Spazio dei segnali, correlazione e spettro

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1 Sapienza Universita di Roma Dispensa per il corso di Segnali Deterministici e Stocastici Corso di Laurea in Ingegneria Clinica Spazio dei segnali, correlazione e spettro Lorenzo Piazzo AA 2016/17 Versione del 21/11/2016 Indice 1 Introduzione Notazioni Richiami Spazi di segnali Spazi vettoriali e lineari Potenza, energia e correlazione Spazi di segnali Correlazione e spettro Funzione di intercorrelazione Funzione di autocorrelazione Spettri Basi ortonormali Basi ortonormali Teorema del Campionamento Serie e trasformata di Fourier Appendice Spazi vettoriali e lineari Spazi vettoriali dei segnali di energia e di potenza Funzione di autocorrelazione attraverso sistemi LTI Teorema del Campionamento

2 1 Introduzione Nel capitolo 2 di questa dispensa introduciamo il concetto di spazio di segnali e l operazione di correlazione. Nel capitolo 3 studiamo la funzione di correlazione e le densita spettrali. Nel capitolo 4 introduciamo il concetto di base ortonormale e ne vediamo alcune applicazioni, in particolare al Teorema del Campionamento. Ci limitiamo agli aspetti utili per gli scopi del corso senza pretese di completezza e rigore. Consideriamo solo il caso dei segnali deterministici e sviluppiamo la teoria in parallelo per segnali di energia e di potenza, discreti e continui. I concetti di correlazione e spettro sono coperti da qualsiasi libro di testo sulla teoria dei segnali. Al contrario, gli spazi di segnali e le basi ortonormali vengono considerati solo in alcuni testi, per esempio [1], dove questi concetti vengono sviluppati in parallelo sia per segnali deterministici che per segnali aleatori, oppure [2]. In alternativa, si possono trovare su testi di matematica, per esempio [3], oppure in monografie applicative, per esempio [4]. 1.1 Notazioni Nella dispensa indichiamo le funzioni (reali o complesse) di una variabile reale continua (anche dette segnali) con la notazione a parentesi tonde, es. f(t). In particolare, consideriamo funzioni definite per t che va da a +. Inoltre assumiamo che le funzioni siano generalmente continue. Ricordiamo che una funzione e generalmente continua se e continua in tutti i punti dell asse tranne che in un insieme discreto di punti singolari. Inoltre, il numero di punti singolari deve essere finito in ogni intervallo finito e nei punti singolari devono esistere finiti il limite destro e sinistro. Per concretezza, pensiamo la variabile indipendente t come un tempo, ma la trattazione e generale. Useremo la funzione seno cardinale, definita da sinc(t) = sen(πt), (1) πt la funzione rettangolare definita come e la funzione triangolare, data da 1 t < 1/2 rect(t) = 1/2 t = 1/2 0 t > 1/2 tri(t) = (2) { 1 t t 1 0 t > 1. (3) Indichiamo le funzioni (reali o complesse) di una variabile intera (anche dette successioni o sequenze o segnali tempo discreti) con la notazione a pedice o a parentesi quadre, es. f n, f[n], dove n e una variabile intera che va da a +. Useremo la sequenza impulso discreto, definita da δ n = { 1 n = 0 0 n 0. (4) Inoltre, useremo una funzione generalizzata, e cioe l impulso di Dirac, indicata con δ(t), che si suppone nota al lettore. 2

3 Per sommatorie od integrali estesi da a +, omettiamo gli estremi, cioe poniamo f(t)dt = f(t)dt f n = n n= Indichiamo con R l insieme dei numeri reali, con I l insieme dei numeri interi e con C l insieme dei numeri complessi. Indichiamo con [a, b] l insieme dei numeri reali (intervallo) compresi fra a e b. Dato un numero complesso a, con a indichiamo il complesso coniugato, con a il modulo e con Re{a} la parte reale. Altre notazioni e funzioni verranno introdotte quando serviranno. 1.2 Richiami Nella dispensa, usiamo alcuni concetti e strumenti che si suppongono noti al lettore e che vengono qui riassunti. Trasformate. Dato un segnale x(t), si chiama la sua trasformata di Fourier (FT), indicata con X(f) oppure con F T{x(t)}, la seguente funzione della frequenza X(f) = FT{x(t)} = x(t)e j2πft dt. Analogamente, data una sequenza x n, ed indicata con T la durata di un campione e con F = 1/T la frequenza dei campioni, la sua trasformata di Fourier tempo discreto (DTFT), indicata con X(f) = FT{x n }, e data da X(f) = FT{x n } = x n e j2πfnt n e risulta una funzione periodica con periodo F. In alternativa si puo considerare la DTFT normalizzata, che si ottiene ponendo T = F = 1. Nella dispensa useremo diverse proprieta delle trasformate e alcune trasformate notevoli che si suppongono note al lettore. Supporto e banda. Data una generica funzione f(x), di una variabile continua x, il suo supporto e l insieme dei valori di x per cui risulta f(x) > 0. Dato un segnale x(t) funzione del tempo, il suo supporto e un insieme dell asse dei tempi. La durata del segnale e la dimensione (misura) del supporto, e si esprime in secondi. Dato un segnale x(t) con trasformata X(f), la banda del segnale e il supporto di X(f) ed e quindi un insieme dell asse delle frequenze. La larghezza di banda del segnale e la dimensione (misura) della banda, e si esprime in Hz. Notiamo che per segnali tempo discreti, le definizioni precedenti si estendono in modo ovvio. Inoltre, quando nelle funzioni sono presenti impulsi di Dirac, per convenzione, si assume che la funzione sia diversa da zero nei punti dove e applicato l impulso, che quindi fanno parte del supporto della funzione. Sistemi lineari tempo invarianti. Un sistema lineare tempo invariante (LTI) continuo e un sistema con un ingresso x(t) ed una uscita y(t). Il sistema e completamente descritto dalla sua risposta impulsiva h(t). In particolare, l uscita e pari alla convoluzione (continua) dell ingresso con la risposta, e cioe y(t) = x(t) h(t) = x(τ)h(t τ)dτ = x(t τ)h(τ)dτ dove il simbolo indica appunto la convoluzione. Analogamente, un sistema LTI discreto e un sistema con un ingresso x n ed una uscita y n. Il sistema e completamente descritto dalla sua risposta impulsiva h n. In particolare, l uscita e pari alla convoluzione (discreta) dell ingresso con la risposta, e cioe f n. y n = x n h n = k x k h n k = k x n k h k. 3

4 Si noti che il simbolo indica sia la convoluzione continua che discreta: il significato sara chiarito dal contesto. Nella dispensa useremo diverse proprieta della convoluzione e alcune convoluzioni notevoli che si suppongono note al lettore. Sia nel caso discreto che continuo, il legame ingresso uscita puo essere equivalentemente specificato in frequenza, usando le trasformate dei segnali. In particolare, indicando con H(f) la trasformata della risposta impulsiva, detta la risposta in frequenza del sistema, e con X(f) e Y(f) le trasformate dell ingresso e dell uscita, risulta Y(f) = X(f)H(f) sia nel caso discreto che continuo. 4

5 2 Spazi di segnali 2.1 Spazi vettoriali e lineari Uno spazio vettoriale e una struttura algebrica che si suppone nota al lettore e che verra qui descritta solo a grandi linee. Per una descrizione piu completa, si veda per esempio [3] o [5]. Dato un insieme V, supponiamo che siano assegnate due operazioni sui suoi elementi. La prima e l addizione di due elementi di V (somma vettoriale), indicata con x+y per x,y V. La seconda e la moltiplicazione di un elemento di V per un numero complesso (moltiplicazione per uno scalare) indicata con a x oppure ax per a C e x V. Se le operazioni verificano le proprieta S1-S10 riportate in appendice 5.1, la terna < V,+, > si dice uno spazio vettoriale sui numeri complessi, gli elementi di V si chiamano vettori e i numeri complessi si chiamano scalari. Le proprieta S1-S10 servono sostanzialmente a garantire che il risultato delle due operazioni sia ancora un elemento di V (chiusura rispetto a V) e che valgano le normali proprieta di queste operazioni, per esempio associativa, commutativa e distributiva. Inoltre, garantiscono che siano definiti degli elementi neutri rispetto alle due operazioni (vettore nullo, che indicheremo con 0, e scalare unitario). In alternativa, e possibile sostituire i numeri complessi coi numeri reali: in questo modo si ottiene uno spazio vettoriale sui numeri reali. Esempio 1 L esempio piu immediato di uno spazio vettoriale e quello dei vettori reali a n elementi. In questo spazio, l insieme dei vettori e indicato con R n ed e costituito da n-uple ordinate di numeri reali. L addizione e la normale addizione fra vettori e cioe quella fatta per elemento per elemento. La moltiplicazione e la normale moltiplicazione di un vettore per un numero reale, che si fa moltiplicando ogni elemento per il numero. Il vettore nullo e un vettore con elementi tutti nulli. Come caso particolare, R 2 e lo spazio dei vettori nel piano. Gli elementi di questo spazio sono vettori di due elementi che si possono interpretare come coordinate in un piano cartesiano. Quindi i vettori si possono associare ai punti del piano e rappresentare con frecce che collegano il punto all origine, come illustrato in figura 1. In particolare, in figura mostriamo il vettore x = (1,1), il vettore y = (1,2), il vettore somma z = x+y = (2,3) e il vettore w = 2x = (2,2). Considerato uno spazio vettoriale, supponiamo che sia definita una ulteriore operazione, che associa ad ogni coppia x e y di elementi di V un numero complesso, indicato con x y. Se questa operazione verifica le proprieta S11-S14 riportate in appendice si dice che e un prodotto interno. Queste proprieta stabiliscono alcune regole di associazione, distribuzione e commutazione. Quando uno spazio vettoriale e fornito anche di un prodotto interno, la corrispondente struttura algebrica, indicata con < V,+,, >, si chiama uno spazio lineare. La notazione < V,+,, > e precisa ma puo essere pesante e quando non c e pericolo di confusione diremo semplicemente che V e uno spazio lineare, dando per sott intese le tre operazioni. Esempio 2 Nello spazio vettoriale R n il prodotto interno si puo definire come il prodotto scalare fra vettori, cioe come la somma dei prodotti degli elementi con lo stesso indice. Per esempio, considerando i vettori dell esempio 1, il prodotto scalare fra x = (1,1) e y = (1,2) e x y = = 3. Lunghezza, distanza. In uno spazio lineare e possibile introdurre concetti geometrici, basati sulle proprieta S1 S14. In primo luogo, gli elementi di V si possono pensare come punti in uno spazio e si 5

6 Figura 1: Esempi di vettori nel piano. puo introdurre il concetto di lunghezza di un vettore x, che e un numero reale maggiore di o uguale a zero, indicato con l(x). In particolare, la lunghezza al quadrato e definita come Inoltre l 2 (x) = x x. (5) l(x) = 0 se e solo se x = 0. (6) dove 0 e il vettore nullo. In secondo luogo, e possibile definire la distanza fra due vettori x e y, indicata con d(x,y), come la lunghezza della loro differenza. Quindi, la distanza al quadrato e d 2 (x,y) = (x y) (x y). (7) La distanza e un numero reale maggiore di o pari a zero, d(x,y) 0. Inoltre d(x,y) = d(y,x) e d(x,y) = 0 se e solo se x = y. (8) Esempio 3 Consideriamo ancora lo spazio lineare R 2 ed i vettori dell esempio 1. La lunghezza di x = (1,1) e l(x) = 2. La lunghezza di z = (2,3) e l(z) = La distanza fra i vettori x e z e d(x,z) = l(x z) = (1 2) 2 +(1 3) 2. Disuguaglianza triangolare e di Schwartz. Sui vettori di uno spazio lineare vale la disuguaglianza triangolare l(x+y) l(x)+l(y). Vale inoltre la disuguaglianza di Schwartz ovvero, in forma equivalente x y 2 (x x)(y y), x y l(x)l(y), dove l uguaglianza vale se e solo se x = ay per qualche numero complesso a. 6

7 Esempio 4 Nello spazio lineare R 2 la disuguaglianza triangolare dice, appunto, che la lunghezza di un lato di un triangolo e minore o uguale alla somma delle lunghezze degli altri due. La disuguaglianza di Schwartz e ovvia. Infatti, dati due vettori x e y, le loro lunghezze sono pari ai moduli, l(x) = x e l(y) = y. Inoltre, il loro prodotto interno e il prodotto scalare, che e pari al prodotto dei moduli per il coseno dell angolo α fra i vettori: x y = x y cos α. Allora la disuguaglianza segue immediatamente dal fatto che cos α 1. Somiglianza, ortogonalita. Sulla base della disuguaglianza di Schwartz, il prodotto interno fra x e y puo essere interpretato come un indice di somiglianza fra i due vettori, che misura quanta parte di x puo essere ottenuta scalando y opportunamente. Per approfondire questo punto, supponiamo di voler approssimare il vettore x con una copia scalata del vettore y, data da cy dove c e un numero complesso. Naturalmente, in generale, cy sara diverso da x e possiamo quantificare questa differenza calcolando la distanza fra x e cy, indicata con E = d(x,cy) = l(x cy), che fornisce una misura dell errore di approssimazione. Usando le proprieta di appendice, con alcuni passaggi 1 si ricava che E 2 = l 2 (x cy) = l 2 (x)+ c 2 l 2 (y) 2Re{c (x y)}. (9) Come si vede, l errore dipende da c e per trovare la migliore approssimazione, possiamo scegliere c in modo da rendere l errore minimo. A questo punto consideriamo due casi particolari. Come primo caso supponiamo che il modulo del prodotto interno fra i vettori sia massimo: in questo caso, dalla disuguaglianza di Schwartz, risulta che x = ay per qualche numero complesso a. Allora, scegliendo c = a, risulta y = x e l errore e nullo. In questo senso, quando il prodotto interno e massimo, i vettori sono massimamente simili. Come secondo caso supponiamo che il prodotto interno fra i due vettori sia pari a zero. In questo caso i vettori si dicono ortogonali e si scrive x y se x y = 0. Quando i vettori sono ortogonali, dall espressione dell errore riportata sopra, si vede che il valore di c che rende minimo l errore e c = 0. Quindi, la migliore approssimazione di x che si puo ottenere scalando y e il vettore nullo. In questo senso, nessuna parte di x puo essere approssimata con y ed i vettori sono massimamente diversi. Esempio 5 L interpretazione del prodotto interno come misura di somiglianza e facile da visualizzare considerando lo spazio dei vettori su R 2. In questo caso il prodotto interno coincide col prodotto scalare ed e proporzionale al coseno dell angolo fra i due vettori. Alcuni casi sono considerati in figura 2. Nel disegno a sinistra, i vettori x e y sono paralleli, il prodotto e massimo, e x si ottiene scalando y opportunamente. Nel secondo disegno i vettori x e y sono ortogonali, e nessuna parte di x puo essere ricostruita con y. Negli altri disegni sono mostrati casi intermedi e viene anche mostrato il vettore cy con c tale da rendere minima la distanza da x. Si vede che finche il prodotto scalare e vicino al massimo, x puo essere ben approssimato da cy e che l approssimazione peggiora quando il prodotto diminuisce. Somma di vettori ortogonali. Consideriamo due vettori x e y e la loro somma x+y. Usando la (9) con c = 1 si ricava che l 2 (x+y) = l 2 (x)+l 2 (y)+2re{x y}. Allora, quando x e y sono ortogonali, risulta 1 Usando le S1-14, possiamo scrivere l 2 (x+y) = l 2 (x)+l 2 (y) (10) l 2 (x cy) = (x cy) (x cy) = x x+(cy) (cy) (cy) x x (cy) = = l 2 (x)+cc (y y) c(x y) c (x y) = l 2 (x)+ c 2 l 2 (y) 2Re{c (x y)}. 7

8 Figura 2: Somiglianza ed ortogonalita dei vettori del piano. che e l estensione del Teorema di Pitagora ad uno spazio lineare. Isomorfismo. Siano dati due spazi lineari, < V,+,, > e < ˆV, ˆ+,ˆ, ˆ >. Supponiamo sia stabilita una corrispondenza biunivoca fra gli elementi di V e ˆV, che ad ogni elemento di V associa uno ed uno solo degli elementi di ˆV e vice versa. Consideriamo due elementi di V, siano v e w, e la loro somma z = v+w. Se per gli elementi corrispondenti in ˆV risulta che ẑ = ˆvˆ+ŵ allora la corrispondenza si dice isomorfa sulla somma vettoriale. Se risulta v w = ˆv ˆ ŵ, la corrispondenza si dice isomorfa sul prodotto interno. Dato un numero complesso a e considerato il vettore z = a v, se risulta ẑ = aˆ ˆv, la corrispondenza si dice isomorfa sul prodotto per uno scalare. Se la corrispondenza verifica tutte e tre queste proprieta, si dice un isomorfismo fra gli spazi e gli spazi si dicono isomorfi. Quando due spazi sono isomorfi, le operazioni (e i ragionamenti) basati sulla somma e sui prodotti possono essere svolte indifferentemente in entrambi gli spazi e portano allo stesso risultato. Questo e un vantaggio, perche si puo scegliere lo spazio dove risultano piu facili da visualizzare o calcolare. 2.2 Potenza, energia e correlazione Dato un segnale x(t) od una sequenza x n si definisce la sua energia, indicata con E x, come E x = + e la sua potenza, indicata con P x, come x(t) 2 dt E x = + n= x n 2 (11) 1 T P x = lim x(t) 2 dt T + 2T T 1 P x = lim N + 2N N n= N x n 2. (12) Le definizioni precedenti sono valide per segnali e sequenze reali o complessi. Visto che le quantita integrate o sommate sono valori reali e maggiori di o uguali a zero, risulta che l energia e la potenza sono quantita reali e maggiori di o uguali a zero. Energia e potenza possono essere nulle, finite o infinite a seconda del segnale. E utile classificare i segnali sulla base di queste quantita. In particolare diremo che un segnale o una sequenza e di energia quando risulta 0 < E x < + (13) mentre si dice che un segnale o una sequenza e di potenza quando risulta 0 < P x < +. (14) 8

9 Queste due classi identificano segnali e sequenze di natura sostanzialmente diversa e che devono essere trattati con strumenti analitici differenti. Piu precisamente, possiamo considerare quattro insiemi di segnali e i relativi simboli: l insieme dei segnali di energia, Σ E, dei segnali di potenza, Σ P, delle sequenze di energia, E, e delle sequenze di potenza, P. Osservando gli integrali ci si rende conto che i segnali di energia hanno potenza nulla e che i segnali di potenza hanno energia infinita. Quindi queste classi sono disgiunte. Inoltre, i segnali di energia hanno durata finita o comunque tendono a zero per t, mentre i segnali di potenza hanno durata infinita e non tendono a zero. Quindi, i segnali prodotti dai sistemi fisici sono di energia mentre i segnali di potenza sono una astrazione matematica. In particolare, i segnali di potenza sono utili per descrivere le caratteritiche di lungo termine (permanenti) di un sistema fisico, mentre quelli di energia modellano le caratteristiche di breve termine (transitorie). Le stesse osservazioni si ripetono per le sequenze. Correlazione. La correlazione (intercorrelazione) e una operazione che assegna un numero complesso a una coppia di segnali. In particolare, dati due segnali x(t) e y(t), definiamo la correlazione continua di energia (CE) e la correlazione continua di potenza (CP) come + R xy = x y = x(t)y 1 T (t)dt R xy = x y = lim x(t)y (t)dt. T + 2T T Analogamente, date due sequenze x n e y n, definiamo la correlazione discreta di energia (DE) e la correlazione discreta di potenza (DP) come R xy = x y = + n= x n y n 1 R xy = x y = lim N + 2N N n= N x n y n. Si noti che oltre alle operazioni abbiamo introdotto anche due simboli per indicarle. Il primo, R con a pedice i segali coinvolti, e il piu compatto. Il secondo, preceduto e seguito dai segnali coinvolti, e piu comodo in alcuni casi e mette l accento sul fatto che la correlazione e una operazione binaria. Si noti che usiamo lo stesso simbolo per indicare quattro operazioni diverse, il che e comodo per semplificare le scritture: sara chiaro dal contesto a quale delle quattro operazioni il simbolo si riferisce. Notiamo anche che e lo stesso simbolo che abbiamo usato per indicare il prodotto interno in uno spazio lineare: il perche di questa scelta sara chiaro fra poco. Formalmente, le operazioni di correlazione sono definite per qualsiasi segnale o sequenza, ma il loro risultato puo essere identicamente nullo oppure infinito a seconda dei segnali coinvolti, nel qual caso l operazione non ha utilita. Una trattazione matematica completa di questo punto e fuori dai nostri scopi: ci limiamo ad alcune considerazioni. E facile verificare 2 che le correlazioni di energia e di potenza sono sempre ben definite quando entrambi i segnali sono di energia o di potenza, rispettivamente. Questo e il caso che ci interessa e che assumiamo implicitamente in tutta la dispensa: quindi, se non specificato altrimenti, se x e y sono di energia si intende che R xy e la correlazione di energia, se x e y sono di potenza si intende che R xy e la correlazione di potenza. Anche la correlazione di energia fra un segnale di energia ed uno di potenza e di norma finita e quindi utile. Negli altri casi le correlazioni sono nulle o infinite. Come caso particolare, dato un segnale x, possiamo considerare la sua autocorrelazione, e cioe la correlazione con se stesso: R xx = x x, che si indica anche come R x. Confrontando le definizioni, sia nel caso discreto che continuo, si vede facilmente che l autocorrelazione di energia coincide con l energia del segnale, mentre quella di potenza coincide con la potenza. Quindi possiamo scrivere { Ex se x di energia R x = P x se x di potenza. 2 Infatti per qualsiasi coppia di numeri complessi x e y vale la seguente disuguaglianza: xy x 2 + y 2. Allora, per la correlazione continua di energia, abbiamo x y = x(t)y (t)dt x(t)y (t) dt x(t) 2 + y(t) 2 dt = E x +E y, che mostra che la correlazione e finita. Per le correlazioni discrete e di potenza si procede nello stesso modo. 9

10 2.3 Spazi di segnali In sezione 2.2 abbiamo introdotto gli insiemi dei segnali e delle sequenze di energia e di potenza, indicati con Σ E, Σ P, E, e P. Su questi insiemi e possibile definire una operazione di somma, che coincide con la normale operazione di somma fra due funzioni o successioni. Inoltre e possibile definire una operazione di moltiplicazione per uno scalare, che coincide con la normale operazione di moltiplicazione di una funzione o sequenza per un numero complesso. Inoltre e facile vedere che, aggiungendo a questi insiemi un elemento nullo 3, e cioe una funzione o una sequenza identicamente nulla, gli insiemi risultano spazi vettoriali. Infatti le operazioni di somma e prodotto appena considerate verificano le proprieta S1-10, come mostrato in appendice 5.2. Come passo ulteriore, e possibile dotare questi spazi di un prodotto interno. In particolare, come prodotto interno, si puo usare l operazione di correlazione definita nella sezione precedente. Piu precisamente, per segnali di energia si deve usare la correlazione CE, per quelli di potenza la CP, per sequenze di energia la DE, per sequenze di potenza la DP. Infatti e facile verificare che la correlazione verifica le proprieta S11-14 ed e quindi un prodotto interno. In questo modo gli spazi divengono spazi lineari e vengono anche detti gli spazi dei segnali e delle sequenze di energia e di potenza. Proprieta geometriche. Organizzare e pensare i segnali come elementi di uno spazio e utile. In primo luogo, permette di pensare i segnali come punti di uno spazio (vettori) e di sviluppare un ragionamento di tipo geometrico. In secondo luogo, possiamo applicare a questi spazi tutti i risultati che abbiamo visto per gli spazi lineari. Per esempio, dato un segnale x, possiamo considerare la sua lunghezza. In particolare, la lunghezza al quadrato e data dalla (5) e risulta { l 2 Ex se x di energia (x) = x x = R x = se x di potenza. A parole, le relazioni precedenti mostrano che l energia o la potenza di un segnale sono pari al quadrato della lunghezza di quel segnale, quando pensato come elemento di uno spazio lineare, e dunque sono una indicazione dell entita del segnale. Possiamo anche introdurre il concetto di distanza fra due segnali. In particolare, la distanza al quadrato e data dalla (7). Allora, considerando i segnali continui di energia, la distanza fra x e y e d 2 (x,y) = (x y) (x y) = x(t) y(t) 2 dt (15) e cioe si ottiene integrando il modulo quadro della differenza dei segnali. Se la distanza e zero, i segnali sono coincidenti. Analoghe formule si possono ottenere negli altri tre casi. Somiglianza, ortogonalita. Negli spazi di segnali, valgono le disuguaglianze triangolari e di Schwartz. Quest ultima, si scrive cosi R xy E x E y se x,y di energia (16) P x R xy P x P y se x,y di potenza (17) sia nel caso discreto che nel caso continuo e dove il simbolo di uguaglianza vale se e solo se x = ay per qualche numero complesso a (naturalmente, la correlazione nelle formule qui sopra e quella di energia o di potenza, discreta o continua, a seconda del segnale). Sulla base delle relazioni precedenti, la correlazione puo interpretarsi come una misura di somiglianza fra i segnali. In particolare, quando la correlazione e massima, risulta x = ay e cioe che i segnali o le sequenze hanno la stessa forma. Al contrario, se la correlazione e minima e pari a zero, i segnali o le sequenze si dicono ortogonali e sono massimamente diversi nel senso visto in sezione 2.1. Sempre estendendo i risultati di quella sezione, quando i segnali x e y sono ortogonali vale il teorema di Pitagora, e per il segnale z = x+y risulta E z = E x +E y se x,y di energia e x y 3 Continueremo ad usare gli stessi simboli per indicare gli insiemi, con o senza l elemento nullo. 10

11 P z = P x +P y se x,y di potenza e x y. A parole le relazioni precedenti affermano che l energia/potenza della somma di due segnali ortogonali e pari alla somma delle energia/potenze. Notiamo che questo non e vero se i segnali non sono ortogonali. Un altro strumento utile, e il coefficiente di correlazione fra due segnali, che altro non e che la correlazione opportunamente normalizzata. In particolare, il coefficiente di correlazione fra x e y, indicato con ρ xy e definito come ρ xy = R xy Ex E y se x,y di energia ρ xy = R xy Px P y se x,y di potenza sia per segnali che per sequenze. Questo coefficiente e ancora una misura di somiglianza fra i segnali. In particolare, usando le (16,17), si vede che ρ xy 1 e che quando ρ xy = 1 i due segnali hanno la stessa forma, mentre se ρ xy = 0 i segnali sono ortogonali. Osservazione 1 Uguaglianza per segnali di potenza. Notiamo che negli spazi di segnali di potenza, continui o discreti, due segnali devono essere considerati uguali se la loro differenza e un segnale di potenza nulla. Per capire meglio questo punto consideriamo due segnali di potenza, x e y, tali che la loro differenza z = x y sia un segnale di energia e quindi a potenza nulla. Calcolando la distanza fra questi due segnali nello spazio dei segnali di potenza, e facile verificare che risulta d(x,y) = 0. Infatti d 2 (x,y) coincide con la potenza di z, che e pari a zero. Allora, sulla base della (8), risulta x = y, anche se sappiamo che i segnali sono in effetti diversi. Questo paradosso si risolve applicando l osservazione fatta prima e cioe rendendosi conto che il simbolo di uguaglianza che compare nella (8) indica che la differenza dei segnali ha potenza nulla. Formalizzando il ragionamento precedente, possiamo dire che per segnali di potenza, sia discreti che continui, oltre all uguaglianza in senso stretto, che prevede la coincidenza dei segnali istante per istante o campione per campione, dobbiamo considerare una seconda forma di uguaglianza, che si indica ancora col simbolo =, e che considera uguali due segnali se la loro differenza e a potenza nulla. Questa seconda forma di uguaglianza puo dirsi uguaglianza in potenza ed e quella da usare quando si opera negli spazi di potenza. Inoltre, negli spazi di potenza, tutti i segnali di potenza nulla (per esempio quelli di energia) devono essere considerati equivalenti al vettore nullo. L uguaglianza in potenza e naturalmente una condizione meno forte dell uguaglianza in senso stretto, ma e adeguata quando si analizzano segnali di potenza. Infatti, come abbiamo detto, questi segnali vengono usati per rappresentare le caratteristiche permanenti di un sistema fisico, che non sono alterate da segnali di potenza nulla. Sottospazi. Consideriamo uno spazio lineare < V,+,, > ed un sottoinsieme W V. Se le operazioni di somma e prodotto sono chiuse rispetto a questo sottoinsieme, e cioe se sommando o moltiplicando per uno scalare elementi di W si ottiene ancora un elemento di W, allora anche < W,+,, > e uno spazio lineare e si dice che e un sottospazio dello spazio originale. Il concetto di sottospazio e utile, perche molti sviluppi di interesse teorico o pratico si semplificano usando sottospazi opportuni. Infatti, di norma, i vettori del sottospazio verificano delle condizioni, che appunto li identificano come vettori del sottospazio, e che spesso permettono una semplificazione dei calcoli o dei ragionamenti. Qui di seguito vediamo un esempio. Segnali periodici. Assegnato un periodo T, consideriamo tutti i segnali di periodici di periodo T, cioe quelli per cui risulta x(t) = x(t+t) per qualsiasi t, ed indichiamo il loro insieme con Σ R. Questi segnali sono tutti di potenza e quindi Σ R Σ P. Inoltre e facile verificare che sommando due segnali periodici oppure moltiplicando un segnale periodico per una costante complessa si ottiene ancora un 11

12 segnale periodico. Allora, < Σ R,+,, > e un sottospazio lineare. In questo sottospazio il calcolo della correlazione si semplifica. Infatti, dati due segnali x,y Σ R e facile verificare che la loro correlazione di potenza si puo anche calcolare come R xy = x y = 1 T T 0 x(t)y (t)dt, (18) e cioe integrando il prodotto dei segnali solo su un periodo. Analogamente, assegnato un intero positivo N, posiamo considerare l insieme di tutte le sequenze periodiche di periodo N, cioe quelle per cui risulta x n = x n+n per qualsiasi n, e verificare che questo insieme, indicato con R, e un sottospazio delle sequenze di potenza. Anche in questo caso il calcolo della correlazione si semplifica. Infatti, date due sequenze x,y R e facile verificare che la loro correlazione di potenza si puo anche calcolare come e cioe sommando solo su un periodo. R xy = x y = 1 N N 1 n=0 x n y n 12

13 3 Correlazione e spettro 3.1 Funzione di intercorrelazione Le operazioni di correlazione introdotte in sezione 2.2 possono essere usate per assegnare una funzione complessa a una coppia di segnali. La funzione risultante viene detta la funzione di correlazione (intercorrelazione) fra i segnali. In particolare, dati due segnali x(t) e y(t), definiamo la funzione di correlazione continua di energia (CE) come R xy (t) = x(t) y(t) = + e la funzione di correlazione continua di potenza (CP) come x(τ +t)y (τ)dτ 1 T R xy (t) = x(t) y(t) = lim x(τ +t)y (τ)dτ. T + 2T T Osservando gli integrali, si nota che la funzione di correlazione e semplicemente la correlazione fra il segnale x traslato di t e il segnale y e risulta una funzione della variabile t: infatti negli integrali (in cui abbiamo usato τ come variabile di integrazione) la variabile t e libera e non viene saturata nell operazione di integrazione. In altre parole, non abbiamo scritto un integrale, ma una infinita di integrali, uno per ogni possibile valore di t. Si nota anche che, per indicare questa funzione, abbiamo usato gli stessi simboli gia usati per indicare la correlazione, e cioe e R xy, ma abbiamo lasciato indicata la variabile indipendente per marcare la differenza. Inoltre, la stessa simbologia viene usata per la correlazione di energia o di potenza: il significato e chiarito dal contesto. Analogamente, date due sequenze x n e y n, definiamo la funzione di correlazione discreta di energia (DE) R xy [n] = x n y n = e la funzione di correlazione discreta di potenza (DP) + k= 1 R xy [n] = x n y n = lim N + 2N x k+n y k N k= N x k+n y k. Per queste funzioni, possiamo ripetere le considerazioni gia fatte nel caso continuo. In particolare, osservando le definizioni, si nota che la funzione di correlazione e semplicemente la correlazione fra la sequenza x traslata di n passi e la sequenza y. Inoltre, il risultato e funzione della variabile n: infatti nelle sommatorie (in cui abbiamo usato k come variabile di sommatoria) la variabile n e libera e non viene saturata nell operazione. Quindi, nel caso discreto, la funzione di correlazione e una sequenza. Anche se, formalmente, le funzioni di correlazione sono definite per qualsiasi segnale o sequenza, possono essere identicamente nulle oppure infinite a seconda dei segnali coinvolti, nel qual caso non hanno utilita. Una trattazione matematica completa di questo punto e fuori dai nostri scopi: ci limitiamo ad alcune considerazioni. A questo fine notiamo che la traslazione di un segnale non altera la sua energia o potenza. Quindi, per esempio, se x(t) e di energia, lo sara anche x(τ + t). Sulla base di questa osservazione, possiamo ripetere esattamente le considerazioni gia fatte sulla correlazione in sezione

14 In particolare, le funzioni di correlazione di energia e di potenza sono sempre ben definite quando entrambi i segnali sono di energia o di potenza, rispettivamente. Questo e il caso che ci interessa e che assumiamo implicitamente in tutta la dispensa: quindi, se non specificato altrimenti, se x e y sono di energia si intende che R xy (t) o R xy [n] e la funzione di correlazione di energia, se x e y sono di potenza si intende che R xy (t) o R xy [n] e la correlazione di potenza. Per gli altri casi vale quanto detto in sezione 2.2. Inoltre, quando x(t) e y(t) sono funzioni generalmente continue, la funzione di correlazione R xy (t) risulta continua. Significato e utilita. Circa il significato e l utilita della funzione di correlazione, questi possono capirsi ricordando che la correlazione fra segnali e una misura della loro somiglianza, nel senso chiarito in sezione 2.1. Allora, osservando le definizioni, si vede che la funzione di correlazione misura la somiglianza fra il segnale y ed una copia traslata del segnale x, di t secondi nel caso continuo e di n passi nel caso discreto. Questa informazione e piu completa di quella fornita dalla semplice correlazione e permette di confrontare i segnali a meno di una traslazione arbitraria. Questa informazione e spesso utile. Per esempio, permette di identificare la traslazione che rende i due segnali piu simili, che e quella per cui il modulo della funzione di correlazione raggiunge il massimo. In particolare, ricordando che energia e potenza sono invarianti ad una traslazione, dalla disuguaglianza di Schwartz segue che, per segnali e sequenza di energia R xy (t) E x E y R xy [n] E x E y (19) mentre nel caso di potenza R xy (t) P x P y R xy [n] P x P y (20) dove il segno uguale vale se e solo se x(τ+t) = ay(τ) oppure x k+n = ay k per qualche numero complesso a. Le relazioni precedenti mostrano che la funzione di correlazione e limitata e il suo modulo e al massimo pari alla radice del prodotto delle energie o delle potenze. Inoltre, se per un certo t o n raggiunge il massimo valore, i due segnali hanno la stessa forma quando uno dei due e traslato di quel t o n. Esempio 6 Consideriamo le funzioni x(t) = rect(t T) e y(t) = rect(t). Questi sono due segnali con energia unitaria, come si vede facilmente. Nell esempio 7 faremo vedere che la loro funzione di correlazione e pari a R xy (t) = tri(t T). I segnali e la funzione di correlazione sono riportati in figura 3. Dalla figura si vede che la funzione di correlazione ha un massimo, pari a uno e cioe alla radice del prodotto delle energie, per t = T, il che indica, correttamente, che i due segnali sono uguali a meno di una traslazione di T secondi. Legame fra correlazione di energia e convoluzione. Consideriamo due funzioni, x(t) e z(t), e calcoliamo la funzione di correlazione di energia fra la prima funzione e la seconda ribaltata sull asse dei tempi e coniugata, e cioe x(t) z ( t). Per valutare la correlazione, definiamo un segnale y(t) = z ( t), cosi che x(t) z ( t) = x(t) y(t). A questo punto valutiamo la funzione di correlazione fra x e y usando la definizione. Risulta: x(t) z ( t) = x(t) y(t) = + Ora, effettuando la sostituzione τ = η, si ottiene x(t) z ( t) = + x(t η)z(η)dη = x(τ +t)y (τ)dτ = + + x(τ +t)z( τ)dτ. x(t η)z(η)dη = x(t) z(t). L equazione precedente mostra che esiste un legame fra la funzione di correlazione di energia e la convoluzione, che discende dalla somiglianza fra gli intergali di definizione. La stessa relazione si ricava fra la funzione di correlazione di energia discreta e la convoluzione discreta. Invece, la relazione precedente 14

15 Figura 3: Esempio di funzione di correlazione. non vale nel caso di correlazioni di potenza, come si vede subito. Inoltre, la relazione si puo scrivere in forma diversa. Infatti, usando ancora y(t) = z ( t) (oppure, nel caso discreto, y n = z n), cosi che z(t) = y ( t), e sotituendo nell ultima equazione (e nella sua estensione al caso discreto) si ottiene x(t) y(t) = x(t) y ( t) x n y n = x n y n. (21) La relazione precedente dice che, sia nel caso continuo che discreto, la funzione di correlazione di energia fra due segnali x e y e pari alla convoluzione di x con una versione di y coniugata e ribaltata sull asse dei tempi. Esempio 7 Consideriamo le funzioni x(t) = rect(t T) e y(t) = rect(t) e calcoliamo la loro funzione di correlazione. I segnali sono entrambi di energia, e quindi possiamo usare la (21) per trasformare la correlazione in una convoluzione. Inoltre, y(t) e reale e pari, quindi y(t) = y ( t), ed abbiamo: x(t) y(t) = x(t) y ( t) = x(t) y(t) = rect(t T) rect(t) = tri(t T) dove nell ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che rect(t) rect(t) = tri(t) e che nella convoluzione, quando si trasla uno dei segnali, il risultato subisce la stessa traslazione. Per concludere, notiamo che la funzione di correlazione gode di simmetrie e proprieta che pero non approfondiamo. Notiamo anche che spesso la funzione di correlazione si chiama, semplicemente, la correlazione fra i segnali. Questo crea una ambiguita con la correlazione definita in sezione 2.2, che viene risolta valutando il contesto. 3.2 Funzione di autocorrelazione Considerato un segnale x e possibile associare a questo segnale una funzione, detta la funzione di autocorrelazione, che e pari alla funzione di intercorrelazione del segnale con se stesso. Naturalmente, si 15

16 deve usare la correlazione di energia o di potenza, discreta o continua a seconda della natura del segnale. Questa funzione e quindi pari a R xx (t) o a R xx [n] nei casi continuo e discreto e si puo indicare in forma piu compatta indicando x una sola volta, e cioe scrivendo R x (t) o a R x [n]. Allora, nei quattro casi che stiamo considerando, la funzione di autocorrelazione, esplicitamente, si scrive cosi : R x (t) = x(t) x(t) = + R x [n] = x n x n = x(τ +t)x (τ)dτ + k= x k+n x k 1 T R x (t) = x(t) x(t) = lim x(τ +t)x (τ)dτ. T + 2T T 1 R x [n] = x n x n = lim N + 2N N k= N x k+n x k. Proprieta e significato. Comesiverificafacilmente 4, lafunzionediautocorrelazionegodedisimmetria Hermitiana e cioe R x (t) = Rx( t) R x [n] = Rx[ n]. Inoltre, se x e reale, la funzione di autocorrelazione e reale e pari. Un altra relazione utile e che, per segnali di energia, R x (0) = E x R x [0] = E x ed analogamente, per segnali di potenza, R x (0) = P x R x [0] = P x. Questi fatti seguono immediatamente valutando l integrale o la sommatoria di autocorrelazione per t o n pari a zero e confrontandolo con la definizione di energia o potenza. A parole, le espressioni precedenti dicono che l autocorrelazione valutata in zero e pari alla potenza o all energia del segnale. Infine, dalle (19) e (20), segue che, per segnali di energia, e per segnali di potenza R x (t) E x = R x (0) R x [n] E x = R x [0] R x (t) P x = R x (0) R x [n] P x = R x [0] Le ultime relazioni mostrano che la funzione di autocorrelazione e limitata ed ha un massimo in zero. La funzione di autocorrelazione, valutata in t o n, misura la somiglianza di un segnale con una copia del segnale stesso traslata di t o n. Come abbiamo visto, il massimo si ottiene, naturalmente, per una traslazione pari a zero. Per segnali di energia, che hanno un supporto limitato, all aumentare della traslazione, i supporti delle due copie si sovrappongono sempre di meno e la funzione tende a zero. Per segnali di potenza, se non sono presenti componenti periodici o costanti, all aumentare della traslazione la somiglianza tende a diminuire, e quindi la funzione di autocorrelazione tende verso lo zero. Ma questo non e vero per segnali periodici, per i quali e facile verificare che l autocorrelazione e essa stessa periodica, con lo stesso periodo. Anche nel caso di un segnale costante, l autocorrelazione e una costante e non tende a zero. Esempio 8 Autocorrelazione della funzione rettangolare. Consideriamo il segnale x(t) = rect(t) e calcoliamone l autocorrelazione. Il segnale e di energia, reale e pari e quindi possiamo scrivere rect(t) rect(t) = rect(t) rect ( t) = rect(t) rect(t) = tri(t). 4 Basta ragionare sugli integrali e le sommatorie che compaiono nella definizione. La dimostrazione viene lasciata come esercizio. 16

17 Esempio 9 Autocorrelazione dell esponenziale complesso. Consideriamo il segnale x(t) = ae j(2πf0t+φ), cioe un esponenziale complesso di ampiezza reale a, frequenza f 0 e fase φ, e calcoliamone l autocorrelazione. Il segnale e di potenza e quindi usiamo la correlazione di potenza. Abbiamo 1 T R x (t) = lim ae j[2πf0(τ+t)+φ] a e j(2πf0τ+φ) dτ = T + 2T T = a 2 lim T + 1 T e j(2πf0τ+φ) e j2πf0t e j(2πf0τ+φ) dτ 2T T = a 2 e j2πf0t lim T + 1 T dτ = a 2 e j2πf0t. 2T T A parole, la autocorrelazione di un esponenziale complesso di ampiezza a, frequenza f 0 e fase φ e un esponenziale complesso di ampiezza a 2, frequenza f 0 e fase zero. Sistemi LTI. Consideriamo un sistema Lineare Tempo Invariante (LTI) continuo, con risposta impulsiva h(t), e assumiamo che h(t) sia un segnale di energia, come e vero in tutti i sistemi fisici. Supponiamo di mandare nel sistema un segnale x(t) e indichiamo con y(t) l uscita. Ci chiediamo come sono legate le autocorrelazioni del segnale di ingresso e di uscita. In appendice 5.3 facciamo vedere che, sia per la funzione di correlazione di energia che per quella di potenza, risulta R y (t) = R x (t) R h (t). (22) L ultima relazione, a parole, dice che l autocorrelazione dell uscita e pari alla convoluzione dell autocorrelazione dell ingresso con l autocorrelazione della risposta impulsiva. Questo e un legame semplice e facile da ricordare, visto che e molto simile al legame che esiste fra i segnali di ingresso e uscita di un sistema LTI. Notiamo che nella relazione di sopra, le correlazioni R x e R y sono entrambi di energia o di potenza, mentre la correlazione R h e sempre di energia. Inoltre, la convoluzione e ovviamente quella continua. Le stesse considerazioni possono ripetersi nel caso discreto. In particolare, dato un sistema LTI discreto con risposta impulsiva h n di energia, la relazione fra le autocorrelazioni dell ingresso e dell uscita e R y [n] = R x [n] R h [n] (23) dove le correlazioni R x e R y sono entrambi di energia o di potenza, mentre la correlazione R h e sempre di energia. Inoltre, la convoluzione e ovviamente quella discreta. 3.3 Spettri Dato un segnale o una sequenza di energia x, si chiama il suo spettro di densita di energia (spettro di energia), indicato con E x (f), la trasformata di Fourier dell autocorrelazione: E x (f) = FT{R x (t)} E x (f) = FT{R x [n]}. Analogamente, dato un segnale o una sequenza di potenza x, si chiama il suo spettro di densita di potenza (spettro di potenza), indicato con P x (f), la trasformata di Fourier dell autocorrelazione: P x (f) = FT{R x (t)} P x (f) = FT{R x [n]}. Visto che l autocorrelazione gode di simmetria Hermitiana, gli spettri sono funzioni reali della frequenza e non complesse. In particolare, se il segnale e reale e pari, lo spettro e reale e pari. Inoltre, come verificheremo in seguito, gli spettri sono non negativi. Notiamo anche che, per il caso discreto, la DTFT puo essere normalizzata o meno: si ottiene uno spettro normalizzato o meno. Nel seguito della dispensa 17

18 consideriamo il caso di una DTFT non normalizzata, e indichiamo con T la durata di un campione e con F = 1/T la frequenza di campionamento, che coincide col periodo della trasformata. Il caso normalizzato si ottiene ponendo T = F = 1. Significato, proprieta. Per comprendere il significato di queste funzioni, ricordiamo che la funzione di autocorrelazione valutata in zero e pari all energia o alla potenza, a seconda del segnale. Allora, applicando la proprieta dei valori nell origine 5 nel caso continuo si ricava E x (f)df = E x P x (f)df = P x e nel caso discreto 1 F/2 1 F/2 E x (f)df = E x P x (f)df = P x. F F/2 F F/2 Le equazioni precedenti, a parole, dicono che integrando lo spettro di energia o di potenza si ottiene l energia o la potenza del segnale. Questo fatto giustifica il nome dato a queste funzioni. Infatti, visto che il differenziale df che compare negli integrali e misurato in Hz, e che dall integrale si ottiene una energia o una potenza, queste funzioni danno l energia o la potenza del segnale per Hz, e cioe la densita di energia e potenza per unita di frequenza. Quindi, per un segnale fisico, per il quale le energie sono misurate in Joule e le potenze in Watt, lo spettro di densita di energia si misura in Joule/Hz e quello di potenza in Watt/Hz. Legame fra spettro di densita di energia e trasformata. Usando la (21), per l autocorrelazione di un segnale di energia si puo scrivere, R x (t) = x(t) x(t) = x(t) x ( t) R x [n] = x n x n = x n x n. Ora notiamo che FT{x ( t)} = X (f) e che FT{x n} = X (f), come si verifica facilmente 6. Inoltre, sia nel caso continuo che discreto vale la proprieta di convoluzione, e cioe che la trasformata della convoluzione di due segnali e pari al prodotto delle trasformate. A questo punto, facendo la trasformata delle ultime due relazioni si ottiene, sia per il caso continuo che per quello discreto, E x (f) = X(f)X (f) = X(f) 2. (24) A parole la precedente relazione dice che lo spettro di densita di energia e pari al modulo quadro della trasformata di Fourier del segnale o della sequenza. A sua volta, il modulo della trasformata alla frequenza f e pari all ampiezza della componente armonica di x(t) a quella frequenza. Quindi, dallo spettro di energia si puo ricostruire in modo esatto il modulo della trasformata ovvero l ampiezza delle componenti armoniche, ma si perde completamente l informazione sulla fase. Esempio 10 Autocorrelazione e spettro del seno cardinale. Consideriamo il segnale x(t) = sinc(t) e calcoliamone l autocorrelazione. Innanzi tutto notiamo che il segnale e di energia 7 e quindi vale la (24). 5 Dato un segnale x(t) con trasformata X(f), la proprieta dei valori nell origine dice che x(0) = X(f)df. Allora, considerando per esempio lo spettro di energia E x(f) = FT{R x(t)}, abbiamo E x(f)df = R x(0) = E x e lo stesso ragionamento si ripete per lo spettro di potenza. Nel caso discreto, data una sequenza x n con trasformata X(f), risulta x 0 = 1 F/2 X(f)df, e si possono ripetere i ragionamenti gia fatti per il caso continuo. 6 F F/2 La dimostrazione e lasciata come esercizio. 7 Infatti la funzione sinc(t) e reale e simmetrica e quindi possiamo scrivere 1 E sinc = sinc 2 (t)dt = 2 sinc 2 (t)dt = 2 sinc 2 (t)dt+2 sinc 2 (t)dt Ora notiamo che il primo integrale e sicuramente finito, perche e l integrale di una funzione limitata su un intervallo limitato. Ma anche il secondo integrale e finito, perche per t [1, ], risulta sinc 2 (t) 1/x 2. Quindi la funzione integranda e limitata da 1/x 2, che e una funzione sommabile nell intervallo [1, ], e l integrale sara finito. 18

19 Allora, visto che la trasformata di sinc(t) e rect(f), possiamo scrivere lo spettro di energia come E sinc (f) = rect(f) 2 = rect(f). Quindi lo spettro della sinc e una rect. Per ottenere l autocorrelazione basta calcolare la trasformata inversa dello spettro. Procedendo in questo modo, si ricava R sinc (t) = IFT{rect(f)} = sinc(t) Quindi la sinc ha come autocorrelazione la sinc. Inoltre, possiamo calcolare l energia, integrando lo spettro oppure valutando la correlazione per t = 0. Usando il secondo metodo si ricava E sinc = sinc(0) = 1 e cioe che la sinc ha energia unitaria. Visto che ci sara utile in futuro, notiamo che, procedendo in modo simile, e facile verificare che, dato il segnale x(t) = sinc(t/t), e cioe una sinc scalata sull asse dei tempi, per l autocorrelazione risulta R x (t) = Tsinc(t/T). (25) Esempio 11 Spettro di un esponenziale complesso. Consideriamo il segnale x(t) = ae j(2πf0t+φ), cioe un esponenziale complesso di ampiezza reale a, frequenza f 0 e fase φ, e calcoliamone lo spettro. Come abbiamo visto nell esempio 9, l autocorrelazione di questo segnale e R x (t) = a 2 e j2πf0t. Allora per lo spettro: P x (f) = FT{R x (t)} = FT{a 2 e j2πf0t } = a 2 δ(f f 0 ). Lo spettro e quindi un impulso di Dirac, di area a 2 e centrato sulla frequenza f 0. La potenza del segnale si ottiene integrando lo spettro, oppure valutando la correlazione in t = 0. Quindi P x = R x (0) = a 2. Sistemi LTI. Consideriamo un sistema Lineare Tempo Invariante (LTI) continuo, con ingresso x(t), uscita y(t), risposta impulsiva h(t) di energia e risposta in frequenza H(f) = FT{h(t)}. Abbiamo gia studiato come sono legate le funzioni di autocorrelazione dell ingresso x e dell uscita y. Vediamo ora come sono legati gli spettri. Il legame si ottiene facilmente, calcolando la trasformata della (22). In particolare, trasformando e applicando la proprieta di convoluzione otteniamo FT{R y (t)} = FT{R x (t)}ft{r h (t)}. Ora notiamo che, essendo h(t) di energia, abbiamo che FT{R h (t)} = E h (f) = H(f) 2. Inoltre, se R x ed R y sono autocorrelazioni di energia, la trasformata fornisce lo spettro di energia, mentre se sono di potenza si ottiene lo spettro di potenza. Quindi E y (f) = E x (f) H(f) 2 P y (f) = P x (f) H(f) 2. (26) A parole, le formule precedenti dicono che lo spettro dell uscita si ottiene da quello dell ingresso moltiplicandolo per il modulo quadro della risposta in frequenza. Nel caso discreto, calcolando la DTFT della (23) e procedendo nello stesso modo, si ottiene esattamente lo stesso risultato. Quindi le relazioni precedenti valgono anche nel caso discreto. Interpretazione e non negativita. Consideriamo un segnale x(t) di potenza che attraversa un filtro passabanda, con risposta in frequenza H(f) data da H(f) = { 1 f0 f f 1 0 altrove 19

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