vs 52.4%), si può verificare come il potere predittivo positivo della scintigrafia si confermi effettivamente significativamente minore. In Figura 1, ricostruita dai dati del PROMISE per rappresentare il numero assoluto di coronarografie, rivascolarizzazioni ed eventi combinati primari, si può desumere facilmente come la CTA a) generi più coronarografie, b) abbia più alto potere predittivo positivo (individua più pazienti con stenosi angiograficamente significative), traslandosi in c) più pazienti rivascolarizzati e, sorprendentemente (ma non troppo), d) nello stesso numero (o percentuale) finale di eventi primari. Naturalmente l analisi dell outcome nei due gruppi diventa superflua se non si riconosce un ruolo alla procedura di rivascolarizzazione come miglioratore di outcome, ruolo che sembrerebbe assodato in letteratura solo quando la coronaropatia si associa ad ischemia reversibile in una rilevante quantità di miocardio. In altre parole la procedura di rivascolarizzazione, la cui influenza sull outcome rimane difficile da valutare al di fuori delle sindromi coronariche acute come nei pazienti del PROMISE, inserisce una variabile confondente (e diversamente gestita nei due gruppi: il gruppo F con test funzionale già disponibile per protocollo, il gruppo CTA no) tra il momento della randomizzazione e la misurazione dell outcome, complicando la risposta alla domanda iniziale dello studio è meglio che il mio paziente con sospetta coronaropatia esegua inizialmente un test anatomico o funzionale?. In questo studio il risultato che si è andati a misurare può dipendere dalla variabile rivascolarizzazione che si inserisce nel mezzo e in modo quantitativamente differenziale nei due gruppi (Figura 2). Nel PROMISE sarebbe interessante poter analizzare un eventuale differenza di outcome nel sottogruppo dei rivascolarizzati nei gruppi F vs CTA, ma ciò è precluso dal numero esiguo di pazienti rivascolarizzati e di eventi. Mentre la CTA ha comunque dimostrato di poter essere usata con una certa ratio in questa tipologia di pazienti con sintomi da sospetta coronaropatia, va sottolineato che i risultati di sicurezza da radiazioni ionizzanti (e presumibilmente anche di costi) risultano paragonabili solo perché il test funzionale maggiormente utilizzato era la scintigrafia. È ipotizzabile che se si fosse impiegato l eco-stress in modo prevalente, sia i costi (bassi) che le radiazioni (nulle) e financo le coronarografie falsamente positive (l eco-stress è infatti significativamente più specifico della scintigrafia) sarebbero risultati a favore del gruppo F, presumibilmente senza che il risultato di outcome nel gruppo F variasse sostanzialmente, visto il profilo diagnostico dell eco-stress, simmetricamente opposto a scintigrafia (più specifico, meno sensibile). Va inoltre segnalato che l utilizzo diffuso nel gruppo F di una tipologia di eco-stress tecnicamente più contemporanea, alternativamente con analisi della riserva coronarica o con mezzo di contrasto, avrebbe potuto ottenere risultati significativamente migliori in termini di stratificazione prognostica rispetto Gruppo CTA CTA Rivasc CTA outcome primario 213 Gruppo Funzionale Pz senza stenosi signi c ve Pz con stenosi >70% Funzionale Rivasc Funzionale outcome primario Figura 1. La figura rappresenta graficamente la maggior quantità di pazienti diagnosticati angiograficamente come coronaropatici (almeno una stenosi >50%) a partire dal test anatomico (CTA) rispetto al funzionale. I pazienti con coronarie non significativamente malate sono per contro maggiori nel gruppo funzionale, a conferma della minor specificità dei test funzionali utilizzati. Il maggior numero di pazienti in cui si individuavano stenosi significative grazie a CTA si trasla in maggior numero di pazienti rivascolarizzati (6.2% del gruppo CTA), rispetto al gruppo test funzionale (3.2% gruppo F). Il numero di eventi primari risulta tuttavia statisticamente non differente (3.3 vs 3.0%). 464
4 LO STUDIO PROMISE Figura 2. La figura mostra uno dei problemi fondamentali dello studio PROMISE e cioè che dopo l iniziale selezione randomizzata del test CTA vs F, prima della misurazione finale di outcome a 2 anni, diversi fattori potenzialmente confondenti intervengono, tra i quali la rivascolarizzazione, con il suo incerto beneficio sugli eventi primari. La rivascolarizzazione era peraltro applicata in misura significativamente diversa nei due gruppi (circa il doppio di pazienti nel gruppo CTA), come già evidenziato nella Figura 1 e qui mostrato dalla differente area nella bolla (in nero) che rappresenta il numero di pazienti rivascolarizzati. I restanti pazienti non rivascolarizzati ricevono terapia medica. all eco-stress standard o al mix di test funzionali utilizzati nello studio, rimettendo in discussione il risultato finale degli outcome dello studio stesso 4. Conclusioni I test funzionali non raggiungeranno mai l accuratezza diagnostica della CTA se confrontati con un gold standard anch esso anatomico come la coronarografia, ma la loro capacità di stratificare i pazienti in base alla presenza e quantità di ischemia reversibile li pone concettualmente ad un livello superiore di utilità rispetto ad un test anatomico, per quanto di eccezionale accuratezza come la CTA che si esegue oggi. Il PROMISE ne conferma la validità nel management del paziente, riconoscendo apparentemente alla CTA un ruolo di possibile alternativa. Tra i vantaggi del test funzionale, meglio se scegliendone uno che non utilizza radiazioni ionizzanti come l eco-stress, vi sono la sicurezza, i bassi costi e la contestuale disponibilità di informazioni per un eventuale rivascolarizzazione, basata sulla presenza di ischemia reversibile: tutto in un singolo esame. BIBLIOGRAFIA 1. Douglas PS, Hoffmann U, Patel MR, et al.; PROMISE Investigators. Outcomes of anatomical versus functional testing for coronary artery disease. N Engl J Med 2015;372: Lindekleiv H, Lochen ML, Mathiesen EB, Njolstad I, Wilsgaard T, Schirmer H. Echocardiographic screening of the general population and long-term survival: a randomized clinical study. JAMA Intern Med 2013;173: Neglia D, Rovai D, Caselli C, et al.; EVINCI Study Investigators. Detection of significant coronary artery disease by noninvasive anatomical and functional imaging. Circ Cardiovasc Imaging 2015;8:e Gaibazzi N, Rigo F, Lorenzoni V, et al. Comparative prediction of cardiac events by wall motion, wall motion plus coronary flow reserve, or myocardial perfusion analysis: a multicenter study of contrast stress echocardiography. JACC Cardiovasc Imaging 2013;6:1-12. IL PUNTO DI VISTA DI FILIPPO CADEMARTIRI ED ERICA MAFFEI All inizio di quest anno è stata pubblicata la prima analisi dei risultati dello studio PROMISE (Prospective Multicenter Imaging Study for Evaluation of Chest Pain), ovvero il più grande studio mai eseguito per la valutazione delle strategie diagnostiche in pazienti con sospetta malattia coronarica 1. A partire dal 1999, la tomografia computerizzata del cuore (CCT) coronarica è progressivamente diventata uno strumento diagnostico sostituivo o alternativo in differenti contesti clinici 2-4. Fino ad ora, specialmente in Europa, la CCT è stata considerata una metodica di rilievo secondario rispetto alle tecniche di imaging funzionale (eco-stress, scintigrafia [SPECT], risonanza magnetica da stress). Questo è avvenuto per dinamiche non strettamente cliniche. Tuttavia, la crescente affidabilità e l irrobustimento legati a nuove tecnologie e crescenti evidenze hanno portato la comunità scientifica americana a formulare uno studio come il PROMISE, i cui risultati dimostrano che un approccio anatomico alla diagnosi della sospetta coronaropatia ischemica è equivalente in termini di outcome all approccio funzionale. Contesto nel quale nasce lo studio PROMISE A partire dal 2004 abbiamo a disposizione quella che oggi viene considerata la tecnologia entry level per l imaging coronarico non invasivo; ovvero, la tomografia computerizzata a 64 strati. Questa tecnologia è caratterizzata da elevata sensibilità e valore predittivo negativo per diagnosi/esclusione delle stenosi coronariche significative ( 50% di riduzione del lume) con evidenza anche in ampi studi multicentrici 5-7. Allo stesso modo sono state sviluppate solide evidenze anche sul valore prognostico della metodica con ampi studi e registri Questi passaggi hanno creato le condizioni per formulare il disegno dello 465
5 N GAIBAZZI ET AL studio PROMISE, il cui razionale è: il numero di pazienti che vengono sottoposti a coronarografia convenzionale è elevato considerando che abbiamo strumenti diagnostici che dovrebbero consentirci un adeguata stratificazione non invasiva; nella casistica americana il 62.3% dei pazienti sottoposti a coronarografia non ha stenosi >50% 15. In Italia il fenomeno è meno pronunciato ma stimabile attorno al 50% (dati della Società Italiana di Cardiologia Invasiva, SICI-GISE). Si è formulata l ipotesi che una strategia basata su test anatomico possa essere superiore alle strategie attuali basate su test funzionali. Analisi ed interpretazione dei risultati del trial Lo studio PROMISE è uno studio randomizzato controllato su pazienti sintomatici randomizzati in due bracci: uno anatomico (CCT) ed uno funzionale (prova da sforzo, SPECT, eco-stress). Nei due gruppi la probabilità pre-test secondo il Diamond e Forrester risk score modificato era del 53%. La definizione di test positivo per il braccio anatomico era una stenosi 70% su uno dei tre vasi o 50% sul tronco comune, mentre per i test funzionali è stato utilizzato un criterio di positività di almeno un difetto segmentario reversibile o misto alla SPECT, un difetto segmentario di cinetica reversibile o misto all eco-stress, o alterazioni significative del tratto ST compatibili con ischemia all ECG da sforzo. La prevalenza di test positivi è risultata del 10.7% nel braccio anatomico e dell 11.7% nel braccio funzionale. L endpoint primario era la superiorità del braccio anatomico nella riduzione degli eventi (morte, infarto miocardico, ospedalizzazione per angina instabile e complicazioni procedurali maggiori). Gli endpoint secondari erano le coronarografie convenzionali prive di stenosi significative e l esposizione a radiazioni ionizzanti. A un follow-up mediano di 25 mesi l endpoint primario si è verificato nel 3.3% del braccio anatomico e nel 3.0% del braccio funzionale (p=ns). Nel braccio anatomico ci sono state meno coronarografie senza stenosi significative (3.4 vs 4.3%; p=0.02), anche se più pazienti nel braccio CCT sono stati sottoposti a rivascolarizzazione nei 90 giorni successivi alla randomizzazione (12.2 vs 8.1%). Dai risultati emergono alcune osservazioni macroscopiche. L incidenza di eventi è risultata molto bassa rispetto all atteso (8% a 30 mesi, criterio utilizzato per il calcolo della potenza statistica del campione) e rispetto alla probabilità pre-test. Limiti dello studio e questioni aperte La considerazione a caldo sui risultati dello studio è che i pazienti del braccio anatomico avevano una probabilità maggiore del 50% di essere sottoposti a coronarografia (12.2 vs 8.1%) ed una probabilità doppia di essere rivascolarizzati (6.2 vs 3.2%); non essendoci un beneficio dimostrabile in termini di prognosi (a 25 mesi) la conclusione sarebbe che il braccio anatomico espone a un maggior numero di cateterismi, di rivascolarizzazioni e di radiazioni cumulative. Di fatto lo studio ha dimostrato l equivalenza della strategia anatomica rispetto alla strategia funzionale e questo di per sé è un dato che a questo punto dovrebbe essere recepito definitivamente in classe I dalle linee guida, specialmente alla luce di altri due trial appena pubblicati 16,17. Un altra osservazione di ordine pratico è che il disegno dello studio non imponeva delle strategie di intervento ma dopo la randomizzazione a test anatomico vs test funzionale, lasciava libertà nella decisione clinica in merito alla terapia e all eventuale cateterismo e rivascolarizzazione. Ci sono almeno due grandi limitazioni concettuali dello studio: la prima è che lo studio partiva assumendo il concetto che le strategie (anatomica vs funzionale) fossero almeno equiva- Figura 1. La figura mostra nel pannello di destra il grafico di probabilità condizionale relativa alle principali tecniche diagnostiche non invasive per la cardiopatia ischemica. La linea tratteggiata verticale corrisponde alla probabilità pre-test della popolazione dello studio PROMISE mentre la linea orizzontale corrisponde alla percentuale di pazienti sottoposti a coronarografia. Il pannello di sinistra mostra invece un algoritmo diagnostico per i pazienti sintomatici con sospetta malattia coronarica che integra il ruolo dell imaging anatomico (elevata sensibilità e valore predittivo negativo) e dell imaging funzionale (elevata specificità e valore predittivo positivo) utile a ridurre il numero di coronarografie e al migliore gate-keeping per i pazienti meritevoli di eventuale rivascolarizzazione. CAD, malattia coronarica; CAG, coronarografia convenzionale; CCT, tomografia computerizzata del cuore; FDR, fattori di rischio; LM, tronco comune; MRI, risonanza magnetica; SPECT, scintigrafia; 3VD, malattia coronarica ostruttiva trivasale. 466
6 LO STUDIO PROMISE lenti; la seconda che una strategia caratterizzata da alta sensibilità e valore predittivo negativo fosse comparabile e superiore tout court ad una strategia ad alta specificità e valore predittivo positivo. Per quanto riguarda la prima è stato dimostrato ancillarmente in diverse popolazioni di pazienti e in studi di dimensioni nettamente inferiori l equivalenza delle strategie (ma non dal punto di vista prognostico). Per quanto concerne la seconda è una leggerezza legata al pragmatismo forse eccessivo dell approccio nel voler vedere bianco o nero ed una metodica/ strategia fits them all. Se applichiamo alcuni concetti di base bayesiani possiamo facilmente individuare due elementi dell algoritmo diagnostico in questione: il primo è la selezione del paziente con stenosi coronarica significativa (definizione usuale 50% di pressoché tutta la letteratura; definizione di questo studio 70%); il secondo è la dimostrazione dell ischemia inducibile (varie definizioni a seconda dei test). Se il presupposto dello studio era quello di migliorare la prognosi sulla base di un test diagnostico, allora era quasi ovvio che sarebbe stato difficile (in questo caso ancora più difficile per la sovrastima della probabilità pre-test pari al 53% a fronte di un 10% circa di pazienti inviati a cateterismo). Possiamo dedurre quindi che il fulcro del problema non è paragonare due strategie (o meglio un test vs tutti gli altri o quasi) ma piuttosto capire come mai se il criterio di rivascolarizzazione è legato all ischemia si possa pensare che una CCT sia in grado di indirizzare alla stessa. Peraltro la maggioranza (quasi il 90%) dei pazienti erano sintomatici per angina atipica o dolore non anginoso, il che, in un contesto anatomico, porta certamente ad una sovra-diagnosi e sovra-rivascolarizzazione. Gli studi di riserva coronarica invasiva (riserva di flusso frazionale) ci hanno insegnato che lo spread delle lesioni ischemizzanti quando sono angiograficamente intermedie è molto ampio e che il cut-off migliore è il 50% rispetto al 70% 18. Pertanto è ragionevole pensare che una strategia migliorativa per evitare coronarografie inutili sia quella legata ad un algoritmo basato su un test sensibile nel rilevare ed escludere stenosi coronariche, seguito da un test specifico per determinare l effettivo potere ischemizzante delle lesioni (Figura 1). Peraltro dobbiamo rilevare che lo studio EVINCI e lo studio SCOT-HE- ART, pubblicati praticamente in contemporanea al PROMISE, conferiscono una maggiore efficacia diagnostica e prognostica alla strategia anatomica 16,17. Riguardo alla sicurezza, nel braccio anatomico si sono verificati più eventi nella maggioranza dei casi legati a moderate reazioni al mezzo di contrasto e stravasi dello stesso nei tessuti del braccio. In ultimo, una considerazione sulla dose di radiazioni. Lo studio in questione conferisce al braccio anatomico una quota significativamente più elevata di radiazioni (12 vs 10 msv) con una mediana più bassa 1. Questo dato appare relativamente poco aggiornato considerando che già nel periodo la dose media per una CCT era di 12 msv (studio PROTECTION I) 19. Conclusioni Lo studio PROMISE, anche se non raggiunge (con l attuale follow-up e soprattutto con una prevalenza di malattia ed eventi molto più bassa dell atteso) l endpoint primario, consente di ratificare il ruolo della CCT nella diagnosi di coronaropatia ostruttiva in pazienti sintomatici con risultati pari a quelli delle strategie convenzionali. BIBLIOGRAFIA 1. Douglas PS, Hoffmann U, Patel MR, et al.; PROMISE Investigators. 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