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LEZIONE 13 13.1. Il metodo degli scarti. Sia dato uno spazio vettoriale V su k = R, C e siano v 1,..., v n V. Quanto visto nella lezione precedente ci suggerisce il seguente algoritmo per stabilire se tali vettori sono linearmente indipendenti oppure dipendenti. (1) Se v 1 = 0 V allora i vettori sono linearmente dipendenti, mentre se v 1 0 V andiamo al passo (2). (i) Se, per qualche i 2, risulta v i L(v 1,..., v i 1 ) allora i vettori sono linearmente dipendenti, mentre se v i L(v 1,..., v i 1 ) andiamo al passo (i+1). Se v 1,..., v n non sono tutti nulli, (quindi V { 0 V }), con una piccola modifica si può costruire anche un algoritmo, detto metodo degli scarti, per ricavare da tale insieme un sottoinsieme di vettori che siano anche linearmente indipendenti. (1) Se v 1 = 0 V allora si scarta v 1 e si riparte dal vettore v 2, mentre se v 1 0 V andiamo al passo (2). (i) Se, per qualche i 2, risulta v i L(v 1,..., v i 1 )allora si scarta v i e si riparte dal vettore v i+1, mentre se v i L(v 1,..., v i 1 ) andiamo al passo (i+1). Ovviamente l algoritmo di cui sopra non si può applicare se V = { 0 V }. Si noti che, se ad un certo passo, risulta v i L(v 1,..., v i 1 ), allora scartando tale vettore v i non si cambia il sottospazio, cioè L(v 1,..., v i 1 ) = L(v 1,..., v i ). Infatti, chiaramente, ogni vettore che è combinazione lineare di v 1,..., v i 1 lo è anche di v 1,..., v i, cioè L(v 1,..., v i 1 ) L(v 1,..., v i ). Viceversa sia v i = λ 1 v 1 + + λ i 1 v i 1 : se v L(v 1,..., v i ), si ha v =α 1 v 1 + + α i 1 v i 1 + α i v i = =α 1 v 1 + + α i 1 v i 1 + α i (λ 1 v 1 + + λ i 1 v i 1 ) = =(α 1 + α i λ 1 )v 1 + + (α i 1 + α i λ i 1 )v i 1 L(v 1,..., v i 1 ), dunque L(v 1,..., v i 1 ) L(v 1,..., v i ). In particolare, con il metodo degli scarti, ad ogni passo i vettori considerati possono eventualmente diminuire, ma il sottospazio che essi generano rimane invariato. L utilità di tale algoritmo sarà chiara in seguito, quando parleremo di basi. 1 Typeset by AMS-TEX

2 13.2. BASI DI UNO SPAZIO VETTORIALE Esempio 13.1.2. In R 4 si considerino i vettori v 1 = (1, 2, 1, 1), v 2 = (2, 1, 1, 0), v 3 = (0, 0, 0, 0), v 4 = (1, 1, 0, 0), v 5 = (4, 4, 0, 1). Vogliamo trovare un sottoinsieme di { v 1, v 2, v 3, v 4, v 5 } costituito da vettori linearmente indipendenti. A tale scopo applichiamo il metodo degli scarti. Innanzi tutto v 1 0 R 4, quindi possiamo considerarlo come primo elemento del sottoinsieme cercato e passare a v 2. Si ha v 2 L(v 1 ): infatti se esistesse α k tale che v 2 = αv 1, confrontando l ultima componente dei due vettori ricaveremmo α = 0, sicché dovrebbe essere v 2 = 0 R 4. Concludiamo che v 2 può essere considerato come secondo elemento del nostro sottoinsieme e passiamo a v 3. Chiaramente v 3 L(v 1, v 2 ) (in quanto v 3 = 0v 1 + 0v 2 ), quindi lo scartiamo e passiamo a v 4. Se fosse v 4 L(v 1, v 2 ) esisterebbero α 1, α 2 k tali che v 4 = α 1 v 1 + α 2 v 2 cioè α 1 (1, 2, 1, 1) + α 2 (2, 1, 1, 0) = (α 1 + 2α 2, 2α 1 + α 2, α 1 + α 2, α 1 ) = (1, 1, 0, 0). Confrontando l ultima componente dei due vettori segue α 1 = 0, dunque, dalla penultima, α 2 = 0, sicché dovrebbe essere v 4 = 0 R 4. Quindi v 4 può essere considerato come terzo elemento del nostro sottoinsieme e passiamo a v 5. In questo caso si verifica facilmente che v 5 L(v 1, v 2, v 4 ): infatti v 1 + v 2 + v 4 = v 5. Per tale motivo il vettore v 5 è da scartare. Concludiamo che il sottoinsieme cercato è { v 1, v 2, v 4 }. Si noti che e 1 = (1, 0, 0, 0) L(v 1, v 2, v 4 ): infatti la relazione α 1 (1, 2, 1, 1) + α 2 (2, 1, 1, 0) + α 3 (1, 1, 0, 0) = (1, 0, 0, 0) si traduce nel sistema α 1 + 2α 2 + α 3 = 1 2α 1 + α 2 + α 3 = 0 α 1 + α 2 = 0 α 1 = 0 che è incompatibile. In particolare L(v 1, v 2, v 4 ) = L(v 1, v 2, v 3, v 4, v 5 ) R 4. Verificare che se si applica l algoritmo a partire dall ultimo vettore, si ottiene un altro sottoinsieme, sempre costituito da tre vettori: non cambia invece il sottospazio generato che è sempre L(v 1, v 2, v 3, v 4, v 5 ) 13.2. Basi di uno spazio vettoriale. Abbiamo introdotto in precedenza le nozioni di generatori e di lineare indipendenza. Vogliamo ora confrontare tali nozioni. A tale scopo sia V uno spazio vettoriale su k = R, C e siano v 1,..., v n V generatori linearmente indipendenti.

LEZIONE 13 3 Allora se v V è un qualsiasi vettore esistono scalari α 1,..., α n k tali che v = α 1 v 1 + + α n v n, dunque v 1,..., v n, v sono vettori linearmente dipendenti dalla Proposizione 12.2.8. D altro canto, per la medesima Proposizione, nessuno dei vettori v i è combinazione lineare dei rimanenti, quindi i rimanenti vettori non sono più generatori di V. In particolare, rispetto alla relazione di inclusione, gli insiemi di generatori linearmente indipendenti di uno spazio vettoriale finitamente generato sono i sottoinsiemi minimali di generatori ed i sottoinsiemi massimali di vettori linearmente indipendenti. Per questo motivo (e per molti altri che saranno chiari nel seguito) tali sottoinsiemi rivestono una particolare importanza e meritano un nome particolare. Definizione 13.2.1. Sia V uno spazio vettoriale su k = R, C e siano v 1,..., v n V. L insieme ordinato B = (v 1,..., v n ) si dice base di V se: (B1) V = L(v 1,..., v n ), cioè v 1,..., v n sono generatori di V ; (B2) v 1,..., v n sono linearmente indipendenti. Chiaramente, perché si possa parlare di base secondo la definizione data, lo spazio vettoriale V deve essere finitamente generato e V { 0 V }. Un importante proprietà dei sistemi di generatori linearmente indipendenti, quindi anche delle basi, è la seguente. Proposizione 13.2.2. Sia V uno spazio vettoriale su k = R, C. Fissata una base B = (v 1,..., v n ) di V, per ogni v V esiste unico (α 1,..., α n ) k n tale che v = α 1 v 1 + + α n v n. Dimostrazione. Poiché V = L(v 1,..., v n ) esiste una n upla (α 1,..., α n ) k n tale che v = α 1 v 1 + + α n v n esiste. Per dimostrarne l unicità supponiamo che sia anche v = β 1 v 1 + + β n v n per qualche altro (β 1,..., β n ) k n. Allora α 1 v 1 + + α n v n = v = β 1 v 1 + + β n v n, dunque (α 1 β 1 )v 1 + + (α n β n )v n = 0 V : poiché v 1,..., v n sono linearmente indipendenti allora α 1 β 1 = = α n β n = 0, cioè α i = β i per ogni i = 1,..., n. Definizione 13.2.3. Sia V uno spazio vettoriale su k = R, C. Se B = (v 1,..., v n ) è una base di V definiamo componenti di v V rispetto alla base B l unico elemento [v] B = (α 1,..., α n ) k n tale che v = α 1 v 1 + + α n v n. Sia V uno spazio vettoriale su k = R, C e sia B = (v 1,..., v n ) una sua base. Chiaramente [0 V ] B = 0 k n k n. Siano poi v, v V con [v ] B = (α 1,..., α n) k n, [v ] B = (α 1,..., α n) k n :

4 13.2. BASI DI UNO SPAZIO VETTORIALE poiché ciò significa che risulta anche v = α 1v 1 + + α nv n, v = α 1v 1 + + α nv n, v + v = α 1v 1 + + α nv n + α 1v 1 + + α nv n = (α 1 + α 1)v 1 + + (α n + α n)v n ovvero [v + v ] B = (α 1 + α 1,..., α n + α n) k n. Concludiamo che le componenti rispetto ad una base della somma di due vettori sono la somma delle componenti rispetto alla stessa base dei due vettori. In maniera simile il lettore verifichi per esercizio che se λ k e v V allora [λv] B = λ[v] B. Per capire meglio il concetto di base e componenti di un vettore rispetto ad essa prendiamo in considerazione alcuni esempi. Esempio 13.2.4. Fissato nello spazio ordinario un sistema di riferimento cartesiano ortogonale Oxyz, in V 3 (O) rimangono definiti i tre vettori ı, j, k e la terna ordinata B = ( ı, j, k) è una base di V 3 (O) in forza degli Esempi 12.1.3 e 12.2.3. Esempio 13.2.5. In R 3 si considerino i vettori e 1 = (1, 0, 0), e 2 = (0, 1, 0) e e 3 = (0, 0, 1). Allora C = (e 1, e 2, e 3 ) è una base di V dagli Esempi 12.1.5 e 12.2.4. Tale base viene detta base canonica di R 3. Se (x, y, z) R 3 chiaramente [(x, y, z)] C = (x, y, z). Invece i vettori e 1, e 2 non possono formare in nessun ordine una base di R 3, poiché, pur essendo linearmente indipendenti, non sono generatori (si veda l Esempio 12.1.4): infatti L(e 1, e 2 ) = { (x, y, z) R 3 z = 0 }. Ciò significa che B = (e 1, e 2 ) è una base del sottospazio L(e 1, e 2 ) R 3. Poiché si ha (x, y, 0) = xe 1 + ye 2 allora [(x, y, 0)] B = (x, y) R 2. Ovviamente anche B = (e 2, e 1 ) è base dello stesso sottospazio ma si osservi che [(x, y, 0)] B = (y, x) R 2. Si noti che anche i vettori e 1, e 2 e e = (1, 1, 0) sono generatori dello stesso sottospazio L(e 1, e 2 ) R 3, poiché si ha (x, y, 0) = xe 1 + ye 2 + 0e = (x y)e 1 + 0e 2 + ye = 0e 1 + (y x)e 2 + xe, ma in nessun ordine possono formare una base di tale sottospazio poiché sono linearmente dipendenti: infatti e = e 1 + e 2.

LEZIONE 13 5 Esempio 13.2.6. Più in generale sia k = R, C. Allora l insieme ordinato C = (e 1,..., e n ) di vettori di k n è una base, detta base canonica di k n. Poiché, scelto x = (x 1,..., x n ) k n, si ha x 1 (1, 0, 0, 0,..., 0, 0)+ x 2 (0, 1, 0, 0,..., 0, 0)+ x 3 (0, 0, 1, 0,..., 0, 0)+. x n (0, 0, 0, 0,..., 0, 1) = risulta x = x 1 e 1 + + x n e n, quindi (x 1, x 2, x 3, x 4,..., x n 1, x n ) [(x 1,..., x n )] C = (x 1,..., x n ) k n. Esempio 13.2.7. In C 2,2 si considerino i vettori E 1,1 = 1 0, E 0 0 1,2 = 0 1, E 0 0 2,1 = 0 0, E 1 0 2,2 = 0 0. 0 1 Allora l insieme ordinato B = (E 1,1, E 1,2, E 2,1, E 2,2 ) è base di k 2,2 (si vedano gli Esempi 12.1.6 e 12.2.5). Se a1,1 a A = 1,2 a 2,1 a 2,2 risulta [A] B = (a 1,1, a 1,2, a 2,1, a 2,2 ) C 4, cioè la base B permette di stirare gli elementi di C 2,2 trasformandoli in elementi di C 4. Più in generale in k m,n l insieme ordinato B = (E i,j 1 i m, 1 j n) costituisce una base e se A = (a i,j ) 1 i m si ha [A] B = t (a i,j 1 i m, 1 j n). 1 j n In particolare, il metodo degli scarti, ci permette di dimostrare la seguente Proposizione 13.2.8. Sia V { 0 V } uno spazio vettoriale su k = R, C e siano v 1,..., v n V. i) Se v 1,..., v n sono generatori (quindi V è finitamente generato) allora esiste una base B di V i cui elementi sono vettori dell insieme { v 1,..., v n }: in particolare esistono basi di V.

6 13.2. BASI DI UNO SPAZIO VETTORIALE ii) Se V è finitamente generato e v 1,..., v n sono linearmente indipendenti allora esiste una base B di V i cui primi n vettori sono v 1,..., v n. Dimostrazione. L affermazione i) è conseguenza immediata del metodo degli scarti partendo da un insieme di generatori che possiamo supporre non nulli poiché V { 0 V }. Si consideri ii). Sappiamo che esiste un sistema di generatori di V (V è finitamente generato), diciamo V = L(u 1,..., u m ). Chiaramente V = L(u 1,..., u m ) L(v 1,..., v n, u 1,..., u m ) V quindi anche v 1,..., v n, u 1,..., u m sono generatori di V : se applichiamo il metodo degli scarti all insieme (ordinato) di generatori v 1,..., v n, u 1,..., u m nessuno dei primi n vettori può essere scartato (perché nessuno di loro dipende da quelli che lo precedono essendo i vettori v 1,..., v n linearmente indipendenti). Quindi l insieme che si ottiene dopo aver applicato il metodo degli scarti a v 1,..., v n, u 1,..., u m contiene tutti i vettori v 1,..., v n e, per quanto osservato al paragrafo precedente, è ancora un sistema di generatori di V = L(v 1,..., v n, u 1,..., u m ): fissato un ordine otteniamo allora una base contenente i vettori dati. Molto spesso si riassume l affermazione i) dicendo che da ogni insieme di generatori si può estrarre una base, l affermazione ii) dicendo che ogni insieme di vettori linearmente indipendenti può essere completato a base. Esempio 13.2.9. In R 4 si considerino i vettori v 1 = (1, 2, 1, 1), v 2 = (2, 1, 1, 0), v 3 = (0, 0, 0, 0), v 4 = (1, 1, 0, 0), v 5 = (4, 4, 0, 1). Vogliamo trovare un sottoinsieme di { v 1, v 2, v 3, v 4, v 5 } costituito da vettori linearmente indipendenti. Applicando il metodo degli scarti abbiamo costruito nell Esempio 13.1.2 la base B = (v 1, v 2, v 4 ) di L(v 1, v 2, v 3, v 4, v 5 ) R 4. In particolare i vettori v 1, v 2, v 4 sono linearmente indipendenti in R 4, dunque è possibile completarli a base. Si consideri la base canonica C = (e 1, e 2, e 3, e 4 ) di R 4 e si applichi il metodo degli scarti all insieme ordinato v 1, v 2, v 4, e 1, e 2, e 3, e 4 : verifichiamo che e 1 L(v 1, v 2, v 4 ). Infatti abbiamo visto nell esempio 13.1.2 che l equazione vettoriale α 1 (1, 2, 1, 1) + α 2 (2, 1, 1, 0) + α 3 (1, 1, 0, 0) = (1, 0, 0, 0) non ha soluzione. Concludiamo che esiste una base di R 4 i cui primi elementi sono v 1, v 2, v 4, e 1. Osserviamo poi che e 2, e 3, e 4 L(v 1, v 2, v 4, e 1 ): infatti e 2 = 0(1, 2, 1, 1) + 0(2, 1, 1, 0) + (1, 1, 0, 0) (1, 0, 0, 0), e 3 = 0(1, 2, 1, 1) + (2, 1, 1, 0) (1, 1, 0, 0) (1, 0, 0, 0), e 4 = (1, 2, 1, 1) + (2, 1, 1, 0) 3(1, 1, 0, 0) + 0(1, 0, 0, 0), quindi B = (v 1, v 2, v 4, e 1 ) è base di R 4 ed è diversa dalla base canonica C = (e 1, e 2, e 3, e 4 ).