Le Indicazioni nazionali per la storia: avvertenze per il buon uso

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1 Le Indicazioni nazionali per la storia: avvertenze per il buon uso Ivo Mattozzi da «La Vita scolastica» n.18/2003 Un'occasione da non perdere Le indicazioni nazionali sono quasi definite, ora si tratta di prepararsi a interpretarle e a farne il riferimento per pratiche didattiche efficaci nella formazione storica. Questo compito spetta agli insegnanti, in primo luogo, e ai produttori di sussidiari, in secondo luogo. Ma sia gli uni che gli altri dovrebbero attingere i criteri dell'interpretazione dall'epistemologia e metodologia storica, dalla psicologia dell'apprendimento, dall'esperienze di qualità che in tanti anni hanno accumulato le/gli insegnanti innovatori. La posta in gioco è alta: farla finita con la lunga connivenza tra insegnanti tradizionalisti e produttori di sussidiari. Quella connivenza ha prodotto cattive storie da insegnare e insoddisfacente formazione storica degli studenti. Gli insegnanti non sono legittimati a delegare ai produttori dei manuali la interpretazione delle indicazioni e a pensare che "fare il programma" coincida con il "fare" il sussidiario e seguire passo passo il suo indice. Si può profittare della necessità di dover fare i conti con nuove indicazioni nazionali per arrivare ad uno standard più soddisfacente della storia da insegnare e del suo apprendimento. In tale prospettiva provo a dare consigli di lettura avendo come riferimento le riflessioni sulla metodologia storica, le elaborazioni curricolari conseguite all'applicazione dei programmi del 1985, la conoscenza delle numerose esperienze realizzate grazie a quell'ispirazione curricolare. I documenti da interpretare I documenti ministeriali sono tre: il Profilo dell'alunno in uscita dalla scuola primaria (infanzia + elementare + media), le Indicazioni, le Raccomandazioni. Il profilo è regolativo, le indicazioni sono "indicative", le raccomandazioni hanno un valore orientativo. Occorre leggere i tre documenti e incrociarli per capire fin dove sono coerenti, fin dove sono fattibili, fin dove rispettano le strutture della disciplina e da dove è necessario prendere le distanze per dare impostazioni più favorevoli alla formazione storica. L'insegnante ha il dovere di chiedersi "come?" rispetto ad ogni sollecitazione dei documenti e di dare risposte coerenti con la struttura della disciplina e con le disponibilità cognitive degli alunni. E ne ha il diritto. C'è, infatti, un altro elemento che deve essere tenuto in conto: l'autonomia scolastica che dà la possibilità non solo di interpretare ma anche di applicare le indicazioni secondo le potenzialità degli alunni e tenendo conto «delle teorie pedagogiche e delle pratiche didattiche più adatte» (perché non anche delle metodologie disciplinari e delle teorie psicologiche, che sono valorizzate nelle Raccomandazioni?). «È compito esclusivo di ogni scuola autonoma e dei docenti nel concreto della propria storia e del proprio territorio, assumersi la libertà di mediare, interpretare, ordinare, distribuire ed organizzare gli obiettivi specifici di apprendimento negli obiettivi formativi, nei contenuti, nei metodi e nelle verifiche delle Unità di Apprendimento, considerando, da un lato, le capacità complessive di ogni fanciullo Allo stesso tempo, tuttavia, è compito esclusivo di ogni scuola autonoma e dei docenti assumersi la responsabilità di «rendere conto» delle scelte fatte» Infine, non ci si dovrebbe limitare alle pagine relative alla storia, poiché le premesse generali contengono indicazioni importanti per l'azione formativa. Partiamo, dunque, da queste che delineano una specie di contesto operativo per gli insegnanti e le scuole. Le preconoscenze e le esperienze Le premesse esortano a: 1. mettere a frutto le preconoscenze (o conoscenze previe) cioè il patrimonio di «precomprensioni, di conoscenze ed abilità tacite e sommerse già posseduto da ciascuno» che «influisce moltissimo sui nuovi apprendimenti formali e comportamentali.»; 2. valorizzare l'esperienza degli allievi; 1

2 3. assicurare il passaggio dal "sapere comune" al "sapere scientifico" con l'acquisizione di linguaggio, padronanza di conoscenze e di procedimenti metodologici; 4. utilizzare gli obiettivi specifici di apprendimento per progettare Unità di Apprendimento (u.a.) nella prospettiva della maturazione del Profilo educativo, culturale e professionale dello studente. Gli insegnanti, perciò, devono imparare a progettare le u.a.: esse dovrebbero iniziare con la rilevazione delle preconoscenze, mirare ad obiettivi formativi adatti e significativi per i singoli allievi, architettare strategici percorsi di metodo e di contenuto e valutare, «alla fine, sia il livello delle conoscenze e delle abilità acquisite, sia se e quanto esse abbiano maturato le competenze personali di ciascun allievo»: «Il «cuore» del processo educativo si ritrova, quindi, nel compito delle istituzioni scolastiche e dei docenti di progettare le Unità di Apprendimento caratterizzate da obiettivi formativi a- datti e significativi per i singoli allievi» Questo è lo sfondo su cui interpretare le indicazioni riguardanti la storia. Tenendo conto di tutte le variabili e le potenzialità, l'interpretazione deve essere favorevole alla formazione delle abilità e del sapere degli allievi, allo scopo di condurli a conseguire le competenze presupposte nel profilo. Anche nella lettura di questo non ha senso limitarsi al brano riguardante il sapere storico. Conviene rintracciare tutte le qualità alla costruzione delle quali l'insegnamento della storia può dare contributi. L'alunno competente - utilizza le conoscenze e le abilità che apprende per arricchire creativamente il personale modo di essere nel mondo ; - conosce e utilizza tecniche differenziate di lettura silenziosa e ad alta voce; - possiede un vocabolario attivo e passivo adeguato agli scambi sociali e culturali; - capisce messaggi orali e visivi intuendone gli aspetti impliciti; - riesce a produrre testi brevi ragionevolmente ben costruiti; - comincia a saper apprezzare la lucida espressione e la densità del pensiero; - è consapevole delle radici storico-giuridiche che ci legano al mondo classico e giudaicocristiano, e dell'identità spirituale e materiale dell'italia e dell'europa; - è capace di orientarsi nello spazio e nel tempo operando confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse, per rendersi più consapevoli, da un lato, delle caratteristiche specifiche della civiltà europea e, dall altro, delle somiglianze e delle differenze tra la nostra e le altre civiltà mondiali. - sa collocare in questo quadro i tratti spaziali e temporali dell identità nazionale e delle identità regionali e comunali di appartenenza; - sa leggere quotidiani o ascoltare telegiornali. - sa utilizzare gli strumenti informatici per ottenere documentazioni, elaborare grafici e tabelle comparative, riprodurre immagini e riutilizzarle, scrivere ed archiviare; - sa riflettere con spirito critico sia sulle affermazioni in genere, sia sulle considerazioni necessarie per prendere una decisione. L'insegnante di storia può fare la sua parte se assume - che la storia si fa con le fonti e, dunque, abitua gli allievi a lavorare con le fonti per costruire conoscenze storiche; - che la storia è testuale e, perciò, guida gli allievi a costruire testi di tipo storiografico; - che la storia produce e usa concettualizzazioni e perciò, guida gli allievi a comprendere e costruire concetti; - che la storia è utile purché si sappiano usare le conoscenze e, perciò, abitua gli allievi all'uso delle conoscenze apprese allo scopo di costruire comparazioni, periodizzazioni, questioni - che la storia è in una molteplicità di testi e, dunque, abitua gli allievi all'uso critico di molteplici testi (discorsivi, audiovisivi ) storici; - che la comprensione delle strutture della conoscenza è agevolata da operazioni che si manifestano con grafici, schemi, tabelle comparative e, perciò, abitua gli allievi a produrli sia manualmente sia con gli strumenti informatici. 2

3 Ora possiamo analizzare le indicazioni specifiche per la storia sia per quanto riguarda gli o- biettivi, sia per quanto riguarda le conoscenze. A tal proposito conviene tener conto della raccomandazione iscritta nelle premesse: - «nel primo anno e nel primo biennio, (dalla I alla III) (gli obiettivi) vanno sempre esperiti a partire da problemi ed attività ricavati dall esperienza diretta dei fanciulli.» - «Nel secondo biennio è possibile organizzare le singole attività scolastiche per discipline e per una o più educazioni appartenenti all unica Convivenza civile.» Dunque, fino alla quarta non dovrebbero entrare in gioco le conoscenze storiche libresche. Infatti gli obiettivi e le conoscenze indicati sono conseguenti: - in prima gli alunni dovrebbero operare nell'organizzazione di fatti secondo l'ordine della successione, della contemporaneità, della durata, della ciclicità rappresentando a posteriori esperienze appena vissute e dovrebbero apprendere la misura del tempo mediante il calendario. - In seconda e in terza, gli alunni dovrebbero comprendere le trasformazioni, le periodizzazioni, le fonti, i rapporti di causa ed effetto grazie alla ricostruzione di vicende relative al territorio in cui la scuola funziona. Ma, incoerentemente con l'affermazione generale e con gli obiettivi indicati, il testo prosegue con il proporre anche conoscenze libresche e difficili: «La terra prima dell uomo e le esperienze umane preistoriche: la comparsa dell uomo, i cacciatori delle epoche glaciali, la rivoluzione neolitica e l agricoltura, lo sviluppo dell artigianato e primi commerci. Passaggio dall'uomo preistorico all'uomo storico nelle civiltà antiche. Miti e leggende delle origini». Questa indicazione è una forzatura sia rispetto agli obiettivi sia rispetto alle ripetute affermazioni che l'incontro con i linguaggi disciplinari sia conveniente dalla classe quarta: «Nel secondo biennio della Scuola Primaria si definisce il passaggio che porta alla consapevolezza del linguaggio della disciplina come elemento ordinatore e formale dell esperienza» (Indicazioni e raccomandazioni) Che sia un inserto forzato e incoerente rispetto alle affermazioni generali, lo dimostra il modo brusco e ingiustificato con cui nelle Raccomandazioni si raccorda il riferimento alla preistoria con la raccomandazione di fare dell'ambiente di vita degli alunni il campo privilegiato di studio: «In particolare nella classe III è prevedibile, oltre all approfondimento dei momenti significativi del passaggio dalla preistoria alla storia, anche un percorso narrativo a titolo esemplificativo che permetta l incontro con eventi, momenti, figure significativi del nostro passato remoto, con particolare ma non esclusivo riferimento alla storia locale.» Il testo fa insorgere, perciò, un problema di fattibilità: - innanzitutto, non è pensabile che i bambini, che in terza non dominano ancora la numerazione per 1000, possano comprendere conoscenze quali quelle indicate; - in secondo luogo, non è pensabile che si possa svolgere la formazione dei requisiti necessari per comprendere e apprendere dignitosamente le conoscenze relative alla preistoria nel breve arco di due anni e mezzo. Questa è una indicazione impossibile da onorare e che è bene non accogliere se si intende rispettare i ritmi di sviluppo cognitivo dei bambini e la qualità della conoscenza storica. Gli obiettivi proposti fino alla terza sono inerenti alle attività di ricostruzione di aspetti e mutamenti del passato relativi al mondo esperito dai bambini: ad esempio, la ricostruzione di a- spetti del passato della classe, del passato della generazione dei bambini, del passato della generazione degli adulti prossimi ai bambini, del passato locale-sociale. Sono attività che richiedono l'uso di fonti molteplici e varie, procedure controllate, organizzazione delle informazioni con molte operazioni cognitive e comunicazione dei risultati delle ricostruzioni. Il loro svolgimento può essere formativo di competenze se avviene con metodo e con tempi distesi, senza frettolosità. Inoltre gli insegnanti devono riparare ad un'altra incongruenza del testo. 3

4 Esso non indica obiettivi circa l'educazione cronologica degli allievi. Ma la comprensione e il dominio della cronologia storica sono un requisito dello studio della preistoria e della storia antica. Dunque, gli insegnanti dovrebbero progettare u.a. per formare il senso e il sapere cronologico. Infine l'ultima incongruenza: si indica di introdurre gli alunni alla conoscenza e comprensione della preistoria e della storia antica con lo studio delle forme di civiltà che hanno caratterizzato alcuni gruppi umani e popoli, ma non si indica la preparazione previa, cioè l'attività per guidare i bambini a riflettere sulla propria civiltà in modo da metterli in contatto con le forme remote dopo la concettualizzazione di forme esperite. La logica richiederebbe che i bambini arrivassero al sapere storico dopo aver svolto ripetute esperienze di ricerca storico-didattica per ricostruire aspetti e processi del passato della esperienza vissuta in classe prima, del passato della propria generazione, del passato delle generazioni adulte, del passato locale-sociale; dopo avere compreso i sistemi cronologici quotidiani e storici; dopo aver costruito un modello di descrizione di civiltà rappresentando la civiltà di cui fanno esperienza quotidiana. Sì, la preistoria può essere dislocata nel secondo biennio. L'interpretazione proposta può essere sostenuta anche con ciò che si dice nelle Raccomandazioni. Nell'ultimo biennio gli obiettivi di apprendimento indicano che gli allievi dovrebbero saper: - Individuare elementi di contemporaneità, di sviluppo nel tempo e di durata nei quadri storici di civiltà studiati. - Utilizzare testi di mitologia e di epica e qualche semplice fonte documentaria titolo paradigmatico. - Conoscere ed usare termini specifici del linguaggio disciplinare. - Collocare nello spazio gli eventi, individuando i possibili nessi tra eventi storici e caratteristiche geografiche di un territorio. - Leggere brevi testi peculiari della tradizione culturale della civiltà greca, romana e cristiana - Scoprire radici storiche antiche classiche e cristiane della realtà locale. E le conoscenze mediante le quali far conseguire gli obiettivi riguardano in primo luogo: le civiltà mesopotamiche, egizia, indiana, cinese, fenicia, giudaica, italiche, poi l'evoluzione della civiltà greca e di quella romana, infine la nascita della religione cristiana e il suo sviluppo. Gli oggetti delle conoscenze sono formulate, dunque, in 3 modi diversi: 1. le civiltà preclassiche nel periodo di maggiore maturità (il che presuppone una descrizione statica per ciascuna di esse); 2. l'evoluzione delle civiltà greca e romana (il che istiga a narrazioni di catene di mutamenti e spiegazioni); 3. un processo di grande trasformazione qual è la cristianizzazione dell'impero (il che induce ad una ricostruzione narrativa e ad un' argomentazione esplicativa). Qui siamo alla formulazione più problematica e più pericolosa per la sorte della formazione storica. Il testo può indurre insegnanti e produttori di sussidiari a incaponirsi con la soluzione tradizionale delle sciatte e distorsive rappresentazioni delle civiltà e delle loro evoluzioni che da tempo i sussidiari ammanniscono. Vediamo come possiamo ragionare per evitare tale rischio. Tra gli obiettivi di apprendimento se ne possono privilegiare due: - «Individuare elementi di contemporaneità, di sviluppo nel tempo e di durata nei quadri storici di civiltà studiati. - Collocare nello spazio gli eventi, individuando i possibili nessi tra eventi storici e caratteristiche geografiche di un territorio.» Quale forma dare alle conoscenze che dovrebbero permettere di conseguire tali obiettivi? La risposta viene suggerita dalle teorie psicopedagogiche, dalla metodologia storia e dalle pratiche didattiche di buona qualità. La forma da dare alle conoscenze storiche per gli alunni al primo approccio al sapere storico è quella del quadro di civiltà, inteso come descrizione delle caratteristiche della vita collettiva di un gruppo umano in un periodo e in uno spazio ben definiti. Il quadro di civiltà permette di conoscere il «contesto fisico, sociale, economico, tecnologico, culturale e religioso» in relazione al quale gli alunni potrebbero comprendere fatti e personaggi. L'insegnante dovrebbe diventare protagonista di una didattica dei quadri di civiltà che comporti la possibilità di comparazioni e di scoperte di contemporaneità, di durate differenziali, di periodizzazioni e la messa a punto di schemi di comprensione dei rapporti tra le civiltà e gli ambienti geografici. Con i quadri di civiltà è possibile far costruire agli alunni il sapere sulle trasforma- 4

5 zioni che ha esperito un popolo: basta rappresentare tre quadri di civiltà relativi a tre periodi diversi per uno stesso gruppo umano o popolo o impero per permettere agli alunni di conquistare il sapere sulle trasformazioni mediante le comparazioni. Tale soluzione farà evitare le scempiaggini delle ricostruzioni narrative ed esplicative bambinesche. La indicazione sulla conoscenza della nascita e sviluppo della religione cristiana potrebbe essere realizzata in due modi: nel primo ci si potrebbe limitare a mostrare il quadro della civiltà imperiale romana politeista, con i gruppi cristiani come minoranze perseguitate, e poi il quadro della civiltà imperiale cristianizzata: la comparazione farebbe rendere conto della trasformazione e indurrebbe a formulare questioni storiche; nel secondo, dopo aver fatto studiare il quadro di civiltà imperiale per la conoscenza del contesto, si potrebbe allestire una u.a. modulare per la ricostruzione della genesi e dello sviluppo della religione e della comunità cristiana. La opzione può dipendere dalla maturità cognitiva raggiunta dagli allievi. Qualunque sia la forma delle conoscenze e la strategia delle u.a., la formazione delle competenze dipende dall'intensa operatività che si propone agli alunni: lettura selettiva dei testi, lettura di carte, costruzione di grafici temporali e della mappa spazio temporale complessiva, comparazioni, produzione di questioni (il che significa uso delle conoscenze). Essa dipende anche dalle capacità degli insegnanti di istituire alleanze disciplinari fra storia e geografia, fra storia e italiano e fra storia e matematica. A tali condizioni si può sperare che insegnanti e produttori di sussidiari diano una risposta positiva alle domande poste nel testo delle Raccomandazioni: «È possibile nella scuola, tanto più con soggetti in età evolutiva, non trattare la ricerca scientifica (scienza) alla stregua di contenuti materiali (materia), ma utilizzarla, senza tradirla nella sua complessità, come occasione per promuovere processi vitali di apprendimento e di pensiero (disciplina di studio)? Come favorire l apprendimento personale senza banalizzare, con distorsioni e semplificazioni, la natura degli «oggetti di studio» identificati dalle scienze e richiamati, per gli insegnanti, negli obiettivi specifici di apprendimento?» 5

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