Argomenti scelti di storia della Matematica. Enrico Rogora

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1 Argomenti scelti di storia della Matematica Enrico Rogora 30 gennaio 2015

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3 Introduzione Se vogliamo prevedere il futuro della matematica la cosa appropriata da fare è studiare la storia e la condizione attuale della scienza (H. Poincaré). Cominciamo con una domanda: perchè un corso di Storia della Matematica? Nonostante la proliferazione delle specializzazioni cui assistiamo da più di un secolo, la matematica è una scienza profondamente unitaria con i suoi problemi fondamentali. Se le diverse specializzazioni non contribuiscono a questi problemi, divengono presto sterili. La matematica è un organismo per la cui forza vitale l unione indissolubile delle parti è una condizione necessaria (D. Hilbert). La riflessione storica permette di recuperare una visione unitaria della matematica e della matematica nella cultura, che oltre ad essere condizione necessaria a garantirne la vitalità scientifica è anche condizione necessaria perché la matematica possa svolgere un ruolo culturale significativo e utile per la società. In questo senso, io credo che la storia della matematica rivesta un ruolo insostituibile, in particolare, nella preparazione degli insegnanti di matematica. Nel tentativo di comprendere lo svilupo storico delle idee fondamentali, dei problemi e degli approcci alla matematica bisogna provare a calarsi nella mentalità e nel modo di pensare dell epoca storica che si sta considerando. Questo insegna a mettere in discussione i preconcetti e i pregiudizi interpretativi e a ritenere relative le acquisizioni storiografiche. L utilità di una forma mentis aperta al superamento di modi di pensare cristallizzati, la capacità di calarsi in altri modi di pensare, la capacità di riconoscere il valore dei contributi passati, è importante nella preparazione del matematico in generale e nella preparazione dell insegnante di matematica in particolare. Si tratta inoltre, a mio avviso, di una qualità fondamentale per affrontare le gigantesche e nuove sfide del mondo contemporaneo. 3

4 4 Le applicazioni della matematica rivestono oggi un ruolo sociale ambivalente e potenzialmente pericoloso. Da una parte, la matematica può dare contributi essenziali al progresso della società. Quando si devono prendere decisioni che hanno a che fare con il benessere dell uomo, nessuna decisione dovrebbe essere presa senza la conoscenza che l analisi e il calcolo possono fornire (D. Bernoulli). Da un altra parte, la matematica viene spesso utilizzata, volontariamente o per imperizia o per scarsa conoscenza dei suoi limiti, per distorcere la realtà, attraverso l impiego di modelli matematici e indicatori numerici inadeguati o fraudolenti. La riflessione storica è occasione insostituibile per fornire una approfondita consapevolezza dell unità della matematica e della sua pericolosa ambivalenza. Credo che lo studio della storia della matematica, collocata nel contesto più generale della storia della scienza, non sia una curiosità da riservare agli eruditi, ma si invece una importantissima e insostituibile occasione per riflettere sui problemi del mondo contemporaneo. Mi limito a citare, in proposito, un brano di Lucio Russo[2] sul perchè studiare la storia della scienza antica: ciò che rende oggi drammaticamente attuale lo studio della scienza antica, e allo stesso tempo spiega la scarsa considerazione in cui è stata tenuta negli ultimi due secoli, è la sua tragica fine. L idea, ingenua e pericolosa, di un progresso continuo ed automatico dell umanità, assicurato dallo sviluppo scientifico, ha potuto svilupparsi solo a patto di nascondere l antica sconfitta della scienza. Oggi che queste pericolose illusioni sembrano cadute è venuto meno il principale ostacolo a una corretta ricostruzione storica. D altra parte, chi è interessato a difendere la razionalità scientifica dagli attacchi [[e dagli usi impropri]] che sempre più ne mettono in forse il futuro, deve essere consapevole che si tratta di una battaglia che un giorno è stata già perduta, con conseguenze millenarie su tutti gli aspetti della civiltà. In questo corso affronteremo soprattutto la storia del Calcolo differenziale ed integrale, come esito di una aspra battaglia durata duemila anni, per conquistare il controllo dell infinito in matematica.

5 5 Il calcolo differenziale e integrale e l analisi matematica in generale costituiscono uno dei grandi traguardi raggiunti dalla mente umana. Il loro posto tra le scienze naturali e quelle umanistiche dovrebbe garantire il ruolo dell analisi come tramite singolarmente fecondo di cultura. Sfortunatamente il modo meccanico con il quale viene talvolta insegnata non permette di presentare l argomento come il risultato di una drammatica battaglia intellettuale durata per più di duemila e cinquecento anni, profondamente radicata in numerosi fasi degli sforzi dell uomo, che continuerà fino a che l uomo combatte per comprendere se stesso e la natura che lo circonda. Dalla prersentazione di R. Courant al libro di Boyd sulla Storia del Calcolo differenziale.

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7 Capitolo 1 L infinito nella Matematica greca In questo capitolo tratteremo dei paradossi di Zenone, della riflessione filosofica e della assiomatizzazione matematica in Grecia, del problema dell infinito nella matematica greca, della teoria delle proporzioni di Eudosso e del principio di esaustione, degli Elementi di Euclide, del calcolo dei volumi e dei baricentri di Archimede. La tradizione greca fa risalire la nascita della matematica ellenica 1 a Talete, cui attribuiva l inizio dell analisi razionale dei risultati della matematica egiziana, e a Pitagora, fondatore di una famosa associazione filosofica - scientifica - politica e religiosa. Per la matematica ellenica abbiamo una assenza totale di fonti primarie. La ricostruzione della matematica ellenica avviene solo attraverso la consultazione di fonti indirette. Quale idea di dimostrazione avevano i greci nell età ellenica? La dimostrazione contenuta nel Menone dell uguaglianza del quadrato costruito sull ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele con il doppio del quadrato costruito su un cateto ci può dare un idea del livello di rigore raggiunto dalla matematica ellenica (cfr. Lettura Platone, dal Menone, paragrafi ). Nello sviluppo della matematica ellenica, un ruolo importante è da attributirsi alle aporie, cioè le conseguenze contraddittorie ottenute da certe premesse. Le più famose sono: 1. l incommensurabilità tra la diagonale e il lato di un quadrato 2 ; 2. i paradossi di Zenone. 1 Quindi la matematica che precede Euclide e Archimede, che si qualifica come matematica ellenistica. 2 che mostra la contraddittorietà dell ipotesi pitagorica che esista un sottoomultiplo comune ad ogni coppia di grandezze 7

8 8 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA 1.1 Grandezze incommensurabili I Pitagorici per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire e, nutriti dalle medesime, credettero che i principi di queste fossero principi di tutti gli esseri. E, poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i principi primi, e appunto nei numeri essi ritenevano di vedere, più che nel fuoco e nella terra e nell acqua, molte somiglianze con le cose che sono e che si generano [...] pensarono che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose. Aritotele, Metafisica, A5, 985-b24-986a2 Geometricamente sembra che i pitagorici pensassero una unità numerica come un punto esteso o una sfera estremamente piccola. Secondo la concezione filosofica dei pitagorici doveva esistere una unità geometrica fondamentale, analoga all unità dei numeri naturali 3. Questo implica che ogni coppia di segmenti debba ammettere un sottomultiplo comune. L incommensurabilità tra la diagonale e il lato di un quadrato mostra l incoerenza della filosofia naturale pitagorica. Per i Pitagorici non si tratta semplicemente di aver scoperto che esistono rapporti non razionali, ma di aver scoperto che il loro mondo è contraddittorio e la loro reazione è di comprensibile sgomento. La tradizione attribuisce ad Ippaso la divulgazione della scoperta delle grandezze irrazzionali. Di Ippaso si racconta che fosse dei Pitagorici, ma che, per aver divulgato per primo la costruzione della sfera di dodici pentagoni, perisse in mare come empio:... (246)Colui che per primo rivelò la natura delle grandezze commensurabili e incommensurabili agli indegni di partecipare a tali cognizioni, si dice che incorresse in tanto odio che non solo fu escluso da ogni compagnia e convivenza, ma anche gli fu costruita una tomba, come se colui, ch era una volta un compagno, avesse davvero cessato di vivere. (247)Altri dicono che anche la divinità si adirasse con i divulgatori delle dottrine di Pitagora. Perì infatti come empio in mare colui che rivelò come s iscrive nella sfera l icosagono, cioè il dodecaedro, una delle cinque figure dette solide. Alcuni però narrano che questo accadesse a colui che aveva propagato la dottrina degli irrazionali άλογος e degli incommensurabili Giamblico ( d.c.) 3 In realtà bastava richiederlo solo per ogni coppia di grandezze omogenee.

9 1.2. I PARADOSSI DI ZENONE 9 Aristotele, nella sua esposizione del metodo di ragionamento per assurdo, in Primi Analitici (41a 24-50a 37), rimanda alla dimostrazione dell irrazionalità del rapporto tra lato e diagonale del quadrato in questo modo: se il lato e la diagonale sono supposti commensurabili, si può dedurre che i numeri dispari sono uguali ai numeri pari; questo assurdo ci dà l incommensurabilità delle grandezze considerate. Una dimostrazione completa secondo queste linee ci è pervenuta come scholio (commento ) al decimo libro di Euclide. Le linee essenziali di questa dimostrazione sono ancora quelle che ripercorriamo oggi 4. Detto α il rapporto tra il lato e la diagonale del quadrato, supponiamo che α = m/n sia razionale e che m ed n siano ridotti ai minimi termini. Per il teorema di Pitagora relativo ai triangoli rettangoli isosceli (cfr. Platone, Menone (82b-85b), riportato nei brani da leggere, Lettura Platone, Menone), m 2 /n 2 = 2, quindi m 2 = 2n 2 è pari, allora m è pari, quindi m 2 è divisibile per 4, quindi n 2 è divisibile per 2, quindi n è pari e questo mostra l assurdo. Per i pitagorici i rapporti irrazionali sono inconciliabili con la loro filosofia del mondo. Per i matematici la sfida non è filosofica: si tratta di elaborare una teoria matematica capace di trattare i rapporti non razionali. La scoperta dell irrazionalità è una scoperta che ha avuto enormi conseguenze nella storia del pensiero matematico. Ha portato a riconsiderare la costruzione dell intero edificio della geometria elementare in modo da poter includere nella teoria delle proporzioni i rapporti non razionali, ma soprattutto ha forzato l abbandono di un approccio plausibile in favore di un approccio logicamente rigoroso. Questo approccio tiene ben separata l interpretazione filosofica del fondamento logico della geometria, compiendo un passo fondamentale nella separazione tra scienza e filosofia I paradossi di Zenone I paradossi di Zenono non ci sono giunti nella loro formulazione originale ma attraverso la presentazione che di essi ne fa Aristotele nella Physica, VI, 9 (Cfr. Letture, 1.2). Sono quattro paradossi contro il movimento 6 ; 1. la dicotomia 4 Aggiungere brano originale. 5 Questo passaggio mi sembra che venga compiuto interamente nella scienza ellenistica, mentre viene a fatica preservato nella sola matematica nei secoli successivi. Quando ritorna nella scienza? 6 Sono conosciuti altri paradossi dovuti a Zenone, contro la molteplicità, di cui non faremmo cenno in queste lezioni.

10 10 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA 2. la freccia 3. Achille e la tartaruga 4. lo stadio Riportiamo la riformulazione dei paradossi dovuta a Burnett 7. Riformulazione di Burnett del paradosso della dicotomia Non è possibile attraversare un numero infinito di punti in un tempo finito. Bisogna attraversare la metà di ogni data distanza prima che attraversare l intera distanza; e la metà della metà prima di attraversare la metà, e così via Riformulazione di Burnett del paradosso di Achille e della tartaruga Achille deve prima raggiungere il punto da dove è partita la tartaruga. In quel lasso di tempo, la tartaruga sarà avanzata di un piccolo tratto, che Achille deve ulteriormente attraversare prima di raggiungere la tartaruga. E così egli sarà sempre più vicino alla tartaruga ma non sarà mai in grado di raggiungerla. Riformulazione di Burnett del paradosso della freccia Il terzo argomento contro la possibilità del moto attraverso uno spazio costituito di punti è che, in questa ipotesi, una freccia in ogni dato istante del suo volo deve essere a riposo in un qualche punto particolare. Riformulazione di Burnett del paradosso dello stadio Supponiamo che ci siano tre file parallele di punti, giustapposti come in Figura 1. Fig. 1 A B C Una di queste (B) è immobile, mentre A e C si muovono in opposte direzioni con velocità uguale fino a raggiungere la posizione rappresentata nella Figura 2. Fig. 2 <- A B C > 7 Aggiungere citazione.

11 1.2. I PARADOSSI DI ZENONE 11 Il movimento di C relativamente ad A sarà doppio del suo movimento relativamente a B o, in altre parole, ogni dato punto in C ha passato il doppio dei punti in A dei punti che ha superato in B. Non può succedere quindi che il passaggio da un punto al successivo corrisponda ad un istante di tempo Osservazioni sui paradossi di Zenone I paradossi di Zenone testimoniano un dibattito filosofico appassionato sul tema dell infinito nel periodo ellenico. Zenone, allievo di Parmenide, credeva nel fatto che movimento e molteplicità fossero illusorie e che in realtà ci fosse solo una unità immutabile. Credeva inoltre che la ragione fosse in grado di rivelare l illusione della molteplicità e del movimento. I suoi paradossi sono concepiti per dimostrare logicamente come dall ipotesi del movimento segue un assurdo. Molti commentatori ritengono che la dicotomia e Achille e la tartaruga siano paradossi contro la concezione dello spazio e del tempo come enti reali continui mentre la freccia e lo stadio siano paradossi contro la visione pitagorica dello spazio e del tempo come unione discreta di unità elementari. I paradossi di Zenone erano argomenti filosofici proposti per criticare le concezione filosofica del mondo avverse alla visione di Parmenide e Zenone. Essi mostrano, ancor oggi, quanto siano delicati i concetti di spazio, tempo e infinito e l inadeguatezza del linguaggio ordinario per trattare tali questioni. La soluzione dei paradossi di Zenone attraverso l uso del calcolo differenziale riguardano solo parzialmente la soluzione del problema filosofico posto dai paradossi e non ci devono far dimenticare che il modello matematico di spazio e movimento basato sui numeri reali resta comunque parziale e problematico nella sua corrispondenza con la realtà. Basti pensare all inadeguatezza del modello classico per la descrizione subatomica del movimento. L infinito è un concetto che nasce nella riflessione filosofica sulla realtà e la matematica è in grado, fino a un certo punto, di manipolare l infinito ma non di dominarlo completamente. Nell ambito della filosofia greca, il dibattito sui paradossi di Zenone mette in luce chiaramente la difficoltà di trattare l idea di infinito e le insidie nascoste nel ragionare attorno ad esso. Aristotele, per risolvere filosoficamente i paradossi di Zenone propone una divisione dell infinito in potenziale e attuale e la matematica ( cfr. Lettura Aristorele, dal Menone, Sui paradossi di Zenone.), fino a Cantor, seguirà il suggerimento di Aristotele di bandire l infinito attuale dai ragionamenti matematici e di cercare di limitare e controllare in maniera indiretta l uso dell infinito potenziale, per esempio con il procedimento di esaustive di Eudosso per il calcolo delle aree e dei volumi di figure

12 12 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA non decomponibili in un numero finito di pezzi elementari, cioè triangoli o parallelepipedi. 1.3 Eudosso La soluzione di entrambe le aporie è dovuta ad Eudosso di Cnido, contemporaneo di Platone (quarto secolo avanti Cristo), matematico, fisico e astronomo insigne. Per quanto riguarda il problema delle grandezze irrazionali, Eudosso sviluppò una teoria della proporzioni nella quella rinunciò a trattare i rapporti irrazionali in maniera aritmetica, per considerarli in maniera algebricogeometrica. Non conosciamo l opera originale di Eudosso sulle proporzioni ma solamente l esposizione fattane da Euclide nel quinto libro degli Elementi. Per quanto riguarda le problematiche sollevate dai paradossi di Zenone, Eudosso non propose un modello di spazio e movimento entro cui risolvere i paradossi, ma fornì uno strumento per eliminare l uso diretto dell infinito dai ragionamenti matematici relativi al calcolo di aree, volumi e baricentri, in cui tale uso sembrava necessario e quindi non giustificabile alla luce delle critiche Zenoniane 8. Si tratta del metodo di esaustione, anch esso utilizzato ed esposto da Euclide negli Elementi e da Archimede nelle sue opere. 1.4 Gli elementi di Euclide Il testo degli Elementi fu composto intorno al 300 a.c. È il testo esemplare della matematica ellenistica. È costituito da 13 libri. I primi quattro libri trattano della geometria piana senza la teoria delle proporzioni. Libro I. Si apre enunciando 3 serie di principi (definizioni, postulati, nozioni comuni). Si tratta la teoria dell uguaglianza di triangoli e dell equivalenza di poligoni. I risultati principali sono: la somma degli angoli di un triangolo è pari a un angolo piatto; il quadrato costruito sull ipotenesa di un triangolo rettangolo è uguale ai quadrati costruiti sui cateti (Teorema di Pitagora). Libro II: costruzione del quadrato equivalente a un poligono qualsiasi. Libro III: Proprietà del cerchio. 8 È troppo superficiale il legame tra la teoria delle proporzioni, i paradossi di Zenone e l opera di Eudosso.

13 1.4. GLI ELEMENTI DI EUCLIDE 13 Libro IV: Costruzioni relative ai poligoni regolari Il Libro V contiene una esposizione generale della teoria delle proporzioni, relativa a rapporti qualsiasi, anche irrazionali. Il Libro VI applica la teoria delle proporzioni alla geometria piana. Nei Libri VII, VIII e IX viene esposta la teoria geometrica delle grandezze intere, viene discusso l algoritmo per il calcolo del massimo comun divisore di due grandezze intere e si dimostra l infinità dei numeri primi. Il Libro X tratta delle irrazionalità. I Libri XI, XII e XIII trattano della geometria dello spazio Euclide affronta il problema dell infinito in diversi punti della sua opera. Approfondiremo seguenti. Grandezze incommensurabili: definizione 5 del Libro V. L infinità dei numeri primi: proposizione 20 del Libro IX. Un limite geometrico: proposizione 1 del Libro X. Il metodo di esaustione: proposizione 2 del Libro XII Sulle grandezze incommensurabili (Cfr. Letture, Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro V. definizioni V e VI). Secondo i Pitagorici, ad ogni coppia di grandezze omogenee A, B è possibile associare una coppia di numeri interi m ed n che esprimono la proporzione tra le due grandezze, ovvero tali che na = mb. Sulla base di questa ipotesi, i matematici pitagorici ottennero numerosi risultati geometrici applicando il metodo delle proporzioni (per esempio, probabilmente, il teorema di Pitagora, dimostrato con la proporzionalità del triangolo rettangolo di partenza con quelli determinati dall altezza relativa all ipotenusa). La scoperta delle grandezze incommensurabili mise in crisi i risultati ottenuti con la teoria pitagorica delle proporzioni. Sarà Eudosso a indicare la strada per estendere la definizione di proporzione a grandezze incommensurabili, in modo da riprstinare interamente i risultati della teoria pitagorica. Il punto di vista di Eudosso è quello di sostituire la definizione aritmetica con una definizione per astrazione che ha costituito per secoli uno scholio alla comprensione delle parti più avanzate degli elementi.

14 14 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA Una definizione per astrazione consiste nell introdurre una relazione di equivalenza su un insieme di oggetti. Due oggetti saranno equivalenti se e solo se posseggono una stessa proprietà, che può essere quindi definita implicitamente dal criterio di equivalenza. Per esempio, per definire i numeri razionali si può considerare sull insieme delle coppie di numeri interi (m, n), con n 0 la relazione di equivalenza (m, n) (m, n ) sse mn = m n. Un numero razionale è definito quindi da un intera classe di coppie equivalenti, che hanno in comune la proprietà di definire appunto lo stesso numero razionale. Si osservi che, per definire una operazione (o più una qualunque costruzione) sui numeri razionali, e più in generale sulle classi di una data relazione di equivalenza, è possibile definire la costruzione sugli elementi rappresentanti delle classi ma è necessario verificare che la costruzione risulta indipendente dalle classi scelte. Per esempio, per definire la somma di due numeri razionali posso definire (m, n) + (r, s) = (ms + rn, ns) ma bisogna verificare che (m, n) (m, n ) e (r, s) (r, s ) implica (m, n)+(r, s) (m n )+(r, s ) Per affrontare la definizione di Eudosso di rapporto conviene osservare preliminarmente che, data una coppia di grandezze omogenee (A, B) e una coppia di numeri naturali (m, n), ovvero un rapporto razionale, è possibile definire (A, B) > (m, n) sse na > mb e analogamente per (A, B) < (m, n) e (A, B) = (m, n). La definizione generale di rapporto viene data negli Elementi per astrazione. Due coppie di grandezze omogenee (A, B) e (C, D) hanno lo stesso rapporto ovvero sono proporzionali se e solo se ogni rapporto razionale maggiore della prima coppia è anche maggiore della seconda, ogni rapporto razionale minore della prima coppia è anche minore della seconda, ogni rapporto razionale uguale alla prima coppia è anche uguale alla seconda.. Si noti che per verificare l equivalenza tra due coppie è necessario verificare le condizioni dette per ogni rapporto razionale. Si tratta di una definizione difficile da capire e da utilizzare perché coinvolge infinite condizioni. La definizione fu quindi spesso mal compresa. Anche Galileo non comprese il senso di questa definizione e cercò di sostituirla con una più semplice, ma inadeguata 9. 9 Aggiungere riferimento, dal commento di Frajese agli elementi di Euclide.

15 1.4. GLI ELEMENTI DI EUCLIDE 15 La definizione per astrazione per Eudosso può essere riformulata osservando che un rapporto tra grandezze omogenee è completamente specificato dall insieme dei numeri razionali che sono rispettivamente minori, maggiori o uguali al rapporto. Una rapporto di grandezze omogenee determina quindi una coppia di sottoinsiemi A e B dell insieme dei numeri razionali positivi Q + (A è l insieme dei razionali minori del rapporto e B l insieme dei razionali maggiori o uguali al rapporto) aventi le seguenti proprietà: A B = Q + A e B = a A e b B, allora a < b A è priva di massimo La coppia A, B non è altro che una sezioni di Dedekind, il fondamento della moderna definizione di numero reale. Si osservi però che il punto di vista di definire un numero reale come una sezione, astraendo completamente dalla coppia di segmenti permette di considerare numeri che non esprimono alcun rapporto geometrico, cioè da che non provengono da coppie di segmenti costruibili con riga e compasso L infinità dei numeri primi (Cfr. Letture, Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro IX, Proposizione 20). La dimostrazione dell infinità dei numeri primi, contenuta nella proposizione 20 del Libro IX, è del tutto analoga a quella che si fornisce oggi. Si noti solamente che l algoritmo euclideo per calcolare il massimo comun divisore tra due numeri, necessario per la dimostrazione, si basa sulla differenza di segmenti invece che sul resto del quoziente di due numeri, ma lo schema che si segue è il medesimo. Alla coppia (a, b) si sostituisce una nuova coppia min(a, b), max(a,b)-min(a,b) e così via, iterativamente fino ad ottenere il secondo elemento della coppia uguale a zero. Il primo è allora il massimo comun divisore cercato L assioma di Archimede (Cfr. Letture, Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro X, Proposizione 1). Nella proposizione 1 del libro X Euclide dimostra che togliendo da una grandezza un pezzo maggiore o uguale della sua metà e iterando il procedimento un numero sufficiente di volte, si arriva ad ottenere una grandezza piccola a

16 16 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA piacere. In un certo denso, si può affermare che tale proposizione porti al calcolo del limite di una particolare successione di operazioni geometriche. Tale proposizione è fondamentale per applicare il principio di esaustione. Per la sua dimostrazione non sono sufficienti gli assiomi enunciati da Euclide ma è necessario un ulteriore postulato inespresso che prende il nome di postulato di Archimede che afferma che presa una qualsiasi grandezza (arbitrariamente grande) e una seconda grandezza (arbitrariamente piccola) esiste sempre un multiplo finito della seconda più grande della prima Applicazione del metodo di esaustione alla determinazione dell area di un cerchio (Cfr. Letture, Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro XII, Proposizioni 1 e 2). Nella matematica greca le aree e i volumi delle figure non vengono espresse con numeri ma attraverso il confronto con grandezze simili. Per esempio, non si dice che l area di un triangolo è uguale al prodotto di base per altezza diviso due ma che il triangolo è equivalente al parallelogramma avente uguale altezza e uguale base. Il confronto tra figure viene effettuato combinando un criterio di equidecomposizione con un criterio di inclusione. Questo permette di dimostrare, per esempio, che un parallelogramma è equivalente al rettangolo con la stessa base e di uguale altezza. e che ogni poligono iscritto in un cerchio è minore del cerchio. Per la determinazione dell area del cerchio è necessario passare da figure poligonali a figure curvilinee. È in questo passaggio che si presenta un problema con l infinito, che viene abilmente controllato con il metodo di esaustione. La proposizione 2 del Libro XII afferma che i cerchi stanno tra loro come i quadrati dei diametri Questa proposizione, espressa con riferimento ai numeri reali, afferma che esiste una costante K tale che, l area di un cerchio misura K d 2, dove d è il diametro. La proposizione può essere precisata, sempre nello spirito della matematica greca, dimostrando che il cerchio è equivalente al triangolo avente come base la circonferenza e come altezza il raggio, ma questo non viene considerato in Euclide. Troviamo questo enunciato più preciso, ma estraneo alle costruzioni con riga e compasso, nell opera di Archimede (cfr. Letture, Archimede, dalla Misura del cerchio)

17 1.5. L OPERA DI ARCHIMEDE 17 La dimostrazione del teorema viene fatta con il metodo di esaustione. Si vuole dimostrare che, dati due cerchi C e C di diametri rispettivamente uguali a d e d, vale la proporzione q(d) : q(d ) = C : C dove q(d) indica il quadrato su d. Sia S la grandezza tale che q(d) : q(d ) = C : S cioè il quarto proporzionale delle tre grandezze omogenee assegnate. Per dimostrare che C = S, Euclide dimostra che entrambe le assunzioni S < C e S > C portano ad un assurdo. Sia S < C e sia P n il poligono regolare con 2 n+1 lati, inscritto in C. Passando da P n a P n+1, per passare dal residuo di C rispetto a P n al residuo di C rispetto a P n+1 si toglie almeno la metà della grandezza precedente Per il lemma X.1 possiamo quindi scegliere n tale che C P n < C S e quindi S < P n. Sia or P n il poligono regolare con 2 n+1 lati inscritto in C. Allora, per XII.1 q(d) : q(d ) = P n : P n che abbinato a q(d) : q(d ) = C : S e al fatto che P n < C implica P n < S che insieme a S < P n produce un assurdo. Quindi non può essere S < C. Con ragionamenti simili si dimostra anche che non può essere S > C. Il metodo di esaustione evita la considerazione di un processo infinito, osservando che ogni ipotizzata discrepanza dall uguaglianza che si vuole dimostrare può essere falsificata con una costruzione finita. 1.5 L opera di Archimede Archimede Nacque a Siracusa, probabilmente nel 287 a.c. e morì nel 212 a.a. durante il saccheggio di Siracusa. Se lo stile di Euclide si può definire elementare, quello di Archimede è uno stile per iniziati. Archimede comincia dove Euclide finisce anche se entrambi adottano una trattazione rigorosamente deduttiva, procedendo logicamente alla deduzione di risultati complessi da pochi postulati evidenti.

18 18 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA Archimede non disdegna regole di misura (Misura del cerchio) e calcoli aritmetici (Arenario) e coltiva interessi di meccanica (sull equilibrio dei piani) e idrostatica (sui galleggianti). Nonostante il rigore cristallino delle sue opere, Archimede è ben conscio dell importanza dell intuizione, come dimostra il suo metodo euristico per il calcolo dei volumi basato su analogie meccaniche (Il metodo) La quadratura del cerchio (Cfr. Letture, Archimede, Lettura, dalla misure del cerchio: sulla quadratura del cerchio 10 ). Il cerchio è uguale a un triangolo che ha come base la circonferenza e come altezza il raggio. Detto C il cerchio e T il triangolo si tratta di dimostrare che non può essere C > T nè C < T. Consideriamo il poligono iscritto di 2 n+1 lati, che chiamiamo P n, e il triangolo T n che ha come base il perimetro del poligono e come altezza l apotema, e che dunque è equivalente a P n. Poiché il perimetro del poligono è minore della circonferenza (cioè della base di T ) e la sua altezza minore del raggio (che è l altezza di T ), il triangolo T n è contenuto in T e quindi si avrà T n < T. D altra parte aumentando il numero dei lati, il poligono P n approssima sempre meglio il cerchio: più precisamente, data una qualsiasi area Q, si potrà trovare un numero n tale che C P n < Q = C T. Infatti basta osservare che raddoppiando il numero dei lati, passando da n a n + 1, si toglie a C P n più della metà e quindi si può usare la proposizione di Euclide, X.1. Ciò premesso, supponiamo per assurdo che sia C > T. Allora presa come Q la differenza C T, si potrebbe trovare un poligono inscritto P n, tale che C P n < Q = C T, e quindi P n > T. Ma questo è assurdo, perché P n = T n < T. Analogamente, considerando i poligoni circoscritti, si dimostra che non può essere C < T e dunque risulterà C = T. 10 Il termine quadratura indica la procedura per arrivare a costruire un quadrato (o un rettangolo, o un triangolo) equivalente alla figura assegnata.

19 1.5. L OPERA DI ARCHIMEDE La quadratura del segmento di parabola (Da Archimede, sulla quadratura della parabola) Sia data una parabola. Se A e C sono due suoi punti, la parte di piano racchiusa tra il segmento AC e l arco di parabola compreso tra A e C si chiama segmento di parabola di base AC. Il punto B dell arco di parabola che si trova alla massima distanza dalla retta AB si dice vertice del segmento di parabola. Postulato Se due grandezze sono diseguali, esiste un multiplo della differenza che supera ogni grandezza precedentemente fissata. Abbiamo già osservato come questo postulato sia necessario per dimostrare il teorema X.2 degli Elementi (di Euclide). Viene detto Postulato di Archimede. Lemma 1 Se B è il vertice del segmento di parabola di base AC, l area del tringolo ACB è maggiore della metà dell area del segmento di parabola. Lemma 2 Se B è il segmento di parabola di lato AC e D è il vertice del segmento di parabola di lato AB, l area del triangolo ADB è un ottavo di quella del traingolo ABC. Archimede innanzitutto descrive una procedura iterativa per coprire l area del segmento con una rete di triangoli di cui sa misurare l area. A questo scopo associa ad ogni segmento di parabola il triangolo avente come base la base del segmento di parabola e come terzo vertice il vertice del segmento di parabola. Al passo zero, considera il triangolo associato al segmento di parabola assegnato. Al primo passo considera i due segmenti di parabola di lati uguali ai due lati del triangolo diversi dal lato del segmento di parabola iniziale e i due triangoli associati. Iterando la costruzione, al passo n-esimo considera 2 n triangoli e quindi 2 n+1 nuovi segmenti di parabola, costruiti sui nuovi lati dei triangoli. Sia A n la grandezza di tutti i triangoli costruiti al passo n-esimo. Per il lemma 2,

20 20 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA A 1 = A 0 = 1 4 A 0, A 2 = 2 2 ( 1 8 )2 A 0 = ( 1 4 )2 A 0,..., A n = 2 n ( 1 8 )n A 0 = ( 1 4 )n A 0. Lemma 3 Se A 0, A 1, A 2,..., A n sono una successione di grandezze, ciascuna la quarta parte della precedente, allora A 0 + A A n = 4 3 A A n Si dimostra utilizzando la formula per la somma di una progressione geometrica, che Archimede dimostra con strumenti geometrici. Teorema La grandezza S del segmento di parabola è uguale a 4/3 l area del triangolo A 0 avente come base la base del segmento di parabola e come terzo vertice, il vertice del segmento di parabola. La dimostrazione di Archimede procede mostrando per esaustione che entrambe le ipotesi S < 4A 3 0 e S > 4A 3 0 portano ad un assurdo. Supponiamo S > 4A 3 0. Sia E = S 4A 3 0. Allora S = A 0 + A 1 + A A n + ɛ n = 4 3 A 0 + E dove ɛ n indica l area del segmento di parabola che all n-esimo passo risulta non coperta dai triangoli. Pur di prendere n abbastanza grande, possiamo avere ɛ n < E, per il Lemma 1 e per Euclide X.1, (stiamo togliendo ad ogni passo più di metà di quello che resta del segmento parabolico al passo precedente). Quindi A 0 + A 1 + A A n > 4 3 A 0 e questo contraddice il lemma 3. Supponiamo S < 4 3 A 0. Sia F = 4 3 A 0 S. Per il lemma di Archimede, pur di prendere n sufficientemente grande, 1 3 A n < F. Per il Lemma 3 allora e quindi 4 3 A n < A 0 + A A n + F S < A A n e questo è falso in quanto il secondo membro è la grandezza di una figura contenuta nel segmento di parabola.

21 1.5. L OPERA DI ARCHIMEDE 21 Archimede utilizza la teoria elementare dei poligoni di Euclide per ottenere risultati più avanzati relative all area di figure curvilinee. Analogamente la teoria dei cerchi era utilizzata dagli astronomi ellenisti per studiare le orbite più complicate dei pianeti. Come l approssimazione con i triangoli permette di studiare figure molto generali, l approssimazione con cerchi permette di studiare curve molto generali Il metodo di Archimede Il metodo di esaustione non ha alcun valore euristico. Non conduce a trovare un risultato ma solo dimostrarne rigorosamente l esattezza. Un metodo euristico per trovare i risultati relativi alle aree e ai volumi delle figure geometriche considerate da Archimede è descritto nel Metodo sui teoremi meccanici, riscoperto da Heiberg nel 1906 (e secondo alcuni storici, disponibile in epoca medioevale e rinascimentale, cfr. L. Russo, La rivoluzione dimenticata). Nel Metodo Archimede considera le figure piane come costituite dall insieme di tutte le rette in esse tracciate parallelamente ad una certa direzione e similmente le figure solide come costituite dalle loro sezioni piane parallele ad una certa giacitura. Il metodo comincia con una lettera ad Eratostene, direttore della Biblioteca di Alessandria, in cui Archimede annuncia l intenzione di spiegare il metodo euristico che utilizza per trovare le grandezze delle figure oggetto dei suoi studi (Cfr. Letture, Archimede, dal Metodo, introduzione). Si tratta di determinare il punto di equilibrio di una ipotetica bilancia alle estremità della quale vengono appese la figura di cui si vuole determinare la grandezza e una figura di grandezza nota. Il rapporto tra le grandezze delle figure è il reciproco delle lunghezze dei bracci della bilancia in equilibrio. Per determinare questo i rapporti dei bracci della bilancia in equilibrio, si immagina di equilibrare una per una le coppie di sezioni delle due figure che si ottengono con un fascio di rette o piani paralleli. Il procedimento viene spiegato in vari esempi, il primo dei quali riguarda il segmento di parabola.

22 22 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA Nella lettera è particolarmente interessante il valore attribuito da Archimede ai procedimenti euristici ma anche la chiara distinzione tra un procedimento euristico, pur coerente e convincente, e una dimostrazione rigorosa. Si noti che il metodo euristico non è automatico nel senso che non esiste una ricetta per trovare la figura elementare da equilibrare e del fascio delle rette o dei piani paralleli in cui sezionare le due figure (una delle quali può essere composta di più componenti, come nel caso della sfera). Il metodo di Archimede prevede una grande ingegnosità da parte di chi lo applica. Nelle prossime figure viene illustrato il procedimento euristico per il calcolo del volume della sfera. Bisogna accompagnare le figure alla lettura del brano originale di Archimede. (Cfr. Letture, Archimede, dal Metodo, la quadratura dell arco di parabola). Calcolo euristico del volume della sfera: configurazione di partenza Calcolo euristico del volume della sfera: ruotare Calcolo euristico del volume della sfera: tagliare e spostare

23 1.5. L OPERA DI ARCHIMEDE 23 Calcolo euristico del volume della sfera: riassemblare Diagramma per dimostrare le relazioni di Equilibrio

24 24 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA Osservazioni sul calcolo euristico del volume della sfera Le condizioni di bilanciamento dei dischi segato sul cilindro con i dischi segati sul cono e sulla sfera e trasportati opportunamente sono derivate da considerazioni geometriche. L unico punto euristico della dimostrazione riguarda il passaggio dal bilanciamento dei dischi a quello delle intere figure. La procedura sarebbe completamente formale se le sezioni fossero in numero finito, ma il passaggio dal procedimento finito a quello infinito è giustamente considerato euristico, in quanto ben nota ad Archimede la delicatezza e la sostanziale differenza del procedimento finito rispetto a quello infinito. Archimede osserva anche, alla fine della spiegazione della procedura per il calcolo del volume della sfera, la seguente analogia: il cerchio di raggio r è equivalente al triangolo di altezza r e base uguale alla lunghezza della circonferenza. La sfera di raggio r è equivalente al cono di altezza r e base uguale a quattro cerchi di raggio r. Archimede ipotizza allora che la superficie della sfera di raggio r sia equivalenti a quattro cerchi di raggio r. Si noti, come illustrazione della delicatezza delle induzioni aventi a che fare con l infinito, la non correttezza del seguente argomento. Sia fissato un cerchio di raggio r. Il triangolo rettangolo di base uguale a mezza circonferenza e altezza uguale al raggio (figura magenta) è equivalente a metà del cerchio (figura cìano). Facendo ruotare il triangolo intorno alla sua altezza e il semicerchio intorno al suo diametro otteniamo un cono e una sfera. Visto che facciamo ruotare superfici equivalenti potremmo congetturare che i solidi di rotazione ottenuti siano equivalenti. Questa congettura è falsa in quanto il cono ha volume 1 3 π2 r 3 e la sfera ha volume 4 3 πr3 Riflettendo su casi più semplici si capisce subito il perché. Si immagini di far ruotare un segmento verticale di data lunghezza posto a una data distanza dall asse di rotazione e lo stesso segmento posto a una distanza superiore. Le due superfici cilindriche hanno area diversa.

25 1.5. L OPERA DI ARCHIMEDE Area e volume della sfera con il metodo di esaustione La costruzione di un cerchio equivalente alla superficie di una sfera è discussa nella proposizione 33 dell opera sulla sfera e il cilindro. La costruzione di un cono equivalente a una sfera è discussa nella proposizione 34 dell opera sulla sfera e il cilindro. In entrambe le proposizioni viene impiegato il metodo di esaustione che evita un uso diretto dell infinito, come si fa invece nel metodo euristico. Nella discussione del volume della sfera si approssima la sfera con l unione di tronchi di cono. Si evita di calcolare la somma dei volumi dei tronchi di cono, introducendo un argomento geometrico per la costruzione di un solido equivalente. Si noti qui la difficoltà di Archimede di trattare direttamente le somme e le serie. Una ragione è che per lui non si tratta di sommare grandezze ma di operare su proporzioni (cfr. Saito, lettera matematica Pristem). Il calcolo diretto di una progressione aritmetica è fatto nel calcolo del volume del paraboloide Area e volume del paraboloide con il metodo di esaustione Nella trattazione di paraboloidi, iperboloidi ed elissoidi, Archimede sembra avvicinarsi molto alla procedura di integrazione di Cauchy - Riemann. L argomento utilizzato da Archimede si può dividere in due parti: considerazioni geometriche sulle proprietà dei solidi elementari con cui si approssimano le figure; calcolo della somma di una progressione aritmetica. Questa divisione non è così netta nelle altre applicazioni di Archimede del metodo di esaustione. Questo ha suggerito ad alcuni studiosi (cfr. Saito) di ipotizzare che: manca ad Archimede un metodo generale automatico e algoritmico per il calcolo dei volumi; manca l idea di approssimare il volume di una figura con somme di volumi di figure più semplici, sia perché manca l idea che il volume è un numero, sia perché la somma di grandezze in proporzione è ben più ardua della somma di numeri.

26 26 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA Forma finale del metodo di esaustione Sia P una figura che vogliamo dimostrare equivalente ad una seconda figura X. Siano I e C due serie di figure, inscritte e circoscritte a P, che soddisfano le condizioni 1. I < X < C 2. La differenza C I può essere resa piccola a piacere: Data una grandezza E, si può prendere una figura inscritta I e una figura circoscritta C in modo che sia C I < E. Se fosse, X > P si avrebbe X I < C I < E = X P cioè P < I che è impossibile poichè I è inscritto a P. Analogamente si mostra che se fosse X < P, si avrebbe assurdo C < P. Quindi risulta dimostrato che X = P.

27 1.6. LETTURE RELATIVE AL PRIMO CAPITOLO Letture relative al primo capitolo Platone, dal Menone Paragrafi Aristotele, sui paradossi di Zenone (trad. Silvia Andreozzi) Euclide Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro V. Materiali/EstrattoLibroV.pdf Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro IX. Materiali/EstrattoLibroIX.pdf Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro X. Materiali/EstrattoLibroX.pdf Euclide, dagli Elementi, estratto dal Libro XII. Materiali/EstrattoLibroXII.pdf Archimede Archimede, dalla misura del cerchio: sulla quadratura del cerchio Materiali/ArchimedeEstrattoMisuraCerchio.pdf

28 28 CAPITOLO 1. L INFINITO NELLA MATEMATICA GRECA Archimede, sulla quadratura dell arco di parabola Materiali/ArchimedeEstrattoQuadraturaParabola.pdf Archimede, dal Metodo: parabola Introduzione e quadratura dell arco di Materiali/ArchimedeEstrattoMetodo.pdf Archimede, applicazione del metodo euristico al calcolo del volume della sfera. Materiali/ArchimedeEstrattoMetodo2.pdf Archimede, estratto da la sfera e dal cilindro: sul calcolo del volume della sfera Materiali/ArchimedeEstrattoSfera.pdf Archimede, da Sferoidi e Paraboloidi: sul calcolo del volume del paraboloide di rotazione Materiali/ArchimedeEstrattoSferoidi.pdf

29 Capitolo 2 La rivoluzione copernicana e galileiana In questo capitolo discuteremo il ruolo della matematica nella rivoluzione scientifica di Copernico ( ), Keplero ( ) e Galileo ( ), la consapevolezza dell urgenza di ammettere l infinito nei ragionamenti necessari per trattare matematicamente il moto dei corpi e i caratteri salienti della scuola matematica italiana di Cavalieri e Torricelli. 2.1 Copernico Con il Concilio di Trento comincia la controriforma, che con l Inquisizione, la congregazione dell Indice e l impegno militare e politico per la riconversione dei protestanti alla fede cattolica a crea un clima poco propenso allo sviluppo del libero pensiero. È in questo clima che Copernico elabora la sua teoria eliocentrica che cercherà per tutta la vita, ma senza fortuna, di conciliare con la dottrina ufficiale della Chiesa 1. (Cfr. Letture, Copernico, prefazione e proemio). Tra il 1507 e il 1512 Copernico compone de hypothesibus motuum coelestium commentariolus, testo di scarsissima diffusione, in cui enuncia sette assiomi che stanno alla base del suo sistema: 1 La teoria eliocentrica era già stata formulata in epoca ellenistica da Aristarco di Samo. I contemporanei di Aristarco gli mossero obiezione che le stelle fisse non modificavani la propria posizione nella volta celeste nel corso dell anno, come invece avrebbero dovuto fare se la Terra fosse stata in movimento ed Aristarco correttamente replicò la ragione per cui non si osservavano questi moti apparenti si spiega con l enorme distanza delle stelle rispetto alle distanza tra la terra e il sole 29

30 30 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA 1. Non esiste un solo centro di tutte le sfere celesti; la Terra è il centro di rotazione della Luna, il Sole è il centro di rotazione degli altri pianeti. 2. Il Centro della Terra non coincide con il centro dell Universo, ma solo con il centro della gravità e della sfera della Luna. 3. Tutte le sfere celesti ruotano attorno al sole. 4. Il rapporto tra la distanza Terra-Sole e l altezza del firmamento è trascurabile rispetto al rapporto fra il raggio terrestre e la distanza Terra - Sole. 5. Tutti i moti che appaiono nel firmamento non derivano da moti del firmamento, ma dal moto diurno della Terra. 6. Ciò che ci appare come movimenti del Sole non deriva dal suo moto, ma dal moto della Terra e della nostra sfera con la quale ruotiamo attorno al Sole come altro pianeta. 7. L apparente moto retrogrado e diretto dei pianeti non deriva dal loro moto, ma da quello della Terra. Dal punto di vista cinematica, la descrizione dei moti dei pianeti fatta in accordo con il sistema copernicano non è migliore di quella fatta con il sistema tolemaico. Allora perché il sistema copernicano è migliore di quello tolemaico? È soprattutto una questione di eleganza e economia. Con un minor numero di assunzioni e ipotesi ad hoc il sistema Copernicano riesce ad garantire una maggiore aderenza alla realtà (per esempio offre una migliore spiegazione dei moti retrogradi apparenti di Marte, che erano spiegati con ipotesi ad hoc dal sistema tolemaico). 2.2 Tycho Brahe Il più grande astronomo osservativo del cinquecento, e certamente uno dei più grandi in assoluto, fu il danese Tycho Brahe, che osservò nel 1572 una luminossisima stella nella costellazione di Cassiopea, che scomparve nel La conseguenza rivoluzionaria di questa osservazione fu che veniva a cadere il dogma dell imutabilità e dell incorruttibilità dei cieli, rendendo concepibile l idea che la materia dei cieli potesse obbedire alle medesime leggi della materia terrena. Tycho Brahe fu contrario al sistema Copernicano e cercò di escogitare un sistema misto con la terra al centro dell universo il sole e la luna che ruotano intorno ad essa, ma con il sole al centro delle orbite dei pianeti.

31 2.3. KEPLERO 31 Condivide i seguenti argomenti degli aristotelici contro il moto della terra: Dimmi come può accadere che una sfera di piombo lasciata cadere da una torre altissima raggiunga esattamente il punto della terra posto sulla sua perpendicolare; il ragionamento geometrico ti persuaderà subito che ciò non può accadere, supposto il contemporaneo e velocissimo moto di rotazione della terra. Galileo sarà in grado di fornire una convincente risposta a questo dilemma, sulla base della sua teoria del moto, come è mostrato in maniera esilarante nel video seguente. estratto dallo spettacolo ITIS Galilei di Marco Paolini. 2.3 Keplero Anche Kepler, come Copernico, fu uomo profondamente religioso. Credeva nel dovere crisitiano di comprendere l opera di Dio, e a questo dedicò costntemente i suoi sforzi. Credeva nell ordine matematico dell universo e vedeva nella metematica lo strumento con cui Dio aveva ordinato il mondo. Si occupò di astronomia, del problema dei volumi e dei centri di gravità, di ottica, proprietà focali delle coniche, dei poliedri e dei logaritmi, dello studio delle forme ottimali. La sua ricerca procede per assiomi, intuizioni e ipotesi ma mantiene sempre uno straordinario rispetto per i dati. Una delle idee che guidano la ricerca di Kepler è quella di armonia geometrica.

32 32 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA Nel Mysterium cosmograficum afferma: In questo piccolo libro, caro lettore, mi sono proposto di dimostrare che il Creatore Ottimo Massimo nella creazione di questo nostro mondo mobile e nella disposizione dei cieli ha guardato a quei cinque corpi regolari che hanno goduto di così grande fama dai tempi di Pitagora e Platone sino ai nostri giorni, e che alla loro natura ha accordato il numero e la proporzione dei cieli, e i rapporti dei moti celesti [...]. Tre erano soprattutto le cose di cui cercavo instancabilmente le cause, perché fossero così e non altrimenti, ossia il numero, le dimensioni e i moti degli orbi. Ad osar ciò mi convinse quella mirabile corrispondenza delle cose immobili, cioè il Sole, le fisse e lo spazio intermedio, come Dio Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: questa analogia svilupperò più ampiamente nella mia cosmografia. Tale essendo la situazione per quanto riguarda le cose immobili, non dubitavo che un quadro analogo si sarebbe presentato anche per quelle mobili. La natura ama la semplicità, ama l unità. In essa non vi è niente di inutile o di superfluo; al contrario, spesso destina un unica cosa a produrre più effetti. Ora, nelle ipotesi tradizionali, non vi è alcun limite all invenzione di nuovi orbi [...]. E dunque quest uomo ha non solamente liberato la natura dal fardello inutile e pesante di tante sfere immense, ma ha anche aperto un tesoro inesauribile di considerazioni assolutamente divine riguardanti la disposizione meravigliosa del mondo intero e dei suoi corpi celesti. Io non esito ad affermare che tutto quello che Copernico ha stabilito a posteriori, e dimostrato a partire dalle osservazioni per mezzo degli assiomi della geometria, tutto questo può essere dimostrato a priori e senza nessuna difficoltà. L astronomia di Keplero non è solo osservativa ma è una astronomia delle cause, o fisica dei cieli. Nel 1601, alla morte di Tycho Brahe venne nominato astronomo imperiale, con il compito principale di dare consigli astrologici all imperatore. Studia approfonditamente l orbita di Marte, le cui irregolarità mettono a dura prova i suoi tentativi di elaborare una teoria generale sul moto dei corpi celesti. Nell opera Mysterium cosmograficum enuncia le prime due leggi dei moti dei pianeti, basandosi sulle tavole astronomiche compilate da Tycho Brahe e più accurate delle precedenti. Queste prime due leggi sono L orbita descritta da un pianeta è un ellisse, di cui il Sole occupa uno dei due fuochi.

33 2.3. KEPLERO 33 Il segmento (raggio vettore) che unisce il centro del Sole con il centro del pianeta descrive aree uguali in tempi uguali. Kepler aggiungerà successivamente una ulteriore terza legge nel 1619: i quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi delle loro distanze medie dal sole Le leggi di Keplero e il superamento dei preconcetti del passato. La strada che porta Kepler a enunciare le sue Leggi è lunga e tortuosa e deve superare pregiudizi radicati da millenni per giungere alla meta. Secondo Platone, l orbita di un pianeta è una circonferenza percorsa con velocità uniforme. Cerchio e moto uniforme sono per Platone elementi perfetti e la giustificazione delle sue ipotesi sono basate in ultima analisi su ragioni di tipo estetico e filosofico. Le osservazioni degli astronomi mostrano però chiaramente come l e ipotesi a priori di Platone non siano sostenibile. Tolomeo propone di descrivere l orbita come il moto uniforme su una circonferenza (epiciclo) il cui centro si muove con velocità uniforme su un altra circonferenza. Keplero, per salvare il pregiudizio dell orbita circolare comincia a ipotizzare che il moto di un pianeti intorno al sole avvenga si su una circonferenza, ma che la velocità non sia uniforme rispetto al centro C ma rispetto a un diverso punto E, detto puntum equans, posto a distanza e (eccentricità) dal centro. Keplero ipotizza anche che il sole S sia posto simmetricamente al punto equans rispetto al centro. Neppure l ipotesi del punto equans fornisce però sufficiente accordo con i dati e Kepler è costretto ad abbandonarla. Egli osserva che all afelio e al perielio la velocità del pianeta è inversamente proporzionale alla distanza dal sole e ipotizza di estendere questo risultato a tutta l orbita. Le difficoltà matematiche di trattare questo modello suggeriscono a Keplero una modifica di comodo, che il segmento che unisce il sole con il pianeta descriva aree uguali in tempi uguali (seconda legge di Keplero). Da ciò Keplero deduce il valore di e, ma osserva anche che questo parametro dovrebbe variare nel tempo. Decide allora di rinunciare all ipotesi che l orbita sia una circonferenza, ipotizzando che il moto avvenga lungo un ellisse con il sole posto in uno dei

34 34 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA fuochi (prima legge di Keplero). Questa decisione di abbandonare l ipotesi di cicolarità dell orbita è rivoluzionaria perché per duemila anni l uomo aveva guardato al cielo come a un mondo perfetto e la circolarità delle orbite era una conseguenza necessaria della perfezione. Rinunciare alla circolarità significava quindi rinunciare alla perfezione del cielo Keplero matematico e il problema del calcolo dei baricentri Keplero fu anche matematico di valore. Tra i suoi contributi più interessanti sono da annoverare quelli che riguardano il calcolo di volumi e baricentri e solidi che non erano stati considerati dai matematici antichi o dei quali comunque si era perduta memoria. L approccio di Keplero rinuncia al rigore del metodo di esaustive per utilizzare procedure che prevedono passaggi al limite da poligoni a figure curvilinee e da poliedri a solidi curvi. Questi procedimenti sembra che fossero già ben noti e praticati dai matematici ellenici (cfr. Enriques, Infinito, voce dell Enciclopedia Italiana), ma erano stati esclusi come non rigorosi dai matematici ellenisti. Questo ritorno al passato e questa rinuncia al rigore per ottenere il risultato costituirà una tappa intermedia fondamentale che porterà alla nascita del calcolo differenziale. L interesse dei matematici al calcolo dei volumi e dei baricentri trasse grande impulso dalla prima stampa delle opere di Archimede, fatta nel 1543 a Basileae. Tutti i più capaci matematici dell epoca si confrontano con il problema di estendere i metodi di Archimede, di eliminare la riduzione all assurdo, di elaborare nuovi metodi per trattare il continuo, gli indivisibili e l infinito. Tra i matematici che precedettero Kepler su questa strada ricordiamo Commandino, che pubblica nel 1565 l opera De centro gravitatis solidorum dove calcola i baricentri del cono, e del paraboloide di rotazione. La trattazione di Commandino è fortemente ispirata a quella di Archimede ma le sue dimostrazioni lasciano parecchio a desiderare. Nell opera di Maurolico troviamo invece dimostrazioni impeccabili secondo i canoni classici. Le opere di Maurolico restarono purtroppo inedite fino al 1685 e esercitarono quindi una scarsa influenza sullo sviluppo della matematica. Un altro autore interessante fu Luca Valerio che pubblicò nel 1604 l opera De centro gravitatis solidorum dove tratta correttamente gli stessi solidi di Commandino e anche l iperboloide di rotazione. In Luca Valerio si osserva una grande novità metodologica, che sarà poi sempre più caratteristica e importante nella matematica: non studia più casi particolari, come era sempre stato fatto nell antichità, ma tenta di dare i risultati per classi generali di figure.

35 2.4. GALILEO Galileo Galileo Galilei ( ) fu astronomo, matematico e fisico. Le sue acute osservazioni sperimentali sono alla base del nuovo metodo scientifico che si basa su sensate esperienze e modelli matematici. Le sue opinioni cosmologiche, esposte nel dialogo sopra ai massimi sistemi lo portarono a un forte contrasto con la Chiesa. Accusato di eresia, fu costretto ad abiurare. Galileo nasce a Pisa nel Nel 1589, ottiene una cattedra di matematica a Pisa. Pubblica La bilancetta e il de Motu. Nel 1592, ottiene una cattedra di matematica a Padova, dove pubblica Le meccaniche. Nel 1610 pubblica il Siderius nuncius, con le sue prime scoperte astronomiche, fatte con il canocchiale. Ottiene una cattedra a Pisa, senza necessità di insegnamento e viene nominato Matematico e filosofo primario del Granducato di Toscana. Nel 1612 pubblica il Discorso intorno alle cose che stanno in su l acqua. Nel 1613 pubblica Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari, dove esprime la sua posizione in favore della dottrina copernicana. Nel 1612 viene denunciato al Sant Uffizio. Nel 1615 sostiene che nella Bibbia non si insegna come vada il cielo ma come si vada in cielo. Nel 1616 il Sant Uffizio condanna la dottrina copernicana e ammonisce Galileo a non insegnarla. Nel 1623 all elezione di Urbano VIII, suo Galilei, pubblica Il Saggiatore. Nel 1632 pubblica il Dialogo sopra i due massimi sistemi. Dovrebbe essere una presentazione neutra di due ipotesi matematiche, ma è evidente che Galileo prende le parti della teoria copernicana. Viene invitato a Roma per essere processato. Nel 1633 viene condannato al carcere a vita, commutato negli arresti domiciliari, e costretto all abiura. Nel 1638 pubblica una versione, ancora incompleta, dei Discorsi matematici sopra due nuove scienze. Muore nel La condanna di Galileo ebbe effetti non trascurabili sullo sviluppo delle Scienze, soprattutto in Italia. Scrive Descartes in una lettera a Marsenne: Mi si è fatto sapere che tutti gli esemplari [[del Dialogo supra i due massimi sistemi...]] sono stati immediatamente bruciati a Roma e lui [[Galielo]] condannato [[...]]. Ciò mi ha sconcertato a tal punto che mi sono qui deciso a tutte le mie carte, o almeno, a non farle vedere a nessuno. Osserva John Miller: Sedendo tra i dotti [[italiani]], che mi consideravano felice di essere nato in un posto, l Inghilterra, in cui si poteva liberamente filosofare, lamentavano lo stato di servitù in cui la scienza era stata ridotta nella loro patria: questa era la ragione per cui lo

36 36 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA spirito italiano si era spento e per cui da molti anni tutto ciò che si scriveva non era che adulazione e banalità. Li trovai e visitai il famoso Galileo, ormai vecchio, prigioniero dell Inquisizione perché in astronomia pensava diversamente da quanto i concessionari Francescani e Domenicani pensassero. Bisognerà aspettare il Risorgimento perchè la scienza in Italia si possa riprendere dalla crisi in cui sprofondò (anche per ragioni economiche e politiche) dopo il processo a Galileo Caratteristiche e limiti del pensiero di Galileo Le caratteristiche principali del pensiero di Galileo sono Riflessione sugli scopi dell indagine scientifica e sui metodi per perseguirla. Definizione del metodo sperimentale (sensata esperienza). Alcuni severi difensori di ogni minuzia peripatetica, educati nel culto di Aristotele, credono che il filosofare non sia né possa esser altro che un far gran pratica sopra i testi di Aristotele che portano come unica prova delle loro teorie. E non volendo mai sollevar gli occhi da quelle carte rifiutano di leggere questo gran libro del mondo (cioè dall osservare direttamente i fenomeni), come se fosse scritto dalla natura per non esser letto da altri che da Aristotele, e che gli occhi suoi avessero a vedere per tutta la sua posterità. Invece [...] i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta. (Dal dialogo sopra i due massimi sistemi). Importanza della matematica per l indagine della realtà fisica. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l universo), ma non si può intendere se prima non s impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. (Dal Saggiatore). Però...quanto alla verità di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è l istessa che conosce la sapienza divina (Dal Dialogo sopra i due massimi sistemi).

37 2.4. GALILEO Galileo e l infinito Galileo ha dato un contributo metodologico fondamentale alla rivoluzione scientifica ma il suo contributo specifico è limitato dall inadeguateza del linguaggio matematico che impiega: geometria euclidea, teoria delle proporzioni, calcolo della aree e dei volumi, calcolo dei baricentri. Galileo si rende conto che per trattare quantitativamente del moto dei corpi è necessario sviluppare un matematica dell infinito e dell infinitesimo, che non era stata sufficientemente sviluppata dai greci. Galileo si rende perfettamente conto dei problemi posti dall infinito ma, come altri suoi contemporanei, tra cui Kepler, mise da parte gli scrupoli e affrontò di petto il problema. Diversi passi delle sue opere contengono riflessioni sull infinito matematico Nel Dialogo sopra due nuove scienze Galileo si interroga sull infinitamente grande e sull infinitamente piccolo, trattando, per esempio, dei seguenti argomenti. Il pradosso della ruota di Aristotele (cfr. Letture, Galileo, il paradosso della ruota di Aristotele). La scodella di Galileo (cfr. Letture, Galileo,la scodella di Galileo). La corrispondenza biunivoca tra i numeri naturali e i loro quadrati (cfr. Letture, Galileo, sulla corrispondenza tra insiemi infiniti). La considerazione di un cerchio con raggio che diventa arbitrariamente grande e che degenera in una retta (cfr. Letture, Galileo, sulla trasformazione di un cerchio in una retta). Sembra che Galileo avesse intenzione di scrivere un opera sull infinito in matematica, a conferma della percezione che si trattasse di uno dei problemi cruciali per sviluppare la nuova scienza. Il paradosso della ruota (cfr. Letture, Galileo, il paradosso della ruota di Aristotele). Consideriamo un meccanismo composto da due ruote concentriche di raggio diverso, incollate l una sull altra e pensiamo che la grande rotoli lungo una retta, come in figura 1, ovvero che sia la piccola a rotolare lungo una retta. La ruota piccola striscia quando la grande rotola senza strisciare e la grande frena quando la piccola rotola senza strisciare È possibile dare un modello matematico di rotolamento della ruota grande in uno spazio numerico. Quando la grande rotola senza strisciare, la piccola, nel suo movimento teorico, determina una corrispondenza biunivoca con i punti della retta tangente, ma questa

38 38 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA corrispondenza non è un isometria. Galileo sviluppa un modello discreto sostituendo ai cerchi due poligoni regolari iscritti e cercando di immaginarne il limite al crescere del numero dei lati. In questo suo tentativo di venire a capo del paradosso, Galileo parla di grandezze quante cime i lati di un poligono, ognuno dei quali ha una misura, anche piccolissima, ma diversa da zero, e di grandezze non quante ciòè grandezze non nulle ma pure non dotate di una misura finita, quindi infinitesime. Per Galileo una grandezza continua può essere fatta di infinite grandezze non quante. Ruota di Aristotele

39 2.4. GALILEO 39 Rotolamento Si ha puro rotolamento di un corpo su una superficie, quando, istante per istante, esiste un solo punto di contatto del solido con la superficie e l atto di moto in quell istante è di pura rotazione intorno al punto di contatto, ovvero la velocità istantanea del punto di contatto è nulla. È chiaro allora che, se questo accade per il punto di contatto della ruota grande, non può accadere per il punto di contatto della ruota piccola, che quindi rotola strisciando sul suo binario. Ma la nozione di strisciamento, che non pone problemi dal punto di vista matematico, non è facile da comprendere fisicamente. Si tratta infatti di uno strisciamento per cui nessun punto della ruota piccola resta a contatto con il binario su cui scorre di tempo non nulli e quindi nessun punto percorre un tratto finito in questo stracciamento. I punti della ruota piccola sono quindi in corrispondenza biunivoca con quelli del binario ma questa corrispondenza non è un isometria I contributi matematici di Galileo Nonostante la grandezza di Galileo non sia nella sua opera matematica, egli diede contributi significativi anche alla matematica. Tra i principali ricordiamo: l uso della parabola per modellare la traiettoria di un proiettile; il calcolo di volumi e baricentri di alcuni solidi; il tentativo di determinare matematicamente: la cicloide, cioè la curva tracciata da un punto fissato su una circonferenza che rotola senza strisciare su un binario rettilineo; la brachisto-

40 40 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA crona, cioè la curva congiungente due punti posti nello stesso piano verticale, che minimizza il tempo di percorrenza di un grave soggetto alla sola forza peso e vincolato a percorrere tale curva; la catenaria, cioè il profilo di equilibrio di un filo omogeneo pesante, vincolato agli estremi e soggetto alla sola forza peso. I suoi risultati, pur sbagliati, indicarono a Leibniz la strada da percorrere per la corretta soluzione. 2.5 Bonaventura Cavalieri ( ) Cavalieri nacque a Milano nel Da giovane entrò nell ordine dei gesuati di S. Girolamo. Nel 1615 prese gli ordini minori e fu mandato a Pisa per perfezionarsi, dove incontrò Benedetto Castelli, allievo di Galileo, che diede a Cavalieri le prime lezioni di geometria e, avendone riconosciute le capacità, lo presentò a Galilei. Per più di dieci anni cercò senza fortuna un incarico per l insegnamento della matematica presso una Università. Finalmente, nel 1629, grazie anche all appoggio di Galileo, ottenne una cattedra di Matematica presso l Università di Bologna. Cavalieri non lascerà più Bologna, fino alla morte avvenuta il 30 novembre Oltre alla Geometria degli indivisibili, la sua opera più importante, pubblicò la Trigonometria plana e sphaerica, lo Specchio ustorio, le Exercitationes geometricae sex e varie opere di astronomia e di astrologia. Cavalieri fu il primo a pubblicare in Italia tavole per i logaritmi, diciotto anni dopo la loro invenzione da parte di John Neper e a illustrarne l uso. Introdusse diversi perfezionamenti, sia nell uso dei logaritmi, sia nella geometria sferica, dove dimostrò il teorema che asserisce che l area di un triangolo sferico geodetico (cioè i cui lati sono porzioni di cerchi massimi) sulla sfera unitaria è uguale alla differenza tra la somma degli angoli del triangolo e due angoli retti: A = α 1 + α 2 + α 3 π. Il principale contributo di Cavalieri alla matematica è però il metodo degli indivisibili (cfr. Letture, Cavalieri, Prefazione al Metodo degli Indivisibili), uno snodo cruciale della storia della matematica, sia per la maggiore flessibilità rispetto al metodo di esaustione, sia per le controversie che ne seguirono, che portarono in ultima analisi allo sviluppo dei metodi infinitesimali e alla nascita del calcolo infinitesimale. Nella Geometria degli indivisibili dimostrò geometricamente le formule b a x n = bn+1 n + 1 an+1 n + 1

41 2.5. BONAVENTURA CAVALIERI ( ) Il metodo degli indivisibili Cavalieri diede un esposizione organica al metodo degli indivisibili nella sua opera Geometria indivisibilibus continuorum nova quadam ratione promota. Il metodo presenta forti analogie con il metodo meccanico di Archimede, di cui però Cavalieri non risulta avesse conoscenza, anche se la circostanza è messa in dubbio da alcuni autori (cfr. Lucio Russo, la rivoluzione dimenticata). Meditando dunque un giorno sulla generazione dei solidi che sono originati da una rivoluzione intorno ad un asse e confrontando il rapporto delle figure piane generatrici con quello dei solidi generati mi meravigliavo moltissimo del fatto che le figure generate si discostassero a tal punto dalla condizione di quelle che la generano, da mostrare di seguire un rapporto completamente diverso dal loro. per esempio un cilindro, che è ottenuto insieme ad un cono della stessa base per rotazione attorno ad un medesimo asse, è il triplo di questo, anche se nasce per rivoluzione da un parallelogramma doppio del triangolo che genera il cono. [...] Avendo dunque più e più volte fermato l attenzione su tale diversità in moltissime altre figure, mentre prima, raffigurandomi ad esempio un cilindro come l unione di parallelogrammi indefiniti per numero e il cono con stessa base e stessa altezza come l unione di triangoli indefiniti per numero passanti tutti per l asse, ritenevo che ottenuto il mutuo rapporto di dette figure piane dovesse subito venirne fuori anche il rapporto dei solidi da esse generate, risultando invece già chiaramente che il rapporto delle figure piane generatrici non concordava affatto con quello dei solidi generati mi sembrava si dovesse a buon diritto concludere che avrebbe perduto il tempo e la fatica e che avrebbe trebbiato inutile paglia chi si fosse messo a ricercare la misura delle figure con tale metodo. Ma dopo aver considerato la cosa un po più profondamente, pervenni finalmente a questa opinione e precisamente che per la nostra faccenda dovessero prendersi piani non intersecantesi tra loro, ma paralleli. In questo infatti, investigati moltissimi casi, in tutti trovai perfetta corrispondenza tanto tra il rapporto dei corpi e quello delle loro sezioni piane quanto tra il rapporto dei piani e delle loro linee [...] Avendo dunque considerato il cilindro e il cono suddetti e secati non più per l asse ma parallelamente alla base, trovai che il rapporto del cilindro al cono è uguale a quello di quei piani che

42 42 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA chiamo nel libro II tutti i piani del cilindro a tutti i piani del cono, con riferimento alla base comune [...] Stimai perciò metodo ottimo per investigare la misura delle figure quello di indagare i rapporti delle linee al posto di quello dei piani e i rapporti dei piani al posto di quello dei solidi per procurarmi subiti la misura delle figure stesse. La cosa, ritengo, andò come nei miei voti, come risulta chiaro a chi leggerà tutto. La Geometria degli indivisibili si compone di sette capitoli (o Libri, secondo la denominazione di allora), e contiene, tra l altro, il famoso Principio di Cavalieri Se due figure piane o solide hanno la stessa altezza; se poi, condotte nelle figure piane delle rette parallele e nelle solide dei piani paralleli, si troverà che i segmenti di retta tagliati dalle figure piane (o le superficie piane tagliate dalle solide) sono grandezze proporzionali, le due figure staranno tra loro come uno qualsiasi dei segmenti (o nei solidi una delle superfici) tagliati nella prima al corrispondente segmento tagliato nell altra. Libro II Teorema IV. Nonostante le obiezioni e i paradossi, il metodo degli indivisibili si impose rapidamente tra i matematici. Secondo l opinione di Torricelli Che poi la geometria degli indivisibili sia un invenzione del tutto nuova, non oserei certo dire. Crederei, piuttosto, che gli antichi Geometri si siano valsi di questo metodo per scoprire i Teoremi più difficili, e che poi, nella dimostrazione, abbino preferito un altro metodo, sia per nascondere i segreti dell arte, sia per non offrire, a invidiosi detrattori, alcuna occasione di critica. In somma, a me pare che per via degl indivisibili si trovino [...] delle conclusioni da non disprezzarsi [...]. Come dunque questa dottrina non è da stimarsi? Se costoro ammettessero le conclusioni pur belle, come credo, che bisogni concedere, converrà pur anco approvare la dottrina, almeno dovranno mostrare che ve ne sono delle false, ma credo che dureranno fatica? Caratteristiche dell opera di Cavalieri, oltre naturalmente alla nozione di indivisibile, (cfr. Letture, Cavalieri,Nozione di Indivisibile, Libro II, Scholio alla proposizione I) è il tentativo di definire classi di oggetti molto generali da studierà (cfr. Letture, Cavalieri, Definizioni di tipo generale, Libro I, Def.

43 2.5. BONAVENTURA CAVALIERI ( ) 43 III.) e l anticipazioni di nozioni quali quella di corrispondenza biunivoca (cfr. Letture, Cavalieri, Nozione di corrispondenza biunivoca, Libro II, Corollario alla Def. 6) Ipotesi sulla composizione del continuo Osservazioni tratte dal commento di Lucio Lombardo Radice a Cavalieri, UTET. Esistevano, al tempo di Cavalieri, tre ipotesi principali riguardo la composizione di un continuo. 1. Posizione atomistica. Un continuo è composto dai suoi indivisibili, è la somma dei suoi indivisibili. Questa è un ipotesi sullo spazio fisico che implica la numerabilità dei punti dello spazio geometrico. 2. Posizione semi-atomistica. Un continuo è generato dal movimento di un suo indivisibile, che lascia infinite tracce nel suo movimento. Quale sia questa infinità e se le tracce esauriscono o no il continuo, si lascia impregiudicato. (Posizione di Cavalieri). 3. Posizione anti-atomistica. Un continuo non è la somma dei suoi indivisibili. Un indivisibile muovendosi genera un continuo ma non una successione di indivisibili Il calcolo del volume di una piramide Per i principio di Cavalieri, ogni piramide è equivalente a una piramide a base triangolare, avente altezza congruente a quella di partenza e vertice sulla perpendicolare condotta da uno dei tre vertici di base. Questa piramide si può completare a un prisma sulla stessa base che può a sua volta essere suddiviso, sempre per il principio di Cavalieri, in tre piramidi equivalenti, come indicato in figura.

44 struiamo B V he CV C B V. 44 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA iramide è stato aggiunto il solido BCC B V, che ha forma di piramide a base rettangolare. o la diagonale BC del rettangolo BCC B, solido piramidale BCC B V iunto alla piramide iniziale; per i 3 punti B, C e V e a base rettangolare BCC B V base triangolare, e BCC V. da visualizzare, la seconda un po meno: ili le due figure seguenti, i due piramidi singolarmente: 2.6 Torricelli ( ) Evangelista Torricelli nacque a Faenza nel 1608 e studiò presso i gesuiti. Dopo il 1626 è a Roma, dove viene in contatto con Benedetto Castelli, professore alla Sapienza. Nel 1641 completa l Opera geometrica (pubblicata nel 1644) che viene accolta con entusiasmo da Castelli e Galileo, che lo invita a collaborare con lui ad Arcetri. Torricelli riesce a collaborare con Galileo solo per pochi mesi. La morte di quest ultimo interrompe la collaborazione nel gennaio del Dopo la morte di Galileo, Torricelli viene nominato Matematico del Granduca di Toscana. Tra il 1643 e il 1647 Torricelli si occupa di geometria, di teoria del moto, della costruzione di lenti, della teoria del vuoto e della pressione atmosferica. Muore a soli trentanove anni, nel Tra i suoi numerosi contributi matematici, estese e perfezionò il metodo degli indivisibili, compì i primi passi nella direzione del calcolo differenziale studiando le tangenti alla cicloide e si rese conto per primo del legame tra l operazione di integrale e di derivata (Teorema fondamentale del calcolo o di Torricelli-Barrow). Discusse anche un esempio, che fece grande scalpore, di un solido di superficie infinita ma di volume finito, l iperboloide infinito. 2.7 L iperboloide infinito Affronto ora un problema che, a degli aspiranti Geometri, sembrerebbe non solo difficile, ma addirittura impossibile. Infatti nelle trattazioni scolastiche di Geometria si trovano misure di figure limitate da ogni parte, e fra tutti i solidi, dei quali gli Autori antichi e moderni, con numerosi sforzi, hanno determinato la

45 2.7. L IPERBOLOIDE INFINITO 45 misura, nessuno, che io sappia, ha una estensione infinita. E se si propone di considerare un solido, oppure una figura piana, infinitamente estesa, ciascuno pensa subito che una figura di questo genere debba essere di grandezza infinita. Eppure esiste un solido, di lunghezza infinita, ma dotato di una sottigliezza tale, che per quanto prolungato all infinito, non supera la mole di un piccolo cilindro. Il risultato suscitò grande sorpresa e un acceso dibattito sul senso e sulle capacità della matematica di trattare l infinito attuale. L iperboloide infinito, o Tromba di Torricelli, o anche tromba di di Gabriele, con riferimento all Arcangelo, è un solido ottenuto dalla rivoluzione intorno all asse della curva di equazione y = 1 nell intervallo [1, + ). Questo solido ha la particolarità di avere volume finito, ma area infinita (cfr. x Letture, Torricelli, l iperboloide infinito). Quanto al metodo della dimostrazione 2, dimostreremo un unico notevole teorema in duplice modo, cioè con gli indivisibili ed 2 Cfr. Letture, Torricelli, sul solido iperbolico.

46 46 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA alla maniera degli antichi. Benché, a dire il vero, esso sia stato scoperto con la Geometria degli Indivisibili, la quale è un vero modo scientifico di dimostrare, diretto, e per così dire, naturale. Mi muove a compassione la vecchia Geometria, la quale non conoscendo, oppure non ammettendo gli indivisibili, nello studio della misura dei solidi scoprì così poche verità, che una penosa povertà di idee è perdurata fino all età nostra. Infatti, i teoremi degli antichi che compongono la dottrina dei solidi, rappresentano soltanto una parte delle speculazioni che, nella nostra epoca, il mirabile Cavalieri (per non parlare degli altri) fece attorno a numerose classi di solidi, differenti di specie e abbondanti in gran numero Realtà e modelli matematici Che i principii della dottrina de motu siano veri o falsi a me importa pochissimo, Perché se sono veri, fingasi che sian veri conforme habbiamo supposto e poi prendansi tutte le altre specolazioni derivate da essi principii, non come cose miste, ma pure geometriche. Io fingo o suppongo che qualche corpo o punto si muova all ingiù et all insù con la nota proporzione et horizontalmente con moto equabile. Quando questo sia, io dico che seguirà tutto quello che ha detto il Galileo et io ancora. Se poi le palle di piombo, di ferro, di pietra, non osservano quella supposta proporzione, suo danno: noi diremo che non parliamo di esse. Quando però Torricelli viene informato dall artigliere Giovan Battista Reneri della forte discordanza tra le previsioni della teoria del moto dei proiettili con la pratica dell artiglieria genovese, egli rispondeva sottolineando la totale veridicità fisica della teoria galileiana, spiegando che la discrepanza dipendeva da circostanze collaterali quale l attrito dell aria e suggeriva alcuni accorgimenti da adottare, in seguito ai quali Reneri si convince della correttezza della teoria di Galileo La Cicloide Uno degli problemi che stimolarono lo sviluppo dei metodi differenziali e ne costituì uno dei banchi di prova fu lo studio delle proprietà della cicloide. Essa fu studiata per la prima volta da Nicola Cusano e ricevette il nome attuale nel 1599 da Galileo. Si dedicarono allo studio di questa curva anche

47 2.7. L IPERBOLOIDE INFINITO 47 Torricelli, Roberval, Fermat, Cartesio, Huygens, Bernoulli e Newton. cicloiderisolve il problema della: La tautocrona, ovvero le oscillazioni su di un arco di cicloide sono esattamente isocrone (e non solo approssimativamente come in un pendolo semplice); brachistocrona, ovvero la curva su cui una massa che rotola senza strisciare, soggetta alla sola forza peso, impiega meno tempo per percorrere il tragitto fra due punti posti nello stesso piano verticale. Cicloide Cicloide

48 48 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA Cicloide Scegliendo un sistema di riferimento in cui l origine è posta nel punto di contatto della circonferenza con la retta sulla quale la circonferenza rotola senza strisciare, con l asse delle ascisse coincidente con tale retta e orientato nel senso del movimento della ruota e con l asse delle ordinate orientato in modo che la circonferenza sia sempre nel semipiano delle ordinate positive durante il suo moto, l equazione della cicloide è { x = R sin ωt + ωt y = R R cos ωt Cicloide

49 2.7. L IPERBOLOIDE INFINITO 49 Cicloide Area Cicloide

50 50 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA Area Cicloide Per calcolare l area sottesa ad un arco completo di cicloide, il metodo proposto da Torricelli consiste in 1. traslare gli indivisibili del semicerchio in nero nella figura, in modo che il loro estremo sinistro stia sulla cicloide C, ottenendo in questa maniera gli indivisibili in rosso, i cui estremi destri individuano una certa curva G; 2. osservare che la curva G divide in due regioni congruenti il rettangolo di base uguale alla semicirconferenza e altezza uguale a due volte il raggio (una di queste regioni è identificata con un tratteggio viola nella figura); 3. dedurre quindi, in base al principio di Cavalieri e alla formula per l area della circonferenza, che l area di mezza cicloide è uguale a tre volte l area di mezzo cerchio, e quindi che la regione delimitata da un arco completo di cicloide e dalla retta su cui rotola il cerchio che definisce la cicloide è uguale a tre cerchi.

51 2.8. LETTURE RELATIVE AL SECONDO CAPITOLO Letture relative al secondo capitolo Copernico Materiali/Copernico.pdf Galileo Galilei Il paradosso della ruota di Aristotele Dal Dialogo sopra due nuove scienze, par La scodella di Galileo Dal Dialogo sopra due nuove scienze, par Sulla corrispondenza tra insiemi infiniti Dal Dialogo sopra due nuove scienze, par Sulla divisibilità del continuo Dal Dialogo sopra due nuove scienze, par Sulla trasformazione di un cerchio in una retta Dal Dialogo sopra due nuove scienze, par Cavalieri Prefazione al Metodo degli Indivisibili Dagli Indivisibili, pp

52 52 CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE COPERNICANA E GALILEIANA Definizioni di tipo generale, Libro I, Def. III. Dagli Indivisibili, p Nozione di Indivisibile, Libro II, Scholio alla proposizione I Dagli Indivisibili, pp Nozione di corrispondenza biunivoca, Libro II, Corollario alla Def. 6. Dagli Indivisibili, p Torricelli Sul solido iperbolico infinito

53 Capitolo 3 La geometria analitica e il problema delle tangenti In questo capitolo tratteremo dell invenzione della Geometria analitica da parte di Cartesio e Fermat, del problema del calcolo della tangente ad una curva e delle soluzioni date al problema da Cartesio, Fermat, Torricelli e Roberval. La grande stagione della matematica italiana a cavallo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, che vede accanto ai nomi di Galileo, Cavalieri e Torricelli anche quelli di Mengoli e Castelli, si conclude con la morte di questi. Il declino della ricerca matematica in Italia è accompagnato dalla sua ascesa negli altri paesi europei, in particolare in Francia, dove l opera di Cartesio ( ), Fermat ( ), Roberval ( ), Desargues ( ) e Pascal ( ) apriranno nuovi orizzonti alla ricerca matematica. Nel periodo di transizione tra la matematica italiana e quella francese si assiste ad un notevole scambio di idee attraverso alcuni gruppi scientifici (Accademia dei Lincei, Accademia del Cimento, Cabinet du Puy, Invisible College) e attraverso le corrispondenze con padre Marin Mersenne. 3.1 Cartesio ( ) Cartesio nacque a Le Haye, nel distretto della Loira, nel Dal 1606 al 1614 frequenta la famosa scuola dei gesuiti a La Flèche. Dal 1615 al 1617 studia diritto presso l Università di Poitiers. Per diversi anni viaggiò al seguito di campagne militari, prestando occasionale servizio, probabilmente come ingegnere, e dedicando ampio spazio alla meditazione e agli incontri con eminenti scienziati. Nel 1637 annuncia il suo programma di ricerca filosofica nel Discorso sul metodo: giungere attraverso il dubbio sistematico a conclusioni chiare e distinte, dalle quali dedurre tutte le conclusioni valide. Immaginò che 53

54 54 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DELLE TANGENTI tutto potesse essere spiegato in termini di materia (estensione) e movimento. Al metodo erano originariamente allegate tre appendici. In una di queste, La Géométrie Cartesio illustra le relazioni tra costruzioni geometriche e operazioni algebriche che aveva già esplorato nei decenni precedenti e mostra la potenza del suo metodo algebrico-geometrico affrontando il problema di Pappo Il problema di Pappo Già Eucide aveva parzialmente affrontato il problema di Pappo per tre e per quattro rette e Apollonio ne aveva dato la soluzione completa. Tale problema ammette la seguente formulazione: Date tre (quattro) rette giacenti in un piano, trovare il luogo geometrico di un punto P che si muove in modo che il quadrato della distanza di P da una di queste rette sia proporzionale al prodotto delle distanze delle altre due (il prodotto delle distanze da due di esse sia proporzionale al prodotto delle distanza dalle altre due). Nel libro VII della Collezione, Pappo considera il problema analogo per più di quattro rette. Per sei rette nel piano considera il luogo dei punti per cui il prodotto delle distanze da tre rette è proporzionale al prodotto delle distanze dalle rimanenti. In questo caso il luogo è definito dal fatto che un solido abbia un rapporto fisso con un altro solido. Pappo esitava a considerare il caso generale in quanto non esiste alcuna cosa che sia contenuta da più di tre dimensioni anche se poco tempo fa alcuni matematici si sono permessi di concepire cose del genere, le quali non significano nulla di comprensibile... È comunque possibile affermare e presentare cose simili generalmente per mezzo di proporzioni composte. Il problema di Pappo costituisce una sorta di filo rosso che percorre tutta la Gèomètrie. Per affrontarlo adeguatamento è necessario combinare l algebra con la geometria. Questa è la ragione per cui Cartesio ebbe successo nell affrontarlo, La Géométrie studia Che relazione esiste tra il calcolo dell aritmetica e le operazioni della Geometria. Cartesio sapeva che Pappo non era riuscito a determinare il luogo nel caso delle sei e otto rette e affrontò questi casi. Mostrò che nel caso di 6 rette si otteneva un equazione di terzo grado, nel caso di otto rette una equazione di quarto grado e così via. Cartesio non fu particolarmente interessato alla forma di questi luoghi ma piuttosto colse la possibilità di definire in un modo nuovo una curva, attraverso un equazione, e di classificare quindi le curve in 1. geometriche (oggi algebriche) 2. meccaniche (oggi trascendenti)

55 3.1. CARTESIO ( ) Il problema della determinazione della tangente ad una curva In Apollonio si risolve il problema del tracciamento delle tangenti alle sezioni coniche. In Archimede quello della tangenti alla spirale di Archimede. Questi sono tra i pochi esempi considerati nella geometria classica relativamente alla costruzione delle tangenti. Lo scarso interesse al problema del tracciamento delle tangenti è probabilmente dovuto a un limite della matematica greca: l incapacità di staccarsi da problemi/figure particolari per dare adito a metodi generali. Questa situazione cambia radicalmente nel Seicento con Luca Valerio, Bonaventura Cavalieri e ancora di più, con Cartesio. Per determinare la retta tangente a una curva piana di equazione F (x, y) = 0 in un suo punto P, di coordinate (x 0, y 0 ), Cartesio determina la circonferenza tangente alla curva nel punto P e con centro sull asse delle ascisse. Tale circonferenza avrà quindi equazione (x ν) 2 + y 2 = s 2 che messa a sistema con l equazione della curva permette di eliminare la y tra le due e ottenere una equazione Q(x) nella sola x, di grado 2n. La condizione di tangenza in P si esprime richiedendo che Q(x) = (x x 0 ) 2 R(x) con R(x) polinomio da determinare. Uguagliando nella relazione precedente uno a uno i coefficienti dei termini dello stesso grado si ottengono 2n+1 equazioni in 2n+1 incognite: i 2n-1 coefficienti di R(x) e i due parametri ν e s che determinano la circonferenza tangente. Esempio Consideriamo la parabola di equazione y = px 2 e mettiamola a sistema con la circonferenza (x ν) 2 + y 2 = s 2. Eliminando la y otteniamo p 2 x 4 + x 2 2νx 2 ν s 2 = 0 Questo polinomio deve avere una radice doppia per x = x 0 cioè deve essere della forma (x = x 0 ) 2 (ax 2 + bx + c) Sviluppando e confrontando si otitene a = p 2 b 2ax 0 = 0 c 2bx 0 + ax 2 0 = 1 bx 2 0 2cx 0 = 2ν cx 2 0 = ν 2 s 2

56 56 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DELLE TANGENTI Il metodo di Cartesio soffre di una severa limitazione. Funziona solo per le curve descritte da un equazione polinomiale. La ricerca inoltre non viene fatta direttamente sull equazione ma tramite un equazione ausiliaria che richiede l introduzione di un sistema di 2n+1 equazioni in 2n+1 incognite prolisso di cui interessa solo il valore di ν. Furono presto proposti diversi miglioramenti al metodo di Cartesio, tra qui quello proposto da Florimond de Baune che sostituisce alla circonferenza la retta, rendendo immediata l eliminazione della y Cartesio e gli assi cartesiani Cartesio comprese l importanza di una sintesi tra algebra e geometria, ma la sua sintesi non è la geometria analitica come la conosciamo oggi. In particolare, Cartesio non utilizzò mai assi ortogonali per introdurre un sistema di coordinate nel piano e non comprese mai pienamente il significato delle coordinate negative. Inoltre non mostrò mai interesse a rappresentare geometricamente una curva determinata da una equazione. Infine, l idea stessa che una equazione indeterminata in due incognite corrisponde a un luogo geometrico, non appare che incidentalmente. Questi luoghi [geometrici] si riducono a ciò: allorché si tratta di trovare qualche punto cui manca una condizione per essere completamente determinato,... tutti i punti di una medesima linea possono essere presi per il punto richiesto. E se questa linea è retta o circolare, viene chiamata luogo piano, ma sè una parabola, una iperbole o una ellisse, viene chiamata luogo solido. E in qualsiasi caso del genere si può ottenere un equazione che contenga due quantità incognite Pierre de Fermat ( ) Fermat nacque nei pressi di Tolosa, nel Studiò legge presso l università di Orleans. Nel 1626 si trasferì a Bordeaux e cominciò a svolgere ricerche originali in matematica. Nel 1631 divenne avvocato e poi magistrato a Tolosa. Si occupava di matematica per diletto nel suo tempo libero e comunicò la maggior parte dei suoi risultati nella forma di lettere. La famosa congettura di Fermat (ultimo teorema di Fermat) fu dimostrata solo nel 1994 dal matematico inglese Andrew Wiles.

57 3.2. PIERRE DE FERMAT ( ) Fermat e la geometria analitica Fermat può condividere a buon diritto con Cartesio il merito della scoperta della geometria analitica. Fermat, a differenza di Cartesio, poneva l accento sull importanza di abbozzare le soluzioni delle equazioni indeterminate. Nell opera Ad locos planos et solidos isagoge si dedicò sistematicamente allo studio dei luoghi più semplici. Partì dalle equazioni lineari, riconoscendo che rappresentavano rette. Mostrò poi che xy = k 2 rappresentava un iperbole, a 2 + x 2 = by una parabola e a 2 x 2 = ky 2 un ellisse. Alle equazioni generali di secondo grado applicava una trasformazione degli assi in modo da ricondurle ai casi precedenti. L esposizione di Fermat è molto più sistematica e didattica di quella di Cartesio, ma purtroppo la pubblicazione dell opera fu curata solo dopo la sua morte e non ebbe l influenza che avrebbe meritato. Vi sono certi problemi che comportano soltanto una incognita, e che possiamo chiamare determinati, per distinguerli dai problemi dei luoghi. Vi sono certi altri problemi che comportano due incognite e non si possono mai ridurre a un incognita; questi sono i problemi dei luoghi. Nei problemi del primo tipo cerchiamo un unico punto, in quelli del secondo, cerchiamo una curva. Ma se il problema che ci viene proposto comporta tre incognite, per soddisfare l equazione dobbiamo trovare non solo un punto o una curva, ma un intera superficie. In questo modo hanno origine luoghi superficiali, ecc. (Fermat, Opere, Vol. I, pp ) Metodo per trovare i massimi e i minimi Il metodo è descritto per la prima volta in in una lettera a Marsenne del Verrà trattato dettagliatamente nell opera postuma Maxima et minima. Il metodo si fonda sul procedimento di adequazione. Si scrive la proprietà caratteristica della curva per i punti della tangente. Si ottiene una relazione approssimata (l adquazione) che diventa un equazione quando il punto della tangente diventa il punto di contatto: Questo confronto per adequazione produce due termini diseguali, che alla fine producono l equazione (secondo il mio metodo) che ci dà la soluzione del problema. Il procedimento di adequazione permette il calcolo delle tangenti ad una curva più generale di quello introdotto da Cartesio che vale solo per le curve algebriche.

58 58 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DELLE TANGENTI Esempio del metodo di adequazione Consideriamo la parabola y = ax 2 e la retta y y 0 = m(x x 0 ). Lo scopo del metodo è quello di determinare il valore di m per cui la retta è tangente alla parabola nel punto (x 0, y 0 = ax 2 0). Per fare ciò consideriamo l adequazione della parabola alla retta, ovvero sostituiamo l equazione della parabola nella retta, ottenendo ax 2 ax 2 0 m(x x 0 ) Per i punti della retta non abbiamo un uguaglianza ma solo una relazione approssimata. Dividiamo per x x 0 e otteniamo m a(x + x 0 ). La relazione diventa esatta sulla parabola, quindi per x = x 0, e quindi m = 2ax Applicazioni al calcolo dei massimi e minimi Sia F (x) un quantità variabile. Se x 0 è un punto di massimo/minimo allora la retta tangente è orizzontale e ha quindi equazione y = F (x 0 ). Adequando la quantità variabile alla retta tangente, abbiamo e, dividendo per (x x 0 ) F (x) F (x 0 ) 0 F (x) F (x 0 ) x x 0 0. Se riusciamo a semplificare il primo membro in modo da poter sostituire a x = x 0, l adquazione si trasforma in una equazione e quindi F (x) F (x 0 ) x x 0 = 0 x=x0 da cui si ricava il valore di x nel punto di massimo/minimo. Esempio Sia F (x) = x(x 1). Vogliamo determinare l ascissa del punto di massimo. F (x) F (x 0 ) x x 0 = x(1 x) x 0(1 x 0 ) x x 0 = x x 0 (x 2 x 2 0) x x 0 = 1 (x + x 0 ) 0 Ponendo x = x 0, l adequazione diventa equazione 1 2x 0 = 0 che fornisce il punto di massimo x 0 = 1 2.

59 3.3. IL METODO CINEMATICO LA COSTRUZIONE DELLE TANGENTI Il metodo cinematico la costruzione delle tangenti Oltre ai metodi di Cartesio e di Fermat esiste un terzo metodo per tracciare le tangenti ad una curva che precede il calcolo differenziale di Leibniz e Newton, quello della costruzione cinematica. Fu scoperto indipendentemente e contemporaneamente da Evangelista Torricelli e da Gilles Personne de Roberval ( ). È necessario conoscere, per applicare questo metedo, la generazione cinematica della curva. Per esempio: la parabola è generata da un punto che si allontana dal fuoco con la stessa velocità con cui si allontana dalla direttrice; la ellisse è generata da un punto che si allontana da un fuoco con la stessa velocità con cui si avvicina all altro; l iperbole è generata da un punto che si avvicina (o si allontana) dai fuochi con la stessa velocità; la spirale di Archimede è generata da un punto che ruota intorno all origine con la stessa velocità con cui se ne allontana; la cicloide è generata da un punto che ruota uniformemente intorno a un punto cui trasla con velocità uniforme in una direzione fissata. Dice Roberval che la direzione del movimento di un punto che descrive una linea curva è la tangente alla linea curva in ogni posizione di quel punto, principio abbastanza intellegibile che si accetterà facilmente una volta che lo si sarà considerato con un po di attenzione. Da qui discende la regola generale da seguire per il tracciamento delle tangenti. Per le proprietà specifiche della linea curva (che vi saranno date) esaminate i diversi movimenti che il punto che la descrive ha nel posto dove voi volete tracciare la tangente: componete tutti questi movimenti in uno solo, tracciate la linea del movimento composto e avrete la tangente della linea curva.

60 60 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DELLE TANGENTI Costruzione della tangente ad una parabola Costruzione della tangente ad una ellisse.

61 3.3. IL METODO CINEMATICO LA COSTRUZIONE DELLE TANGENTI Costruzione della tangente ad una iperbole Costruzione della tangente ad una ciclode Confronto tra i diversi metodi per il tracciamento delle tangenti Il metodo di Cartesio è un metodo algebrico. Si fonda sulla nozione di molteplicità di intersezione di due curve in un punto, che viene definita nel caso

62 62 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DELLE TANGENTI che una delle due sia una circonferenza (Cartesio) o una retta (Florimonde de Baune) e l altra sia una curva algebrica. Il metodo cinematico richiede che la curva sia esprimibile come traiettoria di un moto composto di moti più semplici, di cui si sanno calcolare le velocità istantanee. Il metodo di Fermat sembra il più generale, perché si può applicare indifferentemente a curve algebriche e trascendenti, ma, come gli altri, va in crisi quando le curve sono date da equazioni, anche algebriche, complicate, per esempio la curva di equazione a + bx y 2 + b y + hyx 2 y 2 + y 3 1 y = 0 proposta come sfida da Leibniz per evidenziare la superiorità del suo metodo. Il limite del metodo di Fermat, consiste nel fatto che non usa il calcolo delle derivate. Sembra essere equivalente alla definizione di derivata, ma il problema sta nel fatto che, per ogni funzione, deve risolvere partendo sostanzialmente dalla definizione il problema del calcolo della derivata di quella particolare funzione. Non è quindi accompagnato dal riconoscimento della derivata come operazione funzionale che gode di certe proprietà che ne agevolano il calcolo. È come se nel calcolo dei limiti, ogni limite dovesse essere calcolato a partire dalla sola definizione di limite, senza poter utilizzare nessuna delle proprietà che valgono per l operazione di limite. Il riconoscimento del carattere di operazione della derivata e delle sue proprietà principali è proprio quello che rende l approccio di Leibniz (e Newton) al tracciamento delle tangenti così superiore agli altri.

63 3.4. LETTURE RELATIVE AL TERZO CAPITOLO Letture relative al terzo capitolo Cartesio La Géométrie Originale in francese session_id=9f01da1fcd6ee f9f e5a3 Traduzione in inglese n7/mode/2up Fermat Memoire sur la méthodes des Tangentes de Fermat et Descartes Originale in latino uvres_de_fermat/i/ Maxima_et_Minima Traduzione in inglese fermat-maxmin.pdf

64 64 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DELLE TANGENTI

65 Capitolo 4 La nascita del calcolo In questo capitolo tratteremo dell invenzione del Calcolo da parte di Newton e Leibniz, della loro polemica sulla priorità della scoperta e della critica di Berkley ai suoi fondamenti. 4.1 Leibniz ( ) Leibniz nacque a Lipsia nel 1646 dove studiò teologia, legge, filosofia e matematica. All età di 20 anni si addotorò a Norimberga (in legge) e cominciò la carriera diplomatica, per la quale fece molti viaggi. Nel 1672 incontra Huygens a Parigi che gli suggerisce di leggere le opere matematiche di Pascal. Tra il 1673 e il 1676 sviluppa le sue idee sul calcolo differenziale. Nel 1684 pubblica Nova methodus pro maximis et minimis, itemque tangentibus, qua nec irrationales quantitates moratur (Nuovo metodo per trovare i massimi e i minimi, e anche le tangenti, non ostacolato da quantità irrazionali) che contiene la prima esposizione del suo calcolo differenziale. Nel 1686 pubblica negli Acta Eruditorum una esposizione del suo calcolo integrale. Tra i suoi contributi matematici vanno anche ricordati l introduzione dei determinanti, l uso dei numeri complessi e l idea di un algebra della logica. Contribuì alla creazione dell Accademia delle Scienze di Berlino nel 1710 e di quella di Russia nel Nova methodos pro maximis et minimis... Il concetto fondamentale per il calcolo, all epoca di Leibniz, non era quello di funzione ma quello di relazione tra le variabili x e y, espressa da un equazione f(x, y) = 0. Leibniz parte quindi da una curva e suppone che sia tracciata la tangente alla curva in un suo punto P (x, y). Considera il concetto di incremento qualsiasi della variabile x e lo denota con dx, per cui riserva 65

66 66 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO il nome di differenza e che noi chiamiamo differenziale. Sceglie quindi il dy uguagli il coefficiente differenziale dy (della variabile y) in maniera che dx direttivo della tangente (ossia la derivata) (cfr. Letture, Leibniz, p ). In altre parole, la tangente e per Leibniz la retta che congiunge il punto P (x, y) con il punto Q(x + dx, y + dy), sulla curva di equazione f (x, y) = 0. Il problema della derivazione e per Leibniz il problema di determinare, dalla relazione F (x, y) = 0 tra le variabili, la relazione che sussiste tra i differenziali. Il legame tra la tangente e il differenziale e illustrato dalla seguente figura. La similitudine dei triangoli DP A e P QR ci da la relazione DA : P A = P R : RQ, e quindi t = y dx. Una volta conosciuto il rapporto tra gli incrementi dx dy e dy si trovera subito la sottotangente t = dx. dy Si noti che Leibniz evita di usare, nelle prime pagine, i termini infinitamente piccolo o infinitesimo, che utilizzera invece piu avanti nell interpretazione del suo calcolo (cfr. Letture, Leibniz, p. 153). Leibniz enuncia le regole relative al differenziale di somma, sottrazione, prodotto e quoziente, senza introdurre ne il concetto di infinitesimo ne tanto meno quello di limite e senza darne alcuna giustificazione (cfr. Lettura, Leibniz p. 148), e dicendo solo che tale dimostrazione risultera semplice per chi e versato in questi studi 1 (cfr. Lettura, Leibniz p. 152). Questo approccio permette di avere a disposizione un calcolo efficiente che in ultima analisi verra giustificato dai risultati che sara capace di raggiungere. La scelta delle regole di calcolo di Leibniz e particolarmente felice in quanto permette di calcolare il differenziale di una espressione anche molto complicata attraverso l iterazione meccanica di regole semplici. 1 Un approccio per certi versi molto simile ci pare quello adottato da Serge Lang nel suo libro di calcolo.

67 4.1. LEIBNIZ ( ) Se a è una quantità costante, da = 0 e d(ax) = adx; 2. d(z y + w + x) = dz dy + dw + dz; 3. d(xy) = ydx + xdy 4. d x y = xdy ydx y 2 Dalla conoscenza di questo particolare algoritmo, o di questo calcolo che io chiamo differenziale, tutte le altre equazioni differenziali possono ricavarsi per mezzo del calcolo comune, ed ottenersi i massimi e i minimi, come pure le tangenti, in modo che non sia necessario far sparire le frazioni o gl irrazionali, od altri vincoli, come tuttavia si doveva fare, secondo i metodi sinora pubblicati. (Cfr. Lettura, Leibniz p. 152.) Leibniz osserva come sia possibile determinare dx, dy, dv, dw, dz proporzionali alle differenze, o agli incrementi o alle diminuzioni momentanee di x, y, v, w, z (rispettivamente). (Cfr. Lettura, Leibniz p. 152), Qui momentanee allude al fatto che i differenziali vanno considerati come quantità infinitesime. L uso degli infinitesimi per spiegare il contenuto del suo calcolo viene precisato più avanti (cfr. Lettura, Leibniz p. 153), dove afferma che trovare la tangente è condurre una retta che congiunga due punti aventi una distanza infinitamente piccola, o tracciare il lato prolungato di un poligono infinitangolo che per noi equivale alla curva. Quella distanza infinitamente piccola è sempre nota per mezzo di qualche differenziale come dv, o può essere espressa per mezzo di una relazione con questo, cioè per via di una certa tangente nota. Questa opera de Leibniz riveste grande importanza per lo sviluppo del calcolo differenziale in quanto, oltre a mettere un luce la portata delle applicazioni, introduce un sistema di notazioni semplici e coerenti. Lettera a Tschirnhaus (1678) Ai simboli è da richiedere che essi si prestino alla ricerca; ciò succede principalmente quando essi esprimono in modo conciso e quasi dipingono l intima natura della cosa, perché essi allora risparmiano mirabilmente lo sforzo del pensiero.

68 68 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO La notazione di Leibniz per la derivata, per esempio, quasi conduce a scoprire teoremi quali quello della derivata della funzione composta e della funzione inversa Il lavoro contiene anche dz dx = dz dy dy dx dx dy = 1. dy dx L introduzione del differenziale secondo: segno e concavità (cfr. Lettura, Leibniz p. 150); Il calcolo del differenziale di un espressione irrazionale complicata, che permette il calcolo della determinazione della tangente ad una curva non determinabile con i metodi di Fermat, Cartesio e Torricelli- Roberval. (Cfr. Lettura, Leibniz p. 154) Una analisi delle condizioni di annullamento del differenziale primo: applicazione a problemi di massimo e minimo, tra cui la determinazione del cammino che segue un raggio luminoso attraversando la superficie piana che separa due mezzi di diversa densità (cfr. Lettura, Leibniz p. 155); La risoluzione di un problema posto da de Baume a Cartesio, che fu incapace di risolverlo, attraverso l integrazione di una equazione differenziale del primo ordine: determinare la curva avente sottotangente costante (cfr. Lettura, Leibniz p. 159). Leibniz è ben conscio della maggior generalità del suo metodo rispetto a tutti quelli escogitati fino a quel momento per la determinazione delle tangenti ad una curva e della ragione di questa superiorità, ovvero l aver riconodotto il problema a un calcolo Ora, data una equazione qualsiasi, si può scrivere la sua equazione differenziale 2, in questo modo. Per ogni termine, (ossia per ogni parte che concorre a formare l equazione per sola addizione o sottrazione) si sostituirà semplicemente la quantità differenziale del termine; e invece per un altra quantità (che non sia un termine ma concorra a formare un termine) s impiegherà la sua quantità differenziale, per formare la quantità differenziale del termine stesso non semplicemente, ma secondo l elogiammo precedentemente stabilito. 2 Cioè l equazione relativa ai suoi differenziali.

69 4.1. LEIBNIZ ( ) 69 Invero i metodi pubblicati sinora non presentano questo passaggio, impiegano infatti per lo piu un segmento come DX o un altro analogo, ma non il segmento dy, che e il quarto proporzionale dopo DX, XY, dx, cio che confonde tutto; in conseguenza di queste loro premesse, prescrivono d eliminare prima le quantita frazionarie e irrazionali (ce entrano indeterminate) Ulteriori contributi di Leibniz all analisi Calcolo integrale (De geometria recondita, 1686) dove basa il suo calcolo delle aree sull interpretazione dalla seguente figura. Poiche da = f (x)dx, per calcolare A(x) basta invertire la differenziazione, cioe trovare una funzione che abbia come differenziale f (x)dx. Esame accurato dell operazione di integrazione (Supplementum geometriae dimensoriae, 1693) e dimostrazione che e l inversa di quella di derivazione. Procedimento di integrazione di una funzione razionale mediante decomposizione in una somma di funzioni semplici. (Specimen novum analyseos pro scientia infiniti, 1702). Determinazione della curva inviluppo di una famiglia di curve date. Formula per il differenziale r-esimo del prodotto di due funzioni. Leibniz dice origine a una fiorente scuola di matematici tra cui spiccano Jakob Bernoulli ( ), Johann Bernoulli ( ), Leonard Euler ( ).

70 70 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO 4.2 Newton ( ) Newton nacque nel 1642 e la madre, da poco vedova, lo affidò alle cure della nonna per poi riprenderlo in casa nel 1656; la predisposizione agli studi indusse la famiglia a inviarlo a Cambridge (1660) dove ebbe come professore di matematica Barrow dal 1663 al Nel 1665 l epidemia di peste costrinse Newton a tornare nella casa materna. Il periodo fu il più fecondo nella vita di Newton. Fu il periodo in cui sviluppò le sue idee sul calcolo infinitesimale e sulla gravitazione universale. Nel 1669 fu chiamato a succedere a Barrow sulla cattedra di matematica al Trinity college di Cambridge. Nel , pubblicò i Principi di Filosofia Naturale. Dal 1687 rappresentò l Università al parlamento, senza però mostrare particolari doti politiche. Nel 1693 fu nominato ispettore della Zecca di Londra, di cui divenne direttore nel Morì nel 1727 ed è sepolto nell Abbazia di Westminster Lavori di Newton sul calcolo differenziale Le opere di Newton furono pubblicate con notevole ritardo rispetto alla loro composizione, sia per il costante desiderio di migliorarle, sia per evitare critiche e polemiche, cui era particolarmente sensibile, sia per non svelare agli altri matematici gli strumenti che aveva inventato. Le opere di Newton sul calcolo differenziale Tractatus de quadratura curvarum, De analysi per aequtiones numero terminorum infinitas, Methodus fluxionum et serierum infinitarum, De analysi per aequtiones numero terminorum infinitas Tratta delle serie di potenze e di alcune operazioni su di esse. Le serie costituiscono il primo ampliamento delle funzioni algebriche considerate da Cartesio. Il termine funzione fu utilizzato per la prima volta da Leibniz nel La funzione logaritmica è la prima funzione considerata cone definita da una serie. Integrando termine a termine Nikolaus Mercator (1668) definisce x = 1 x + x2 x log(1 + x) = x x2 2 + x3 3 x

71 4.2. NEWTON ( ) 71 La stessa serie e l analoga per l arco tangente fu considerata anche da Gregory. Newton: serie della potenza di un binomio Da una lettera a Leibniz sappiamo che Newton era a conoscenza della serie binomiale prima del 1668, ( ) (1 + x) α α(α 1) α = 1 + αx + x x k k dove ( ) α = k α(α 1)... (α k + 1). k! e quindi, dalla serie per (1 x 2 ) 1/2 ricava la serie per l arcotangente di x. Per calcolare lo sviluppo in serie di 1 + x, si procede ponendo 1 + x = 1 + ax + bx 2 + cx da cui, quadrando, otteniamo 1 + x = 1 + 2ax + (a 2 + 2b)x 2 + (2c + 2ab)x e, uguagliando le varie potenze, a = 1 2 b = 1 8 c = 1 16 = 5 128, Contributi di Newton alla teoria delle serie Pur non dispondendo di critero generali di convergenza, Newton indaga caso per caso se il resto della serie vada diminuendo abbastanza velocemente. Attraverso il metodo delle approssimazioni successive Newton riesce ad invertire una serie, ottenendo in questo modo la serie per l esponenziale, per il seno e il coseno, ecc Il metodo delle flussioni Newton chiama metodo diretto e metodo inverso delle flussioni la derivazione e l integrazione rispettivamente. Sviluppò tali metodi a partire dagli anni , sviluppando le idee embrionali di Barrow. Newton chiama fluenti le quantità variabili, che immagina variabili allo scorrere del tempo. (cfr. Letture, Newton, pp ). Considera quindi

72 72 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO un punto variabile come un insieme di due o più variabili funzioni del tempo (x(t), y(t), z(t), anche se avverte che si tratta di un tempo convenzionale per cui, quando conviene, può assumere una delle variabili, per esempio la x, come variabile indipndente. Ad ogni istante t considera la velocità istantanea di variazione di ognuna delle fluenti x, y, z. Queste velocità sono le flussioni (derivate prime), che denota (cfr. Letture, Newton, pp. 119) ẋ, ẏ, ż. Le flussioni possono a loro volta considerarsi come fluenti, le cui flussioni, (cioè le derivate seconde), indica Calcolo delle flussioni ẍ, ÿ, z. Per determinare le flussioni, Newton considera sia un approccio geometrico (cfr. Letture, Newton, pp )sia un approccio analitico (metodo delle ultime ragioni di grandezze evanescenti) (cfr. Letture, Newton, pp ). Il metodo delle grandezze evanescenti funziona in generale nel modo seguente (cfr. Letture, Newton, pp ). Si abbiano ad esempio due variabili legate da un equazione algebrica, f(x, y) = 0. Al posto di x e y si pongono i binomi x+hẋ, y+hẏ, dove ẋ e ẏ sono le flussioni incognite, di cui resterà determinato il rapporto. Si sviluppi f(x+hẋ, y+hẏ), tenendo conto che f(x, y) = 0, si divida per h e si ponga h = 0. Secondo Newton, il suo metodo È poi in armonia con la geometria degli antichi, fondare così l analisi sulle quantità finite, nascenti od evanescenti. Ho voluto con ciò dimostrare che nel metodo delle flussioni non è necessario introdurre nella geometria figure infinitamente piccole. Quanto questa pretesa sia inconsistente viene messo in luce dalla critica di Berkeley. Il metodo delle quadrature Il metodo delle quadrature consiste nell inverso del metodo delle flussioni (cfr. Letture, Newton, pp. 119).

73 4.2. NEWTON ( ) 73 Se si considera come fluente l area compresa tra una curva, l asse delle ascisse e due ordinate di cui una variabile, la flussione dell area rispetto all ascissa è l ordinata variabile. Quindi la ricerca dell area equivale alla ricerca di una funzione (funzione primitiva) la cui derivata ha come grafico la curva assegnata. Questo è il teorema fondamentale del calcolo che riconosce come integrale e derivata sono operazioni inverse, e che era già stato osservato, anche se in forma meno chiara e senza comprenderne la portata da Torricelli e Barrow. Newton, potendo utilizzare le proprietà della derivata che ha stabilito precedentemente, può utilizzare il teorema fondamentale del calcolo per far compiere al calcolo integrale un passo avanti gigantesco. (Cfr. Letture, Newton, p. 114). Newton si pone il problema, data una funzione f, di determinare una sua primitiva F tale che F = f. Per fare ciò, suppone che F si possa scrivere nella forma F (x) = x α R β S γ... dove α, β e γ sono sono numeri razionali e dove S ed R sono serie. Applicando il meteodo delle flussioni, e utilizzando quindi implicitamente e regole del calcolo differenziale che Leibniz aveva indipendente enunciato in maniera chiara, Newton calcola la derivata di F e la paragona con f, che suppone anch essa sviluppata in maniera analoga a F. Applicazioni del metodo delle flussioni Newton applica il metodo delle flussioni alla determinazione di massimi e minimi, al calcolo delle tangenti, alla quadratura e alla rettificazione di curve, alla determinazione dei raggi di curvatura, alla soluzione delle equazioni del moto di un pianeta soggetto alla forza di attrazione del sole (anche se esposto nei principia in modo puramente geometrico) Le equazioni differenziali Newton presta molta attenzione al problema di integrazione delle equazioni differenziali, anche di ordine superiore al primo. Quando non riesce a determinare le soluzioni attraverso cambi di variabili o altri artifici, cerca di sviluppare l integrale incognito in serie di potenze di x (anche a esponente negativo), determinando uno per volta i successivi termini della serie, senza riuscire però, il più delle volte, a scoprire la legge generale di formazione della serie e quindi senza poter controllare la sua convergenza.

74 74 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO Esempio Consideriamo, per esempio, l equazione differenziale ẏ = 1 3x + y + x 2 + xy (4.1) e cerchiamone una soluzione con y(0) = 0. Supponiamo di espandere la soluzione in serie di potenze y(x) = a 0 + a 1 x + a 2 x 2 + a 3 x 3 + a 4 x 4... (4.2) La condizione y(0) = 0 implica a 0 = 0. Calcolando (4.1) per x = 0 otteniamo ẏ(0) = 1. Derivando (4.2) abbiamo ẏ = a 1 + 2a 2 x + 3a 3 x 2 + 4a 4 x 3... (4.3) da cui, sostituendo la condizione ẏ(0) = 1, segue a 1 = 1. Deriviamo ora (4.1), ottenendo ÿ = 3 + ẏ + 2x + y + xẏ. (4.4) Calcolando (4.4) per x = 0, e utilizzano ẏ(0) = 1 e y(0) = 0 otteniamo ÿ(0) = = 2. Derivando (4.5) abbiamo ÿ = 2a 2 + 6a 3 x + 12a 4 x (4.5) da cui, sostituendo la condizione ÿ(0) = 2, segue a 2 = 1. Possiamo iterare il procedimento, ottenendo a 3 = 1 e calcolando similmente, in linea di principio, i successivi coefficienti a i La controversia sul calcolo (Da Giusti - Piccola storia...) Newton aveva trovato i fondamenti del suo calcolo delle flussioni e delle srie, già nel 1666, dunque molti anni prima della memoria di Leibniz, senza però pubblicare i risultati, affidando la diffusione dei suoi metodi alle lettere scambiate con i suoi corrispondenti: Collins, Barrow e Oldenburg. Questi le facevano pervenire a loro volta ad altri studiosi, in particolare Leibniz, che aveva ricevuto una lettera di Collins nel 1672, in cui descrive un metodo per tracciare le tangenti e accenna alle serie infinite e due lettera di Oldenburg nel 1676, che trattano principalmente delle serie. Nelle lettere a Oldenburg, il metodo delle flussioni è sempre celato dietro anagrammi quasi impossibili

75 4.3. LA CONTROVERSIA SUL CALCOLO (DA GIUSTI - PICCOLA STORIA...)75 e contengono solo enunciati senza dimostrazioni, intesi a fissare la priorità di una scoperta. Gli anagrammi che utilizzava Newton erano costituiti da una sequenza di numeri, ognuno seguito da una breve successione di lettere. Il numero indicava quante volte la successione che lo seguiva appariva nel testo (latino). Per esempio. Tanto gentile e tanto onesta pare si può anagrammare come ao 2t 2ea 4tn erap geilp. Esempio: dalla seconda lettera ad Oldenburg L anagramma 5accd ae 10eflh 11i 4l 3m 9n 60qqr 8s 11t 9v 3x: 11ab 3cdd 10e ae g 10i 11 4m 7n 6y 3p 3q 6r 5s 11t 8vx, 3ac ae 4egh 5i 4lf 4m 5n 8oq 4r 3s 6t 4v, aad ae 5eiiimmnnooprrr 5sttvv Si traduce (dal latino) Il primo metodo consiste nell estrazione di una quantità fluente dall equazione che contiene la sua flussione; il secondo invece consiste nella semplice assunzione di una serie al posto di una qualsiasi delle quantità incognite, da cui possono facilmente ricavarsi le altre, e in un confronto dei termini omologhi dell equazione risultante per determinare i termini della serie assunta. L influenza delle lettere di Newton sul calcolo di Leibniz non è facilmente valutabile, anche se le differenze tra i due approcci appare molto significativa. Newton non metteva in dubbio. fino al 1687 (p.e. in uno scolio al lemma 2 del secondo libro dei Principia) l indipendenza del lavoro di Leibniz dal suo e inoltre gli esempi proposti da Leibniz sono più complicati di quelli considerati da Newton. Tra i due non mancano attestazioni reciproche di stima e riconoscimenti di originalità. Principia: scolio al Lemma 2 del Libro II In literis quæ mihi cum Geometra peritissimo G. G. Leibnitio annis abhinc decem intercedebant, cum significarem me compotem esse methodi determinandi Maximas et Minimas, ducendi Tangentes, et similia peragendi, quæ in terminis surdis æque ac in rationalibus procederet, et literis transpositis hanc sententiam involventibus [Data æquatione quotcunq; fluentes quantitates involvente, fluxiones invenire, et vice versa] eandem celarem: rescripsit Vir Clarissimus se quoq; in ejusmodi methodum incidisse,

76 76 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO et methodum suam communicavit a mea vix abludentem præterquam in verborum et notarum formulis. Utriusq; fundamentum continetur in hoc Lemmate Inizio della controversia Dalla recensione di Leibniz al Tractatus de quadratura curvarum (1704) Ora Newton, in luogo delle differenze di Leibniz, si serve, come d altronde si è sempre servito delle flussioni [...] e ne ha fatto un uso molto elegante nei suoi Principia mathematica, e in altri scritti pubblicati successivamente, allo stesso modo che Onorato Fabri, nella sua Synopsis geometrica ha sostituito al metodo di Cavalieri il progresso dei moti. John Keill:, in conclusione a un articolo sulle forze centrifughe (1710), scrive Tutto ciò segue dall aritmetica delle funzioni, ormai divenuta famosa in questi ultimi tempi. Newton è senza dubbio colui che l ha scoperta per primo, come può accertarsene chiunque legga le sue lettere pubblicate da Wallis. In seguito questo stesso calcolo venne pubblicato da Leibniz negli Acta Eruditorum, sotto diverso nome e con diversa notazione. Reazioni di Leibniz In risposta all accusa di Keill, Leibniz scrive al segretario della Royal Society, chiedendo una rettifica. In seguito alla risposta ambigua di questi, scrisse al presidente, cioè allo stesso Newton, chiedendo di pronunciarsi in merito. Newton, in qualità di presidente della R. S. nominò una commissione incaricata di dirimere la disputa. Nel 1713 la commissione pubblicò i Commercium epistolicum... de analysi promota le affermazioni di Keill vennero riconosciute valide. Nel frattempo Leibniz cominciò a scrivere Historia et origo calculi differentialis, che però restò inedita a causa della morte del suo autore nel Il punto di vista di Leibniz Quando finalmente ebbi una copia del Commercium epistolicum, mi accorsi che si allontanava completamente dal suo scopo, e che le lettere in esso pubblicate non contenevano una sola parola capace di porre in dubbio la mia scoperta del calcolo delle

77 4.3. LA CONTROVERSIA SUL CALCOLO (DA GIUSTI - PICCOLA STORIA...)77 differenze, su cui verteva la vera questione. Notai invece che si preferiva puntare tutto sulle serie, dove si accorda senza difficoltà la precedenza a Newton. Il punto di vista di Newton (1716) L argomento discusso nel Commercium epistolicum è il metodo generale per risolvere le equazioni finite in equazioni infinite, e applicare tanto le une che le altre alla soluzione dei problemi secondo il metodo delle flussioni e dei momenti. Nella mia lettera del 16 giugmo 1676 ho detto che il mio metodo delle serie si estendeva a quasi tutti i problemi, ma che diveniva generale solo con l aiuto di altri metodi, intendendo con ciò, (come spigavo nella lettera seguente) il Metodo delle flussioni e il Metodo delle serie arbitrarie. Volermi ora carpire questi due altri metodi, è restringere il metodo delle serie, e limitarne la generalità. E se al sig. Leibniz è piaciuto di fare a pezzi questo mio metodo generale, e di sottrarmene prima una parte, poi un altra, tralasciando il resto, ha offerto al Comitato una legittima occasione per esaminare il tutto nel suo complesso Considerazioni sulla controversia (Giusti - Piccola storia) Il metodo delle flussioni e delle serie chiude i problemi, in primo luogo quello dell integrazione delle equazioni differenziali ma non li esaurisce. Esso opera come una macchina frantumatrice: da una parte si introduce l equazione differenziale da integrare, e dall altra viene fuori pezzo a pezzo la soluzione sotto forma dei successivi termini della serie. Ma la serie non dà tutta la soluzione; infatti, anche a prescindere da questioni di convergenza, il carattere delle serie è eminentemente locale: esse possono essere usate per operazioni che riguardino il comportamento della soluzione nell intorno di un punto, ma non sono di nessun aiuto quando se ne vogliano studiare le propriet à qualitative e globali. Ma c è di più. Infatti, a differenza del suo collega del continente, il matematico newtoniano che avesse intrapreso lo studio di un equazione differenziale, ad esempio in connessione con un problema di meccanica o di geometria, sapeva benissimo che esisteva un metodo, per di più elaborato dalla più alta autorità in materia, che avrebbe immancabilmente condotto alla soluzione senza richiedere alcuno sforzo intellettuale. È ben vero che Newton aveva più volte ricordato l opportunità di ricorrere alle serie solo quando fosse impossibile trovare la soluzione altrimenti; ma questa

78 78 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO raccomandazione era ben poca cosa di fronte alla generalità e alla sicurezza delle tecniche di approssimazione, al punto che ben raramente i geometri inglesi si cimentavano con questi importanti aspetti del calcolo, limitandosi a rinviare alla soluzione newtoniana. Quest ultima poteva vantare un indubbia superiorità nelle fasi iniziali del calcolo, quando i risultati del programma leibniziano erano comunque frammentari e comunque insufficienti a bilanciarne la generalità. A vent anni di distanza, e cioè al momento del divampare della disputa, la situazione si è completamente rovesciata, ed è ora il metodo di Newton ad essere eclissato dal numero e dalla qualità dei risultati ottenuti sul continente. Johann Bernoulli (1713) ora un certo Cheyne se ne va in giro a dire che negli ultimi 20 o 30 anni non abbiamo pubblicato nulla, che non sia un ennesima ripetizione o al più un corollario di poco peso di ciò che Newton aveva trovato prima; quasi che per noi non fosse rimasto nulla da fare, e che non siano di nessun pregio le cose che abbiamo pubblicato, e delle quali in Newton non si trovano nemmeno le tracce, come le Catenarie, le Velarie, le Isocrone paracentriche, la Brachistocrone, le nuove proprietà della cicloide e i suoi innumerevoli segmenti quadrabili, il calcolo degli esponenziali e il metodo di differenziarli, la misura delle Coevolute, il Moto trattorio e reptorio, la riduzione delle curve alle circolari, e innumerevoli altre, che gli inglesi in parte tentarono, ma con tutto il loro calcolo delle flussioni, hanno lasciato irrisolte, come si vede dal solo problema della Catenaria e della Trasformazione delle curve, al quale hanno sudato per lungo tempo senza produrre altro che turpi paralogismi. Nessuno dei risultati elencati da Bernoulli era stato ottenuto da matematici inglesi (fatta eccezione di Newton) o era stato derivato da problemi da essi proposti o studiati. Questi sono del tutto estranei al punto di vista newtoniano [... ] Per entrare come parte attiva nell attuazione di quello che oggi ci appare come un vero e proprio programma leibniziano di costruzione della nuova analisi [... ] occorreva smettere di essere newtoniani, [cioè] era necessario separare in due parti la sua teoria, e di queste assumere solo la parte flussionale, relegando le serie tra i procedimenti di approssimazione numerica. In altre parole era necessario compiere quella separazione tra il metodo delle flussioni e quello delle serie che Newton aveva visto come una subdola manovra del suo antagonista per privarlo di quanto gli spettava [ma

79 4.4. LA CRITICA DI BERKLEY 79 era il naturale svolgimento di un processo storico che aveva le sue radici nei diversi punti di vista]. 4.4 La critica di Berkley Il calcolo differenziale di Leibniz si basa sulla nozione di differenziale, quello di Newton sulla nozione di flussione oppure sul metodo delle prime ed ultime ragioni di grandezze evanescenti. Contro ognuno di questi fondamenti e contro la nozione di infinitesimo che, come giustamente osserva, tutti questi metodi sottintendono, si scaglia la critica feroce dell arcivescovo Berkeley. Il metodo delle flussioni è la chiave generale, per mezzo della quale i matematici moderni svelano i segreti della Geometria, e di conseguenza, della Natura. E siccome è questo che gli ha permesso di sorpassare in maniera così rimarchevole gli Antichi nella capacità di dimostrare teoremi, l esercizio e l applicazione di questo metodo è divenuto il principale, se non unico, impiego di tutti coloro che in questa epoca passano per profondi geometri. Ma se questo metodo sia chiaro o oscuro, consistente o ripugnante, ben fondato o precario, lo analizzerà con la più scrupolosa imparzialità e lo sottoporrò al vostro giudizio [...]. (Cfr. Letture, Berkeley, par. III, p. 1). La critica di Berkley è puntuale e penetrante e mette chiaramente a nudo la fragilità dei principi del calcolo (Cfr. Letture, Berkeley, par. IV-XVII, pp. 2-8). E che cosa sono queste flussioni? Le velocità di incrementi evanescenti. E che cosa sono questi incrementi evanescenti? Essi non sono quantità finite, non sono infinitesimi, non sono niente. E allora non dobbiamo forse chiamarli gli spettri di quantità morte? (Cfr. Letture, Berkeley, par. XXXV, p. 18).

80 80 CAPITOLO 4. LA NASCITA DEL CALCOLO 4.5 Letture relative al quarto capitolo Leibniz Nova methodos pro maximis et minimis Newton Tractatus de quadratura curvarum Berkley - The Analyst Berkeley/Analyst/Analyst.pdf

81 Capitolo 5 La diffusione del Calcolo differenziale In questo capitolo tratteremo dei primi successi del calcolo differenziale: la catenaria, la brachistocrona e l equazione della corda vibrante. Discuteremo delle conseguenza della polemica sui fondamenti del Calcolo tra i sostenitori di Newton e quelli di Leibniz e concluderemo indicando le principali tappe che portarono a gettare fondamenta solide al Calcolo differenziale e integrale. Tra le prime applicazioni del calcolo sono da annoverare quelle relative alla teoria dell elasticità (la catenaria e le vibrazioni di una corda), allo studio delle curve isocrone, brachistocrone e tautocrone. A questi problemi rivolsero la loro attenzione Huygens ( ), Leibniz ( ), Jakob Bernoulli ( ) e Johann Bernoulli ( ). 5.1 La catenaria Con il nuovo calcolo si possono utilizzare gli infinitesimi, o elementi di curva, per la modellizzazione delle leggi della fisica e quindi per risolvere matematica un problema fisico, anche se, come ha messo in luce Berkley, gli infinitesimi non sono logicamente consistenti dal punto di vista della logica del tempo. Come esempio trattiamo il problema di determinare l equazione per la catenaria. La catenaria è il profilo di equilibrio di un filo perfettamente flessibile e omogeneo sospeso ai suoi estremi e soggetto alla sola forza peso. Assumiamo per brevità che tale profilo sia tutto contenuto in un piano passante per il piano verticale 1 per i due punti di applicazione. Sia ρ la densità lineare costante del filo e sia P (s) = x(s), y(s) l equazione parametrica incognita 1 Cioè contenente la direzione della forza gravitazionale 81

82 82 CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE DEL CALCOLO DIFFERENZIALE della catenaria, dove s è il parametro lunghezza d arco, x, y sono le coordinate cartesiane ortogonali e l asse y rappresenti la direzione verticale, cioè la direzione di applicazione della forza peso. Consideriamo un elemento di filo cioè un tratto di filo compreso tra due punti infinitamente vicini P (s) e P (s + ds). Si suppone che essendo i due punti infinitamente civili, il tratto di filo tra essi sia un tratto rettilineo infinitamente breve 2. Questo tratto infinitesimo viene assunto come un corpo rigido, si suppone cioè che la condizione necessaria e sufficiente di equilibrio sia che la risultante delle forze applicate all elemento e il momento di tale risultante siano nulli. La risultante della forza peso è Fds = ρnds, dove n è il vettore unitario nella direzione e verso del campo gravitazionale, la tensione T(s) che il tratto di filo P (s)b esercita sul tratto AP (s), dove A e B sono gli estreimi del filo e P (s) e la tensione T(s + ds). Le condizioni necessarie e sufficienti per l equilibrio dell elemento infinitesimo di filo saranno allora { Fds + T(s + ds) T(s) = 0 (P O) Fds + (P O) T(s + ds) (P O) T(s) = 0 ovvero, sostituendo la prima nella seconda e trascurando gli infinitesimo di ordine superiore { Fds + dt = 0 dp T = 0 Dalla seconda equazione si deduce che T(s) è in ogni punto della curva parallela a dp ovvero alla tangente alla curva. Resta quindi una sola equazione che determina il profilo della catenaria, ovvero F + dt ds = 0 cui si devono aggiungere le condizioni ai limiti T(0) = f A T(l) = f B, dove f A e f B rappresentano la reazione vincolare negli esterni A e B rispettivamente. Proiettando l equazione vettoriale F + dt = 0 nelle direzioni coordinate ds e sostituendo la prima delle relazioni proiettate nella seconda si ottiene (si legga, per esempio,. per esempio) 2 Si tratta dell idea, comune a molti matematici dell epoca, di poter considerare una curva come un poligono con infiniti lati.

83 5.2. LA BRACHISTOCRONA 83 StoriaDellaMatematica/Materiali/Finzi.pdf che l equazione cartesiana y = y(x) della catenaria è determinata dall equazione differenziale 1 + y 2 dx + h ρ dy = 0. la cui soluzione è ( x ) y = a cosh a + C + D, dove a, C e D sono opportune costanti. 5.2 La brachistocrona La sfida di Johann Bernoulli Nel 1969, appare la sfida di Johann Bernoulli Problema novum ad cujus solutionem invitantur sulla curva di minima discesa o brachistocrona. Dati due punti A e B in un piano verticale, trovare la curva che un corpo che si muove per gravità da A deve percorrere per raggiungere B nel tempo più breve. Jo. Bernoulli annuncia che pubblicherà la sua soluzione e quella di chi riuscirà nella sfida. Leibniz risponde a Bernoulli lo stesso giorno in cui riceve la lettera, inviando la sua soluzione e convince Bernoulli a posporre la soluzione fino alla Pasqua dell anno successivo. Verranno pubblicate le soluzioni di Johann, Jakob e una nota di Newton che spiega come la sua soluzione è la stessa di Johann e aggiunge che se Huygens fosse stato vivo, se Hudde non avesse smesso di occuparsi di tali cose e se Newton si fose preso il disturbo, sarebbero stati anche loro in grado di rispondere. In realtà Newton aveva già risolto il problema pubblicando la soluzione in forma anonima sulle Philosophical Transactions. Il problema era già stato posto e considerato da Galileo nella terza giornata dei dialoghi Galileo e la brachistocrona Anche Galielo aveva affrontò il problema di determinare la brachistocrona. Egli non fu in grado di risolvere correttamente il problema, ma la linea indicata venne correttamente completata da Leibniz. Essa si basa sui punti seguenti.che sono ben dettagliati in

84 84 CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE DEL CALCOLO DIFFERENZIALE Materiali/GiaquintaBrachistocrona.pdf 1. Il teorema mertoniano: in un moto uniformemente accelerato il moto avviene come se la velocità fosse costantemente uguale alla media tra la velocità iniziale e la velocità finale. 2. Legge di Galilei. Se A e B sono due punti in un piano verticale e C è la proiezione di A sull orizzontale, t AB = AB AC t AC (5.1) 3. Calcolo del tempo impiegato per percorrere un piano inclinato di altezza h e di lunghezza l T = 2g l h 4. Il teorema delle corde. Se dal più alto o dal più basso punto di un cerchio eretto sull orizzonte si conducono piani inclinati qualsiasi fino alla circonferenza, i tempi delle discese lungo tali piani saranno uguali. 5. Il piano inclinato che minimizza il tempo per raggiungere una retta verticale da da un punto A esterno, è inclinato di 45 gradi rispetto alla retta. 6. Sia data una retta r e un punto A fuori di essa. Sia detta B la proiezione di A su r e C l intersezione di r con la retta condotta da A che forma con r un angolo di 45 gradi. Sia D un qualunque punto dell arco della circonferenza di centro C e raggio AB che insiste sulla corda AC (nel semipiano determinato da AC che non contiene B). Allora il tempo di percorrenza del piano inclinati AC è minore della somma del tempo di percorrenza di AD con il tempo di percorrenza di DC. 7. Da quanto si è dimostrato sembra si possa ricavare che il movimento più veloce da estremo a estremo non avviene lungo la via più breve, ma lungo un arco di cerchio Leibniz e la Brachistocrona Lettera di Leibniz a Bernoulli del segue allora che un elemento della curva è nel rapporto composto direttamente all elemento di latitudine e inversamente alla radice delle altitudini stesse

85 5.2. LA BRACHISTOCRONA 85 cioè d s = k x d y e pichè d s 2 = d x 2 + d y 2, ponendo 2b = k 2 La soluzione di Leibniz d y d x = x 2b x Problema: dati A e B in un piano verticale determinare, a metà altezza tra A e B, il punto D tale che la spezzata ADB minimizzi il tempo di percorrenza tra tutte le spezzate del genere. 1. Sia C la proiezione di A sull orizzontale. Un grave in caduta libera percorre il tratto AC nel tempo 2 t AC = AC g 2. Prendendo un punto intermedio E sul segmento verticale AC, abbiamo e quindi t AE = t EC = t AC t AE = AE AC t AC ( 1 ) AE t AC, AC 3. Se D è un punto alla stessa quota di E AC e t AD = AD AE t AE = AD AE AE AC t AC ( ) t DB = DB EC t EC = DB EC 1 AE AC t AC

86 86 CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 4. Dalle precedenti relazioni, da DB 2 = EC 2 + (CB ED) 2 e da AD 2 = AE 2 +ED 2, possiamo esprimere t ADB = t AD +t DB come funzione della sola quantità variabile ED. Ponendo uguale a zero la derivata di tale si ha ED AD t 2 AD = F B DB t DB. (5.2) 2 che esprime la condizione su D perchè il percorso ADB sia di discesa minima. 5. Nella figura a destra, AE è la parabola con vertice in A e asse AB tale che il corpo cada verticalmente da A a B nel tempo BE, AC è la brachistocrona e B 1, B 2 e B 3 sono equispaziati. Essendo brachistrocrona, (5.2) implica t C1 C 2 D 1 C 2 (C 1 C 2 ) 2 = t C 2 C 3 D 2 C 3 (C 2 C 3 ) 2 (5.3) Per la legge di Galieli (5.1) abbiamo le equazioni, che, sostituite in (5.3), danno t C1 C 2 = D 1C 2 (C 1 C 2 ) 2 t C2 C 3 = D 2C 3 (C 2 C 3 ) 2 t C1 D 1 D 1 C 2 (C 1 C 2 )(C 1 D 1 ) = t C 2 D 2 D 2 C 3 (C 2 C 3 )(C 2 D 2 ). Poiché C 1 D 1 = C 2 D 2 e poiché abbiamo fatto l assunzione che t C1 D 1 = F 1 D 2 e t C2 D 2 = F 2 E 3, l ultima equazione diventa D 1 C 2 D 2 C 3 = F 2E 3 F 1 E 2 C 1 C 2 C 2 C 3, Valgono le relazioni di proporzionalità D 1 C 2 dy, F 1 E 2 = t B1 B 2 x e C 1 C 2 ds e quindi, per la brachistocrona ds = k x dy Johann Bernoulli e la brachistocrona La soluzione di Johann Bernoulli si basa sull analogia tra il problema della brachistocrona e il problema di determinare il cammino di un raggio di luce in un mezzo di densitá variabile. Quest ultimo si fonda su due principi:

87 5.2. LA BRACHISTOCRONA Legge di Snell: se due mezzi sono separati da un piano orizzontale, se v 1 e v 2 sono le velocità della luce nei due mezzi, e se θ 1 e θ 2 sono gli angoli formati dal raggio incidente e dal raggio riflesso con la verticale, allora v 1 : v 2 = sin θ 1 : sin θ 2 2. Principi di minima azione di Fermat: un raggio di luce si muove in un mezzo con dato indice di rifrazione (uguale all inverso della velocità di propagazione) lungo un cammino per il quale il tempo di percorrenza è minimo. L idea di Johann Bernoulli considereremo un mezzo che non sia omogeneamente denso, ma composto da strati orizzontali di densità crescente o decrescente secondo una certa legge. È allora evidente che un raggio che noi consideriamo come una particella non si propagherà lungo una linea retta, ma curva [... ]. Noi sappiamo che i seni dei degli angoli di rifrazione nei punti di separazione sono tra loro in rapporto inverso con le densità o diretto con le velocità delle particelle, cosicché la brachistocrona ha la proprietà che i seni degli angoli di inclinazione rispetto alla verticale sono ovunque proporzionali alla velocità. Ma ora noi vediamo immediatamente che la brachistocrona è il cammino che un raggio di luce seguirebbe attraverso un mezzo la cui densità sia inversmente proporzionale alla velocità che un corpo pesante acquisisce durante la caduta..... Chi ci impedisce di sostituire l una con l altra? La soluzione di Johann Bernoulli Curvatura radii in diaphanis non uniformibus

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