Fasi di identificazione di una sostanza
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- Dionisia Bevilacqua
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1 Fasi di identificazione di una sostanza Serie di operazioni attraverso le quali è possibile ottenere i dati sul comportamento chimico e fisico del composto, che poi devono essere confrontati con quelli riportati in letteratura. 1 - Isolamento della sostanza da una miscela - Sostanza pura: quando rappresenta oltre il 90% della miscela (su base molare). Le restanti sostanze sono considerate impurezze. - Componente: la sostanza è presente in quantità inferiori al 90% del totale. Principali tecniche di smistamento: Metodi estrattivi Distillazione - Metodi cromatografici 2 Purificazione della sostanza Principali tecniche di purificazione: Cristallizzazione Sublimazione - Distillazione
2 Cromatografia Il termine cromatografia indica un insieme di tecniche che hanno lo scopo di separare una miscela nei suoi componenti per permetterne il riconoscimento qualitativo e quantitativo. Queste tecniche sono basate sulla distribuzione differenziale dei vari componenti fra due fasi, una chiamata fase fissa o FASE STAZIONARIA e l altra chiamata FASE MOBILE o ELUENTE, che fluisce in continuo attraverso la fase fissa. La cromatografia si basa sul fatto che i vari componenti di una MISCELA tendono a ripartirsi in modo diverso tra due FASI, in funzione della loro affinità per ciascuna di esse. Le interazioni che si verificano tra le sostanze da separare e le due fasi (mobile e stazionaria) sono deboli: se così non fosse non ci sarebbe trattenimento sulla fase stazionaria oppure, al contrario, eluizione. In tutte queste interazioni svolge un ruolo solitamente decisivo la polarità delle due fasi. Spesso possono essere presenti più tipi di interazione nello stesso processo cromatografico.
3 Cromatografia Possiamo classificare le tecniche cromatografiche in base a: Stato fisico della fase mobile e della fase stazionaria: Liquido-liquido, liquido-solido, gas-solido Meccanismo predominante nel processo di separazione: Ripartizione, adsorbimento, scambio ionico.. Supporto della fase stazionaria: Cromatografia su colonna, cromatografia piana.
4 Cromatografia: Cromatogramma e Tempo di ritenzione Separazione di due componenti in miscela mediante cromatografia su colonna (fase mobile liquida). Sostanza B più affine alla fase stazionaria lentamente maggiormente trattenuta eluita più Sostanza A più affine alla fase mobile meno trattenuta eluita più rapidamente
5 Cromatografia: Cromatogramma e Tempo di ritenzione Misurando la concentrazione del soluto nell eluato in funzione del tempo si ottiene un cromatogramma. Il tempo di eluzione (tempo di ritenzione), serve per identificare i componenti. L area di ogni picco è proporzionale alla quantità del componente corrispondente e ha valore quantitativo.
6 Cromatografia: Tempo di ritenzione Il tempo di ritenzione t R è il tempo che impiega un componente della miscela iniettata ad uscire dalla colonna o, tecnicamente, ad essere rivelato come picco dal detector. Un tipico cromatogramma per una miscela a due componenti ha due situazioni diverse: il picco a sinistra rappresenta un soluto che non ha alcuna interazione con la fase stazionaria ed esce al cosiddetto tempo morto, t M il picco a destra rappresenta un soluto che ha, invece, interazione con la fase stazionaria ed esce al tempo t R > t M
7 Cromatografia: Piatti teorici Per descrivere il processo cromatografico è utilizzata una similitudine derivante dalla teoria della distillazione. Il sistema cromatografico è immaginato simile ad una colonna di distillazione, cioè composta da una serie di strati sottili chiamati piatti teorici; in ognuno di questi microelementi della colonna si realizza l equilibrio di distribuzione del soluto tra fase stazionaria e fase mobile. Lo spostamento del soluto lungo la colonna è dovuto all azione dinamica della fase mobile. I termini numero di piatti teorici (N) e altezza del piatto (HETP, Height Equivalent to Theoric Plate) sono comunemente utilizzati in cromatografia per quantificare le prestazioni dei sistemi cromatografici.
8 Cromatografia: Interazione soluto-fasi Le interazioni che si verificano tra le sostanze da separare e le due fasi (mobile e stazionaria) sono deboli: se così non fosse non ci sarebbe trattenimento sulla fase stazionaria oppure, al contrario, eluizione. Sono sfruttate a scopo separativo le seguenti interazioni: legami a idrogeno interazioni dipolo-dipolo interazioni dipolo-dipolo indotto In tutte queste interazioni svolge un ruolo solitamente decisivo la polarità delle due fasi. Spesso possono essere presenti più tipi di interazione nello stesso processo cromatografico. In base ai tipi di interazione possiamo suddividere i meccanismi di separazione impiegati in cromatografia in: adsorbimento ripartizione scambio ionico esclusione affinità
9 Cromatografia: Adsorbimento Fase stazionaria solida, i materiali più utilizzati sono silice (SiO 2 ) e allumina (Al 2 O 3 ). Il materiale adsorbente è costituito da particelle di dimensioni piccole e omogenee (pochi micron - in funzione delle tecniche utilizzate) - sulla loro superficie si trovano siti attivi che possono stabilire legami deboli (reversibili) con le sostanze da separare. Utilizzata per separare sostanze neutre polari o non polari, di natura organica o inorganica - sono più trattenuti i composti polari e meno quelli apolari. La separazione avviene attraverso una serie successiva di adsorbimenti - desorbimenti
10 Cromatografia: Adsorbimento
11 Cromatografia: Adsorbimento Le sostanze polari verranno trattenute maggiormente rispetto a quelle apolari. La scelta dell eluente adatto viene fatta in base alla polarità delle sostanze da separare. Per una separazione ottimale le sostanze non devono essere troppo trattenute (tempi di eluizione troppo lunghi) e non devono essere trattenute poco (eluizione troppo rapida e scarso potere discriminante). L eluente può essere: Un solvente puro Una miscela di solventi a composizione fissa Eluizione isocratica Una sequenza di solventi o miscele di solventi variando la composizione nel tempo Eluizione in gradiente
12 Cromatografia: Adsorbimento L eluizione avviene quando il solvente sposta il soluto dalla fase adsorbente. La forza eluente (ε ) è una misura dell energia di adsorbimento di vari solventi sulla superficie di silice, scegliendo come 0 di riferimento il pentano. Si è creata così la seguente scala definita serie eluotropica di vari solventi. Solvente Forza eluente (e ) Pentano 0.00 Esano 0.01 Eptano 0.01 Triclorotrifluoroetano 0.02 Toluene 0.22 Cloroformio 0.26 Diclorometano 0.30 Etere dietilico 0.43 Acetato di etile 0.48 Metil t-butil etere 0.48 Diossano 0.51 Acetonitrile 0.52 Acetone 0.53 Tetraidrofurano propanolo 0.60 Metanolo 0.70
13 Cromatografia: Adsorbimento Quando la fase mobile sale lungo la silice, i composti in essa disciolti sono in grado di interagire con i gruppi polari della silice. Le interazioni in gioco sono principalmente dipolo-dipolo e formazione di legami ad idrogeno e dunque quanti più polari sono i composti, tanto più verranno trattenuti dalla fase stazionaria. Fase Mobile
14 Cromatografia: Adsorbimento Scelta della fase mobile e della fase stazionaria: Le due fasi devono necessariamente interferire tra loro il meno possibile. In qualche misura i componenti della miscela da separare devono interagire con le due fasi. Il campione deve essere solubile nell eluente. Con le comuni fasi stazionarie solide gli idrocarburi non sono affatto adsorbiti e sono i primi ad essere eluiti, l affinità per tali tipi di fasi stazionarie decresce nel seguente ordine: acidi, alcoli, ammine, tioli, aldeidi, chetoni, esteri, eteri, alcheni, alcani. Per la scelta dell eluente si fa riferimento alla serie eluotropa. L attività dell adsorbente è determinante per la cromatografia in fase diretta, mentre, per quella in fase inversa sono determinanti anche piccole differenze nella polarità del materiale scelto. R f 0,5; DR f 0,1; il DR f tra due componenti della miscela deve essere il più alto possibile.
15 Cromatografia: Ripartizione La fase stazionaria è un liquido che impregna un solido granulare inerte o è ad esso chimicamente legato; in questo liquido le molecole da separare sono solubili. La fase stazionaria e la fase mobile devono invece essere immiscibili. Durante l eluizione le molecole si ripartiscono dinamicamente tra le due fasi secondo la diversa solubilità di ognuna. La cromatografia di ripartizione è chiamata: In fase normale se la fase stazionaria è più polare della fase mobile (es. FS H 2 O- FM CH 2 Cl 2 ). In fase inversa se la fase stazionaria è meno polare della fase mobile (es. FS idrofobica - FM H 2 O+MeOH)
16 Cromatografia: Scambio ionico La fase stazionaria è costituita da un polimero inerte (resina) contenente siti attivi ionizzati o ionizzabili ad uno specifico ph, i cui controioni possono essere scambiati con altri ioni aventi carica dello stesso segno. Il meccanismo di separazione è basato sulla competizione per i siti di scambio tra gli ioni presenti nella fase mobile e quelli presenti nel campione. Si parla di cromatografia di scambio ionico (IEC). E impiegata per la separazione di sostanze ioniche o ionizzabili. Resine cationiche: Forti: ammoniche quaternarie, -CH 2 -N(CH 3 ) 3+ Cl - Deboli: ammine, -CH 2 -NH(CH 3 ) 2+ Cl - Resine anioniche: Forti: acidi solfonici, -CH 2 -SO 3- Na + Deboli: acidi carbossilici, -CH 2 -COO - Na +
17 Cromatografia: Esclusione molecolare La fase stazionaria è un solido poroso o un gel. Le molecole dell analita, disciolte nella fase mobile, penetrano nei pori se le loro dimensioni sono compatibili e vi rimangono per un certo tempo; le molecole più grandi sono invece escluse dai pori ed escono dalla colonna in tempi brevi. Si parla di cromatografia di esclusione dimensionale (SEC) con le varianti Gel permeazione per la separazione di sostanze insolubili in acqua e Gel filtrazione per la separazione di sostanze solubili in acqua La tecnica è impiegata per la separazione di molecole di grandi dimensioni
18 Cromatografia: Affinità Fase stazionaria chimicamente legata a molecole dotate di elevata affinità per il soluto da separare. Sfrutta interazioni altamente specifiche. Tecnica sviluppata inizialmente per la purificazione degli enzimi, in seguito, applicata anche a nucleotidi, acidi nucleici, immunoglobuline, Prevede che il composto da purificare si leghi reversibilmente ad un ligando specifico, immobilizzato su una matrice insolubile. Il ligando verrà poi spiazzato.
19 Cromatografia: cromatografia planare Si tratta di un gruppo di tecniche di cromatografia liquida spesso impiegate per avere informazioni preliminari: PC (Paper Chromatography): la fase stazionaria è supportata su fogli di carta da filtro. TLC (Thin Layer Chromatography): la fase stazionaria è supportata su lastre di vetro, fogli di alluminio o di plastica. Le fasi stazionarie più usate sono il gel di silice e l allumina.
20 Cromatografia: cromatografia planare Paper Chromatography, PC La fase stazionaria è acqua naturalmente trattenuta dalle fibre di cellulosa della carta. La fase mobile può muoversi: Per capillarità (cromatografia ascendente) Per gravità (cromatografia discendente) La miscela da separare va depositata sulla superficie, posandone con un tubo capillare una goccia su una linea che segna l inizio del processo di eluizione Il foglio o la lastrina si pongono in una vaschetta contenente la fase mobile che per gravità o per capillarità fluisce sulla fase fissa trascinando gli analiti e separandoli. Il risultato è (spesso ma non sempre) visualizzabile sotto forma di macchie colorate, ognuna dovuta ad un componente della miscela.
21 Cromatografia: cromatografia planare Cromatografia bidimensionale su carta (ripartizione) Per migliorare la separazione tra gli analiti è possibile effettuare l eluizione prima lungo un asse e poi, girando di 90 la lastrina, lungo l asse ortogonale, eventualmente con una fase mobile differente.
22 Cromatografia: cromatografia planare Cromatografia su strato sottile (Thin Layer Chormagraphy, TLC) (adsorbimento) Viene utilizzata soprattutto per l analisi qualitativa di miscele ma anche in scala micropreparativa per separazione di piccole quantità di campione ( mg). La fase fissa ha uno spessore di mm per la separazione analitica di circa 1.0 mm per scopi preparativi. Si traccia una sottile e leggera riga ad 1,5 cm circa un estremo della lastra. Su questa riga si depongono le soluzioni delle sostanze (incognite e di riferimento) a distanza di 0.7 cm una dall altra e a non meno di 0.7 cm dai bordi laterali. La deposizione viene effettuata mediante dei capillari di vetro per avere macchie più strette possibile. Le lastre vengono poste in una camera di sviluppo chiuse contenente sul fondo 1 cm di eluente ed un foglietto di carta da filtro in modo da assicurare una elevata evaporazione dell eluente ed una buona saturazione della camera.
23 Cromatografia: cromatografia planare Il riconoscimento delle sostanze può avvenire mediante il calcolo del fattore di ritardo R f. Per ogni analita il valore di R f si ottiene misurando la distanza percorsa dal centro della macchia e confrontandola con la distanza percorsa dal fronte dell eluente: R f = d analita d eluente R f è sempre tra 0 e 1. I valori ottimali sono tra 0.4 e 0.8
24 Cromatografia: cromatografia planare Se le sostanze non sono colorate possono essere visualizzate mediante: Osservare la lastrina sotto l irraggiamento di una lampada UV, se le sostanze assorbono nell ultravioletto (λ < 400 nm); può essere necessario addizionare alla fase stazionaria o alla fase mobile un indicatore di fluorescenza che permette di localizzare le macchie.
25 Cromatografia: cromatografia planare Se le sostanze non sono colorate possono essere visualizzate mediante: spruzzare la lastrina con una soluzione contenente sostanze in grado di reagire con i costituenti della miscela separata, generando composti colorati; può essere necessario scaldare leggermente la lastrina per favorire la reazione Reagente KMnO 4 in H 2 SO 4 Iodio in EtOH H 2 SO 4 conc. AgNO 3 in NH 3 Alizarina Ninidrina Vanillina Utilizzo uso generale per composti azotati uso generale per sostanze riducenti per cationi per amminoacidi e ammine per amminoacidi e ammine
26 Cromatografia: cromatografia planare Se le sostanze non sono colorate possono essere visualizzate mediante: Le lastrine possono essere poste in una camera di sviluppo contenente iodio molecolare.
27 Cromatografia: cromatografia su colonna La fase stazionaria è impaccata in una colonna di vetro di dimensioni adeguate alla quantità di fase stazionaria. Rapporto in peso fase stazionaria / miscela da separare compreso tra 1/30 e 1/100 Generalmente utilizzata per scopi preparativi. Scelta fase stazionaria ed eluente in base a: natura dei composti; studio preliminare TLC.
28 Cromatografia: cromatografia su colonna Apparecchiature: Colonna di vetro Riserva di eluente (imbuto separatore o imbuto da carico) In alternativa si può utilizzare una pompa collegata da un lato al serbatoio con fase mobile Serie di provette per la raccolta delle frazioni In alternativa si può collegare all uscita della colonna un collettore di frazioni
29 Cromatografia: cromatografia su colonna Preparazione della colonna: La colonna presenta sul fondo un setto poroso (si piò usare cotone idrofilo). Si prepara un volume noto di fase eluente. La fase stazionaria si disperde nell eluente e la sospensione ottenuta (slurry) si versa nella colonna, facendo defluire dal basso l eluente in eccesso. La fase stazionaria si depositerà verso il basso (impaccamento). La quantità di fase stazionaria nella colonna non deve superare i 3/4 circa in altezza della colonna, per garantire una riserva sufficiente di fase eluente sopra il livello di fase stazionaria. Si misura il V morto della colonna (V di eluente preparato V recuperato dopo l impaccamento della colonna).
30 Cromatografia: cromatografia su colonna Caricamento del campione: La miscela da separare si carica in colonna avendola disciolta nel minimo volume possibile dello stesso eluente che si userà per la separazione. Se è insolubile viene disciolta in un adatto solvente, addizionata di una piccola quantità di fase stazionaria e portato a secco. La fase stazionaria con adsorbita la miscela viene caricata in colonna e si aggiunge l eluente per eseguire la separazione. In cima si può aggiungere un disco di carta o un piccola quantità di cotone idrofilo. Per evitare che le prime aggiunte di eluente provochino la dispersione e la diluizione della miscela nell eluente.
31 Cromatografia: cromatografia su colonna Eluizione del campione Si aggiunge l eluente e si fa in modo di avere una riserva di eluente sempre sufficiente. Il primo eluato raccolto e corrispondente al V morto può essere riutilizzato. Eluizione può essere: isocratica, singolo solvente o miscela a composizione fissa; in gradiente, miscele a composizione diversa durante l eluizione All uscita dalla colonna si raccolgono le frazioni dell eluato (volumi da 3 a 5 ml) in provette numerate. Il frazionamento può essere effettuato mediante un raccoglitore automatico di frazioni (raccoglie volumi costanti di eluato in ogni singola provetta La frazioni vengono analizzate mediante TLC per verificare in quali frazioni sono contenuti i singoli componenti della miscela. Tute le frazioni contenenti un solo componente sono riunite in un pallone, il solvente viene evaporato per recuperare il componente puro.
32 Cromatografia: HPLC La cromatografia ad alta pressione HPLC (High Performance Liquid Chromatography o High Pressure Liquid Chromatography) si basa sui principi generali della cromatografia d adsorbimento, di ripartizione, di scambio ionico ecc.; essa permette di analizzare miscele difficilmente risolvibili con le tradizionali tecniche cromatografiche. I vantaggi: 1. Tempi brevi d esecuzione 2. Riproducibilità delle condizioni sperimentali 3. Le colonne possono essere usate più volte 4. Possono essere analizzate miscele di sostanze termolabili, esplosive e non volatili 5. Possono essere evidenziate piccolissime quantità di sostanze grazie all alta sensibilità dei rivelatori che si utilizzano Le colonne HPLC hanno una maggiore risoluzione dovuta all impiego di fasi stazionarie molto finemente suddivise allo scopo di realizzare una superficie di interazione molto grande ed un migliore impaccamento, questo comporta che la fase mobile attraversi la fase stazionaria della colonna ad una pressione molto alta per permettere una eluizione veloce nel tempo. Per una simile tecnica cromatografica, la fase stazionaria, deve avere requisiti particolari per adattarsi al tipo di separazione da effettuare e d inoltre deve avere come requisiti indispensabili: Essere stabile idroliticamente e termicamente; Resistere all azione meccanica del flusso dell eluente.
33 Cromatografia: HPLC II solvente opportunamente filtrato e depurato, viene inviato alla colonna; questa operazione viene effettuata tramite una pompa. Un flussometro, posto dopo la pompa, regolerà la quantità di eluente che, nelle condizioni d esercizio scelte, sarà immesso nella colonna. Prima della colonna cromatografica viene posto un iniettore, che permette l inserimento del campione sciolto in un solvente opportuno. Per evitare di danneggiare la fase stazionaria della colonna é opportuno eseguire una prefiltrazione, attraverso un analoga colonna più piccola posta in serie, contenente lo stesso tipo di fase stazionaria con una dimensione delle particelle più grande, allo scopo di eliminare le impurezze grossolane e le particelle insolubili contenute nel campione da analizzare. Alla fine della colonna cromatografica viene posto un adatto rivelatore che, attraverso il cromatogramma, darà indicazioni sull andamento della separazione.
34 Cromatografia: HPLC HPLC in isocratica HPLC a gradiente Nel caso in cui si opera in isocratica è sufficiente una sola pompa, mentre nel caso in cui si opera a gradiente, è necessario usare due pompe per mescolare i solventi ed inviarli alla colonna ad un valore controllato di pressione. Le condizioni operative, in questo caso, verranno programmate in anticipo tramite un calcolatore che automaticamente effettuerà le operazioni necessarie.
35 Cromatografia: HPLC Fase mobile La fase mobile verrà scelta in funzione delle sostanze da separare e deve presentare alcune caratteristiche peculiari tali da non generare inconvenienti, fra queste: Deve presentare una bassa viscosità, in quanto questo permette di operare, all'interno della colonna, in condizioni di pressione di eluizione non troppo elevata. Deve essere degasificato prima dell'introduzione in colonna; la presenza di aria può modificare chimicamente le sostanze da separare oppure dare alterazioni nella risposta del rivelatore. Deve essere puro, perché la presenza di sostanze estranee può danneggiare la colonna. Deve avere una temperatura di ebollizione sufficientemente elevata per evitare fenomeni di volatilizzazione alle temperature usate durante l'operazione cromatografica.
36 Cromatografia: HPLC I sistemi di pompaggio Le caratteristiche delle pompe impiegate per l HPLC sono: Generazione di pressioni maggiori di 6000 psi (lb/in 2 ) Non generare una pressione pulsatile in uscita Velocità di flusso variabili in un range di ml/min La riproducibilità del flusso non deve variare più dello 0.5% Resistenza alla corrosione verso una grande varietà di solventi Sono impiegati due tipi di pompe meccaniche: una del tipo a siringa guidata. Produce un flusso senza pulsazione e la velocità del flusso è facilmente controllabile; ha però lo svantaggio di un alto volume di riempimento, che diventa un problema quando devono essere sostituiti i solventi. Pompe a pistone. Più comunemente usate e sono costituite da una piccola camera cilindrica che è riempita e vuotata dal movimento di un pistone. Il pompaggio produce un flusso pulsatile che deve essere successivamente linearizzato. I vantaggi: i) piccolo volume interno, ii) capacità di generare alte pressioni in uscita (superioria10000psi), iii) rapida adattabilità al cambiamento dei gradienti nel corso dell analisi, iv) flusso costante.
37 Cromatografia: HPLC Le colonne Le colonne per HPLC sono di solito costruite in acciaio inossidabile levigato, ma esistono anche in vetro ricoperto di metallo impiegate soprattutto quando si lavora a pressioni inferiori a 600psi. La lunghezza delle colonne varia da 10 a 30 cm e il diametro interno da 4 a 10 mm. Le colonne sono impaccate con particelle rigide e porose di dimensioni 3-10 µm ± 10 %, diametro dei pori Å, area superficiale m 2 /g. Il più comune materiale usato per impaccare le colonne per HPLC è la silice, preparata per agglomerazione di particelle di diametro inferiore al micron sotto condizioni che portano a particelle più grandi con diametri altamente uniformi. Le particelle risultanti sono spesso rivestite con sottili film di composti organici, che sono legati alla superficie tramite legami chimici o fisici. Altri materiali usati per impaccare le colonne sono le particelle di albumina, di polimeri microporosi e resine a scambio ionico.
38 Le colonne Cromatografia: HPLC
39 Cromatografia: HPLC I rivelatori I tipi di rivelatori che possono essere utilizzati per l'hplc sono diversi, l'uso di ciascuno in relazione alla natura delle sostanze che debbono essere evidenziate. Caratteristiche: Sensibilità elevata e riproducibile risposta lineare per più ordini di grandezza tempo di risposta breve elevata facilità d'uso e affidabilità uniformità di risposta nei confronti di tutti gli analiti o al contrario elevata specificità per particolari composti rivelazione non distruttiva piccolo volume interno per evitare allargamento delle bande I rivelatori più comunemente usati sono: spettrofotometrici, (IR,UV ecc.), concentrazione minima rilevabile g/ml; fluorimetrici, concentrazione minima rilevabile g/ml; a indice di rifrazione, un rivelatore a bassa sensibiiità; rivelatori elettrochimici; a spettrometro di massa.
40 Cromatografia: HPLC Spettrofotometro UV/visibile Questo tipo di rivelatore è il più usato in HPLC. Sono sostanzialmente di due tipi: 1. a lunghezza d'onda fissa 2. a lunghezza d'onda variabile. Rivelatori a lunghezza d'onda fissa erano di gran lunga i più diffusi fino a poco tempo fa, per via dei bassi costi. Infatti necessitano solo di una lampada a vapori di mercurio che fornisce una banda di emissione particolarmente stretta e intensa a 254 nm. I rivelatori a lunghezza d'onda variabile sono costituiti da un sistema a doppio raggio nel quale il riferimento viene di solito effettuato contro aria, per compensare eventuali fluttuazioni nell'emissione della lampada.
41 Cromatografia: HPLC Rivelatori a serie di diodi: il monocromatore, collocato a valle della cella campione, invia le radiazioni su una batteria di diodi che insieme effettuano la misura su tutto il campo delle lunghezze d'onda, consentendo la registrazione pressoché istantanea dello spettro, per esempio durante l'uscita di un picco cromatografico.
42 Cromatografia: HPLC Rivelatori a Fluorescenza Questo dispositivo misura le radiazioni di fluorescenza emesse da particolari classi di sostanze quando vengono eccitate con radiazioni UV o con un laser. I composti che possono emettere fluorescenza sono quelli che presentano massimi di assorbimento intensi al di sopra di 250 nm Il dispositivo è costituito da una sorgente UV al mercurio o allo xenon: la lunghezza d'onda standard di eccitazione è di solito quella a 360 nm, ma è anche possibile selezionare altre lunghezze d'onda. Presentano maggiore sensibilità rispetto ai metodi ad assorbanza, di solito superiore a un ordine di grandezza. Hanno un minore campo di applicabilità per il ridotto numero delle specie fluorescenti. Si possono usare rivelatori a fluorescenza anche per analiti non fluorescenti trattandoli con derivatizzanti fluorescenti.
43 Cromatografia: HPLC Rivelatori a Indice di rifrazione Il principio su cui si basa il rifrattometro è la misura in continuo dell'indice di rifrazione (Rl) dell'eluente in uscita della colonna. I rifrattometri sono molto versatili e trovano un grande impiego soprattutto in SEC. Non hanno però grande sensibilità (fino a 5 x 10-7 g/ml), richiedono una rigida termostatazione della temperatura e non possono essere usati quando si effettuano eluizioni in gradiente, a meno di non usare solventi che abbiano lo stesso indice di rifrazione. Gli strumenti usati comunemente funzionano secondo due diversi principi: riflessione oppure deflessione del raggio. Hanno scarsa sensibilità, non sono applicabili a eluizioni a gradiente e necessitano di essere termostatati al millesimo di grado centigrado perché le loro prestazioni dipendono fortemente dalla temperatura e dal cambiamento della velocità della fase mobile.
44 Cromatografia: HPLC Rivelatori Conduttometrici La rivelazione delle sostanze in uscita dalla colonna può essere effettuata misurando la variazione di conduttanza della fase mobile. I rivelatori conduttimetrici sono molto utili quando si usano fasi mobili acquose e soluti a carattere ionico, in particolare in IEC, negli analizzatori di amminoacidi. Sono sensibili alla temperatura (la conduttanza può variare del 2% per ogni C) e non possono essere usati per eluizioni in gradiente. Le misure vengono effettuate in corrente alternata, per evitare la polarizzazione degli elettrodi. Spettrometro di massa Anche in HPLC (come in GC) l'introduzione di un sistema di rivelazione come lo spettrometro di massa ha creato una vera e propria tecnica accoppiata, la HPLC-MS, Le difficoltà di affermazione dell'hplc-ms sono dovute essenzialmente al problema dell'interfaccia. Non è banale, infatti, accoppiare lo spettrometro di massa, che funziona in condizioni di alto vuoto, con il cromatografo, che produce in uscita un'elevata quantità di solvente.
45 Cromatografia: HPLC Il cromatogramma Le separazioni cromatografiche strumentali (HPLC e GC) si concludono con la registrazione del cromatogramma, ovvero del tracciato del segnale del rivelatore in funzione del tempo o del volume di eluente, a partire dall istante in cui la miscela viene introdotta nella colonna (t=0)
46 Cromatografia: HPLC Il cromatogramma Per ciascuna sostanza si ottiene un picco cromatografico. In condizioni ottimali il picco ha la forma di una curva gaussiana. Il picco viene descritto dal punto di massimo e dalla distanza tra i punti di flesso (tale distanza diviso 2 è la deviazione standard (σ) Altezza del picco: distanza tra il punto massimo e la tangente alla base Larghezza della base del picco (W): distanza fra le intersezione fra le tangenti ai flessi della gaussiana e la linea di base (W b = 4 σ) Larghezza a metà altezza: larghezza misurata a metà altezza del picco (W H = σ) Distanza fra i punti di flesso: distanza fra i due punti di flesso (60.7% dell altezza picco) (W i = 2 σ) Area totale: proporzionale alla concentrazione
47 Cromatografia: HPLC Il cromatogramma Il picco cromatografico è identificato da: tempo di ritenzione (t R ): tempo impiegato da ciascuna sostanza per eluire dalla colonna, misurato a partire dall istante in cui la miscela viene introdotta nello strumento, fino all istante in cui si registra il massimo del picco. Tempo morto (t M ): è il tempo di ritenzione di una sostanza non trattenuta dalla fase stazionaria Volume morto (V M ): (detto anche volume della fase mobile) corrisponde al volume della colonna non occupato dalla fase stazionaria. Tempo di ritenzione corretto: tempo che ogni sostanza impiega per le interazioni con la fase stazionaria (t R = t R t M )
48 Cromatografia: HPLC Il cromatogramma La migrazione degli analiti (e quindi la loro separazione) in una colonna cromatografica è legata alla affinità dell'analita per le due fasi: tanto maggiore è il tempo trascorso dall'analita nella fase stazionaria, tanto più la sua velocità di migrazione è bassa (l'analita si muove solo quando si trova nella fase mobile). Il tempo trascorso dall'analita nelle due fasi è determinato dall'equilibrio di ripartizione fra le due fasi, quindi dalla sua costante di distribuzione K c (rapporto all'equilibrio fra le concentrazioni dell'analita nella fase stazionaria ed in quella mobile). C M C S C s =concentrazione analita nella fase stazionaria C M = conc nella fase mobile Costante di distribuzione K c = C s C M Idealmente K c dovrebbe essere costante in un ampio intervallo di concentrazioni di analita: tanto più K c è alto, tanto più l'analita trascorre tempo nella fase stazionaria e migra lentamente.
49 Cromatografia: HPLC Efficienza di una colonna cromatografica La capacità separativa assoluta di una colonna (efficienza di una colonna) è espressa attraverso parametri quali l'altezza del piatto teorico (H) ed il numero di piatti teorici (N) della colonna. Un piatto teorico è quel segmento di colonna all'interno del quale si instaura l'equilibrio della sostanza tra la fase mobile e quella stazionaria. Maggiore è il numero di piatti teorici, maggiore è il numero di stadi virtuali di equilibrio che si verificano durante il processo di separazione e migliore è l'efficienza separativa della colonna. Altezza del piatto teorico e numero di piatti teorici sono correlati fra loro dalla lunghezza della colonna (L). N= L H In funzione del tipo di colonna, i valori di N posso variare da poche centinaia a decine o centinaia di migliaia. Per le colonne cromatografiche, il piatto rappresenta in effetti solo una entità virtuale, usata per descrivere quantitativamente la loro efficienza.
50 Cromatografia: HPLC Efficienza di una colonna cromatografica Il modo più semplice per valutare l'altezza del piatto teorico (H) è quello di determinarlo dalla larghezza del picco cromatografico: tanto più la colonna è efficiente, tanto più stretto è il picco. Assumendo che il picco abbia forma gaussiana, l'altezza del piatto teorico è legata alla sua deviazione standard σ dalla relazione: H= σ2 L La deviazione standard del picco cromatografico è approssimativamente pari al doppio della larghezza del picco a metà altezza
51 Cromatografia: HPLC Efficienza di una colonna cromatografica Un modo più diretto per determinare l'altezza del piatto è quello di calcolare il numero dei piatti teorici (N) della colonna dai parametri del cromatogramma e quindi applicare la relazione H = L/N. La relazione che lega N ai parametri del cromatogramma richiede la determinazione del tempo di ritenzione (t R ) e larghezza del picco alla base (W): N = 16 t R W 2 L efficienza di una colonna aumenta con Il numero di piatti teorici: tanto maggiore è N tanto più compatta è la banda in uscita e quindi tanto più stretto è il picco sul cromatogramma.
52 Cromatografia: HPLC Efficienza di una colonna cromatografica L'efficienza di una colonna cromatografica e quindi l'allargamento di una banda cromatografica dipendono da una serie di parametri della colonna cromatografica e del sistema di separazione nel suo complesso e quindi anche dalla velocità della fase mobile. Per esprimere questa dipendenza sono stati proposte una serie di equazioni che tentano di prendere in considerazione i vari parametri che determinano l'efficienza di una colonna e che mettono in relazione l'altezza del piatto teorico (H) con questi parametri, ed in particolare con la velocità di flusso (µ). L equazione (Van Deemter e collaboratori) che correla H con la velocità lineare della fase mobile (µ): H = A + B µ + Csμ I fattori che provocano un allargamento della banda e quindi perdita di efficienza della colonna verso una data sostanza sono tre: percorsi multipli diffusione molecolare longitudinale resistenza al trasferimento di massa
53 Cromatografia: HPLC Percorsi multipli Poiché la porosità e l impaccamento della fase stazionaria non sono uniformi, si verificano possibili cammini diversi e non equivalenti dell analita nella fase mobile. Questo comporta che le molecole, pur partendo insieme, percorrano distanze diverse e arrivino al detector a tempi diversi, provocando un allargamento della banda. Dalla banda stretta si passa a quella allargata: delle molecole di soluto vengono eluite prima perché hanno seguito un percorso più breve delle altre! Il temine A dell'equazione Van Deemter esprime la diffusione vorticosa dovuta ai diversi percorsi seguiti in modo casuale dalle particelle di soluto. L'esistenza di percorsi multipli tende ad allargare la banda (zona di soluto) e l'effetto che ne deriva è indipendente dalla velocità del flusso. Nel loro moto casuale, alcune molecole arriveranno prima, altre dopo, con il risultato globale di far allargare la banda in uscita dalla colonna. La costante A è associata 1. alla granulometria (diametro e distribuzione) e all'impaccamento della colonna, e 2. al diametro medio delle particelle del riempimento.
54 Cromatografia: HPLC Diffusione molecolare longitudinale Mentre l'analita si trova nella fase mobile, esso diffonde spontaneamente dalle zone a maggiore concentrazione (al centro della banda cromatografica) a quelle a minore concentrazione, determinando l'allargamento della banda. B descrive l'allargamento delle bande cromatografiche in seguito al formarsi di gradienti di concentrazione all'interno della fase mobile. Nell equazione di Van Deemter il parametro che rappresenta questo fenomeno è indicato con B. Il suo contributo ad H, inversamente proporzionale al variare del flusso (µ). Il suo contributo all altezza del piatto teorico cala prima velocemente e poi in maniera più blanda con il crescere del flusso e dipende: dall'impaccamento della colonna (vale a dire dalla geometria degli spazi disponibili per la fase mobile) dal coefficiente di diffusione dell analita nella fase mobile. La dipendenza inversa da μ è spiegabile considerando che, tanto più μ è grande, tanto minore è il tempo trascorso dall'analita in colonna e quindi il processo di diffusione ha meno tempo per verificarsi.
55 Trasferimento di massa Cromatografia: HPLC Le molecole di analita più vicine alla fase stazionaria diffondono dalla fase mobile alla fase stazionaria. La velocità di diffusione dipende dalla diffusività dell analita. Le molecole rimaste nella fase mobile si spostano trascinate dalla corrente dell eluente e diffondono nella fase stazionaria in un tratto successivo. Tale processo crea un allargamento della banda. Fase mobile Fase mobile Fase mobile Fase stazionaria Fase stazionaria Fase stazionaria Il trasferimento di massa è un processo che si riduce usando solventi a bassa viscosità (aumento della diffusività dell analita) ed aumenta all aumentare della velocità della fase mobile. Nell equazione di Van Deemter il parametro che rappresenta questo fenomeno è indicato con C. Il suo contributo ad H, direttamente proporzionale al variare del flusso (µ), è raffigurato con una retta.
56 Cromatografia: HPLC Efficienza della colonna cromatografica Indipendentemente dalla forma dell'equazione impiegata, esiste sempre una velocità di flusso ottimale H min (che cioè dà la minima altezza del piatto teorico, quindi la massima efficienza della colonna).
57 Cromatografia: HPLC Efficienza della colonna cromatografica Principali parametri operativi su cui intervenire: 1. Velocità: mantenere la velocità di flusso al valore ottimale 2. Caratteristiche fisiche della fase mobile 3. Diametro delle particelle della fase stazionaria (o del supporto) e dall Impaccamento della fase stazionaria ridurre l'effetto dei cammini multipli (A), ad esempio riducendo il diametro della colonna o il diametro delle particelle di supporto; ridurre l'effetto della diffusione longitudinale (specialmente in CG) in GC riducendo la temperatura; 4. Temperatura della colonna 5. Geometria della colonna In genere diminuendo il diametro della colonna migliora l efficienza
58 Cromatografia: HPLC Efficienza in funzione della velocità di flusso EFFICIENZA = picchi molto stretti 1)elevato numero di piatti teorici 2) velocità di flusso ottimale
59 Cromatografia: HPLC Risoluzione La risoluzione di una separazione cromatografica è una misura della capacità di separare due analiti: se la risoluzione è sufficientemente elevata gli analiti possono essere separati fisicamente. Il parametrico numerico utilizzato per quantificare la risoluzione è il parametro R s, che tiene conto sia della differenza dei tempi di ritenzione che dell'ampiezza dei picchi cromatografici.
60 Cromatografia: HPLC Selettività La Selettività a di una colonna cromatografica è definita come la capacità di una colonna di fornire picchi distanziati e dipende sia dalla larghezza dei picchi (quindi dall'efficienza della colonna cromatografica) che dalla differenza fra i tempi di ritenzione dei due analiti.
61 Cromatografia: HPLC Ottimizzazione di una separazione cromatografica L'obiettivo della ottimizzazione di una separazione cromatografica è di ottenere la separazione degli analiti contenuti nel campione in un tempo ragionevole e con una adeguata risoluzione. Nell'ambito di tale procedura si tengono presenti le seguenti variabili: Altezza del piatto teorico. L'efficienza di una separazione aumenta con l'aumentare del numero di piatti teorici della colonna. Il modo più semplice per aumentare il numero di piatti teorici è quello di aumentare la lunghezza della colonna, ma questo allunga anche l'analisi. E' invece possibile, a parità di lunghezza, ridurre l'altezza del piatto teorico controllando la velocità di flusso, variando il diametro delle particelle dell'impaccamento o lo spessore del film liquido della fase stazionaria, riducendo il diametro della colonna. Fattore di selettività. Si deve agire sul fattore di selettività quando due analiti non sono adeguatamente separati. Nel caso della cromatografia in fase liquida una possibilità semplice è quella di variare la composizione della fase mobile, mentre in GC si può tentare di variare la temperatura, Opzioni più complesse comportano il cambiamento della fase stazionaria oppure la modificazione chimica degli analiti in modo da renderli più diversi dal punto di vista chimico-fisico.
62 Cromatografia: HPLC
63 Cromatografia: Gascromatografia (Gas Chromatography, GC) Tecnica utilizzata per l identificazione e quantizzazione di molecole volatili. Fase mobile: gas di trasporto (carrier, He, H 2, N 2 ) che fluisce in una colonna in cui è posta la fase stazionaria. La separazione dei componenti dipende solo dalla fase stazionaria.
64 Cromatografia: Gascromatografia (Gas Chromatography, GC) Colonne Colonne impaccate - lunghezza di 1-2m (anche fino a 10m) e un diametro interno di pochi millimetri. Sono avvolte a spirale, per ridurre l ingombro. Il materiale più usato per le colonne impaccate è l acciaio inossidabile; per sostanze molto reattive si usa il vetro. Sono riempite con un solido di supporto (gel di silice, allumina o carbone) impregnato del liquido (poco volatile) che costituisce la fase stazionaria. La scelta del liquido dipende dai composti da separare. In genere si usa squalano, olio o grasso di silicone, glicoli polietilenici (Carbowax), oli di vaselina o trietanolammina
65 Cromatografia: Gascromatografia (Gas Chromatography, GC) Colonne Colonne capillari: sottilissimi tubi di silice di diametro inferiore a 0,5 mm e lunghe fino a m, avvolte a spirale su un supporto metallico. La fase stazionaria è spalmata in maniera uniforme sulla superficie interna della colonna, dove forma un film di spessore costante tra 0,5 e 2,5 µm. WCOT (Wall Coated Open Tubular): il liquido di ripartizione viene posto direttamente all interno sotto forma di un sottilissimo microvelo aderente alle pareti della colonna; SCOT (Support Coated Open Tubular): fase stazionaria adsorbita ad un supporto. In relazione al diametro interno le colonne capillari si classificano in Narrow bore ( 0,25 mm), Wide bore ( 0,53 mm) e Mega bore ( 0,80 mm).
66 Cromatografia: Gascromatografia (Gas Chromatography, GC) Termostatazione della colonna Il controllo della temperatura della colonna rappresenta un parametro fondamentale per ottenere una buona separazione dei componenti. Per mantenere elevata la riproducibilità dell analisi le colonne vengono termostatate in apposite camere. Il tipo più diffuso di camera termostatica è a circolazione d aria, che garantisce una stabilità di 0,1 C. con temperatura massima raggiungibile di 400 C. L uniformità di temperatura nella camera viene garantita da una ventola posta sul fondo o su un lato. Durante l uso la camera non andrebbe mai aperta.
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