UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA MASTER DI I LIVELLO IN ORGANIZZAZIONE E COORDINAMENTO DELL ASSISTENZA INFERMIERISTICA DIRETTORE MASTER PROF. VALERIO DIMONTE TESI DI MASTER APRITI SESAMO LA RIANIMAZIONE APERTA PEDIATRICA ANNO ACCADEMICO 2009/2010 Relatore: Chiar.mo Prof. Valerio Dimonte Candidato: Paola Faga

2 2 A Franco, pragmatico aiuto e instancabile sostenitore tra momenti bui e momenti di luce. E a coloro che hanno creduto in me perché so che continueranno a farlo.

3 INDICE PREMESSA pag. 4 INTRODUZIONE pag. OBIETTIVO pag. 8 MATERIALI E METODI pag. 8 Contesto pag. 8 Revisione della letteratura pag. 9 Focus group pag. 9 RISULTATI pag. 11 Rassegna della letteratura pag. 11 Focus group pag. 14 DISCUSSIONE pag. 19 PROPOSTE pag. 20 CONCLUSIONI pag. 2 BIBLIOGRAFIA pag. 24

4 PREMESSA Questa tesi di master nasce dal confronto tra la mia esperienza lavorativa in un unità di terapia intensiva pediatrica aperta all interno del Centro Trapianti di Fegato di Torino ed il periodo di formazione durante il master in coordinamento svolto presso la Rianimazione pediatrica chiusa dell Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. Mi sono posta come domanda se il modello organizzativo aperto potesse essere applicato anche alla Rianimazione dell Ospedale Infantile. Questo interrogativo mi ha spinto ad approfondire l argomento non solo consultando quanto è stato pubblicato ad oggi sulla realtà italiana e straniera, ma anche entrando in contatto con coloro che hanno già iniziato ad aprire le terapie intensive. Con mio grande piacere, durante i diversi incontri con i coordinatori delle terapie intensive dell Ospedale S. Giovanni Bosco di Torino e della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ho appreso che già da tempo nel nostro paese sta prendendo sempre più piede una tendenza all apertura delle terapie intensive verso i parenti dei degenti. All inizio del mio percorso di master, ho incontrato la coordinatrice della rianimazione dell Ospedale G. Bosco di Torino che mi ha presentato il modello di rianimazione aperta. Durante il tirocinio presso il suo reparto, ho partecipato ad un ambulatorio di follow up, nel quale venivano intervistati i pazienti che avevano avuto una degenza maggiore di un mese all interno del reparto ed i loro familiari. Veniva loro domandato quali fossero le sensazioni, le emozioni, il vissuto, le paure provate durante il ricovero e che cosa avesse significato la presenza del parente a loro accanto. Da questo ambulatorio di follow up, sono emerse molte notizie utili che affermavano che il modello di rianimazione aperto fosse migliore sotto il punto di vista relazionale e informativo del modello chiuso. Osservando poi la terapia intensiva pediatrica dell Ospedale Infantile di Torino, ho potuto notare quanto sia una realtà chiusa al mondo esterno. I bambini vengono strappati alle loro vite quotidiane da improvvise quanto diverse patologie e si ritrovano catapultati in un ambiente estraneo dove degli estranei praticano loro i più svariati interventi terapeutici. Il vivere in una sorta di limbo all interno di un letto di ospedale con ogni sorta di sonde o cateteri applicate, il vivere lontano dal proprio ambiente 4

5 familiare e dai propri genitori, potendoli vedere solo in determinati e ristretti orari, mi ha spinto a riflettere se davvero quella fosse l unica condizione di ricovero possibile. Mi sono domandata se non fosse fattibile rendere più familiare quell ambiente tecnologico e asettico, se davvero le visite sono pericolose per il rischio di veicolare infezioni ai bambini e se la presenza continua di un genitore al letto del bambino fosse per lui stressante e negativa. Nella nostra società i bambini sono una delle categorie più fragili e più bisognose di tutela. In caso di malattia i loro bisogni si accentuano e la necessità di protezione diventa ancora più importante. Aprire le terapie intensive pediatriche significa soddisfare i bisogni dei bambini malati: così come una semplice formula apriti sesamo dava accesso alla lampada magica capace di esaudire tutti i desideri, aprire la terapia intensiva pediatrica consentirebbe ai piccoli pazienti di poter stare accanto a coloro che più vorrebbero vicini in un momento di sofferenza non altri che mamma e papà. 5

6 INTRODUZIONE I bambini e gli adolescenti hanno il diritto di avere accanto a loro in ogni momento ( giorno, notte, esecuzione di esami, anestesia, risveglio, terapia intensiva) i genitori o un loro sostituto adeguato al compito ed a loro gradito ( nonni, fratelli, persona amica, volontari ), senza alcuna limitazione di tempo e di orario. Questo enunciato, riportato nell articolo 2 della Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in ospedale, rappresenta il caposaldo di riferimento nel processo di progettazione e pianificazione di una terapia intensiva pediatrica aperta. Nel panorama legislativo, questo concetto viene ripreso all interno della Legge per la Tutela dei Bambini ricoverati in ospedale della Regione Veneto che enuncia nell articolo 1: è data facoltà ai genitori o ai familiari di assistere in modo continuo i bambini durante il periodo di degenza in ospedale al fine di tutelarne il rapporto sul piano psicologico ed umano contribuendo, fra l altro, a facilitare il più favorevolmente possibile l evoluzione della malattia. Una terapia intensiva aperta è una struttura dove una razionale riduzione o abolizione di tutte le limitazioni non necessarie poste a livello temporale, fisico e relazionale è perseguito come obiettivo principale dalle équipes in essa operanti. Fin dagli anni 50 i reparti di terapia intensiva italiani dell adulto e del bambino hanno avuto per tradizione una struttura chiusa, dove con questo termine si intende un reparto ad accesso limitato che interdice la presenza e, talvolta, la visita di familiari e congiunti. In casi estremi, le visite dei parenti/genitori sono viste come pericolose e sfavorevoli per la guarigione del paziente. Nell anno 2008, uno studio condotto all interno del 40% delle terapie intensive italiane mise in evidenza che il modello organizzativo adottato nella quasi totalità delle strutture (99,6%) era quello chiuso.(1) Tra gli indici di valutazione analizzati, quelli che risultarono maggiormente rappresentativi delle caratteristiche tipiche di una terapia intensiva chiusa furono la brevità del tempo concesso per la visita (in alcuni casi l orario di visita era limitato ad 1 ora al giorno), la frammentarietà versus assenza di 6

7 comunicazione ed interazione tra professionisti sanitari ed assistiti e la rigida ed a volte ingiustificata imposizione di norme preventive quali l obbligo di indossare non solo cappe ma anche cappellini, calzari e mascherine. (2) Come ampiamente studiato ed analizzato dal Dott. Alberto Giannini, direttore di una delle pochissime realtà italiane di terapia intensiva pediatrica aperta, all interno di una terapia intensiva chiusa si vengono a creare delle vere e proprie barriere temporali, fisiche e relazionali. Sul piano temporale, la limitatezza del tempo di visita concesso ai congiunti del paziente da un lato rappresenta una causa di frustrazione per i parenti che vengono quasi esautorati dal loro ruolo che dovrebbe essere quello di confortare e sostenere affettivamente il malato, dall altro priva il paziente della presenza, del calore e dell affetto dei suoi cari accentuando la sua condizione di malato ricoverato in ospedale. Sul piano fisico, la riduzione del numero di visitatori impone al paziente il distacco, anche per periodi di tempo molto lunghi, da famigliari o amici che facevano comunque parte della quotidianità fuori dall ospedale. Inoltre, l obbligo, a volte ingiustificato, di indossare indumenti come cappellini e mascherine impedisce la comunicazione attraverso le espressioni del volto che in alcuni casi, ad esempio tra madre e figlio, ricopre un importanza superiore a quella verbale (). Questa tendenza a volte ostinata ed eccesiva ad insistere sulla necessità di prendere precauzioni contro la trasmissione di presunte infezioni è ulteriormente svilita dall osservazione che nel 5% delle terapie intensive italiane non è previsto il lavaggio delle mani! Sul piano relazionale, infine, nella terapia intensiva chiusa sono poche le possibilità che si instauri un rapporto di cooperazione e comunicazione tra operatori sanitari e parenti mancando gli spazi ed il tempo necessari. (1, 4) I dati provenienti da altri paesi europei e dagli Stati Uniti mostrano una grande variabilità di comportamenti. In Europa, solo il Belgio e le Fiandre hanno una situazione paragonabile alla realtà italiana con appena il,% delle terapie intensive che non applica restrizioni alle visite, sia in ambiente pediatrico che adulto. In Francia, la media dei tempi di visita è di 4 ore al giorno per l adulto e circa un quinto delle cliniche non attua restrizioni di orario per i pazienti adulti e pediatrici. In Svezia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, le unità di terapia intensiva per pazienti adulti e pediatrici che consentono le visite 24 ore al giorno sono rispettivamente il 70%, il 22% ed il 2%. (5, 1) 7

8 Se in una terapia intensiva per pazienti adulti il modello chiuso può in alcuni casi essere ancora accettato, per il paziente pediatrico il modello aperto sembra essere più consono ed adeguato. Questo dato è confermato da quanto pubblicato sull argomento negli ultimi anni. La tendenza attuale sembra essere quella di porre al centro dell attenzione non solo il paziente visto come singolo individuo ma anche la famiglia a cui egli appartiene. Negli ospedali pediatrici è sempre più agevolato il coinvolgimento della famiglia nel percorso di cura e di riabilitazione del bambino. E infatti molto importante che i familiari vengano considerati come una componente attiva all interno di un reparto di terapia intensiva consentendo loro di integrarsi con l équipe medico-infermieristica e di avere il loro spazio di ascolto. (6) OBIETTIVO L obiettivo della tesi è quello di far emergere i vantaggi e gli svantaggi del modello organizzativo di una terapia intensiva aperta rispetto a quello di una terapia intensiva chiusa dove vengono ricoverati pazienti pediatrici. MATERIALI E METODI CONTESTO Lo studio è stato condotto all interno del reparto di terapia intensiva del Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino diretto dal Dott. G. Ivani e la cui Coordinatrice Infermieristica è la Sig.ra P. Carità. Questa terapia intensiva accoglie le più svariate patologie pediatriche a partire dall età neonatale fino all adolescenza. L unità operativa è situata al terzo piano dell Ospedale Regina Margherita. Comprende 8 posti letto suddivisi in due box singoli e due camere da tre letti ciascuna. Il numero di infermieri messi a disposizione della terapia intensiva è appena sufficiente per garantire un assistenza normale. Infatti, in media, 1 infermiere si deve dedicare a pazienti. Il modello organizzativo è di tipo chiuso : l orario di visita è pomeridiano dalle 1 alle 18; nella fascia oraria 1-15 è consentito l accesso a 2 visitatori mentre nella fascia 8

9 oraria è permesso ad un solo visitatore di stare accanto al paziente. Inoltre, il regolamento di reparto prevede il lavaggio e la disinfezione delle mani e l obbligo di indossare camice e calzari monouso all ingresso della terapia intensiva. Durante le manovre rianimatorie, le procedure invasive e le medicazioni non è consentita la presenza dei parenti. Le informazioni ai genitori vengono fornite durante l orario di visita ed è previsto un counseling con i medici per i parenti dei pazienti più critici. REVISIONE DELLA LETTERATURA Le informazioni riguardanti i modelli organizzativi di un unità di terapia intensiva chiusa e aperta sono state estrapolate dalla consultazione delle seguenti banche dati: Cochrane Library, Joanna Briggs Institute, Pubmed (Medline), Cinahl (Review e Clinical Trial), EMBASE, sito internet ospedale aperto.com. Le parole chiave utilizzate per la ricerca bibliografica sono state: Intensive Care Units, Pediatric/organization & administration, Health Care Surveys, Organizational Policy, Parents, Visitors to Patients, Humans, Italy. Sono state selezionate le pubblicazioni in lingua inglese ed italiana degli ultimi 10 anni. Sono state scelte reviews e pubblicazioni di casistiche singole o multicentriche che trattassero dei modelli organizzativi di unità di terapia intensiva non solo pediatrica ma anche mista per pazienti adulti e pediatrici e che mettessero in risalto le differenze tra i due modelli organizzativi. Gli articoli selezionati sono stati letti in doppio cieco da due infermiere professionali con esperienza nel campo della rianimazione pediatrica e da un chirurgo pediatra. FOCUS GROUP Per poter meglio comprendere quali possano essere i vantaggi e gli svantaggi di un modello organizzativo aperto rispetto ad uno chiuso, sono stati organizzati dei focus group con i genitori di bambini ricoverati rispettivamente in un unità di terapia intensiva aperta ovvero la terapia intensiva del Centro Trapianti di Fegato dell Ospedale S. Giovanni Battista di Torino ed in un unità di terapia intensiva chiusa ovvero la terapia intensiva del Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. Ai focus group hanno partecipato cinque famiglie di bambini ricoverati al Centro Trapianti di 9

10 Fegato e cinque famiglie di bambini ricoverati al Regina Margherita. Le famiglie individuate sono risultate essere omogenee dal punto di vista della patologia e del tipo di ricovero del bambino. Al focus group hanno partecipato 1 o 2 genitori, un medico, due infermiere e, nel caso del trapianto di fegato, un coordinatore dei trapianti. Ai genitori sono state sottoposte 10 domande: 1) Come valuta le informazioni fornite al momento dell ingresso in terapia intensiva? 2) Vi è stato consegnato un opuscolo informativo prima o durante il ricovero? ) Cosa pensa riguardo agli indumenti che i visitatori devono indossare in terapia intensiva? 4) Durante la degenza in terapia intensiva, ha ricevuto aggiornamenti dettagliati della situazione di suo figlio? 5) Come valuta la capacità di comunicare di medici e infermieri? 6) Qual è stato il momento di distacco da suo figlio più difficile durante il ricovero in terapia intensiva? 7) Il tempo concesso per stare accanto a vostro figlio è stato sufficiente? 8) Ha trovato confortevole ed accogliente l ambiente in cui è stato ricoverato suo figlio? 9) Ritiene utile il poter assistere suo figlio durante la somministrazione della terapia, le medicazioni ed anche durante l effettuazione di procedure più cruente ed invasive? 10) Ha avuto bisogno di supporto psicologico? Queste domande sono state poste separatamente al gruppo dei famigliari che hanno avuto il figlio ricoverato presso il Centro Trapianti di Fegato e quelli che sono stati ricoverati al Regina Margherita per poter evidenziare al meglio i pregi e le criticità di una specifica struttura di ricovero. Per trarre delle indicazioni dalle risposte e dalle discussioni avute, si è scelto di costruire una tabella riassuntiva per ogni focus group dove le risposte sono state riportate in ordine decrescente di frequenza. Inoltre, alle risposte date sono stati assegnati dei diagrammi di colore differente a seconda che fossero rispettivamente favorevoli, critiche/neutre o contrarie al modello organizzativo della terapia intensiva dove era avvenuta la degenza del proprio figlio. Utilizzando 10

11 questo metodo è stato possibile individuare i bisogni percepiti come più importanti dai genitori dei bambini ricoverati in terapia intensiva. RISULTATI RASSEGNA DELLA LETTERATURA Numerosi sono gli studi che negli ultimi 20 anni hanno indagato quale fosse lo stato d animo di chi aveva un proprio caro ricoverato in un reparto di terapia intensiva. In quasi tutti questi studi, i famigliari descrivono questa esperienza come molto stressante. Le emozioni più frequenti provate da essi sono: paura, rabbia, incertezza rispetto a cosa è successo e a cosa succederà, sensi di colpa, frustrazione. Partendo da questo punto, i ricercatori hanno cercato di capire quali fossero i bisogni percepiti come più importanti da parte dei familiari di un paziente ricoverato in un reparto di terapia intensiva. La maggior parte di questi studi ha utilizzato come strumento per la rilevazione dei dati la Critical Care Family Needs Inventory (CCFNI) creato nel 198 da Molter e Leske (7, 8). Questo strumento, che contiene un elenco di 45 voci di possibili bisogni, viene presentato al familiare a cui viene chiesto di attribuire un valore di importanza ad ogni voce. Queste rispondono a diverse categorie di bisogni quali adeguatezza dell orario di visita al paziente in termini di maggiore flessibilità e lunghezza; necessità di supporto psicologico e rassicurazione per il familiare; completezza di informazione da parte del personale sanitario; grado di comfort della struttura di ricovero. Lo scopo di queste ricerche è stato quello di offrire degli spunti di confronto tra realtà diverse per poter arrivare ad individuare un modello organizzativo che potesse essere più utile nella pratica quotidiana di quelli fino ad allora adottati. Dall elaborazione di questi dati, si è cominciato a concepire un nuovo modello di terapia intensiva più aperto ai bisogni dei famigliari e dei pazienti stessi. Partendo da quelli che sono risultati essere i bisogni più importanti da soddisfare per i famigliari ovvero avere orari di visita più flessibili e vedere il paziente più frequentemente, si è passati a concepire il modello organizzativo aperto come quello più adeguato per i pazienti ed i famigliari soprattutto in ambito pediatrico. 11

12 Nel 2008, nel centro studi EBN di Bologna (9) è stato effettuato uno studio su quali effetti comporta sul livello dell ansia dei pazienti e dei suoi familiari la presenza continua di un parente durante la degenza del paziente adulto ricoverato in terapia intensiva. Le conclusioni sono state che la presenza continua del parente determina un notevole decremento di ansia e stress nei malati e può essere anche concausa di una reale diminuzione delle complicanze cardiocircolatorie (10). Inoltre, la presenza dei familiari o di una persona significativa è un fatto molto positivo per il bambino in quanto porta ad un importante riduzione dei livelli d ansia e di stress sia nel genitore/famigliare che nel paziente stesso. (11,12) Vari studi hanno dimostrato che il bambino ospedalizzato, quando può disporre di una presenza costante accanto a sé da parte della sua famiglia, ha un migliore e più veloce recupero perché si sente rassicurato e perché la famiglia funziona da contenitore delle sue angosce. Nonostante la malattia, infatti, il piccolo ha modo di mantenere le sue relazioni significative e di ricreare anche in ospedale un ambiente familiare. Un altro dato importante da non trascurare sulla presenza dei parenti in terapia intensiva è che il poter assistere al lavoro svolto dal personale sanitario contribuisce a dare rassicurazione, rafforzando la convinzione che il proprio caro sia seguito con impegno ed assiduità. (5, 1) La presenza dei genitori non riduce il livello di assistenza al bambino anche se può essere percepita dagli infermieri come un elemento di interferenza o di sovraccarico nelle loro attività. Al contrario, i famigliari possono fornire utili informazioni ai medici e agli infermieri sul carattere e sulla gestione del proprio bambino permettendo una presa in cura più mirata alla tipologia della persona. Le critiche che vengono rivolte a questo nuovo modello organizzativo sono riassumibili nella paura dell aumento del rischio infettivo, nell aumento dello stress e del peggioramento dell outcome del bambino e dei genitori. Inoltre, vi è una forte perplessità riguardo ad un possibile peggioramento delle condizioni lavorative da parte del personale infermieristico. Tutto questo oggi è stato smentito dalle evidenze scientifiche. Infatti, per quanto riguarda il rischio infettivo (1, 14) non c è assolutamente nessuna evidenza che metta in correlazione una liberalizzazione delle visite con un aumento delle infezioni. La causa delle setticemie nei pazienti critici non ha niente a che vedere con la presunta impollinazione da parte 12

13 dei visitatori esterni. Il vero rischio infettivo per i pazienti non è causato da patogeni esterni, ma dalle infezioni ospedaliere. Devono essere gli operatori sanitari a far rispettare l osservanza delle norme igieniche. Tra queste, il corretto lavaggio delle mani è di fondamentale importanza. Questa osservazione risulta essere una evidenza scientifica anche a favore dell abolizione degli indumenti protettivi che, oltre ad essere inutili, generano soprattutto nei bambini confusione e paura.(15) Infine, va considerato l aspetto relazionale che vede coinvolti i famigliari del paziente da un lato ed il personale sanitario dall altro. Una delle critiche più frequenti che viene mossa al modello aperto di terapia intensiva è che la costante presenza di un famigliare possa generare nel personale sanitario una serie di disagi. Questi possono essere riassunti nella necessità di doversi confrontare di continuo con i parenti, di dover dedicare più tempo ai famigliari a discapito dell assistenza diretta ai pazienti, di dover operare in spazi angusti che non contemplano la presenza continuata dei parenti, di dover applicare misure aggiuntive per non incrementare il rischio di infezioni e di dover sforzarsi ad elaborare delle nuove modalità di relazionarsi con i genitori. Come ampiamente dimostrato nella letteratura, tutte queste problematiche sono risolvibili intensificando la formazione del personale sanitario verso l apprendimento dei principi che sono alla base del modello organizzativo aperto di una terapia intensiva. Tabella I. Vantaggi e svantaggi terapia intensiva aperta, rassegna della letteratura (16) Vantaggi Svantaggi Nessun aumento del rischio infettivo Possibile allungamento dei tempi di Minor livello di stress per il paziente assistenza Minor livello di stress per la famiglia Atteggiamento ipervigilante Nessuna riduzione dell efficacia delle Possibile riduzione di tempi e spazi cure privati per l équipe Preservazione/miglioramento dei Necessità di cambiamento culturale e parametri vitali della pratica quotidiana Rassicurazione Necessità di formazione del personale Miglior comunicazione Possibilità di miglior assistenza nel fine vita Possibilità di riduzione dei costi 1

14 FOCUS GROUP Tabella II. Risposte focus group Centro Trapianti di Fegato Le informazioni ricevute sono state esaurienti circa il comportamento e le regole da seguire all interno del reparto di terapia intensiva È stato molto difficile stare con mia figlia/o almeno la prima notte, il personale è stato molto rigido su questo Frequenza Segnalazione negativa 4 4 Proposte migliorative osservazioni neutre Segnalazione positiva Mio figlio nel vedermi mascherata,quando si è svegliato dall anestesia, si è spaventato non mi riconosceva Preferisco non sapere molte cose, se no mi butterei sotto una macchina 4 Le modalità di approccio sono diverse,alcuni infermieri andrebbero formati un po di più sulla comunicazione e l empatia Necessità di creare un ambiente più accogliente come ad esempio un pochino più di colore e immagini da bambino Servirebbe un opuscolo pediatrico. Quello che ci hanno dato era per gli adulti Le informazioni sono state esaurienti e anche ben fornite Medici ed infermiere ottimi a spiegarci tutto con terminologia comprensibile Vedere mio figlio per così tanto tempo,non me lo aspettavo, è stato molto rassicurante Anche questo centro per noi è come una seconda famiglia. Può sicuramente migliorare pur essendo un centro di trapianti di eccellenza 14

15 Vedere come facevano le cose a nostro figlio ci faceva sentire sicuri che venisse fornita la migliore assistenza Ottima la parte relazionale sia da parte dei dottori che degli infermieri 2 Mi sarebbe piaciuto essersi anche quando gli facevano delle manovre spiacevoli come la broncoaspirazione con il sondino Meglio non dirci quando aveva pianto tutta la notte!!! 2 2 È importante valutare l aspetto psicologico,sarebbe importante incontrare gli infermieri prima del ricovero per poter chiedere delle cose Avere degli incontri con famiglie di bimbi già trapiantati aiuterebbe molto 2 2 Mi hanno messo il mio bambino in braccio anche pieno di tubi, capivano quanto fosse importante per una mamma e il suo bimbo Manca il supporto di uno psicologo 1 2 Non ci hanno mai nascosto niente, ma un genitore tende a pensare che ci sia un qualcosa di nascosto 1 Migliorare il comfort 1 Legenda: risposta a favore di una TI aperta; critica alla TI aperta; contrario al modello TI aperta. 15

16 Tabella III. Risposte focus group Ospedale Infantile Regina Margherita Frequenza Segnalazione Proposte negativa migliorative osservazioni neutre Segnalazione positiva Non sempre le informazioni e le regole di comportamento da seguire all interno del reparto sono state chiare ed esaurienti Non abbiamo ricevuto un opuscolo informativo al momento del ricovero 5 5 Poter vedere mio figlio solo nelle ore pomeridiane è stato un po frustrante e motivo di ansia 5 Avrei voluto essere vicino a mio figlio anche durante le medicazioni 4 Non poter stare con mio figlio/figlia durante la notte è stato molto difficile 4 Si è instaurato un buon rapporto con medici e infermieri 4 L ambiente ha pochi spazi per i genitori ed è poco vivace 4 Spesso medici ed infermieri non hanno il tempo di dare informazioni esaurienti Dover indossare cappellino e mascherina ha un po spaventato mio figlio Non ho chiesto se c era la possibilità di un supporto psicologico, non ho avuto questa informazione 16

17 Non abbiamo avuto bisogno di uno psicologo 2 Anche se un po frammentarie, le notizie ricevute sono state sufficienti 1 Sapere tutto non sempre può dare sollievo 1 Avrei voluto assistere al momento in cui mio figlio si è risvegliato senza il tubo 1 La mascherina è veramente scomoda 1 Credo che sia giusto vestire gli indumenti perché proteggono dalle infezioni 1 Alcune volte mancava la capacità di entrare in sintonia 1 Quando il proprio figlio sta male non ci si concentra su quello che c è intorno 1 Mi avrebbe troppo impressionato veder fare delle cose dolorose a mio figlio 1 Legenda: risposta a favore di una TI chiusa; critica alla TI chiusa; contrario al modello TI chiusa. Come si evidenzia dalle risposte dei genitori riportate nelle tabelle II e III, i bisogni emersi all interno dei focus group sono sovrapponibili a quelli riportati in letteratura (vedi Tabella I). Nelle tabelle IV e V sono riassunti i vantaggi e gli svantaggi emersi nei focus group rispettivamente riferiti al modello organizzativo aperto del Centro Trapianti di Fegato e di quello chiuso dell Ospedale Regina Margherita. 17

18 Tabella IV. Vantaggi e svantaggi terapia intensiva aperta Centro Trapianti di Fegato Vantaggi Le informazioni sono esaurienti e chiare Tempo adeguato di permanenza accanto al proprio figlio Partecipazione durante l esecuzione di manovre di nursing Ottimo rapporto personale sanitario famigliari su piano relazionale Mantenere il contatto fisico con il proprio bimbo Svantaggi Mancanza di un opuscolo informativo pediatrico Impossibilità di soggiorno notturno in terapia intensiva Obbligo di indossare indumenti di protezione Tabella V. Vantaggi e svantaggi terapia intensiva chiusa Ospedale Regina Margherita Vantaggi Non è impedito l instaurarsi di un buon rapporto tra personale sanitario e famigliari Sapere e vedere tutto non sempre può abbassare i livelli di stress Svantaggi Mancanza di un opuscolo informativo Poco tempo dedicato ai genitori Informazioni frammentarie Aumento dell ansia e della frustrazione nel vedere poco il proprio figlio Impossibilità di partecipare alle cure La speranza e la necessità di conoscere la prognosi, di avere risposte sincere e chiare, di rimanere accanto al proprio figlio, di avere la sicurezza che saranno fornite le migliori cure possibili, di ricevere informazioni quotidiane sull andamento clinico del paziente, sono tutti bisogni che vengono soddisfatti dal modello organizzativo di una terapia intensiva aperta. Il raggiungimento di una completa ed esaustiva realizzazione del progetto aperto richiede una formazione del personale sanitario su tutti gli aspetti che prevedono la presa in cura del paziente e della famiglia. 18

19 DISCUSSIONE Sulla base dei risultati delle mie analisi e di numerosi studi che hanno descritto i bisogni dei familiari di un paziente ricoverato in terapia intensiva (18), si evince che tali bisogni possono essere riassunti in quello di ricevere informazioni, di essere rassicurati e di stare accanto al proprio caro. Tutto questo assume una valenza ancora più importante in ambito pediatrico. Sebbene il concetto di cure incentrate sulla famiglia sia ben noto in tutti i campi di infermieristica (19), non sempre è ben interpretato. Occorre ricordare che il compito dell infermiere non è quello di assistere una patologia o un corpo malato, ma quello ben più importante di assistere una persona nella sua globalità comprendente anche la famiglia. In quest ottica, il modello della porta girevole attuato nella maggior parte delle terapie intensive è profondamente sbagliato. Al momento del ricovero, nella vita del paziente entrano il personale sanitario e la vita del reparto che, automaticamente, allontanano la vita normale e la famiglia. In questo modo, la gerarchia famiglia paziente - assistenza viene stravolta. Infatti, l assistenza, diventa superiore agli altri elementi e li sovrasta. È necessario ricordare che questi tre valori vanno sempre posti sullo stesso piano in modo da favorire la migliore collaborazione tra tutti gli attori. E questo il significato di umanizzazione delle cure. Come si sostiene nel Progetto Umanizzazione delle Cure e Dignità della Persona in Terapia Intensiva dell Emilia Romagna (20), per concretizzare tutto ciò dobbiamo riflettere sul significato di umanizzare le cure sia nella sua accezione teorica, sia nella pratica quotidiana. L umanizzazione delle terapie intensive possiede una triplice valenza a seconda che si prenda in considerazione il paziente, la famiglia o gli operatori sanitari: umanizzare le TI per il paziente significa: ridurre il più possibile il suo danno biologico in modo che egli possa, in base alla sua maggiore autonomia fisica e psichica, personalizzare la sua esperienza e condividerla alla pari con gli altri; valorizzare il più possibile l unicità della persona malata in quanto il danno biologico da curare e il grado possibile di condivisione con gli altri acquistano significati diversi a seconda delle persone; attribuire al paziente un valore morale 19

20 non subordinato né all efficacia delle tecniche sanitarie, né all autonomia personale, in modo che la sua dignità resti sempre integra anche grazie al valore che gli attribuiscono coloro che si assumono la responsabilità di aiutarlo. umanizzare le terapie intensive per i familiari significa: ridurre le conseguenze oggettive che avere un paziente in terapia intensiva comporta, in modo che il familiare possa essere il più possibile se stesso e condividere al meglio la situazione con il paziente, con gli altri familiari e con gli operatori sanitari; personalizzare la partecipazione del congiunto alla vita del reparto di terapia intensiva (ad esempio facendo scegliere quando e come far visita al parente) in modo da farlo sentire a casa sua e garantire così da parte sua un livello di partecipazione più profonda. umanizzare le terapie intensive per gli operatori sanitari significa: aiutarli di fronte al senso di inadeguatezza e di impotenza che sorge quando le tecniche terapeutiche non sono sufficienti a ridurre il danno biologico e ad allontanare la minaccia di morte del paziente; aiutarli a comprendere il valore morale delle loro azioni indipendentemente dall efficacia terapeutica che queste possano rivestire. PROPOSTE Partendo dalle osservazioni sopra citate, si propongono una serie di cambiamenti organizzativi finalizzati ad una apertura delle terapie intensive pediatriche. Il momento più importante del ricovero in una terapia intensiva è l accoglienza in reparto. Infatti, è qui che inizia l attività vera e propria di counseling infermieristico. Questa attività ha una valenza molto importante. Un genitore che entra per la prima volta in un reparto di terapia intensiva per vedere il proprio bambino viene colto da sentimenti di frustrazione, rabbia, tristezza ed impotenza. I genitori sono molto spaventati e l infermiere fa da catalizzatore delle loro perplessità, dubbi e paure. (17) L infermiere deve avere la capacità di praticare un ascolto attivo, di assumere un aspetto empatico e di rispetto senza mai giudicare il comportamento dei genitori. Sarebbe opportuno che, durante il primo incontro, entrambi i genitori vengano fatti entrare. L infermiere che si prenderà cura del bambino si dovrebbe presentare, dovrebbe 20

21 comunicare informazioni riguardanti l ambiente e l organizzazione del reparto tramite una carta d accoglienza contenente alcune norme di comportamento all interno dell unità operativa, il nome del responsabile medico e del responsabile infermieristico e il numero di telefono del reparto. Nella fase di accoglienza l infermiere deve essere libero da altri compiti. Infatti, non bisogna mostrare fretta né interrompere i genitori durante le loro domande. È necessario che l operatore si dimostri disponibile all ascolto e usi parole comprensibili. E indispensabile che venga spiegato da subito che le attrezzature del letto e della stanza di ricovero (monitor, respiratore, pompe infusionali, ecc.) sono dotate di allarmi e sono gestite dagli infermieri e dai medici. Sono di seguito elencate le regole che dovrebbero essere seguite una volta entrati in terapia intensiva: 1) i genitori possono stare al fianco del proprio figlio tutto il tempo che desiderano: sarà chiesto loro di uscire durante l effettuazione di manovre particolarmente invasive sul proprio bambino o su altri pazienti, nel caso in cui le camere fossero doppie e durante la consegna infermieristica al cambio turno; 2) è assolutamente obbligatorio il lavaggio delle mani prima di entrare nell area intensiva; ) è vietato toccare i presidi medicali; 4) è vietato avvicinarsi al letto degli altri pazienti; 5) limitare il numero di persone che vengono a far visita al bambino; è consentito l ingresso a tutte le figure importanti per il bambino (nonni,fratelli e sorelle); 6) i visitatori possono entrare senza indossare camici, mascherine o altro. In questa fase, è opportuno che il genitore si segga accanto al letto del bambino. L infermiere dovrebbe incoraggiare un comportamento sereno e, quando possibile, mettere il bambino tra le braccia del genitore. Infatti, questo gesto è da considerarsi molto importante sia per la comunicazione non verbale, sia perché aiuta una ripresa più veloce del bambino sotto il punto di vista respiratorio e neurologico. Una comunicazione efficace è di rilevante importanza nel modello organizzativo della terapia intensiva aperta. Essa nasce da una relazione di fiducia tra medico, genitore e infermiere. Se la comunicazione viene intesa come strumento d aiuto, allora si ripercuote favorevolmente sia sul piano delle condizioni cliniche che dell equilibrio psicologico dei pazienti. 21

22 Sulla base delle questioni fino ad ora analizzate, sia attraverso le esperienze dirette, sia attraverso la revisione della letteratura, è ancora necessario chiedersi se il superamento degli ostacoli, per arrivare ad una buona comunicazione, sia realmente possibile nel contesto attuale delle terapie intensive, contraddistinto da carenza di personale, inadeguatezza delle strutture ed elevati carichi di lavoro. 22

23 CONCLUSIONI Per gli infermieri che lavorano in una terapia intensiva, il principale ostacolo ad una comunicazione efficace è la mancanza di tempo. Tuttavia, l infermiere di area critica deve iniziare ad essere un professionista anche nel campo della relazionecomunicazione e non solo nel campo pratico ed intellettuale. Per poter avviare e mantenere il processo di apertura delle terapie intensive, occorre approdare ad un cambio di mentalità radicale. Infatti, si deve arrivare ad incentrare l assistenza infermieristica sulla famiglia e fare della comunicazione il fulcro attorno al quale possa ruotare la buona riuscita del processo di assistenza. La revisione della letteratura ha evidenziato che non esistono prove scientifiche di una supremazia del modello di terapia intensiva chiuso. I risultati sembrano invece confermare la tendenza opposta a favore della terapia intensiva aperta. Come si è visto, l adozione di un modello organizzativo aperto apporta una serie di vantaggi che, se adeguatamente sfruttati e sviluppati, potrebbero determinare un evoluzione ed un miglioramento del processo di cura dei pazienti critici. L apertura ai familiari delle terapie intensive rappresenta un passo necessario verso un modello di assistenza che tenga conto della persona in senso olistico e verso l umanizzazione delle cure. L apertura delle rianimazioni e la presenza dei familiari accanto al malato non sono una concessione, né una nuova moda o l ultimo grido del politically correct in campo sanitario, ma rappresentano una risposta efficace ai bisogni del malato e della sua famiglia. E una scelta che impegna ad individuare soluzioni originali per ogni singola realtà, che richiede periodiche verifiche, che ha bisogno di essere rimotivata nel tempo, anche in considerazione dell elevato turn-over delle équipes di rianimazione. La rianimazione aperta rinnova ed arricchisce i gesti dell alleanza terapeutica della persona ammalata e di quanti si prendono cura di lui.(21) Mi auguro che questa tesi possa stimolare i miei colleghi infermieri ed i loro coordinatori a farsi promotori di un tipo di assistenza incentrata sulla famiglia ed avviare finalmente il processo di apertura delle terapie intensive pediatriche. 2

24 BIBLIOGRAFIA 1. Giannini A., Miccinesi G., Leoncino S., Visiting policies in Italian intensive care units: a nationwide survey. Intensive Care MED 2008; 4: Melotti R., EMILIA ROMAGNA: Porte aperte in rianimazione. Una maggiore flessibilità di accoglienza dei familiari accelera il recupero, IL SOLE 24 ORE, 2009; Sanità 17-2 febbraio. Mongardi M., Melotti R., Sonetti S., Moro ML., Il rito della vestizione per l accesso ei visitatori nelle Unità di Terapia Intensiva: revisione della letteratura ed indicazioni operative, Scenario, 2008; 25: Giannini A., Open ICU: the case in favour, Minerva Anestesiologica, 2007; vol. 7: Giannini A., Aprire le terapie intensive? Janus 2008; 0: Bassani R., Il disagio psicologico: come il bambino vive il ricovero in ospedale, Archivio articoli 7. Molter NC., Needs of relatives of critically ill patients: a descriptive study. Heart Lung Mar-Apr;8(2): Leske J., Needs of relatives of critically ill patients: a follow-up. Heart Lung. 1986; 15: Boninsegna C., Chiari P. La presenza dei familiari in terapia intensiva riduce l ansia dei pazienti e dei loro familiari? Centro Studi EBN Bologna. Maggio Magotti A., Stato dell arte degli studi dei bisogni ei familiari di un paziente ricoverato in un reparto di terapia intensiva, in ANIARTI, Simpson T., Critical care patients perceptions of visit. Heart Lung. 1991; 20: Young G., Ploktin D., ICU: ineffective communication unit.critical Care Medicine 2000; 28: Burchardi H., Let s open the door.intensive Care Medicine 2002; 28: Fumagalli S., Reduced cardiocirculatory complications with unrestrictive policy in an intensive care unit. Circulation 2006; 11: Judith D. et Al., Unit Based Procedures: Impact on the incident of nosocomial infections in the newborn intensive care unit, Newborn and Infant Nursing Reviews, 2004; vol. 4, n Slota M., Perspectives on family centered, flexible visitation in the intensive care unit setting. Critical Care Medicine 200; 1 (suppl.): s Madeo M., Parisi S., Apriamo le porte: dieci anni di rianimazione aperta alla clinica De Marchi, Scenario, 2008; 25: ANIARTI Associazione Nazionale Infermieri di Area Critica, Atti del congresso nazionale, Latour J., Is family-centred care in critical care unit that difficult? A view from Europe, Nursing in critical care, 2005; vol. 10, n 2: Fortuna D., Melotti R., Castagnoli A., Umanizzazione delle cure e dignità della persona in terapia intensiva, L informazione in pillole, giugno Giannini A. The open ICU:not just a question of time, Minerva Anestesiologica, 2009; vol. 76, n 2:

25 RINGRAZIAMENTI Un grazie eterno alla mia Mamma, a Franco, a Lucrezia e a Rosa per aver sopportato momenti di nervosismo, stanchezza e assenza. Un sentito e doveroso ringraziamento è rivolto al Prof.M.Salizzoni, per aver creduto in me ed avermi spronato verso questo progetto. Ringrazio i miei amici Camilla e Andrea per aver partecipato alla messa in opera di questo lavoro, senza mai farmi sentire sola e senza mai tirarsi indietro. A S.Marengo, mia Coordinatrice ed amica che mi è sempre venuta incontro secondo le esigenze scolastiche e lavorative. Ed un grazie a tutti gli amici di sempre e quelli incontrati nel percorso di Master, per essere stati straordinari compagni di un faticoso viaggio, sempre condividendo difficoltà e soddisfazioni. 25

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