INTRODUZIONE ALLE LEZIONI DI VIROLOGIA

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1 Prof. Raffaele Caliò INTRODUZIONE ALLE LEZIONI DI VIROLOGIA ad uso degli studenti dell Università degli Studi di Roma Tor Vergata Anno Accademico

2 I virus sono delle strutture nucleoproteiche più o meno complesse che possiedono due proprietà della materia vivente: moltiplicarsi ed essere soggette a mutazione. I virus sono dei parassiti strettamente obbligati sia delle cellule eucariotiche (virus propriamente detti) che procariotiche (batteriofagi). La replicazione avviene all interno della cellula parassitata utilizzando i meccanismi biosintetici cellulari. Separatamente viene sintetizzato l acido nucleico virale e le proteine sia quelle associate all acido nucleico (poliammine - istoni), che quelle che costituiscono un involucro protettivo di rivestimento dell acido nucleico stesso; successivamente l acido nucleico e le proteine si legano con legami chimicofisici fra loro per autoassemblaggio. I virus sono delle strutture di dimensioni che variano dai circa 20 nm ai circa 280 nm pertanto essi non sono visibili con gli ordinari microscopi ottici, soltanto con la messa a punto del microscopio elettronico si è potuto studiare la morfologia dei vari tipi di virus. La possibilità di trasmettere delle malattie (es. rabbia) con filtrato di fluido infetto attraverso filtri di batteriologia che trattengono i batteri (i più piccoli batteri extracellulari: i cocchi, misurano 1µ di diametro) e l impossibilità di osservare l eventuale agente patogeno al microscopio ottico, ha indotto i microbiologi della fine dell 800 a denominare questi agenti patogeni piccolissimi virus filtrabili (in latino virus significa veleno). Morfologia dei virioni La particella virale al di fuori della cellula è chiamata virione. I virus più semplici sono formati da un acido nucleico di un solo tipo DNA o RNA di solito complessato con istoni e protetto da un involucro proteico detto capside: il tutto è detto nucleocapside. Il capside è formato da subunità proteiche ripetute (capsomeri) che possono formare o un capside di tipo elicoidale di unità proteiche identiche intorno all acidonucleico (virione a simmetria elicoidale) oppure più capsomeri sono assemblati a formare un capside di struttura icosaedrica (virione a simmetria icosaedrica). L icosaedro è un poliedro regolare formato da venti facce triangolari e dodici vertici. In questo tipo di simmetria nel virione sono presenti due tipi di capsomeri 2

3 antigenicamente distinti: un tipo di capsomero che forma le facce e 12 capsomeri identici che si trovano alla sommità dei vertici. I capsomeri dei virus a simmetria icosaedrica sono proteine formate da due o tre polipeptidi. Per la particolare forma, evidente in alcuni virus, i capsomeri che formano le facce sono detti esoni e quelli che formano i vertici sono detti pentoni. Vi sono virioni formati dal semplice nucleo capside, in altri il nucleocapside è rivestito da un involucro (envelope) pericapsidico formato da una membrana lipidica di origine cellulare che a seconda della famiglia di virus può essere originata dalle membrane della cellula ospite (membrana citoplasmatica o nucleotidica o del reticolo endoplasmatico). Sull involucro pericapsidico sono localizzate delle glicoproteine codificate dal genoma virale dette spicole (spikes) o peplomeri. Dalle figure schematiche dei virioni di origine animale (Fig. 1) ottenute dalle fotografie al microscopio elettronico, si possono ricavare le seguenti osservazioni: le differenti famiglie virali hanno dimensioni diverse come precedentemente detto, vi sono virus nudi (formati dal solo nucleocapside) e virus rivestiti (con involucro pericapsidico), i virus nudi di origine animale hanno una simmetria esclusivamente di tipo icosaedrico. Virus nudi a simmetria elicoidale sono alcuni batteriofagi o alcuni virus del regno vegetale (es. virus del mosaico del tabacco). I virus con involucro pericapsidico possono avere il nucleocapside sia a simmetria elicoidale (es. virus influenzali e parainfluenzali, virus della rabbia) sia a struttura icosaedrica (es. virus erpetici). La famiglia dei Poxivirus (i virus più grandi) possiede una morfologia complessa che sarà descritta nell apposito capitolo. Classificazione dei virus Ad una prima classificazione dei virus basata sulla epidemiologia (es. arborvirus = virus trasmessi da insetti) e sulla patologia (es. virus della rabbia) oggi i virus sono classificati in base agli studi dei parametri biomolecolari e strutturali che sempre più si perfezionano e si approfondiscono, nel contempo modificandosi i criteri classificativi. I criteri classificativi dei virus in famiglie si basano sui seguenti caratteri: Caratteri morfologici: nucleocapside a simmetria elicoidale o a struttura icosaedrica, presenza o assenza di involucro pericapsidico. Dimensione del virione. 3

4 Genoma: tipo di acido nucleico (DNA o RNA), acido nucleico a singola o doppia elica, circolare o lineare; per i virus a RNA, RNA a polarità positiva o RNA a polarità negativa. Modalità trascrizionale degli acidi nucleici. Enzimi codificati dal genoma virale: enzimi che fanno parte della struttura del virione (es. trascrittasi inversa), oppure enzimi codificati presenti durante il ciclo moltiplicativo e assenti nel virione. Nell ambito delle famiglie si distinguono le specie in base alla antigenicità delle singole proteine del virione e in maniera meno esatta allo spettro d ospite. Genomi virali I virus animali si dividono in due classi: virus con genoma a RNA, virus con genoma a DNA. Tutti i virus aventi RNA genomico possiedono un RNA a singola elica ad eccezione della famiglia dei Reovirus che hanno un RNA a doppia elica. I virus ad RNA si dividono in due sottoclassi: i virus con RNA a polarità positiva, virus con RNA a polarità negativa. I virus ad RNA a polarità positiva hanno un RNA che all interno della cellula può fungere direttamente da RNA messaggero. I virus con RNA a polarità negativa hanno un RNA la cui elica complementare funge da RNA messaggero: questi virus hanno l enzima RNA polimerasi RNA dipendente associato al virione. I Reovirus e alcune famiglie di virus a RNA a polarità negativa hanno un genoma formato da più sequenze indipendenti di RNA (es. virus influenzale, 8 frammenti; bunyavirus 3 frammenti; Reovirus 12 frammenti, con trascrizione autonoma di ciascuna sequenza) Tutti i virus a DNA hanno un DNA a doppia elica con eccezione dei Picodnavirus (piccoli virus a DNA) che hanno DNA a singola elica. Virusoidi I virusoidi sono virus a RNA a piccolo genoma ( basi di RNA circolare a singola elica). Essi appartengono al regno vegetale, il loro genoma non codifica per le loro proteine strutturali per cui questi virus utilizzano proteine prodotte da un virus helper dal quale dipendono. 4

5 Viroidi I viroidi sono strutture autoreplicanti costituite da piccole molecole di RNA prive di rivestimento proteico. L RNA è a singola elica circolare formato da basi. Caratteristica di questa molecola è che la maggior parte delle sue basi si appaiano formando una struttura filiforme a doppia elica apparente. Questa particolare forma strutturale rende la molecola di RNA resistente agli enzimi nucleosidici anche se priva di protezione proteica. In definitiva i viroidi sono agenti infettivi che producono malattie nelle piante, formati da RNA a singola elica mancante di rivestimento proteico e che si autoreplica autonomamente a mezzo della RNA polimerasi II della cellula. Coltivazione dei virus I primi isolamenti dei virus furono fatti coltivandoli in animali da esperimento ricettivi: in topini neonati (mancanti ancora di difese immunitarie) o in embrioni di pollo. Successivamente furono messe a punto colture di cellule da organo espiantato, in terreno ricco formato da aminoacidi vitamine e siero di sangue. Con l avvento degli antibiotici è stato più facile lavorare con le colture cellulari in quanto l aggiunta dipenicillina e streptomicina al terreno di coltura difende le cellule dall inquinamento batterico. Per l allestimento di colture cellulari, frammenti di tessuto vengono dissociati a mezzo di tripsina e collagenasi. Le cellule in sospensione vengono messe in terreno in capsule Petri, le cellule aderiscono al fondo della capsula e comincia la divisione mitotica, le nuove cellule si distendono in monostrato e danno luogo alla coltura primaria. Le colture primarie sono mantenute cambiando due o tre volte il terreno di coltura nella capsula Petri, successivamente le cellule sono staccate dal supporto con tripsina o EDTA e aliquote di queste, in sospensione, sono rimesse in coltura per iniziare una nuova crescita che viene detta coltura secondaria. Le cellule in coltura sono di due tipi: sottili e allungate dette similfibroblastiche o poligonali dette similepiteliali. Le colture primarie e secondarie possono essere piastrate in serie diverse volte, conservando le caratteristiche delle cellule precedenti e mantenendo la loro diploidia dando origine ad un ceppo cellulare diploide. Dopo un certo numero di passaggi le cellule vanno incontro a senescenza cellulare e muoiono. 5

6 Durante la moltiplicazione di un ceppo cellulare alcune cellule possono andare incontro a delle alterazioni con cambiamenti di morfologia, diminuzione del tempo di duplicazione, alterazione del genoma (poliploidia), diminuzione delle esigenze nutrizionali. Tali cellule danno origine alle linee cellulari che a differenza dei ceppi di origine possono crescere all infinito (immortalizzazione es. cellule HELA). Le colture cellulari servono ad isolare e per moltiplicare i virus, a osservare le alterazioni cellulari dovute a differenti virus, a studiare la moltiplicazione a livello biomolecolare. Sia i ceppi cellulari che le linee continue di cellule possono essere conservate per anni mediante congelamento. Sospensioni di cellule mescolate con glicerolo o dimetilsulfossido vengono distribuite in provette e congelate in azoto liquido (-196 C). Normalmente le cellule crescono in monostrato. I virus oncogeni possono causare, inserendosi nel genoma cellulare, capacità di formare colonie di cellule (impilamento) sulla superficie del substrato. Moltiplicazione dei virus Dati i diversi tipi di genomi delle famiglie virali, risultano differenti gli eventi moltiplicativi virali da virus a virus. Ci proponiamo pertanto di descrivere per sommi capi le tappe metaboliche della moltiplicazione quando tratteremo le singole famiglie virali. Ci preme in questa sede descrivere le prime fasi dell infezione della cellula da parte del virione e cioè il legame del virus alla cellula competente e la penetrazione del virione nella cellula, e la successiva liberazione del virione maturo una volta assemblato il nucleocapside. Il virione rappresenta la forma inerte dei virus, l attività del virus si esplica nel momento della interazione virus-cellula che rappresenta il tema centrale della virologia. La penetrazione del virus nella cellula genera una nuova entità: la cellula infetta. L infezione cellulare può determinare due eventi distinti che dipendono sia dal tipo di virus che dal tipo di cellula. Il primo è l evento litico o interazione litica, il virus si moltiplica all interno della cellula con liberazione dei virioni e lisi della cellula ospite. Il secondo evento è l interazione trasformante, il genoma virale si integra nel genoma della cellula ospite determinando una trasformazione permanente della cellula 6

7 nella sua morfologia e nella maniera in cui interagisce con le altre cellule con cui viene a contatto. Primo stadio dell infezione è l adsorbimento. Il virione si lega alla membrana cellulare mediante un legame chimico-fisico che lega un antirecettore specifico di superficie del virione ad un recettore specifico sulla membrana cellulare. Data l alta specificità del legame (si può paragonare tale legame alla reazione antigene-anticorpo), risulta evidente che i virus infettano le cellule che possiedono quella particolare glicoproteina specifica che può attivare legami di tipo chimico fisico con l antiricettore virale (es. il virus dell immunodeficienza acquisita lega con il suo antiricettore la glicoproteina CD4 che si trova sulla membrana dei linfociti helper. I virus epatitici propriamente detti possono infettare esclusivamente gli epatociti). Al legame specifico antirecettore-recettore segue l internazione del virus nella cellula per viropessi (o pinocitosi) o più raramente in caso di virus con l involucro pericapsidico per fusione delle membrane. Il virione è racchiuso in una vescicola fagocitica, alla vescicola si accostano dei lisosomi che versano in esse enzimi idrolitici; il virus viene decapsidizzato e così si libera l acido nucleico. Segue una fase di eclissi in cui avviene la sintesi di acido nucleico virale e proteine virali; l assemblaggio (formazione del nucleocapside) e infine la liberazione della progenie virale dalla cellula lisata o gravemente danneggiata. I cicli moltiplicativi dei virus come abbiamo detto saranno descritti quando tratteremo le singole famiglie virali. Immunologia virale Le malattie virali conseguono alle infezioni delle cellule con alterazione delle stesse, e molto più spesso lisi delle medesime. L attivazione dell immunità specifica è rivolta quindi non solo nei riguardi del virione, ma anche contro la cellula infetta che i meccanismi immunitari tendono ad eliminare. L immunità di tipo umorale (anticorpi) tende a neutralizzare i virioni; anche se non per tutti i virus, gli anticorpi se presenti, impediscono l infezione della cellula. Per molti virus si ha neutralizzazione anticorpale tanto che si sono potuti allestire dei vaccini preventivi molto potenti (vaccino antipoliomielitico, antirosolia, antimorbillo, antivaioloso, antiparotite, anti febbre gialla ed altri). 7

8 Gli anticorpi delle classi IgM e IgG sono rilevanti per la difesa contro le infezioni virali accompagnate da viremia, mentre gli anticorpi tissutali (IgA) sono importanti per le infezioni contratte attraverso la mucosa (naso, intestino). Grande importanza riveste l immunità cellulo-mediata nelle malattie virali nel circoscrivere i focolai di infezione rappresentate dalle cellule infette. Tali cellule per la presenza di antigeni virali sia sulle membrane cellulari che all interno di esse (antigeni associati alle cellule) attivano sia i linfociti T citotossici (CTL) che la citotossicità cellulo-mediata anticorpo dipendente (ADCC). Un ruolo importante hanno i linfociti natural killer (NK). L importanza del loro ruolo nella guarigione da malattie virali è stata messa in evidenza da diversi studi (in topi infettati con virus erpetico aumenta la mortalità quando privati di cellule NK). Questi grandi linfociti ricchi di granuli citoplasmatici agiscono soprattutto nei riguardi di cellule infettate da virus con involucro pericapsidico. Su tali cellule a livello delle membrane citoplasmatiche compaiono le glicoproteine di superficie codificate dal virus (spicole). I linfociti NK riconoscono aspecificamente le glicoproteine virali come bersaglio legandosi alla cellula infetta. Attraverso una sostanza chiamata perforina aprono un canale tra la propria membrana e quella della cellula e rilasciano in essa il contenuto granulare citoplasmatico comprendente alcuni fattori quali i granzimi (una famiglia di proteasi), il fattore di crescita tumorale (TNF) e altri fattori citotossici derivati dai granuli. Il granzima B insieme ad altri fattori induce apoptosi (morte cellulare programmata) della cellula infetta probabilmente innescando l attivazione di proteasi che idrolizzano una serie di molecole proteiche, includendo gli enzimi di riparazione del DNA. L azione citotossica degli NK è potenziata dall interferon alfa (vedi interferenza). Interferenza ed interferon Quando una cellula viene infettata simultaneamente da due differenti virus, l uno può moltiplicarsi indifferentemente dall altro. Più frequentemente la moltiplicazione di un tipo di virus impedisce la moltiplicazione di un eventuale altro virus che successivamente infetta la stessa cellula. Tale fenomeno è conosciuto come interferenza virale. Il primo virus è detto interferente il secondo cimentante o superinfettante. L interferenza virale è stata studiata in vivo ed in vitro. 8

9 Es. in vivo: scimmie infettate con virus della febbre gialla a bassa virulenza non si ammalano se infettate con un altro flavivirus altamente virulento e non correlato antigenicamente al primo. Si dimostra così il fenomeno della interferenza e l esclusione di una eventuale protezione anticorpale. Es. in vitro: colture cellulari infettate con virus influenzale di tipo A, successivamente infettate con virus influenzale di tipo B, la moltiplicazione di questo secondo virus cimentante risulta inibita. La stessa inibizione del virus cimentante si ha inoculando precedentemente le cellule con virus interferente inattivato con raggi UV ( in questo caso il virus penetra nella cellula ma non si moltiplica). Il sovranatante cellulare dell esperimento precedente privo di qualsiasi particella virale se aggiunto ad una coltura cellulare fresca impedisce anche la moltiplicazione del virus influenzale di tipo A e B. Tale esperimento condotto nel 1957 da Isaac e Lindenman ha portato alla scoperta che le cellule infettate producono una sostanza interferente (che fu detta interferon) la cui presenza (nel sovranatante) impedisce la moltiplicazione virale nelle cellule con cui viene a contatto. Studi successivi hanno dimostrato che quasi tutti i virus animali (sia a DNA che ad RNA) quando infettano cellule di differenti specie animali inducono le cellule entro cui si moltiplicano a produrre interferon. Sono stati messi in evidenza tre tipi di interferon. L interferon beta prodotto dai fibroblasti, l interferon di tipo alfa prodotto dai leucociti (si conoscono almeno 12 interferon leucocitari) ambedue prodotti da cellule infettate da virus o attivate chimicamente (presenza di ribopolinucleotidi a doppia elica), l interferon di tipo gamma o interferon immune prodotto dai linfociti T attivati da mitogeni o antigeni. Gli interferon sono polipeptidi di piccolo peso molecolare (circa M.W.), l interferon beta appare glicosilato. Gli interferon prodotti dai differenti tipi di animali sono specie-specifici. Gli interferon alfa e beta si distinguono dall interferon gamma poiché essi sono stabili al ph acido. Gli interferon sono dei potenti inibitori della moltiplicazione virale: da 10 a 20 molecole di interferon sono in grado di conferire resistenza ad una cellula. In vivo l interferon oltre che esplicare la sua azione antivirale ha la proprietà di inibire la proliferazione cellulare e modula la risposta immunitaria mediante 9

10 l attivazione delle cellule natural killer (vedi sopra); l interferon gamma è un potente attivatore dei macrofagi. Da quanto detto risulta che l interferon esplica una azione regolatrice delle funzioni cellulari. Gli interferon sono prodotti da cellule infettate con virioni completi sia infettanti che inattivati. Hilleman mise in evidenza che la presenza nel citoplasma cellulare di RNA a doppio filamento (dsrna), induce la cellula a produrre interferon. In effetti buoni induttori di interferon sono: i Reovirus e ribonucleotidi di sintesi. Ma anche altri virus a DNA e ad RNA a singola elica sono degli induttori di interferon in quanto dsrna si possono formare durante la moltiplicazione dei virus a RNA (capacità di formare RF, vedi picornavirus); nel caso di virus a DNA si può formare dsrna da trascrizione simmetrica sulle due eliche di DNA. Il genoma cellulare nelle condizioni di cui sopra (presenza di dsrna) produce interferon durante la maturazione del virus, l interferon fuoriesce dalla cellula e si lega alle cellule vicine a livello di ricettori specifici della membrana cellulare. Tale legame determina un blocco del meccanismo della traduzione mediante due vie che implicano l attivazione di una proteina chinasi e di un endonucleasi. Perchè avvenga la sintesi di questi enzimi è necessaria la presenza nel citoplasma di piccole tracce di ds RNA indice di una infezione virale. L inibizione della traduzione può danneggiare o uccidere la cellula infetta ma ha come effetto finale l arresto dell infezione virale. Vi sono stati molti studi circa i sistemi modulati indotti dall interferon. I due più conosciuti che inducono il blocco della traduzione sono l attivazione di geni cellulari che codificano per una proteina chinasi e per una oligo A sintetasi (oligo adenina sintetasi). La proteina chinasi si attiva in presenza di dsrna e fosforila il fattore di iniziazione e IF-2. La fosforilazione blocca il complesso di iniziazione formato da e IF- 2, GTP (guanosina trifosfato) e Met-t RNA f con la piccola unità ribosomale e l mrna. La oligo A sintetasi indotta da interferon sintetizza in presenza di dsrna una oligonucleotide adenina contenente tre o più nucleotidi a legame insolito (due-cinque A). Il 2-5 A oligonucleotide attiva una endoribonucleasi che idrolizza l mrna e l RNA ribosomale (Fig. 2). 10

11 In vivo la produzione di interferon ha il significato di protezione di pronto intervento nell infezione primaria dato che i meccanismi immunitari hanno bisogno di 7-15 giorni per essere attivati. L importanza dell interferon nel limitare l infezione virale è suggerita da alcune osservazioni. La somministrazione di siero immune anti interferon aumenta la letalità in topini infettati con virus dell epatite murina. Individui ipogammaglobulinemici si comportano nei confronti delle malattie virali come gli individui normali al contrario di quello che avviene con le infezioni batteriche in cui gli ipogammaglobulinemici hanno manifestazioni patologiche più gravi. La febbre (temperatura corporea di gradi) induce una maggiore produzione di interferon. La scoperta dell interferon, potente inibitore in vitro della moltiplicazione virale, alimentò la speranza di poterlo utilizzare come farmaco per una terapia antivirale a largo spettro. Attualmente l interferon sia alfa che beta viene prodotto per ingegneria genetica. Prove cliniche hanno dimostrato che l uso dell interferon nella terapia antivirale ha un impiego estremamente limitato dimostrandosi molto poco efficace per tutte le malattie virali. E stato dimostrato un miglioramento nelle infezioni gravi di varicella, herpes e citomegalovirus in pazienti immunocompromessi. Sembra efficace nel diminuire il tempo di guarigione di alcuni papillomi facendo delle somministrazioni topiche sulle lesioni papillomatose. In casi di epatite cronica da virus B e C, usando dosi massive di interferon, si è riscontrata una diminuzione della viremia e del danno epatico. Ma l uso dell interferon è soprattutto limitato dal fatto che nelle dosi usate in terapia è tossico, l interferon causa stanchezza, febbre, mialgia e meno frequentemente danni neurologici e midollari. Attualmente sono in uso dei farmaci antivirali più o meno efficaci che saranno trattati nella virologia speciale. Infezioni latenti e infezioni croniche persistenti Le infezioni latenti e le infezioni persistenti sono meccanismi di sopravvivenza virale che permettono ad alcuni virus una prolungata presenza nell organismo ospite. Le infezioni latenti sono dovute alla presenza del genoma virale nel nucleo della cellula ospite sia in forma integrata al genoma cellulare che in forma episomiale 11

12 (genomi virali singoli circolarizzati non integrati). Il fenomeno della latenza è limitato ai virus a DNA e ai Retrovirus. Importanti conseguenze della latenza sono la riattivazione del genoma virale con la ricomparsa del virus infettante e la conseguente ripresa della attività patogena. Tale attività può essere accentuata negli individui immunocompromessi ovvero mediante meccanismi che evitano l immunità cellulo mediata. Inoltre il DNA nello stato integrato può essere parzialmente trascritto con produzione di proteine virali. Alcune di queste proteine dette proteine trasformanti sono associate ad alterazioni neoplastiche della cellula ospite. Le infezioni persistenti sono dovute al fatto che il virus, evitando, spesso con meccanismi propri l immunità specifica precedentemente evocata continua a moltiplicarsi in particolari cellule. Le conseguenze della persistenza virale possono variare dalla mancanza di manifestazione patologica a conseguenze cliniche gravi sia in individui normali che soprattutto in individui immunocompromessi. Infezione latente I virus erpetici inducono o possono indurre infezioni latenti così come i Papovavirus, Hepadnavirus e naturalmente i Retrovirus. Esempio tipico di latenza è l erpesvirus di tipo 1 che, a seguito dell infezione primaria, va a localizzarsi trasportato lungo l assone del nervo sensitivo al ganglio sensorio regionale, soprattutto i gangli del trigemino. Il virus infetta i neuroni e persiste in essi nel nucleo in più copie e in forma episomiale stabilendo una infezione latente che dura tutta la vita. Stimoli poco conosciuti, clinicamente legati ad eventi patogeni e di stress, attivano il virus latente che si moltiplica nei neuroni e viene trasmesso attraverso il plasmalemma della fibra nervosa sensitiva fino alle giunzioni neuroepiteliali con conseguente infezione delle cellule sovrastanti epiteliali e produzione della lesione erpetica. Durante la latenza del virus non sono state messe in evidenza proteine virali nei neuroni. Infezione latente che esprime antigeni virali Tipico esempio è il virus di Epstein Barr (EBV), un altro virus erpetico, agente della mononucleosi infettiva. Esso si moltiplica nelle cellule epiteliali naso faringee e infetta i linfociti B stabilendo in essi una infezione latente in forma episomiale (più 12

13 copie di DNA circolarizzato nel nucleo). Nelle cellule tumorali del linfoma di Burkitt è stato individuato genoma integrato. La latenza di EBV nei linfociti B non è completamente silente ma il genoma virale esprime alcune proteine, i cosidetti antigeni nucleari (EBNA) dei quali è stato particolarmente studiato EBNA-1 che induce la DNA polimerasi cellulare a produrre più copie di DNA episomiale virale. Altri EBNA inducono l immortalizzazione dei linfociti B mentre altri antigeni virali prodotti, i cosidetti antigeni di membrana che compaiono sulla superficie della cellula infetta, stimolano una risposta cellulo mediata nei confronti del linfocita B infetto (quindi aumento dei Linfociti T nel corso della mononucleosi infettiva: vedi virus di Epstein Barr). Le infezioni persistenti In alcune malattie (epatite B, epatite C, morbillo, rosolia) alla guarigione dalla malattia può stabilirsi in maniera più o meno rara la produzione dell agente virale in forma persistente. Le conseguenze della persistenza virale possono talvolta portare a danni non reversibili quali la cirrosi epatica nel caso dei virus epatitici, ma più spesso negli individui normali la persistenza non comporta manifestazioni patologiche che invece vengono espresse negli individui immunocompromessi (AIDS, trapianti, immunodeficienza primaria, es. negli individui normali la persistenza da citomegalovirus è asintomatica mentre nei pazienti con infezione da HIV può comportare l insorgenza di polmonite e retinite). E evidente che la persistenza virale negli individui normali deve essere in qualche modo dovuta a meccanismi di evasione, da parte del virus e della cellula infettata, dei meccanismi immunitari. Meccanismi di evasione virale Gli anticorpi possono neutralizzare il virione libero ma agiscono soprattutto legandosi agli antigeni glicoproteici virali che compaiono sulla superficie della cellula infetta inducendo la lisi cellulare mediata dal complemento o attraverso la citotossicità cellulo-mediata anticorpo dipendente. 13

14 L immunità citotossica specifica si attua nei confronti di antigeni virali (frammenti peptidici) associati agli antigeni maggiori di istocompatibilità (MHC) di classe I e II. I linfociti T CD8+citotossici sensibilizzati si legano agli antigeni virali a loro volta associati a MHC di classe I eliminando le cellule infette anche attraverso l azione di citochine antivirali da essi prodotte quali l interferon gamma e il fattore di necrosi tumorale (TNF). I linfociti CD4+ virus specifici (helper) si legano ai frammenti antigenici virali associati a MHC di classe II che si ritrovano sui macrofagi inducendo la produzione da parte dei macrofagi di citochine antivirali; inoltre CD4+ stimolano la produzione di anticorpi da parte dei linfociti B. L infezione latente assoluta, senza espressione di proteine virali, sottrae il virus ai meccanismi immunitari (HSV nei neuroni, HIV nelle cellule T resting). In misura minore alcuni virus che infettano le cellule per fusione di membrana, possono per una certa percentuale sottrarsi agli anticorpi tissutali. Infine virus che infettano particolari tessuti quali quello nervoso persistono con più facilità nei neuroni poichè la scarsa o nulla presenza in essi di MHC impedisce l attuazione della immunità citotossica specifica, senza contare della difficoltà dei linfociti di raggiungere il sistema nervoso centrale a causa della barriera ematoencefalica. Alcuni virus quali il citomegalovirus e i virus BK e JC (poliomavirus) per ragioni sconosciute tendono a persistere nel tessuto renale. Recenti studi hanno dimostrato che alcune proteine virali interferiscono con la funzione delle citochine. Proteine precoci dell adenovirus proteggono le cellule infettate dall azione litica di TNF, la proteina BCRFI del virus di Epstein Barr è omologa alla interleuchina 10 e pertanto possiede la stessa azione di IL-10 nell inibire la sintesi di IL-2 e di interferon gamma, note citochine antivirali. Infine la variazione antigenica ad alta frequenza di mutazione, propria di alcuni virus ad RNA e del virus dell immunodeficienza, comporta l insorgenza di nuove varianti virali ad opera della pressione selettiva immunitaria, favorendo la sopravvivenza del virus sia a livello epidemiologico (successive pandemie, vedi il virus influenzale) che a livello di individuo (HIV). 14

15 VIRUS AD RNA Picornaviridae (piccoli virus a RNA) I picornavirus sono dei piccoli virus nudi (circa 28 nm di diametro) con genoma RNA a polarità positiva. Il virione ha una struttura similicosaedrica. Il capside è formato da 60 capsomeri identici (ogni capsomero è costituito da tre polipeptidi VP1, VP2, VP3) che in gruppi di 5 capsomeri costituiscono i 12 vertici e insieme le facce di una figura molto vicina all icosaedro: all interno del capside è associata un altra proteina VP4. Il genoma è formato da un filamento di RNA poliadenilato alla estremità 3 e con un cappuccio all estremità 5 formato da una proteina (Vpg). Vpg è sempre associata con legame covalente all RNA genomico ed è essenziale per la replicazione genomica. Il ciclo replicativo di questi virus inizia con il legame del virione ad una lipoproteina ricettoriale della cellula. Tale adsorbimento determina una alterazione del capside virale con perdita della proteina VP4 e dell RNA. Solo le particelle integre vengono inglobate dalla cellula e decapsidizzate nell interno di un vacuolo citoplasmatico. RNA genomico funge da messaggero perdendo il suo cappuccio e traduce sui poliribosomi della cellula un lungo polipeptide (Fig. 3). Questa proteina è scissa per autoclivaggio in tre regioni P1, P2, P3 di cui la terza genera due proteine la RNA polimerasi e la proteasi. Le proteasi virali a loro volta scindono la P1 formando le proteine strutturali. RNA polimerasi si attiva a formare eliche complementari (RNA -) su cui si sintetizzano gli RNA positivi che danno luogo al genoma della progenie e agli mrna. L elica complementare e RNA+ nascente formano dei complessi a doppia elica di breve vita (IR intermedio replicativo), sia gli RNA+ genomici che l RNAcomplementare legano il Vpg all estremità 5. Gli mrna nascenti mancano di questa proteina. Una volta formate le proteine strutturali si ha la formazione del virione per autoassemblaggio e durante questa fase si hanno le ultime scissioni dei polipeptidi (Vp4 e VP2 da VP0). I processi maturativi avvengono interamente nel citoplasma; in poche ore (3-4) si compie l intero processo moltiplicativo con la produzione di un migliaio di particelle virali che si liberano insieme per lisi o scoppio cellulare. Il modello moltiplicativo di cui sopra studiato negli enterovirus è simile per gli altri picornavirus. 15

16 I picornavirus sono un gruppo numeroso di virus che danno malattie negli animali (es. afta epizootica) e nell uomo. I virus che interessano la patologia umana sono gli enterovirus dell uomo, il virus dell epatite A e i Rhinovirus. Gli enterovirus Questi piccoli virus sono caratterizzati dal fatto che si moltiplicano nelle linfoghiandole prevalentemente in quelle dell intestino (placche del Peyer) e sono resistenti al ph acido. Fino ad ora sono stati isolati circa 70 sierotipi che vengono classificati secondo il vecchio criterio tradizionale in: virus della poliomielite: 3 sierotipi virus Coxackie di tipo A: 23 sierotipi virus Coxackie di tipo B: 6 sierotipi Echovirus: 32 sierotipi I virus della poliomielite sono 3, distinti antigenicamente, ognuno dei quali indipendentemente può dare la malattia. L uomo è il solo ospite naturale di questi virus. Il virione è resistente agli agenti atmosferici e al ph acido, e la via di trasmissione è orofecale. Il virus si moltiplica nelle linfoghiandole della mucosa faringea e dell intestino e raggiunge lo stesso superando la barriera gastrica. La malattia epidemica è caratterizzata da una intensa moltiplicazione virale a livello delle placche del Peyer che provoca di solito una lieve sindrome febbrile. Intorno all 1% degli individui può aversi una viremia che nel termine di 5-6 giorni può portare alla infezione del sistema nervoso centrale con lesioni in prevalenza a livello delle corna anteriori del midollo spinale, o del bulbo (esito infausto) o della corteccia, con conseguente paralisi dei vari distretti del corpo. Il virus, nella fase viremica, infetta direttamente i neuroni motori si moltiplica in essi e li distrugge. Non è esclusa una via di infezione lungo le terminazioni nervose. Grandi quantità di virus che vengono eliminate con le feci sopravvivono nelle acque luride. (dalle acque del Tevere si può isolare il virus attenuato del vaccino Sabin). Nei primi anni 50 i virologi americani Salk, Cox, Koprowski e Sabin misero a punto delle metodiche che permisero di attuare la produzione di due potenti vaccini che laddove usati hanno debellato questa spaventosa malattia. 16

17 Vaccinazione antipoliomielitica Vaccino di Salk. Salk dimostrò che tutti e tre i tipi di Poliovirus prodotti in colture di cellule e purificati, possono essere inattivati trattandoli con formalina al 0.4% a ph 7 e a 37 C per una settimana, senza che essi perdano la loro antigenicità. Vaccino di Cox, Koprowski e Sabin, conosciuto come vaccino di Sabin. I tre virus sono stati coltivati in colture cellulari attraverso molteplici e successivi passaggi, tali ceppi hanno perduto il loro neurotropismo (non provocano paralisi) quando inoculati in scimmie suscettibili per via parenterale e per via intracerebrale. Il vaccino di Salk è stato il primo ad essere usato, e tuttora è adoperato in Finlandia e Svezia. Costituito dai tre virus inattivati, viene inoculato per via parenterale, con tre iniezioni nell arco di 3-6 mesi, una quarta al 12 mo mese e il richiamo ogni 5 anni. Il vaccino induce prevalenza di anticorpi IgM e IgG. Vaccino di Sabin: I tre virus attenuati sono somministrati per via orale all inizio del terzo mese, seconda dose dopo un mese, terza al sesto mese, quarta al 12 mo mese, quinta in età scolare. Il virus vaccinico supera la barriera gastrica essendo resistente al ph acido, raggiunge l intestino e si moltiplica dando luogo all infezione naturale che si esaurisce a livello intestinale. Tale vaccino induce oltre che gli anticorpi IgM e IgG anche quelli tissutali IgA, è più facile nella somministrazione, la dose vaccinica si inattiva con meno facilità che non quella del vaccino Salk, quindi è meglio trasportabile in paesi con problemi logistici. Il vaccino Sabin viene eliminato con le feci e dal punto di vista epidemiologico potrebbe essere un vantaggio, potendosi sostituire nell ambiente al virus tipo selvaggio. Sebbene i casi di reversione genica del virus vaccinico al selvatico sono stati riscontrati in colture di cellule, sono molto discussi i rarissimi casi di reversione in vivo che si sono verificati, in prevalenza, in soggetti con immunodeficienza. L efficacia dei vaccini antipoliomielitici nell uomo, che è il solo ospite naturale, potrebbe far prevedere l eradicazione della malattia con un programma di vaccinazione globale (come avvenuto per il vaiolo). Recentemente, in Italia si è adottato uno schema vaccinale che prevede la somministrazione di tre dosi di vaccino Salk. Altri enterovirus I virus Coxackie sono così chiamati perchè il primo della serie è stato isolato in topino neonato, da feci di bambini provenienti dalla omonima cittadina nel New Jersey. 17

18 In base alla antigenicità e alla sintomatologia in topino neonato, si distinguono 26 tipi di virus di gruppo A e 6 di gruppo B. I virus di gruppo A sono collegati alle seguenti malattie: Meningite asettica benigna, Angina erpetiforme, Malattia mani-piedi-bocca. Quelli di tipo B sono gli agenti della Pleurodinia o mialgia epidemica, miocardite del neonato, pericardite. I virus ECHO, isolati dalle feci, in colture di cellule e all atto dell isolamento non chiaramente associati a malattie (ECHO = enteric cythophatic human orphan) sono 32 sierotipi e sono collegati alle seguenti malattie: Meningite asettica benigna, malattie respiratorie acute minori, febbre estiva infantile, miocardite. Alcuni virus Coxackie ed ECHO sono collegati a sintomatologie neurologiche. Altri specifici enterovirus, più di recente studiati, sono l enterovirus 70 associato ad una congiuntivite acuta emorragica. L enterovirus 72 o virus dell epatite A (vedi virus delle epatiti). Rhinovirus Sono gli agenti delle malattie acute afebbrili delle vie aeree superiori (raffreddore comune). Caratteristiche di questi Picornavirus sono: moltiplicazione a livello del tratto respiratorio superiore, l uomo è il solo ospite naturale, molto sensibili a ph acido, optimum di temperatura di incubazione 33 C ph 7 (temperatura delle cavità nasali), la crescita è inibita a 37 C temperatura corporea. Sono stati fin ora isolati 115 sierotipi, per cui uno stesso individuo può essere soggetto a più raffreddori nell anno. L interferon alfa inoculato per via nasale attenua in alcuni casi la sintomatologia (effetto assai modesto e sperimentazione dubbia). Arborvirus (Arthropod born virus) Sotto questo nome sono raggruppati virus che infettano l uomo attraverso la puntura di un insetto (zanzara, zecca, flebotomo). Essi sono causa nell uomo in prevalenza di encefaliti, dengue, febbri emorragiche. Attualmente gli arborvirus sono classificati in più generi e propriamente Togavirus, Flavivirus, Bunyavirus e Arenavirus. 18

19 Gli arborvirus si moltiplicano nell intestino e nelle ghiandole salivari dell artropode senza che l insetto subisca danni. Nel ciclo di trasmissione sia i vertebrati (animali selvatici e domestici) che gli artropodi vettori sono considerati serbatoi di virus. Molto spesso nel vettore il virus si trasmette nella progenie attraverso infezione transovarica. Togavirus Il virione rivestito ha un diametro di 60 nm, nucleocapside con RNA a polarità positiva e capside a struttura icosaedrica. Nel ciclo moltiplicativo l RNA genomico viene tradotto in una poliproteina che viene scissa a formare le proteine non strutturali (RNA polimerasi, proteasi). Si forma poi l RNA complementare (RNA -) sul quale è trascritto l RNA genomico (filamento intero 49S) e un più piccolo mrna (filamento 26S) che è tradotto in una poliproteina che per scissione idrolitica dà origine ai polipeptidi strutturali. Questi virus danno delle forme gravi di encefalite nel cavallo e nell uomo. Da ricordare l encefalite equina dell est (EEE), encefalite equina venezuelana (VEE), encefalite equina dell ovest (WEE) con distribuzione geografica America del Nord e Sud America. Il ciclo di trasmissione principale avviene tra uccelli sia domestici che selvatici e zanzara che sono i serbatoi del virus. Ospiti finali cavallo e uomo. Il virus EEE è quello che produce i più gravi danni neurologici con una alta percentuale di mortalità. Esistono dei vaccini inattivati per EEE e WEE usati per i cavalli ma di cui non si conosce l effetto nell uomo. Flavivirus Sono virus assai simili ai togavirus con genoma RNA+ ma più piccoli (45 nm). A questo genere appartengono virus encefalitogeni, il virus della febbre gialla, il virus Dengue, i virus delle febbri emorragiche trasmesse da zecche. Il virus della febbre gialla da cui viene il nome al genere (Flavus = giallo) è il più studiato fra i Flavivirus soprattutto da un punto di vista epidemiologico. Agente di vaste epidemie nel sud e centro America e in Africa è trasmesso dalla zanzara Aedes aegypti. La febbre gialla è una malattia sistemica grave, il virus dopo un ciclo moltiplicativo nelle linfoghiandole, infetta e distrugge le cellule di fegato, milza, reni e midollo osseo. 19

20 Per la febbre gialla si distinguono due tipi di epidemie, il ciclo urbano trasmissione zanzara (Aedes) - uomo - zanzara e il ciclo della giungla, con trasmissione zanzara (varie specie) - scimmia e uomo ospite accidentale. Un ottimo vaccino è costituito dal ceppo virale 17 D attenuato che dà una protezione sicura per almeno 5 anni. L encefalite di S.Louis diffusa negli Stati Uniti è trasmessa da zanzara Culex: il ciclo replicativo avviene fra zanzara e uccelli e l uomo è ospite accidentale. La febbre dengue (cefalee, febbre, mialgia, esantema) ha un ciclo urbano uomo - Aedes e un ciclo della giungla come per la febbre gialla. Le febbri emorragiche da zecca (Ixodes) hanno una ampia distribuzione geografica con probabile serbatoio in piccoli mammiferi e trasmissione transovarica del virus nell insetto. Bunyaviridae Appartengono a questa famiglia almeno 200 virus alcuni dei quali, nell uomo, sono gli agenti di febbri emorragiche. Il virione ha una struttura nucleocapsidica a simmetria elicoidale, formata da tre segmenti di RNA lineari a polarità negativa con RNA polimerasi associata, formando tre nucleocapsidi con capside circolare e racchiuse in un involucro pericapsidico. Il ciclo moltiplicativo è abbastanza simile a quello dei Myxovirus (vedi) compresa la maturazione dell mrna messaggero con il capuccio in posizione 5 mutuato dall mrna della cellula ospite. L involucro pericapsidico si forma a spese della membrana dell apparato del Golgi. Si conoscono 4 generi, all interno dei quali alcuni virus hanno somiglianze antigeniche. - gen. Bunyavirus: provocano febbri con cefalea e mialgia. Virus isolati in Africa e continente Americano. Le malattie sono trasmesse da zanzare. - gen. Nairovirus: agenti di febbri emorragiche (della Crimea, del Congo) con sintomatologie renali, trasmessi da zecche. - gen. Flebovirus: trasmessi da Flebotomus papataci agenti della febbre da papataci nell Italia del Sud e in Egitto (cefalea, febbre, mialgia). - gen. Hantavirus: a differenza degli Arborvirus sopra detti, questi virus sono trasmessi per aerosol o contatto dalle feci e urine di roditori. Come per gli Arborvirus non vi è trasmissione per contatto interumano. Isolati in occasioni di piccole epidemie in 20

21 Asia (Hantan fiume al confine tra Corea del Sud e del Nord) ed Europa dell Est, si conoscono almeno quattro virus agenti di febbre emorragica con sindrome renale. Recentemente sono stati isolati almeno altri quattro virus, per ora diffusi nel continente americano, che sono agenti della sindrome polmonare da Hantavirus: una polmonite accompagnata da edema. Famiglia Arenaviridae Al genere Arenavirus appartengono virus che sono agenti di febbri emorragiche. Il virione è costituito da 2 nucleocapsidi a simmetria elicoidale circolari con RNA lineare formato da due segmenti successivi di RNA a polarità ambisenso, e cioè un segmento a polarità positiva e un successivo segmento a polarità negativa. Involucro pericapsidico con diametro di 120 nm. All interno del virione sono visibili due tre granuli elettrondensi che sono residui di ribosomi della cellula (arena = sabbia). Gli arenavirus si trasmettono all uomo attraverso escrezioni di roditori infetti. Soltanto per il virus di Lassa vi sono indicazioni di trasmissione interumane. Il virus Lassa provoca una febbre emorragica grave in Nigeria. I virus del gruppo Tacaribe sono trasmessi da pipistrelli e criceti e provocano febbri emorragiche a sintomatologia più lieve nell America del Sud e Centrale. Il virus della Coriomeningite linfocitaria dà nell uomo (Europa e Stati Uniti) una sintomatologia lieve similinfluenzale spesso accompagnata da meningite linfocitaria. Il virus si trasmette con le escrezioni di topi infetti. Rubivirus La trasmissione interumana del virus della rosolia ha indotto i virologi a classificare come Rubivirus un virione che ha tutte le caratteristiche chimico fisiche e moltiplicative dei Togavirus (vedi.). La rosolia è una malattia esantematica di lieve entità che però assume aspetti drammatici allorquando l infezione è trasmessa a donne sieronegative in periodo di gravidanza. Il virus della rosolia ha la proprietà di infettare il feto per trasmissione transplacentare provocando gravi difetti congeniti specialmente nei primi tre mesi di gestazione (sordità, cataratta, microcefalia, alterazioni cardiache), nei successivi sei mesi i danni da infezione fetale diminuiscono drasticamente anche se i bambini nati clinicamente sani possono per qualche tempo eliminare il virus. 21

22 La scoperta del danno fetale da virus della rosolia (Gregg, oculista australiano nel 1941) attivò una serie di ricerche atte a coltivare il virus, a studiarne la patogenesi, a rilevare l infezione spesso inapparente attraverso appropriate diagnosi di laboratorio, ad approntare un vaccino. La rosolia è una malattia altamente contagiosa. Il periodo di incubazione tra l infezione e la comparsa dell esantema è di giorni di media. Il virus può essere isolato dalle secrezioni nasali (veicolo di trasmissione del virus) una settimana prima e una settimana dopo la comparsa dell esantema. Il contatto di giovani donne con bambini infettanti ma con segni della malattia non ancora manifesti può essere frequente. Il virus oggi facilmente coltivato in colture di cellule ha un antirecettore di superficie l emagglutinina E 1, capace di agglutinare gli eritrociti di oca e umani di tipo 0, che induce sia anticorpi neutralizzanti che inibenti l emagglutinazione. La presenza di anticorpi antirosolia può essere messa in evidenza con la reazione di inibizione della emagglutinazione (Vedi virus influenzale) dopo la rimozione degli inibitori aspecifici. L aumento del titolo anticorpale in due successive determinazioni è indice di infezione in atto. Tale diagnosi in donne gestanti può provocare dei conflitti psicologici devastanti, prodromi di decisioni drammatiche. pertanto la vaccinazione è vivamente consigliata. Grande evento scientifico è stato la messa a punto di un vaccino a virus attenuato (RA27/3) mediante passaggi successivi in cellule diploidi di rene fetale. Il vaccino è dato in una sola dose e fin ora è stato accertato che è altamente protettivo per un periodo superiore ai 15 anni. Fermo restanto che devono essere vaccinate le bambine nel periodo 1-12 anni, in Italia, una vaccinazione generalizzata della popolazione infantile maschi e femmine, si sta attuando con l uso del vaccino polivalente MMR (antimorbillo, antiparotite epidemica, antirosolia) ai mesi di età. Autori americani consigliano in questo caso un richiamo di MMR al 12mo anno di età. La vaccinazione di donna in età postpuberale nel dubbio di una eventuale immunizzazione da pregressa malattia, può essere fatta anche senza il preventivo accertamento di presenza di anticorpi. Il vaccino deve essere inoculato almeno 3 mesi prima del concepimento e mai durante il periodo di gestazione. 22

23 Orthomyxoviridae I virus influenzali, classificati nella famiglia degli Orthomyxoviridae, appaiono all osservazione ultramicroscopica in una forma rotondeggiante pleomorfa avente un diametro di nm. Con frequenza si osservano virioni a forma filamentosa. Il virione è costituito da un genoma di RNA a singola elica di p.m. intorno a 5x10 6 daltons, con capside a simmetria elicoidale. La nucleoproteina è racchiusa da una membrana pericapsidica costituita da una struttura proteica interna, detta proteina matrice, aderente ad un doppio strato lipidico esterno che contiene due tipi di protezioni glicoproteiche radiali di diversa struttura e attività biologica. l agglutinina e la neuraminidasi. Il genoma del virus influenzale è formato da otto differenti piccole molecole di RNA a singola elica, ciascun frammento è un gene che codifica per una singola o più proteine del virus. La corrispondenza fra gli 8 pezzi di RNA e le proteine codificate si è raggiunta attraverso le analisi di migrazione dell RNA e della proteina virale in elettroforesi in gel di acrilamide di virus ricombinanti. Infatti, ad una variazione di migrazione di un singolo RNA modificato o appartenente a un nuovo ceppo ricombinante, corrisponde la variazione di migrazione di una singola proteina e quindi la possibilità di assegnare all RNA la corrispondente proteina da esso codificata. L RNA genomico del virus influenzale è a polarità negativa e pertanto non infettante. Una RNA polimerasi RNA dipendente, strettamente associata alla nucleoproteina traduce dal genoma virale un RNA complementare che funge da messaggero. La moltiplicazione del virus influenzale è inibita dalla presenza di actinomicina D, ciò sta a dimostrare la dipendenza del virus influenzale dal DNA nucleare della cellula. E stato dimostrato che la polimerasi virale utilizza come innesco per la trascrizione degli RNA messaggeri virali, il cappuccio degli RNA messaggeri della cellula. Di conseguenza l inibizione della sintesi dell RNA messaggero cellulare inibisce la trascrizione dei messaggeri virali. In sintesi le proteine strutturali del virione codificate dagli otto frammenti genomici dell RNA sono le seguenti: - Tre proteine non glicosilate associate all attività RNA polimerasica. - Una proteina che forma il capside elicoidale (proteina NP), una proteina (MP) detta matrice, associata all interno della membrana pericapsidica. Ambedue queste proteine specificano antigenicamente i tipi influenzali A, B e C. 23

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