Depressione vascolare, depressione post-stroke e demenza post-stroke: possibile continuum tra cerebrovasculopatia, depressione e declino cognitivo?

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1 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO Francesco Panza, Vincenzo Solfrizzi, Alessia D Introno, Anna Maria Colacicco, Cristiano Capurso, Francesco Torres, Anna Maria Basile, Antonio Capurso Cattedra di Geriatria, Centro per lo Studio dell Invecchiamento Cerebrale, Memory Unit, Università di Bari Depressione vascolare, depressione post-stroke e demenza post-stroke: possibile continuum tra cerebrovasculopatia, depressione e declino cognitivo? I disturbi depressivi in età avanzata rappresentano una condizione molto più eterogenea di quanto non lo sia in soggetti non anziani. Una distinzione grossolana prevede depressione ad esordio precoce (Early-Onset Depression, EOD) e depressione ad esordio tardivo (Late-Onset Depression, LOD), ma non c è tuttora un accordo su quale età possa fare da spartiacque tra le due forme. Negli USA spesso è 50 anni il cut-off, mentre in diversi studi inglesi è 65 anni. Chiaramente qualsiasi distinzione basata su un età piuttosto che su un altra non può non essere arbitraria; comunque, la scelta dei 50 anni si basa sul fatto che da quest età in poi il rischio di sviluppare un disturbo affettivo sembra essere ridotto (1). Le stime sulla prevalenza della depressione maggiore in età anziana variano in un range molto ampio in base ai criteri utilizzati per la diagnosi e alla procedura seguita per quantificare i casi (2-4). Tuttavia, le stime ottenute suggeriscono che la prevalenza della depressione decresca con l avanzare dell età, anche se i dati provenienti dalla Baltimore Epidemiologic Catchment Area (ECA) dimostrano che, mentre la depressione maggiore declina effettivamente in età anziana, gli altri tipi di depressione presentano stime di prevalenza crescenti con l aumentare dell età (5). Negli studi in cui sono stati utilizzati i criteri DSM, i tassi di prevalenza della depressione maggiore in età anziana erano di circa il 5% o meno, tranne in due studi condotti in Tasmania e in Svezia (2). I tre quarti dei pazienti anziani con disturbi depressivi maggiori avevano un esordio in età avanzata, di solito associato a una considerevole morbilità, a una maggiore mortalità e resistenza al trattamento antidepressivo. Il disturbo depressivo ad esordio tardivo sembra quindi essere in relazione con particolari meccanismi eziopatogenetici, clinici e neurobiologici e, in particolare, sembra esserci una stretta e importante associazione con la malattia cerebrovascolare (Cerebrovascular Disease, CVD) (6). In studi con follow-up a 4 e 13 anni, soggetti anziani con sintomatologia depressiva mostravano un aumentato rischio di deficit funzionali, declino cognitivo e mortalità (7,8). Quindi, la sintomatologia depressiva, anche senza una diagnosi clinica precisa, sembra essere un fattore di rischio di declino sia funzionale che cognitivo (9,10). Tenendo conto del crescente peso della cosiddetta ipotesi vascolare della malattia di Alzheimer (Alzheimer s Disease, AD), un processo patofisiologico comune, come per esempio la formazione di lesioni vascolari sottocorticali della sostanza bianca (White Matter Hyperintensities, WMH) nell ambito della CVD, può essere ipotizzato alla base di una sindrome che di volta in volta può esprimersi clinicamente con sintomi depressivi o cognitivi. L IPOTESI DEPRESSIONE VASCOLARE Negli anni Novanta, sulla base di una serie di lavori clinici e sperimentali, il gruppo di George Alexopoulos suggerì che nell etichetta nosografica depressione ad esordio tardivo coesistessero, in una grossa percentuale di pazienti, altri disturbi neurologici (11). Successivamente, lo stesso gruppo di ricerca focalizzò l attenzione sulla possibilità che la CVD potesse predisporre, precipitare o perpetuare una sindrome depressiva in molti pazienti anziani, introducendo, assieme al gruppo della Duke University di Durham, il termine depressione vascolare (Vascular Depression, VD) (12,13) che può comprendere diverse entità con diversi meccanismi patogenetici (14,15). 26

2 DEMENTIA UPDATE NUMERO 13, OTTOBRE 2002 In età avanzata, i disturbi depressivi sono, per forza di cose, più eterogenei di quanto non lo siano in soggetti non anziani e i disturbi neurologici possono essere anche clinicamente silenti quando insorge la sintomatologia depressiva (11). Alcuni studi hanno supportato questo tipo di osservazioni; infatti, pazienti con LOD hanno riportato maggiori alterazioni neuropsicologiche (15,16) e neuroradiologiche (17,18), maggiore disabilità (19), morbilità e mortalità (20,21) e una più bassa prevalenza familiare dei disturbi del tono dell umore rispetto ai pazienti anziani con EOD (22). L eterogeneità della presentazione clinica della LOD è stata ripresa per spiegare come mai alcuni studi non abbiano confermato l associazione tra elevata morbilità neurologica e la LOD stessa (23,24). Importanti limitazioni allo sviluppo della ricerca in questo campo sono state la difficoltà nello stabilire l età d esordio e l assunto che la depressione sia omogeneamente distribuita nel tempo; i pazienti, infatti, possono sviluppare episodi depressivi diversi, con cause diverse nelle differenti età della vita. Le ricerche sulla LOD hanno fornito nuovi elementi concettuali che consentono di identificare gruppi omogenei di pazienti affetti da depressione in età geriatrica. Nella depressione insorta in età avanzata spesso coesistono sintomatologia depressiva e malattia vascolare, costituendo un sottogruppo relativamente omogeneo. La CVD è, infatti, frequente in pazienti anziani affetti da depressione e alcuni studi iniziali hanno dimostrato che la CVD può insorgere 2 o 3 anni prima dell ospedalizzazione in ambiente psichiatrico, rappresentando un possibile fattore contributivo allo sviluppo della sindrome depressiva (25,26). In un campione di pazienti, i soggetti con diagnosi di depressione avevano una prevalenza più elevata di malattia vascolare rispetto ai soggetti non depressi (27). Inoltre, in una popolazione di 237 pazienti sottoposti a bypass coronarico, il 43% accusava una significativa sintomatologia depressiva prima dell intervento cardiochirurgico e il 23% sintomi depressivi dopo l intervento (28). Consistenti prove epidemiologiche evidenziano una forte correlazione tra depressione e malattie cardiovascolari. Infatti, la depressione ha una prevalenza molto elevata nei pazienti con ipertensione (29) e coronaropatia (30). Inoltre, come dimostrato da diversi studi, soggetti relativamente giovani che avevano riportato una diagnosi di depressione sviluppavano successivamente una cardiopatia ischemica (31). Questa relazione restava significativa anche dopo correzione per altri possibili fattori confondenti come pressione arteriosa, fumo, obesità, storia familiare e livello di attività fisica. Tali risultati confermano le numerose osservazioni sull aumentata mortalità, soprattutto per cause cardiovascolari e cerebrovascolari, dei pazienti anziani ospedalizzati affetti da depressione (6). La natura dell associazione tra depressione e malattie cardiovascolari è, tuttavia, non ancora chiara. La depressione potrebbe essere una causa diretta delle malattie cardiovascolari, attraverso potenziali meccanismi quali l ipercortisolemia o l attivazione del sistema immunitario o anche l aumentata tendenza trombotica, visto che la depressione è stata associata a fattori che aumentano l aggregazione piastrinica (32). Anche la condivisione di eventuali fattori di rischio genetici, come per esempio l apolipoproteina E (apoe), o la presenza di meccanismi patogenetici univoci (si pensi alla possibilità suggestiva che l aterosclerosi possa essere alla base anche dei disturbi depressivi oltre che della cardiopatia ischemica) potrebbero essere chiamati in causa. Diverse evidenze cliniche indicano che esiste una prevalenza di sintomatologia depressiva in pazienti affetti da malattie cardiovascolari e, viceversa, una rilevante percentuale di pazienti depressi con una coesistente malattia cardiovascolare. Vi è, inoltre, una maggiore prevalenza di disturbi depressivi nella demenza vascolare (Vascular Dementia, VaD) (33) rispetto all AD. Un marcato rallentamento psicomotorio, una maggiore sintomatologia ansiosa e depressiva rappresentano una triade sintomatologica in grado di distinguere pazienti con VaD da quelli con AD, a parità di compromissione cognitiva (34). Come vedremo più avanti, la depressione rappresenta una frequente complicanza dello stroke (35,36). Nel primo anno dopo lo stroke, infatti, i disturbi depressivi insorgono nel 20-50% dei pazienti (37). È stato riportato che le lesioni localizzate nel polo anteriore dell emisfero sinistro hanno una relazione più stretta con la depressione (38), anche se questi dati sono stati messi recentemente in discussione (39). Mentre lo stroke con sintomi e segni neurologici insorge più raramente in pazienti anziani con depressione, il cosiddetto silent stroke, caratterizzato dall assenza di aperte manifestazioni cliniche, è, invece, frequente nella depressione in età geriatrica. Infatti, in una popolazione giapponese, uno stroke silen- 27

3 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO te dal punto di vista clinico e di diametro >5 mm è stato riscontrato nell 83% dei pazienti con diagnosi di depressione maggiore ed età >65 anni (40). Un altro studio su una popolazione bianca caucasica ha dimostrato che uno stroke silente insorgeva nel 23% dei soggetti >65 anni e nel 79% era di oltre 3 mm di diametro (41). Inoltre, i pazienti con CVD in assenza di depressione possono sviluppare un eccessiva labilità emotiva ( emozionalismo ) (6). Infine, alcuni studi recenti hanno indicato, anche in assenza di una chiara evidenza di stroke clinicamente apparente, un associazione tra lievi alterazioni della sostanza bianca e della sostanza grigia profonda di possibile origine vascolare e la LOD, sia in pazienti ospedalizzati (42) sia non istituzionalizzati (43). Le iperintesità, visualizzate meglio con la risonanza magnetica (Magnetic Resonance Imaging, MRI) che utilizza il dual echo (pesata in T2 e proton density) o le sequenze FLAIR (Fluid-Attenuated Inversion Recovery), si possono riscontrare soprattutto nei lobi frontali e nei nuclei della base (42,44). Le diverse linee di ricerca, con le prove sperimentali e cliniche che sono state prodotte, supportano la teoria che la CVD possa essere una causa importante di LOD e, nel caso specifico, di VD. Infatti, è noto che danni vascolari delle strutture cerebrali sottocorticali striato-pallido-talamo-corticali dei lobi frontali sono associati a un aumentata prevalenza di disturbi depressivi, influendo sui circuiti neurotrasmettitoriali coinvolti nella regolazione del tono dell umore e predisponendo quindi alla depressione. Esistono, inoltre, evidenze di tipo clinico che consentono di differenziare casi di depressione vascolare da quelli con depressione non vascolare. In particolare, i casi di VD sono stati correlati a un esordio tardivo della sintomatologia depressiva (12,13,45), a un aumento dei fattori di rischio vascolari (46) e ad altri particolari sintomi, quali una ridotta ideazione depressiva, un aumentato rallentamento psicomotorio (12) e una più consistente compromissione cognitiva, soprattutto per quanto riguarda le funzioni esecutive (12). In uno studio è stato riportato che i pazienti con VD definita dalla presenza di WMH alla MRI sono meno responsivi al trattamento antidepressivo rispetto ai pazienti con depressione non vascolare (47). In particolare, questo studio ha dimostrato come sia la localizzazione della lesione (WMH frontali e pontine e lesioni del nuclei della base), e non la sua gravità, ad essere maggiormente predittiva di outcome sfavorevole al trattamento. Infine, la presenza di segni extrapiramidali, sequenze motorie compromesse e grasp reflex sono associati sia a lesioni sottocorticali sia a una minore responsività al trattamento antidepressivo farmacologico, suggerendo che la presenza di segni neurologici possa essere un buon marker per la presenza di WMH rilevabili alla MRI. Altri studi hanno mostrato come la quantità di WMH possa predire un istituzionalizzazione a breve termine, il verificarsi di recidive (45) e la possibilità di un successivo sviluppo di VaD (48). DEPRESSIONE COME FATTORE DI RISCHIO PER LA CVD Sebbene allo stato attuale non ci sia consenso su quali possano essere i criteri per la diagnosi di VD, sono state proposte alcune caratteristiche comuni ben definite di questo tipo di pazienti (15,43) (Tabella 1). Tali caratteristiche includono la presenza di fattori di rischio vascolari e/o la presenza di WMH alla MRI. La ricerca clinica è quindi attualmente impegnata nello stabilire criteri che possano superare le variazioni nella valutazione dei reperti di imaging, consentendo una buona riproducibilità dei criteri diagnostici tra i vari centri (come per la VaD). Inoltre, nonostante gli argomenti presentati nel precedente paragrafo, non esiste una mole di dati scientifici in grado di legittimare l ipotesi VD. Gli studi citati sono, infatti, di tipo associativo e non causale ed è possibile che vi siano altre variabili in grado di spiegare l associazione tra depressione e malattia vascolare e tra depressione e WMH rilevate al neuroimaging (Tabella 2). Le basi neuropatologiche delle WMH presenti nei pazienti depressi non sono state ancora del tutto chiarite, sebbene si presuma che possano essere di natura vascolare. Alcuni autori riportano che, se si escludono dallo studio i soggetti con depressione e malattia vascolare coesistente, le WMH non risultano più comuni nei pazienti soltanto con depressione rispetto ai soggetti sani (49). Diversamente, altri autori hanno riscontrato un associazione tra WMH e depressione anche dopo la correzione per i fattori di rischio vascolari (45). Lesioni simili in altri sottogruppi di pazienti, come per esempio quelli con demenza e quelli senza demenza che sono morti per altre cause, sono state esaminate e hanno rivelato basi pato- 28

4 DEMENTIA UPDATE NUMERO 13, OTTOBRE 2002 Tabella 1 - Presentazione clinica della depressione vascolare (VD) [modificata da: Alexopoulos et al., 1997 (15) ] Criteri primari Evidenza clinica e/o di laboratorio della presenza di malattia vascolare o fattori di rischio vascolari. Le manifestazioni cliniche possono includere un anamnesi positiva per pregresso stroke o transient ischemic attack, segni neurologici focali, fibrillazione atriale, angina, anamnesi positiva per infarto del miocardio, ipertensione, dislipidemia e alterazioni del flusso carotideo. I reperti di laboratorio includono WMH significative nei territori delle arterie perforanti e infarti o evidenze di occlusioni carotidee o stenosi delle arterie del circolo di Willis. Esordio della depressione dopo i 65 anni d età o alterazioni del decorso della depressione dopo l esordio di malattia vascolare in pazienti con una depressione ad esordio precoce; sviluppo di episodi depressivi più frequenti e persistenti. Criteri accessori Compromissione cognitiva delle funzioni esecutive (es. planning, astrazione, organizzazione), ma non limitata a queste aree cognitive. Rallentamento psicomotorio. Limitata ideazione depressiva (es. senso di colpa). Limitato insight della malattia. Disabilità. Assenza di storia familiare per disturbi del tono dell umore. Mentre i criteri primari dovrebbero essere riscontrati in tutti i pazienti, i criteri accessori possono essere presenti in molti ma non in tutti i pazienti con VD. Tabella 2 - Implicazioni cliniche della depressione vascolare (VD) [modificata da: Baldwin, O Brien, 2002 (6) ] Implicazioni cliniche Crescenti evidenze cliniche e sperimentali dell esistenza di un sottotipo di depressione con insorgenza tardiva più frequente. La malattia cerebrovascolare potrebbe essere un fattore causale ed è stata denominata depressione vascolare (VD). La VD può essere diagnosticata grazie a una combinazione di una ridotta ideazione depressiva, un disturbo psicomotorio più accentuato, apatia, deficit delle funzioni esecutive all assessment neuropsicologico e alterazioni al neuroimaging nei nuclei della base e della sostanza bianca alla risonanza magnetica (MRI). La VD possiede implicazioni importanti per meglio comprendere la patogenesi, il trattamento e le prevenzione dei disturbi depressivi. Limitazioni Molte delle evidenze che supportano il concetto di VD sono di tipo associativo piuttosto che causali. Studi sulle alterazioni della sostanza bianca e altri disordini rilevabili alla MRI hanno mostrato che la patologia è eterogenea e non confinata alla malattia vascolare. Non rappresenta quindi sicuramente l unica tipologia di disturbo depressivo in età anziana. La relazione tra VD e la demenza è un topic molto importante, ma ancora non del tutto chiaro. logiche diverse che non sempre includevano l aterosclerosi. La VD implica alterazioni strutturali dal punto di vista neuropatologico nelle aree del cervello implicate nei disturbi del tono dell umore, quali i nuclei della base e i lobi frontali, sebbene, allo stato attuale, manchino evidenze neuropatologiche riproducibili. Una perdita di cellule gliali e una riduzione dello spessore della cortex frontale nei soggetti affetti da depressione sono state riscontrate (50), ma le cause di tali alterazioni restano sconosciute. A differenza della depressione post-stroke (Post-Stroke Depression, PSD), di cui parleremo in seguito, o della VaD, una diagnosi di VD non ri- 29

5 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO chiede una relazione temporale e causale tra i disturbi del tono dell umore e la CVD, sebbene la direzione della causalità è tale che il rischio cerebrovascolare possa essere predittivo di successivo esordio depressivo (51). Ma è anche vero che diversi studi epidemiologici hanno proposto la depressione quale possibile fattore contributivo alla CVD e allo stroke (52). In uno studio su soggetti anziani ipertesi è stata esaminata l associazione tra sintomatologia depressiva e controllo della pressione arteriosa, stroke e mortalità cardiovascolare (53). Nello studio sono stati utilizzati i dati EPESE relativi a tre comunità (Boston, New Haven, Iowa) e ai soggetti anziani con diagnosi documentata di ipertensione; l incidenza di stroke e la mortalità cardiovascolare sono state valutate ogni anno, mentre la pressione arteriosa e la sintomatologia depressiva (misurata con la scala Center for Epidemiologic Studies- Depression, CES-D) sono state valutate al baseline e 3 e 6 anni dopo. Un elevata presenza di sintomatologia depressiva (CES-D score >15) è stata rilevata nel 9,4-13,5% degli uomini e nel 20,6-27,1% delle donne. Una severa sintomatologia depressiva risultava essere correlata a una comorbilità maggiore: disabilità, angina, diabete, pregresso infarto del miocardio, pregresso stroke e uso di farmaci digitalici. Un altro pattern molto interessante e suggestivo è emerso da questi dati epidemiologici: negli uomini, nelle popolazioni di Boston e New Haven, i tassi di incidenza per lo stroke a 3 e a 6 anni, corretti per l età, erano significativamente più alti nei soggetti con una severa sintomatologia depressiva rispetto ai soggetti non depressi. Stessi risultati sono stati ottenuti per i soggetti di sesso femminile, nelle popolazioni del New Haven e dello Iowa. Inoltre, pattern simili sono stati ottenuti anche quando i tassi d incidenza risultavano corretti per età, disabilità, diabete, angina, uso di digitale e pregresso infarto del miocardio o pregresso stroke (Tabella 3) (53). Questo studio suggerisce, quindi, la possibilità che esista un rapporto causale bidirezionale tra CVD e depressione, anche se altri fattori possono aver influenzato il possibile impatto della sintomatologia depressiva sul rischio di stroke proposto da Simonsick e colleghi. Infatti, nei tre setting in cui lo studio si è svolto sono state utilizzate delle versioni differenti della CES-D e il tasso di mortalità non cardiovascolare nel sito di New Haven era elevato, suggerendo uno stato di salute generale relativamente compromesso. Uno studio più recente, il Systolic Hypertension in the Elderly Program, sembra supportare una possibile relazione tra aumento della sintomatologia depressiva ed eventi e mortalità cardiovascolari (54). In questo studio, una severa sintomatologia depressiva non risultava essere associata all insorgenza di stroke fatale e non fatale a 5 anni. Tuttavia, poiché la sintomatologia depressiva varia nel tempo, trattando questa variabile come una covariata tempo-dipendente nell analisi del rischio proporzionale (modello di Cox), il rischio di stroke, per un aumento di 5 punti della CES-D, era di 1,21 (IC 95%: 1,08-1,35). L associazione risultava particolarmente forte nelle donne. Un pattern simile emergeva da questi dati anche per l infarto del miocardio. Tabella 3 Stroke rates corretti* in soggetti con sintomatologia depressiva severa o lieve** [modificata da: Simonsick et al., 1995 (53) ] Gruppo Boston New Haven Iowa Severa Lieve Severa Lieve Severa Lieve Uomini Stroke a 3 anni 14,9 4,3 10,3 5,4 5,7 10,0 Stroke a 6 anni 25,3 9,3 18,9 8,3 12,0 16,3 Donne Stroke a 3 anni 3,6 3,7 8,5 4,1 9,5 4,5 Stroke a 6 anni 9,9 8,9 13,1 7,8 12,2 10,2 * Corretti per età, disabilità, diabete, angina, uso di digitale e pregresso infarto del miocardio o pregresso stroke. ** Severa sintomatologia depressiva: CES-D score >15; lieve sintomatologia depressiva: CES-D score 15. p<0,01 p<0,05 30

6 DEMENTIA UPDATE NUMERO 13, OTTOBRE 2002 L associazione tra depressione e rischio di stroke suggerita dagli studi esaminati risulta, tuttavia, complessa e correlata a diversi fattori (55). In un altro studio dello Yale Health and Aging Project, un progetto longitudinale parte del programma EPESE, sono stati monitorati 2064 soggetti senza diagnosi di pregresso stroke dal 1982 al L incidenza di stroke risultava più elevata nei soggetti compresi nei due quartili superiori del punteggio CES-D, ma questo effetto scompariva se nel modello venivano introdotte variabili sociodemografiche e relative allo stato di salute dei soggetti esaminati. La sintomatologia depressiva era significativamente correlata con molte di queste variabili al baseline, tra cui l età, il pregresso infarto del miocardio, il diabete, l angina, il declino cognitivo e lo stato funzionale. Tali risultati fanno comprendere la difficoltà di estrapolare variabili che sono correlate sia alla depressione sia allo stroke e che potrebbero, in qualche misura, essere fattori di mediazione tra sintomatologia depressiva e incidenza di stroke. DEPRESSIONE POST-STROKE: DIAGNOSI, FREQUENZA E IMPATTO Non c è, ad oggi, una definizione universalmente accettata per la diagnosi di PSD, sebbene Rigler (56) abbia suggerito un adattamento dei criteri del DSM-III-R (Tabella 4). La quarta versione del DSM (DSM-IV) prevede una categoria relativa al disordine del tono dell umore causato da una condizione medica generale (per esempio lo stroke) che esige che il disordine dell umore sia una conseguenza psicologica diretta di quella condizione clinica con presenza di alcuni sottogruppi: (a) sintomatologia de- Tabella 4 - Diagnosi di depressione post-stroke (PSD): adattamento di Rigler dei criteri DSM-III e III-R per la diagnosi di depressione (56) Sintomi 1. Tono dell umore depresso per la maggior parte del giorno, che si presenta nella maggior parte dei giorni (può essere soggettivo o oggettivo). 2. Interesse e piacere marcatamente diminuiti per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno. 3. Cambiamento significativo del peso e dell appetito. 4. Insonnia o ipersonnia. 5. Agitazione o rallentamento psicomotorio, osservabile dall esterno. 6. Affaticamento o astenia. 7. Senso di inutilità o di colpa ingiustificato. 8. Diminuita capacità di concentrarsi o prendere decisioni. 9. Pensiero ricorrente di morte o di suicidio. Episodio depressivo maggiore Cinque o più sintomi oltre un periodo di 2 settimane che causano angoscia o alterato stato funzionale e che non possono essere giustificati da un lutto o dovuti agli effetti di una sostanza. Essi devono includere o 1 o 2. (L esclusione normale dei sintomi a causa di una sottostante condizione clinica non è da prendere in considerazione per la PSD) Depressione minore (disordine distimico) Tono dell umore depresso per più giorni, con altri sintomi depressivi che, però, non incontrano i criteri della depressione maggiore. (La persistenza dei sintomi oltre 2 anni non è da prendere in considerazione per la PSD) Disturbi dell adattamento con tono dell umore depresso o disturbi misti Sintomi significativi comportamentali o affettivi si verificano entro 3 settimane dopo uno stressor identificabile. I sintomi causano angoscia o alterato stato funzionale, ma non incontrano i criteri per altri specifici disordini. 31

7 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO pressiva, (b) episodi di depressione maggiore, (c) disturbi maniacali o (d) disturbi misti. Due problemi principali derivano dall applicazione dei criteri standard del DSM alla PSD. Innanzitutto, può risultare difficile somministrare un intervista strutturata a pazienti con stroke a causa di problemi cognitivi e di comunicazione. In secondo luogo, molti dei sintomi elencati tra i criteri diagnostici possono essere un effetto diretto dello stroke stesso piuttosto che della depressione. Nonostante la CVD, i pazienti anziani possono presentare depressione senza sadness (57), ma con ansia, anedonia o un senso generale di disperazione. I correlati neurocomportamentali dello stroke possono limitare la capacità del paziente di descrivere o esprimere emozioni, o possono determinare direttamente l insorgere di caratteristiche associate con la depressione quali pianto o riso spastico (incontinenza emotiva), affaticamento, insonnia o declino cognitivo (58-60). L anosognosia può portare il paziente a negare i segni depressivi che sono oggettivamente osservabili (61). L apatia non solo può coesistere con la depressione, ma c è anche una convergenza considerevole degli item nelle scale usate per valutare le due condizioni (62). I pazienti disfasici sembrano essere particolarmente sottostimati e mostrano le più basse percentuali di diagnosi (63) e trattamento (65) di PSD. Tuttavia, studi che confrontano pazienti post-stroke depressi e non depressi hanno dimostrato una più alta incidenza di questi sintomi nel gruppo dei pazienti depressi (65) e un analisi dettagliata dell insieme dei sintomi vegetativi e psicologici (66) suggerisce che i criteri del DSM-III e IV non producono un numero significativo di falsi positivi o falsi negativi (67). La frequenza con cui la depressione si manifesta in pazienti con stroke varia ampiamente. Diverse sono le ragioni che possono spiegare una tale variabilità. Per esempio, l uso di differenti criteri diagnostici e strumenti di valutazione: alcuni studi riportano solo depressioni maggiori, altri includono anche depressioni minori; alcuni riportano l incidenza, altri la prevalenza. Inoltre, gli studi utilizzano come campione differenti popolazioni: alcune sono ospedalizzate, altre in unità riabilitative, altre ancora in comunità; i campioni includono anche gruppi di età diversa. Gli studi sono poi eseguiti a intervalli di tempo differente dopo lo stroke. Infine, variano i criteri di inclusione ed esclusione: alcuni escludono pazienti con afasia o depressione preesistente. Oltre a un sistema per l identificazione dei sintomi, è anche utile avere una scala che permetta di monitorare i cambiamenti. Inoltre, l intervista face to face può non essere pratica qualora si desideri seguire il paziente disabile nel tempo all interno di una comunità. Diversi strumenti sono stati, perciò, sviluppati nel tentativo di identificare le caratteristiche peculiari della depressione e ricavare uno score di severità. Alcune scale sono somministrate mediante intervista ( face to face o per telefono), altre tramite self-report. Quelle più comunemente usate sono la Beck Depression Inventory (BDI) (68), la Hamilton Depression Rating Scale (HDRS) (69) e la Zung Self- Rating Depression Scale (ZSRDS) (70). Ma qual è la prova che queste o piuttosto altre scale consentano di valutare la PSD in modo attendibile? La scala CES-D nella versione con meno item rispetto alla versione standard a 20 item (CES-D-R) è stata specificamente sviluppata per migliorare la riproducibilità della diagnosi di presenza di sintomatologia depressiva nella popolazione anziana (57) e livelli accettabili di affidabilità e validità sono stati ottenuti in un gruppo di 27 pazienti con stroke non afasico (71). In uno studio di Agrell e Delhin (72) sono state esaminate sei scale di depressione, di cui tre autosomministrate, la Geriatric Depression Scale (GDS) (73) la ZSRDS e la CES-D-R, e tre somministrate da un esaminatore, la HDRS, la Comprehensive Psychopathological Rating Scale-Depression e la Cornell Scale. Tutte le scale, ad eccezione della Cornell Scale, hanno dimostrato buona sensibilità e affidabilità, mostrando, però, la ZSRDS il più alto valore predittivo. In un studio eseguito su una più ampia comunità australiana (74), il General Health Questionnaire (GHQ-28) e la GDS hanno dato risultati soddisfacenti nello screening della PSD in accordo con i criteri del DSM-III, a differenza della Hospital Anxiety Depression Scale (HADS). Diversamente, O Rourke et al. (75) hanno trovato simili livelli di specificità e sensibilità per la HADS e il GHQ-30, suggerendo un punto di cut-off per l identificazione della PSD di 6/7 per la HADS e di 9/10 per il GHQ-30. Mentre gli studi precedenti hanno riportato dati sull affidabilità e la validità delle scale nella diagnosi della PSD, un minor numero di studi ha valutato la sensibilità al cambiamento. La BDI è uno degli strumenti sviluppati più accuratamente ed è stato ampiamente valutato nella 32

8 DEMENTIA UPDATE NUMERO 13, OTTOBRE 2002 popolazione generale; inoltre, è anche uno degli strumenti più comunemente usati nella PSD (76). Viste le difficoltà nella valutazione della PSD, sono state prese in considerazione altre modalità di valutazione della depressione che non fossero correlate all abilità verbale o cognitiva. Il test di soppressione del desametasone (Dexamethasone Suppression Test, DST) è stato proposto come metodo per identificare la depressione nel caso di danno cerebrale. È stato riportato che la soppressione normale dei livelli diurni di cortisolo mediante una dose night time di desametasone è assente nella depressione (77), ma non (almeno in teoria) nel danno cerebrale. In una review di Gordon e Hibbard (78) sull uso del DST nello stroke, la sensibilità e la specificità riportate variavano, rispettivamente, da 0% (79) a 75% (80) e da 70% (81) a 90% (80). Harney et al. hanno trovato valori di DST anomali nel 75% del loro campione di pazienti con stroke alla prima settimana e nel 50% alla terza settimana (82). Reding et al. (83) hanno riportato che il DST correla con la depressione misurata mediante le scale di valutazione di Zung e Hamilton. In uno studio di Grober et al. (84) la sensibilità e la specificità del DST erano, rispettivamente, del 15% e del 67%, con un valore predittivo del 48%; risultati simili sono stati ottenuti anche da Dam et al. (85). Quindi, al momento, il DST non può essere considerato un test utile per la PSD. Studi longitudinali (86-92) hanno contribuito alla comprensione della storia naturale della progressione della PSD. La depressione sembra non essere un immediata complicazione dello stroke; essa si manifesta nei mesi successivi con un picco tra i 6 mesi e i 2 anni (93). La depressione maggiore tende generalmente alla remissione tra il primo e il secondo anno post-stroke, mentre la depressione minore segue un decorso variabile e tende a persistere più a lungo. In uno studio di Astrom et al. (88), la prevalenza di PSD era del 25-30% nei primi 3 mesi, scendeva al 16-19% a 1-2 anni e aumentava nuovamente al 29% al terzo anno. I fattori predittivi della depressione maggiore cambiavano durante il periodo di studio: lesioni dell emisfero sinistro, afasia e solitudine comparivano negli stadi precoci; la dipendenza nelle attività della vita quotidiana era il fattore più importante ai 3 mesi; dopo 12 mesi i contatti sociali esterni alla famiglia divenivano il fattore principale, mentre l atrofia cerebrale era il fattore più importante a 3 anni. Quindi, differenti meccanismi possono essere coinvolti nell eziologia della PSD nei diversi stadi post-stroke, e questo può avere implicazioni nel trattamento da utilizzare in ciascuno di questi differenti stadi. DEMENZA POST-STROKE: EPIDEMIOLOGIA E STRUMENTI DI SCREENING La diagnosi di demenza post-stroke comprende la diagnosi di demenza e la diagnosi di stroke. Stabilire se un paziente con stroke è demente o se un paziente demente ha avuto uno stroke significa affrontare due problemi completamente differenti che enfatizzano, ciascuno, aspetti diversi della diagnosi. Nei pazienti dementi può essere difficile trovare evidenza di stroke, poiché lo stroke può essere stato clinicamente asintomatico o dimenticato dai pazienti e dai loro familiari. Diagnosticare la demenza in pazienti con stroke può essere difficile a causa di disordini somatici causati dallo stroke che possono interferire con la valutazione cognitiva. Il compito più arduo è stabilire una relazione diretta anche di tipo temporale tra demenza e stroke (94). Negli studi che hanno confrontato criteri diagnostici differenti in pazienti con sospetta demenza, sono stati identificati gruppi distinti di pazienti in base ai vari criteri utilizzati (95,96). I criteri dell ICD-10 e del DSM-IV risultavano più sensibili per la diagnosi di demenza vascolare rispetto ai criteri NINDS-AIREN che erano, invece, più specifici (96) ; ciò fa sì che quest ultimi siano più idonei per scopi di ricerca, mentre i primi per la pratica clinica. È stato riportato che in pazienti dopo stroke ischemico la frequenza della demenza dipende dai criteri diagnostici utilizzati (97,98). La diagnosi basata sul MMSE (cut-off <24) e su paradigmi neuropsicologici meno restrittivi, cioè compromissione di almeno 3 aree cognitive (compromissione della memoria non richiesta) e compromissione funzionale, sembra sovrastimare la demenza. Basandosi, invece, su criteri clinici, la demenza è probabilmente sottostimata (97). Diversi sono i meccanismi che possono essere alla base di una relazione tra demenza e stroke. Lo stroke può essere un fattore causale o semplicemente un fattore confondente per la demenza. In caso di infarti localizzati multipli o strategici o di stroke emorragico, ci può essere una relazione causale diretta determinata dal danno cerebrale. I postumi dello stroke, quali ipossia e ischemia durante crisi comiziali o durante sepsi causata da 33

9 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO polmonite (99), e idrocefalo dopo emorragia intracranica o infarto cerebellare, possono indirettamente essere causa di declino cognitivo poststroke. Alternativamente, lo stroke può essere un fattore confondente. Poiché sia lo stroke sia la demenza sono comuni nella popolazione anziana, lo stroke può manifestarsi in modo casuale in pazienti con demenza clinica o preclinica. In tal caso, la demenza può essere erroneamente attribuita allo stroke. Inoltre, stroke e demenza possono condividere analoghi fattori di rischio o essere il risultato di una stessa malattia. Infine, lo stroke può contribuire al declino cognitivo in pazienti con demenza. In accordo ai criteri NINDS-AIREN, ci può essere una relazione causale tra demenza e stroke quando la demenza compare entro 3 mesi dopo lo stroke (100). Tuttavia, una compromissione delle funzioni cognitive pre-stroke può essere presente in quasi il 40% dei casi (98), mentre la demenza pre-stroke fino al 16% (101). È difficile distinguere tra questi pazienti e quelli che hanno sviluppato demenza post-stroke, soprattutto quando non c è stata una valutazione regolare delle funzioni cognitive pre-stroke. Questo può portare a un errata classificazione di pazienti con AD con stroke in pazienti con VaD o demenza correlata allo stroke. Con il crescente interesse del mondo scientifico nei confronti delle sindromi dementigene, è anche aumentato il numero di test cognitivi brevi e standardizzati per la valutazione del mental status, anche se molti di questi test appaiono simili in diversi aspetti. Alcuni di essi sono stati disegnati per la diagnosi di AD e quindi sembrano essere molto più sensibili al deterioramento cognitivo compatibile con la diagnosi di AD, soprattutto se età e scolarità vengono utilizzate come strumenti di correzione. Molti di questi test di screening non sembrano in grado, inoltre, di distinguere tra demenza lieve (o Mild Cognitive Decline, MCI) e soggetti con cognitività normale. Nei pazienti con un recente stroke esistono poi altri requisiti che devono essere soddisfatti affinché un test di screening sul mental status possa essere pienamente utilizzabile. Infatti, uno stroke può causare deficit sia corticali che sottocorticali e quindi l espressione clinica della demenza poststroke spesso differisce sostanzialmente dal deterioramento cognitivo della AD. Inoltre, data la complessità e l eterogeneità del pattern cognitivo della demenza post-stroke, spesso un breve test cognitivo non risulta essere abbastanza informativo per il clinico. Un test di screening per il mental status che risulti essere efficace nella demenza post-stroke dovrebbe comprendere diversi item che possano esplorare più domini cognitivi, dando, di conseguenza, una maggiore attenzione ai deficit sottocorticali, quali esercizi a tempo e specifici task di memoria, o item che esplorino le abilità costruttive. In alcuni studi è stato utilizzato il CAMCOG, la sezione più specificamente cognitiva del Cambridge Examination for Mental Disorders of the Elderly (CAMDEX) (102), uno strumento standardizzato per la diagnosi e lo staging della demenza. Il CAMCOG è effettivamente più esteso di molti altri test di screening e potrebbe rappresentare un passo in avanti soprattutto quando altri fattori diagnostici vengono presi in considerazione. Nella Tabella 5 sono messi a confronto gli strumenti di screening maggiormente diffusi riguardanti la demenza in generale e la demenza post-stroke in particolare (103). Allo stato attuale, probabilmente l unico strumento di screening appositamente disegnato per la demenza post-stroke è il Rotterdam CAMCOG (R-CAMCOG), basato sulla versione originale del CAMCOG, ma il cui tempo di somministrazione è stato ridotto a circa 15 minuti (104). La prevalenza della demenza post-stroke riportata dalla letteratura dipende dalla popolazione studiata e dai metodi usati nei diversi studi. I tre più ampi (98,105,106) che hanno utilizzato i criteri del DSM-III-R per la diagnosi di demenza mostrano caratteristiche pressoché comparabili, sebbene in uno studio siano stati inclusi pazienti con attacco ischemico transitorio o emorragia intracerebrale primaria (105). Questi tre studi indicano una prevalenza di demenza post-stroke di circa il 20-25%, includendo pazienti che potevano aver sviluppato demenza prima dello stroke. Censori et al. (107) hanno invece riportato una prevalenza più bassa (circa il 14%) di demenza post-stroke, probabilmente dovuta all esclusione dallo studio di pazienti con precedente stroke e precedente demenza. Henon et al. (101) hanno riportato una prevalenza della demenza pre-stroke del 16%, mentre Tatemichi e coll. dell 8% (106). L influenza dei criteri usati sulla prevalenza della demenza è stata dimostrata dallo studio finlandese SAM (98). In conclusione, il 20-25% di pazienti con stroke manifesta demenza post-stroke; di questi da un terzo a metà sono dementi prima dello stroke. L incidenza di demenza post-stroke si riferisce 34

10 DEMENTIA UPDATE NUMERO 13, OTTOBRE 2002 Tabella 5 Comparazione di differenti strumenti di screening per la demenza in generale e per la demenza post-stroke in particolare [modificata e integrata da: de Koning et al., 1998 (103) ] Screening task per la demenza Considerazioni per lo screening della PSD Punti di forza Limitazioni Test brevi per il mental status (MMSE, MSQ, SPMSQ, CCSE, Short Blessed Test) Brevi, non costosi e facili da somministrare. Meno sgradevoli e invasivi per i pazienti più anziani rispetto ai test più lunghi. Generalmente sono in grado di differenziare la demenza moderata da un normale status cognitivo. I punteggi dei test sono influenzati da fattori demografici e culturali. Malattie somatiche e handicap sensoriali influiscono sul punteggio. Non sufficientemente sensibili per discriminare tra MCI e normale status cognitivo. Non utilizzabili per stadiare la demenza. Non consentono generalmente di differenziare tra i diversi tipi di demenza. Sviluppati per identificare deficit cognitivi compatibili con l AD, contengono nessuno o qualche elemento diagnostico che possa essere messo in relazione con un danno vascolare sottocorticale. Basati sul linguaggio verbale, possono sottostimare le conseguenze derivanti da lesioni dell emisfero sinistro e sovrastimare le conseguenze derivanti da lesioni dell emisfero destro. Test estesi per il mental status 3MS Relativamente breve e facile da somministrare. Con l aggiunta di altri item e il giudizio sull importanza relativa all interno dello strumento di alcuni item, consente di testare un più ampio range di abilità cognitive rispetto al MMSE. Il focus è ancora sui deficit corticali. Nonostante l aggiunta e il valore degli item, è solo leggermente più sensibile del MMSE in una popolazione con stroke. CAMCOG Attendibile e valido, consente di differenziare tra MCI e normale status cognitivo. Può essere usato per classificare la demenza. È completo e consente di discernere tra diversi domini cognitivi. Moderata influenza dell età e del livello di scolarità. Nonostante l aggiunta di item sottocorticali, enfatizza ancora i deficit compatibili con l AD. Numero ristretto di item sottocorticali. Task che esplorano le abilità costruttive (disegno e prassia) possono essere un problema in pazienti con paresi. Ha un valore diagnostico aggiuntivo per lo screening della demenza in pazienti con stroke. NCSE È completo e valuta diverse aree cognitive. Altamente sensibile per la valutazione del deterioramento cognitivo. Tende a sovrastimare il deterioramento cognitivo negli anziani. Confrontato con il MMSE, mostra uguale sensibilità, specificità e accuratezza diagnostica in una popolazione geriatrica. Assenza di esercizi a tempo. Tende a sovrastimare il deterioramento organico e può, perciò, essere meno idoneo per lo screening della demenza in pazienti con stroke. MDRS Permette di discriminare pazienti con demenza leggera e moderata da soggetti normali. Lo screen può far risparmiare tempo. Può essere usato per stadiare la demenza. Non abbastanza sensibile per valutare la demenza leggera in pazienti con elevata funzionalità. Influenza moderata dell età e del livello di scolarità. Sviluppato soprattutto per identificare deficit cognitivi compatibili con l AD, dà maggior rilievo all orientamento, la memoria e l astrazione. L assenza di esercizi a tempo e di item sottocorticali lo rende non idoneo per lo screening della demenza post-stroke. Abbreviazioni: MMSE = Mini-Mental State Examination; MSQ = Mental State Questionnaire; SPMSQ = Short Portable Mental State Questionnaire; CCSE = Cognitive Capacity Screening Examination; 3MS = modified Mini-Mental State Examination; CAMCOG = Cambridge Examination for Mental Disorders in the Elderly (CAMDEX) - COGnitive part; NCSE = Neurobehavioral Cognitive Status Examination; MDRS = Mattis Dementia Rating Scale. 35

11 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO a pazienti che non presentano inizialmente demenza dopo uno stroke, ma la sviluppano in tempi successivi. La durata del periodo poststroke libero da demenza non è definita, ma idealmente dovrebbe essere breve. Treves et al. (108) hanno seguito pazienti con stroke ischemico che non erano dementi al momento delle dimissioni e hanno determinato l incidenza della demenza utilizzando i criteri del DSM-III-R. L incidenza cumulativa di demenza era del 7% a 3 mesi dopo lo stroke e del 29% dopo il primo anno e aumentava al 33 e 34% nei 2 anni successivi. Usando sempre i criteri del DSM-III-R, Tatemichi et al. (109) hanno valutato l incidenza della demenza in pazienti con assenza di demenza a 3 mesi dopo lo stroke ischemico rispetto a soggetti controllo senza stroke. L incidenza era di 8,4/100 individui per anno nel gruppo di pazienti con stroke e di 1,3/100 individui per anno nel gruppo di controllo. L aumento dell incidenza di demenza dopo uno stroke suggerisce che il declino cognitivo non è solo una conseguenza diretta del danno cerebrale causato dallo stroke, ma che ci sono meccanismi aggiuntivi correlati allo stroke e allo sviluppo di demenza. I fattori di rischio di demenza associati allo stroke sono stati recentemente descritti in dettaglio (110). L età avanzata (105,106,111,112), il basso livello di scolarità (106,108,111,112), la razza diversa da quella caucasica (106) e il sesso femminile (101) sono tra i fattori demografici associati alla demenza post-stroke. Fattori di rischio vascolari come un pregresso stroke (113), una CVD (111), un infarto del miocardio (112), fumo (112) e diabete mellito sono fattori indipendentemente associati con la demenza. In uno studio che non aveva escluso pazienti afasici gravi, l afasia è stata indipendentemente correlata alla demenza (107). Anche lesioni dell arteria cerebrale anteriore (43), lesioni del lobo frontale (107), atrofia ventricolare (114), WMH (114) e volume totale delle lesioni da stroke (114) sono risultati indipendentemente correlati alla demenza post-stroke. Seppur con risultati contrastanti, associazioni sono state riportate con i grandi infarti dell arteria cerebrale media (107) e gli infarti lacunari (113) e con le lesioni emisferiche e sottotentoriali (113). Per quanto riguarda i parametri ematologici, metabolici e trombogenici, risultati preliminari hanno suggerito un associazione tra l aumento dell attivazione piastrinica e la demenza post-stroke (115). Tuttavia, non esiste un pattern coerente dei fattori di rischio di demenza post-stroke, probabilmente a causa delle differenze nelle popolazioni studiate e nei metodi utilizzati. La demenza post-stroke è correlata con un elevato rischio di morte (116) e ricorrenza di stroke (117). Nello studio di Tatemichi et al. (116), il 60% dei pazienti dementi con stroke moriva dopo un follow-up mediano di circa 5 anni, rispetto al 25% dei pazienti con stroke non dementi. Dopo aver aggiustato per i fattori demografici, la malattia cardiaca, la severità e la ricorrenza dello stroke e il tipo di stroke, il rischio relativo associato con la demenza era di 3,1. Il rischio relativo di recidiva dello stroke associato con demenza era di 2,7 nello studio di Moroney et al. (117), in cui il 50% circa dei pazienti dementi vs. il 20% dei pazienti non dementi manifestava un nuovo stroke dopo un follow-up mediano di 3 anni. Questi dati suggeriscono che, almeno in alcuni pazienti, lo stroke e la demenza sono conseguenza degli stessi fattori di rischio. Inoltre, l outcome può essere influenzato da differenze nel trattamento delle complicanze e nella prevenzione secondaria dello stroke e da mancata compliance al trattamento dei pazienti dementi. POSSIBILE CONTINUUM TRA STROKE, DEPRESSIONE E DECLINO COGNITIVO Allo stato attuale non c è alcun dubbio sulla possibilità che la depressione sia associata al declino cognitivo (118) e varie sono le ipotesi che possono spiegare tale tipo di correlazione (119,120). Esiste sufficiente evidenza scientifica per supportare l ipotesi che la depressione sia un fattore di rischio per la demenza e il declino cognitivo (2) ; ma, ulteriori studi sono necessari per confermare se la depressione possa essere un prodromo della demenza (121) o possa avere un ruolo causale nel processo dementigeno, come fonte di danno ippocampale attraverso la cosiddetta cascata dei glucocorticoidi (122). Ci sono diversi lavori che associano la depressione a deficit cognitivi significativi; in particolare, una meta-analisi degli studi che hanno messo a confronto soggetti con sintomatologia depressiva e soggetti non depressi ha rilevato una ridotta performance dei soggetti depressi in quasi tutte le aree cognitive esplorate da test neuropsicologici specifici (123). La depressione può essere anche una condizione che coesiste con la demenza; infatti, in campioni di pazienti dementi utilizzati in trial 36

12 DEMENTIA UPDATE NUMERO 13, OTTOBRE 2002 clinici è stata riportata un elevata prevalenza di depressione (124). Uno studio su un campione di popolazione community-based ha riportato una più elevata prevalenza di depressione nella VaD rispetto alla AD (33). La possibilità che la depressione sia un fattore di rischio di demenza (includendo sia VaD che AD) o di declino cognitivo è stata verificata dalla rianalisi dell EURODEM di un pool di dati provenienti da 11 studi caso-controllo in cui venivano esaminati potenziali fattori di rischio per la AD (118). Solo uno di questi studi ha ottenuto singolarmente risultati significativi. Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi prospettici sulla possibilità che la presenza di pregressa depressione sia anche un fattore di rischio di declino cognitivo (9,10, ) ; la durata del follow-up di questi studi era generalmente breve anche se uno degli studi superava i 12 anni. Solo due di questi studi hanno, però, trovato delle associazioni significative (126,127). Dall analisi comparata degli studi sopra riportati si potrebbe concludere che la depressione è associata a un aumentato rischio di sviluppare demenza, AD o declino cognitivo, anche se il tipo di relazione non è così forte. Non esistono, invece, studi in cui venga dimostrata un eventuale associazione tra depressione e VaD. La ragionevole evidenza di un associazione tra depressione e demenza o declino cognitivo pone il problema di una plausibile spiegazione a tale associazione e diverse ipotesi sono state avanzate a tal proposito. Una di queste è che depressione e demenza, condividendo gli stessi fattori di rischio, possano esordire in uno stesso individuo con tempi e modalità differenti. Tuttavia, il confronto dei fattori di rischio di AD e VaD da una parte (110,128) e di depressione dall altra (129) non rivela particolari sovrapposizioni. L unica caratteristica comune è che una malattia vascolare preesistente aumenta il rischio di sviluppare una VaD (110) e che la depressione è più frequente in soggetti con malattie somatiche croniche, inclusa la malattia vascolare (110,130). È stato anche proposto che AD e depressione possano condividere una stessa vulnerabilità genetica. Tuttavia, l allele ε4 di apoe, il solo fattore di rischio genetico di AD, non sembra essere anche un fattore di rischio di depressione (5,131,132) e non c é, inoltre, alcuna evidenza che l allele ε4 possa interagire con una storia di depressione aumentando così il rischio di sviluppare la AD (133). Quindi, l ipotesi di una condivisione da parte di depressione e demenza degli stessi fattori di rischio appare, allo stato attuale delle conoscenze, non efficacemente supportata. Un possibile meccanismo biologico attraverso il quale la AD potrebbe portare alla depressione è la perdita di neuroni noradrenergici. Diversi studi neuropatologici, infatti, hanno riportato una maggiore perdita di neuroni noradrenergici del locus coeruleus in pazienti che soffrivano di AD e depressione rispetto a pazienti AD non depressi (134,135). La possibilità che la depressione possa essere un prodromo della demenza è confortata da una serie di studi clinici in cui la depressione inizialmente diagnosticata nei pazienti è evoluta in un aperta sindrome dementigena (134). La depressione potrebbe anche essere un prodromo di VaD; infatti, immagini MRI di pazienti con depressione severa hanno mostrato una maggiore frequenza di WMH (136). La causa delle WMH non è del tutto chiara, ma sembra essere in stretta relazione con la CVD (137). Uno studio ha riportato un aumento del rischio di declino cognitivo in pazienti depressi con WHM (138) e un secondo studio prospettico ha dimostrato come tali pazienti abbiano maggiori probabilità di progredire sino alla VaD vera e propria (48) ; in entrambi gli studi sono stati valutati solo pazienti gravemente depressi. Non si conosce, però, allo stato attuale, il ruolo delle WMH in studi community-based e non si sa sino a che punto le WMH siano associate con la depressione, il declino cognitivo o una futura sindrome dementigena, suggerendo che la depressione possa essere un prodromo di demenza a causa di una CVD sottocorticale. Le stesse relazioni esistenti tra depressione e declino cognitivo si realizzano nella PSD (139). In pazienti con PSD, però, il deterioramento cognitivo si ha solo nei soggetti con depressione maggiore e soprattutto in quelli che hanno subito uno stroke dell emisfero sinistro (140). È stato dimostrato che i pazienti con depressione maggiore già un mese dopo lo stroke subiscono un deterioramento cognitivo significativamente maggiore rispetto ai pazienti post-stroke non depressi. Inoltre, nei pazienti con lesione emisferica sinistra esiste una precisa correlazione tra score di una scala sintomatologica per la depressione ed entità del deterioramento cognitivo, mentre la stessa associazione risulta non significativa per i pazienti con pregressa lesione vascolare dell emisfero destro (141). Sulla scorta di quanto sperimentato a proposito della pseudodemenza depressiva, 37

13 RICERCA CLINICA E AGGIORNAMENTO DIAGNOSTICO nella quale il deficit cognitivo migliora sensibilmente dopo trattamento della depressione, anche per i pazienti post-stroke sono stati implementati trial clinici che però non hanno ottenuto risultati positivi (142,143). Recentemente, tuttavia, uno studio in doppio cieco ha dimostrato che pazienti con PSD sottoposti a trattamento antidepressivo ottenevano un recupero del deficit cognitivo alla remissione della sintomatologia depressiva rispetto a pazienti che seguivano per lo più un trattamento con placebo e non ottenevano un miglioramento nella depressione (144). Questo studio apre quindi nuove possibili strategie terapeutiche per i deficit cognitivi successivi a stroke. La cosiddetta ipotesi vascolare della AD (145) prevede la condivisione di una serie di fattori di rischio vascolari tra AD e VaD, suggerendo che a parità di atrofia corticale sia proprio la presenza di lesioni vascolari soprattutto sottocorticali a slatentizzare clinicamente una AD altrimenti silente dal punto di vista sintomatologico. La AD è per definizione una demenza degenerativa primaria, per cui la presenza di patologie vascolari quali lo stroke o altre gravi patologie cardiovascolari dovrebbe portare all esclusione della diagnosi clinica di AD (146). Tuttavia, l aumento della prevalenza della VaD dopo gli 85 anni verificatosi in questi ultimi anni (147) e la crescente evidenza del ruolo dei fattori vascolari nella genesi della AD, riportata da diversi gruppi di ricerca (148), hanno portato a indagare su questi fattori di rischio vascolari anche nell ambito delle demenze degenerative primarie. Un recente studio del nostro gruppo ha proposto per esempio che elevate concentrazioni sieriche di lipoproteina(a) [Lp(a)], un apolipoproteina LDL-simile legata alla apolipoproteina B100 per mezzo di ponti disolfuro e con proprietà aterogene e trombogeniche, possano essere associate alla AD (149). Molte evidenze correlano l espressione clinica della AD con l infarto cerebrale e suggeriscono che la Lp(a) potrebbe essere un possibile fattore di rischio nello sviluppo di AD (150), visto che questa lipoproteina è un fattore di rischio di CVD (151). In questo studio elevati livelli sierici di Lp(a) erano associati in maniera statisticamente significativa con un aumentato rischio di AD, indipendentemente dal genotipo dell apoe e dai livelli di colesterolo totale (TC), e in maniera dipendente dall età (<72 anni). Recentemente abbiamo riscontrato livelli sierici di Lp(a) più elevati nei centenari rispetto a giovani con assetto lipidico nella norma, cosa che suggerisce che valori elevati di Lp(a) possano essere compatibili con il raggiungimento di un età molto avanzata (152). Inoltre, i risultati riguardanti il basso livello di TC nei soggetti con AD confermano i dati degli studi trasversali e prospettici in cui è stata rilevata una debole ma significativa associazione inversa con la AD, indipendentemente dal genotipo dell apoe (153). L ipotesi vascolare della AD, l ipotesi VD e i dati clinici ed epidemiologici su PSD e demenza post-stroke assieme ai casi di PSD e di depressione non vascolare che evolvono verso il declino cognitivo proporrebbero di fatto che un processo patofisiologico comune, come per esempio lesioni vascolari sottocorticali nell ambito della CVD, possa essere ipotizzato alla base di una sindrome che parte dalla malattia vascolare e che di volta in volta, con nessi causali e temporali ben definiti, si esprime clinicamente con sintomi depressivi o cognitivi, spesso in un ideale continuum. Quale sia la direzione di causalità tra CVD, depressione e declino cognitivo non è ancora possibile ipotizzarlo, a causa delle correlazioni e sovrapposizioni tra depressione e declino cognitivo precedentemente esaminate e dei nessi temporali e causali tra CVD e depressione e tra CVD e declino cognitivo. BIBLIOGRAFIA 1. Caine ED, Lyness JM, King DA, et al. Clinical and etiological heterogeneity of mood disorders in elderly patients. In: Schneider LS, Reynolds CF, Lebowitz BD, et al. (eds). Diagnosis and treatment of depression in late life: results of the NIH Consensus Development Conference. Washington, DC: American Psychiatric Press, Panza F, Solfrizzi V, Torres F, et al. Depressione, demenza vascolare e malattia di Alzheimer: associazioni e sovrapposizioni. Dementia Update 2001; 9: Tannock C, Katona C. Minor depression in the aged: concepts, prevalence, and optimal management. Drugs Aging Epidemiology 1995; 6: Gallo JJ, Lebowitz BD. The common late-life mental disorders in the community: Themes for the new century. Psychiatric Services 1999; 50: Kish L. Survey Sampling. New York: John Wiley, Baldwin RC, O Brien J. Vascular basis of late-onset depressive disorder. Br J Psychiatry 2002; 180: Gallo JJ, Rabins PV, Lyketsos CG, et al. Depression without sadness: functional outcomes of nondys- 38

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