UN PROTOTIPO DI ELABORAZIONE INFORMATICA DEL CATASTO LEOPOLDINO: IL COMUNE DI MURLO IN PROVINCIA DI SIENA

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1 UN PROTOTIPO DI ELABORAZIONE INFORMATICA DEL CATASTO LEOPOLDINO: IL COMUNE DI MURLO IN PROVINCIA DI SIENA Claudio Greppi PREMESSA Nell'ambito della ricerca dedicata alle basi cartografiche per l'archeologia dei paesaggi storici (cofinanziamento MURST 1999/2000, coordinatore Daniele Manacorda) era stato scelto come campione il territorio comunale di Murlo. L unità di ricerca costituita presso il Dipartimento di Storia comprendeva un gruppo di lavoro formato da geografi, geologi e biologi, ed aveva come obiettivo quello di costruire una base di riferimento che mettesse in grado i ricercatori (in particolare il progetto era destinato agli archeologi) di utilizzare fonti informative di diversa provenienza, tramite un adeguato trattamento cartografico delle informazioni. L ipotesi che è stata sviluppata, in particolare, è quella che mette in relazione le basi geo-litologiche con lo stato attuale della vegetazione e la fisionomia storica dei paesaggi, quale si può ricostruire attraverso l elaborazione della prima fonte cartografica costruita su un impianto geometrico e corredata di un apparato informativo, cioè il Catasto Leopoldino del Alla ricerca hanno collaborato il prof. Fabio Sandrelli del Dipartimento di Scienze della Terra, il dott. Alessandro Chiarucci del Dipartimento di Biologia Ambientale, oltre ai ricercatori del Laboratorio Informatico del Dipartimento di Storia (Stefano Campana, Roberto Rubini, Giovanni Mazzini), con il coordinamento del prof. Claudio Greppi. La ricerca ha prodotto un prototipo di elaborazione informatica dei dati catastali in ambito GIS, che consente di collegare i dati topografici (particelle) alle informazioni contenute nelle Tavole Indicative del Catasto, relative a proprietari e destinazioni d'uso del suolo, nonché di sovrapporre il quadro così ottenuto, che descrive nel dettaglio lo scenario paesistico presente al 1825, con tutti i tematismi riferibili alle fonti successive (carte topografiche, carte tematiche, coperture aereofotografiche). La ricerca è alla base della Convenzione stipulata con l'amministrazione Provinciale di Siena che prevede nei prossimi anni di coprire l'intero territorio provinciale. IL CASO DI MURLO. PRIMI RISULTATI Osservato in una carta ottenuta dalle ombreggiature del modello digitale del terreno, il territorio di Murlo appare come un ampio promontorio che si protende a nord e ad est verso le crete senesi e il piano di Rosia, ben delimitato a ovest e a sud dai solchi della Merse e dell Ombrone. La geologia ci insegna che si tratta di un segmento della Dorsale Medio Toscana, che a dispetto delle modeste 1

2 altitudini dei rilievi appartiene ad uno dei corrugamenti prodotti dal sollevamento appenninico, e unisce idealmente (ma anche visivamente) la Montagnola senese con i poggi di Montalcino e il cono vulcanico amiatino. Siamo dunque sulla sponda marittima del grande bacino senese, colmato dalla distesa delle argille plioceniche fino alla sponda continentale che va dai Monti del Chianti al Cetona: l occhio di un osservatore che guarda verso sud dalla torre del Mangia percepisce la continuità delle due dorsali più per l aspetto della copertura boschiva, nettamente in contrasto con le distese aperte delle crete, che non per la consistenza dei rilievi. Continuità dei rilievi e continuità della copertura vegetale nascondono tuttavia un mosaico estremamente differenziato sia dal punto di vista geologico che da quello dell insediamento umano e dei paesaggi. Man mano che l osservazione si fa più dettagliata si scoprono nel territorio di Murlo condizioni varie e complesse che ne fanno un microcosmo di paesaggi assai più ricco di quanto non ci si aspetterebbe a prima vista. Rispetto alla costituzione fisica del suolo scriveva Emanuele Repetti alla voce Murlo - questa Comunità offre un bel campo di studio al geologo che trova costà in mezzo ai terreni friabili di marna conchigliare rocce ofiolitiche massicce a contatto di calcaree compatte, di argille-schistose, di galestro e di potenti banchi di ghiaja conglutinati da un sugo siliceo e solidamente ammassati a guisa di puddinga. Già nell Ottocento era dunque chiaro che il quadro geologico di Murlo era ben diverso da quello dei poggi circostanti: vi manca una formazione dominante, come il calcare cavernoso nella Montagnola, il Verrucano nei poggi di Monticiano, il macigno in quelli di Montalcino. Sono invece diffuse le rocce sterili per l agricoltura, come le ofioliti e i galestri, la cui presenza Repetti associava alla povera vegetazione della macchia. In quanto alle produzioni agrarie prosegue infatti la descrizione nel Dizionario i poggi di Murlo e delle sue villate acquapendenti nella Merse sono generalmente coperti di piante boschive, di cerri, lecci, querci, corbezzoli, filliree, scope, mortelle, ginepri, ecc. Al contrario nelle piagge marnose situate al lato di lev. della stessa Comunità, e acquapendenti nell Ombrone, vi allignano gli olivi, i gelsi, e le viti maritate ai loppi ne campi sparsi di alberi fruttiferi e destinati a granaglie. Il tutto per sostenere una popolazione di anime, al 1833, con una densità fra le più basse della Toscana centrale, pari a 20 abitanti per chilometro quadrato. Se però andiamo a vedere la distribuzione degli insediamenti, troviamo che la divisione fra i due versanti è un po troppo semplicistica: in realtà anche sul versante della Merse vi erano, già al tempo di Repetti, frazioni importanti come Frontignano, Casciano, Vallerano e Montepescini, che in tutto costituivano quasi la metà della popolazione. Piuttosto una caratteristica degli insediamenti, e quindi anche delle colture, è di essere distribuiti lungo tutti i margini del territorio comunale, mentre il centro è 2

3 dominato da una vasta area disabitata, coperta di bosco e di macchia. Si tratta di insediamenti di natura diversa, sia sull Ombrone che sulla Merse: castelli come Murlo, Montepertuso e Montepescini, centri aziendali come Bagnaia, Campriano, San Giusto, centri minerari antichi come Frontignano e Vallerano, o recenti come la Miniera di Murlo. Infine una anomalia, nel quadro delle strutture agrarie senesi, è costituita dall insediamento a maglia fitta di Casciano, con Fontazzi, Casanova e Poggio Brucoli, dove la presenza della piccola proprietà locale contrasta anche visivamente con le strutture poderali delle grandi fattorie senesi. Il carico demografico è certamente un dato di primario interesse per lo storico del territorio, soprattutto se riferito a strutture economiche preindustriali, dove il popolamento dipende dall uso delle risorse agricole, e dunque l intensità di trasformazione del terreno è funzione del numero di abitanti e delle pratiche agrarie. Queste a loro volta dipenderanno dalle opportunità offerte dalle diverse condizioni ambientali: saranno più estensive nelle aree argillose e sempre più intensive in quelle dove ogni ettaro strappato al bosco e alla roccia comporta un alto indice di lavoro accumulato nel tempo. Sarà interessante allora analizzare come la popolazione di Murlo sia variata nei decenni successivi al censimento riportato nel Dizionario di Repetti. Nel 1951 l ISTAT registrava un totale di abitanti, che nel 1991 erano scesi a La popolazione sparsa, in prevalenza in case poderali, nel 1951 superava i due terzi: oggi, in edifici recuperati dopo la crisi dell agricoltura, non arriva a un terzo del totale inclusi i nuclei abitati che prima avevano dignità di censimento. Sono sempre valori molto bassi, ma il mutamento non può essere trascurato. Preso nel suo valore di insieme, il carico demografico del comune di Murlo è passato da 20 ab./kmq nel 1833 a poco più di 30 ab./kmq nel 1951 per ridiscendere a 15 ab./kmq nel Nel frattempo anche la presenza umana sul territorio ha profondamente cambiato la sua natura sociale, e sono ben pochi coloro la cui sussistenza dipende esclusivamente dalle risorse del suolo. Ma quali erano le condizioni dei paesaggi di Murlo prima della crisi dell agricoltura che ha investito tutta la Toscana centrale? Qui si inserisce la ricostruzione analitica dei paesaggi di Murlo tramite l elaborazione dei dati del Catasto Lorenese. Come è noto, il Catasto fu avviato dopo la restaurazione, insieme all elaborazione della carta geometrica della Toscana che verrà portata a termine da Giovanni Inghirami nel 1830, allo scopo di rilevare le caratteristiche dei terreni e degli edifici per poi procedere alla valutazione fiscale: ad ogni particella, misurata sul terreno e riportata su mappe riferite alle coordinate della carta geometrica, sono quindi assegnati gli attributi che ne definiscono la proprietà e le condizioni d uso. Si tratta di un patrimonio informativo talmente ricco e complesso 3

4 che solo oggi, con le nuove tecnologie informatiche, è possibile trattare adeguatamente. Finora il Catasto era stato usato dagli studiosi per l analisi del tessuto insediativo e la localizzazione di edifici speciali, più raramente e solo per campioni limitati anche per la ricostruzione del paesaggio agrario. Ciò che solo la metodologia dei Sistemi Informativi Geografici consente oggi di operare è la restituzione analitica, su base topografica, delle singole particelle e dei rispettivi attributi. La prima fase della ricerca, estremamente laboriosa, ha consentito di georeferenziare ciascuna delle 26 mappe catastali che compongono il Comune di Murlo, seguendo diverse procedure sperimentali, e quindi di presentare analiticamente il quadro delle destinazioni d uso e delle proprietà alla data del 1825, molto vicina alla descrizione di Repetti. E stato possibile mantenere tutta di varietà di indicazioni contenute nei Libri Inventari, conservati presso l Archivio di Stato di Siena, dove si distinguono lavorativi arborati di vario tipo (vitati, olivati, pomati ecc.), e sono inoltre indicate tutte le essenze presenti nelle pasture (lecci, querce, cerri, sughere, castagni), fino a segnalare anche la presenza di fatti particolari come ruderi o uccelliere. Il quadro che risulta dal mosaico delle forme d uso del suolo è quello di un economia agro-pastorale, con una limitata presenza di lavorativi arborati, concentrati intorno ai principali insediamenti (Casciano e Vescovado in particolare), e una vastissima estensione di pasture arborate, con prevalenza di lecci, che dominano tutta l area centrale e il versante della Merse. I lavorativi nudi sono distribuiti sulle argille verso l Ombrone e nel fondovalle della Merse, mentre il bosco vero e proprio è concentrato nella forma della lecceta in una fascia che va da Vallerano alla Befa, esposta prevalentemente a mezzogiorno, e in quella del querceto trattato a ceduo al confine settentrionale, nelle proprietà della fattoria della Selva. I sodi e le pasture nude sono distribuiti un po ovunque, in particolare sui terreni ofiolitici. Non mancano dettagli come la presenza di castagneti (da frutto o da palina, intorno a Casciano) e di sughere, o meglio pasture con sughere, nei pressi di San Giusto. Il paesaggio che si presentava all osservatore dell Ottocento era dunque molto diverso da quello attuale: la copertura boscosa non era continua, ma consentiva il transito e il pascolo di animali (ovini e suini, con tutta probabilità) che potevano sfruttare e quindi ripulire il sottobosco e nutrirsi della produzione di ghiande delle piante più mature. Un paesaggio aperto, insomma, dove gli ostacoli alla circolazione erano solo quelli dovuti ai fossi e ai burroni, che oggi invece si presenta nel complesso in una forma decisamente più selvatica. Il problema che si pone in una fase successiva della ricerca è proprio quello di misurare in mutamento intervenuto fra il 1825 e oggi, sia in termini quantitativi che in forma topografica. E stata presa come riferimento la Carta della vegetazione dei Comuni di Murlo e Monteroni d Arbia, elaborata nell ultimo decennio del secolo scorso dai colleghi di Biologia Ambientale, 4

5 descrive lo stato attuale della vegetazione seguendo il metodo fitosociologico, per cui è molto più analitica nella classificazione delle formazioni forestali e arbustive che non in quelle di origine antropica, e a differenza del catasto è costruita sulla fotointerpretazione e non sul mosaico particellare. Per rendere confrontabili i due quadri, quello del 1825 e quello attuale, occorreva quindi intervenire sia sulle classi di uso del suolo che sulla tecnica di rappresentazione. Occorreva inoltre inventare una metodologia che consentisse il confronto diacronico fra due elaborati cartografici riferiti a tempi diversi, tema nuovo rispetto ai modelli correnti di analisi spaziale in ambito GIS. La soluzione adottata, con la consulenza informatica del dott. Giancarlo Macchi, è stata quella di passare attraverso la conversione di entrambe le carte in grid (a base 10x10m), per ottenere due piani cartografici sovrapponibili e richiedere al sistema informativo la costruzione di una matrice con i valori in ettari delle classi di vegetazione al Leopoldino (in ordinate) e oggi (in ascisse). La matrice comprende originariamente16 classi per il Leopoldino e 18 per la vegetazione attuale, ed è oggetto di analisi da parte dei colleghi di Biologia Ambientale: una nota in proposito (redatta da Francesco Parigi e Alessandro Chiarucci) è contenuta nel volume dedicato alla Carta archeologica del comune di Murlo, a cura di Stefano Campana, pubblicato nel Per ottenere un confronto leggibile anche sul piano della restituzione cartografica è tuttavia necessario un altro passo, che consiste nel chiedere al sistema in primo luogo di individuare, a partire dalle classi di vegetazione al 1825 (Fig.1), le aree che hanno conservato la stessa destinazione o viceversa quali mutamenti siano intervenuti, e in secondo luogo di individuare, a partire dalle classi attuali (Fig.2), le condizioni che si presentavano nel Il confronto non può tuttavia essere effettuato a partire da una matrice a 288 caselle, ma occorre operare preliminarmente un aggregazione delle classi secondo un criterio omogeneo. Se si assume in questo Fig.1 - Classi di vegetazione al 1825 caso come criterio quello della fisionomia paesistica, le classi aggregate possono essere ridotte a cinque: campi aperti, inclusi seminativi a rotazione e pascoli, 5

6 Fig.2 - Classi di vegetazione al 1995 seminativi arborati, incluse le attuali colture arboree specializzate, pasture arborate e arbusteti (un aggregazione, questa, un po arbitraria, sulla quale c è da discutere), boschi di leccio, boschi di querce. La matrice che si ottiene, a questo punto, è di 5x5, con una diagonale che riporta le superfici dove si manifesta una continuità nella fisionomia paesistica, un triangolo superiore nel quale il mutamento va nella direzione di una maggiore compagine vegetale, un triangolo inferiore dove invece si verifica un diradamento a vantaggio degli spazi aperti e dei lavorativi (Tab.1). La ragione per cui si sono messi sullo stesso piano pasture alberate e arbusteti sta appunto nella densità della copertura vegetale: il passaggio da pastura a bosco va nella direzione di un infittimento della copertura vegetale, da pastura a arbusteto potrebbe (per ipotesi) rappresentare un elemento di continuità. Certamente gli stessi dati possono portare a conclusioni opposte, secondo come si leggono: da un punto di vista botanico, una pastura con lecci che diventa una lecceta conserva la sua specificità, mentre da un punto di vista paesistico il mutamento è notevole. Tab. 1: confronto per classi di vegetazione, , in ettari / 1995 seminativi colture arb. arbusteti lecci querce resto totale seminativi 1.680,2 252,7 21,6 634,6 409,5 155, ,6 colture arb. 428,1 238,1 13,5 70,6 43,1 59,6 852,9 pasture arb. 740,0 293,5 65, , ,6 165, ,5 lecci 138,9 26,1 13,9 860,6 179,4 25, ,9 querce 42,7 9,9 0,6 90,3 387,4 6,5 537,3 resto 13,7 6,2 1,5 1,9 3,7 14,6 31,2 totale 3.043,6 826,4 116, , ,6 425, ,0 Percentuali orizzontali 1825 / 1995 seminativi colture arb. arbusteti lecci querce resto totale 6

7 seminativi 53,28 8,01 0,68 20,12 12,99 4,91 100,00 colture arb. 50,19 27,91 1,58 8,28 5,05 6,99 100,00 pasture arb. 13,17 5,23 1,17 44,83 32,66 2,94 100,00 lecci 11,17 2,10 1,12 69,18 14,43 2,01 100,00 querce 7,94 1,84 0,12 16,81 72,09 1,20 100,00 resto 43,86 19,76 4,90 6,14 11,74 46,83 100,00 totale 26,59 7,22 1,02 36,49 24,97 3,72 100,00 Percentuali verticali 1825 / 1995 seminativi colture arb. arbusteti lecci querce resto totale seminativi 55,20 30,58 18,51 15,20 14,33 36,41 27,55 colture arb. 14,07 28,80 11,54 1,69 1,51 14,01 7,45 pasture arb. 24,31 35,52 56,17 60,30 64,20 38,76 49,07 lecci 4,56 3,16 11,92 20,61 6,28 5,86 10,87 querce 1,40 1,20 0,54 2,16 13,56 1,52 4,69 resto 0,45 0,75 1,31 0,05 0,13 3,44 0,27 totale 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 Per comprendere quanto il procedimento sia significativo si possono intanto prendere in considerazione due aspetti di dettaglio, che esulano dalla matrice aggregata: quello dei castagneti e quello delle sugherete. Si tratta di piccole particelle che il Catasto registrava ai fini di un diverso trattamento fiscale, dove anche oggi troviamo traccia di queste colture arboree che erano state introdotte a complemento dell economia agro-pastorale. In questo caso il confronto cartografico è più evidente di qualsiasi trattamento quantitativo: sovrapponendo due campiture, colorate o a retino, si osserva che la presenza del castagno e della sughera si è conservata negli stessi luoghi, anche se i contorni non sono più gli stessi. Ma per un trattamento topografico dei dati riportati nella matrice delle classi di fisionomia paesistica occorre procedere gradualmente: a partire dalle righe e dalle colonne della matrice si ottengono infatti dieci carte separate, che offrono gli spunti interpretativi per il confronto diacronico che l occhio non potrebbe cogliere su un solo elaborato con ben 25 campiture diverse. Di alcune di queste carte è opportuno fornire una descrizione appropriata, per la loro consistenza ai fini dell'analisi paesistica. Una prima carta (Fig.3) ci mostra la distribuzione dei campi aperti al 1825 e i mutamenti intervenuti fino ad oggi. I paesaggi erbacei comprendono lavorativi e pasture: i primi hanno conservato in larga misura il loro carattere, almeno sulle colline argillose verso l Ombrone, mentre è frequente il caso di pasture trasformate in leccete, specie in aderenza alla grande estensione centrale di quelle che una volta erano le pasture con lecci. Il caso di campi aperti, in origine lavorativi, divenuti querceti, è 7

8 presente in particolare intorno al borgo minerario di Frontignano, oggi quasi totalmente abbandonato, che ospitava un centinaio di abitanti addetti anche alla coltivazione della cava di gesso. Il passaggio da lavorativi nudi ad arborati è concentrato in due situazioni: intorno a Casciano nella forma di piccoli appezzamenti contigui al tessuto delle colture promiscue già presente (e in gran parte conservato), e intorno a Belsedere, sui ripiani che guardano lo sbocco della Merse nell Ombrone, nella forma del vigneto specializzato. Fig.3 - Uso attuale dei campi aperti presenti nel 1825 Prendiamo ora la carta che ci mostra il quadro retrospettivo (Fig.4), a partire dall attuale distribuzione delle colture erbacee. Conosciamo già le aree dove il carattere dei campi aperti si è conservato, mentre osserviamo che in tutti gli altri casi la forma aperta si è imposta per piccole frazioni di terreno, provenienti per la maggior parte dalla classe delle pasture arborate, non lontane dai centri abitati. Significativo in questo caso è il mutamento intervenuto intorno ai due centri maggiori, Vescovado e Casciano, dove numerosi appezzamenti a lavorativo arborato hanno lasciato il posto alle colture erbacee: nel primo caso, però, la perdita del paesaggio della coltura promiscua è quasi completa, mentre Fig.4 - Campi aperti attuali e loro uso nel

9 Fig.5 - Uso attuale delle colture arborate presenti nel 1825 intorno a Casciano si tratta piuttosto di uno scambio all interno di una tessitura agraria a maglia fitta dominata anche oggi dalla piccola proprietà. Se infatti interroghiamo la carta che ci fornisce il destino delle colture arborate presenti al 1825 (Fig.5), troviamo che una certa continuità si manifesta (certamente in forme diverse dalla coltura promiscua) intorno a Casciano, con vigneti e oliveti, e anche intorno a Vallerano e Montepescini, sempre sul margine occidentale, dove permangono molti oliveti ormai ridotti a coltura estensiva residuale. E interessante osservare che se si considera il paesaggio agrario intorno a Casciano (un anomalia, come se è detto, rispetto alla mezzadria senese), si nota nel complesso un'espansione dei coltivi che vanno a intaccare quelle che una volta erano le pasture con lecci intorno all abitato: dai dati del Leopoldino sappiamo che queste aree, che formavano pressappoco un ampio esagono, corrispondevano alla proprietà di una Società di Casciano che gestiva collettivamente l uso delle pasture. Dopo lo scioglimento della Società, intorno alla metà dell Ottocento, i terreni sono stati privatizzati e quindi messi a coltura: è un episodio che merita di essere approfondito, se non altro per la sua unicità nel quadro senese. Fig.6 - Uso attuale delle pasture arborate e degli arbusteti presenti nel

10 La carta che fornisce il destino delle pasture arborate (Fig.6) mostra chiaramente questo processo, così come documenta l espansione dei vigneti moderni intorno a Belsedere, ricavati dunque sia da pasture che da seminativi. Ma quella delle colture arboree è solo una quota minore della trasformazione delle pasture con alberi: per la massima parte queste si sono infittite fino ad essere classificate oggi come boschi, con prevalenza di leccio o di querce. Con maggiore attenzione, si potrebbero cogliere le diverse sfumature che passano dall arbusteto al bosco vero e proprio: in particolare sui terreni della successione ofiolitica le piante sono rade mentre il sottobosco, non più sottoposto alla pastura, si è infittito di arbusti di eriche, corbezzoli e tutto il corredo della macchia. Si può concludere osservando che le carte che documentano l evoluzione dei boschi (Fig.7; Fig.8), sia di leccio che di querce, mostrano un notevole grado di continuità, non solo in termini di estensione ma anche di composizione specifica (Fig.9; Fig.10): il che testimonia dell attendibilità della rilevazione effettuata al tempo del Catasto. I boschi censiti come tali non hanno dunque mutato sostanzialmente carattere, mentre guardando retrospettivamente a partire dalle condizioni attuali dei boschi, non può non assumere la massima rilevanza quantitativa il passaggio da pastura con alberi a bosco, sempre con elementi di continuità nella composizione specifica. Ma al di là di questo fenomeno, non è affatto trascurabile l espansione della compagine boschiva anche a spese dei campi aperti e persino delle colture arborate: in particolare la lecceta ha guadagnato spazio subito a ponente di Vescovado e Lupompesi, i querceti intorno a Frontignano. Fig.7 - Uso attuale delle leccete presenti nel 1825 Fig.8 - Uso attuale dei querceti presenti nel

11 Fig.9 - Leccete attuali e loro uso nel 1825 Fig.10 - Querceti attuali e loro uso nel 1825 Un'ultima osservazione riguarda la segnalazione, nelle Tavola Indicative del Catasto Leopoldino, di alcune particelle comprendenti "ruderi", registrate come "pastura con rudere", "lavorativo con rudere", ecc. Ci si attendeva un possibile collegamento con i siti rilevati nella ricognizione archeologica: invece si tratta solo di edifici rovinati, probabilmente in epoca recente, ben visibili al rilevatore del Catasto perché situati in aree relativamente aperte, e segnalati solo perché non potevano essere sottoposti a nessuna forma di prelievo fiscale. Per quest'ultima ragione, oltre alla mancanza di visibilità, mancano nel Catasto anche le più significative presenze di insediamenti ormai sepolti nella boscaglia, come il "Conventaccio", l'ermo di Monte Specchio, incluso in una anonima particella di pastura con lecci, oggi divenuta parte della più fitta compagine a bosco di leccio con tutto il corredo della vegetazione delle ofioliti. 11

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