Gasdinamica Numerica

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1 Facoltà di Ingegneria Aeronautica e dello Spazio Appunti del Corso di Gasdinamica Numerica Sergio Pirozzoli & Matteo Bernardini Anno Accademico 2009/200

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3 Capitolo Leggi di conservazione scalari D. Introduzione Una legge di conservazione scalare esprime il principio fisico per cui il tasso di variazione dell integrale di una certa proprietà fatto su un dominio fisso è uguale al suo flusso netto attraverso i bordi del dominio stesso; indicando con u la densità volumetrica della proprietà, con ϕ il suo flusso, e considerando il caso mono-dimensionale, in cui si identifica il volume di controllo con l intervallo I = [a, b], il principio di conservazione si esprime matematicamente nella forma d b u dx + ϕ[u(b)] ϕ[u(a)] = 0, a, b (.) dt a dove il flusso totale ϕ è dato dalla somma di un flusso convettivo f(u) e di un flusso diffusivo ϕ(u) = f(u) ε u x. (.2) Applicando il teorema di della divergenza di Gauss alla (.), sotto l ipotesi che u(x, t) sia continuamente differenziabile, si ottiene l equazione di conservazione scritta in forma differenziale u t + f(u) x = ε 2 u x2. (.3) L equazione (.3) è del tipo di convezione-diffusione, e da un punto di vista matematico ha carattere parabolico (simile all equazione del calore); è relativamente facile mostrare che il problema differenziale costituito dalla (.3) con la condizione iniziale (IC) u(x,0) = u 0 (x), < x < +, (.4) ammette una e una sola soluzione, e inoltre u è continua t > 0, anche se u 0 (x) è discontinua. Nella gasdinamica si considerano principalmente problemi di convezione pura, per i quali ε 0, governati da equazioni del tipo u t + f(u) x = 0, < x < +, t 0. (.5) u(x,0) = u 0 (x) Il passaggio dall equazione (.3) all equazione (.5) non è indolore, anzi costituisce un classico problema di perturbazione singolare, in cui l annullamento di un piccolo parametro (ε) 3

4 4 CAPITOLO. LEGGI DI CONSERVAZIONE SCALARI D causa l abbassamento dell ordine dell equazione differenziale, che diventa in questo caso di tipo iperbolico. Il prezzo da pagare nella semplificazione è la possibilità di avere soluzioni discontinue, anche a partire da condizioni iniziali smooth, per le quali la (.5) perde significato. Tali soluzioni generalizzate sono tipicamente multiple, e occorrerà definire dei principi addizionali per ripristinare l unicità della soluzione. È fondamentale in ogni caso tenere presente che equazioni differenziali iperboliche come la (.5) derivano sempre da equazioni del tipo (.3), in cui sono presenti dei termini di natura diffusiva. Detta u ε (x, t) la soluzione del problema differenziale (.3) + (.4) (unica e continua per ε 0), è necessario garantire che la soluzione u(x, t) del problema (.5) sia tale per cui Tale soluzione prende il nome di soluzione di entropia. u(x, t) = lim ε 0 u ε (x, t). (.6).2 Soluzioni classiche - Metodo delle Caratteristiche Si dicono soluzioni classiche della (.5) soluzioni u(x, t) ovunque continue. Le soluzioni appartenenti a tale classe possono essere determinate ricorrendo al metodo delle caratteristiche, descritto di seguito. A tale scopo è opportuno riscrivere l equazione di convezione in forma quasi-lineare, esplicitando cioè la derivata del flusso convettivo rispetto a u, u t u + a(u) = 0, (.7) x dove a(u) = f (u) è detta velocità di propagazione del segnale, o velocità del suono. Una proprietà fondamentale dell equazione (.7) è l esistenza di particolari curve, dette curve caratteristiche, lungo le quali la soluzione si mantiene costante. Ciascuna curva caratteristica Γ soddisfa per definizione alla condizione dx dt = a[u(x, t)], (.8) Γ che esprime il fatto che in ogni punto di Γ la pendenza della tangente nel piano x t è pari al valore della velocità del suono locale. Calcolando il differenziale totale di u lungo la generica caratteristica Γ si ottiene inoltre du dt = u Γ t + dx dt u Γ x = u t u + a(u) 0, (.9) x in virtù delle (.8), (.7), e quindi u risulta costante lungo Γ. È interessante notare che, essendo la velocità del suono a(u) funzione unicamente di u, risulta anch essa costante lungo Γ. Le curve caratteristiche rappresentano quindi una famiglia di rette, in generale ciascuna con pendenza differente. Le considerazioni appena fatte forniscono un metodo per calcolare la soluzione u(x, t) in un certo punto P(x, t) a partire da assegnate condizioni iniziali. Si consideri a tale scopo la figura.. Detto x 0 il punto in cui la retta caratteristica passante per P interseca l asse t = 0, per la (.9) si avrà u(x, t) = u 0 (x 0 ). Poiché, per la (.8), la pendenza di tale retta è a(u), si avrà x 0 = x a(u) t, dalla quale si ottiene la condizione u(x, t) = u 0 [x a(u(x, t))t], (.0) che consente di ricavare u(x, t), ad esempio tramite procedimenti algebrici iterativi.

5 .3. SOLUZIONI DEBOLI - RELAZIONI DI SALTO 5 t P(x, t) dx dt = a(u) t = 0 x 0 x Figura.: Proprietà geometriche delle curve caratteristiche..3 Soluzioni deboli - Relazioni di salto È facile mostrare che il procedimento illustrato per costruire soluzioni classiche risalendo lungo le caratteristiche può portare a delle inconsistenze. Si consideri ad esempio il caso (si veda la figura.2) in cui le caratteristiche uscenti da due punti x < x 2 (a t = 0) convergono in un medesimo punto x ad un tempo t. In corrispondenza di tale punto la soluzione prodotta t t x x 2 x x Figura.2: Intersezione di rette caratteristiche. con il metodo delle caratteristiche non è più univocamente definita (ovvero monodroma), dovendo essere u(x, t ) = u 0 (x ) e contemporaneamente u(x, t ) = u 0 (x 2 ), con u 0 (x ) in generale diverso da u 0 (x 2 ). Tale situazione si verifica quando x = x + a[u 0 (x )] t = x 2 + a[u 0 (x 2 )] t, (.) da cui segue t x 2 x = a[u 0 (x 2 )] a[u 0 (x )]. (.2) L unica possibilità che le caratteristiche uscenti dai punti x e x 2 (con x < x 2 ) non si incontrino a un tempo finito t > 0 è che risulti a[u 0 (x 2 )] a[u 0 (x )]. Un caso particolare in cui l intersezione di caratteristiche non avviene mai si ha per l equazione di convezione lineare (linear advection equation, LAE), per la quale f(u) = c u, con c costante. In tal caso a(u) c, e le rette caratteristiche sono tutte parallele fra loro.

6 6 CAPITOLO. LEGGI DI CONSERVAZIONE SCALARI D Supponendo a[u 0 (x)] continua e differenziabile, la condizione (.2) si può scrivere per due punti infinitamente vicini x e x + dx, ottenendo t (x) = d dx [a(u 0(x))]. (.3) Il minimo valore di t per il quale le caratteristiche associate a due punti vicini convergono si ottiene considerando il valore minimo dei tempi critici t (x) per tutti i punti corrispondenti alle condizioni iniziali, ricavando T = min x t (x) = { max x d dx [a(u }. (.4) 0(x))] Si consideri ad esempio l equazione di Burgers, per la quale f(u) = u 2 /2, con condizione iniziale u 0 (x) = sin(πx). Dalla (.4) si ottiene T = max x {π cos(πx)} = π. (.5) A partire dal tempo T definito dalla (.4) non è più possibile costruire soluzioni classiche monodrome della (.5). Esistono situazioni fisiche governate da equazioni iperboliche per i quali soluzioni polidrome sono plausibili (ad esempio nel caso dei frangenti marini). Tuttavia, nei casi di interesse della gasdinamica, soluzioni polidrome non sono accettabili. Occorre dunque allargare la classe delle soluzioni della (.5) ammettendo la possibilità di soluzioni discontinue, le quali debbono comunque soddisfare il principio di conservazione integrale (.), qui riscritto per una equazione di trasporto pura (priva cioè del termine diffusivo) d dt b a u dx = f[u(a)] f[u(b)], a, b, (.6) dove non si richiede la continuità, ma solo l integrabilità di u(x, t). Si consideri ora il caso di una soluzione che soddisfi la (.5) in senso classico ai lati di una curva del piano x t di equazione x = x s (t), attraverso la quale u sia discontinua (figura.3); siano inoltre u l e u r i t x = x s (t) a b x Figura.3: Relazioni di salto a cavallo di una curva del piano x t di equazione x = x s (t). valori assunti da u immediatamente a sinistra e destra della discontinuità, u l (t) = u r (t) = lim u(x, t), (.7) x x s(t) lim u(x, t). (.8) x x s(t) +

7 .3. SOLUZIONI DEBOLI - RELAZIONI DI SALTO 7 Scegliendo a e b nella (.6) in modo che sia a x s b al tempo t, si ottiene d dt b a u dx = d dt = = xs(t) a xs(t) a xs(t) a u dx + d dt u t dx + u l u t dx + b x s(t) b x s(t) b dx s dt + u dx = (.9) x s(t) u t dx u r dx s dt = (.20) u t dx + (u l u r )s, (.2) avendo applicato la regola di derivazione sotto il segno di integrale, ed essendo s = dx s /dt la velocità di propagazione della discontinuità al tempo t. Poiché la (.5) è soddisfatta da entrambi i lati della discontinuità stessa, si può porre u/ t = f/ x e quindi dalla (.9) si ottiene d b u dx = f(u l ) + f[u(a)] f[u(b)] + f(u r ) + (u l u r )s. (.22) dt Sfruttando la (.6) si ottiene infine a s = f(u r) f(u l ) u r u l = [f] [u], (.23) che consente di valutare la velocità di propagazione locale della discontinuità in funzione del salto (indicato con la notazione [ ]) della variabile conservata e dei rispettivi valori della funzione flusso. La (.23) prende il nome di relazione di salto (o di Rankine-Hugoniot). La relazione di salto assume una forma particolarmente semplice nel caso dell equazione di convezione lineare, per la quale risulta s a, (.24) ovvero le discontinuità viaggiano con la stessa velocità delle rette caratteristiche, e pari alla velocità del suono. Per l equazione di Burgers la (.23) fornisce s u2 r/2 u 2 l /2 u r u l = 2 (u l + u r ), (.25) che equivale a richiedere che la velocità di propagazione della discontinuità sia pari alla media aritmetica del valore della variabile conservata negli a sinistra e a destra della stessa. Soluzioni della (.5) costruite in maniera da soddisfare l equazione in senso classico quasi ovunque, salvo un numero finito di punti di discontinuità, dove è comunque soddisfatta la relazione di salto (.23), prendono il nome di soluzioni deboli. La classe delle soluzioni deboli comprende quella delle soluzioni classiche e permette di superare il problema dell insorgenza di soluzioni polidrome riscontrato applicando il metodo delle caratteristiche. In effetti, è possibile verificare che è sempre possibile costruire, data una qualunque condizione iniziale, una soluzione debole monodroma dell equazione di conservazione. Si consideri, ad esempio, il seguente problema a condizioni iniziali per l equazione di Burgers u t + u u x = 0, u 0(x) = x < 0 x 0 x. (.26) 0 x >

8 8 CAPITOLO. LEGGI DI CONSERVAZIONE SCALARI D La soluzione classica di questo problema (rappresentata in figura.4a) è continua e monodroma fino al tempo T = ; a partire da da questo tempo esiste una regione dove la soluzione assume tre valori distinti. Se ad esempio si considera il punto P(x, t ), per esso passano le tre caratteristiche Γ, Γ 2, Γ 3, e di conseguenza la soluzione dovrebbe assumere contemporaneamente tre valori distinti. È facile però constatare che il problema ammette anche la u t u t P u Γ Γ 2 Γ 3 0 (a) xs x t s = 2 (b) x Figura.4: Soluzione del problema a condizioni iniziali (.26). (a) soluzione (polidroma) calcolata col metodo delle caratteristiche; (b) soluzione debole. seguente soluzione debole monodroma (rappresentata in figura.4b) u(x, t) = { x < xs (t) 0 x > x s (t), (.27) dove x s (t) = ( + t)/2. Infatti, per la soluzione (.27), ciascun punto del piano x t può essere ricollegato a un punto corrispondente al tempo t = 0, e a cavallo della discontinuità è soddisfatta la relazione di salto (.23), in quanto.4 Soluzioni di entropia s = dx s dt = [f] [u] = /2 0 0 = 2. (.28) L introduzione della classe delle soluzioni deboli consente di garantire l ottenimento di soluzioni monodrome, cosa non sempre possibile nell ambito della classe delle soluzioni classiche. È

9 .4. SOLUZIONI DI ENTROPIA 9 t u = x/t u = 0 u = t u = 0 (a) s = /2 u = x t (b) x s = s u = 0 s = 0 s = s 2 u = (c) x Figura.5: Soluzioni del problema differenziale (.29). (a) soluzione classica (.30); (b) soluzione debole (.3); (c) soluzione debole (.32). lecito tuttavia chiedersi se questa classe di soluzioni non sia per caso troppo ampia, ovvero se un dato problema non possa ammettere più di una soluzione debole. Si consideri per esempio il seguente problema ai valori iniziali per l equazione di Burgers u 0 (x) = { 0 x < 0 x > 0, (.29) È immediato verificare che la soluzione 0 x 0 x u(x, t) = 0 x t, (.30) t x t

10 0 CAPITOLO. LEGGI DI CONSERVAZIONE SCALARI D riportata in figura.5a, è una soluzione classica del problema in esame. È altrettanto facile verificare che anche la seguente soluzione { 0 x < t/2 u(x, t) = x > t/2, (.3) riportata in figura.5b, è una soluzione debole del problema, essendo compatibile con la (.29) e con la relazione di salto (.23) (s = /2). Un altro esempio di soluzioni deboli ammissibili per il problema in esame è costituito dalla seguente famiglia ad un parametro di soluzioni, riportata in figura.5c 0 x < s t σ s t < x < s 2 t u(x, t) =, (.32) +σ s 2 t < x < s 3 t x > s 3 t dove σ >, s = σ/2, s 2 = 0, s 3 = ( + σ)/2. La conclusione è che, avendo ampliato la classe delle soluzioni possibili includendo quelle discontinue, si presenta il problema di garantire l unicità della soluzione ottenuta. In effetti, tra tutte le (infinite) soluzioni deboli possibili per un dato problema a condizioni iniziali, quella fisicamente realizzabile è l unica che soddisfa alla condizione (.6), ottenuta cioè come limite per ǫ 0 di una famiglia di soluzioni (u ǫ ) della equazione di convezione-diffusione (.3). Per scegliere l unica soluzione di entropia tra le molteplici soluzioni deboli matematicamente possibili è sufficiente che sia soddisfatta la seguente condizione Condizione di entropia di Oleinik: la soluzione debole u(x, t) è la soluzione di entropia se, per ogni discontinuità, vale la disuguaglianza f(u) f(u l ) u u l s f(u) f(u r) u u r, u : min(u l, u r ) u max(u l, u r ). (.33) La (.33) esprime una semplice condizione geometrica sulla forma della funzione flusso nell intervallo dei valori di u compresi tra u l e u r (fare riferimento alla figura.6). Poiché s rappresenta la pendenza della secante condotta alla f(u) tra u l e u r (si veda l equazione (.23)), la condizione di Oleinik implica che, se u l < u r il grafico di f(u) deve trovarsi interamente al di sopra della secante condotta da u l a u r per tutti i valori di u compresi in tale intervallo, viceversa se u l > u r il grafico della funzione flusso deve trovarsi sempre al di sotto della secante. È evidente che per funzioni flusso prive di punti di flesso, convesse (f (u) > 0 u, come nel caso dell equazione di Burgers), o concave (f (u) < 0 u), la relazione (.33) si semplifica notevolmente, perché equivale a richiedere che sia f (u l ) s f (u r ), (.34) come è immediato verificare con semplici considerazioni geometriche (si veda la figura.7). È importante osservare che nel caso dell equazione di Burgers (e in generale per funzioni flusso convesse) la condizione di entropia implica u l u r. (.35) Si osservi inoltre che la condizione (.34) ha una significativa interpretazione fisica, perché

11 .4. SOLUZIONI DI ENTROPIA f(u) df du = f(u) f(u l) u u l df du = f(u) f(ur) u u r s = [f] [u] u l (a) u r u f(u) df du = f(u) f(ur) u u r s = [f] [u] df du = f(u) f(u l) u u l u r (b) u l u Figura.6: Rappresentazione grafica della condizione di entropia (.33). (a) u l u r ; (b) u l u r. equivale ad imporre che le caratteristiche immediatamente adiacenti a una discontinuità confluiscano nella discontinuità stessa (si veda la figura.8a). Tenendo conto dell interpretazione delle linee caratteristiche come linee lungo le quali l informazione si propaga (essendo u =cost), questo implica che l informazione non può uscire da una discontinuità, la quale rappresenta quindi una sorta di orizzonte degli eventi. Si noti che questo è consistente con il principio di causalità, perché se così non fosse esisterebbero caratteristiche che non potrebbero essere in alcun modo ricondotte alla condizione iniziale (come si verifica ad esempio nella figura.8b). Discontinuità che soddisfano la relazione di salto di Rankine-Hugoniot e la condizione di entropia vengono dette urti. Tornando al problema (.29), è facile vedere che l unica soluzione consentita dalla disuguaglianza di Oleinik è la (.30), perché sia la (.3), sia la (.32) non soddisfano la (.35) a cavallo di tutte le discontinuità. In generale si può dimostrare che il problema (.5) ammette un unica soluzione debole le cui discontinuità soddisfano tutte la condizione (.33), e tale soluzione coincide con la soluzione di entropia definita dalla (.6).

12 2 CAPITOLO. LEGGI DI CONSERVAZIONE SCALARI D f(u) df du = f (u l ) s = [f] [u] df du = f (u r ) f(u) u l (a) u r u df du = f (u l ) s = [f] [u] df du = f (u r ) u r (b) u l u Figura.7: Condizione di entropia nel caso di funzione flusso concava (a) e funzione flusso convessa (b). t t Soluzione ammissibile x Soluzione non ammissibile x Figura.8: Rappresentazione di soluzioni di entropia (e non) nel piano x t.

13 Capitolo 2 Metodi elementari per equazioni iperboliche scalari In questo capitolo saranno illustrati alcuni metodi elementari per la soluzione di problemi di convezione pura scalari mono-dimensionali, le cui proprietà matematiche sono state illustrate nelle sezione precedente u t + f(u) x = 0, < x < +, t 0. (2.) u(x,0) = u 0 (x) Allo scopo di ricavare schemi elementari si farà inizialmente riferimento all equazione di convezione lineare (linear advection equation, LAE), ottenuta ponendo f(u) = c u, con c costante u t + c u x = 0. (2.2) u(x,0) = u 0 (x) La (2.2) presenta notevoli vantaggi in termini di semplicità di analisi in quanto possiede una soluzione esatta, data da u(x, t) = u 0 (x c t). (2.3) Per risolvere la (2.2) in maniera approssimata, si discretizzi il piano (x, t) con una griglia equi-spaziata nelle direzioni x e t. Siano h la spaziatura in x e k il passo di avanzamento temporale (si veda la figura 2.), assunti essere costanti. Si definiscono nodi del reticolo le coppie coordinate (x j, t n ), con x j = j h, j =...,, 0,, 2,... (2.4) t n = n k, n = 0,, 2,... (2.5) Per la trattazione successiva sarà utile anche considerare nodi intermedi, individuati da indici j frazionari x j+/2 = x j + h 2 = (j + )h. (2.6) 2 Detta v(x, t) u(x, t) la soluzione approssimata della (2.2) ricavata con un generico metodo numerico, nel metodo delle differenze finite si assume di conoscerne i valori puntuali collocati 3

14 4 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI t n+ t n x j+/2 x j x j+/2 x j I j Figura 2.: Nomenclatura per discretizzazione del piano x t. nei nodi del dominio di calcolo, e si indica il valore di v nel nodo x j al tempo t n con la notazione U n j = v(x j, t n ). (2.7) Nel metodo dei volumi finiti si assumono noti i valori medi integrali di v. A tal fine, si definisce cella j-ma l intervallo I j = [x j /2; x j+/2 ], (2.8) e le incognite discrete sono definite come U n j = h xj+/2 x j /2 v(x, t n )dx. (2.9) Nel metodo dei volumi finiti i nodi intermedi definiti nella (2.6) sono detti intercelle. Per buona parte della trattazione seguente non si farà distinzione tra metodo dei volumi finiti e delle differenze finite, e si userà il simbolo Uj n per indicare indifferentemente valori puntuali o valori medi di cella di v. Una giustificazione per questa (parziale) identificazione è data dal fatto che i valori Uj n definiti dalla (2.7) e dalla (2.9) differiscono al più per termini di ordine h 2, cioè v(x j, t n ) = h xj+/2 x j /2 v(x, t n )dx + O(h 2 ). (2.0) Per verificare la (2.0) è sufficiente espandere v(x, t n ) in serie di Taylor intorno a (x j, t n ), v(x, t n ) = v(x j, t n ) + (x x j ) v x (x j, t n ) + (x x j) v x 2(x j, t n ) + O(h 3 ). (2.) Integrando sulla cella I j si ottiene xj+/2 v(x, t n )dx = hv(x j, t n )+ ( ) v h x j /2 2 x (x j, t n 2 ) 4 h2 + 2 ( v h 4 6 x 2(x j, t n 3 ) 8 + h3 8 ) +O(h 5 ), (2.2) dalla quale, dividendo per h, si ricava facilmente la (2.0). La maniera più immediata per costruire approssimazioni discrete della (2.2) è sostituire le derivate parziali con differenze di valori puntuali della soluzione approssimata v. Ovviamente è possibile costruire molti schemi diversi, considerando approssimazioni centrali, in avanti o all indietro e combinando vari modi di discretizzare la derivata temporale e quella spaziale.

15 2.. SCHEMI BASATI SUL METODO DELLE CARATTERISTICHE 5 L esempio più semplice si ottiene considerando un approssimazione in avanti della derivata temporale (Forward-Time) nel nodo (x j, t n ) FT : v t (x j, t n ) v(x j, t n + k) v(x j, t n ) k e una centrale per la derivata spaziale (Central-Space) = Un+ j k U n j, (2.3) CS : v x (x j, t n ) v(x j + h, t n ) v(x j h, t n ) 2 h = Un j+ Un j. (2.4) 2h Sostituendo nella (2.2) si ottiene il seguente schema alle differenze (detto FTCS) U n+ j = U n j ck 2h (Un j+ U n j ) = U n j σ 2 (Un j+ U n j ), (2.5) essendo σ = ck/h il numero di Courant. Considerando un approssimazione centrale per la derivata temporale (Central-Time) del tipo CT : v t (x j, t n ) v(x j, t n+k ) v(x j, t n k ) 2k = Un+ j Uj n 2k che, combinata con la (2.4), dà luogo allo schema detto Leapfrog o CTCS U n+ j, (2.6) = U n j σ (U n j+ U n j ). (2.7) E possibile anche considerare approssimazioni all indietro e in avanti per le derivate spaziali (Backward-Space e Forward-Space, rispettivamente) BS : v x (x j, t n ) v(x j, t n ) v(x j h, t n ) h FS : v x (x j, t n ) v(x j+h, t n ) v(x j, t n ) = Un j+ Un j h h Combinando le (2.8) e (2.9) con la (2.3) si ottengono i seguenti schemi = Un j Un j, (2.8) h. (2.9) FTBS(UW + ) : Uj n+ = Uj n σ (Uj n Uj ) n (2.20) FTFS(UW ) : Uj n+ = Uj n σ (Uj+ n Uj n ) (2.2) Una variazione sul tema dello schema FTCS, dettata da esigenze di stabilità dello schema, come si vedrà meglio nel seguito, è costituita dallo schema di Lax-Friedrichs, in cui nella (2.5) si sostituisce U n j con la semisomma dei valori nei nodi adiacenti, ottenendo LF : U n+ j = 2 (Un j+ + U n j ) σ 2 (Un j+ U n j ). (2.22) 2. Schemi basati sul metodo delle caratteristiche Un livello di sofisticazione superiore rispetto agli schemi fin qui elencati si ottiene disegnando schemi basati non più sulla discretizzazione diretta delle derivate nell equazione (2.2), quanto sul metodo delle caratteristiche, già discusso per equazioni di conservazione scalari. Per

16 6 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI t n+ U n+ j t n x x j x j x j+ Figura 2.2: Discretizzazione basata sul metodo delle caratteristiche (c > 0). l equazione di convezione lineare le caratteristiche sono un fascio di rette parallele con pendenza c, lungo le quali la soluzione si mantiene costante. Si può pensare di sfruttare questa proprietà per imporre (vedere figura 2.2) U n+ j = v(x, t n ), (2.23) essendo x l intercetta della caratteristica condotta per (x j, t n+ ) con l asse t = t n. Sfruttando la conoscenza della pendenza della caratteristica si ha x = x j c k. (2.24) Il problema è dunque ricondotto a calcolare il valore (interpolato) di v nel punto x, a partire dalla conoscenza dei valori puntuali in tutti i nodi al tempo t = t n. L idea più immediata è di costruire una interpolazione basata sui nodi immediatamente adiacenti, x j e x j, che tenga conto quindi delle caratteristiche di direzionalità del segnale (in questo caso stiamo assumendo c > 0). Considerando un polinomio interpolatore di primo grado p(x) = a + b (x x j ), (2.25) e imponendo le condizioni di interpolazione p(x j ) = Uj n, p(x j+) = Uj+ n, si ottiene a = U j, b = (Uj n Un j )/h. Si avrà allora U n+ j = p(x ) = p(x j c k) = U n j + Un j Un j h (x j c k x j ) = U n j σ (U n j U n j ), (2.26) che coincide con lo schema FTBS riportato nella (2.20). Si assuma ora una interpolazione centrale, basata sui nodi j, j, j +. Considerando il polinomio interpolatore di secondo grado e imponendo le condizioni di interpolazione p(x) = a + b (x x j ) + c (x x j ) 2, (2.27) p(x j ) = U n j, p(x j ) = U n j, p(x j+ ) = U n j+,

17 2.. SCHEMI BASATI SUL METODO DELLE CARATTERISTICHE 7 si ricava a = U n j, b = (Un j+ Un j )/2h, c = (Un j+ 2Un j + Un j )/2h2, dai quali si ottiene lo schema (detto di Lax-Wendroff) LW : U n+ j = U n j σ 2 (Un j+ U n j ) + σ2 2 (Un j+ 2U n j + U n j ). (2.28) Si osservi che la (2.28) riproduce esattamente lo schema FTCS, salvo l aggiunta di un ulteriore termine, che può essere interpretato come derivante dalla discretizzazione centrata di una derivata seconda, e che come vedremo, ha la funzione di stabilizzare lo schema di base. Considerando un interpolazione one-sided basata sui nodi j 2, j e j, si ottiene facilmente lo schema (detto di Beam-Warming) BW + : U n+ j = U n j σ 2 (3Un j 4U n j + U j 2 ) + σ2 2 (Un j 2U n j + U j 2 ). (2.29) L apice + sta ad indicare che lo schema è specificamente adatto a problemi con velocità di propagazione positiva (c > 0), e in cui le caratteristiche sono quindi inclinate come mostrato in figure 2.2. Se si avesse al contrario c < 0, la scelta one-sided più naturale per l interpolazione sarebbe speculare rispetto al caso precedente, e basata sui nodi j, j + e j + 2. Lo schema risultante risulterebbe BW : U n+ j = U n j + σ 2 (3Un j 4U n j+ + U j+2 ) + σ2 2 (Un j 2U n j+ + U j+2 ). (2.30) Generalizzazioni ulteriori possono essere costruite considerando un set di nodi più esteso per calcolare il valore interpolato v(x ). Considerando, ad esempio, una interpolazione basata sui nodi j 2, j, j, j + si otterrebbe uno schema detto UW3 + (schema upwind del terzo ordine). Altri schemi possono essere costruiti combinando linearmente gli schemi ricavati direttamente col metodo delle caratteristiche. Ad esempio, considerando la media aritmetica dello schema di Lax-Wendroff e Beam-Warming +, si ottiene un nuovo schema, detto di Fromm. Nella tabella 2. sono riassunti gli schemi alle differenze relativi a tutti gli schemi numerici fin qui considerati. Tutti gli schemi che abbiamo considerato finora sono - completamente discretizzati (fully discrete), ovvero già nella forma di schemi alle differenze; - espliciti, ovvero schemi in cui la soluzione al livello temporale n + è calcolata in maniera esplicita sulla base della soluzione ai livelli temporali precedenti; - lineari, nel senso che il secondo membro (RHS) degli schemi contiene combinazioni lineari dei valori U n j ; - salvo lo schema Leapfrog, sono tutti schemi a due livelli, ovvero sono coinvolti nella discretizzazione solo i livelli temporali n e n +. Per ogni schema descritto è utile rappresentare lo stencil, ovvero l insieme dei nodi coinvolti nel processo di discretizzazione. La figura 2.3 mostra gli stencil associati ai vari schemi fin qui discussi. Si noti la differenza fondamentale tra schemi che presentano uno stencil simmetrico rispetto al nodo j, e che vengono detti centrali, e gli schemi che presentano uno stencil asimmetrico, detti schemi upwind. Per ogni schema upwind esistono due versioni, una

18 8 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI Schema alle differenze ( ) FTCS Uj n+ = Uj n σ 2 Uj+ n Un j ) FTBS (UW + ) Uj n+ = Uj (U n σ j n Un j ) FTFS (UW ) Uj n+ = Uj (U n + σ j n Un j+ ( ) ( ) LF Uj n+ = 2 Uj+ n + Un j σ 2 Uj+ n Un j ( ) ( ) LW Uj n+ = Uj n σ 2 Uj+ n Un j + σ2 2 Uj+ n 2Un j + Un j ( ) ( ) BW + Uj n+ = Uj n σ 2 3Uj n 4Un j + Un j 2 + σ2 2 Uj n 2Un j + Un j 2 ( ) ( ) BW Uj n+ = Uj n + σ 2 3Uj n 4Un j+ + Un j+2 + σ2 2 Uj n 2Un j+ + Un j+2 ( ) FROMM + Uj n+ = Uj n σ 4 Uj+ n + 3Un j 5Un j + Un j 2 ( ) + σ2 4 Uj+ n Un j Un j + Un j 2 ( ) FROMM Uj n+ = Uj n + σ 4 Uj n + 3Un j 5Un j+ + Un j+2 ( ) + σ2 4 Uj n Un j Un j+ + Un j+2 ( ) UW3 + Uj n+ = Uj n σ 6 2Uj Un j 6Un j + Un j 2 ( ) ( ) + σ2 2 Uj n 2Un j + Un j+ + σ3 6 Uj 2 n 3Un j + 3U j n Un j+ ( ) UW3 Uj n+ = Uj n + σ 6 2Uj 2 + 3Un j 6Un j+ + Un j+2 ( ) ( ) Uj n 2Un j + Un j+ Uj+2 n 3Un j+ + 3U j n Un j + σ2 2 σ3 6 Tabella 2.: Schemi alle differenze fully discrete per l equazione di convezione lineare. con stencil sbilanciato a sinistra del nodo j (e indicata con l apice + ), e una (speculare alla prima) con stencil sbilanciato a destra di j (e indicata con l apice - ). Nel seguito saranno considerati esclusivamente schemi espliciti a due livelli temporali; uno schema di questo tipo può essere indicato in forma simbolica come U n+ = H (U n ), (2.3) dove U n è il vettore (eventualmente a infinite componenti) delle incognite nodali al livello temporale n, e H è l operatore (in generale non-lineare) di avanzamento temporale discreto. Per gli schemi visti finora l operatore H è lineare (è una matrice), tale che U n+ = HU n (HU n ) j = q a l Uj+l n (2.32) dove i coefficienti a l variano da schema a schema. Ad esempio, considerando lo schema di Lax-Wendroff (si veda la (2.28)) si ha l= p a = σ 2 + σ2 2, a 0 = σ 2, a + = σ 2 + σ2 2, (2.33) mentre tutti gli altri coefficienti a l sono nulli.

19 2.2. ACCURATEZZA 9 FTCS CTCS FTBS FTFS LF LW BW+ BW Figura 2.3: Diagramma dello stencil associato a diversi schemi alle differenze. Nel seguito verranno analizzate le proprietà degli schemi alle differenze fin qui considerati, analizzandone l accuratezza, la stabilità, e la convergenza. 2.2 Accuratezza Il concetto di consistenza (e accuratezza) è legato alla corrispondenza formale tra l equazione di conservazione da risolvere e lo schema alle differenze risultante dal processo di discretizzazione, al tendere a zero della spaziatura della griglia computazionale (h, k 0). Si consideri il generico operatore differenziale L (nel caso dell equazione di convezione lineare, L = / t + c / x). L equazione differenziale corrispondente può scriversi simbolicamente nella forma Lu = 0, (2.34) dove u(x, t) è la soluzione esatta della PDE (equazione a derivate parziali). Discretizzando gli operatori di derivata che compaiono in L (come mostrato nella sezione precedente) si giunge a uno schema alle differenze che coinvolge i valori puntuali della soluzione approssimata v. Ad esempio, considerando l equazione di convezione lineare discretizzata con lo schema FTCS, lo schema alle differenze corrispondente risulta essere (si veda la (2.5)) v(x, t + k) v(x, t) k che può essere rappresentata in forma compatta come + a (v(x + h, t) v(x h, t)) = 0, (2.35) 2 h L v = 0 (2.36) avendo introdotto l operatore differenziale discretizzato L. Si faccia attenzione al fatto che L dipende ovviamente da L, ma anche dal tipo di discretizzazione usata. Per definizione, la (2.34) e la (2.36) sono soddisfatte in maniera esatta rispettivamente dalla u e dalla v.

20 20 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI Si definisce errore di troncamento ε T (u) il residuo ottenuto applicando l operatore differenziale discretizzato L alla soluzione esatta u. Assumendo che gli operatori L ed L siano lineari, e sfruttando la (2.34) si ottiene Si dice che lo schema definito dalla (2.36) è consistente se ε T (u) = L u = (L L)u. (2.37) lim ε T = 0, (2.38) h 0, k/h=λ essendo il limite preso tenendo costante il mesh ratio λ k/h = O(). Inoltre, lo schema si dice formalmente accurato a ordine r se l errore di troncamento scala come la potenza r-ma della spaziatura della griglia, ovvero se ε T (u) h 0 h r. (2.39) Considerando invece il residuo ottenuto inserendo la soluzione approssimata v nell equazione differenziale, si ha Lv = (L L )v = (L L)v = ε T (v). (2.40) Dall analisi della (2.40) si osserva che la soluzione approssimata v non soddisfa l equazione differenziale di partenza in maniera esatta; soddisfa invece in maniera esatta una equazione modificata Lv = ε T (v), (2.4) in cui il termine aggiuntivo a secondo membro è legato alla forma dell errore di troncamento dello schema numerico. A titolo di esempio, si consideri lo schema FTCS applicato all equazione di convezione lineare. Espandendo u in serie di Taylor intorno a (x j, t n ) si ha u(x j, t n + k) = u(x j, t n ) + k u t (x j, t n ) + k2 2 u tt(x j, t n ) + O(k 3 ), (2.42) u(x j ± h, t n ) = u(x j, t n ) ± hu x (x j, t n ) + h2 2 u xx(x j, t n ) ± h3 6 u xxx(x j, t n ) + O(h 4 ). (2.43) Sostituendo nella (2.35), e sfruttando l identità u t +a u x = 0, si ricava l errore di troncamento associato allo schema alle differenze ε T (u) = L u =... = k 2 u tt + O(h 2, k 2 ). (2.44) Derivando rispetto a x e t l equazione di convezione lineare si ha { utt + c u xt = 0 u tt = c 2 u xx, (2.45) u tx + c u xx = 0 e si arriva a scrivere l errore di troncamento dello schema nella forma ε T (u) = λh 2 c2 u xx + O(h 3 ) = hσ2 2λ u xx + O(h 2 ). (2.46)

21 2.3. DIFFUSIONE E DISPERSIONE NUMERICA 2 Sulla base delle definizioni (2.38) e (2.39), si può dunque affermare che lo schema FTCS è consistente e formalmente accurato al primo ordine, e l equazione modificata ad esso associata risulta essere v t + c v x = hσ2 2λ v xx + O(h 2 ). (2.47) È importante osservare che il coefficiente che moltiplica il termine di derivata seconda v xx è negativo, e induce quindi un comportamento antidiffusivo dello schema numerico. In effetti, come si vedrà nella sezione successiva, lo schema FTCS è inutilizzabile nella pratica in quanto produce inevitabilmente soluzioni divergenti. Il primo termine nell espansione dell errore di Schema FTCS UW + LF LW ε T (u) σa 2 hu xx σ(σ ) 2λ hu xx ( σ 2 ) 2λ hu xx ( σ 2 )a 6 h 2 u xxx BW + (2 3σ+σ2 )a 6 h 2 u xxx FROMM + ( 3σ+2σ 2 )a 2 h 2 u xxx UW3 + (2 σ 2σ2 +σ 3 )a 24 h 3 u xxxx Tabella 2.2: Errore di troncamento di diversi schemi alle differenze. troncamento degli schemi considerati fino a questo momento è riportato nella tabella 2.2. Si noti che, per gli schemi upwind di tipo - è sufficiente sostituire nella 2.2 σ σ. 2.3 Diffusione e dispersione numerica Allo scopo di predire il comportamento qualitativo delle soluzioni numeriche prodotte dai vari schemi alle differenze, è importante analizzare l evoluzione della soluzione delle equazioni modificate ad essi associate. A tale scopo si osservi che i termini dominanti nell errore di troncamento di tutti gli schemi fin qui visti (salvo lo schema UW3 ± ) è esprimibile nella forma ε T (u) = νu xx +βu xxx, e l equazione modificata corrispondente risulta perciò del tipo v t + c v x = ν v xx + β v xxx, (2.48) dove i coefficienti ν, β sono funzioni di c, h, k. Si assumano soluzioni di tentativo per la (2.48) nella forma di onde sinusoidali monocromatiche con numero d onda w = 2π/λ v(x, t) = ˆv(t)e iwx, (2.49) essendo ˆv(t) l ampiezza complessa della soluzione al tempo t. Sostituendo nell equazione (2.48) si ricava e quindi dˆv dt + i c w ˆv = ν w2ˆv β i w 3ˆv ˆv(t) = ˆv(0)e ν w2 t e i w(c+β w2 ) t, (2.50) v(x, t) = ˆv 0 e ν w2 t e i w[x (c+β w2 ) t]. (2.5)

22 22 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI Nel caso dell equazione di convezione lineare pura si avrebbe evidentemente v(x, t) = ˆv 0 e i w(x c t). (2.52) Confrontando la (2.50) con la (2.52) si può constatare che, mentre per la soluzione esatta dell equazione di convezione lineare ˆv(t) = ˆv(0) = cost., la soluzione di uno schema alle differenze comporta un decadimento o una amplificazione esponenziale di ˆv(t) associata al coefficiente ν, tanto più rapido quanto più alto è il numero d onda w, con un effetto del tutto analogo a quello di un termine di diffusione fisica. Si noti però che il termine diffusivo che compare nella (2.48) è legato esclusivamente al processo di discretizzazione, e per questo motivo il coefficiente ν prende il nome di viscosità numerica. La presenza di un coefficiente β 0 invece comporta che la velocità di propagazione associata ad un onda con numero d onda w è pari a c = c+β w 2, e non identicamente pari a c. L effetto del termine di derivata terza è quindi quello di causare una dispersione delle armoniche della soluzione a causa delle approssimazione introdotte col processo do discretizzazione; tale effetto prende il nome di dispersione numerica, e il coefficiente β viene detto coefficiente di dispersione numerica. 2.4 Stabilità lineare: analisi di Von Neumann Affinché uno schema numerico rivesta utilità ai fini pratici, è necessario che un (piccolo) errore introdotto nella soluzione al tempo iniziale non si amplifichi esponenzialmente nel corso del calcolo. Si fa riferimento a questo requisito generale per uno schema numerico col nome di stabilità. Si consideri un generico schema alle differenze, esplicito, lineare, a due livelli temporali U n+ = HU n, U n+ j = q a l Uj+l n. (2.53) Si parte col definire un errore puntuale per la soluzione dello schema alle differenze (legato a imprecisioni nell imporre le condizioni iniziali e/o a errori di arrotondamento) come la differenza (nel nodo j, al passo temporale n) tra il valore della soluzione approssimata e quello della soluzione della (2.53) ricavata in assenza di errori di natura numerica (indicata con U n j ) l= p ε n j = U n j U n j. (2.54) Affinché lo schema (2.53) sia stabile si richiede quindi che l errore ε n j non si amplifichi indefinitamente nel tempo. Essendo per definizione U n+ = HU n, U n+ = HU n, e in virtù della assunta linearità dello schema alle differenze H, anche il vettore ε n, contenente gli errori puntuali al livello temporale n, obbedisce allo schema ε n+ = Hε n. (2.55) Imporre che l errore non cresca indefinitamente col tempo equivale dunque a richiedere che anche la soluzione approssimata v(x, t) non cresca. Nella analisi di stabilità lineare classica degli schemi alle differenze (dovuta a Von Neumann), si considera come modello l equazione di convezione lineare (2.2), assumendo una Attenzione U n j u(x j, t n ), poiché non è la soluzione esatta dell equazione differenziale, bensì la soluzione dello schema alle differenze in assenza di errori numerici!

23 2.4. STABILITÀ LINEARE: ANALISI DI VON NEUMANN 23 condizione iniziale sinusoidale monocromatica, con lunghezza d onda λ (e numero d onda w = 2π/λ) e ampiezza complessa ˆv 0 v 0 (x) = ˆv 0 e iwx, (2.56) La griglia di calcolo è assunta uniforme, con spaziatura h e passo temporale k. È utile ricordare che per il teorema del campionamento di Nyquist, la lunghezza d onda minima rappresentabile sul reticolo di calcolo (λ min ) è pari al doppio della spaziatura (h), cui corrisponde un numero d onda massimo pari a w max = π/h. La soluzione esatta dell equazione di convezione lineare al tempo T = n k ottenuta a partire dalla (2.56) è data da u(x, T) = û n e iwx, û n = ˆv 0 e inσϕ, (2.57) dove ϕ wh è il numero d onda ridotto. Il numero d onda ridotto ϕ è una quantità legata al numero di punti di griglia usati per discretizzare una singola lunghezza d onda (pointsper-wavelength, PPW = λ/h = 2π/ϕ), e per quanto detto sopra riguardo all esistenza di un numero d onda massimo che è possibile risolvere su una griglia con spaziatura finita, ϕ (0, π] (si veda l esempio riportato in figura 2.4, corrispondente a PPW= 4, ϕ = π/2). Poiché la soluzione numerica obbedisce all equazione (2.53), tenendo conto che risulta U n+ j = ˆv n+ e ijϕ = U n j = ˆv n e iwx j = ˆv n e iwjh = ˆv n e ijϕ, (2.58) q a l Uj+l n = l= p q a l ˆv n e i(j+l)ϕ ˆv n+ = ˆv n l= p q a l e ilϕ. (2.59) l= p Introducendo il fattore di amplificazione dello schema alle differenze, definito come g(ϕ) = q a l e ilϕ, (2.60) l= p l evoluzione temporale della ampiezza complessa della soluzione numerica è governata dalla relazione di ricorrenza ˆv n+ = g(ϕ) ˆv n. (2.6) Si osservi che il fattore di amplificazione di uno schema numerico è in genere una quantità complessa, dipendente dai coefficienti a l che definiscono lo schema alle differenze, e dal numero h λ Figura 2.4: Discretizzazione di un onda sinusoidale con 4 PPW.

24 24 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI d onda ridotto. Tenendo conto che la funzione v ha valori reali, è poi facile mostrare che g( ϕ) = g (ϕ). Prendendo il modulo dell equazione (2.6) si ottiene infine ˆv n+ = g(ϕ) ˆv n, (2.62) dalla quale è evidente che, affinché la soluzione numerica v (e quindi l errore) rimangano limitati per t, è necessario che g(ϕ) ϕ (0, π]. (2.63) La (2.63) definisce una regione di stabilità sul piano complesso della variabile g data dalla regione interna al cerchio centrato nell origine e di raggio unitario (tratteggiato nelle figure di esempio che seguono). Schema FTCS Si consideri lo schema FTCS riportato in (2.5). In base alla notazione (2.53) risulta a = σ/2, a 0 =, a = σ/2. Dalla (2.60), il fattore di amplificazione dello schema risulta essere g(ϕ) = σ 2 e iϕ + σ 2 eiϕ = i σ sin ϕ. (2.64) Al variare di ϕ la (2.64) definisce un segmento di retta che è esterno alla regione di stabilità, come mostrato in figura 2.5. Lo schema FTCS, come già previsto per altra via, si dimostra incondizionatamente instabile, e quindi inutile ai fini pratici. Schema FTBS Per lo schema FTBS (riportato in (2.20)) si ha a = σ, a 0 = σ. Quindi il fattore di amplificazione dello schema risulta g(ϕ) = ( σ) + σ e i ϕ. (2.65) Al variare di ϕ, la (2.65) descrive nel piano complesso una circonferenza centrata in ( σ, 0) e avente raggio σ. A seconda del valore di σ si possono presentare avere le tre situazioni Im(g) FTCS (, i σ) Re(g) (, i σ) Figura 2.5: Diagramma di stabilità relativo allo schema FTCS.

25 2.4. STABILITÀ LINEARE: ANALISI DI VON NEUMANN 25 Im(g) FTBS(0 σ ) Im(g) FTBS(σ > ) Im(g) FTBS(σ < 0) Re(g) Re(g) Re(g) Figura 2.6: Diagramma di stabilità relativo allo schema UW + (FTBS). rappresentate in figura 2.6. Analizzando le tre situazioni, si conclude che lo schema FTBS è stabile per 0 σ. La tabella (2.3) riporta le condizioni di stabilità ottenute con l analisi di stabilità di Von Neumann per gli schemi alle differenze fin qui considerati. È importante osservare che Schema Interv. di stabilità FTCS incond. instabile UW + 0 σ UW σ 0 LF σ LW σ BW + 0 σ 2 BW 2 σ 0 FROMM + 0 σ FROMM σ 0 UW3 + 0 σ UW3 σ 0 Tabella 2.3 per gli schemi centrali (LF, LW), per i quali p = q (nella notazione (2.53)), la stabilità non è influenzata dal segno di σ, e quindi del segno della velocità del suono c. E quindi possibile pensare di estendere l uso degli schemi centrali anche a problemi in cui la velocità di propagazione non sia nota a priori (ad esempio problemi di conservazione non-lineari). Al contrario, la stabilità degli schemi upwind dipende in maniera cruciale dal segno di c. In particolare, schemi upwind sbilanciati a sinistra (di tipo + ) sono adatti per onde che propagano nel verso delle x positive, mentre schemi upwind sbilanciati a destra (di tipo - ) sono adatti per onde che propagano nel verso delle x negative.

26 26 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI 2.5 Condizione CFL La condizione CFL (o principio di Courant-Friedrichs-Lewy) è una condizione necessaria per la stabilità di un algoritmo numerico, basata sul concetto di dominio di dipendenza. Il dominio di dipendenza fisico rappresenta l insieme dei punti che influenzano il valore della soluzione in un dato punto P(x, t). Analogamente, il dominio di dipendenza numerico associato a uno schema alle differenze rappresenta l insieme dei punti del reticolo di calcolo che influenzano il valore della soluzione numerica nel nodo x j al tempo t n. La condizione di stabilità CFL richiede che il dominio di dipendenza fisico sia interamente incluso all interno nel dominio di dipendenza numerico. Se tale condizione non fosse soddisfatta, sicuramente la soluzione numerica non potrebbe convergere alla soluzione fisica, poiché alterando la soluzione in punto del dominio di dipendenza fisico ma esterno a quello numerico non avrebbe effetto sul valore numerico della soluzione calcolato con lo schema alle differenze. Per maggiore chiarezza, si consideri l equazione di convezione lineare, e si faccia riferimento alla figura 2.7. Il dominio di dipendenza fisico associato al punto (x j, t n ) è dato dai punti dell unica caratteristica passante per quel punto. La traccia del dominio di dipendenza al tempo t n m < t n consiste quindi del solo punto D f (x j ; t n, t m ) = {x j c mk}, (2.66) indicato con un simbolo quadrato in figura 2.7. Considerando una discretizzazione lineare esplicita a due livelli della equazione di convezione lineare del tipo U n+ j = q a l Uj+l n, (2.67) l= p il dominio di dipendenza numerico al tempo t n m è dato dall insieme dei punti D n (x j ; t n, t m ) = {x j mp,...,x j,...,x j+mq }, (2.68) ed è rappresentato con simboli circolari nella figura 2.7 (in cui si è assunto p = q = ). La condizione CFL si esprime imponendo D f (x j ; t n, t m ) D n (x j ; t n, t m ), (2.69) t n t n m x j mp xj cmk x j x j+mq Figura 2.7: Illustrazione della condizione CFL.

27 2.6. DISSIPAZIONE E DISPERSIONE NEL DOMINIO DI FOURIER 27 che nel caso in question implica p mh c mk q mh = q σ p. (2.70) Si osservi che la condizione CFL, essendo una condizione necessaria per la stabilità, è soddisfatta da tutti gli algoritmi riportati in tabella 2.3. Spesso, però, la condizione non è sufficiente a garantire la stabilità lineare di un algoritmo numerico, ed è necessario ricorrere a una analisi di stabilità di Von Neumann completa. 2.6 Dissipazione e dispersione nel dominio di Fourier L analisi condotta per determinare le caratteristiche di stabilità lineare di uno schema numerico consente anche una interessante interpretazione del fenomeno della dissipazione e dispersione numerica nel dominio di Fourier. In particolare, dalla (2.57) si ricava il valore del fattore di amplificazione associato alla soluzione esatta dell equazione di convezione lineare g (ϕ) = û(t + k) û(t) = e i c w k = e i σ ϕ. (2.7) L equazione (2.7) sta ad indicare che la soluzione esatta avanza da un passo temporale al successivo in maniera che l ampiezza complessa û rimane invariata in modulo (essendo g (ϕ) = ), mentre la fase varia di ( σ ϕ). Per la soluzione discreta si ha g(ϕ) = ˆvn+ ˆv n = g(ϕ) = g(ϕ) e i Φ = g(ϕ) e i c w k (2.72) dove Φ = arg(ϕ), e dove c, confrontando la (2.72) con la (2.7), può essere interpretata come una velocità di fase discreta. Poiché in generale g (ϕ), si osserva che, contrariamente alla soluzione esatta, la soluzione discreta evolve in maniera tale che ad ogni passo le armoniche si amplificano o si smorzano, a seconda del valore di g(ϕ). Risulta quindi ragionevole definire l errore di dissipazione (nello spazio di Fourier) associato a uno schema numerico come ε d (ϕ) g g = g(ϕ), (2.73) per quantificare il rateo di dissipazione (o amplificazione) associato a una armonica di numero d onda ridotto ϕ. In particolare, se è rispettata la condizione di stabilità, sarà ε d (ϕ) ϕ. Si osservi pure che, in generale c c, e quindi la velocità di fase numerica sarà diversa da quella esatta, d sarà funzione del numero d onda. E lecito quindi definire l errore di dispersione (nello spazio di Fourier) associato a uno schema numerico come ε ϕ (ϕ) = c c = Φ σ ϕ. (2.74) Se per un onda sinusoidale (con dato numero d onda ridotto ϕ), se ε ϕ > la velocità di propagazione discreta sarà maggiore rispetto alla velocità di fase esatta, e viceversa se ε ϕ <. Nella tabella 2.4 sono riportate le espressioni del fattore di amplificazione dei vari schemi fin qui considerati, e nelle figure seguenti sono riportati i corrispondenti grafici dell errore di dissipazione e dispersione per diversi valori del numero di Courant. I risultati ottenuti confermano le caratteristiche di stabilità degli schemi e le valutazioni già svolte sulla base

28 28 CAPITOLO 2. METODI ELEMENTARI Schema g(σ, ϕ) FTCS iσ sin(ϕ) UW + σ + σe iϕ LF 2 (σ + )e iϕ 2 (σ )eiϕ LW σ 2 + σ 2 (σ + )e iϕ + σ 2 (σ )eiϕ BW + + σ 2 (σ 3) + σ 2 (σ )e 2iϕ σ(σ 2)e iϕ FROMM + σ 4 (σ + 3) + σ 4 (σ )e 2iϕ σ 4 (σ 5)e iϕ + σ 4 (σ )eiϕ UW3 + 2 ( σ2 )(2 σ) + σ 6 (σ2 )e 2iϕ + σ 2 ( + σ)(2 σ)e iϕ + σ 6 (σ )(2 σ)eiϕ Tabella 2.4: Espressione del fattore di amplificazione associato a diversi schemi alle differenze. dell analisi asintotica dell errore di troncamento degli schemi. In particolare, che gli schemi UW + e LF sono stabili nell intervallo 0 σ, e mostrano deviazioni apprezzabili di ε d rispetto al valore unitario. Per lo schema LW si ha ε ϕ < in quasi tutto l intervallo dei numeri d onda ridotti, a prescindere dal valore assunto da σ; tale comportamento lascia supporre che soluzioni numeriche ottenute con lo schema di Lax-Wendroff siano tipicamente in ritardo di fase rispetto alla soluzione esatta. Al contrario lo schema BW + non presenta una caratterizzazione dispersiva univoca, ma in genere produce soluzioni in anticipo di fase per 0 σ (dove ε ϕ > ) e in ritardo di fase per σ 2 (essendo ε ϕ < ). Analogo andamento si riscontra per lo schema di FROMM +, per il quale il cambiamento di segno dell errore di dispersione avviene in corrispondenza di σ = 0.5. E importante notare che l errore di fase associato allo schema di Fromm è molto minore (specialmente per ϕ < π/2) rispetto a quello dei due schemi (LW e BW) dai quali deriva. Allo schema UW3 +, infine, sono associati dei valori estremamente contenuti degli errori sia dissipativo e dispersivo, in particolare nella zona dei numeri d onda prossima all origine. Si può mostrare che l analisi riportata nella presente sezione e nella sezione 2.3 sono strettamente legate fra loro. In particolare, si può mostrare che l errore di troncamento di uno schema numerico è legato alla forma delle funzioni ε d (ϕ), ε ϕ (ϕ) per ϕ 0. In effetti, l analisi dell errore di troncamento di uno schema numerico, basato su una espansione in serie di Taylor, fornisce solo informazioni asintotiche nel limite h 0, e dunque valide solo per ϕ 0. L analisi dell errore in serie di Fourier caratterizza invece le proprietà di uno schema numerico in maniera molto più completa, essendo valida anche per valori di ϕ finiti, e quindi anche per h = O(). 2.7 Convergenza La convergenza è la proprietà di uno schema numerico per la quale al tendere a zero della spaziatura della griglia di calcolo la soluzione calcolata numericamente tende alla soluzione dell equazione differenziale da cui lo schema deriva. Si noti che il concetto di convergenza differisce sia da quello di consistenza, in cui si confronta l equazione differenziale con lo schema alle differenze, sia da quello di stabilità, che fa riferimento esclusivamente al comportamento della soluzione dello schema alle differenze. Per quantificare il concetto si parte dalla definizione di errore globale (in cui cioè confluiscono sia l errore di discretizzazione che

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