L IMPRENDITORIA CINESE IN ITALIA

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1 Scuola di Dottorato in Sociologia e Ricerca Sociale XXIV ciclo L IMPRENDITORIA CINESE IN ITALIA Due casi studio: la ristorazione cinese a Milano e il distretto del porfido a Trento Tesi di Dottorato di Nicoletta Bressan Relatore: prof.ssa Francesca Decimo Anno accademico

2 2 A me stessa, donna e ricercatrice, e al mio desiderio infinito di non arrendermi mai.

3 INDICE INTRODUZIONE... 7 CAPITOLO I L AZIONE ECONOMICA DEI MIGRANTI Introduzione I migranti in un mercato del lavoro segmentato Imprenditoria immigrata e network migratori Network, migranti e mercato del lavoro Network, migranti ed imprenditoria Imprenditoria immigrata e capitale sociale, finanziario ed umano Società riceventi e sviluppo dell economia etnica Economia etnica: vantaggi e svantaggi I distretti industriali in Italia e l imprenditoria immigrata Conclusioni CAPITOLO II FAMIGLIA, GUANXI E IMPRENDITORIA NELLA DIASPORA CINESE Introduzione Le migrazioni cinesi: il ruolo della famiglia e delle reti etniche I rapporti di guanxi L imprenditoria: interconnessione tra famiglia e guanxi Transnazionalismo, diaspora e diaspora cinese Fig. 1 Mappa della Cina Tab. 1 Principali componenti dialettali della diaspora cinese I cinesi nella diaspora tra attivismo economico ed esclusione politico-economica Il Sud Est asiatico Gli Stati Uniti L Europa L imprenditoria cinese oggi: il transnazionalismo dei giovani cinesi Conclusioni

4 CAPITOLO III L IMPRENDITORIA CINESE IN ITALIA Introduzione Storia della migrazione cinese in Italia L imprenditoria cinese in Italia: gli ambiti produttivi Tab. 2 Titolari di impresa cinesi per settori di attività: Italia, (valori assoluti al 30.6 di ogni anno) La manodopera cinese: l immigrazione clandestina e il lavoro nero L imprenditoria cinese in Italia: focus su alcuni ambiti economici Il settore della ristorazione Tab. 3 Imprese individuali con titolare cinese per principali settori di attività in provincia di Milano, (valori assoluti) Il settore manifatturiero: il tessile e l abbigliamento Il settore lapideo Conclusioni CAPITOLO IV DALLA CINA ALL ITALIA Introduzione Dalla Cina all Italia: emigrare perché? Le principali finalità della scelta migratoria Famiglia cinese e reti etniche: le prime fasi del progetto migratorio Il sostegno morale della rete familiare L apporto di amici e connazionali Famiglia, guanxi, denaro e debito Il supporto alloggiativo Conclusioni CAPITOLO V IL SETTORE DELLA RISTORAZIONE CINESE IN PROVINCIA DI MILANO Introduzione La ristorazione cinese: settore tradizionale dell imprenditoria cinese a Milano Tab. 4 Attività alberghiere e ristorative gestite da cinesi in provincia di Milano, Il migrante cinese e l inserimento nel settore della ristorazione

5 2.1 Famiglia, reti etniche e inserimento lavorativo del migrante Prospettive di permanenza o fuoruscita dalla ristorazione cinese Il migrante cinese e la transizione al lavoro autonomo Il ruolo della famiglia L impresa familiare cinese: la divisione dei ruoli e il fattore generazione L apporto delle reti etniche L economia etnica cinese: instabilità versus dinamicità Il trattamento contrattuale Il rapporto tra laoban e dagong Conclusioni CAPITOLO VI LA PRESENZA CINESE NEL DISTRETTO DEL PORFIDO IN PROVINCIA DI TRENTO Introduzione Il distretto del porfido: settore tradizionale dell economia trentina Il migrante cinese e l inserimento nel distretto del porfido Famiglia e reti etniche: il primo inserimento al distretto e i successivi Prospettive di permanenza o fuoriuscita dal distretto del porfido La transizione al lavoro autonomo Il settore lapideo ed edilizio: condizioni contrattuali e lavorative Cinesi e distretto: quale progressione lavorativa ed economica? Modalità di reclutamento del personale Conclusioni CONCLUSIONI Migrante e network: un rapporto tra continuità con il passato ed elementi di novità La partenza e l accesso al mercato del lavoro L apertura e la gestione di attività imprenditoriali La diversificazione dell impresa cinese: riflessioni sul concetto di economia etnica Impatto economico dell imprenditoria cinese sul territorio tra legami locali e transnazionali L imprenditoria cinese tra dinamicità ed instabilità dei due settori economici Andamento in-out : l incidenza del capitale umano e del turn over Andamento in-out : la normativa contrattuale e la condizione lavorativa

6 4. Il lavoratore cinese: identificazione di quattro tipi Tab. 5 Quattro tipi di lavoratori cinesi che emergono dal lavoro di campo etnografico Riflessioni sulla letteratura: il caso cinese tra aspetti di continuità ed innovazione La dimensione cinese: prospettive di ricerca future APPENDICE METODOLOGICA Il disegno della ricerca La metodologia di ricerca L uso dell intervista semi-strutturata L uso dell intervista non strutturata L accesso al campo etnografico L accesso al campo in provincia di Milano L accesso al campo in provincia di Trento L interazione con il migrante L interazione con soggetti esterni Il ruolo dell interprete Il mio ruolo come ricercatore Tab. 6 Migranti cinesi intervistati nel settore della ristorazione Tab. 7 Migranti cinesi intervistati nel distretto del porfido APPENDICE FOTOGRAFICA BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI

7 INTRODUZIONE Il presente lavoro di ricerca è incentrato sullo studio dell imprenditoria cinese in Italia. Tale studio si fonda sulla seguente domanda di ricerca: Come la presenza cinese è diventata economicamente rilevante in Italia sviluppando un imprenditoria diffusa a livello locale?. Questa domanda nasce dall evidente espansione delle attività imprenditoriali cinesi nel nostro paese. Come noti studi riportano (CGIA, 2010, 2012) la presenza imprenditoriale cinese è incrementata su tutto il territorio nazionale, nonostante dal 2008 la crisi economica stia indebolendo la capacità produttiva e competitiva dell imprenditoria italiana. Tale domanda di ricerca mi ha portato ad indirizzare l attenzione verso lo studio di due ambiti economici differenti: la ristorazione cinese in provincia di Milano e il distretto del porfido in provincia di Trento. La scelta di questi due settori economici nasce dalla valutazione della storia, come delle dinamiche dell insediamento della presenza cinese in Italia e del suo inserimento nel tessuto economico italiano con l avvio di attività imprenditoriali. Dal punto di vista dell insediamento cinese è Milano l area in cui, a partire dagli anni 20, i primi flussi migratori provenienti dalla Francia si sono stabilizzati. E sempre a Milano che ha preso avvio l imprenditoria cinese: dopo le prime attività di vendita ambulante e produzione di articoli in pelle, la ristorazione è stata tra i settori più noti e sviluppati dai cinesi ad aver conosciuto un notevole impulso a partire dagli anni 80. Come altri ambiti dell imprenditoria cinese, quello della ristorazione è stato un settore in cui l elemento etnico è stato fondante di un economia che si è espansa ed ha incrementato le sue possibilità e con il tempo ha perso sempre di più i suoi connotati etnici. Ad oggi, la ristorazione continua ad essere un settore importante per l imprenditoria cinese poiché aperto a innovazioni di vario genere. Al contrario, dal punto di vista dell insediamento della presenza cinese, il distretto del porfido in Trentino è un ambito in cui i migranti cinesi si sono inseriti solo verso la seconda metà degli anni 90. La presenza cinese in Trentino, infatti, è più tardiva rispetto alla provincia di Milano, risalendo intorno ai primi anni 90. A parte l aspetto migratorio il distretto del porfido è interessante come caso studio anche dal punto di vista economico. Si tratta di osservare l ingresso della presenza cinese in un distretto industriale espressione di un contesto produttivo tradizionale dell economia trentina. Pertanto, è interessante porre l attenzione su quali siano state le motivazioni e le dinamiche che hanno accompagnato l entrata dei migranti cinesi in questo contesto. Da qui, quale sia la loro presenza imprenditoriale e come essa si rapporti al contesto economico e territoriale. Nella presente ricerca, dunque, ho scelto di studiare due settori economici e due territori tra loro diversi, osservando come la presenza cinese li abbia penetrati. Se la ristorazione cinese è espressione di un settore dell economica etnica che si è sviluppato in tutti i paesi interessati dalla diaspora cinese, radicalizzandosi nel contesto economico locale e subendo una costante evoluzione, il distretto del porfido trentino è 7

8 un contesto socio-antropologico tradizionale, un ambito economico pioneristico in cui i cinesi si sono inseriti e la cui presenza come attori economici non è mai stata studiata prima. Infatti, se a Milano la presenza cinese ha connotato etnicamente alcuni quartieri dando vita ad attività imprenditoriali soprattutto ristorative, a Trento è numericamente e urbanisticamente meno evidente. Tuttavia i cinesi sono stati in grado di inserirsi e di farsi apprezzare come forza lavoro in un ambito dell economia trentina come quello lapideo che, per anni, ha visto il dominio esclusivo degli attori economici locali. Il mio intento nel corso della ricerca, dunque, non è stato finalizzato ad effettuare alcuna comparazione tra questi due settori economici poiché consapevole delle loro diversità. Il mio obiettivo, piuttosto, è stato quello di comprendere come la presenza cinese abbia inciso in entrambi affermandosi sotto il profilo imprenditoriale, cercando spazi di competitività, introducendo laddove possibile elementi innovativi espressione di una versatilità in grado di trovare un affermazione imprenditoriale. La finalità è stata quella di indagare mondi diversi e di osservare come l attore economico cambia nel momento in cui si inserisce in entrambi e si rapporta con dinamiche socioeconomiche differenti. Tale processo di avanzamento e radicalizzazione dell imprenditoria cinese nel tessuto economico italiano può essere osservato da angolazioni differenti ma, nel presente lavoro di ricerca, ho scelto di adottare come prospettiva di analisi la teoria dei network. Come la letteratura internazionale evidenzia (Freedman, 1970, 1979, 1996; Bacher, 1979; Redding, 1993; Chan e Chiang, 1994; Chan, 2006) la famiglia e le reti etniche cinesi sono strutture sociali di primario riferimento, sia che si prenda in esame l individuo nella società cinese, che il migrante nella diaspora. Dunque, scegliere come angolazione di analisi la teoria dei network è significato osservare il settore della ristorazione cinese e del distretto del porfido da una prospettiva che mi potesse fornire una reale capacità di indagine. Infatti, studiando la migrazione e l inserimento lavorativo dei cinesi attraverso il network familiare ed etnico, è più probabile addentrarsi all interno dell oggetto di studio acquisendo informazioni utili all analisi. I network sono strutture basilari per i cinesi, sui quali le relazioni private e professionali trovano fondamento. Proprio per questo, indagando le azioni che i migranti compiono attraverso essi e le prospettive imprenditoriali che grazie ad essi si possono attuare, vi è la probabilità di addentrarsi in tematiche sensibili. Osservando il funzionamento dei network vi è l opportunità di comprendere quale sia il peso fornito dalle reti familiari ed etniche nelle diverse fasi della migrazione. In particolare, quale sia la loro influenza rispetto all avvio dell attività autonoma, soprattutto quando sono carenti le primarie risorse imprenditoriali e il migrante vive gli svantaggi derivanti dalla condizione di immigrato. Nello specifico, ho cercato di rilevare il peso del network familiare differenziando tra famiglia, parentela e rete etnica. Come la letteratura mette in rilievo, la definizione di famiglia cinese comprende sia il nucleo familiare che un numero elevato di gradi parentali. Per cui, il termine familiare viene utilizzato in senso ampio dai cinesi e, spesso, nella stessa letteratura non viene sottolineata la distinzione tra familiari e parenti. La presente ricerca, invece, cerca di cogliere la differenza che sussiste tra famiglia nucleare ed allargata, a cui si accosta quella della rete etnica 8

9 rispetto alle fasi iniziali della migrazione, all entrata nel contesto economico di destinazione e al passaggio al lavoro autonomo. La finalità è stata quella di comprendere se emergono differenze nel rapporto che il migrante ha con i familiari stretti e con i parenti e se, questi ultimi, intervengono con la medesima incidenza rispetto alle richieste del migrante. Da qui, se e in che modo nel corso del tempo il rapporto che il migrante mantiene con i membri del network familiare cambia, a seconda che si tratti di familiari o parenti. Inoltre, ho preso in esame i rapporti di guanxi, intesi come relazioni tra soggetti aventi la medesima appartenenza geodialettale, i quali legano i membri alla rete etnica attraverso vincoli ed interdipendenze reciproche. Ho voluto approfondire come la rete etnica rappresentata da soggetti esterni alla famiglia nucleare e allargata fornisce, a chi emigra, un sostegno agevolandone la scelta migratoria, l inserimento nel mercato del lavoro e la transizione al lavoro autonomo. Nel considerare l azione delle reti mi sono, ad un tempo, concentrata nel comprendere le dinamiche del settore della ristorazione cinese e del distretto del porfido. Ho studiato questi due settori economici sia dal punto di vista produttivo, che dello sviluppo dell imprenditoria cinese e delle sue possibilità di affermazione a livello locale. Infine, ho osservato dall interno ciascuno dei due contesti lavorativi considerando i rapporti che intercorrono tra i membri delle unità produttivo-familiari cinesi. In particolare ho cercato di comprendere quale sia l applicazione dei diritti lavorativi e contrattuali, soprattutto da parte dei datori di lavoro cinesi, nei confronti dei propri dipendenti. Specifiche ipotesi di ricerca, ricollegabili a tre diverse dimensioni, sono state alla base del mio percorso analitico. Una prima dimensione è individuale, relativa al migrante e al suo rapporto con il network migratorio sia durante la prima fase del progetto migratorio data dalla partenza dalle zone di origine e all inserimento nel contesto socio-economico di destinazione. Una seconda dimensione è imprenditoriale e si riferisce all organizzazione e gestione dell unità produttivo-familiare cinese. Infine, una terza è sovra-imprenditoriale e riguarda il sistema di unità produttive cinesi, il rapporto che intercorre tra di esse e il contesto economico locale. In merito alla dimensione individuale le ipotesi formulate sono tre. Esse sono relative al rapporto che il migrante ha con il network migratorio nella fase di emigrazione, come in quella di inserimento e permanenza all interno dei due settori economici. Nella prima ipotesi considero l importanza della famiglia e delle reti etniche cinesi nel favorire l inserimento lavorativo dei migranti nel settore della ristorazione e nel distretto del porfido. Ipotizzo, dunque, che il network familiare-parentale ed etnico cinese abbia uguale incidenza nel favorire l inserimento lavorativo dei migranti in entrambi i settori. Nella seconda ipotesi mi soffermo sul legame tra anzianità delle reti migratorie, sviluppo dell imprenditoria cinese a livello locale e permanenza dei migranti all interno del contesto economico. Considerando la provincia di Milano ipotizzo che, data l anzianità delle reti migratorie e la maggiore complessità delle relazioni-imprenditoriali cinesi, il migrante inserito nel settore della ristorazione è propenso a permanere 9

10 all interno di questo ambito. Quindi, una volta che egli entra a far parte del contesto etnico, rimane vincolato alle possibilità lavorative che esso offre, per cui transita con meno facilità e frequenza verso altri settori economici. Questo è dovuto alla maggior concentrazione delle reti etniche cinesi a livello territoriale e alla loro elevata coesione interna. Al contrario, suppongo che il distretto del porfido non limita la libertà di azione del migrante per cui egli cerca opportunità lavorative al di fuori dell ambito distrettuale. In questo contesto, infatti, la densità di relazioni imprenditoriali e lavorative che i cinesi mettono in atto è meno fitta. Questo, sia perché la loro presenza in Trentino e nello specifico nel distretto è limitata, e sia perché il numero delle unità produttive cinesi è ridotto. Pertanto, la loro forza imprenditoriale è meno dirompente. Nella terza ipotesi considero il rapporto tra il contesto economico e il capitale umano e finanziario necessario per accedere all ambito della ristorazione e a quello del porfido, transitando in seguito ad una posizione autonoma. Ipotizzo che nel settore della ristorazione il rapporto tra capitale umano e capitale finanziario è direttamente proporzionale, mentre è inversamente proporzionale nel distretto del porfido. Suppongo, infatti, che la ristorazione è un ambito più complesso dal punto di vista del capitale umano e delle risorse finanziarie richieste al migrante, rispetto al distretto del porfido. Per cui, il migrante deve essere dotato di un livello medio di capitale umano per accedervi e permanere. L elevato capitale umano diventa, quindi, determinante nel segnare il percorso imprenditoriale del migrante. Da qui, ipotizzo che il livello di capitale umano incida sul capitale finanziario: solo chi ha potuto affermarsi per abilità e carriera lavorativa nel settore della ristorazione, può avere la forza economica anche per transitare ad una posizione autonoma. Al contrario, nel distretto del porfido, ipotizzo che il conseguimento di una posizione imprenditoriale non richieda un livello considerevole di capitale umano, che risulta essere anche poco incisivo nell accesso al settore. Di conseguenza chi non ha un buon livello di capitale umano, dimostrando limitata esperienza lavorativa nel settore lapideo, difficilmente arriva a gestire una propria ditta individuale permanendo nella condizione di lavoratore dipendente. Considerando la prospettiva imprenditoriale le ipotesi di ricerca sono tre. Esse fanno riferimento al ruolo delle reti familiari ed etniche, ai due settori economici e in parte si ricollegano alle ipotesi formulate in precedenza. Infatti, la prima ipotesi riprende la dimensione individuale, poiché ipotizzo che le reti familiari-parentali ed etniche cinesi abbiano una medesima incidenza nel favorire la transazione al lavoro autonomo nella ristorazione come nel distretto del porfido. La seconda, invece, si sofferma sul rapporto tra imprenditoria e capitale umano. Ipotizzo che la transizione al lavoro autonomo permette al titolare di un ristorante cinese un ampia capacità di azione, in cui egli potenzia il capitale umano acquisito concretizzando nuove prospettive decisionali e gestionali. Allo stesso tempo, presumo che questo avvenga per il titolare cinese di una ditta individuale nel distretto del porfido, supponendo che il distretto sia un ambiente che favorisce la capacità decisionale del singolo e la crescita imprenditoriale dell azienda. La terza ipotesi si concentra sulla realizzazione professionale del migrante cinese quale risultato, sia dell azione circoscrittiva delle reti familiari-parentali ed 10

11 etniche, che della possibilità imprenditoriale che fornisce il contesto economico. Pertanto ipotizzo che, quando il migrante cinese gestisce una propria attività nel settore della ristorazione, la sua realizzazione professionale è espressione di una carriera lavorativa esclusiva. Considerata, infatti, l azione incisiva delle reti familiari-parentali ed etniche cinesi nel favorire l inserimento economico del migrante e le svariate opportunità che offre l ambito etnico, suppongo che la crescita professionale del migrante nella ristorazone si basi su esperienze lavorative effettuate in gran parte in questo settore. Invece, nel contesto distrettuale, ipotizzo che l apertura di una ditta individuale da parte del migrante cinese sia il risultato di esperienze lavorative maturate in ambiti differenti. Quindi, l impresa cinese non sia indicativa di una carriera esclusiva all interno del distretto, risultato dell azione vincolante delle reti familiariparentali ed etniche ma sia arricchita da svariate esperienze in cui il soggetto ha spaziato tra ambiti imprenditoriali gestiti da connazionali come da autoctoni. La quarta ipotesi, infine, si concentra sul rispetto della normativa lavorativa e contrattuale in entrambi gli ambiti economici. Ipotizzo che nel settore della ristorazione, ambito tradizionale dell economia cinese, pur essendoci la regolazione della normativa contrattuale e lavorativa, essa non venga sistematicamente rispettata dai laoban cinesi. Quindi, in tale settore, prevarrebbero le logiche di reclutamento tipiche delle reti etniche cinesi in cui sono gli accordi personali tra i membri del network a definire le modalità lavorative e il compenso. Al contrario nel distretto del porfido, essendo un ambito regolato da una normativa specifica riferita al settore lapideo ed edilizio, suppongo che tale normativa sia applicata a favore dei lavoratori cinesi nel distretto del porfido sia come dipendenti di ditte italiane che cinesi. Da qui, che anche i datori di lavoro cinesi debbano applicare tale normativa poiché i controlli interni al settore sono rigidi e costanti. Prendendo in esame la prospettiva sovra-imprenditoriale sono due le ipotesi di ricerca. La prima considera la questione dell investimento del capitale finanziario, ipotizzando che il capitale finanziario dei migranti impiegati sia nel settore della ristorazione che nel distretto del porfido, è rinvestito per lo più in Cina piuttosto che in Italia. In particolare, che il capitale finanziario viene investito nelle zone di origine, soprattutto nella costruzione di case o monumenti funebri, espressione del legame del migrante con la famiglia di origine. Nello specifico, tra gli imprenditori cinesi nel settore della ristorazione, suppongo che il capitale finanziario rinvestito in Italia sia impiegato nuovamente in questo ambito con l acquisto di ulteriori locali. Nella seconda ipotesi, invece, considero il tipo di impatto che la presenza economica cinese ha sui due contesti territoriali. Ipotizzo che il settore della ristorazione cinese incide sull economia locale più della presenza imprenditoriale cinese nel distretto del porfido, poiché una parte dei ristoratori facilita gli investimenti sul territorio milanese. La presenza cinese nell ambito del porfido, al contrario, non incide economicamente sul contesto locale come a livello di distretto. Pertanto, gli artigiani cinesi suppongo non contribuiscono né all evoluzione imprenditoriale cinese né ad apportare modifiche sostanziali al settore distrettuale. 11

12 Tali ipotesi verranno affrontate nel corso della presente ricerca che viene presentata in sei capitoli, a cui seguono le conclusioni e l appendice metodologica. Il primo capitolo è dedicato ai principali approcci teorici che sottendono la presente ricerca. Nella prima parte del capitolo affronterò il tema dell impiego della forza lavoro immigrata nei paesi sviluppati e la segmentazione del mercato del lavoro. Da qui, considererò l imprenditoria immigrata quale forma di protagonismo dei migranti nel contesto di socio-economico dei paesi di destinazione dando rilevanza alla teoria dei network. Sottolineerò l importanza che i network assumono nel favorire i flussi migratori, nonché l inserimento economico e la transizione al lavoro autonomo del migrante. Nella seconda parte del capitolo tratterò il tema dell economia etnica, connesso a quello di imprenditoria immigrata. Affronterò il dibattito teorico in corso relativo ai benefici che derivano dal permanere all interno di un contesto etnico. Da qui, estenderò l attenzione al tema dell imprenditoria immigrata nei distretti industriali, valutando quale impatto abbia avuto la presenza immigrata in contesti particolarmente legati alla tradizione produttiva e industriale italiana. Il secondo capitolo sarà incentrato sulla prospettiva cinese. Tratterò l importanza che nella tradizione cinese assume la famiglia e con essa i rapporti di guanxi, anche rispetto alla dimensione imprenditoriale. In particolare analizzerò la rilevanza che, dal punto di vista commerciale, ha avuto la capacità imprenditoriale cinese nella diaspora. Il tema della diaspora verrà affrontato sia dal punto di vista teorico, che ripercorrendo le fasi più importanti dell affermazione economica dei cinesi nel corso della storia. Infine, prenderò in esame quali sono le prospettive future dell imprenditoria cinese grazie all azione innovativa delle seconde generazioni. Il terzo capitolo è, invece, focalizzato sull imprenditoria cinese in Italia, affrontando la storia dell insediamento cinese e ripercorrendo le fasi storiche dello sviluppo imprenditoriale in Italia. Da qui, approfondirò alcuni settori economici in cui la presenza cinese si è maggiormente distinta in Italia e altri in cui essa si è contraddistinta solo recentemente. Il quarto capitolo è il primo in cui vengono presentati i risultati emersi dai dati di ricerca. Esso riguarda la fase iniziale del progetto migratorio dei cinesi incontrati nella provincia di Milano e di Trento. Nella prima parte affronterò le motivazioni alla base della scelta migratoria dei cinesi incontrati mentre, la seconda, sarà dedicata al ruolo della famiglia e parentela cinese e dei rapporti di guanxi nel sostenere e favorire il progetto migratorio del soggetto. Tale supporto verrà valutato considerando il sostegno economico ed alloggiativo che il progetto migratorio del migrante richiede. Nel considerare questi aspetti osserverò, se e in che modo, le relazioni tra i membri dell ampia famiglia cinese e della rete etnica cambino con la migrazione. Il quinto capitolo tratta, invece, il settore economico della ristorazione. Esso è suddiviso in tre parti. Nella prima, effettuo una panoramica generale del settore evidenziandone l evoluzione a partire dagli anni 80 e le innovazioni attuali. Nella seconda, considero quale sia stato il contributo delle reti familiari-parentali ed etniche cinesi nell agevolare l inserimento degli intervistati in questo settore e nel facilitare il passaggio al self-employment. Nella terza parte, infine, affronterò le possibilità lavorative e di avanzamento che nella ristorazione si offrono ai migranti cinesi, 12

13 indagando quali condizioni lavorative e contrattuali vengono attuate all interno dell impresa cinese. Il sesto capitolo, come il quinto, è suddiviso in tre parti. Nella prima, tratterò la storia del distretto del porfido mettendo in rilievo quali sono gli attori economici rilevanti e qual è la potenzialità produttiva del settore lapideo. Da qui, affronterò il tema della presenza straniera e cinese all interno del distretto. Nella seconda parte, l attenzione sarà focalizzata sul ruolo dei network familiari ed etnici cinesi nel favorire l entrata all interno del distretto. Quindi, approfondirò quale sia il rapporto tra i migranti cinesi e gli operatori economici del distretto e quali spazi di avanzamento siano possibili per l imprenditoria cinese. Mi soffermerò, infine, sul tema della progressione lavorativa ed economica all interno del distretto, valutando quale sia il rispetto della normativa contrattuale. Infine, nelle conclusioni mi ricollegherò alle ipotesi di ricerca espresse in questa prima parte valutando se esse siano state confermate, oppure smentite. Mediante una riflessione intrecciata tra la letteratura e i dati di ricerca analizzati nei capitoli precedenti risponderò agli interrogativi di ricerca che hanno sotteso questo lavoro, facendo emergere le similitudini e le differenze nell azione della rete familiare-parentale ed etnica nei due settori economici presi in esame. Allo stesso tempo, metterò in rilievo la differenza tra l ambito ristorativo e quello lapideo in termini non solo di evoluzione e di produttività, ma anche dell organizzazione interna delle imprese cinesi, dei rapporti di potere tra i membri che ne fanno parte e di come esse si posizionino nel contesto socioeconomico in cui sono inserite. Da qui, mi soffermerò nel comprendere il ruolo che il capitale sociale e il capitale umano hanno avuto nello sviluppo dell imprenditoria cinese in ciascuno dei due ambiti e, quali spazi di avanzamento e potenziamento economicoorganizzativo, l imprenditoria cinese attualmente abbia. Infine, effettuerò delle valutazioni sul contributo che il caso cinese fornisce ad argomenti nodali della letteratura tracciando i temi che potrebbero essere approfonditi in ricerche future. 13

14 CAPITOLO I L AZIONE ECONOMICA DEI MIGRANTI Introduzione Nel presente capitolo affronterò le principali teorie che sottendono il lavoro di ricerca. Inizierò con l affrontare il tema dell impiego della forza lavoro immigrata nei paesi sviluppati, ricettori di continui flussi e fruitori dell apporto che i migranti forniscono al mercato del lavoro. In merito, dunque, all inserimento dei migranti nel contesto economico delle società riceventi, affronterò il tema della segmentazione del mercato del lavoro, che aiuta a spiegare la stagnazione dei migranti in posti di lavoro dequalificati dove le possibilità di mobilità sociale sono limitate. Dall altra, prenderò in esame gli spazi di autonomia che il migrante è stato in grado di aprirsi grazie alla gestione di attività autonome. Infatti la realtà, sempre più crescente, dell imprenditoria immigrata dimostra come il migrante non permanga nel tessuto socio-economico sempre in una posizione di subalternità, ma assuma anche ruoli di protagonismo e di interazione paritaria con gli attori economici locali. L imprenditoria immigrata è, infatti, il tema centrale di questa tesi e la prospettiva con cui ho scelto di studiarla è quella dei network. Per questo approfondita attenzione, nella parte centrale del capitolo, verrà dedicata alla teoria dei network e, quindi, all importanza delle reti nell agevolare il percorso migratorio del soggetto e nel facilitarne l inserimento nel contesto lavorativo nel paese di destinazione. Confronterò differenti approcci teorici sulla rilevanza dei legami familiari e parentali nel supportare l entrata nel mondo del lavoro del migrante, in opposizione ad altri che sostengono l azione più efficace di legami meno vincolanti. Da qui, considererò il rilievo dei network anche nel passaggio al lavoro autonomo osservando come, il fenomeno dell imprenditoria immigrata, per certi autori sia la risultante di un approccio multidimensionale e non solo affidato all azione efficace delle reti. La seconda parte del capitolo, invece, sarà incentrata sulle dinamiche dell economia etnica che, all esistenza di imprese immigrate, è strettamente connessa. Affronterò, dunque, i principali orientamenti teorici che si sono occupati di definire e approfondire tale concetto che, per certi aspetti, risulta a più autori controverso. Da qui, ho ritenuto importante valutare anche gli approcci teorici che hanno orientato un attenta osservazione ai benefici, o meno, che il migrante acquisisce nell operare all interno di un economia etnica, come nel permanere in nicchie economiche o nel stanziare in una realtà di enclave, sia in termini di progressione di carriera che di ritorno di capitale umano. Se l imprenditoria immigrata è un tema generalizzabile a più contesti socioeconomici ospitanti, quello dell incidenza della manodopera e dell imprenditoria immigrata nei distretti industriali è, invece, un argomento che riporta l attenzione al contesto italiano. Quindi, di seguito alla sezione dedicata all economia etnica, affronterò i contributi teorici che hanno preso in esame il rapporto tra migrazione e distretto. E 14

15 sempre più crescente, infatti, la presenza immigrata nelle aree distrettuali italiane con forti esempi di protagonismo imprenditoriale, tali da incidere su processi produttivi ben consolidati e sui rapporti di cooperazione e concorrenza interni tra gli attori. Pertanto, affronterò il tema prendendo in esame gli studi di autori italiani in merito all impiego di manodopera immigrata nell area distrettuale, come in riferimento alla crescita dell imprenditoria immigrata e ai cambiamenti da essa apportati. 1. I migranti in un mercato del lavoro segmentato L utilizzo della forza lavoro, sia essa rappresentata da immigrati o da soggetti sottoposti a condizioni di schiavitù, è sempre stato una tendenza delle economie industriali. Come afferma Sassen (1988) si possono considerare quattro differenti modelli di utilizzo della forza lavoro nel sistema economico mondiale. Per la studiosa, le migrazioni internazionali sono diventate un rilevante sistema da cui attingere forza lavoro sin a partire dall epoca coloniale e, quindi, con l impiego in piantagioni e in stabilimenti industriali di centinaia di lavoratori provenienti da paesi in via di sviluppo. Da qui, è seguita l importazione di forza lavoro in aree che stavano vivendo un espansione capitalistica, come lo sono stati tra la seconda metà del 1800 e gli inizi del 1900 gli Stati Uniti e paesi in forte crescita industriale in Europa come la Gran Bretagna, la Germania e la Francia. L importazione di immigrati nei paesi europei occidentali è seguita anche durante il periodo della ricostruzione, successiva alla seconda guerra mondiale. Per Sassen, l utilizzo di forza lavoro in molti stati europei unita all applicazione di misure inerenti all immigrazione negli Stati Uniti, sono stati degli esempi di come l importazione di migranti sia stata associata, negli stati sviluppati, alla forza e alla riproduzione del capitale sul lavoro con l aumento del profitto aziendale ottenuto facendo leva sul basso costo della manodopera. Infine, con il consolidamento del sistema economico mondiale, che ha corrisposto alla formazione di stati nazione, si è avuta la protezione del mercato del lavoro interno ponendo delle limitazioni ai flussi migratori internazionali con il rafforzamento, da parte degli stati, dei propri confini e l espulsione di quegli immigrati non inseriti nel sistema occupazionale. In particolare, relativamente all Europa, nei decenni dello sviluppo post-bellico l inserimento dei lavoratori immigrati ha corrisposto, per la gran parte, ad un lavoro atomizzato e impostato sulla base della domanda. Infatti, nei paesi dell Europa centrosettentrionale, la forza lavoro era considerata solo in termini di provvisorietà, pronta per essere espulsa quando veniva meno la necessità di impiego. Tuttavia, negli anni 70 in concomitanza con la prima crisi petrolifera, gli stati europei hanno limitato l immigrazione per motivi di lavoro, permettendo a milioni di individui giunti come lavoratori temporanei di stabilizzarsi concedendo loro il ricongiungimento familiare. Ad un tempo, gli eventi politici e umanitari che hanno interessato molte aree del Terzo mondo, come l Europa stessa con il crollo dei regimi comunisti e i conflitti a sfondo etnico-religioso, hanno generato nuove ondate migratorie di individui che, per ragioni politiche o di rifugio umanitario, hanno cercato di stabilizzarsi nei paesi europei occidentali. Da una parte, quindi, le ridotte possibilità di immigrare legalmente in 15

16 Europa e le sempre maggiori spinte all emigrazione, sia per motivi umanitari che politici, hanno generato due fondamentali conseguenze sul mercato del lavoro. Vi è stato un ampliamento delle aree di destinazione dei flussi migratori rappresentate dagli stati dell Europa mediterranea che, da luoghi tradizionali di emigrazione, sono diventati luoghi di immigrazione; e dall altra, vi è stato l aumento di migranti in condizione irregolare, assorbiti dall economia sommersa (Ambrosini, 1999; 2005; Ambrosini e Abateccola, 2004). Dunque, l inserimento degli immigrati nelle economie occidentali, come asseriscono Light e Rosenstein (1995), è imputabile a un interazione tra il fabbisogno di domanda da parte degli stati riceventi, che hanno dato vita ad una struttura di opportunità e, dall altra, un offerta di lavoro immigrata che ha cercato di inserirsi in tale struttura modificandola e accettandone le condizioni di lavoro disponibili. Il fabbisogno di manodopera immigrata utile al funzionamento dei sistemi economici occidentali, dunque, ha comportato una differenziazione del mercato del lavoro dei paesi riceventi. Questo viene sostenuto, sin a partire dagli anni 70, dall economista italo-americano Piore (1979) fautore della teoria dualistica del mercato del lavoro, che riprenderò nel presente lavoro di ricerca, poiché introduce un interpretazione strutturalista in merito al ruolo degli immigrati nei contesti economici dei paesi di destinazione. Secondo Piore (1979), in un economia di tipo capitalistico, vi è un settore primario della produzione in cui operano lavoratori con un occupazione stabile, qualificata, aggiornata in funzione dell evoluzione tecnologica delle apparecchiature produttive. Per proteggere l occupazione e le condizioni di impiego di tali lavoratori forti e sindacalmente organizzati, l incertezza del mercato del lavoro si ripercuote su altri lavoratori, più deboli, tra cui i lavoratori provenienti dalle zone rurali, i giovani, le donne e anche gli immigrati. Questi ultimi sono orientati nelle fasi iniziali ad un inserimento momentaneo nel mercato del lavoro, a bassi consumi sostenendo ritmi lavorativi elevati e, per questo, sono apprezzati dalle società riceventi che ricercano costantemente manodopera immigrata. I lavoratori deboli, dunque, svolgono i lavori più de-qualificati, a basso salario, espressione di uno status sociale inferiore, con una possibilità di avanzamento minima. Si tratta, quindi, di un settore secondario del mercato del lavoro basato sulla instabilità dei rapporti di lavoro. Se in un primo momento, tali soggetti accettano questi lavori, in un secondo non riescono più ad uscirne permanendo nel settore secondario senza possibilità di transitare a quello primario, pur desiderando condizioni simili ai lavoratori nativi. La teoria di Piore è stata seguita da un ulteriore versione proposta da Castles e Miller (1993) che si concentra sulla segmentazione del mercato del lavoro, e che considero altrettanto rilevante ai fini della presente ricerca. Secondo tale teoria nel mercato del lavoro vi è un sistema occupazionale segmentato, in cui nativi ed immigrati si inseriscono in ambiti differenti e, i differenti livelli in cui sono collocati, sono poco comunicanti tra di loro. Per cui, se nelle democrazie occidentali si è sempre registrato l impiego di forza, soprattutto femminile, in lavori dequalificati e sotto pagati, con i flussi migratori questa tendenza si è estesa anche a chi emigra senza distinzione di genere. Pertanto, si sono create nette differenze tra chi emigra e chi resta nei paesi di origine, come all interno della stessa popolazione immigrata dove, solo una piccola 16

17 percentuale, ha un livello di formazione elevata. Per cui, tra i migranti vi sarebbe una piccola percentuale che riesce a raggiungere occupazioni altamente qualificate, mentre la maggioranza è relegata ai lavori più instabili. Questo, dunque, pone le condizioni per generare minoranze etniche marginalizzate poiché sovra-rappresentate in lavori svantaggiati. Dall altra, le aziende hanno tutto l interesse ad impiegare lavoratori stranieri, poiché a loro non garantiscono una progressione in termini lavorativi e salariali, soprattutto, se si tratta di soggetti entrati illegalmente. Pertanto, secondo Castles e Miller, il sistema industriale occidentale si trova ad essere dipendente dalla forza lavoro straniera e il mercato del lavoro, oltre ad essere differenziato tra nativi ed immigrati, lo è anche rispetto agli stessi immigrati in base a genere e appartenenza etnica 1. Un altra importante studiosa è Sassen (1997) la quale, osservando i mutamenti che hanno investito i sistemi economici e sociali, sottolinea come essi cambino in modi complessi connessi alla nuova geografia sociale del mondo. Per l autrice, essi sono dovuti alla crisi del modello fordista centrato sull industria a produzione di massa, che ha portato nelle grandi aree urbane e metropolitane al ridimensionamento degli stabilimenti industriali o al loro trasferimento e alla conseguente frammentazione del sistema economico. Pure per Sassen, considerando le migrazioni delle società post fordiste, rispetto a quelle delle società industriali classiche esistono forti differenziazioni nella composizione socio-professionale dei migranti. Per di più l autrice (1997) fa notare che, l avanzare in molte città occidentali di un settore manifatturiero degradato in grado di offrire ai clienti prodotti a basso costo, ha trovato il suo fondamento sulla disponibilità di lavoratori con bassi livelli salariali. Quindi, se il declino di grandi imprese manifatturiere ha minacciato la posizione lavorativa stabile conquistata dagli immigrati delle precedenti generazioni, sia negli Stati Uniti come in molti paesi europei, la sicurezza del posto di lavoro per i nuovi migranti è venuta meno. Invece, è aumentata l occupazione precaria, a bassa retribuzione che è sempre di più stata soddisfatta dalla domanda di lavoro proveniente dagli immigrati. Questi ultimi nel giungere in Europa si sono trovati ad affrontare condizioni sempre meno rassicuranti, sia sul fronte contrattuale che si è notevolmente differenziato (es: lavoro temporaneo, parziale, atipico), che su quello lavorativo. Infatti, durante gli anni 90, sia nell Europa continentale ma, in modo più netto, nell Europa mediterranea 2 si è avuto un processo di inserimento economico degli immigrati fortemente ambiguo. Se da una parte, vi è stata 1 Castles e Miller (2012) sottolineano come gli uomini sono preferiti per certi lavori, mentre le donne per altri (es: nei settori manifatturiero, calzaturificio, alimentare, ristorativo, di pulizie e di cura). Allo stesso modo certi gruppi etnici si ritrovano a svolgere certe occupazioni, mentre altri caratterizzano altri tipologie di lavoro. Per gli autori, inoltre, alcune strategie dei datori di lavoro permettono una ulteriore stratificazione del mercato del lavoro. Nel preferire, per esempio, forza-lavoro irregolare che assicura manodopera a basso costo, che garantisce il profitto senza assicurare il pagamento di tutte le forme di tutela contrattuale. Per gli autori, dunque, la segmentazione del mercato del lavoro deriva da più fattori (es: il livello di istruzione, l esperienza professionale precedente, la permanenza nella società ricevente) che sono, ad un tempo, legati alla storia delle migrazioni, alle politiche governative di regolamentazione dei flussi migratori e all atteggiamento delle istituzioni verso i migranti. 2 Pugliese (cit. in Ambrosini, 2005) parla di modello mediterraneo di immigrazione nel senso che, nell Europa mediterranea, le trasformazioni dei sistemi occupazionali caratterizzati da maggiore terziarizzazione e flessibilità si sono unite con strutture economiche tradizionali, come la diffusione dell imprenditoria, l importanza dell agricoltura, dei servizi e la presenza di una diffusa economia sommersa. 17

18 la negazione formale da parte di molti stati del fabbisogno di manodopera, dall altra, si è avuto l utilizzo della stessa sia negli ambiti più instabili dell economia formale, come nell economia informale 3. Quindi, centinaia di migranti giunti in Europa verso gli anni 90, si sono trovati di fronte un mercato del lavoro che poteva offrire loro l impiego nei settori meno avvantaggiati dell economia formale, in un industria manifatturiera degradata e in un terziario debolmente qualificato. La nuova forza lavoro, dunque, spesso in condizione irregolare, ha dovuto trovare spazi di collocazione in questi ambiti (Ambrosini, 1999, 2005; Reyneri, 1998). In riferimento al contesto statunitense ed europeo gli studiosi italiani hanno identificato quattro tipologie di immigrati che si connettono alle strategie di incorporazione delle società ospitanti. Da una parte, vi sono i lavoratori stranieri inglobati nel settore secondario del mercato del lavoro. Specialmente in Europa si identificano in coloro che sono stati assunti nelle grandi industrie nel periodo postbellico e, con la crisi petrolifera degli anni 70, hanno visto venir meno molte garanzie e opportunità occupazionali. Di conseguenza, la loro bassa qualificazione e competenza linguistica li hanno bloccati in lavori manuali e poco specializzati e in servizi a bassa qualificazione 4 dando vita ad un proletariato dei servizi 5 (Ambrosini, 1999, 2005; Ambrosini e Abateccola, 2004; Reyneri, 2005). In tal senso, Ambrosini (2005) parla di lavori a cinque P : pesanti, pericolosi, precari, poco pagati e penalizzanti socialmente utili alle economie sviluppate, come a quelle in espansione, poiché non trovano un adeguata richiesta nei nativi. Secondo Castles e Miller (2012), inoltre, rispetto agli anni Sessanta la segmentazione del mercato del lavoro negli anni Novanta e Duemila, rivela ancora una distribuzione settoriale ed occupazionale della forza lavoro. Per cui i migranti permangono in uno status giuridico più basso e conservano livelli di disoccupazione più alti dei lavoratori non migranti 6. Accanto a questa tipologia si accosta una quota più ridotta di migranti, che si distinguono dai primi per essere 3 Per economia informale, come affermano Portes e colleghi (2005), si intende tutte quelle attività che sfuggono al controllo dello stato, che non osservano le normative e, quindi, non sono protette dallo stato stesso. 4 Si intende servizi di vario genere: chi opera negli uffici del terziario qualificato, come addetti alle pulizie o custodi; chi è impiegato nell ambito domestico come collaboratrici domestiche o baby sitter; chi è impiegato in servizi connessi al flusso quotidiano di pendolari o al movimento turistico (Ambrosini, 1999). 5 Si tratta di lavoratori che, spesso, sono trattati in modo discriminatorio dalla popolazione locale, i quali vivono in quartieri connotati etnicamente dove risiede la gran parte dei connazionali. Sono soggetti che, anche per lungo tempo, continuano a non acquisire miglioramenti dal punto di vista linguistico e del contesto istituzionale (Ambrosini, 1999). Portes (1981) afferma che, gli immigrati inseriti nel settore secondario del mercato del lavoro, non sono assunti dai datori in base alle loro caratteristiche personali, bensì all appartenenza etnica. Il vantaggio, per i datori di lavoro, nell assumerli è dato dalla loro condizione di vulnerabilità e dalla loro posizione giuridica, spesso, irregolare. Questo permette al datore di decidere arbitrariamente sul loro salario e sulle loro condizioni di lavoro, spesso, inaccettabili per i nativi. Inoltre, sono assunti per brevi periodi e le opportunità per una mobilità ascendente sono limitate. 6 Rispetto ai settori di impiego i migranti oggi sono presenti in modo trasversale in tutta l economia (es: nell industria, nell edilizia, nell agricoltura, nel terziario) e, in merito alle occupazioni, i nati all estero sono presenti nei lavori manuali (es: di pulizia, di cura, come assistenti domestici, camerieri, cuochi) ma anche in alti livelli di specializzazione del settore terziario (es: medici, infermieri, esperti informatici). Quindi, la posizione dei lavoratori migranti all interno del mercato del lavoro, è più varia rispetto a venti o trent anni fa perché i nuovi migranti presentano livelli di capitale umano più elevato, per cui riescono ad ottenere impieghi professionali e non lavori manuali. Se pur, come sostengono Castlers e Miller (2002), non sempre i migranti trovano lavoro una volta giunti nei paesi di destinazione, dall altra Reyneri (2007) afferma che i dati sul mercato del lavoro italiano evienziano che i tassi di disoccupazione dei cittadini stranieri sono poco più elevati di quelli degli italiani. Questi dati, in particolare, mettono in rilievo la differenza tra l Italia e i paesi europei di maggiore immigrazione. 18

19 altamente qualificati. E il fenomeno del brain drain più diffuso in paesi come gli Stati Uniti, il Canada e l Australia e meno in Europa (Ambrosini, 1999). Come afferma Portes (1981), si tratta di soggetti che appartengono al settore primario del mercato del lavoro: per lo più giovani, assunti per il loro livello di competenza ai quali viene riservata la possibilità di una mobilità sociale 7. La funzione di questo tipo di migranti è quella di fornire un supporto al mercato del lavoro tradizionale. Infatti, giungono nei paesi di destinazione con un contratto di lavoro per professioni qualificate al fine di colmare la carenza di forza lavoro nazionale in certe occupazioni, accedendo in seguito ad opportunità di carriera. Infine gli immigrati possono rimanere inglobati nell economia informale, che è parte del sistema economico dei paesi sviluppati, come essere relegati ad attività precarie. Come precisano Castles e Miller (2012), il lavoro precario è una delle forme di ristrutturazione della forza lavoro che caratterizza la segmentazione del mercato del lavoro. Ad esso, si accosta il lavoro su base temporanea, che consente il forte controllo dei datori di lavoro sui lavoratori, e la trasformazione del lavoro salariale in subappalto che non offre garanzie, poiché è il lavoratore a sostenere il rischio di impresa. Altri migranti, invece, fuoriescono da questi circuiti trovando spazi di protagonismo grazie all avvio di attività imprenditoriali. Tali imprese sono, spesso, a bassa complessità tecnologica, in grado di offrire una varietà di servizi e con difficoltà nel sopravvivere in un mercato altamente competitivo Imprenditoria immigrata e network migratori Un aspetto rilevante delle migrazioni internazionali, come sottolinea Ambrosini (2005), è il superamento dell identificazione dell immigrato come un unica figura sociale. La regolazione degli ingressi, soprattutto da parte degli stati europei, ha comportato una diversificazione delle motivazioni dei migranti a cui si è aggiunta un evoluzione demografica e sociale della popolazione immigrata che ne ha modificato 7 Per mobilità sociale si intende «il passaggio di individui e di gruppi da una posizione all altra della stratificazione sociale» (Cobalti e Schizzerotto, 1994: 11). 8 In merito al contesto lavorativo italiano, Ambrosini (2005) identifica una pluralità di modelli territoriali in cui il lavoro immigrato viene impiegato. Nel modello ad industria diffusa ( dalla Lombardia orientale al Friuli fino a raggiungere la Toscana, le Marche e l Abruzzo) gli immigrati sono impiegati come operai nelle piccole e medie imprese industriali, ma anche nel settore edile e terziario. Si tratta, per lo più, di maschi a bassa qualificazione a cui si accostano donne impiegate nei lavori di cura. In esso, si notano effetti di consolidamento con il passaggio ad occupazioni più qualificate e, negli ultimi anni, un crescente trend verso la micro-imprenditorialità in certi settori (es: commercio, pulizie ed edilizia). Il modello metropolitano è relativo alle grandi città dove gli immigrati sono occupati nel settore terziario e nell edilizia, in occupazioni sempre manuali anche se possono essere qualificate, ma anche nei lavori di cura. Il passaggio al lavoro autonomo, quando si verifica, presenta una maggiore difficoltà alla sopravvivenza economica e si sviluppa in ambiti non più ambiti dai nativi (es: edilizia, vendita ambulante, ecc). Un terzo modello è quello delle attività stagionali nelle regioni del sud, per cui si tratta di lavori precari, molto spesso irregolari, in vari settori (es: agricoltura, edilizia, assistenza, pulizie, industria alberghiera, ecc); recente è la tendenza all emersione di parte di questo lavoro, soprattutto di quello di cura svolto dalle donne. Infine, vi è un modello intermedio che riguarda sempre le attività stagionali, ma sviluppato in Trentino Alto Adige dove, nell azienda turistica e in agricoltura, i migranti diventano forza lavoro stagionale. Pur in queste zone, però, vi è la tendenza alla stabilizzazione e diversificazione delle possibilità occupazionali verso altri settori (es: edilizia, industria, basso terziario) e la preferenza al lavoro autonomo. 19

20 il profilo anagrafico 9. In particolare, considerando il mercato del lavoro, nelle società riceventi si sta sempre di più evidenziando il fenomeno dell imprenditoria immigrata. Il lavoro indipendente è una nuova prospettiva nella quale l immigrato, agli occhi dei nativi, non viene più visto solo come forza lavoro con limitate possibilità di avanzamento ma come un attore economico che contribuisce allo sviluppo del contesto economico in cui è inserito. L imprenditoria immigrata è il tema centrale della presente ricerca che trova un nutrito dibattito teorico, sin a partire dagli anni Ottanta, negli Stati Uniti. Gli studiosi americani Light e Bonacich (1988) sono tra i primi a definire l imprenditoria immigrata come «tipica di quei gruppi in cui il tasso di lavoratori autonomi supera di gran lunga la media dei membri del gruppo». Ad essa accostano la definizione di imprenditoria etnica: «la specializzazione di una minoranza etnica nella gestione di attività autonome [ ] l imprenditoria immigrata diventa imprenditoria etnica quando una seconda generazione continua nella specializzazione nel lavoro autonomo dei genitori» (ivi: 18). L imprenditoria immigrata, come possibilità di sviluppo economico di un gruppo immigrato, può essere osservata da varie angolazioni ma in questo lavoro la prospettiva principale che ho scelto di assumere è quella dei network migratori. La teoria dei network, infatti, è una delle prospettive teoriche rilevanti che sottendono gli studi migratori. In particolar modo, nel presente lavoro, prenderò in considerazione l importanza che i network assumono nel facilitare ai migranti l entrata nel mercato del lavoro e la loro transizione ad una posizione autonoma. Tale prospettiva si avvale del contributo di noti studiosi a livello internazionale, a cui farò riferimento nel corso di questo capitolo, i quali hanno sviluppato tale approccio teorico sottolineando la rilevanza dei network non solo all interno di un quadro migratorio quanto economicolavorativo. Massey, quale noto esponente della teoria dei network, ha definito i network migratori o reti migratorie come «complessi di legami interpersonali che collegano migranti, migranti precedenti e non migranti nelle aree di origine e di destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza di origine» (1988, 1998). Come ricorda Faist (1997, 2000) già Ravenstein verso la fine dell 800 aveva messo in luce l importanza delle reti di relazione nel facilitare lo sviluppo di migrazioni a catena dirette verso centri commerciali ed industriali. Tuttavia, è verso i primi del 900 che viene maggiormente riconosciuta l importanza dei network nel facilitare i movimenti internazionali. Infatti, Tilly e Brown (1967) e MacDonald e MacDonald (1964) hanno ripreso il concetto di catena migratoria introdotto da Ravenstein. Quest ultimo, a sua volta, è stato rivisto da Reyneri (1979, 2000) che ha spiegato le traiettorie degli emigrati dell Europa meridionale proprio attraverso l accesso alla catena migratoria. Sempre durante gli anni 70, l importanza della famiglia e dei legami di amicizia durante la migrazione, sono stati sottolineati da Levy e Wadycki (1973), mentre Taylor alcuni anni dopo (1986) è arrivato a considerare i network come un capitale economico della migrazione. 9 Quindi entrano in Europa sia gli immigrati per lavoro, sia quelli stagionali, i lavoratori a contratto come i migranti qualificati, a cui fanno seguito i ricongiungimenti familiari; ad essi seguono i rifugiati e i richiedenti asilo fino a giungere ai migranti irregolari e alle vittime di tratta. 20

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