Reflusso vescicoureterale primitivo in età evolutiva: cosa avviene dalla nascita all adolescenza?

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Gennaio-Marzo 2013 Vol. 43 N. 169 pp. 15-21 Urologia pediatrica Reflusso vescicoureterale primitivo in età evolutiva: cosa avviene dalla nascita all adolescenza? Simona Gerocarni Nappo, Alessandra Farina, Maria Luisa Guidotti, Paolo Caione U.O.C. Chirurgia Urologica, Dipartimento Nefrologia-Urologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma Sommario Il reflusso vescicoureterale (RVU) è un problema che il pediatra si trova ad affrontare di frequente, interessando l 1% dei bambini. A partire dagli anni Sessanta, il fenomeno del RVU è stato considerato non fisiologico e strettamente associato alla comparsa di pielonefriti e di cicatrici renali. Gli studi di fisiopatologia degli ultimi anni hanno tuttavia modificato drasticamente le nostre conoscenze sul RVU, mostrando che esiste un danno renale congenito dovuto ad ipodisplasia, che vi è una stretta correlazione tra RVU e disfunzioni del basso apparato urinario e che la suscettibilità alle infezioni urinarie (IVU) e alle cicatrici renali è geneticamente determinata. Molte delle questioni riguardanti il RVU sono ancor aperte: Come trattarlo? Quando e in quali pazienti trattarlo? È possibile con il trattamento del RVU prevenire le IVU? E il trattamento è in grado di modificare il rischio di danno renale? E ancora: il RVU che vediamo nel lattante quale evoluzione avrà nell età scolare e nella adolescenza? Quali pazienti sono a rischio di evoluzione verso l insufficienza renale cronica? Tali domande non trovano ancora una risposta esaustiva e sono al momento oggetto di un vasto dibattito. Cercheremo di rispondere ad alcuni di questi quesiti. Summary Vesicoureteral reflux (VUR) is a problem that pediatricians often have to face, since it involves 1% of children. VUR has been traditionally linked to urinary tract infections (UTI) and renal scars. Recent studies, however, showed the existence of congenital renal damage, probably more important than acquired scars, a close relationship among UTI, VUR and lower urinary tract dysfunctions (LUTD), and genetic predisposition to UTIs and renal scars. Many questions about VUT are not answered yet: How to treat? Can we prevent UTI? Can we prevent renal scars? Are there parameters that can predict the evolution of VUR and renal function in a specific patient? The debate is still open. Recent advances in the field of physiology, diagnosis and treatment of VUR will be presented as well as published guidelines. Special attention will be devoted to the evolution of VUR from infancy to adolescence. Introduzione Il reflusso vescicoureterale (RVU) è un evento dinamico: il flusso retrogrado di urine dalla vescica nell uretere e nella pelvi renale. È considerato patologico nella specie umana e strettamente correlato alla presenza di infezioni delle vie urinarie (IVU) e di danno renale. Si calcola che dal 30 al 50% dei bambini con IVU sia affetto da RVU. Una quota elevata di RVU va incontro spontaneamente a risoluzione senza lasciare reliquati. Tuttavia in un altra quota di bambini, il RVU si associa ad elevata morbidità per la comparsa di pielonefriti ricorrenti nei primi anni di vita, e la nefropatia può evolvere verso l insufficienza renale cronica e l ipertensione arteriosa. Tuttavia nella pratica clinica non è possibile correlare strettamente il grado del reflusso con la probabilità di avere IVU, in virtù dell ampia variabilità clinica. A partire dagli anni Sessanta, nessun argomento è stato oggetto di tanta discussione come il reflusso e il danno renale ad esso associato. Tuttavia alcune delle problematiche relative alla associazione tra reflusso, infezioni e nefropatia non sono ancora state completamente comprese, e nella recente letteratura è ancora aperto il dibattito. Obiettivi Obiettivo dell articolo è presentare le più attuali conoscenze di fisiopatologia del RVU, e discutere dei conseguenti orientamenti diagnostici e terapeutici nella pratica clinica, anche alla luce delle più recenti linee guida presentate dalle società scientifiche internazionali. Una particolare attenzione sarà rivolta alle conseguenze a lungo termine del RVU, e al follow-up nell età adolescenziale ed evolutiva. Metodologia della ricerca bibliografica effettuata Un estesa ricerca bibliografica è stata condotta su Medline e Cochrane Database of Systematic Review sulla letteratura dal 2000 ad oggi, utilizzando come parola chiave i termini vesicoureteral reflux, urinary tract infection e reflux nephropathy, tutti limitati da pediatric, child o children. Sono state preferenzialmente presi in considerazione i lavori pubblicati negli anni 2010-2012, le review e le linee guida di società scientifiche: la European Association of Urology (EUA)/ European Society for Pediatric Urology (ESPU) (Tekgul et al., 2012), la American Urological Association (AUA) (Peters, 2010; Skoog et al, 2010), l American Academy of Pediatrics (AAP) (Subcommittee on UTI, 1999; Roberts, 2011; Finnell et al., 2011), il National Institute for Health and Clincal Excellence (NICE) (www.nice.uk.org), la Society of Fetal Urology (SFU) (Nguyen et al., 2010), la Società Italiana di Nefrologia Pediatrica (SINP) (Ammenti et al., 2011). Il lavoro si focalizza sul reflusso vescicoureterale primitivo, escludendo pertanto dalla trattazione il reflusso secondario a patologie anatomiche o funzionali vescicali (valvole uretrali, vescica neurogena, ureterocele). La diagnostica L ecografia renale e vescicale è la prima indagine diagnostica da eseguire nel sospetto di uropatia: oltre alla presenza di dilatazione 15

S. Gerocarni Nappo, A. Farina, M.L. Guidotti, P. Caione delle alte vie escretrici, consente di valutare le dimensioni, il profilo e la ecogenicità renale, la dilatazione dell uretere, modifiche della entità della dilatazione delle vie escretrici nel corso dell esame e la morfologia vescicale. Tuttavia l ecografia ha scarsa sensibilità (30%) e specificità (84%) nella diagnosi del RVU (Sorkhi et al., 2012). La cistouretrografia retrograda fluoroscopica è ancora oggi l indagine di prima scelta nella diagnosi del RVU. Il grado del reflusso viene universalmente classificato secondo l International Reflux Study Committee in cinque gradi (Fig. 1) (Lebowitz et al., 1985). Tuttavia la cistouretrografia è un esame invasivo, che richiede la cateterizzazione trans-uretrale ed espone il paziente a radiazioni ionizzanti. La cistografia sonicata utilizza l instillazione endovescicale di un eco-contrasto (albumina sonicata, Levovist, Sonovue ) per identificare il flusso retrogrado di urina verso il rene. L esame tuttavia è altamente operatore dipendente e ha definizione anatomica limitata (Piaggio et al., 2003). La cistoscintigrafia diretta utilizza un radiotracciante (Tc99DTPA): a fronte di una dose di radiazioni ridotta, ha assente definizione anatomica e meno precisa classificazione del reflusso in gradi lieve, moderato e severo. La cistoscintigrafia indiretta invece utilizza la fase minzionale della scintigrafia renale dinamica con MAG3. L esame evita la cateterizzazione trans-uretrale ma può essere effettuato solo in bambini che abbiano acquisito il controllo minzionale. Tutti gli esami descritti sono nella nostra opinione da preferire nel follow-up dei bambini. La cistografia in risonanza magnetica, priva di radiazioni ionizzanti e che consente una ottimale definizione anatomica anche dell eventuale danno renale associato, è per adesso limitata a situazioni sperimentali. Figura 1. Classificazione del reflusso vescico-ureterale (International Reflux Study Commettee 1981). Altri esami diagnostici In accordo con le recenti linee guida dell AUA (Peters et al., 2010), i sintomi indicativi di disfunzione vescicale devono essere accuratamente ricercati nei bambini affetti da RVU mediante studi urodinamici non invasivi (diario minzionale e uroflussometria con residuo postminzionale), riservando l urodinamica invasiva (cistomanometria o videourodinamica) a casi selezioni di RVU complesso. Esistono markers sierici o urinari predittivi di RVU? Negli ultimi anni la microalbuminuria, la beta2 microglobulina, l n-acetil-glucosammina (NAG), i livelli urinari di interleukine, la procalcitonina e la molecola di adesione endoteliale dei leucociti 1-ELAM1 sono stati dimostrati elevati nei pazienti con RVU rispetto ai controlli, ma pur dimostrando elevata sensibilità hanno scarsa specificità. In prospettiva la ricerca di marcatori non invasivi che ci consenta di identificare precocemente i pazienti affetti da RVU e/o da nefropatia ipodisplasica appare affascinante, ma ad oggi ha solo un ruolo sperimentale. Danno renale congenito e danno acquisito Il termine nefropatia da reflusso fu coniato negli anni Settanta per definire la stretta relazione tra il reflusso e le cicatrici renali, in precedenza definite come pielonefrite cronica, ma è caduto oggi in disuso alla luce delle recenti ipotesi sulla coesistenza di un danno renale congenito di natura ipodisplasica, indipendente dalle infezioni urinarie. La presenza di ipodisplasia renale viene di routine investigata mediante scintigrafia renale con DMSA, che ha una elevata sensibilità nel documentare sia l interessamento parenchimale in corso di pielonefrite acuta che la successiva evoluzione verso la cicatrice permanente. Le lesioni postpielonefritiche hanno l aspetto caratteristico di aree focali di ipocaptazione, diffuse e più evidenti in sede polare. Il recupero funzionale da parte di queste aree di deficit focale di captazione corticale viene ritenuto possibile fino a sei mesi dopo un episodio pielonefritico. Fino al 50% dei neonati maschi con reflusso di alto grado, in assenza di episodi di infezione urinaria, presenta danno renale congenito alla scintigrafia DMSA: in questi casi il rene appare piccolo, con ipocaptazione diffusa ed eventuali deficit focali associati. RVU, infezioni urinarie e danno renale Classicamente il RVU viene diagnosticato in seguito a uno o più episodi di IVU. Dal 30 al 50% dei pazienti con IVU risulta affetto da RVU. L assunto su cui si è basata la gestione dei pazienti con RVU negli ultimi 50 anni è che il RVU conduca alle pielonefriti, le quali portano al danno renale. In realtà l interazione tra reflusso, infezioni urinarie e nefropatia è apparsa negli ultimi anni più complessa. I bambini con RVU sono sicuramente a rischio di sviluppare pielonefrite (rischio relativo 1,5) e danno renale (rischio relativo 2,6) rispetto ai bambini senza RVU (Shaik et al., 2010) e i bambini con RVU di grado III hanno un maggiore rischio di sviluppare nefropatia rispetto a quelli con RVU di I-II grado. Anomalie renali sono riportate globalmente nel 21,8% dei pazienti con RVU (range 2-63%), con una media del 6.2% in RVU di I-II grado e del 47,9% nei RVU di IV-V grado (Skoog et al., 2010). Il danno renale postpielonefritico è più frequente in presenza di RVU (Peters et al., 2010) ed aumenta con l aumentare degli episodi pielonefritici. Tuttavia si è osservato che un ruolo maggiore viene svolto anche dalla disfunzione vescicale (LUTD): elevate pressioni endovescicali in fase di riempimento o in fase di svuotamento per mancato rilasciamento dello sfintere uretrale da incoordinazione possono determinare RVU ed espongono il rene al rischio di danno anche in presenza di urine sterili. Fino al 60% delle bambine con reflusso e infezione presenta iperattività vescicale, caratterizzata clinicamente dalla presenza di urgenza, frequenza minzionale e urge incontinence. Altri bambini presentano invece incoordinazione vescico-sfinterica, presenza di residuo postminzionale e stipsi (cosiddetta Dysfunctional elimination syndrome). In pazienti con RVU la LUTD vescicale aumenta il rischio di IVU ricorrenti, ritarda la guarigione spontanea del RVU e riduce il successo dopo trattamento endoscopico/chirurgico. L AUA raccomanda di investigare la presenza di disfunzione vescicale in tutti i pazienti affetti da RVU che abbiano raggiunto il controllo minzionale (Peters, 2010). Inoltre non è chiaro se nella eziopatogenesi della nefropatia il RVU abbia effettivamente un ruolo principale, o se non sia piuttosto dominante la nefropatia congenita da ipodisplasia (Lee et al., 2012; Zaffanello et al., 2011). 16

Reflusso vescicoureterale primitivo in età evolutiva: cosa avviene dalla nascita all adolescenza? Tabella II. Flow-chart approccio Bottom-up dopo IVU. IVU febbrile Ecografia Cistografia Figura 2. Cistografia e Scintigrafia renale DMSA in lattante di 4 mesi con segnalazione prenatale di idronefrosi e pielonefrite acuta neonatale. Alla cistografia RVU bilaterale di V grado, alla scintigrafia aree di ipocaptazione diffuse bilateralmente. Normali Follow-up clinico Patologiche RVU Idronefrosi Quando eseguire la cistografia dopo infezione? L approccio bottom-up e quello top-down Oggi vi è ampio dibattito su quando e con quali indagini diagnostiche investigare i pazienti a rischio di reflusso vescicoureterale (Koyle et al., 2012). Le linee guida dell AAP del 1999 raccomandavano l esecuzione di cistografia nei bambini di età compresa tra i 2 e i 24 mesi dopo il primo episodio di infezione urinaria febbrile, con successiva esecuzione di scintigrafia DMSA in caso di cistografia positiva per RVU (Subcommittee on UTI, 1999) (Fig. 2) (Tab. I). Questo approccio diagnostico tradizionale, definito come bottom-up, è stato recentemente messo in discussione. L oggetto maggiore del contendere è sul ruolo del reflusso nella eziopatogenesi della nefropatia dopo infezione e se sia importante diagnosticare il RVU o non piuttosto la nefropatia. Da una visione nefrocentrica e non più vescicocentrica è nato recentemente l approccio cosiddetto top-down volto ad identificare l interessamento renale in corso di pielonefrite acuta, la displasia renale o la lesione renale acquisita. I propositori dell approccio top-down raccomandano l esecuzione della ecografia e della scintigrafia renale DMSA nelle fase acuta o nelle prime settimane dopo l infezione urinaria, riservando la cistouretrografia ad un secondo momento, solo in caso di lesioni renali scintigraficamente dimostrate o di anomalie ecografiche (Paintsil, DMSA MAG3 2012) (Tabb. II e III). All estremo, le linee guida del NICE scoraggiano l impiego routinario di tecniche di diagnostica per immagini dopo il primo episodio di infezione urinaria e consigliano l esecuzione della ecografia solo dopo infezioni urinarie ricorrenti o atipiche o nei lattanti di età < 6 mesi dopo il primo episodio infettivo, e della scintigrafia DMSA in bambini di età < 3 anni con infezioni urinarie ricorrenti o atipiche. Il RVU in assenza di nefropatia non merita terapia e nemmeno di essere diagnosticato (Schroeder, 2011). Tuttavia recente metanalisi (Mantadakis et al., 2011) riporta una sensibilità e una specificità della scintigrafia DMSA per la diagnosi dei RVU pari rispettivamente al 79 e al 53%. L approccio top-down rischierebbe di non diagnosticare una quota significativa di reflussi, anche di alto grado, potenzialmente a rischio di pielonefriti ricorrenti e di significativa morbidità. Personalmente concordiamo con l esigenza di ridurre l esposizione dei bambini a radiazioni ionizzanti e in accordo con le linee guida dell AUA (Peters, 2012) riteniamo comunque sempre necessaria una valutazione ecografica dell apparato urinario dopo IVU al fine di valutare una eventuale alterazione delle corticale renale, anche in considerazione della scarsa invasività e della assenza di radiazioni ionizzanti. Tabella I. Linee guida alle indagini per immagini in bambini con sospetto RVU. Organizzazione Indagine diagnostica iniziale Indicazione a Cistografia Indicazione a DMSA European Association of Urology/European Society for Pediatric Urology American Academy of Pediatrics National Institute for Health and Clincal Excellence Society of Fetal Urology Ecografia e CUM/DMSA Ecografia Ecografia (IVU atipica o età < 6 m) Ecografia neonatale (2-4 sett) Prima IVU febbrile (maschi), IVU ricorrenti (femmine) IVU ricorrenti, ectasia ureterale, idronefrosi, cicatrici renali Se evidenza di scar a DMSA Età < 6 m: IVU ricorrenti Età 6 m-3a: IVU atipiche, idronefrosi o idroureteronefrosi, familiarità Età > 3 anni: nessuna Idronefrosi moderata-severa persistente in epoca neonatale Prima IVU febbrile Non raccomandata Prima IVU febbrile Età < 3 a: IVU ricorrenti o atipica Età > 3 a: IVU ricorrenti Da: Practice parameter: the diagnosis, treatment, and evaluation of the initial urinary tract infection in febrile infants and young children. American Academy of Pediatrics. Committee on Quality Improvement. Subcommittee on Urinary Tract Infection. Pediatrics 1999;103:843-52. 17

S. Gerocarni Nappo, A. Farina, M.L. Guidotti, P. Caione Tabella III. Flow-chart approccio Top-down dopo IVU. Difetto corticale/ Rene piccolo Cistografia No indagini IVU febbrile DMSA Normale Cistografia Area fotopenica centrale (idronefrosi) Ecografia IVU ricorrenti Reflusso vescicoureterale e idronefrosi prenatale L 1-5% dei feti presenta idronefrosi alle ecografie di screening prenatale, potenzialmente legata a RVU. Una metanalisi della letteratura riporta una incidenza media di RVU in neonati con idronefrosi prenatale del 16,5% (range 7-35%) (Skoog et al., 2010). L assenza di dilatazioni alla ecografia postnatale non esclude la presenza di RVU anche di alto grado, a causa della fisiologica oliguria neonatale e al carattere intermittente del RVU stesso. Il RVU neonatale appare diverso rispetto al RVU nel bambino più grande: nell 80% dei casi avviene nel maschio, è di alto grado, associato a displasia nel 50% dei casi. Questi RVU hanno una elevata percentuale di guarigione spontanea (30-40% dei RVU di IV- V grado entro i 2-6 anni), tuttavia il rischio di pielonefriti acute nei primi mesi di vita è elevato, così come il rischio di ipertensione arteriosa ed insufficienza renale cronica, dipendenti dalla ipodisplasia renale congenita. Una creatininemia > 0,6 mg/dl e una clearance creatininica basale < 40 ml/min sono significativamente correlata ad evoluzione verso la compromissione della funzionalità renale (Ardissino et al., 2004; Caione et al., 2004). Sia la SFU che la AUA raccomandano la esecuzione della cistografia nei neonati con segnalazione prenatale di idronefrosi di grado elevato, idroureteronefrosi o idronefrosi associata ad anomalie vescicali (Nguyen et al., 2010). infezioni urinarie febbrili; 2) la prevenzione (se possibile) del danno renale; 3) la riduzione della morbidità del trattamento. Antibioticoprofilassi continuativa Per 50 anni l antibioticoprofilassi è stata il cardine della strategia terapeutica del RVU. La risoluzione spontanea può raggiungere l 80% nel RVU di I-II grado e il 30-50% nel RVU di III-IV grado ad un followup di 4-5 anni, ma è solo del 20% nei RVU di V grado (Elder et al., 1997). Nei bambini più grandi la percentuale di risoluzione dipende dal grado iniziale del reflusso, dal sesso, dall età, ed anche dalla presenza di LUTD e di danno renale. Lavori recenti hanno messo in dubbio la validità della antibioticoprofilassi nel ridurre il rischio di pielonefriti acute e cicatrici renali rispetto alla semplice osservazione (Pennesi et al., 2008). Un approccio accettabile e sicuro, in casi selezionati, può essere la semplice osservazione clinica. La profilassi antibiotica continuativa ha inoltre diversi limiti: è meno efficace nel prevenire le infezioni urinarie di quanto presunto in passato, anche per scarsa collaborazione familiare, induce antibioticoresistenza e richiede negli anni la ripetizione di esami invasivi. La antibioticoprofilassi continuativa viene raccomandata nei bambini di età inferiore a 1 anno con RVU e pregressa infezione e nei RVU di III-V grado diagnosticato in seguito a screening, mentre in quelli con reflusso di basso grado (I-II) è considerata opzionale. Alla profilassi antibiotica si raccomanda di associare il trattamento dei LUTD mediante terapia urofarmacologica e /o riabilitativa (Peters, 2010). Trattamento chirurgico del reflusso La terapia chirurgica del RVU è volta a ricostruire il meccanismo valvolare alla giunzione ureterovescicale. Il successo della chirurgia open supera il 95%. L IRSC nel 1997 riportò una riduzione della incidenza di pielonefriti acute dopo intervento chirurgico rispetto alla profilassi antibiotica, ma nessuna differenza in termini di incidenza di cicatrici renali. Numerose tecniche antireflusso sono state descritte, sia per via intravescicale (sec. Cohen, sec. Leadbetter-Politano, sec. Glenn- Anderson) che per via extravescicale (sec Lich-Gregoir). (Fig. 3) Nonostante elevate percentuali di successo, la terapia chirurgica del RVU comporta elevata morbidità, lunga degenza ospedaliera/convalescenza a domicilio, rischio di complicanze non trascurabile e modifica la anatomia della giunzione uretero-vescicale rendendo difficili succes- Il reflusso vescicoureterale familiare Il RVU ha una trasmissione dominante poligenica (Puri et al, 2011). Sebbene sia presente solo nell 1-2% della popolazione generale, una recente metanalisi (Skoog et al., 2010) dimostra una incidenza del 27,4% nei fratelli dei probandi (100% nei gemelli monozigoti) e del 35,7% nei figli. La severità del reflusso e della nefropatia sono estremamente variabili all interno di una singola famiglia, con espressioni fenotipiche molto diverse. Non vi sono al momento raccomandazioni specifiche sulle modalità di controllo dei fratelli, sebbene le linee guida raccomandino che i genitori siano informati del rischio di RVU familiare. L AUA consiglia che una ecografia renovescicale sia offerta ai fratelli e che la cistografia sia eseguita in caso di anomalie ecografiche (Skoog et al., 2010). Il trattamento del reflusso Gli obiettivi del trattamento del RVU sono: 1) la prevenzione delle Figura 3. Schema e fotografia intraoperatoria dell intervento chirurgico open di ureteroneocistostomia trans trigonale sec Cohen. 18

Reflusso vescicoureterale primitivo in età evolutiva: cosa avviene dalla nascita all adolescenza? sive procedure endoscopiche sulla alta via escretrice (Fonsec et al., 2012). Allo scopo di ridurre la morbidità della chirurgia a cielo aperto, è stata recentemente descritta la correzione chirurgica del reflusso per via laparoscopica, sia con tecnica extravescicale che con tecnica intravescicale (pneumocystium) (Valla et al., 2009). La difficoltà di esecuzione, i lunghi tempi operatori, la necessità di elevata esperienza laparoscopica e la maggiore invasività rispetto al trattamento endoscopico ne hanno limitato la diffusione. Figura 5. Aspetto in cistoscopia degli osti ureterali prima e dopo il trattamento endoscopico. Osti refluenti e beanti (sopra), ben chiusi e sollevati dopo l iniezione sub ureterale (sotto). Trattamento endoscopico del reflusso Il trattamento endoscopico prevede la ricostruzione di un meccanismo valvolare antireflusso mediante iniezione endoscopica in sede sub ureterale di un bulking agent, in grado elevare il tratto terminale dell uretere. Descritto per la prima volta nel 1984 da Puri e O Donnell, è diventato rapidamente popolare. Il materiale iniettabile ideale dovrebbe essere sicuro, facilmente iniettabile, stabile nella sede di iniezione, di lunga durata, biocompatibile, non antigenico e non cancerogeno. Diversi materiali sono stati utilizzati nel tempo e poi abbandonati: il PTFE (Teflon), il Macroplastique (polidimetilsilossano), il collagene bovino, condrociti, grasso autologo, coaptite, silicone. Negli ultimi 15 anni il materiale principalmente utilizzato per il trattamento è stato il copolimero di destranomero in acido ialuronico (DxHA- Deflux ), approvato nel 2001 anche dalla Food and Drug Administration (FDA). Sono state descritte anche diverse tecniche di iniezione endoscopica (sting, hit, double hit) senza che questo modifichi sostanzialmente le percentuali di successo della procedura. (Figg. 4-5) In una metanalisi che include 5527 pazienti e 8101 unità renali, il successo dopo una singola iniezione era rispettivamente del 78,5% nel I-II grado, 72% nel III, 63% nel IV e 51% nel V grado; iniezioni successive portavano il successo globale all 85% (Elder et al., 2006). Nel recente studio prospettico randomizzato svedese volto a paragonare i tre bracci terapeutici di trattamento endoscopico, profilassi antibiotica e osservazione clinica senza profilassi, il trattamento endoscopico del RVU di III-IV grado a 1-2 anni di età ha dato la più elevata percentuale di guarigione del RVU (71%) versus 39% e 42% degli altri bracci. Inoltre infezioni febbrili e nuove cicatrici sono occorse più frequentemente nel gruppo in osservazione clinica (Brandstrom et al., 2011). Il trattamento endoscopico ha modificato in maniera radicale la gestione del RVU negli ultimi 20 anni. Sebbene non sia stata dimostrata la superiorità di una strategia terapeutica rispetto alle altre nel prevenire il danno renale postpielonefritico, il trattamento endoscopico presenta indiscussi vantaggi: è una tecnica di correzione rapida, con minima morbidità, elevato successo, eseguibile in regime ambulatoriale o di day-surgery, non modifica l anatomia della giunzione e non inficia una eventuale successiva chirurgia ed i materiali iniettabili attuali sono sicuri e non allergenici (Tab. IV). Nella nostra esperienza riteniamo che debba essere considerato il trattamento di prima linea nei RVU di II-III grado sintomatici di infezioni ricorrenti o recidivanti e nei RVU di grado maggiore, in alternativa sia alla profilassi antibiotica che alla chirurgia (Capozza et al., 2007). Infine, il coinvolgimento della famiglia nella decisione sul programma terapeutico del reflusso vescicoureterale è un fattore critico. Figura 4. Schema del trattamento endoscopico: l iniezione del materiale in sede sub ureterale allunga il tunnel sottomucoso rinforzando il meccanismo valvolare antireflusso. Tabella IV. Trattamento endoscopico: vantaggi. Risultato immediato Morbidità minima Procedura in regime di day-surgery Elevata percentuale di successo Non modifica l anatomia della giunzione uretero-vescicale Non complica successivo intervento open Materiali iniettabili sicuri, non migranti, non allergenici e non cancerogeni 19

S. Gerocarni Nappo, A. Farina, M.L. Guidotti, P. Caione Le conseguenze a lungo termine del RVU Le complicanze a lungo termine del RVU e della nefropatia che si accompagna a reflusso sono ben note ma spesso sottostimate, in quanto ad esordio insidioso e a lenta evoluzione. Esse includono l ipertensione arteriosa, la proteinuria, l acidosi, la poliuria, l insufficienza renale cronica evolutiva fino all insufficienza renale terminale. L ipertensione arteriosa è riportata nel 17-30% dei pazienti pediatrici con nefropatia e nel 34-38% degli adulti. A lungo termine il 13% dei pazienti con nefropatia che si accompagna a reflusso sviluppa ipertensione tra i 15 ed i 30 anni. La proteinuria è riportata nel 21% degli adulti con nefropatia che si accompagna a reflusso e la microalbuminuria nel 50% dei bambini con nefropatia (età media 9,8%). Da non sottovalutare inoltre le potenziali complicanze della nefropatia che si accompagna a reflusso in gravidanza: infezioni urinarie (22%), ipertensione arteriosa (4,3%), preeclampsia (10,4%), interruzione spontanea (10,2%), parto pretermine (24,2%) e progressione della insufficienza renale. Infine, la nefropatia che si accompagna a reflusso è la causa di insufficienza renale in età pediatrica dal 12 al 24% dei casi (Mattoo, 2011). Il danno renale è causa di insufficienza renale cronica nel 12-21% dei pazienti pediatrici (Chantler et al., 1980; Deleau et al., 1994). Follow-up a lungo termine I pazienti necessitano anche dopo risoluzione del RVU di un followup a lungo termine. Gli scarsi dati a disposizione dimostrano infatti un incremento delle complicanze al protrarsi del follow-up nella vita adulta. In assenza di sicuri fattori predittivi, la famiglia ed il paziente devono essere informati dei rischi. Le linee guida dell AUA raccomandano una valutazione generale con monitorizzazione di peso, altezza, pressione arteriosa, esame urine per proteine e infezione, annualmente per tutta l adolescenza in presenza di nefropatia mono o bilaterale; raccomandano che in caso di infezioni urinarie recidive siano investigati eventuali LUTD o sia ricercato un RVU recidivo, e che la famiglia sia resa edotta dei potenziali problemi a lungo termine, quali la comparsa di ipertensione arteriosa (specie in gravidanza), il deterioramento della funzione renale e la possibilità di ricorrenza del RVU nei fratelli o nei discendenti (Peters, 2010). Conclusioni e prospettive future Al momento attuale in letteratura esistono grandi controversie circa il RVU. Le linee guida pubblicate sono contraddittorie e divergenti nella loro raccomandazioni circa la diagnostica per immagini, le modalità di screening dei gruppi a rischio e le opzioni terapeutiche. Il RVU appare non necessario né sufficiente a causare pielonefriti acute e nefropatia, tuttavia rimane strettamente associato con entrambe. È ipotizzabile che fattori genetici siano coinvolti nella suscettibilità individuale alle infezioni e alla nefropatia, e che il RVU sia solo un elemento del quadro. Obiettivo della ricerca nel prossimo futuro dovrà essere lo studio di fattori che ci consentano di identificare e distinguere precocemente i pazienti a rischio di morbidità correlata al RVU da quelli in cui la terapia o addirittura la diagnosi di RVU possano essere un eccesso di zelo. È altresì necessario sempre più che il follow-up dei pazienti pediatrici seguiti per RVU prosegua nella vita adulta, per fornirci le chiavi corrette di interpretazione di quanto succede nell infanzia. In attesa che tanti aspetti si chiariscano l algoritmo diagnostico e terapeutico del bambino con RVU deve essere al momento modellato sul singolo paziente, sulle raccomandazioni delle attuali linee guida. Box di orientamento Cosa sapevamo Il reflusso vescicoureterale era considerato la causa principale di pielonefriti ricorrenti e danno renale. Cosa sappiamo adesso Il reflusso vescicoureterale è solo uno degli elementi coinvolti nella eziopatogenesi delle infezioni urinarie febbrili e del danno renale. A fronte di pazienti a rischio di morbidità da pielonefriti e insufficienza renale cronica, ve ne sono altri che meritano la semplice osservazione clinica. I risvolti clinici L iter diagnostico e terapeutico del bambino con RVU deve essere individualizzato e modulato sulla base delle linee guida pubblicate. Bibliografia Ammenti A, Cataldi L, Chimenz R, et al. Febrile urinary tract infections in young children: reccomendations for the diagnosis, treatment and follow-up. Acta Paediatr 2012;101:451-7. ** Linee guida della SINP sulle IVU. Brandstrom P, Jodal U, Sillen U, et al. The Swedish reflux trial: review of a randomized, controlled trial in children with dilating vesicoureteral reflux. 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